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di Andrea Sebastianelli Usura, riciclaggio di denaro, estorsioni e truffe. Questo l’intreccio criminale emerso in seguito all’operazione “Il gioco è fatto”, scattata nella Capitale la notte del 22 settembre scorso dopo due anni di indagini condotte dalla Squadra Mobile coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma. Un risultato rilevante che ha portato allo scoperto un vero e proprio giro di affari con il coinvolgimento di ex esponenti dalla Banda della Magliana, della Camorra e del clan dei Casamonica. Un sodalizio costruito intorno a figure chiave. Secondo le indagini della Squadra Mobile di Vittorio Rizzi e della sezione Criminalità Organizzata di Luca Armeni, la testa pensante del gruppo era un ristoratore di Grottaferrata, Francesco Mario Dimino, titolare del noto locale «Sapori di Sicilia». Il resto dell’organizzazione era formata da altri insospettabili professionisti: Simone Scorcelletti (pierre romano), Stefano Loconte (assicuratore), Massimo Alessandro (assicuratore), Gabriele Carbone (assicuratore), Armando Rinolfi (gioielliere) Fabrizio Testaguzza (commercialista) e Ernesto Rampini (avvocato penalista). Il gruppo si chiudeva con Guerino Casamonica, che svolgeva la funzione di recupero crediti. Le manette sono scattate per 11 persone, mentre le indagini hanno riguardato altri 23 sospettati.
R E T E
A N T I M A F I E
Usura, estorsioni e riciclaggio
Con l’omicidio Morzilli del 2008 il “gioco è fatto”
Sopra: alcuni componenti della Banda della Magliana e, in alto, il capo De Pedis A lato: l’omicidio di Morzilli del 2008 in un servizio del TG5 del 29 febbraio
Ma come si è arrivati all’operazione “Il gioco è fatto”? Le indagini furono avviate nel 2008, dopo l’omicidio di Umberto Morzilli, freddato a Roma nel quartiere popolare di Centocelle. Ripercorriamo le tappe principali di quella vicenda, su cui le indagini sono ancora aperte e potrebbero far emergere nuovi particolari sulle infiltrazioni criminali a Roma e provincia.
L’OMICIDIO MORZILLI E’ il 28 febbraio. Siamo a Roma, in piazza delle Camelie, incrocio con via Tor de Schiavi. Morzilli, 51 anni, poco dopo le 11 del mattino, mentre sulla sua mercedes percorre la rotatoria, viene avvicinato da una moto di grossa cilindrata con due uo-
mini a bordo. Da una pistola partono quattro colpi che lo uccidono all’istante. “Una vera e propria esecuzione della malavita” dichiarano gli investigatori. L’assassinato, conosciuto con il soprannome di “Umbertino”, è noto per diversi precedenti. Il Nucleo Speciale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza comincia a interessarsi a lui nel 2002, quando Morzilli si trova a ricoprire il ruolo di liquidatore di una società, la “Toro 91”, che aveva affari anche nei Castelli Romani, e a Rocca di Papa in particolare. CHI ERA “UMBERTINO” Il nome di Umberto Morzilli figura più volte in inchieste sulla malavita della Capitale e in quelle che hanno riguardato
il Segno
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il Segno
RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
gli intrecci economici fra la criminalità, le speculazioni edilizie e il mondo della finanza. Da sempre legato -secondo gli inquirenti-, alla Banda della Magliana e in particolare ad Enrico Nicoletti (definito dal giudice Lupacchini, la “banca” della banda), figura tra le persone indagate nel maggio 2007 nella vicenda del crack del finanziere Danilo Coppola. Quando, nel luglio 2007, Morzilli finisce nel registro degli indagati ha già alle spalle una condanna a tre anni di reclusione per tentata estorsione nell’ambito di un’inchiesta che coinvolge anche i figli di Enrico Nicoletti, Tony e Massimo, arrestati insieme a lui nel maggio 2003. In quell’occasione Morzilli e gli altri vengono accusati di