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“Il gioco è fatto” in dettaglio
Ecco chi è Francesco Mario Dimino
Volevano vendere anche la sede della questura di Roma, la palazzina di via San Vitale per 900 mila euro, e per questo avevano già incassato una caparra di 50 mila euro. Questa è solo l’ultima delle tante truffe messe a segno dalla banda composta da 11 persone arrestate dalla Squadra Mobile di Roma. I criminali avevano messo a segno truffe a commercianti, professionisti, impiegati e ad esponenti del mondo dello spettacolo e delle forze dell’ordine. Oltre a proporre l’acquisto di immobili, venivano proposte anche assunzioni, millantando amicizie politiche. In modo fittizio avevano venduto anche l’appartamento del giocatore della Roma Cafù, la casa dell’ex presidente della Lazio Cragnotti, fino alla palazzina della Coin di via Cola di Rienzo. Il gruppo però intascava solo le caparre. Per le operazioni potevano contare su una serie di amicizie e complici come avvocati, commercialisti, agenti immobiliari e assicuratori. Alle vittime venivano dati gli appuntamenti spesso nella sede del tribunale civile di Roma poiché vantavano amicizie negli ambienti legali. Ma il gruppo prestava anche il denaro a
tassi usurai e per ricevere il pagamento delle rate utilizzavano anche personaggi di spicco dell’ex Banda della Magliana e della malavita romana, tra cui alcuni esponenti dei Casamonica. Il gruppo era capeggiato da Francesco Mario Dimino. Ma chi è questo personaggio di origine siciliana, proprietario del ristorante di Grottaferrata “Sapori di Sicilia”, accusato di essere al vertice di una rete criminale che operava su tutto il territorio romano compiendo affari illegali grazie a usura, riciclaggio di denaro, estorsioni e truffe? Francesco Maria Dimino, 45 anni, è un imprenditore romano nato a Sciacca, in cui poco tempo fa è stato anche presidente della locale squadra di calcio che militava nel campinato di Promozione. Una gestione durata poco più di due mesi, per evitare il fallimento restituì il sodalizio ai vecchi proprietari, promettendo però di “portare un giorno il calcio saccense nelle categorie professionistiche”. Ma le cronache giudiziarie si occuparono di lui già sei anni fa. Nel 2005, infatti, fu coinvolto in un’altra maxi-inchiesta su mafia, usura e riciclaggio. Il suo nome venne associato
a Enrico Nicoletti, ritenuto il “cassiere” della Banda della Magliana, e ai figli di quest’ultimo, Antonio e Massimo. Anche in questo caso l’inchiesta partì a causa della compravendita, ritenuta sospetta, di un bar-tavola calda collocato a ridosso di piazza Euclide a Roma, e il cui titolare con minacce e intimidazioni fu costretto a vendere l’immobile e la licenza per 100 mila euro, contro un valore di mercato stimato allora in 500 mila euro. Gli interessi di allora della banda sembrano gli stessi di quelli emersi oggi con l’operazione “il gioco è fatto”. Si sa, i lupi perdono il pelo ma non il vizio. (A.S.)
Dall’omicidio Morzilli all’operazione “Il gioco è fatto” estorsione e riciclaggio. I Carabinieri, all’epoca dei fatti, li accusano di aver chiesto una tangente di 200 mila euro ad un commerciante e di aver fatto esplodere un ordigno all’interno di un negozio della vittima dell’estorsione. Gli inquirenti della Procura di Roma, invece, nel 2007 accertano che Morzilli tra il 1999 e il 2001 ha rapporti di affari con Danilo Coppola in relazione all’acquisto, da parte dell’immobiliarista, di due alberghi, tra cui il famoso “Daniel’s”.
L’INCHIESTA SI SPOSTA AI CASTELLI ROMANI L’inchiesta avviata dalla Procura di Roma porta ai Castelli Romani, precisamente a Rocca di Papa. Come detto, Morzilli il 12 dicembre del 2002 viene nominato liquidatore della “Toro 91”. Attraverso il
provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari (che porterà agli arresti di Coppola), sappiamo che “due settimane più tardi, il 26 dicembre 2002, la “Toro 91” cede a un’altra società, la “SPI.CA.”, un terreno situato a Rocca di Papa, esattamente in via delle Barozze, al prezzo di 350 mila euro più iva”. Quindi, l’operazione speculativa partita dalla “Toro 91” con l’acquisto del terreno di Rocca di Papa, prosegue. “Il 27 novembre del 2003- si legge nell’ordine di custodia cautelare- la “SPI.CA.” a sua volta vende l’immobile realizzato sul terreno di Rocca di Papa, alla “Cantieri del Sud” (intestata per il 98 per cento a una fiduciaria, ma riferibile a Coppola; il restante 2 per cento, nel 2004, finisce a Luigi Marotta, un salernitano con precedenti
poco rassicuranti) al prezzo di cinque milioni e mezzo di euro più iva”. Un guadagno netto di oltre cinque milioni di euro. Ed è lo stesso Gip a far notare come sia la “Cantieri del Sud” che la “SPI.CA.” sono “società riferibili al Gruppo Coppola”. Intrecci fitti che attirano l’attenzione dei finanzieri proprio su Umberto Morzilli, uno strano imprenditore, titolare di un’officina, proprietario di una Ferrari e di una barca. Tra i documenti sequestrati dalla Guardia di Finanza vi sono anche le prove dell’acquisto di un altro terreno, questa volta in Umbria, a Torgiano, sempre in nome e per conto della società “Toro 91”. Gli inquirenti puntano sulla vendetta o sul regolamento di conti per spiegare la morte di “Umbertino”. Per questo le piste battute furono subito
il Segno
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A N T I M A F I E
Andrea Sebastianelli
gennaio 2011 - n.
il Segno
RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA
il traffico di droga, il riciclaggio e le estorsioni, e dopo due anni le indagini, con l’operazione “Il gioco è fatto”, hanno effettivamente scoperchiando una ragnatela di insospettabili professionisti a servizio di un’organizzazione criminale diffusa. Le due vicende, quella di Morzilli a Rocca di Papa e l’arresto del ristoratore di Grottaferrata (senza tener conto dell’imprenditore della ‘Ndrangheta Cosimo Virgiglio che dimorava a Monte Porzio Catone), dimostrano come ormai i Castelli Romani siano uno dei territori più amati dalle organizzazioni criminali per collocare le basi dei loro interessi criminali e per svolgervi anche i loro loschi affari, a cominciare dal riciclaggio di denaro sporco.
R E T E