Dolci

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essa prevede il ricorso ad un’apparecchiatura meccanica (sa mòriga oppure sa màchina de is turrones), con la caldaia in rame e intercapedine di acqua o olio, il prodotto viene cotto a bagnomaria, la temperatura è meglio distribuita, ma la durata del processo è superiore (dalle 5 ore e mezza alle 6 ore e mezza a seconda del periodo). A piacere il torrone è aromatizzato con la vaniglia e/o la scorza del limone grattugiata. Una volta cotto, il torrone si estrae con palette di legno, e s’inserisce in teglie o in astucci di legno o nelle cassette di legno, le pareti vengono coperte con carta pergamena fine e ostia per tutti i lati e il composto viene steso all’interno in modo perfettamente omogeneo, a raffreddare. Una volta cotto, il composto viene estratto con palette di legno, quindi steso in modo perfettamente omogeneo all’interno di teglie ovvero astucci o cassette di legno, le pareti dei quali sono già state rivestite con carta pergamena fine e ostia per tutti i lati. Da ultimo, si lascia raffreddare. Note: il primo documento sardo sul torrone risale al XVII secolo, ma è assai probabile che il dolce, di origine iberica (alcuni vogliono sia catalano), fosse diffuso sull’Isola sin dal tardo Medioevo. Nelle fiere i torronai erano soliti accompagnare la vendita del prodotto con il grido “turrone,

turrone, unu soddu su muntone!”: infatti dal taglio dei blocchi avanzavano molti frammenti che, alla lunga, finivano per costituire un mucchio più o meno consistente venduto, specie ai bambini, appunto per un soldo. Ingrediente essenziale per la preparazione, l’ostia moderna è stata introdotta in Sardegna dai i genovesi. In particolare, è l’azienda Tavi, attiva fin dal 1898, a commercializzare ancora oggi le ostie da torrone in tutta l’Isola, vendendole direttamente o tramite grossisti ai torronai sardi. Interessante confrontare, specialmente rilevando l’identità degli ingredienti, la ricetta sarda con quella settecentesca riportata nel Confetturiere piemontese: «Tagliate in piccole fette ben sottili sei oncie di mandorle nettate con acqua calda, poi mettetele in un bacino sopra il fuoco, con un poco di cedro verde grattugiato, e con zuccaro fino; fatele disteccare, rivoltandole sempre con una spatola, quando saran ben disteccate levatele dal fuoco, ed essendo raffreddate, mettetele nel bianco di tre uova, bene sbattuti con zuccaro fino, per far colle mandorle una pasta maneggiabile, e ne farete colle mani delle palle, che metterete di mano in mano sopra dei fogli di carta per farle cuocere nel forno a lento calore. Se avete delle nocciuole potrete mettere tre oncie solamente di mandorle ed altrettanto di nocciole nettate con acqua calda …» (1790, p. 48).

questa è una riga di finto testo per riempire lo spazio. questa è una riga di finto testo per riempire lo spazio

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Dolci by Ilisso - Issuu