Classicismo di frontiera. Sigurd Lewerentz e la Cappella della Resurrezione, Il Poligrafo

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CLASSICISMO DI FRONTIERA

Università Iuav di Venezia | Dottorato di ricerca in Composizione architettonica

Carlotta Torricelli

La Cappella della Resurrezione, disegnata e costruita da Sigurd Lewerentz tra il 1921 e il 1925 nell’ambito del progetto per il Cimitero Sud di Stoccolma – divenuto noto come Woodland Cemetery o Skogskyrkogården – rappresenta un edificio chiave nell’esperienza del Classicismo Nordico. In questo recupero del linguaggio classico, cui si assiste nei Paesi nordici nei primi decenni del Novecento, l’elemento rinvenuto nell’Antico e trasportato nel paesaggio nordico dilata il suo valore evocativo e la sua tensione verso un universo ideale, attraverso una discesa alle origini che conduce inaspettatamente alla modernità. La cultura nordica, divisa tra la coscienza di un disegno superiore e la presenza di una natura inospitale, si rivolge ciclicamente al Mediterraneo, con lo sguardo trasversale ma privilegiato di chi osserva il centro da una condizione periferica. I frammenti del passato disegnano una “mappa della memoria” dove parole e segni, appartenuti a un linguaggio codificato, sono rimontati in contrapposizione dialettica. Nella Cappella della Resurrezione questo “classicismo di frontiera” evidenzia la continuità di un metodo compositivo in cui la riflessione sul linguaggio e sulla rappresentatività degli elementi è tesa a costruire architetture nuove, dal carattere riconoscibile. Le molteplici allusioni creano una sequenza non lineare in cui storia e paesaggio convergono nella composizione. Il progetto per questo luogo sacro mantiene così la sua forza e la sua attualità, disegnando una figura urbana eloquente, in cui la collettività si incontra, riconosce il monumento e condivide il senso della memoria.

La collana “Quaderni di Composizione architettonica” raccoglie ricerche incentrate sui procedimenti compositivi del progetto di Architettura intesi come dispositivi e tecniche specifiche di conoscenza delle relazioni tra figura, costruzione e contesto nella storia dell’architettura e della città. L’indagine approfondita sull’esperienza compositiva di alcune importanti figure e opere dell’architettura intende dimostrare il percorso di formazione dell’opera per individuare categorie operative praticabili al presente. Gli scritti di questa collana, accompagnati dalle rielaborazioni tematiche del Dottorato, ribadiscono l’importanza dello studio della composizione come forma di conoscenza dell’architettura, della città, del paesaggio.

Carlotta Torricelli

CLASSICISMO DI FRONTIERA

Sigurd Lewerentz e la Cappella della Resurrezione

Carlotta Torricelli, architetto, laureata presso la facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, è Dottore di ricerca in Composizione architettonica e tutor presso la Scuola di dottorato dell’Università Iuav di Venezia. È stata borsista presso l’Istituto Italiano di Cultura - Fondazione C.M. Lerici di Stoccolma. Attualmente insegna Composizione architettonica e urbana al Politecnico di Milano e presso la facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Parma. Tiene lezioni e conferenze in diverse scuole di architettura italiane e straniere, partecipando a convegni e seminari. È autrice di articoli e saggi pubblicati in collane di architettura e in riviste internazionali. Svolge l’attività di progettista, ottenendo riconoscimenti e premi. Vive e lavora a Milano.

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ISBN 978-88-7115-863-1

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Quaderni di Composizione architettonica collana del Dottorato di ricerca in Composizione architettonica 3

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UniversitĂ Iuav di Venezia Scuola di Dottorato Architettura, CittĂ e Design Curriculum Composizione architettonica

Carlotta Torricelli

Classicismo di frontiera Sigurd Lewerentz e la Cappella della Resurrezione

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Università Iuav di Venezia Scuola di Dottorato Architettura, Città e Design Curriculum Composizione architettonica coordinatore Carlo Magnani comitato scientifico e consiglio di curriculum Benno Albrecht, Armando Dal Fabbro Agostino De Rosa, Antonella Gallo Pierluigi Grandinetti, Carlo Magnani Eleonora Mantese, Giovanni Marras Mauro Marzo, Maurizio Meriggi Luca Monica, Patrizia Montini Zimolo Raffaella Neri, Gundula Rakowitz esperti: Carlo Martí Arís, Gianni Fabbri Giorgio Grassi, Luca Ortelli, Antonio Monestiroli Luciano Semerani, Guido Zuliani tutor: Riccarda Cantarelli, Cristiana Eusepi Andrea Iorio, Luigi Pavan, Carlotta Torricelli coordinamento editoriale Eleonora Mantese

in copertina Erik Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz, Skogskyrkogården, Stoccolma, 1915-1961. La Via delle Sette Fonti che collega la Collina della Meditazione e la Cappella della Resurrezione; planimetria e sezione longitudinale (disegno dell’autore) traduzioni in inglese Michael Levy progetto grafico Il Poligrafo casa editrice Laura Rigon copyright © giugno 2014 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova piazza Eremitani - via Cassan, 34 tel. 049 8360887 - fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978-88-7115-863-1

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ringraziamenti

referenze iconografiche e fonti

Molte sono le persone che hanno seguito con passione questo lavoro e contribuito, negli anni, alla costruzione della ricerca. Il primo pensiero va alle città di Venezia e di Stoccolma, agli amici che hanno accompagnato il mio itinerario, agli incontri collegati ai miei studi e al personale delle istituzioni che mi hanno ospitato e supportato nel reperimento e nella riproduzione dei materiali. Un ringraziamento particolare va ad Annika Tengstrand, curatrice delle collezioni dell’Arkitektur-och designcentrum di Stoccolma e allo Stadsmuseum di Stoccolma per l’organizzazione delle visite allo Skogskyrkogården; le biblioteche dell’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma e la Kungliga Biblioteket di Stoccolma hanno corrisposto con professionalità alle mie richieste. Ringrazio i professori della Scuola di Dottorato dell’Università Iuav di Venezia, ambiente in cui questa ricerca è stata concepita e formulata, in particolare Eleonora Mantese e Luca Ortelli (EPFL-Lausanne) per avere seguito e stimolato l’avanzamento della ricerca negli anni del dottorato, coordinato da Luciano Semerani; grazie ad Antonella Gallo e Luciano Semerani ho avuto l’opportunità di partecipare, con materiali tratti da questa ricerca, alla mostra itinerante “Tecniche di Analisi e di Composizione” (2011-2012); Alberto Ferlenga ha dato occasione di approfondimenti successivi nell’ambito di seminari e giornate di studio; Carlo Magnani ha voluto e promosso, con Eleonora Mantese, la nascita di questa collana di pubblicazioni. Tra i professori svedesi, ringrazio Johan Mårtelius per avere incoraggiato la prosecuzione delle mie ricerche a Stoccolma, nel periodo di studi post-dottorato, con il contributo dell’Italienska Kulturinstitutet Fondazione C.M. Lerici; a Janne Ahlin e a Bengt O.H. Johansson un ringraziamento particolare per la disponibilità a interloquire sul solco tracciato dalle loro pubblicazioni. Agli amici e compagni di studio milanesi va il mio ringraziamento per i consigli, l’aiuto e la collaborazione nell’elaborazione di modelli e disegni qui pubblicati. Ai molti studiosi e appassionati delle “terre notturne” un sentito ringraziamento per gli inviti a convegni e per gli stimolanti confronti durante giornate e seminari di studio. Al blu del cielo di Svezia è dedicata questo libro.

I disegni e i modelli contenuti in questo volume sono stati elaborati per la tesi di Dottorato in Composizione architettonica, Carlotta Torricelli, Classicismo di frontiera. Sigurd Lewerentz e la Cappella della Resurrezione, Università Iuav di Venezia, Scuola di Dottorato, XXIII ciclo, relatori: Eleonora Mantese, Luca Ortelli, tutor: Martina Landsberger Si ringraziano le istituzioni che hanno concesso l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini. Ogni didascalia riporta tra parentesi il riferimento alla relativa referenza iconografica. Ove non specificato, le immagini sono da intendersi dell’autore. ARK-sth: © Arkitektur-och designcentrum (Swedish Centre for Architecture and Design, ex Arkitekturmuseet), Stockholm KB-sth: Kungliga Biblioteket, Stockholm NM-sth: © Nationalmuseum, Stockholm

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Indice

7 Nella foresta nordica

Luca Ortelli

Classicismo di frontiera Sigurd Lewerentz e la Cappella della Resurrezione

11

Il disegno come ricerca delle corrispondenze

21

L’invenzione archeologica del luogo

31

La dimensione sacra del paesaggio

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Il carattere rivelato nella sequenza

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Riflessi del mito

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Nota biografica

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Cronologia del progetto

69 Bibliografia

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Apparati

English Text

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Nella foresta nordica Luca Ortelli

LaCappelladellaResurrezione. Fotografiadegli anni Venti (fotografo: sconosciuto; ARK-STH). Chapel of theResurrection. Photofromthe1920’s (photographer: unknown; ARK-STH).

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La Cappella della Resurrezione è un edificio misterioso. L’austerità del pronao d’ingresso e la nudità del volume che contiene lo spazio sacro ne definiscono con forza il carattere. L’edificio è solenne e la sua elementarità rinforza questo aspetto. Nel paesaggio onirico del grande cimitero a sud della città di Stoccolma, la cappella realizzata da Lewerentz declina una visione del sacro opposta a quella che aveva informato, qualche anno prima, l’altra cappella, realizzata da Asplund nel folto della foresta. Quest’ultima si confonde fra i tronchi dei pini, quasi invisibile a chi percorre i sentieri che si diramano dal grande portico del Crematorio, mentre la Cappella della Resurrezione è visibile da molto lontano – già dalla Collina della Meditazione – grazie al taglio netto che squarcia la foresta producendo una linea di luce perfettamente in asse con il suo pronao. Quanto più ci si avvicina all’edificio, tanto più le colonne del pronao e il timpano che le sovrasta precisano il loro profilo rivelando all’osservatore attento la loro particolare natura. Le dodici colonne che sorreggono la copertura presentano un profilo netto, un ordine architettonico inedito e al tempo stesso inequivocabilmente “classico”. I numerosi studi che Lewerentz dedica al pronao lo rappresentano frontalmente con l’evidente intenzione di verificarne la capacità di “staccarsi” dal “fondo” costituito dal volume, estremamente spoglio, che si dispone ortogonalmente allo stesso pronao e al lungo viale che lo precede. Negli schizzi, l’architetto sembra esitare prima di adottare la soluzione che prevede l’allargamento dell’intercolumnio centrale che si trova così a inquadrare la porta d’ingresso a due battenti. Solo i più attenti noteranno che il pronao è staccato dal volume della cappella e che la sua giacitura è leggermente disassata, come si trattasse di due mondi contigui ma irreparabilmente separati. Il contenuto simbolico di questo progetto si mostra a vari livelli e su piani diversi. I disegni di Lewerentz sono spesso criptici e rendono conto di alcuni elementi che sembrano aver concentrato su di loro tutta la sua attenzione. Della brusca interruzione che ruota di 90 gradi la geometria lineare del percorso, i disegni di Carlotta Torricelli mostrano la genesi, illustrando alcune varianti elaborate da Lewerentz prima di giungere alla versione definitiva. Credo che il dispositivo finale sia chiaramente percepibile, rinforzato dal repentino cambio di registro luminoso: dalla lama di luce che fende la foresta si penetra in uno spazio buio, del quale l’occhio percepisce l’estensione solo dopo qualche istante. Quando le pupille saranno sufficientemente dilatate, sarà pure possibile percepire l’ordine architettonico che affiora a poco a poco sotto forma di lesene che si staccano di pochi centimetri dalle pareti. Alla fine della cerimonia funebre, il corteo si dirigerà verso i campi di inumazione attraversando la porta ritagliata nella nuda facciata occidentale, e sarà abbagliato dalla luce pomeridiana. È evidente che gli effetti di contrasto prodotti dalle diverse condizioni di illuminazione rendono particolarmente drammatica l’esperienza, così come non si può ignorare il significato simbolico di questi passaggi dalla luce all’oscurità, fino al caldo abbaglio del tramonto. Impossibile restituire in poche righe l’intensità di quest’opera. Essa sfugge ad ogni tentativo di classificazione, ad eccezione di quelli ottusi che fanno coincidere l’uso di colonne e capitelli con una posizione di retroguardia nei confronti del “luminoso” cammino dell’architettura moderna. Va detto che la ricerca di cui rende conto questa pubblicazione, offre la possibilità di osservare con occhi diversi non solo la Cappella della Resurrezione ma l’opera di Lewerentz in generale. Recuperata dall’oblio in anni recenti, l’esperienza del classicismo moderno scandinavo, e la Swedish Grace in particolare, appartengono ormai all’orizzonte allargato e condiviso di una Modernità assai meno rigida di quella tramandata dalle storie dell’architettura più ortodosse.

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8 LucaOrtelli | Nellaforestanordica

Il rischio di un simile ampliamento di vedute è l’inclusione scontata, a volte acritica, di personaggi “secondari”, oppure addirittura “eretici”, nell’universo del moderno architettonico. Lavori come quello di Carlotta Torricelli sono preziosi proprio perché indagano le architetture con l’obiettivo di metterne in risalto le qualità oggettive in relazione al contesto storico a cui appartengono ma anche e soprattutto nell’ottica di renderne evidente l’attualità. Il testo, i disegni e i modelli che seguono dissezionano con pazienza e rigore questo enigmatico edificio, mettendone in luce, senza pregiudizi, i caratteri fondamentali e la struttura compositiva. La presente pubblicazione rende conto della ricerca svolta da Carlotta Torricelli nell’ambito del Dottorato in Composizione Architettonica dell’Università Iuav di Venezia, voluto e concepito da Luciano Semerani, che ne ha definito le caratteristiche principali. L’idea centrale consiste nell’indagare, attraverso un’opera specifica, il pensiero e il contributo di architetti che hanno segnato in modi diversi l’architettura del XIX e XX secolo. Alle ricerche bibliografiche che tendono a ricostruire il contesto culturale dentro il quale hanno operato gli architetti studiati, si affianca l’utilizzo del disegno e del modello come principali strumenti analitici. Si tratta di una scelta significativa e utile alla definizione di che cosa si possa o si debba intendere quando si parla di ricerca in ambito architettonico. Nel corso degli anni, le tecniche si sono affinate producendo restituzioni originali e sorprendenti di edifici anche molto noti. E così, oltre allo studio accurato della specifica temperie culturale dentro la quale è maturata la fortunata stagione del Classicismo Nordico, Carlotta Torricelli ci aiuta, con i suoi disegni, a penetrare il mistero della Cappella della Resurrezione.

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Il fronte d’ingresso; prospetto. Il valore plastico del pronao contrasta con la superficie neutra della parete di fondo. Sigurd Lewerentz, Uppståndelsekapellet, bisättningsrum. Prospettiva interna di una camera mortuaria, disegno elaborato tra il 1923e il 1925(ARK-STH). Le cinque camere mortuarie; pianta, sezione, prospetti. Ciascuna sala, dalle proporzioni allungate e illuminata dall’alto, èpreceduta da una bussola d’ingresso e il collegamento ècostituito da un basso portico di venti colonne di cemento verniciate di nero, con capitello di stucco bianco. Questi ambienti hanno subito rilevanti alterazioni, che hanno annullato il ricco apparato decorativo interno, di ispirazione egizia. Entrance frontage; elevation. The plasticityof the pronaos is in contrast withthe neutral surface of the backwall. Sigurd Lewerentz, Uppståndelsekapellet, bisättningsrum. Interior view of a mortuary, drawing from between 1923and 1925 (ARK-STH). The five mortuaries; plan, section, elevations. Eachof the rooms is elongated and lit from above and preceded byan entrance cubicle, the linkbeing bywayof a low portico of twentyblackpainted cement columns withwhite stucco capitals. Significant changes were made to this part of the plan, withthe Egyptian inspired richinterior decorative scheme disappearing.

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L’invenzione archeologica del luogo

Quando nel 1921 la Kyrkogårdsförvaltningen (l’Autorità cimiteriale) affida a Lewerentz l’incarico di realizzare la seconda delle cappelle minori del Cimitero Sud di Stoccolma, il giovane architetto decide, dopo aver sperimentato diverse ipotesi progettuali, di collocare un tempio classico, costruito in pietra bianca, al termine della Via delle Sette Fonti, un lungo cammino ritagliato nella massa profonda della foresta. La dichiarazione è esplicita: in un cimitero in cui tutte le tombe sono uguali e si stendono ai piedi degli alberi, il luogo del rito deve parlare una lingua universale, riconoscibile da tutti all’interno della geografia del luogo. In questo modo Lewerentz, mostrando il ganz andere – qualcosa di completamente diverso, che non appartiene al mondo in cui si colloca – mette in atto una ierofania14. Il pronao classico15 nel bosco è da intendersi come oggetto “a reazione poetica”: esso sintetizza in figura unica la presenza della divinità e permette di riconoscere, in una sola inquadratura, il monumento. Nella retorica funeraria il ruolo dell’immagine è fondamentale e lo spazio è inteso come luogo della rappresentazione. Il “pezzo”, rinvenuto nell’Antico e trasportato nella foresta – intesa come l’incontaminato bosco primordiale, Urskog – secondo un processo di straniamento, dilata la sua tensione verso un ideale universo di riferimento. Esso si condensa in segno unico, icona, capace di generare un istante fuori dal tempo nella discontinuità del paesaggio nordico. Il tempio tra le conifere è un’immagine senza età, riaccende la perduta dimensione del mito, l’aspirazione verso l’immutabile, verso ciò che “sta prima”. Le funzioni rappresentative dello stile sono rimosse, in favore della verità essenziale del costruire. Non vi è uno stanco recupero di elementi appartenuti a un’epoca ormai perduta, ma nemmeno la malinconia velata di compiacimento nella logora interpretazione del pittoresco: questo classicismo è proiettato verso il futuro. Con la stessa libertà con cui compone elementi estratti dal passato secondo una logica completamente nuova, Lewerentz dispone fatti naturali, scelti a rappresentare il carattere del luogo, insieme a fatti artificiali. Il disegno, attraverso la chiarezza del tracciato, spesso messo alla prova per mezzo di scarti e deformazioni, svela la struttura mitica del mondo. Il progetto conferisce al suolo – inteso come fatto originario – valore evocativo. Il disegno della Cappella della Resurrezione è composto dall’aula liturgica, dal suo corpo d’ingresso, dalla sala d’attesa semicircolare e dalla linea di cinque camere mortuarie precedute da un portico. La disposizione degli edifici e la loro relazione con lo spazio aperto centrale marcano i momenti della cerimonia e disegnano una pianta archeologica, che sottolinea il ruolo fondativo del progetto collocato in una radura. Il lavoro sugli elementi naturali definisce il ritmo di accelerazioni e pause che scandisce il percorso processionale e le fasi della cerimonia. I margini del luogo sacro in prossimità dell’edificio sono identificati per negazione rispetto alla massa continua del bosco, attraverso l’introduzione di un unico piano orizzontale nel terreno conformato per dislivelli. La civica solennità che caratterizza la corte16 evoca la dimensione di antiche città disabitate. Nella cappella il tema del trapasso è inteso come “andare oltre”. Il progetto si fonda sulla volontà di rappresentare il momento del passaggio, ma il percorso che conduce a quest’ultimo viaggio non è lineare. Il rito che qui termina prende avvio, in realtà, da molto lontano: all’ultimo temenos – lo spazio del vestibolo aperto delimitato dal colonnato – si giunge attraverso la Via delle Sette Fonti, un percorso che ha inizio con le sette rampe di scale che salgono sulla sommità della

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Collina della Meditazione – modellata sull’altura dell’Almhöjden17– per poi percorrere un’ampia valle soleggiata e inoltrarsi infine nell’oscurità della foresta. Questa condizione è accentuata dal rapporto tra l’esigua larghezza della via, lo slanciato sviluppo degli alberi e l’altezza dell’edificio che fa da fondale: la linea di colmo del tetto corrisponde alla sommità della collina. Il cammino è segnato da una sequenza di fermate – le Sette Fonti, nell’idea originaria del progetto – costituite dall’intersezione con le vie trasversali, che determinano una ritmata immissione di tagli di luce laterale. La serie di crocicchi produce un crescendo e rimanda alle saghe nordiche, dove l’incrocio o il cancello sono sempre il luogo dell’incontro con le divinità18. Tale condizione porta a muovere i passi in una dimensione sospesa, fissata in un istante senza tempo. Soltanto in prossimità della cappella si ha la certezza che il portale alto e scuro, intravisto dapprima in lontananza dietro alle colonne, rappresenti il passaggio definitivo. Il percorso, dunque, prevede un momento di disvelamento e la disposizione stessa degli elementi prepara la rivelazione. L’asse della Via delle Sette Fonti, con uno sviluppo rettilineo di quasi un chilometro lungo l’andamento di un cammino preesistente, è centrato sul pronao di pietra bianca, che sembra rappresentare il fronte principale di un tempio prostilo; ma con un gesto netto, che rompe con la logica che ha guidato la tensione tra i due fuochi, Lewerentz ruota, in direzione trasversale rispetto al percorso, il volume della cappella, creando una dinamica spaziale inaspettata. Il corpo stesso dell’aula sacra, dunque, è collocato in modo da interrompere, come la morte, l’incedere perentoriamente rettilineo del corteo. La cappella è costituita da due parti giustapposte: l’ingresso, vestibolo classico formato da una doppia struttura tetrastila asimmetrica, con dodici colonne sormontate da trabeazione e frontone; l’aula sacra, volume alto e stretto, definito da pareti lisce in muratura, color terra di Siena bruciata. Gli unici elementi che rompono la continuità dei piani di facciata sono un’edicola, che ospita la grande finestra tripartita rivolta a meridione, e il varco scuro e profondo dell’uscita, che conduce all’area di sepoltura occidentale. Alla sequenza di figure di estrema sintesi iconica si contrappone la muta astrazione della cappella, protetta dalle sottili lastre di rame della copertura. Questo aspetto pone le scelte progettuali in linea con un’attitudine che riaffiora in differenti epoche nella tradizione dell’architettura svedese. Significativo a questo proposito è il fatto che nel 1925 Hakon Ahlberg, introducendo l’importante volume Swedish Architecture of the Twentieth Century 19 – la prima panoramica in lingua inglese sull’architettura svedese di quegli anni – individui, proprio nella capacità di coniugare la severità delle linee generali con il dato espressivo della decorazione, uno dei caratteri di continuità dell’arte del costruire svedese nella storia. L’identità delle singole parti che compongono il progetto è determinata dalla relazione con il rito: la processione procede senza mai attraversare limiti e soglie già varcati. Se all’esterno il luogo sacro è scandito dal percorso processionale, all’interno il buio impone un’esplorazione lenta, che svela gradualmente lo spazio. L’architettura produce una rotazione nel movimento del corteo, che, dopo avere camminato diretto a sud, assiste al funerale rivolgendosi a oriente e trova la conclusione del percorso, inaspettatamente, alle proprie spalle, scendendo nel giardino ribassato e raccolto, allungato verso occidente. Qui la sacra quiete dilata il senso di solitudine, ma allo stesso tempo consente la riconciliazione. Tra il pronao e la cappella c’è un sottile vuoto: alla distanza di un passo le due figure si avvicinano, senza sfiorarsi. Un’ombra profonda marca questa vibrazione e nella tensione tra opposti si

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SigurdLewerentz, fotografiadel viaggioinItalia(ARK-STH). Lasalad’attesa; piantaeprospetto, nellaversioneoriginale, conlagrandefinestracontinua, oggi inpartechiusa. Il portaled’ingressoinbronzo; prospetto. Ciascunaantaèdivisa induecampi, delimitati datrefasceorizzontali, decoratecondischi di bronzocherimandanoai cerchi egizi raffiguranti i dischi del sole. SigurdLewerentz, photographof thejourneytoItaly(ARK-STH). Thewaitingroom;planandfront view,intheoriginal version, withlargecontinuouswindow,nowpartiallyclosed. Bronzeentrygate; elevation. Eachdoor isdividedintotwoparts, separatedbythreehorizontal bandsanddecoratedwithbronzecircleshapes bringingtomindAncient Egyptiansundisks.

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colloca l’immateriale soglia: l’ultimo passaggio. L’autonomia, così dichiarata, tra vestibolo e santuario prescinde da rimandi diretti a un tipo classico e trova le sue ragioni nel procedimento compositivo basato sull’affermazione dell’individualità degli elementi, accostati secondo un processo paratattico che per analogia innesca associazioni nuove. La mancanza di congiunzioni esclude ogni volontà di mediazione, integrazione o gradazione e prevede l’utilizzo di parti finite, cui Lewerentz conferisce il valore di citazione. In questa logica ciascun tema può fare riferimento a uno specifico ambito figurativo, all’interno della composizione unitaria organizzata secondo un chiaro «spirito di geometria»20. In questo montaggio polisemico, all’estrema riduzione formale di alcune parti si accompagna la ricchezza degli apparati decorativi e la raffinata articolazione dei dettagli. Il rapporto tra sistema costruttivo e sistema rappresentativo si lega intimamente al tema della classicità e, come sintetizza Colin St John Wilson, trasforma «un metodo costruttivo in un’affermazione di carattere simbolico»21. L’architetto svedese mette in atto un processo di scomposizione della struttura del tempio, separando l’elemento della cella (naos) da quello del colonnato. Così Lewerentz coniuga l’architettura sintattica di risonanze greche con una struttura incentrata sulla generazione dello spazio interno, di derivazione romana22. Di fronte all’illimitato ambito naturale, la sequenza di recinti conduce all’interno dell’aula sacra, unico spazio volumetricamente definito in tutte le direzioni: soltanto qui la misura del cosmos è tangibile23. Secondo la lettura dell’organizzazione dello spazio come espressione dell’anima di una civiltà, che il filosofo tedesco Oswald Spengler propone ne Il tramonto dell’Occidente – di cui la prima parte è pubblicata nel 1918 e conosciuta in Svezia24 – il cosmos, nell’epoca classica, è tutto raccolto sotto la volta celeste, non esiste altro oltre all’insieme armoniosamente ordinato. Al sentimento antico è sempre mancato il bisogno di concepire l’universo al di là di ciò che è visibile e la sua espressione più sublime è rappresentata dal corpo di pietra del tempio: esso si ancora al suolo e gravita intorno a un centro, dove è delimitato lo spazio interno senza finestre, accuratamente celato dal colonnato. Lewerentz disgiunge le parti del tempio per utilizzare il portico come immagine araldica della civiltà classica, dove l’edificio è percepito dall’esterno, come una scultura. Il ruolo degli elementi rimane inalterato: il colonnato cela alla vista – fino a un preciso momento del percorso – il volume murario che racchiude lo spazio. D’altra parte, svincolando il corpo della cella dove si convoca la divinità, può aprirlo all’idea dell’attraversamento. L’antico non è richiamato soltanto attraverso l’utilizzo del linguaggio, ma è evocato nei tipi degli spazi costruiti. La forma semicircolare della sala d’attesa è assimilabile ad alcune delle figure accostate alla Via dei Sepolcri a Pompei; la sequenza delle camere mortuarie collegate dal portico riproduce la dimensione di una stoà classica. L’aula liturgica si configura come una basilica romana compressa: i due ordini di pilastri appena marcati sulla superficie delle pareti interne non rivestono alcuna funzione strutturale. In quanto elementi decorativi, dunque, sono finalizzati alla rappresentazione o all’evocazione. Sono la memoria delle navate laterali dell’impianto basilicale, il richiamo alla possibilità della tripartizione. Il progetto della Cappella della Resurrezione si fonda su una sofisticata concatenazione di proporzionamenti, basati sull’interazione di due serie numeriche. Nel disegno si riconoscono canone e sistema proporzionale di matrice greca, impostati sul quadrato e sui rapporti della sezione aurea. Applicando questo tracciato regolatore, Lewerentz introduce alcune variazioni, omissioni, reiterazioni che fanno del progetto un sistema complesso, dove le regole del sistema classico sono tese fino al paradosso25. A tutta la positività, che con precisione ha disposto nel determinare misure

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Il fronteovest, l’uscitaeladiscesaall’areadi sepoltura; prospetto. Nellarappresentazioneèomessoil pronao. Il pianodellaparetetermina conunacornice, sullaqualefluttuano, distaccatedaun’ombra, lefaldedellacopertura. SigurdLewerentz, CimiteroSuddi Stoccolma, disegnodi studio per uncancellodi ingressoaunodei SetteGiardini, 1922(ARK-STH). Assonometriainseritanellapiantacongli edifici ausiliari. Lospaziounico dell’aulaèdelimitatodall’involucro, intesocomeprofondamassamuraria, dovesonoscavate, versoovest, alcunestanze. West front, exit anddescent totheburial area; elevation. Therepresentationomitsthepronaos.Theplanof thewall ends inacorniceonwhichthepitchedroof floats, separatedbyashadow. SigurdLewerentz, StockholmSouthCemetery, studiodrawing for anentrancegatetooneof theSevenGardens, 1922(ARK-STH). Axonometricprojectioninsertedintotheplanwithauxiliarybuildings. Theuniquespaceof thehall isenvelopedbythedeepmassof thewalls inwhichsomeroomshavebeenset towardsthewest.

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Complessità celata Il latoovest; sezioni, prospettoesterno, esplosoassonometrico. Laparete dell’aulaeil fronteciecoesterno, entrambi orientati comeil pronao, celano, nei duemetri cheli distanzianotraloro, un’inaspettatacomplessità, organizzatasuquattrolivelli sovrapposti: aquotaipogeasi trovanoi locali degli impianti; al pianoterra, accantoall’uscita, la“stanzadel dolore”, unambienteraccoltoilluminatoattraversounampioforocircolare nel controsoffitto; al pianointermedio, lastanzadel sacerdote, copertadaunavoltaabotteeilluminatadaunalargaapertura nellaparetemeridionale; all’ultimolivello, laloggiadel coro, celatoallavista di chi assisteallacerimoniadaunparapettomurarioinsolitamentealto.

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Il fronteinternoversol’aulaètripartitoinaltezza. Il portaledi bronzo dell’uscitaècollocatosullamezzeriadellaprofondabussola, così darisultare inombradaentrambeleparti; attraversounsistemadi aperturacomplesso – chedisegnaaterraloschemadellasezioneaurea– leanterisultano perfettamentecompresenellametàinternadel vano, inmododanascondereleportesecondarie. All’esternolepareti intonacate arrivanoaterrasenzaalcunaprotezionebasamentale, soluzione chehacreato, findal periododellarealizzazione, unaseriedi problemi tecnici. Sui lati lunghi, i serramenti delleaperturesonospinti al filoesterno, così daannullarelaprofonditàdellebucature, comeinserti di texture nei piani lisci di facciata.

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Hidden complexity West side; sections, external elevation, explodedaxonometricprojection. Thetwometreswhichseparatethehall wall andtheblindoutsidefront, bothorientedasthepronaos, hideanunexpectedcomplexity, arranged onfour superimposedlevels: onthehypogeumlevel aretheplant rooms; onthegroundlevel, bytheexit, isthe“roomof pain”, aconfinedarealit fromabovewithacircular openinginthefalseroof; ontheintermediatelevel istheofficiant’sroomwithabarrel vault andlit byalargeopening inthesouthwall; onthetoplevel isthechoir gallery, hidden fromtheviewof theceremonyparticipantsbyanunusuallyhighparapet wall.Theinternal frontagetowardsthehall hasatripartitedivisioninheight.

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Thebronzeexit gateisset inthemiddleof thecubiclespace, soastoappear intheshadefrombothdirections: thankstoacomplexopeningsystem – tracingonthefloor theschemeof theGoldenSection– thedoors areperfectlycontainedintheinner half of thespacesoastohide thesecondarydoors. Ontheoutsidetheplasteredwallsreachdown tothegroundwithout anyprotectionat thebase, asolutionthat hascaused aseriesof technical problemsever sinceit wasrealized. Onthesides, thewindowsareset ontheoutside, thusattenuatingthedepth of theopeningsandcreatingtexture insertsinthesmoothsurfaces of thefaçade.

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SigurdLewerentz, Uppståndelsekapellet, prospettivadi studiodell’interno, disegnoelaboratotrail 1923eil 1925. L’aulasacra, laloggiadel coroel’uscita(ARK-STH).

SigurdLewerentz, Uppståndelsekapellet, studioviewof theinterior, drawingfrombetween1923and1925. Prayer hall, choir galleryandexit (ARK-STH).

L’aulaelafinestratripartita; sezionelongitudinaleespaccatoassonometrico di dettaglio. Il secondoassecompositivoorganizzalospazioconnettendo l’areadi sepolturaal catafalcoeal baldacchino. Lapareteinterna, instucco marmorino, èscanditadal ritmovariatodi dueordini sovrapposti di lesene binate. Unacoppiadell’ordineinferiorevieneomessaper lasciarespazio allafinestra, inquadratadaunacornicebianca– sostenutadagrandi mensole avoluta– chesi inseriscenellamodanaturaorizzontalecontinua. L’aperturatripartitasi sviluppacomeelementoautonomo, gigante, econdensa, nellospessoredi unaparete, duefacciatediversetraloro.

Hall andtripartitewindow; longitudinal sectionanddetail axonometriccross section.Thesecondcompositional axisorganizesthespaceconnecting theburial areatothebier andcanopy.Theinsidewall of marbledplaster isgivenvariedarticulationbytwosuperimposedrowsof pairedpilaster strips. Twointhelower rowareleft out tomakespacefor thewindow, set inawhiteframe– supportedonlargevolutedcorbels– integrated inthecontinuoushorizontal moulding.Thetripartitewindowisagigantic autonomouselement andwithinthethicknessof thewall condenses twodifferingfaçades.

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Il baldacchino; assonometriedi studio, sezione, pianta. Lastrutturasi eleva, informadi edicola, al di sopradell’altareinpietra rossa. Quattrocolonne, senzabasi, confustoscanalatoecapitellocorinzio sorreggonounatrabeazionelisciacontinuacheospitaunfregio, richiamando antichi cibori paleocristiani. Piùchel’immaginedi unpiccolotempio, questastrutturarappresentaun’arcaposatasuquattrocolonne. I fusti poggianosuunbasamentorialzato, lacui decorazionegeometrica si sovrappone, senzamediazione, al motivocurvilineodel mosaico del pavimento.

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Thecanopy; studioaxonometricprojections, section, plan. Theedicolastructurerisesabovetheredstonealtar. Four flutedcolumns without abaseandwithCorinthiancapitalssupportingacontinuoussmooth entablaturecontainingafrieze, recallingancient Christianciboria. Rather thanevokingasmall temple, thisstructureismoreof anarkset onfour columns.Thecolumnsrest onaraisedbasewhosegeometric decorationissuperimposeddirectlyonthecurvingmotif of thefloor mosaic.

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e proporzioni, Lewerentz mette a riscontro un dubbio insidioso, che non distrugge completamente la logica classica, ma con essa convive, costituendone il doppio. Ciascuna cosa ha una doppia faccia, nessun elemento è dato e poi negato, ma piuttosto è diviso, pone un enigma. Ogni sintagma del vocabolario classico è spogliato della sua veste ortografica e, isolato, si trasforma in parola nuova, indiscreta, barbara. La dimensione sacra del paesaggio

Tra il pronao e la cappella filtra una lama di luce irregolare: i due elementi, leggermente distanziati tra loro, non sono perfettamente paralleli. Una lieve rotazione crea la distorsione nello spazio residuo e mostra lo sforzo dell’elemento scultoreo di svincolarsi dal piano che gli fa da sfondo. Tale piccola anomalia racconta di relazioni più lontane, che coinvolgono l’intero disegno del paesaggio del cimitero, rendendo evidente la sensibilità topografica che accompagna il progetto. Sulle ragioni di questo enigmatico movimento si sono interrogati molti degli autori che hanno affrontato lo studio dell’opera, formulando differenti interpretazioni. Luis Moreno Mansilla26 offre una lettura orientata all’idea del ciclo iconografico, secondo lo schema vita-morte-resurrezione: l’atrio classico rappresenta il passato, quindi la vita per chi trapassa; la parete cieca senza aperture della cappella simboleggia la morte; l’interno dell’aula, grazie alla luce che entra dall’unica grande finestra tripartita, è l’immagine della rinascita. Vaughan Hart27 riconduce la torsione tra pronao e corpo principale all’immagine della porta scostata del Santo Sepolcro di Cristo nel giorno della Resurrezione. L’angelo del Signore muove la grande pietra circolare lasciandola – così ci tramanda l’iconografia – leggermente ruotata rispetto al sepolcro; i dodici apostoli, sintetizzati nelle figure delle colonne, attendono davanti alla sepoltura. Stuart Knight28, diversamente, colloca questa scelta compositiva tra i tratti distintivi di una tecnica “manieristica” frequentemente impiegata dai moderni classicisti svedesi. Indubbiamente questa distorsione introduce un disassamento che è intimo del luogo, lo mette in evidenza: non rappresenta, cioè, l’adeguamento a una condizione preesistente, ma la decisione eloquente di mostrare l’alterità delle due parti e la loro appartenenza a sistemi differenti, che trovano congiunzione nel progetto del suolo. Il pronao, difatti, isolandosi dal tracciato che regola l’insieme, assume l’orientamento della Via delle Sette Fonti, mentre l’edificio della cappella, le camere mortuarie e la sala d’attesa si dispongono seguendo la giacitura dell’area di sepoltura ribassata verso ovest. Un’ulteriore deformazione avviene nel volume dell’aula, in cui tutto il lato occidentale – che in poco più di due metri di profondità cela la complessità dell’articolazione su tre piani – ruota, assecondando l’andamento dell’atrio colonnato. Lo spazio racchiuso dalle colonne, dunque, si riferisce direttamente al quadrato definito dai dodici olmi del Bosco dei Ricordi sulla Collina della Meditazione. I due recinti mostrano l’archetipo della costruzione: delimitare uno spazio e misurarlo29. Lewerentz articola questa relazione attraverso un sapiente controllo della sezione, la modellazione del terreno, la selezione delle essenze arboree e il disegno delle loro masse. Nonostante i due elementi non siano realizzati contemporaneamente, Lewerentz – al quale è attribuito il ruolo chiave nel disegno del paesaggio – riesce a dare corpo a quest’antinomia.

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CLASSICISMO DI FRONTIERA

Università Iuav di Venezia | Dottorato di ricerca in Composizione architettonica

Carlotta Torricelli

La Cappella della Resurrezione, disegnata e costruita da Sigurd Lewerentz tra il 1921 e il 1925 nell’ambito del progetto per il Cimitero Sud di Stoccolma – divenuto noto come Woodland Cemetery o Skogskyrkogården – rappresenta un edificio chiave nell’esperienza del Classicismo Nordico. In questo recupero del linguaggio classico, cui si assiste nei Paesi nordici nei primi decenni del Novecento, l’elemento rinvenuto nell’Antico e trasportato nel paesaggio nordico dilata il suo valore evocativo e la sua tensione verso un universo ideale, attraverso una discesa alle origini che conduce inaspettatamente alla modernità. La cultura nordica, divisa tra la coscienza di un disegno superiore e la presenza di una natura inospitale, si rivolge ciclicamente al Mediterraneo, con lo sguardo trasversale ma privilegiato di chi osserva il centro da una condizione periferica. I frammenti del passato disegnano una “mappa della memoria” dove parole e segni, appartenuti a un linguaggio codificato, sono rimontati in contrapposizione dialettica. Nella Cappella della Resurrezione questo “classicismo di frontiera” evidenzia la continuità di un metodo compositivo in cui la riflessione sul linguaggio e sulla rappresentatività degli elementi è tesa a costruire architetture nuove, dal carattere riconoscibile. Le molteplici allusioni creano una sequenza non lineare in cui storia e paesaggio convergono nella composizione. Il progetto per questo luogo sacro mantiene così la sua forza e la sua attualità, disegnando una figura urbana eloquente, in cui la collettività si incontra, riconosce il monumento e condivide il senso della memoria.

La collana “Quaderni di Composizione architettonica” raccoglie ricerche incentrate sui procedimenti compositivi del progetto di Architettura intesi come dispositivi e tecniche specifiche di conoscenza delle relazioni tra figura, costruzione e contesto nella storia dell’architettura e della città. L’indagine approfondita sull’esperienza compositiva di alcune importanti figure e opere dell’architettura intende dimostrare il percorso di formazione dell’opera per individuare categorie operative praticabili al presente. Gli scritti di questa collana, accompagnati dalle rielaborazioni tematiche del Dottorato, ribadiscono l’importanza dello studio della composizione come forma di conoscenza dell’architettura, della città, del paesaggio.

Carlotta Torricelli

CLASSICISMO DI FRONTIERA

Sigurd Lewerentz e la Cappella della Resurrezione

Carlotta Torricelli, architetto, laureata presso la facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, è Dottore di ricerca in Composizione architettonica e tutor presso la Scuola di dottorato dell’Università Iuav di Venezia. È stata borsista presso l’Istituto Italiano di Cultura - Fondazione C.M. Lerici di Stoccolma. Attualmente insegna Composizione architettonica e urbana al Politecnico di Milano e presso la facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Parma. Tiene lezioni e conferenze in diverse scuole di architettura italiane e straniere, partecipando a convegni e seminari. È autrice di articoli e saggi pubblicati in collane di architettura e in riviste internazionali. Svolge l’attività di progettista, ottenendo riconoscimenti e premi. Vive e lavora a Milano.

20,00 a

ilpoligrafo

ISBN 978-88-7115-863-1

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