Valdi Spagnulo - Contrappunto

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Fontana

attivo del vuoto. Tuttavia al discorso fondato sul ritmo, l’armonia e la scansione musicale, reso familiare dalla pratica dell’artista ingegnere, si sommano qui i portati degli ambiti processuale e poverista, di cui l’opera di Melotti (accanto a quella di Alberto Burri, Piero Manzoni e Lucio Fontana) è sempre più spesso presentata quale madrina e antesignana, proprio per la felice sintesi di processo intellettuale e sperimentazione materica. Forse non a caso, nella citata conversazione, Valdi Spagnulo ammette un richiamo anche alla superficie ritmica e specchiante del Mare di Pino Pascali (1967), una struttura dichiaratamente tautologica, misurata e modulare, che tuttavia diviene metafora dell’immensità vitale della natura e di quell’azione di metamorfosi che fu costantemente praticata dall’artista di Polignano a Mare. Una suggestione e un “omaggio” in cui contano probabilmente i natali a Ceglie Messapica (nel 1961) di Spagnulo, l’immaginario e la memoria legati ai luoghi delle origini e infine l’amore e la curiosità per le “cose di acqua” che all’epoca l’artista pugliese, poi prematuramente scomparso, sognava di poter continuare a fare. Sulla ricerca di un rapporto con il mondo che è quasi sempre mediato dall’arte, come sull’inusuale libertà di Valdi, credo abbia agito, involontariamente, la presenza quotidiana dell’esempio paterno e della sua orgogliosa autonomia. Osvaldo Spagnulo seppe essere un padre presente e affettuoso, e non si lasciò distrarre dalla propria ricerca artistica, costituita da sovrapposizioni, stratificazioni e collage e, parallelamente, dalla manipolazione di forme tridimensionali in ceramica. Un lavoro tenace e coerente, i cui esiti, in entrambi i casi, sono vivificati dal colore. Dalla consuetudine paterna con molti artisti, attivi soprattutto a Milano, deriva forse a Valdi la capacità di osservare il lavoro altrui con attenzione e obiettività, ponendosi di fronte a esso con uno sguardo realmente interrogativo. Una curiosità verso l’extra-scultoreo che lo accompagnerà anche negli anni a venire. A tal proposito, senza voler generalizzare troppo il discorso rischiando di perdere l’obiettivo, avanzo una provocazione e un invito ad allargare la riflessione. L’importanza inconfutabile dell’architettura e della pittura nell’elaborazione del suo linguaggio plastico si misurano in tutta la loro portata pensando a quanto fosse vivace e variegato il contesto milanese degli anni Ottanta, in cui l’artista mosse i primi passi della sua carriera, e quello del decennio successivo, in cui arrivarono i primi riconoscimenti, anche al di fuori del raggio esclusivo delle esperienze scultoree. Si potrebbe immaginare un confronto con altri suoi coetanei, non soltanto scultori e pittori, ma anche fotografi e artisti dediti a installazioni o, perché no, a quella che sarebbe poi stata denominata ‘arte relazionale’. Artisti della sua generazione come Liliana Moro (1961), Stefano Arienti (1961) e Luca Vitone (1964), per fare soltanto tre nomi tra i molti, respiravano la medesima atmosfera, anche se probabilmente ne assorbivano altri stimoli e frequentavano studi e gallerie diversi da quelli familiari a Valdi. Anche al di fuori di questa recente fatica site specific che è Contrappunto, i temi e gli spunti di riflessione offerti dalla ricerca plastica di Valdi sono attualissimi, direi quasi alla moda, nell’odierno dominio nel gusto di un registro votato all’azzeramento espressivo e allo slittamento verso mondi sempre più virtuali e inafferrabili, ma in cui sono pure presenti, per chi voglia vederle, consistenti frange delle poliformi tendenze ‘informali’, in un concetto ‘a-temporale’ che tutto amalgama. Valdi Spagnulo resta fedele a un operare con le mani che provoca la diretta trasformazione dei materiali, accetta i tempi imprevedibili della scultura -che restano tali anche per l’artefice disciplinato e metodico -, ed è consapevole che per la creazione di un’opera d’arte non basti il rapimento dell’ispirazione. Tuttavia la sua è sempre una forma aperta, spesso instabile e frammentaria; il vuoto e l’assenza, ma anche il doppio e l’ombra, vi giocano un ruolo attivo e intenzionale, meditato,

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