il ponte 2009 n. 03 aprile

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RUBRICHE a cura di Franco Gover

ARTE Domenico Someda nel 150° della nascita Come si sa, Rivolto ha dato i natali il 28 giugno 1859 al pittore Domenico Someda (rampollo di una famiglia di proprietari terrieri, agiata, notabile che nel Sec. XVI dalla Engadina si trasferì a Udine, e che diede uomini illustri in tutti i campi sociali). Il padre Carlo, ingegnere aveva sposato la nobile ungherese Anna de Haulik di Warallia, nipote di un Cardinale, paese in cui il giovane Domenico trascorse lunghi periodi presso i nonni materni. Inoltre, con il padre, visitò molti paesi d’Europa. Queste esperienze risultarono certamente determinanti per la sua primigenia formazione intellettuale e figurativa. Nonostante gli iniziali ostacoli della famiglia, la sua vocazione alla pittura trovò consenso grazie all’intervento dell’arch. Andrea Scala, amico di famiglia, permettendogli di studiare a Roma, ove ebbe modo di frequentare la bottega di Giuseppe Ferrari, Boldini e altri. Dopo l’iniziale peregrinazione tra le città europee, stabilendosi per un periodo anche a Parigi, dove avrà opportunità di fare varie esperienze, deciderà di abitare definitivamente a Roma, vivendo della sua arte, con studio in via Margutta, frequentato dal de Gubertis (amico di famiglia). Si segnala la partecipazione alla Mostra Provinciale udinese del 1883, con la sua opera più conosciuta: “La Calata degli Ungari”; seguiranno altre mostre e segnalazioni, periodo caratterizzato da un generico naturismo di impronta macchiaiola. Seguiranno testimonianze simboliste, mentre dal 1897, il pittore inaugurerà il fortunato filone delle tele “patriottiche” e di soggetto militare. Someda entra a far parte del mondo aristocratico della capitale (a lui affine), che ritrae nei momenti di svago durante le battute di caccia alla volpe e nelle cavalcate attraverso la campagna romana.

Diventerà ben presto un “cantore” di quella società fortunata, forse irreale, leziosa. Si segnala anche la mostra personale del 1925 nel foyer del Teatro Nazionale di Roma. Propone, tra l’altro, il quadro del “Guido Novello da Polenta” e la “Crocifissione” di tipo ottocentesco, acquistata dalla Provincia di Udine. Il successo dell’evento è certamente legato alla tradizione figurativa nostalgica; trova larghi consensi nell’ambito conservatore della pittura religiosa. Nel tema sacro, si segnala la “Sacra Famiglia” per la Parrocchiale di Rivolto. Tradizionale per iconografia, nel brano, ricco per vivacità di colore, rispecchiano atteggiamenti familiari, dolcezza di sentimento in una infinita pastosità di elementi. Dopo le Biennali del 1926 e 1928, seguirà un periodo di quadri di dimensioni molto piccole, raffiguranti paesaggi, graziose scene di genere come “Tùi cjàpilu”. A interessare il pittore, “più che la sostanza profonda dell’immagine stessa, ne è l’aspetto pittoresco”, in quell’aspetto in cui l’arte era considerata soprattutto spettacolo romantico, in un’ottica spiccatamente borghese. Nel 1942, il pittore abbandonerà Roma per ritirarsi a Udine, dove rimarrà fino alla morte (nel 1944), continuando a dipingere per i pochi estimatori che erano in grado di apprezzare il suo linguaggio oramai obsoleto. (Per un approfondimento sulla figura e opera dell’artista, rimando l’attenzione ai cospicui contributi bibliografici editi, in occasione di recenti rivisitazioni). Nella ricorrenza dei 150 anni della nascita, in questa

sede, mi piace evidenziare il palese legame umano ed affettivo del personaggio con la realtà locale: il paese natale di Rivolto, ma soprattutto, negli anni Venti e Trenta a Varmo. Infatti, molti varmesi di una certa età ricordano ancora Domenico Someda durante i suoi ripetuti e scadenzati soggiorni in paese, ospite presso la nipote maestra Gina Urbani (figlia della sorella Eleonora) e il marito di lei: Oddone di Gaspero Rizzi, gaudente ed appassionato cacciatore, con il quale ogni autunno soleva partecipare alle interminabili battute di caccia, che possedeva una raccolta di fucili da caccia e una muta di cani, spesso ritratti, come il Flock o Tisbe. Sempre in paese abitava anche l’altra nipote: l’indimenticabile farmacista Frida Urbani, moglie di Luigi Brusadini. Il pittore viene tratteggiato come un uomo dal portamento nobile e riservato. Nel Palàs di Sior Odo a Varmo, fino alla morte della nipote Gina Urbani, si conservavano ben 19 opere del Someda, che costituiva un corpus di notevole significato culturale, perché evidenziava le varie fasi del percorso artistico del pittore. I quadri narrativi, molti di piccolo formato, bozzetti e schizzi, erano stati dipinti durante i suoi soggiorni varmesi. In seguito, la pinacoteca (per volontà testamentaria) fu smembrata e dispersa tra i diversi parenti e latori. In ambito locale, oggi si conservano opere del Someda nel sito originario di Villa di Gaspero Rizzi, presso i nipoti Brusadini e la famiglia Piacentini. Franco Gover


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