Il Gusto Italiano Magazine num 3

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rivista culturale enogastronomica, turismo & golf


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SOMMARIO

luglio-agosto 2010

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Freddocaldo ...

Castello di Spessa 7. Editoriale 8. Web e dintorni 10. Fiorucci, verso il futuro sulle ali della tradizione 12. Golf & Country Club, Castello di Spessa

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Villa Oretta

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Ciociaria ...

34. Il mare a tavola.Una gioia anche con le specie meno pregiate

55. Tavole libere

36. Tarocchi e prosecco

55. L’aglio: il tartufo dei poveri

17. Castelrotto, giocare a golf immersi nella natura intatta

37. Ristorante In da Joy Corte Pellegrini: la cultura del mangiar bene

57. A Grisignana, all’enoteca di Zigante Tartufi

18. Freddocaldo, purchè sia caffè!

38. Turismo sostenibile: Etichetta Ecolabel

22. Danesi, il vero Espresso Italiano

40. Villa Oretta oltre le storie

16. Flut-in-one...golf in allegria!

24. Incontro con Franco Bortolazzo

42. Garibaldi e la mensa essenziale

Nel prossimo numero Tentazioni di Cioccolata

27. A tavola con i filosofi

44. Valle di Scalve: una valle dai sapori antichi

28. Ville e vigne

46. Friuli Via dei Sapori

Viaggio tra squisite Donne Chef

30. Incredibile India anche sulle tavole

48. Ciociaria, da scoprire e gustare

L’Otium: rifugio o salvezza?

32. ‘a Marenna napoletana

53. Nuvole fritte

Golf autunnale

Speciale Friuli

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La Rocchetta Spumanti

Via Lamberto Chisini, 100 31053 PIEVE DI SOLIGO (TV) Tel 0438 -987123 www.larocchettaspumanti.it


Editoriale rivista culturale enogastronomica, turismo & golf

Editore e Amministratore Delegato Giovanni Meneghini meneghing@yahoo.it Direttore Responsabile Maurizio Drago mauriziodrago@gmail.com Direttore Editoriale Bruno Sganga brunosganga@libero.it Relazioni Internazionali Dario Penco pencodario@yahoo.it Amministrazione Il Gusto Italiano Gruppo di Rete Bruno Sganga, Maurizio Drago Giovanni Meneghini, Walter Bassanese Vesna Feremac, Zlatko Mavric Claudia Mignorelli, Dario Penco Stefania Bastoni, Alessia Onorati Bruno Stefanat, Agostino Riva Raffaella Reitano, Ferdinando Francescon Progetto Grafico Giovanni Favero giovanni.favero@alice.it Stampa Linea Grafica - Castelfranco Veneto Associazione Il Gusto Italiano Servizi Culturali Informativi Sede: Via Lamberto Chisini, 100 31053 Pieve di Soligo (Tv) Tel/Fax +39 0438 987123 Mobile +39 339 8764975 www.ilgustoitaliano.it e-mail: info@ilgustoitaliano.it Numero 03 Luglio-Agosto 2010 Iscrizione al Tribunale di Treviso n. 348/10 del 26.05.2010 Costo copia € 8,00

Ecco, pian piano stiamo diventando adulti, nel senso che proseguiamo e resistiamo, ma forse, dirà qualcuno, con il rischio di sentirci anche “grandi” vista l’accoglienza benevola, a volte anche entusiastica, che la nostra rivista ha ottenuto con i primi due numeri. Nulla di tutto ciò. Siamo convinti che stiamo procedendo nella direzione giusta, che ci liberiamo dei piccoli inevitabili errori iniziali, che molti ci vogliono bene ma altri meno, e che dobbiamo dimostrare nel tempo come continueremo con coerenza, valore ed identità il nostro “Gusto Italiano”. Ed è proprio l’identità il riferimento maggiore che perseguiamo con tenace costanza e di cui vogliamo fornire traccia anche nelle pagine ed informazioni meno appariscenti. In ogni numero cerchiamo di dare volti a personaggi, ruoli e territori diversi, fornendone quella stessa identità che ci impegna direttamente. Ma sappiamo bene che siamo solo all’inizio e di strada ce n’è da percorrere tanta. Così come ci rendiamo conto che senza il sostegno di amici operatori e della loro pubblicità non potremmo avere questa costanza e impegno nel voler fare sempre meglio. Ma non ci giochiamo l’anima. Anche se non vogliamo passare da santi in un mercato che spesso detta leggi di convenienza piuttosto che scelte di pregio effettivo. Certo è che iniziamo a capire come nel suo insieme la nostra rivista, grazie alla scelta accurata delle immagini, di testi nella maggior parte attenti ed approfonditi e d’una grafica puntigliosamente originale, inizi ad essere un oggetto cartaceo che si fa vedere e si conserva, come qualcosa di prezioso da collezionare per il piacere d’essere rivisitato ogni qual volta abbiamo bisogno di quel buon gusto italiano...! Giovanni Meneghini

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Dal Web e dintorni E’ tempo di crisi anche nell’enogastronomia o di rif lessioni utili dettate dalla congiuntura? Ciascuno opti per quanto più s’addice e ritiene opportuno, ma è certo che qualche rif lessione critica che emerge dal web risulta molto interessante ed aiuta a fare considerazioni serie senza condizionamenti di parte o per rincorrere la griffe di turno. Sia sul tema d’una succulenta e forse provocatoria suddivisione della ristorazione, che sui decaloghi a questa destinati, che su temi più complessi come l’incontro tra giovani e vino. Per non dire della pirateria agroalimentare che non limiti tra vino e cibi, e non ci resta che l’imitazione dell’acqua..!

Suddivisioni della ristorazione Dunque, ci sarebbero, in quote più o meno esatte, innanzitutto i “Ristoranti Gastronomici”, al 7%, per deliziare il palato e lo spirito a tavola, e che comprende pertanto sia la preparazione dei cibi, sia il loro abbinamento con i vini, sia la capacità di comporre un pranzo completo, equilibrato nelle sue componenti ed armonico nella successione delle portate. Poi i “Ristoranti Professionali”, al 12% vale a dire quei ristoranti, trattorie, wine bar dove si sta bene ed il tutto, ambiente, servizio, cucina e vini, è all’insegna della professionalità, conoscenza e rispetto del cliente, con in più gli stessi parametri di riferimento dei i ristoranti gastronomici. Quindi i “Ristoranti Furbi”, al 15%,

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ove talvolta si può anche mangiar bene, soprattutto quando chi è ben noto al proprietario o allo chef può ordinare determinate specialità godendo di particolari attenzioni e di un trattamento privilegiato e diverso da quello riservato agli altri comuni mortali, ma in genere si tratta di locali furbi, frequentati da gente dello spettacolo, vip modaioli e così via. Ed ancora, i “Ristoranti Banali”, al 28%, che con quelli mediocri sono la maggior parte dei ristoranti, e dove si agitano cuochi pretenziosi che scopiazzano i piatti dei colleghi piú famosi (quando va bene) o si inventano creazioni cervellotiche e improbabili in nome e per conto della creatività o della moda imperante, ed in genere con un titolare (se non è lo stesso chef) prestato al settore od approdato quasi per caso, o che comunque trascina senza brillare un lavoro tramandatogli dai familiari. Ed infine i “Ristoranti Mediocri”, al 38%, ove qualsiasi cosa facciano, siano essi cuochi o proprietari, è il peggio, e forse perchè hanno aperto il ristorante pensando solo al guadagno e al “cassetto” quotidiano., ma in ogni caso una vera offesa per la ristorazione per la sciatteria ed il menefreghismo piú evidenti con cui rovinano ogni cosa.

} Il vino e la qualità della vita: anche per i giovani non abusare non significa rinunciare Il vino è veicolo di emozioni e socialità e, se ben consumato, migliora la qualità

a cura di B. S. della vita Il 40% dei ragazzi beve vino e il 50% birra. Questi dati derivano dall’indagine sulle le abitudini degli adolescenti italiani, fotografate dall’ultimo rapporto annuale 2009 curato dalla Società Italiana di Pediatria su un campione nazionale di 1300 studenti delle scuole medie inferiori. Ma bere poco o bere tanto non dipende da regole o leggi, ma è una questione culturale: se si conoscono gli effetti non se ne abusa, ma ci si affida al buon senso e si trova la giusta misura. Il vino è un moderno veicolo di qualità della vita, di emozioni e socialità; è un alimento, di cui non abusare, ma al quale non rinunciare, puntando sulla diffusione di un consumo critico. Questo è il messaggio che è stato lanciato recentemente a Vino & Giovani a Trento, per la campagna di educazione alimentare e comunicazione ad hoc per le nuove generazioni, da Enoteca Italiana e Ministero delle Politiche Agricole, in partnership con il progetto europeo WineInModeration. Ma per trasmettere ai giovani questo messaggio occorre innanzitutto liberare il campo dagli equivoci legati al suo consumo, troppo spesso sotto accusa quando si parla di problemi legati all’ alcol, e ripartire dall’educazione al territorio e alla sua cultura, dove il vino è da sempre presente. Iniziando rima di tutto dal concetto fondamentale che il vino è un alimento e come tale deve essere considerato: per fare cultura è importante anche partire dagli aspetti negativi che si attribuiscono al vino, e non c’è altro alimento come il vino che va consumato con moderazione perché è una bevanda alcolica. Ma


non è una medicina da dosare, perché la sua natura è anche quella di veicolare emozioni. L’abuso fa male, ma un pasto accompagnato da un bicchiere di vino allieta la giornata e fa bene all’umore. E tra i giovani è il consumo critico, legato alla qualità piuttosto che alla quantità, la tendenza che si fa sempre più strada e sulla quale puntare. Il vino è sinonimo di intimità, perché è prima di tutto in famiglia che ci si avvicina al suo mondo, e di contatto diretto tra le persone, anche che non si conoscono. I giovani amano berlo in compagnia e se prediligono le mura domestiche, una volta fuori di casa lo considerano il tramite per fare conoscenza, scambiarsi sapere ed esperienze, parlare del proprio territorio. Il vino è identità territoriale, di gruppo e personale, ed in particolare in Italia, il suo non è un consumo di massa, ma di gran lunga inferiore alle altre bevande alcoliche. Ha caratteristiche élitarie, il suo consumo aumenta con il crescere dell’età ed è più intenso tra i giovani con un background culturale medio alto. E non non può essere omologato alle altre bevande alcoliche. prima di tutto perché prima della quantità conta la qualità, e poi per la sua importante funzione di integrazione tra le persone. Messaggi che le famiglie, le istituzioni e il mondo della ricerca devono trasmettere tutti insieme alle nuove generazioni. (Elisabetta Fezzi Enotime)

prosciutti all’olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli, è un continuo di falsi e tarocchi che rischiano di provocare danni rilevanti non solo alle nostre Dop, Igp e Stg, che rappresentano la punta di diamante del “made in Italy” nel mondo, ma all’ intero sistema agroalimentare. Il fenomeno dell’agropirateria, che genera un volume d’affari pari a poco meno della metà dell’ intero valore della produzione agroalimentare made in Italy e provoca un danno da circa 3 miliardi alla nostra produzione agricola, sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti.

Ormai non c’ è più da stupirsi nel ritrovare, anche attraverso Internet, il Prosciutto di Parma, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano prodotti in Argentina, in Australia o, addirittura, in Cina. E gli agropirati si camuffano dietro le sigle più strane e singolari. Si va dal Parmesao (Brasile) al Regianito (Argentina), al Parma Ham (Usa), al Daniele Prosciutto & company (Usa), dall’Asiago del Wisconsin (Usa) alla Mozzarella Company di Dallas (Usa), dalla Tinboonzola (Australia), alla Cambozola (Germania, Austria e Belgio), al Danish Grana (Usa) e sino al Rosecco e Prisecco tedeschi.

} L’agroalimentare italiano è il più falsificato e tra i vini primeggia il prosecco Il più copiato” tra i prodotti alimentari è il Parmigiano Reggiano, tra i vini il Prosecco. Parlare di “ rapina, scippo, assalto indiscriminato e senza tregua non è affatto azzardato. Ormai siamo di fronte ad un vero e proprio accerchiamento e a cifre da capogiro: un affare da 1,6 milioni di euro al giorno per un totale di 60 miliardi di euro. A tanto, infatti, ammonta il business dell’agropirateria internazionale nei confronti dell’agroalimentare made in Italy, il più clonato nel mondo. Dai

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N

el lontano 1850, nel cuore della verde Umbria aveva inizio la piccola grande storia Fiorucci. In un modesto laboratorio artigianale Innocenzo Fiorucci insieme al figlio Cesare lavorava con passione carni e salumi per un ristretto numero di clienti affezionati. Dal piccolo centro di Norcia l’eco della bontà dei salumi Fiorucci si espanse oltre i confini regionali, tanto da spingere i figli maschi della famiglia ad intraprendere un viaggio avventuroso per recarsi nella Roma papalina. Salumerie, salsamenterie, pizzicherie vennero prese in affitto per diffondere la tradizionalità del metodo Fiorucci. A distanza di 160 anni quel semplice laboratorio si è trasformato in un’azienda multinazionale, conosciuta in tutto il mondo e leader di settore. Cosa è rimasto di una storia secolare tanto importante nella realtà attuale dell’azienda? Nonostante i tanti anni passati e gli ovvi cambiamenti sociali, economici ed industriali, la Cesare Fiorucci è sempre nota per il suo forte legame con le sue origini. Grazie alle capacità e competenze delle persone che si sono avvicendate alla guida del gruppo, l’azienda orgogliosamente garantisce il rispetto della tradizione e della qualità tipica italiana riconosciuta ben oltre i confini nazionali. Nel movimentato e complesso scenario economico e non solo dei nostri giorni, da tempo la Cesare Fiorucci ha fatto della capillare distribuzione dei propri prodotti un punto di forza, con una rete commerciale composta da oltre 300 agenti e un articolato sistema logistico in grado di garantire un servizio attento e personalizzato ad ogni tipo di cliente. Ciò ha portato allo sviluppo del progetto “Premiata Salumeria Fiorucci”: un circuito di 500 punti vendita fidelizzati all’azienda e caratterizzati da una forte identità del marchio Fiorucci e presenti su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo, infatti, è puntare con forza alla valorizzazione, sia nel mercato nazionale che internazionale, dei nostri brand più importanti – Suprema, Rostello, Fiordicotto – unitamente al lancio della linea “I Naturali”, che rappresenta una vera innovazione di settore. Il tutto unitamente ad una strategia di crescita basata sulla costante spinta ad una innovazione volta ad anticipare l’evoluzione delle abitudini e la nascita di nuove esigenze nel consumatore. Il successo ottenuto anche nei mercati esteri spinge il Gruppo Fiorucci, da un lato a rafforzare la propria presenza con nuove proposte di offerta, dall’altro ad ampliare il numero di paesi coperti, attualmente 57, con la ricerca di partner commerciali che possano garantire risultati in linea con le potenzialità di ogni singola area geografica.

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Verso il futuro sulle ali della tradizione Towards the future through the past

Per concludere, perché scegliere Fiorucci? In un mondo in cui il consumatore trova difficoltà a fidarsi delle aziende sempre più rivolte al profitto, la Cesare Fiorucci risponde: - garantendo qualità, genuinità e rintracciabilità dei prodotti grazie ad una Filiera Controllata; - proponendo un’offerta ricca e articolata che spazia da prodotti largamente

conosciuti ed apprezzati , su tutti la mortadella, a quelli pensati ad hoc per i singoli mercati esteri, come il Pasta-Kit, l’ultimo dei nati in casa Fiorucci; - ponendo una grande attenzione in ogni fase del processo produttivo e testimoniata dal conseguimento delle certificazioni ISO, BRC, IFS, espressione di rispetto dei più alti standard qualitativi.


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CESARE FIORUCCI S.P.A. Viale Cesare Fiorucci, 11 Loc. Santa Palomba 00040 POMEZIA (Roma) Tel +39 06.911.931 info: informazioni@fioruccifood.it

ack in 1850 at the heart of a green Umbria region the little big Fiorucci story began. Innocenzo Fiorucci and his son Cesare were passionately working delicious delicatessen at their workshop for a small inner circle of customers. From the small town of Norcia the news over Fioruccis’ delicious delicatessen spread out across the region at the surrounding places. This was the reason why some male member of the Fioruccis decided to take and adventurous and exhausting journey to Rome, where they rented Salamenterie, Pizzicherie (pork butcheries and delicatessen shops) to spread the Fiorucci’s Method. After 160 years the small workshop is now a multinational company, well-recognized all over the world Nowadays what is left of a such relevant history in a Company like Fiorucci? Cesare Fiorucci’s Company is notorious for being deeply linked to its origins. Although after so many years and obvious social, economic and industrial changes Fiorucci proudly guarantees to fully respect the typical Italian quality and tradition well known over boundaries. This has been possible because capable and proficient people have been leading the Company, helped by 300 marketing brokers working in the marketing network and a complex logistic system. Altogether allow Fiorucci to ensure a personalized customer service for customers of every kind and this led also to the Premiata Salumeria Fiorucci an outlet project that covers the national territory with 500 dedicated stores. Far back Fiorucci company, in spite of the eventful and complex economic scenario, has been able to make out of the trickle-down distribution its strongest link. The project goal is to increase strongly in value its most important brands, Suprema, Rostello, Fiordicotto, on the national and international market. This is combined with the launch of a brand gamma called I Naturali, an innovation in the field. Altogether with a growth strategy based on a constant push towards a renewal field. All up is planned to anticipate customers habits development and the emergence of new needs. The obtained success on the foreign markets gave Fiorucci on one hand a reason to strengthen the outstay by offering new deals. On the other hand the need to enlarge the currently 57 import countries covered by them. To conclude, why choose Fiorucci? The Cesare Fiorucci Ltd. has a different approach. In a world where consumers find difficult to trust companies, profit oriented, they decide to be “customer oriented”. Because first of all they ensure quality, authenticity and product traceability, thanks to a controlled supply chain and a wide range of certifications (ISO; BRC; IFS) this clearly shows how much they care about quality standards. And second of all they suggest a wide well articulated range of products. From the well known and already appreciated, the popular Mortadella above all, to dedicated product forms across foreign markets, such as the Pasta-kit the latest brainchild. Fiorucci does not only define a delicatessen brand but also something bigger that includes passion, innovation, quality.

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Castello di Spessa G

iocare a golf fra i vigneti, all’ombra delle torri di un castello secolare, che ebbe fra i suoi illustri ospiti Giacomo Casanova, degustare vini che lo scrittore e avventuriero settecentesco non esitò a definire nelle sue Memorie “di qualità eccellente”: la proposta viene dal Castello di Spessa di Capriva, raffinata residenza d’epoca nel cuore del Collio goriziano, terra di grandissimi vini in Friuli Venezia Giulia. Fondato nel 1200, il maniero fu per secoli dimora dei signori della nobiltà friulana e ospitò personaggi illustri quali Lorenzo Da Ponte, il celebre librettista di Mozart, Emanuele Filiberto D’Aosta e appunto Casanova, che vi trovò rifugio e tranquillità per scrivere, magnificamente ospitato dall’allora proprietario, conte Luigi Torriani. Vigneti e storia, dunque. Fra questi due poli si dipana il fascino del campo da golf, a 18 buche ( in autunno se ne aggiungeranno altre 2), dove si gioca praticamente tutto l’anno, grazie al clima mite del Collio, protetto dalla cerchia delle Alpi retrostanti,

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a cui arriva il tepore del vicino Adriatico. Un campo, quindi, amatissimo da austriaci e tedeschi, che grazie all’Autostrada Alpe Adria raggiungono velocemente il suo green e vi giocano anche quando Oltralpe domina il rigore del freddo invernale. Senza retorica, si può dire che il Golf & Country Club Castello di Spessa è ormai diventato un vero Club di spirito mitteleuropeo, dove si incontrano e si misurano golfisti italiani, austriaci, tedeschi, sloveni e croati. A disegnare il tracciato è stato l’architetto Giacomo Cabrini: a caratterizzarlo sono i diversi panorami dal fascino old-time che si differenziano anche nella struttura di modellazione dei fairways in modo da dare l´impressione di giocare in tre campi diversi. Il percorso è impegnativo per i giocatori di prima categoria ed è divertente ma non eccessivamente difficile per le categorie più alte. Una particolarità è il fatto che le buche sono totalmente differenti l’una dall´altra. Attualmente sono si stanno facendo lavori di ristrutturazione, sotto la guida del

a cura della Redazione

Fondato nel 1200, il maniero fu per secoli dimora dei signori della nobiltà friulana e ospitò personaggi illustri quali Lorenzo Da Ponte, il celebre librettista di Mozart, Emanuele Filiberto D’Aosta e appunto Casanova, che vi trovò rifugio e tranquillità per scrivere, magnificamente ospitato dall’allora proprietario, conte Luigi Torriani.


Superintended Pipan Matija che segue la manutenzione e la gestione del tappeto erboso sin dalla nascita del campo. Molti e importanti sono gli obiettivi entro la fine dell’anno: saranno chiusi nelle zone delle landing area tutti i canali ed avvallamenti lungo il percorso, verrà ricostruito il green della buca 3, ultimate le nuove buche e chiuse successivamente le buche 17 e 18 per la realizzazione rispettivamente di un chipping green e un putting green. Inoltre verranno parzialmente preparate altre buche con l’ampliamento di alcuni battitori e l’aggiunta di alcuni nuovi bunkers. Si sta potenziando anche l’attuale impianto di irrigazione con nuove linee e nuovi irrigatori. Inoltre per completare l’attuale parco macchine sono in arrivo nuovi importanti macchinari dagli Usa: insomma, un importante sforzo di investimento della proprietà per il miglioramento del campo per rendere ancora più divertente il gioco in questo favoloso luogo dove sport,natura ed enogastronomia si incontrano in perfetta sinergia. Il Campo pratica, illuminato ogni giorno fino alle 22.30, conta 25 postazioni.E’ prossima la realizzazione dell’Academy Area che comprenderà, oltre al campo pratica, put-

ting green pitching green per l’allenamento del gioco corto. Affacciata sul green, con un ampio dehors e una ombreggiata terrazza, la Club House con Bar e Ristorante ha un’atmosfera sobria e informale ma di classe, ed è ideale per un pranzo veloce e stuzzicante o per un break ritemprante. La cucina rincorre la stagionalità e ricalca i sapori del territorio, la scelta dei piatti è varia e generosa: un’ampia selezione di affettati e formaggi friulani, grande scelta di primi piatti (dai gnocchi alle paste), grigliate e secondi di carne - la specialità dello chef- e, per concludere ottimi dolci. Il Campo da golf è uno dei tasselli del Castello di Spessa Resort , dove si può alloggiare nelle 15 suite cariche di storia del castello arredate con mobili del’700 e’ 800 italiano e mitteleuropeo o alla Tavernetta al Castello, ricavata dalla sapiente ristrutturazione di quelli che anticamente erano i rustici, trasformati successivamente in osteria e quindi in elegante hotel di campagna con 10 camere dall’atmosfera country chic, dalle cui terrazze si gode una splendida vista sul paesaggio collinare e sul green, e con un eccellente Ristorante Gourmand in cui lo chef Tonino Venica propone fantasiosi

Il percorso è impegnativo per i giocatori di prima categoria ed è divertente ma non eccessivamente difficile per le categorie più alte.

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Pe r i golf i st i son o pr e vi st i pa cch e t t i pa r t icol a r i d i sog g i or n o, compr e n sivi d i g r e e n fe e.

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percorsi che esplorano tradizioni, stagioni e ingredienti. Il pescato arriva giornalmente dalla vicina laguna di Grado, la farina per pane e pasta viene scelta direttamente al mulino e in cucina, come a tavola, non manca mai il prosciutto di Gigi D’Osvaldo, affumicato con legni aromatici, come pure le carni dei norcini di Cormòns e, quando è stagione, la Rosa di Gorizia, prelibato radicchio rosso. Per i golfisti sono previsti pacchetti particolari di soggiorno, comprensivi di green fee. Fanno parte del Resort anche l’Azienda vinicola Castello di Spessa e il delizioso Wine Store Casanova dove si possono acquistare vini pregiati, distillati e delizie del territorio. Nel sottosuolo del maniero si possono visitare le cantine scavate in profondità nel Medio Evo, dove ha luogo l’affinamento dei vini prodotti dall’omonima azienda, famosi fin dal Trecento e nel parco è stata tracciata una romantica passeggiata letteraria fra alberi secolari, bersò, balconate ornate di statue : 10 tappe scandite da tabelle in ferro

battuto dove sono incise frasi di Casanova sull’amore, le donne, l’amicizia, la vita. “ Il nostro futuro progetto è un residence con mini appartamenti per i golfisti, che stiamo realizzando in alcune vecchie cascine fra le vigne e il green, in una splendida posizione panoramica “ anticipa Loretto Pali, noto imprenditore friulano del settore del mobile ( la Pali di San Giovanni al Natisone – oltre 90 anni di attività - è leader nella produzione di camerette per l‘infanzia), con una grande passione per il golf, la terra, le dimore che sanno di storia. Nel 1987 ha incrociato la sua vita con quella millenaria del Castello, ne ha conosciuto storie e aneddoti, se ne è innamorato e l’ha acquistato, con vigneti e casali annessi. Per informazioni: Golf & Country Club Castello di Spessa Tel.0481 881009, www.golfcastellodispessa.it, info@golfcastellodispessa.it


Informazioni di Gusto... LE CA NTINE

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È possibile visitare le antiche cantine medievali, dove ha luogo l’affinamento dei vini prodotti dall’Azienda Castello di Spessa, i cui vigneti si estendono attorno al maniero. Famosi fin dalla seconda metà del Trecento, i vini del Castello furono definiti “di qualità eccellente” da Casanova nelle sue Memorie. Le visite guidate iniziano dalla sala video e conducono tramite una galleria alla barriquerie con pietre a vista. Settanta scalini conducono al secondo livello della cantina, ricavato in un ex bunker scavato a 15 metri di profondità nel 1939 a scopi militari. Da qui, si esce all’esterno, nel parco secolare del castello. Le cantine sono anche il luogo ideale per i brindisi, le degustazioni e gli aperitivi di tutti gli eventi organizzati nel Castello.

Previa prenotazione, è possibile partecipare ad una degustazione guidata alla scoperta dei rinomati vini della Pali Wines, marchio che racchiude in sé tre grandi etichette: i vini del Castello di Spessa della Doc Collio, i vini della Boatina della Doc Isonzo e le mitiche grappe distillate con le vinacce delle uve di Spessa della Mercedes De Mezzo Distillerie. Il territorio favorevole del Collio e dell’Isonzo conferisce, in modo naturale, aromi caratteristici ai vini della Pali Wines, che delizieranno il palato degli ospiti in un’atmosfera d’incanto, tra decorazioni settecentesche e meraviglie paesaggistiche.

Nel Wine Store Casanova, allestito in un salone nelle ex scuderie adiacenti al Castello, si possono acquistare simpatici gadget e prodotti tipici della cultura enogastronomica del Friuli Venezia Giulia, oltre ai vini del Castello di Spessa della DOC Collio, de La Boatina DOC Isonzo e i prodotti delle Distillerie De Mezzo. Acquistando i prodotti esposti nel punto vendita - che vengono selezionati con cura e ruotati in una continua ricerca di quanto di meglio offre il nostro territorio – gli ospiti possono portare con sè il meglio degli incredibili sapori del Friuli Venezia Giulia, che ricorderanno a lungo il soggiorno in questa terra.

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Associazione sportiva

FLUT IN ONE .... golf in allegria! L

a Flute in One nasce da un gruppo di amici amanti del golf che amano organizzare gare nei diversi campi da golf del territorio Veneto e non, per trovarsi e divertirsi per del.... Golf in Allegria! L’iscrizione all’associazione “Flute in One” è annule e permette di partecipare al campionato sociale che premierà ad ogni gara e nella finale annuale, i migliori giocatori del club. Ma la Flute in One non è solo golf è anche divertimento con le cene e gli eventi post gara che vengono organizzati dopo ogni evento sportivo, per passare ancora del tempo in compagnia di amici e giocatori.
Inoltre essere socio della Flute in One porta anche altri benefici come convenzioni presso alcuni negozi e attività ricreative legate al golf...e non solo. La quota associativa annua per iscriversi alla “Flute in One” è di 40 euro, la quota include: - Borsone porta-abiti logata “Flute in One” - Bicchiere e portabicchiere “Flute in One” - La tessera personalizzata - L’iscrizione automatica al campionato sociale - Convenzioni varie con ristoranti, pizzerie, maestri di golf, negozi e diversi golf club del Triveneto.

FLUTE-IN-ONE Ass. Sportiva Dilettantistica via Chisini, 110 31053 Pieve di Soligo (TV)
 golf@f luteinone.com
 www.f luteinone.com

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Giocare a golf immersi nella natura intatta la Redazione

“U

no dei campi da golf a 18 buche più stupendi dell’Italia settentrionale” – questa è l’opinione unanime degli esperti. Con un paesaggio tranquillo e idilliaco come questo situato in mezzo alle Dolomiti, il gioco del golf rischia di passare in secondo piano – se non fosse per la perfezione con cui viene curato il campo stesso, che non teme alcun paragone con i migliori a livello internazionale. Praticabile da marzo a novembre (altitudine 850 m), il comprensorio si estende su ben 60 ettari ed é perfettamente inserito nel paesaggio. Laghetti, dirupi, ruscelli, incantevoli cascate e lunghi fairways si alternano con piste più facili. Tutti vengono soddisfatti – questo vale sia per principianti che per professionisti. Se state pianificando una vacanza all’insegna del golf in Alto Adige, allora dovete assolutamente informarVi meglio sulle località turistiche dell’Alpe di Siusi. Mentre giocate concentrati può capitare che il vostro sguardo sfugga per un attimo per ammirare il paesaggio mozzafiato delle Dolomiti – la concentrazione lascia il posto alla contemplazione delle montagne dell’Alto Adige. La mira per centrare la buca potrebbe impegnarvi piú del previsto Una vacanza all’insegna del golf nell’area Alpe di Siusi / Val Gardena è un’esperienza unica: Hotel da sogno, un campo da Golf che non teme paragoni e una regione che tra Wellness, prelibatezze culinarie ed escursioni circondati da un superbo scenario dolomitico è in grado di esaudire ogni nostro desiderio. Scegliete il Vostro Hotel preferito dalla nostra lista di Hotel dedicati agli

amanti del golf. Scoprite le offerte speciale dei nostro partner dedicate a curiosi, principianti e professionisti o date un’occhiata a come si svolge una perfetta giornata sul campo da golf Alpe di Siusi. I dintorni offrono possibilità di svago non solo per l’appassionato di golf ma per tutta la famiglia. Wellness, mangiar bene, famiglia, natura intatta - perfetto per la vacanza non solo golf.

Kastelruth / Seiseralm Castelrotto / Alpe di Siusi

Siusi - S.Vigilio 20 39040 Castelrotto (Bz) tel. +39 0471 708708 www.golfcastelrotto.it

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Freddocaldo, purchè sia caffè! B. Sganga

D

i libri e trattati sul caffè ce ne sono di bellissimi e completi d’ogni informazione e notizia, e si potrebbe ancora scrivere fiumi di parole ed altri interminabili volumi, ma qui vogliamo solo fornire alcuni riferimenti adeguati, qualche suggerimento e piccole curiosità, sempre nel solco de “il gusto italiano…”. Ed invece che con dotte descrizioni, iniziamo subito ricordando che stiamo parlando di qualcosa che è “l’oro dell’uomo qualunque e come l’oro, dà a ognuno la sensazione di lusso e nobiltà.” E poi, con una bella poesia d’amore che richiama al caffè : “Amo il tuo color caffè.I tuoi capelli caffè. La tua gola caffè. Amo quando per me tu danzi. A llora odo mormorare. Tutti i tuoi braccialetti. Deliziosi braccialetti. Dondolano ai tuoi pie-

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di. Color caffè. Come amo il tuo color caffe. L’amore senza filosofare. È come il caffè Troppo in fretta passato. Ma cui tu vuoi io faccia l’abitudine” di Serge Gainsbourg. Sulla sua storia ed origini del caffè ce n’è per tutti i gusti, da ricerche che datano la scoperta intorno la metà del IX sec. in Etiopia, nell’A ltipiano Abissino, dove i nomadi preparavano un decotto di frutti rossastri raccolti da arbusti, ed usati come rimedio energetico e stimolante, ma ben diverso dalla bevanda che conosciamo oggi. Ma anche su alcuni dervisci mussulmani che si recavano alla Mecca partendo dall’Etiopia, come coloro che fecero arrivare il caffè nella “felice Arabia”. Tutte storie quali simbolo di una società, ricche di leggende, derive e approdi, come

av viene sempre quando si tratta d’un prodotto di tanta eccellenza: La storia di un chicco, che nasconde milioni di venature, ed ognuna traccia una rotta nella mappa del passato, insieme all’epopea di innumerevoli popoli, dei loro costumi e delle loro religioni. Tra le leggende ne scegliamo due: quella del pastore Kaldi, le cui capre, avendo brucato alcune bacche di caffè non riuscirono a prendere sonno per alcuni giorni, ed allora l’abate Yahia, dopo avere sentito la storia del pastore, con un gesto di stizza verso un racconto così bizzarro, gettò nel fuoco le bacche che Kaldi gli aveva portato e che, tostandosi provocarono un tale aroma che messe in un infuso servirono in seguito a tenere i monaci svegli tutta la notte per pregare. La seconda leggenda ancora più


mistica riguarda il profeta dell’islam Maometto, che fu guarito grazie ad una bevanda densa e scura, inviatagli direttamente da A llah per mezzo dell’Arcangelo Gabriele. Certo è che le leggende del caffè (anche se per alcuni studiosi esisteva già ai tempi di Omero e lo si beveva a Troia) sono partite tutte dall’Arabia, Etiopia o Yemen, e dai profumi e dai misteri di quelle terre d’oriente, dalle loro storie di ricchi nobili e di semplici pastori. Così come è controversa anche l’origine del processo di trasformazione del chicco verde in bevanda. Certi botanici europei rivelano che gli abitanti dell’Etiopia masticavano drupe crude della pianta del caffè per trarre beneficio dal loro effetto stimolante. A ltri scritti raccontano di un vino prodotto nell’area medio orientale, ottenuto dal succo fermentato di drupe rosse mature e chiamato “vino d’Arabia”. Sicuramente agli inizi il caffè era consumato prevalentemente nell’ambito di cerimonie religiose o per finalità terapeutiche, ma dal X V I secolo, da sostanza soprattutto terapeutica, il caffè divenne poi simbolo di convivialità, raggiungendo l’Egitto, la Siria e la Turchia. Secondo un autore arabo le prime caffetterie vennero aperte a Costantinopoli attorno al 1554, ed in quei locali arredati con caldi divani e tappeti, si incontravano intellettuali, studenti e artisti. Da lì all’Europa il salto fu breve, soprattutto grazie ai Veneziani seguendo le rotte delle loro navi, quelle stesse rotte che hanno portato in Europa tanti altri prodotti e cibi sconosciuti, che iniziarono ad importare questa usanza intorno al 1600, insieme alla prima caffetteria nata a Venezia intorno alla metà dello stesso secolo. Fu un tale successo che circa cent’anni dopo erano diventate oltre duecento!. Le caffetterie cominciarono a nascere a macchia d’olio in tutta Europa, il

Secondo un autore arabo le prime caffetterie vennero aperte a Costantinopoli attorno al 1554, ed in quei locali arredati con caldi divani e tappeti, si incontravano intellettuali, studenti e artisti.

prezzo del c a f f è iniziò a scendere e cominciò a diventare una bevanda popolare. Un uso che prese piede anche in Inghilterra, dove si consumava in prevalenza il the, ma con il caffè si cercò soprattutto di combattere la piaga dell’alcolismo. Nacquero le coffe houses che assunsero grande importanza come luogo d’incontro per uomini d’affari e di cultura. Mentre in Germania inizialmente la diffusione di questa bevanda fu ostacolata dal fatto che il popolo prediligeva il consumo di birra, anche se ben presto ci fu la conversione a questa incalzante nuova moda. Negli Stati Uniti il caffè arrivò verso la fine del 1600 con l’importazione di usi e costumi europei da parte dei colonizzatori. Una storia magnifica che nasce tutta da questo seme di una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Rubiacee, genere Coffea, da cui prende il nome il caffè, che cresce in Asia e in America, nella fascia compresa tra i due tropici dove si hanno due ceppi principali: la Coffea Arabica che è anche la più diffusa e meno amara, e rappresenta circa il 75% della produzione mondiale (Asia, Africa, Brasile, Colombia, Equador, Perù, ecc.) e la Coffea Robusta che rappresenta il restante 25% della produzione (Brasile, Indonesia, Africa) più resistente

dell’Arabica ma più amara e corposa. Ma il portare alle labbra una tazza di caffè fumante è comunque un gesto comune in buona parte del mondo, così come esiste una vera arte nella preparazione del caffè. Per esempio, i turchi che possiamo considerare i nostri maestri in materia, non utilizzano mai un macinino per il caffè, ma lo frantumano in un mortaio con l’aiuto di un pestello, e quel caffè frantumato è da preferirsi al caffè macinato. R icordando però che un caffè, come diceva il grande politico Talleyrand : “deve essere: caldo come l’inferno, nero come il diavolo, puro come un angelo, dolce come l’amore”. E guai a non considerare alcune regole d’oro per fare un buon caffè quali: la freschezza della polvere, per cui non fatelo invecchiare (non si tratta di un buon vino rosso…) tenendolo ben fresco in una scatola ermetica al riparo dall’umidità; poi la dose della polvere, che deve essere pari ad un cucchiaio da minestra e ben pieno per ogni tazza; quindi l’acqua da bollire che sia pura e senza cloro; ed infine il rigoroso rispetto dei tempi senza mai

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farlo bruciare o bollire! Tra i metodi di preparazione vanno distinti: l’infuso, che è il principio del caffè alla turca, in base al quale si fa bollire (secondo la regola tre volte di seguito) il caffè ridotto in una polvere impal-

Certo è che l’ influenza e l’ inventiva italiane regnano ovunque grazie alla caffettiera “Moka” a pressione, alla popolare “Napoletana” ed all’Espresso, fatto al momento a richiesta del consumatore.

pabile, dopo averlo mescolato con acqua e zucchero, in un pentolino con il fondo largo e il collo stretto. La bevanda viene poi fatta riposare affinché la polvere si depositi sul fondo del recipiente, e servita in piccole tazze senza filtrare. A ltro metodo è la macerazione, che consiste nel lasciare

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riposare la polvere di caffè nell’acqua bollente per almeno cinque minuti prima di filtrarla (e questi sono i due procedimenti d’infusione che si riferiscono alla pratica casalinga). Quindi la percolazione, tramite una corrente di acqua bollente che passa attraverso il caffè macinato, con l’acqua che progredisce grazie al proprio peso come nel sistema a filtro o nella “napoletana”, oppure è sospinta da una pressione dovuta al vapore come nella “moka”. E infine l’espresso, che è una variante della percolazione, basata sul passaggio di acqua meno calda ma sotto forte pressione, che permette di ottenere un caffè dal sapore concentrato, di forte densità e vellutato, coperto nella sua tazzina da una spessa crema color nocciola. Circa il giudizio sulla qualità di una tazzina di caffè, vanno distinti il sapore, sostanzialmente generato dalla varietà dei chicchi, e che può essere acidulo, soave, amaro, fruttato o cioccolatoso; il corpo che si manifesta con la rotondità del gusto e poi l’aroma,

costituito dalle centinaia di componenti aromatiche che si sviluppano con la torrefazione e che può essere fumé, caramellizzato, cioccolatoso, f loreale, fruttato o limonato. Certo è che l’inf luenza e l’inventiva italiane regnano ovunque grazie alla caffettiera “Moka” a pressione, alla popolare “Napoletana” ed all’Espresso, fatto al momento a richiesta del consumatore. E se vogliamo farci aiutare nella conoscenza del nostro futuro, ecco la caffeomanzia, basata sull’osservazione dei fondi del caffè, una delle tante pratiche divinatorie che prevedono l’uso di alimenti o bevande. A l pari di come non vanno dimenticate alcune usanze partenopee, come quella del “caffè sospeso” (pagato in anticipo al bar e destinato a persone non in grado di pagarsi neppure un caffè…), od il rito di un sorso d’acqua da bersi rigorosamente prima (e senza alcun costo!), o come il mitico caffè nel film con Totò “Miseria e Nobiltà ” dove si parla di caffelatte senza caffè e senza latte…!


Tavola, stile ed opulenza N

egli ultimi tempo sembra proprio che una certa opulenza ha fatto in modo che andare al ristorante sia diventato un fatto di costume e non solo la necessità di nutrirsi ma anche di socializzare. Tendenzialmente la gente ci va nei stessi giorni ed alla stessa ora e molti lo fanno per incontrare o vedere persone importanti, vip molto conosciuti, e i locali fanno a gara per averli ospiti come se questo “protagonismo” fosse il depositario del sapere enogastronomico. Rammento di un episodio in un noto ristorante alla moda della Riviera Romagnola ove feci notare al titolare che gli scampi e le ostriche crudi erano fuori misura, la pasta troppo saporita con il condimento un po’ bruciato e forse perché datato. Alle mie rimostranze mi rispose che in quel locale mangiavano anche i calciatori di serie A, per cui era evidente che si doveva mangiare bene e(e con un conto ben salato)! Insomma ormai si trovano regole a cui bisogna sapersi opporre, come quella sostenuta soprattutto da tanti parvenu dell’ultima ora…che con il pesce si deve solamente bere vino bianco (non di rado un

frizzantino di dubbia provenienza) invece d’un buon rosso se l’abbinamento lo sostiene. Del resto come dice un vecchio proverbio ”A tavola e a letto non si porta rispetto “ perché ci vuole anche tanta giovialità. e nessuno deve meravigliarsi nel vedere una bella donna mangiare con gusto usando anche le mani nel mangiare il pollo, il pesce o la parte con l’osso della fiorentina… Purtroppo oggi la tendenza è invece quella di frequentare locali in quanto “trendy” senza badare al contenuto come certi ristoranti, soprattutto di pesce, che assomigliano sempre più a veri “mangimifici”dove vengono propinati, come in catena di montaggio, dei preparati, cosiddetti antipasti, serviti di continuo in saloni stipati di gaudenti commensali ormai alterati da fresco vino “farlocco” ingurgitato assieme a ceste di pane con appetito ma di fatto incapaci di capire cosa arriva in tavola se non il salato conto. O lasciandosi andare al cameriere Che dice ”a fasso mi sior…,se non ghe despiase…” sbolognando così quello che la cucina, e non il cliente, vuole. Credo che per cibarsi ancora bene, al

di la dei preparati da “nouvelle cuisine” e delle salsine varie, bisogna tornare alle origini, dove carne, pesce, verdura e frutta, sono buoni non per le farciture, aromi e condimenti che nascondono il sapore originario, ma per la certezza e bontà della loro provenienza che ne garantisce e certifica il miglior ciclo naturale della crescita e la peculiarità dei gusti. Dunque, va ostacolata questa forte tendenza alla massificazione ed omologazione dei gusti, artatamente propinati dai media ai consumatori, per il mero profitto, e dove le tradizioni, le nicchie qualitative di produzioni, le ricchezze ed il patrimonio del sapere delle nostre genti e terre, sembrano destinate a sparire in nome del mercato globale. Ricordiamo che mangiare, bere e divertirsi in modo sano è un fatto di cultura, tradizione e radici, infatti un popolo che non mangia ciò che semina e alleva non è destinato ad avere un futuro. Altrimenti le nazioni non sono più padrone e coscienti a casa propria, senza un destino comune, ma in balia di tutti, al miglior prezzo praticabile sul mercato. Ferdinando Francescon

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Il vero Espresso Italiano D

anesi caffè è un’azienda romana fondata nel 1905 da Alfredo Danesi, esperto conoscitore e conservatore di segrete miscele, tra i primi a diffondere, all’inizio del secolo scorso nella capitale, la cultura ed il consumo del tradizionale espresso. È il figlio Giovanni, a partire dal 1933, a proseguire l’attività paterna promuovendo la crescita dell’azienda e sviluppando la vendita secondo un forte indirizzo di specializzazione nel settore dei pubblici esercizi (canale Ho.Re.Ca.) Nel 1973 viene attivato il primo ufficio estero. Inizia l’esportazione dei prodotti oltre frontiera, che, negli anni, porterà l’azienda ad essere attiva in più di 50 paesi del mondo. Dal 1990 Alfredo e Roberto, dopo un trentennio di conduzione dell’azienda a fianco del padre Giovanni, ne proseguono l’opera all’insegna della tradizione conferendo, al contempo, un carattere più industriale e moderno al management della società. La quarta generazione collabora attivamente all’interno dell’azienda di famiglia con un’attenzione particolare alla riorganizzazione strutturale della società in vista di una maggiore f lessibilità e competitività nei settori operativi. E così da più di cento anni il marchio Danesi continua a rappresentare, attraverso i propri prodotti, la difesa della qualità, il rispetto della tradizione e una grande capacità di adattamento

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ad un mercato in piena espansione. Perché oggi è davvero possibile parlare di cultura del caffè. Una cultura fatta di esperienza e tecnica. Un sapere nobile, basato sulla conoscenza e sul rispetto della natura, declinato attraverso le più innovative tecnologie produttive. Nell'ottica di un mercato sempre più orientato alle tematiche ambientali, la policy aziendale della Danesi Caffè è già da tempo orientata alla tutela dell'ambiente, attraverso l'adozione di tecniche produttive e comportamenti capaci di ridurne l'impatto. In quest’ottica si inserisce l'iniziativa dell'azienda di promuovere progetti di ricerca e sviluppo di materiali da imballaggio biodegradabili. Selezione, miscelazione, tostatura, macinazione, gesti arcaici e fondamentali tramandati nel tempo, raggiungono, attraverso impianti sempre più raffinati, altissimi livelli di controllo. Il processo di torrefazione viene realizzato attraverso tecniche miste di convezione e conduzione di calore. Per la tostatura vengono applicati tempi lenti e graduali. Il risultato è un prodotto dal carattere unico, come unico è il profilo della Danesi Caffè, un’azienda che, lontana dal clamore mediatico, da sempre lavora coltivando un sogno: offrire al consumatore l’aroma della qualità.

Danesi Caff è S.p.A. Via Tempio degli Arvali, 45 00148 Roma www.danesi-caffe.com

The real Italian Espresso D

anesi Caff è is a Roman company founded in 1905 by Alfredo Danesi, a connoisseur and preserver of secret blends, amongst the first to publicise the culture and consumption of traditional espresso coffee in Italy’s capital city at the beginning of the last century. Starting in 1933, son Giovanni carried on his father’s work, promoting company growth and developing sales, strongly addressed to specialisation in the public business sector (Ho.Re.Ca. channel). The first office abroad was inaugurated in 1973. Products began being exported and over the years the company started working in more than 50 countries worldwide. In 1990, after working in the company with their father Giovanni for thirty years, brothers Alfredo and Roberto continued working in the tradition while at the same time giving a more industrial, modern character to company management. The fourth generation is actively collaborating in the family company, with special attention to its structural reorganisation with a view to greater f lexibility in the operational sectors. For more than one hundred years the Danesi mark has meant defence

of quality, respect for tradition and a great ability to adapt to a fully expanding market. This is why we can speak of “coffee culture” today. A culture made of experience and technique. Noble knowledge, based on the knowledge and respect for nature, through the most innovative production technologies. In the viewpoint of a market increasingly oriented to environmental topics, Danesi Caff è has been concerned with environment protection for quite some time, adopting productive and behavioural techniques that reduce impact. From this point of view, the company promotes R&D projects for biodegradable packing materials. Selection, blending, toasting, grinding - all archaic, fundamental gestures handed down through time – achieve high control levels through refined systems. The toasting process uses mixed techniques of convection and heat conduction. The roasting process involves slow, gradual timing. The result is unique, just as the Danesi Caff è profile is unique. Far from media outcry, the company has always worked towards a dream: offer the consumer the aroma of quality.

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Incontro con Franco Bortolazzo 24


Come nasce questa bella av ventura aziendale? Dopo una piccola esperienza di vendita nel settore Bar ho sentito il desiderio, quasi come fosse una missione, di creare una realtà aziendale di specialità di bevande per Bar nel settore specifico della caffetteria, e precisamente: the, caffè speciali, cioccolate, zuccheri particolari e altro di altissima qualità, con un design curato e raffinato, prodotti che sappiano trasmettere soprattutto un’emozione, destinati unicamente a locali bar e hotel di indiscutibile prestigio. Oggi, per distinguersi nei bar, pasticcerie e gelaterie, qual’è il mix per sapersi distinguere? Il successo di un’azienda è sempre il frutto di un articolato gioco di tasselli dove niente può essere lasciato al caso. Per me è importante innanzitutto dare al prodotto un’immagine semplice e molto raffinata, bisogna proporre prodotti nuovi mantenendo sempre alto lo standard qualitativo. Ma c’è da tenere conto che per un miglior risultato finale del prodotto e soprattutto per il gestore, è indispensabile che il prodotto sia semplice nell’utilizzo. Un altro aspetto a cui credo particolarmente è il servizio, in quanto ho la convinzione che nei confronti del gestore di un locale un’azienda fornitrice debba essere un’opportunità e non un altro dei tanti impegni o addirittura in molti casi un problema. La professionalità e la competenza è senza dubbio un altro ingrediente necessario per finalizzare e armonizzare il rapporto con il cliente. L’ultimo degli aspetti importanti è la formazione, il gestore deve essere messo in condizioni di saper utilizzare al meglio e nel modo corretto il prodotto che ha acquistato, il tuo prodotto. Un’azienda deve comunque manifestare anche un grande

interesse verso il futuro ed è per questo che la Naturalmix dimostra una particolare attenzione non solo nella scelta scrupolosa delle materie prime, avendo riguardo alla salute dei consumatori, ma anche alla sostenibilità di tutti i processi e delle attività ad essa correlati. E tra i vostri prodotti il cuore ove batte di più: per ragioni non solo tecniche od economiche? E’ difficile scegliere un unico amore nei confronti di un prodotto piuttosto di un altro quando la dedizione e l’attenzione in ogni dettaglio è simile per tutti. Devo dire però che il Caffè al Ginseng, proposto nella linea Canova, è sicuramente il prodotto che per la qualità, l’innovazione, l’assenza di zucchero e la naturalezza degli ingredienti è attualmente uno dei figli più riusciti. Questo prodotto nasce dopo una gestazione di due anni con l’obiettivo di creare una bevanda vigorosa e salutare, da consumarsi tutti i giorni, dal gusto dolce e raffinato, ideale per accompagnare ogni pausa della giornata. Le vostre campagne, soprattutto al femminile ma non solo, sono molto belle senza eccessi, continuerete su questo stile? Si, posso confermare che questo è il nostro stile. Ho sempre cercato

nella mia vita e nel mio lavoro di distinguermi, ho sempre creduto in uno stile delicato e raffinato così da poter trasmettere attraverso le nostre piccole campagne pubblicitarie l’immagine dell’eccellenza che la politica aziendale Naturalmix ha sempre cercato di ottenere. Il desiderio di accompagnare una donna ad alcuni dei miei prodotti nasce dalla consapevolezza che una donna di classe sa valorizzare un prodotto che vuole essere curato, bello e desiderato. Oltre i vostri diretti clienti professionisti, vi riconosce anche il cliente e consumatore finale? Ho avuto modo di parlare sia per telefono e anche di persona con dei consumatori dei nostri prodotti e devo dire con molto piacere che molti consumatori sono molto attenti ai prodotti che consumano, e nonostante il limite geografico delle nostre campagne pubblicitarie, ho scoperto che molti consumatori ci conoscono, si sono affezionati ai nostri prodotti, li stanno richiedendo, ma soprattutto hanno compreso esattamente cosa io intendo per qualità ed il messaggio che l’azienda Naturalmix vuole trasmettere. a cura della Redazione

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A tavola con i filosofi I

filosofi oltre che essere dei grandi pensatori, erano veri buon gustai che seguivano delle regole ben precise. Ad esempio, i pitagorici, i famosi discepoli di Pitagora sceglievano la pratica del vegetarianesimo, in quanto convinti che le anime potessero reincarnarsi anche negli animali. E la leggenda vuole, che il Maestro stesso, inseguito dai suoi nemici, si fece catturare anziché mettersi in salvo correndo per un campo di fave, perché le fave erano viste dai pitagorici, come “casa” delle anime dei defunti, in attesa di reincarnazione…. La celebre frase “cerco l’uomo”, è stata pronunciata da Diogene di Sinope, mentre camminava con la lanterna accesa in pieno giorno. Diogene il più celebre cinico, con evidente provocatoria ironia, voleva significare “cerca l’uomo che vive secondo la sua più autentica essenza”, cerca l’uomo che al di là di tutte le esteriorità, ritrova la sua genuina natura, vive conformemente a essa e così è felice. E certo si tratta di parole che rappresentano il punto di vista della filosofia cinica, che si rif lette sulla percezione del cibo, e non a caso Diogene non amava la sontuosità delle mense, evitava le cerimonie e le preparazioni, preferendo la semplicità dei pasti. Apprezzava una cucina poco elaborata, alla buona, semplice ma genuina. Tant’è vero che nei banchetto dei filosofi antichi c’erano lenticchie, pane, olive, fichi secchi, carni, dolci, pesce, formaggi ed altri alimenti. Se poi pensiamo all’espressione epicureo o edonista, che possiamo attribuire a qualcuno che ci sembra ben rappresentare questa categoria, in effetti pensiamo quasi automaticamente alla sua sfrenatezza in materia di piaceri. Il tutto perché Epicuro viene presentato come se in tutta la sua vita non avesse fatto altro che grandi abbuffate e bevute. Invece non è esattamente cosi, ce lo testimonia un passo della famosa

lo storico

lettera a Meneceo: «Allorché affermiamo che il piacere è il fine, non facciamo riferimento ai piaceri dei dissoluti e a quelli che risiedono nel godimento dei sensi, ma il non soffrire nel corpo né turbarsi nell’anima. Non sono le bevute e i continui bagordi, né il godimento di ragazzini e donne, né abbuffarsi di tutto ciò che offre una tavola imbandita, che possono dar luogo a una vita piacevole, bensì il ragionamento assennato, che esamina le cause di ogni scelta e repulsa, e che elimina le opinioni per effetto delle quali il più grande turbamento attanaglia le anime».Quindi all’immagine di Epicuro che si abbuffa di cibi raffinati, si dovrebbe sostituire quella ben più realistica e di pregio di un uomo effettivamente sobrio ed equilibrato, che si accontenta di saziarsi con del cibo frugale, come per esempio i fichi e il formaggio. In tal senso va ricordato che la filosofia nasce quando l’uomo ha risolto i suoi bisogni primari, come ci sottolinea Aristotele. Infatti, per il filosofo di Stagira non si può pensare con la pancia vuota. Anche se Aristotele, a differenza di Ludwig Feuerbach, non pensa che l’uomo è solo ciò che mangia. Ma è innegabile il fatto che, se siamo, è perché mangiamo. Ma questo non implica che ci sia una totale coincidenza tra essere e mangiare. Anche il padre del mondo delle idee eterne ed immutabili, ovvero Platone, non era insensibile al mangiare bene, anche se considerava il cibo come una distrazione da cose più alte. Le cose più alte sono proprio le idee platoniche. Le idee, a differenza del mondo che ci circonda sono incorporee, rappresentano l’essere in senso puro, non muoiono mai. Per questa ragione non possiamo toccarle, e nemmeno vederle con gli occhi, quindi le possiamo vedere con il pensiero. In questo caso, il cibo passa in secondo piano, perché fa parte del mondo materiale, e l’uomo, per Platone dovrebbe occuparsi di cose più elevate come appunto le idee. Dunque anche i filosofi hanno avuto il loro “piatti preferiti” rivelandosi dei grandi estimatori del “mangiar bene” . Basti pensare che nelle loro stesse opere filosofiche sono ricorrenti metafore culinarie che testimoniano l’attenzione alla sfera eno-gastronomica che inevitabilmente entra a far parte del pensiero filosofico.

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Ville e vigne T

ra le dimore di rilevante pregio storico ed architettonico situate sui colli Berici Villa Franceschini poi Pasini e dei Conti Canera di Salasco L’intervento di restauro protrattosi per anni ha permesso di riportare al primitivo splendore la Villa risalente alla fine del XVIII° secolo in posizione straordinaria sui colli di Arcugnano, circondata da un grande parco verde e con giardini dal pregevole disegno e limonaie Edificata nel 1779 come tramanda il millesimo in facciata Villa Franceschini fu progettata in forme classiche per conto dell’omonima famiglia di ricchissimi setaioli, dall’Architetto Ottavio Bertotti che usufruì del lascito testamentario dello Scamozzi per meriti nello studio dell’architettura. Lo Studioso e Architetto vicentino in nell’edificare l’edificio riuscì a interpretare al meglio gli studi su Palladio traendo ispirazione dal progetto di Villa

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Ragona a Ghizzolle. In Villa Franceschini viene mantenuto il rialzo del Piano Terreno ma lo slancio dell’ordine gigante viene ridimensionato in favore di un più tradizionale partitura con serliana e raffinati bassorilievi che ricorda il Villino Cerato attribuibile al Palladio. Sopra si imposta un raffinata loggia esastila corinzia dal cui affaccio è possibile ammirare un paesaggio meraviglioso come ricordava il Cevese: a Ovest i Lessini fino al Carega e il massiccio del Pasubio a Sud le colline fino ai monti di Brendola. A questa natura mite e gentile chiedeva riposo il ricchissimo setaiolo Girolamo Franceschini. La Casa dei produttori di seta Giovanni Zuanne e del fratello Girolamo si può definire come una delle ultime Ville del Veneto antico. Quale homo novus l’imprenditore dove-

a cura di Stefano Valle va necessariamente avvertire l’esigenza di fregiarsi di un simbolo della tradizione e la villeggiatura assume un nuovo significato quello di possedere una seconda casa in un luogo ameno con un breve tratto di strada che la univa alla città sede dell’attività imprenditoriale. I Franceschini famosi per la qualità dei loro drappi in tutta Europa possono essere visti come antesignani quella classe di imprenditori che hanno creato il Veneto di oggi. Risalenti alla fine del settecento sono i meravigliosi cicli di affreschi neoclassici di Giacomo Ciesa e Paolo Guidolini e gli stucchi del Bendazzoli La Villa fu acquisita verso il 1820 dal Conte Anti e dopo il 1840 dai Conti Pasini da cui la ereditarono i Conti Canera di Salasco. I Conti Pasini organizzarono sul finire dell’800 una campagna di restauri che portò all’edificazione dell’ala loggiata


Particolare dei riquadri in facciata con i raf finatissimi stucchi di Giambattista Bendazzoli con l’allegoria della Fortuna e una rappresentazione bucolica della Villa.

e alla trasformazione del giardino che diventò all’Italiana con un intervento dell’architetto Caregaro Negrin. Tale intervento portò alla costruzione delle aiuole a ricordare un gigantesco pesce e della scalinata monumentale e il belvedere con la bella statua di Leda e il cigno. Da qui si può avere accesso al parco con meravigliose essenze secolari che culmina nel Colle con l’imponente Viale di Cipressi da cui si gode di una vista impagabile. La Villa dopo lunghi decenni di abbandono è stata oggetto tra il finire degli anni ’80 e i primi anni ’90 del secolo scorso, di un accurato intervento di restauro con il ripristino degli esterni e degli esterni della Villa, della Chiesetta, delle Serre, limonaie e dei Rusticani. Il giardino ha subito un lungo intervento di ripristino con la valorizzazione dell’esistente la reintroduzione di specie antiche e rare.

Scalinata monumentale realizzata dall’architetto Ottavio Carigaro Negrin

Il paese di Arcugnano sullo sfondo dei vigneti

“...Dal sommo colle che protegge la Villa, il panorama abbraccia anche Grappa e Montello, argini dellaq pianura ridente di borghi e paesi che son corone vicine e lontane al fitto abitato di Vicenza di Schio, di Tiene e Bassano. A questa natura mite e gentile chiedevano riposo i ricchissimi setaioli Zuanne e Girolamo Franceschini”

L

a passione per la Villa unita a quella per il Vino ha portato la Proprietà a rimettere in produzione gli antichi vitigni autoctoni in particolare di Cabernet che soffrivano per i lunghi anni di incuria e abbandono e valorizzare l’intorno con l’impianto di nuovi vigneti di uve pregiate tra cui Pinot grigio e Prosecco per complessivi venti ettari attualmente in produzione.

Azienda Agrituristica LA VALLETTA Via della Rotonda 62 36100 VICENZA tel. 0444 239461

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Incredibile

India

anche sulle tavole I

ndia, terra di magici sogni e tristi realtà, grande ricchezza e misere povertà, agognata pace e profonde discriminazioni. Questo luogo, con intensi contrasti e urlanti contraddizioni, così lontano dal nostro essere, ci osserva e ci affascina con e per tutta la sua diversità. L’incontro con l’India è stato come un libro che si svela man mano che il racconto procede e la trama si snoda, come ognuno di noi che nel tempo costruisce nel proprio intimo l’idea d’un luogo, raccogliendo frammenti sparsi tra sensazioni e immaginazioni e li colleziona con calma, fino a quando il pensiero diventa chiaro e nitido. Quel luogo è nella nostra anima, diventando esso stesso la nostra anima. La sensazione di essere in una nuova dimensione si avverte già sul volo, quando spezie e sapori all’ora del pranzo cambiano improvvisamente. Non più panini con tacchino, formaggio e un pomodorino,

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ma riso candido, pollo speziato con salsa gialla, verdure immerse in salse arancioni e verdi, mentine come piccoli grani a fine pasto. L’arrivo pur se nella notte fonda: da subito la sensazione di quanti milioni di abitanti vivano a Delhi, qualcosa di disarmante, con centinaia di persone che aspettano i passeggeri con i loro fogli scritti a mano, sgualciti dall’umidità e dal sudore. Visi magri, occhi intensi e capelli neri lucenti, così contrastanti con le camicie panna e i pantaloni grigi sintetici al modo occidentale. C’è da chiedersi se tale è il risultato che la cultura moderna ha saputo offrire a questi uomini. Lungo le strade si scorge la vita di tutti i giorni della città con strade affollatissime, biciclette, motorini, carri e carretti, automobili, camion, e tante persone a piedi. E già alle sette del mattino il livello dello smog è elevatissimo. Ognuno corre in una direzione diversa eppure c’è uno sottile equilibrio, mi

sembra di ritrovare un po’ di napoletanità in questo strano caos ordinato. Un angolo di mondo in cucina. Durante il viaggio, la fortuna di trascorrere una giornata con una famiglia italo-indiana ha permesso di vivere la loro quotidianità anche in cucina. E scoprire tanti piccoli segreti In generale, anche per motivi legati al culto, gli indiani sono vegetariani e propongono verdure e formaggi conditi da spezie e salse delle più disparate che diversificano ed impreziosiscono ogni portata. Accanto alla pasta al sugo e alla pizza margherita, la mia amica ci ha offerto un po’ di India genuina. Le portate erano due, accompagnate da un gustosissimo pane indiano chiamato chapati (una nostra piadina per intenderci) condito da ghee, formaggio fuso o aglio. Il primo piatto di polpette di zucchetta verde in salsa Hindi Malai Kofta realizzata con latte, panna, pomodoro e cipolla con


spezie di curcuma, ginger, coriandolo, peperoncino. L’altro piatto con formaggio fresco in salsa Hindi Palak Paaner composto da spinaci, cipolla, pomodoro e spezie di curcuma, ginger e peperoncino. E per finire? Sempre le classiche mentine colorate! Ma come non menzionare il chapati, un gustoso pane tradizionale non lievitato tipico dell’India del nord. In molte abitazioni si usa ancora preparare un grosso impasto ogni mattina per poi consumare il chapati durante il giorno, accompagnandolo a piatti di verdura o alla zuppa di dhal, ma è anche un’ottima alternativa per chi non può consumare pane lievitato e la sua preparazione, se anche richiede un po’ di tempo, costituisce un’occasione per una pausa di consapevolezza fra gli impegni della giornata. Gli ingredienti sono 2 tazze di farina integrale (o semi-integrale), 1/2 tazza di acqua, un pizzico di sale, olio o il ghee (il miglior sostituto o surrogato del burro). Si prepara versando la farina in una ciotola capiente, aggiungendo acqua, un piccolo quantitativo di olio e lavorando con le mani per 10-15 minuti fino ad ottenere un impasto omogeneo di consistenza elastica ma che non deve risultare secco o appiccicoso. In seguito si spruzza l’impasto con un poco d’acqua, coprendolo con un panno e lasciandolo riposare per una o due ore per poi lavorarlo nuovamente

Le portate erano due, accompagnate da un gustosissimo pane indiano chiamato chapati (una nostra piadina per intenderci) condito da ghee, formaggio fuso o aglio. e dividendolo in parti uguali della dimensione di una piccola pesca. Con un matterello si spiana ogni pallina su di un ripiano leggermente cosparso di farina fino a ridurla ad un disco sottile di circa dodici centimetri di diametro, se possibile con le estremità leggermente più sottili del centro. Per cottura si riscalda una padella dal fondo spesso o una piastra di ghisa fino a quando non risulta molto calda per porvi direttamente il disco. Si cuoce da 30 secondi a tre minuti per lato, a seconda dello spessore

dell’impasto, fino a quando assumerà una colorazione appena brunita e compariranno piccole bolle. Usando delle pinze da cucina si tiene il chapati direttamente sulla fiamma del fornello - pochi secondi per lato - fino a quando non si gonfia, per poi spennellarlo con olio o ghee. Per mantenere caldo il chapati mentre tutti i dischi cuociono è bene avvolgere quelli già pronti in un telo pulito. E poi la famosissima curcuma, una delle spezie più antiche, la più speciale tra le spezie, gialla radice della famiglia dello zenzero, d’un giallo arancio intenso, con un gusto molto simile allo zenzero profumato e che amorevolmente si scioglie nei più svariati piatti esotici della cucina indiana. Ma è interessante evidenziare che la curcuma è anche la base di tutta la medicina tradizionale, ed in India, primo produttore di curcuma al mondo, è utilizzata da secoli nella medicina Ayurvedica per le sue virtù preventive e terapeutiche, soprattutto come cicatrizzante e antinfiammatorio. Addirittura nel 1996 la curcuma è stata oggetto di un tentativo di “biopirateria” tramite due ricercatori indiani presso un’università statunitense, che dopo aver “sviluppato” un farmaco il cui principio attivo era proprio la gialla spezia, ne hanno chiesto e ottenuto il brevetto. Ma una successiva azione legale del Consiglio Indiano per la Ricerca Scientifica, ha però portato l’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti ad ammettere che le qualità officinali della curcuma sono una scoperta indiana e quindi non brevettabili. Una vittoria che ha reso poco appetibile la curcuma agli occhi dell’industria farmaceutica e che chiarisce come mai le eccezionali virtù di questa radice, ormai ampiamente confermate anche dalla scienza moderna, non siano ancora diventate il tormentone salutista del momento. Lascio l’India, tra taglienti amarezze e calde gioie. Sento di aver assaporato solo una piccola parte di questo Paese che apre il cuore a chiunque voglia immergersi in una realtà così diversa. Ho voglia di ritornare, ma quando tutto il turbinio di emozioni che si è scatenato in me si sarà calmato e mi sentirò carica d’una nuova voglia di scoprire…l’India! Alessandra, l’ingegnere viaggiatore!


‘a Marenna napoletana:

gusto e buon senso popolare S

e è vero com’è vero, che a Napoli pasta, pizza e pane diventano oro, è pur vero che molto spazio nella cucina napoletana è dedicato alla semplicità di gusti popolari che condiscono tradizione e buon sensoe, soprattutto, a costi decisamente democratici! Così nasce “’a marenna”, questo attuale spuntino per operai, studenti, impiegati, insomma per tutti che un tempo era usanza tipica del proletariato trattandosi di un pezzo di pane (ma quello buono) condito alla meglio, ma ancora oggi può rappresentare un vero pasto quotidiano che richiama a riti emiti d’un tempo. Una popolare poesia partenopea recita: “Aggio schiattato quatto pummarole, ncopp’ a nu cuzzutiello ‘e pane ‘e grano: na ponta d’aglio e nu felillo d’uoglio, nu pizzico d’arecheta e de sale. Che pranzo sapurito c’aggio fatto! Che squisitezza! Quale sciccaria”…. comm nu vase ‘e na guagliona senza

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russetto, senz’abbellimento, cundito cu ll’ammore e ‘o sentimento; e cu ‘o sapore doce ‘e ll’onestà”. (Ho spaccato quattro pomodori su un cozzetto di pane di grano con un po’ d’aglio, olio ed un pizzico d’origano e sale. Ho fatto un pranzo saporito, una squisitezza, una sciccheria. Come il bacio di una ragazza senza rossetto e trucco, condito con l’amore ed il sentimento e con il sapore dolce dell’onestà). Da sola basta a farci capire l’essenzialità di questa merenda (che nulla ha che a vedere con le merende e merendine attuali, per lo più), un tempo chiamata “mpustarella” perché puntellava lo stomaco sino al rientro a casa. Qualcosa che oggi seppure con minore complessità di preparazione, potrebbe essere rappresentato da una fetta di buon pane artigianale con sale ed olio extra vergine di oliva, come in molte famiglie e scuole sta riprendendo

quota aiutandoci a rif lettere sul valore che ha avuto in passato, ma ancor più oggi, nella nostra cultura in generale. Un patrimonio da non perdere, tra Marènne povere e ricche: tra le prime quelle con pane sale (a volte sostituito dallo zucchero) ed olio extravergine d’oliva, od il pane e frittata, o quello col filoscio (con la mozzarella filante…), e poi pane e friarielli (un broccolo campano particolarmente saporito), od ancora con il puparunciello (le acciughe con peperoncino). E tra le Marenne ricche il pane con provola e puparuole (peperoni) insieme a capperi, olive nere, olio e sale, o con ricotta romana e salame napoletano, o come sballo finale pane e parmiggiana ‘e mulignane o zucchine, che ben si addicono all’estate ed ancor più se mangiato il giorno dopo! B. Sganga


Porsche Italia Padova: il valore della cultura e della musica Il ricco calendario di iniziative padovane

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a Porsche Italia di Padova, sensibile alle attività culturali e agli eventi dei giovani nella città, anche quest’anno ha avviato il suo cartellone di manifestazioni in stretta collaborazione con gli enti pubblici. In particolare con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova con cui da anni contribuisce alla realizzazione di numerose iniziative. Tra queste va soprattutto ricordato il “Porsche live, giovani e jazz 2010” con il “Primo Premio Padova Carrarese”, partito lo scorso luglio, per la selezione di giovani band emergenti jazz. L’idea è proprio della Porsche Italia di Padova, in collaborazione con la scuola di musica “Gerswin”. “Musica jazz” e “Radio Padova” che sono i partners di Porsche. Obiettivo della selezione, abbinata al “Premio Padova Carrarese”, è quello di individuare gruppi di musicisti jazz, di qualsivoglia strumento musicale e di qualsiasi età e nazionalità, che siano allievi di conservatori con cattedra di jazz o di scuole di musica jazz e che non abbiano già pubblicato un cd a proprio nome, allo scopo di valorizzare i talenti emergenti del panorama jazzistico nazionale. Il progetto si sviluppa in un’ottica triennale, concentrando l’attenzione su alcune macro-aree di riferimento per ogni edizione: nel 2010 il nordest, nel 2011 il nordovest, nel 2012 il centro-sud Italia. Una giuria tecnica presieduta da Lucio Dalla valuta le band in concorso. La giornata conclusiva “Porsche live. Le notti 2010” si tiene il 5 settembre in Piazza della Frutta a Padova della durata di 6 ore, proprio come vuole la tradizione delle gare automobilistiche. In quell’occasione i primi sei gruppi selezionati vengono premiati con un cd prodotto e stampato dall’organizzazione, che raccoglie i brani da loro eseguiti. I primi due gruppi invece hanno la possibilità di esibirsi durante tre serate all’interno della programmazione degli eventi di Porsche Italia. Al termine, viene poi consegnata la targa “Primo premio Padova Carrarese” al conservatorio o scuola di musica di provenienza del gruppo giudicato vincitore.

Tanti concerti, spettacoli e atmosfere internazionali si svolgono a settembre. Un percorso musicale tra melodie e danze che arrivano da tutto il mondo. Sono le “Notti di Porsche live”, che si terranno nei giardini dell’Arena di Padova. Ricordiamo alcune date: il 1 settembre Tania Maria, il 2 The Ballroom Kings, il 3 Dobet Gnahorè, il 4 Mambì “El Son, la Guaracha, el Changui y el Sabor de Cuba”, il 5, in Piazza della Frutta, il concerto dell’orchestra J Futura Non dimentichiamo che Porsche continua le manifestazioni a Villa Barbieri con le “Notti d’estate a Padova” dal jazz alla bossa nova, dal tango argentino al flamenco, dieci appuntamenti da non perdere con musica,danza e dj set. Insomma, un ricco carnet promosso dalla famosa casa automobilista tedesca, sensibile a Padova per le sue note attività culturali.

la Redazione

Porsche Italia spa Corso Stati Uniti, 35 35127 PADOVA tel. 049 8292911 www.porsche.com/italy

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Il mare a tavola

Una gioia anche con le specie meno pregiate Golagaia

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ulla togliendo alle altre stagioni, ma con l’arrivo dell’estate i banchi del mercato diventano tutti colorati grazie alla frutta e alla verdura di stagione che mai come in questo periodo ci offre dav vero una varietà di gusti e colori e soprattutto dei pesci d ’ogni tipo che stimolano, in casa come nei ristoranti, tanti piatti e ricette da preparare dove ciascun ingrediente diventa principale e gustosissimo. Come una semplice ( si fa perdire…) insalata di mare a base di calamari,

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cozze, vongole e gamberi, accompagnata con verdure fresche grigliate a piacimento, che diventa un piatto coloratissimo da portare in tavola per ogni occasione. Ma anche la presentazione, come noto, fa la sua parte, e dunque attenzione alle verdure messe a ventaglio sul piatto con l’insalata di mare accanto, magari decorando con qualche foglia di prezzemolo oppure con un ciuffo di carote novelle ed il suo bicchiere accanto alla bottiglie di vino ben refrigerata. Qualcosa di molto invitante e gioiosa che però

non deve farci dimenticare una intelligente, sana ed equa gestione delle risorse ittiche per il consumo alimentare, incentivando i consumi anche verso quelle specie poco conosciute ma d ’altrettanta bontà. E tutto parte da una pesca consapevole sino all’ acquisto e consumo del pesce, facendo bene attenzione alle specie protette e quelle vietate. E’ assurdo che molte specie non trovano collocazione nei mercato del pesce,, neanche vendute a prezzi economici, pur se con impieghi gastronomici di


grande gusto per valorizzarli al meglio (senza rimpiangere branzini e orate) e corredandoli dal giusto abbinamento con i vini. Le continue richieste del mercato di specie cosiddette pregiate, ha causato un grave problema di mantenimento di specie ritenute ingiustamente inesauribili come il merluzzo, l’aringa, il tonno e l’anguilla, e questo ne sta facendo lievitare sempre più i prezzi. Per migliorare la situazione è opportuno cambiare le abitudini dei pescatori, dei grossisti, dei mass-media e dei consumatori. Ci sono pesci appartenenti a specie minori che, oltre a pagarli di meno, possono far realizzare numerosi, invitanti e saporosi piatti, suggeriti da vecchie o nuove ricette. Come con il pesce forca, il pesce trombetta e il pesce tamburo, specie più comuni nella pesca del gambero rosa ma che sono ingiustamente scartati a tonnellate. Il primo non è altro che una gallinella più irsuta dalle carni bianche. Ottimo nella zuppa di pesce, all’acqua pazza e lesso o a vapore condito con olio extravergine d ’oliva. Gli altri, ottimi nella zuppa, lessi o infarinati e fritti. Ma anche la palamita, un tunnide dalle carni morbide e delicate; ottima lessa o al forno con le patate. Per i sughi, invece del tonno tritato, si può adoperare il tombarello che conferisce lo stesso sapore e costa molto meno. Ed al posto delle aringhe, le

alacce affumicate; un pesce azzurro che non ha nulla da invidiare alle aringhe e dal costo quasi inesistente. Ed ancora, con il pesce sciabola (pesce lama) dalle carni bianche, morbide e sapide ma dal basso prezzo, buono per essere cotto alla piastra, in umido, saltate in padella e a vapore. Mentre con la delicata e buona lampuga si ottengono scaloppine con pomodorini, od impanata e fritta in olio extravergine d ’oliva. Così come con i sugarelli, dalle ottime carni, fritti, lessi o a vapore conditi con olio extravergine d ’oliva e in tegame al verde. Inf ine i piccoli gamberetti, ricchi di carotene ma scartati a tonnellate, buonissimi da fritti, lessi od al vapore, e magnif ica base per sughi di risotti, paste secche e fresche (per esempio per le lasagne di “mare”al forno). Ma se prendete dei ricci (e meglio, delle uova rosse e freschissime della femmina del riccio) una volta tanto uno sf izio si può prendere ed ecco una semplice gustosa ricetta per due persone: 15/2 ricci che vanno scavati dall’interno del guscio dopo aver superato la barriere di spine prendendo le uova che hanno un sapore di mare come niente altro. Il riccio, vista la sua estrema delicatezza, deve essere consumato freschissimo e rigorosamente crudo e gli spaghetti (o linguine, per 200 gr.) devono essere, a differenza dei normali altri primi

Ci sono pesci appartenenti a specie minori che, oltre a pagarli di meno, possono far realizzare numerosi, invitanti e saporosi piatti, suggeriti da vecchie o nuove ricette. a base di pesce, di calibro grosso. Mentre l’acqua bolle bisogna lasciar sfrigolare a fuoco lento due o tre spicchi di aglio, in una padella con abbondante olio extravergine, poi buttare gli spaghetti, scolarli con la forchetta (senza usare lo scolapasta in modo da mantenerli piuttosto umidi) direttamente nella padella, dalla quale avremo estratto l’aglio che nel frattempo sarà imbiondito. Quindi spegnere il fuoco, versare i ricci spolverando con un po’ di prezzemolo. Accompagnando il tutto con uno dei bianchi asciutti, niente bollicine, che meglio esprimono la vostra regione.

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Tarocchi e Prosecco I

E’ necessario intervenire affinchè all’estero la smettano di lucrare sui buoni nomi delle produzioni venete, propinando beveroni “similari” che creano solo illusioni nella clientela e comportano un danno ai produttori che “si spaccano la schiena per offrire al mondo un vino con i controfiocchi” come nelle parole dell’Assessore.

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n realtà si dovrebbe parlare di tante altre specialità italiane rispetto a questa odiosa e truffaldina mania di taroccare nostri gioielli vinicoli od alimentari con l’obiettivo di conquistare mercati esteri scambiandli per prodotti tipici, genuini e di pregio. E dopo lo scandalo del “Rosecco”, il vero Prosecco made in Italy è ancora nel mirino delle falsificazioni, ed in Germania si vende il “Prisecco”, un “vino” frizzante analcolico nelle versioni rosso, bianco e rosé… Una vera scorrettezza e truffa, contro cui è sceso in campo l’assessore veneto all’Agricoltura Manzato, affiancato e sostenuto dal Presidente Luca Zaia che ha sottolineato “La smisurata fantasia degli agropirati stava per colpire uno degli importanti motori dell’industria vinicola della penisola: il Prosecco”. Insomma, un inganno bello e buono per consumatori non smaliziati o poco addentro alla cultura del vino per cui la Regione ha già avviato ogni possibile iniziativa per evitare che ci si possa confondere per questa assurda assonanza con un prodotto che nulla ha a che vedere con il Prosecco Doc e con il Prosecco Superiore Docg. E’ necessario intervenire affinchè all’estero la smettano di lucrare sui buoni nomi delle produzioni venete, propinando beveroni “similari” che creano solo illusioni nella clientela e comportano un danno ai produttori che “si spaccano la schiena per offrire al mondo un vino con i controfiocchi” come nelle parole dell’Assessore. Almeno con il precedente “Rosecco”, comunque osteggiato fortemente, si trattava d’un vino, ma in casi così eclatanti

per distorsione informativa verso i consumatori, si deve intervenire con estrema decisione, senza dare spazio a presunti cavilli burocratici. Non va dimenticato che per motivi di ben altro livello si è dovuto rinunciare al “Tocai”, e storicamente il nome “Prosecco” era sicuramente preesistente e le imitazioni del nome sono vere usurpazioni non certo casuali, ma premeditate. Dunque un pericoloso gioco di assonanze con il nome del ben più blasonato (e genuino) vino trevigiano, ma che può tramutarsi in una truffa molto redditizia. Un episodio che, oltre la giustificata preoccupazione, lascia però intendere la fama internazionale del Prosecco, o meglio dire del Conegliano-Valdobbiadene DOCG che con tale denominazione consente di sperare che questo vino venga in futuro protetto e tutelato in maniera decisamente migliore, come anche richiesto al Ministro Giancarlo Galan. Non va dimenticato che al di là del danno economico, e comunque sostanzioso, è soprattutto quello di immagine che deve preoccupare e richiedere interventi immediati. E per chi sostiene che l’inevitabile innalzamento dei prezzi del Prosecco dovuti alla nuova denominazione DOGC (comunque contenuto) può favorire i produttori tedeschi di “vini” dai nomi semiseri oppure il proliferare di frodi come qulle sopra menzionate, va risposto che vendere un vino di qualità superiore come il Valdobbiadene-Conegliano Prosecco DOCG a prezzi da discount è soltanto un’offesa a tutti i produttori trevigiani ed alla capacità dei consumatori nel saper riconoscere e scegliere la eccellente qualità. B. S.


Ristorante In da Joy a Corte Pellegrini: la cultura del mangiar bene D

a quando l’ingresso autostradale (Verona Est) è ancora più vicino, a qualche centinaio di metri, per gustare dell’accoglienza di Giorgio Zanetti e della sua validissima equipe, bisogna darsi da fare, prenotare od affidarrsi alla buona stella di simpatia e disponibilità che da sempre accompagna Giorgio. Ci si trova immersi nel bel verde delle campagne di San Martino Buon Albergo, negli spazi esterni ed interni d’una casa colonica risalente ai primi del cinquecento con una grande sala interna ed invernale ricavata dall’antica stalla con belle presenza di arte povera, alcuni spazi immensi e di grande relax tutto intorno, laghetti per pesca sportiva, ombrelloni vintage, alberi secolari ed un centro di equitazione governato da una giovanissima e bella conduttrice esperta. Un luogo inevitabilmente ideale anche per banchetti e cerimonie, ma Giorgio sa distinguere, tenere le distanze e non far sentire ai suoi clienti (in queste occasioni) alcun senso di distacco od abbandono. In ogni occasione c’è sempre la ricerca delle cose buone, l’attenzione ad imparare e scoprire il pregio di prodotti e genuine materie prime per realizzare piatti d’antica saggezza e di gusti succulenti, pur con occhio alla loro salubrità. Non a caso la rivista “Il Gusto Italiano” ha avuto battesimo proprio qui e continua con alcuni incontri importanti, anche perché Giorgio vive ogni pagina di ogni nuovo numero, come fosse una creatura un po’ anche sua. Qualcuno ha scritto di menù “ruspanti”, a noi paiono essenziali per semplicità diretta e buona maestria esecutiva, anche quando ci si imbatte in nuovi piatti. Come con le costine di maiale con verdure fresche cucinate in modo tradizionale e veneto ma rivissute con un tocco

esotico aggiunto dal bravo Ajith sotto la lunga vista di Giorgio. Se poi riuscite a trovare i vini superbi e di veronelliano entusiasmo come il Clivio de La Rocchetta Spumanti o l’Incrocio Manzoni di Corte dei Veneti, allora si raggiunge l’ideale zenit epicureo e la sosta diventa una rigenerazione totale! Da non dimenticare che Giorgio Zanetti (alias Joy), conduce il tutto da un anno in questa nuova gestione, traducendo senza tradimenti e mode la tradizione tramandata dalle nonne alle mamme casalinghe, con risultati subito di grande livello e riconoscimento. Cos’altro si trova? Di tutto ciò che di più autentico offre la tradizione veneta con sapienti interventi nazionali quando piatto od ingredienti lo richiedono, e sempre in una scenografia autentica e rustica. Dalla porchetta al forno tagliata a fettine sottili e servita nel tagliere alla varietà di risotti in crosta di prosciutto crudo; dalla pasta corta saltata con verdure di stagione a selvaggina, arrosti misti o fiorentina alla brace. Ed ancora, dai piatti di formaggi attenti, ben tolti anticipatamente dal frigorifero… a salumi e crostini autentici od i risotti col tastasal all’ isolana, o con le rane (su prenotazione) od all’amarone, ma anche, su richiesta, menù di pesce, paella sino a dolci semplici e casalinghi ed una pizza fatta con impasto a lievitazione lenta e cottura su forno a legna. S.B.

Ristorante In da Joy c/o Corte Pellegrini via Campalto, 18 San Martino B.A. (VR) tel. 340 8520101

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Turismo sostenibile: Etichetta Ecolabel

per strutture ricettive attente agli impatti ambientali Raffaella Reitano

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A Riccione dal 1998 dall’l’adesione di un gruppo di 30 albergatori ad un progetto sperimentale di Legambiente oggi si vedono coinvolte moltissime strutture ricettive, rispettose di un decalogo che prevede maggior risparmio energetico e corretto utilizzo delle risorse ambientali. Sono arrivati all’Ecolabel per gradi e per scelte culturali e sensibilità personali, non per un immediato ritorno economico, ma perché ci credevano.

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1. 2. 3. Hotel “La Loggia di gradara” (info: www.laloggiagradara.it) a Riccione. 4. Il marchio Ecolabel (www.ecolabel.it) 5. Agriturismo “Il Duchesco”, Maremma toscana, il primo Agriturismo certificato Ecolabel in Italia ed in Europa (info: www.ilduchesco.it). 6. Ristorante “Grani & Braci”, Milano. In Lombardia sta aumentando il numero di strutture ecosostenibili (info: www.graniebraci.it).

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a diversi anni ormai si sente parlare di sostenibilità sotto diversi aspetti. Nel 1987 con il Rapporto Brundtland la World Commission on Environment and Development (WCED) ha cercato di dare una definizione alla parola sostenibilità identificata come “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Successivi trattati e convenzioni hanno caratterizzato lo sviluppo di un’idea di sostenibilità e, soprattutto, di una coscienza che prendesse in considerazione gli impatti di ogni scelta effettuata sia da parte di autorità sia nel piccolo, da parte di ogni singolo cittadino. Gli effetti di questa sensibilizzazione sono presenti e visibilmente percepibili a partire dall’attenzione alla raccolta differenziata, dalla scelta di prodotti biologici e di provenienza locale fino ad arrivare a decisioni ed investimenti più impegnativi come l’installazione di pannelli solari, pannelli fotovoltaici e via dicendo. Riguardo al turismo, alle strutture alberghiere e a tutte le attività ricettive si può parlare di sostenibilità quando queste dimostrano particolari attenzioni verso l’ambiente, limitando, nel loro sviluppo, il loro impatto ambientale nel territorio, e quando queste non ostacolano lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche mantenendo la loro attività vitale e garantendo la redditività del territorio in cui s’inseriscono. Il turismo in Italia sta diventando l’industria più importante del nostro paese mostrandosi come una delle promesse per l’uscita dalla crisi economica. Sono nati in questo campo delle attività e degli atteggiamenti che hanno portato alla ricerca di una propria identità da parte dalle strutture turistiche che, attente alla sostenibilità volevano distinguersi e, perché no, giocarsi quest’attenzione alla qualità ambientale anche dal punto di vista concorrenziale nel mercato. Una possibilità in questo senso è data dal marchio Ecolabel per il turismo, nato nel 2003 (Decisione 2003/287/CE). L’Ecolabel è un marchio che per


ECOLABEL Un fiore per il turismo. 4

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ette alla struttura turistica di essere fortemente competitiva nel mercato e di essere garante per il turista non solo della qualità ambientale circa le misure di protezione adottate ma anche di quella sociale, offrendo servizi sicuri ed efficienti. Le strutture turistiche che possono richiedere queste etichette ecologiche sono quelle che erogano il sevizio di pernottamento (alberghi, villaggi turistici, Bed&Breakfast). Per ottenere l’Ecolabel devono impegnarsi a rispettare ben 37 criteri obbligatori tra i quali il risparmio delle risorse, l’offerta del biologico e di menù locali, la promozione del patrimonio culturale e naturale del territorio e un certo numero di criteri opzionali a scelta, su 47 disponibili, che garantiscano alla struttura un punteggio complessivo soddisfacente. La dimostrazione della rispondenza a questi criteri viene fatta sotto forma di auto – dichiarazione ma la valutazione e l’assegnazione dell’etichetta spetta all’organismo competente, il Comitato Ecolabel Ecoaudit (fonte: www.ecolabel.it). Un albergo o una struttura turistica che ottiene l’Ecolabel grazie al rispetto di questi requisiti può inoltre contare sui vantaggi legati all’efficienza in termini economici: a fronte di un seppur grosso investimento iniziale, infatti, l’utilizzo di fonti rinnovabili, il risparmio dell’acqua e altri accorgimenti possono ridurre sensibilmente le spese nel medio – lungo periodo. Ma soprattutto una struttura ricettiva che ottiene l’Ecolabel può contare sulla sempre più crescente attenzione alle questioni ambientali da parte del consumatore che può preferire una struttura provvista di etichetta ambientale rispetto ad un’altra sprovvista o che può essere disposto a pagare per quel valore aggiunto in più che corrisponde all’impegno assunto verso la sostenibilità. L’etichetta gli garantisce infatti l’attenzione che la struttura ricettiva rivolge all’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, l’interesse verso l’uso di prodotti rispettosi per l’ambiente, la corretta

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gestione e differenziazione dei rifiuti, la riduzione di sprechi energetici e di risorse, la salvaguardia della biodiversità appartenente alla struttura e la scelta di un’alimentazione sana e corretta prevalentemente di provenienza locale e regionale che può incentivare la filiera locale e lo sviluppo del territorio. Tutte caratteristiche che concorrono non solo al rispetto dell’ambiente ma anche al miglioramento della qualità della vita stessa. In Italia nel 2008 erano 107 le strutture ricettive etichettate e 10 i campeggi certificati (fonte: Catalogo Ecolabel www.eco-label.com – ottobre 2008) ma oggi non ci sono solo alberghi, hotel e bed&breakfast ma anche ristoranti, agriturismi e locali che hanno scelto di diventare sostenitori Ecolabel grazie all’accordo siglato tra Legambiente e il Gruppo Ethos e ottengono l’etichetta ecologica di Legambiente entrando nell’elenco delle strutture del turismo sostenibile. La sola regione Lombardia oggi conta 384 strutture turistiche ecosostenibili. Non è indifferente, inoltre, la pubblicità di Ecolabel a livello europeo che dimostra la voglia di dare all’ambiente un’altra chance e la visibilità per le

strutture ricettive nel mercato del turismo. Il ‘turismo verde’ si sta rivelando in modo sempre più convincente un elemento fondamentale della green economy e, in contesti idonei, potrebbe innescare alcuni sistemi a cascata di benefici che possono favorire tutti gli attori dell’economia e del mercato, dal proprietario del resort al gestore del Bed&Breakfast, dai creativi agli architetti, dagli artigiani ai contadini, dal viaggiatore cosmopolita al turista per caso. In un contesto come quello attuale dove cultura e grado di preparazione dell’utente non sempre permettono di percepire in pieno gli investimenti economicamente impegnativi di proprietari e piccoli imprenditori la strada è spesso in salita. Ma la collaborazione di tutti al rispetto ambientale attraverso questi sistemi di etichettatura può dimostrare veramente la fiducia riposta nella sostenibilità, può aiutare nel dare una possibilità all’ambiente, migliorando di riflesso la qualità di vita di ogni cittadino e, perché no, può contribuire all’evoluzione costante di questo importante settore che sta assumendo sempre più uno dei ruoli di protagonista tra le attività leader del futuro.

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Villa Oretta oltre le storie la Redazione

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aramente nel nostro mestiere di “vagabondi” del gusto, capita di trovarci immersi in una storia che abbiamo voglia di raccontare e che, per una sua forza di attrazione, si lascia quasi raccontare da sé. In questi tempi un po’ bui, in cui anche il raccontare è troppo spesso schiavo delle legge della domanda e dell’offerta, val bene la pena di scoprire un’isola felice. Anche il luogo (Cortina), sembra

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complottare in questa direzione. Si, la chiacchieratissima Cortina, con il suo bagaglio di gossip e di celebrità, ma, anche e soprattutto, con l’incantevole paesaggio della conca ampezzana. Vi sarà una ragione per la quale Indro Montanelli si accostava al ristorante di Villa Oretta, al ristorante da Ferruccio (come molti lo ricordano ancora), con quel suo fare eternamente sospeso fra l’ironia e la serietà.

Già perchè Ferruccio Bocus, venezianissimo rappresentante di una altrettanto venezianissima famiglia, pensò di aprire in Cortina, più di 30 anni orsono, il ristorante Villa Oretta, ristorante con qualche camera, come recita testualmente ancor oggi il testo di presentazione del sito. Ferruccio quando apre Villa Oretta è già un esperto conoscitore dell’arte dell’ospitalità: ha iniziato a lavorare a 14 anni,


maturando esperienze importanti in hotel europei di ampia fama. Tutti, chi più chi meno, registriamo in modo indelebile le esperienze umane e professionali che la vita ci offre: pochi sanno capitalizzarle e trasformarle in cultura imprenditoriale. Già, perchè il mestiere dell’albergatore e del ristoratore, è splendido e maledetto al tempo stesso. Nel dna di Ferruccio propensione all’ospitalità e savoir faire, sono ben rappresentati. Così Villa Oretta non tarda a diventare un punto di riferimento e di incontro, colto e raffinato, dove si può venire per vivere bene. Il messaggio che Ferruccio consegna al figlio Piero è denso di valori immateriali, che qui ancor oggi respiri, assieme alla buona aria di Cortina. Piero è cresciuto ad una scuola di primo livello. Verrebbe da dire, semplicemente, la scuola della vita,senza per questo scadere in quadretti di deamicisiana memoria. Vi è un certo vezzo nel raccontare queste storie. Quello di indulgere sugli aspetti sensazionali, inediti di un personaggio e della sua vita. Niente di più sbagliato. Almeno, qui,a Villa Oretta. Le persone importanti, la cucina di altissimo profilo, la cortesia mai untuosa e ingombrante, sono i tratti quotidiani di questa realtà, che Piero ha saputo mantenere, con naturalezza e senza forzature. La cucina: bel capitolo. Il ristorante è un luogo no- stop per chi ha voglia di un pizzico di sorridente venezianità. Due eleganti sale con ampie finestre che danno sulla vasta vallata della conca ampezzana, sembrano suggerire eleganti cene a lume di candela: la bella terrazza soleggiata e particolarmente riparata invita a divertenti pranzi. La cucina si ispira alle origini veneziane

Le persone importanti, la cucina di altissimo profilo, la cortesia mai untuosa e ingombrante, sono i tratti quotidiani di questa realtà, che Piero ha saputo mantenere, con naturalezza e senza forzature.

della famiglia Bocus. Si inizia con i “cicchetti” misti (ovvero stuzzichini caldi) per antipasto, passando poi al famoso baccalà mantecato con polenta alla griglia, ai tagliolini gratinati allo speck, ai risotti per tutti i gusti e al fegato alla veneziana, per i palati più fini! Senza dimenticare il pesce sempre presente nel menù, come gli scampi al curry con il riso pilaf e tanti altri piatti speciali. I dolci non mancano di forte personalità. Dioscoride, un medico greco del I sec. d.C., parlando degli effetti benefici del vino da tavola: «Il vino bianco sottile è utile allo stomaco, il nero e grosso nutrisce le membra. Ogni vino, puro e sincero, riscalda e si digerisce facilmente, rigenera le forze, fa dormire, fa buon colore. È cosa veramente salutare bagnare il cibo con un poco di vino». La Cantina di Villa Oretta ospita e propone vini rossi e bianchi, internazionali, italiani e francesi, passiti di varia origine e bollicine con metodo classico e champagne. “I” Bocus (si, perchè a Villa Oretta ha fatto ormai capolino la terza generazione, con le figlie di Piero), hanno saputo costruire un luogo dei desideri autentico,dove il tempo passa senza accorgersene, perchè il buon e bello vivere ci regala, semplicemente, felicità!

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GARIBALDI e la mensa essenziale La Redazione

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orse pochi sanno che l'eroe dei due Mondi aveva abitudini alimentari semplici ed essenziali. Sopra alla sua mensa spiccavano rustiche zuppe di verdure e legumi, stoccafisso, salame, formaggio, fichi secchi, anche se non disdegnava preparazioni come le “trenette al pesto”. Le gallette da marinaio con uva passa sembra che fossero il dessert preferito dal generale, e i “Biscotti Garibaldi”, squisite gallette con uva passa ancora oggi in vendita nei grandi negozi inglesi, sarebbero ispirati proprio a questa sua golosità. Il pesce cotto appena pescato, condito con il solo sapore del mare era una costante della sua tavola. Egli amava mangiarlo anche crudo, come sappiamo da un

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ricordo di Clelia che descrive il padre a Caprera intento a gustare scampi, ancora gocciolanti d’acqua salata, su un pezzo di giornale come tovaglia. Quelli furono anche gli anni nei quali, dopo i trionfi della spedizione dei Mille, Garibaldi si dedicò all'agricoltura ed apicoltura, definita da lui stesso “occupazione prediletta”, in una lettera indirizzata al Presidente della Società Italiana di Apicoltura. E stando alle numerose testimonianze scritte successive al 1860, considerava se stesso non solo un uomo d’armi ma anche un qualificato agricoltore, come testimonia la figlia Clelia nel suo dal diario con una bella immagine che ritrae il famoso condottiero in questa

veste, e scrive: “M’era tanto caro aiutare Papà in qualche lavoretto. Ero io, per esempio, che, nella stagione invernale, portavo il miele alle api. D’inverno, senza fiori, nelle arnie si fa la fame. Io entravo con due piattini, uno per mano, ripieni del dolce nettare e li posavo vicino alle arnie, non senza un vago senso di paura per le tante api che mi svolazzavano intorno”. In questo senso, alcuni cronisti ritengono che la "spedizione dei Mille” in effetti abbia anche contribuito alla diffusione della pasta in tutta la penisola. Massimo Montanari, autore del "Convivio oggi: storia e cultura dei piaceri della tavola nell'età contemporanea", a proposito di Garibaldi riporta questa cronaca. Nella pubblicazione “Il ventre di Milano" del 1888, opera collettiva per illustrare la vera fisiologia della capitale morale d'Italia si legga la cronaca di un pranzo allestito a Pavia, in tutta fretta e con qualche problema organizzativo, per la venuta di Garibaldi. “Era il 1866, al tempo degli entusiasmi per Garibaldi…I pavesi un giorno vengono a sapere che il grand'uomo doveva venir nella loro città a trovare la madre di Cairoli, e organizzano il banchetto…. A tavola erano quattrocento, nella grande sala a primo piano dell'albergo dei Tre Re di proprietà del signor Pietro Galli. Nel menu... ci dovevano essere tra gli altri piatti del branzino in bianco e delle pernici in salmì…. Ma dove si pigliano lì per lì dei branzini e delle pernici per quattrocento garibaldini, giovani pieni di valore ma anche di appetito? C'era in quel tempo a Pavia il signor Federico Carini, uno de' più strenui camerieri di albergo e di restaurant ch' io conosca, capace di servire quaranta persone, disperse in molti tavoli, da solo…il Pico della Mirandola dei camerieri…e fu chiamato dal Galli, il quale gli confidò d'aver preparati sessanta piccioni e venti fra trote e lucci, che dovevano passare per pernici e per bran¬zini…pure pensando che il trucco si doveva farlo a Garibaldi, il Cerini sulla prima reagì…Il tempo stringeva, e per quattrocento persone ci volevano almeno sessanta pernici. E si sa bene che non si trovano sempre lì covate e a giusto punto sessanta pernici. Di teste e di code perniciose invece v' ha sempre buona scorta negli alberghi. Vada dunque pei piccioni. Tanto il salmì saprà far miracolo. Si è cuochi o non si è cuochi? Garibaldi del resto non ne toccò. Egli mangiò due fettine di prosciutto, un'aringa, e un po' di luccio-branzino. Rifiutò tutto il resto. Il pranzo costò ai sottoscrittori ottocento lire”…!”


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UNA VALLE DAI SAPORI ANTICHI Salvatore Longo

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ra i molti splendidi piccoli angoli sconosciuti del nostro Paese merita senz’altro attenzione la Valle di Scalve - racchiusa tra Valtellina, Val Camonica e Valseriana - che ha conservato il fascino dell’incontaminato grazie alle grandi difficoltà - fino a un passato non remoto - per raggiungerla. Se oggi infatti basta percorrere la bella strada che porta al Passo della Presolana, in passato la principale via d’accesso (ancor oggi esistente, ma messa in sicurezza con molte gallerie) era denominata Via Mala per gli orridi sul fiume Dezzo - profondi anche 90 metri - che la costeggiavano. Dei quattro comuni che costituiscono il comprensorio di Scalve (Azzone, Colere, Schilpario e Vilminore) è Azzone l’insediamento più antico. La riserva naturale del Parco del Giovetto (circa 650 ettari), che in parte si sviluppa nel territorio comunale, è una ‘chicca’ paesaggistica e meta raccomandata agli appassionati di insetti a causa della presenza di una rara tipologia di formiche: le rufe la cui caratteristica è costruire nidi molto appariscenti che possono raggiungere due metri di altezza, diversi metri di diametro e ospitare anche un milione di esemplari. A Schilpario, il comune più alto (1135 m.), esiste la possibilità di visitare le miniere di ferro - ora abbandonate - che dai tempi dei Romani fino

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alla seconda metà del 1900 sono state fondamentali per la locale economia. Percorrere gli antichi cunicoli che si aprono in improvvisi ambienti dalle volte alte come cattedrali è emozionante così come pensare che quei ‘sentieri’ nel monte sono stati percorsi nei secoli da migliaia di uomini, mentre è drammatico scoprire che le prime migliorie furono opera della Serenissima Repubblica di Venezia cui si devono nel 1488 la prima legge mineraria e nel 1600 l’uso della polvere nera. Tecnica che incrementò in quantità le estrazioni, ma non migliorò le condizioni né dei minatori né dei purtì (ragazzi tra gli 11 e i 15 anni) che trasportavano il minerale estratto a spalle su per gli angusti cunicoli. Solo intorno al 1930 furono introdotte tecnologie più moderne. L’estrazione era poi completata con l’attività di fusione che si svolgeva in prossimità della miniera. Oltre alle miniere di ferro ve ne erano di barite e di f luorite. Una storia che oggi si può rivivere nei locali musei, intelligente testimonianza di un passato che non deve essere dimenticato. L’offerta museale della Valle è completata da un Museo faunistico a Vilminore, dal Museo dei minerali (presso l’hotel San Marco a Pradella di Schilpario) con una rara raccolta di minerali e di fossili e dall’Alboreto alpino: oltre 6.000 mq

lungo la valle del Gleno (a Vilminore) in cui sono presenti le circa 92 specie di alberi della Valle. Un’area con campioni e schede tecniche ne completa l’aspetto didascalico. Infine la Foresta Valle di Scalve può essere attraversata percorrendo la strada pianeggiante che dal Passo della Presolana raggiunge il Colle Vareno attraverso un susseguirsi di panorami mozzafiato: il Salto degli Sposi, le Falesie del Monte Scanapà, le panoramiche balconate rocciose a picco sulla Via Mala e le rocce fossili dei Monti Lantana e Pora. Anche per gli appassionati degli sport invernali e del trekking vi sono molteplici, affascinanti possibilità: una pista di fondo fra le piante secolari dell’abetaia di Schilpario, a Colere le piste di discesa partono dai 2.200 m. per svilupparsi tra i larici, e inoltre sentieri tra boschi, alpeggi e laghetti di montagna e il bosco di tassi (uno dei pochi sopravvissuti) di Vilminore, il paese che - sito al centro della Valle - fin dai tempi dei Romani (vi avevano fondato un presidio oggi testimoniato dall’area archeologica castèi sulle pendici del monte Tornone) rappresenta il principale centro amministrativo. Senza dimenticare il complesso termale di Angolo immerso in un parco alla sinistra del fiume Dezzo. Per il gourmet la Val di Scalve presenta solo l’imbarazzo della scelta: sono


Grande protagonista è ovviamente la polenta: tra i piatti più comuni (e saporiti) quello in cui si sciolgono formaggio e burro nella polenta di mais accompagnandola con cotechini, salsicce e cacciagione o quello in cui la polenta è tagliata a fette dopo averla coperta con taleggio e condita con burro e salvia. molti infatti i ristoranti in cui poter gustare le ricette della tradizione fatte rivivere coniugando gli antichi sapori con le esigenze delle attuali abitudini alimentari. Sono piatti semplici e gustosi - quasi immagine della ‘riservatezza’ della valle - come i capù (foglie di verza ripiene di pane, carne e aromi, cucinate in umido), i casunsei (ravioli di magro - tipici dell’area bergamasca - il cui sapore e composizione variano secondo i comuni). i tortelli rustici al capriolo (pasta di grano saraceno e integrale con ripieno di capriolo in salmì) e gli gnocchi del malgbés. Merita da sola un ‘pellegrinaggio’ la spalla (piatto tipico di Schilpario): un insaccato dal gusto antico ottenuto conservando metà del muscolo della spalla del suino in una salamoia aromatizzata e, raggiunto l’insaporimento ottimale, messo nel budello e appeso. Si consuma cotto bollendolo per circa tre ore dopo averlo immerso in acqua fredda. Da ricordare inoltre i piatti di cacciagione e la galinö ‘mpinidö (gallina ripiena di carne tritata, pane, formaggio, uova e prezzemolo e bollita su fuoco di legna per almeno tre ore). Grande protagonista è ovviamente la polenta: tra i piatti più comuni (e saporiti) quello in cui si sciolgono formaggio e burro nella polenta di mais accompagnandola con cotechini, salsicce e cacciagione o quello in cui la polenta è tagliata a fette dopo averla coperta con taleggio e condita con burro e salvia. E ancora il sipulì (antica colazione di boscaioli e minatori): fette di pane bagnato di vino su cui si versa olio extravergine e si spolvera zucchero. Due i dolci principali: la schisada (torta rustica) e la smaiasa (torta di farina di mais con pere e mele). Grandi i prodotti caseari: burro e formaggi (ottenuti esclusivamente

da latte di mucche allevate in zona e alimentate con fieno) conservano gli aromi dei pascoli, come la formaggella (a pasta morbida) dal sapore deciso e delicato, utilizzata anche in cucina per preparare il risotto alla scalvina o cotta alla piola (sottilissima piastra di ardesia) o usata (invece della mozzarella) per la pizza scalvina insieme ad altri ingredienti che variano con il luogo e la stagione. E inoltre la ricotta (in dialetto mascherpö), il fiurìt (il fiore della ricotta ottenuto dalla scrematura del latte intero), lo stracchino e un formaggio grasso e magro da fare alla piastra. Una ‘chicca’ sono le ‘recuperate’ patate di Pradella che per la loro bontà e particolarità avevano entusiasmato Veronelli. Si tratta di patate (strettamente legate alle caratteristiche del terreno di Pradella: a Schilpario - a 2,5 km. - sono diverse) molto croccanti (da crude), a buccia lievemente rossa, molto sottile. Particolarità che consente di bollirle con la buccia. Trattandosi di una specie notevolmente asciutta necessita di molta acqua e tempi di cottura lunghi. È ideale per fare gli gnocchi e da mangiare lessa come contorno della spalla o dei formaggi. Altra particolarità della zona è l’uso in cucina di erbe spontanee e a volte di fiori come la calendula, i fiori di borragine, i fiori e i frutti del sambuco e in primavera le pratoline. Anche in cucina quindi la Val di Scalve è un piccolo gioiello da scoprire e ‘delibare’ con serena lentezza.

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Friuli Via dei Sapori Un cenacolo in cui non si fa solo “da” mangiare, ma si rif lette “sul” mangiare

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n mix di sapori e profumi, frutto di contaminazioni etniche e culturali: dalla montagna al mare, passando per le città d’arte e le colline famose in tutto il mondo per i loro vini eccellenti, la cucina del Friuli Venezia Giulia è straordinariamente ricca, fatta di mille sapori che si intrecciano e si sovrappongono. Portabandiera del livello di assoluta eccellenza della gastronomia regionale sono i ristoranti di Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori che, dai monti della Carnia al mare di Muggia, Trieste e Grado propongono quanto di meglio offre questa splendida terra dove si incontrano e si fondono tre grandi tradizioni culinarie, quella mitteleuropea, quella slava e quella veneta. Questa varietà si rispecchia anche nei piatti assolutamente unici dei 20 ristoranti associati: Ai Fiori di Trieste, Al Ferarùt di Rivignano, Al Grop di Tavagnacco, Al Lido di Muggia, Al Paradiso di Paradiso, Al Ponte di Gradisca d’Isonzo, All’Androna di Grado, Campiello di S. Giovanni al Natisone, Carnia di Venzone, Cristofoli di Treppo Carnico, Da Nando di Mortegliano, Da Toni di Gradiscutta, Devetak di San Michele del Carso, Là di Moret di Udine, Là di Petròs di Mels, La Primula di S. Quirino, La Subida di Cormòns, La Taverna di Colloredo di M.Albano, Sale e Pepe di Stregna, Vitello d’Oro di Udine. Insegne di assoluta eccellenza nella cui cucina si mescolano sapientemente tradizione e innovazione, per lo più con una notevole storia nel settore della ristorazione alle spalle. A unirle è la garanzia di una cucina eccellente, stuzzicante fil rouge per un goloso itinerario del gusto in Friuli Venezia Giulia. Al piacere della tavola - e di gustare piatti ed interpretazioni sempre diverse - si uniscono poi la calda atmosfera degli ambienti e una cura particolare nell’accoglienza. Cucina rigorosamente stagionale quella dei ristoranti di Friuli Via dei Sapori,

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preparata con prodotti del territorio che gli chef contribuiscono a valorizzare, in un’ottica di promozione delle materie prime di altissima qualità e di recupero di prodotti di nicchia e lavorazioni tradizionali, che altrimenti a volte sarebbero state destinate a scomparire. Attraverso i loro piatti, in un’ instancabile ricerca di prodotti di caratura elevatissima, gli chef (che per lo più sono anche i proprietari dei locali) desiderano raccontare la propria terra e le molte contaminazioni storiche e culturali che la rendono unica. Informazioni dettagliate e curiosità su ristoranti e ricette si possono reperire sul sito www.friuliviadeisapori.it o su

Informazioni dettagliate e curiosità su ristoranti e ricette si possono reperire sul sito www. friuliviadeisapori.it o su un’agile brochure che può essere richiesta gratuitamente alla segreteria di Friuli Via dei Sapori. un’agile brochure che può essere richiesta gratuitamente alla segreteria di Friuli Via dei Sapori. Per l’estate sulla tavola figurano pesci, crostacei, fresche verdure e formaggi di malga minestroni di fagioli, freschi e verdure dell’orto, fagiolini con ricotta e salsiccia, la frittata di zucchine e fiori di zucchina con la menta, le sarde in savor, i sardoni barcolani fritti, piselli dell’orto, salame con l’aceto e la polenta tenera. In autunno i grandi protagonisti della tavola sono invece i funghi di montagna, con i formaggi di malga e i grandi salumi friulani (fra le prelibatezze, Funghi porcini alla piastra su foglia di vite, Tagliolini con farina integrale ai porcini freschi, Tortino di polenta con galletti, Funghi porcini al rosmarino con Montasio Stagionato), in inverno le carni e la cacciagione, in primavera gli asparagi bianchi di Tavagnacco e Fos-

salon e le erbe di campo in tutte le loro declinazioni e suggestioni, giocate sia con il pesce che la carne, nelle zuppe e nei risotti (uno su tutti: risotto di erbe aromatiche e sclòpit,la silene). “ Queste stelle del firmamento gastronomico del Friuli Venezia Giulia spiega Walter Filiputti, presidente del Consorzio Friuli Via dei Sapori - hanno dato vita a un cenacolo incentrato sul rispetto delle tradizioni locali e sul loro rinnovamento. Un cenacolo dove lo scopo non è solo quello di “fare e dare da


mangiare”, ma anche di proporre, di raccontare, di illustrare e far comprendere la storia che sta dietro ai piatti che vengono serviti al tavolo”. “Non banalizzare la tradizione e non rifiutare l’innovazione, capace di stimolare la tradizione stessa sono temi attualissimi nell’evoluzione della nostra cucina: debbono essere affrontati e dibattuti, ma per farlo hanno assoluta necessità di “filosofi”, di teste pensanti che sappiano mettere “sul fuoco” i vari ingredienti - continua Filiputti - Questa è la strada che stiamo percorrendo”. Le eccellenze Al percorso gastronomico di Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori si sono affiancati anche 20 vignaioli, delle eccellenze nel settore agroalimentare e degli artigiani del gusto : insieme, il gruppo è il portabandiera di quanto di meglio offre a tavola il Friuli Venezia Giulia. I 20 vignaioli: a Capriva del Friuli Schiopetto, Villa Russiz, Castello di Spessa; a Cormòns Edi Keber e Livio Felluga; a Corno di Rosazzo Eugenio Collavini; a Dolegna del Collio Venica & Venica; a Gradisca d’Isonzo Marco Felluga; a Ipplis Ermacora; a Manzano Giorgio Colutta; a Oslavia Primosic; a Sacile Vistorta; a Ontagnano Gonars Di Lenardo Vineyards; a Prepotto Petrussa; a Rosazzo Ronco delle Betulle; a S. Floriano del Collio Il Carpino; a

S. Giorgio della Richinvelda Forchir; a S. Giovanni al Natisone Livon, a Villanova di Farra Jermann e Tenuta Villanova. Le eccellenze dell’agroalimentare: salumi d’oca di Jolanda de Colò di Palmanova; il prosciutto Principe di San Daniele; le golosità a base di trota di Friultrota di San Daniele; il Montasio del Consorzio per la tutela del formaggio Montasio; le grappe e distillati di Nonino di Percoto; il caffè di Orocaffè di Udine; QM, i magnifici coltelli di Maniago. E ancora :Della Negra sorbetti d’autore a Mortegliano; Friultrota, Schianchi Ar-thè confetture ed infusi di erbe a Manzano, Il Forno panificio di Tarcento, Pasticceria Simeoni a Udine, Castellani di Trieste. Le monografie golose Nei ristoranti si possono trovare le pubblicazioni edite dal Consorzio, che contengono preziose proposte culinarie del territorio in formato agile da consultare, ma dettagliate e puntuali: tra queste “Radicchio di Gorizia & Radicchi”, primo volumetto della collana Monografie golose, a cui hanno fatto seguito “La polenta – nobiltà contadina”, con 24 gustosissime ricette, “Brovada, fagioli e verze” e “Un Friulano da amare”dedicato a uno dei vini portabandiera della Regione, che fino a poco tempo fa era il Tocai, ora Friulano.

Informazioni: Friuli Via dei Sapori Vl. Duodo 5, 33100 Udine Tel. 0432538752 Fax 0432 538735, info@friuliviadeisapori.it, www.friuliviadeisapori.it Ufficio Stampa: AGORA’ di Marina Tagliaferri web: www.studio-agora.it e-mail: agora@studio-agora.it tel: +39 0481.62385 fax: +39 0481.630339

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Cannate e Conca simboli ciociari

CIOCIARIA da scoprire e gustare R

iconoscere la vera identità del territorio, valorizzare e privilegiare soprattutto chi, nell’enogastronomia e nel turismo del gusto, lavora con tenacia e qualità nel rispetto di prodotti autentici e piatti genuini, sfatare quell’immaginario collettivo, non sempre esaltante, che a volte viene riferito alla Ciociaria ed alla sua gente: ecco tutto questo, con buon gusto e buon senso, è il messaggio prioritario del Consorzio Turistico Terre Ciociare (di recente

Crespelle ciociare

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allargato anche alle Terre Pontine), con un grande ed importante progetto di valorizzazione, promozione e conoscenza. Una serie di iniziative con veri week end dei Sapori Ciociari in cui è possibile degustare piatti tipici con esclusivo uso di prodotti genuini del territorio ed a costi di grande buon senso, insieme a musica e cultura di altissimo livello. Come nelle recenti collaborazioni per le manifestazioni gestite dalla società Mediatica durante le giornate di Vivi Veroli in stretta collaborazione con l’Amministrazione Comunale; o durante la XXV° edizione del famoso Atina Jazz Festival seguito dal Demo Jazz Award di Cassino in collaborazione con Radio 1 Rai. Ed ancora, il 4 e 5 settembre a Pontecorvo per la tutela e valorizzazione delle tipicità locali (primo tra tutti il famoso e squisito Peperone cornetto Dop di Pontecorvo) coadiuvando le iniziative dell’Amministrazione Comunale, della Pro Loco e Associazione “Gusto&Buonsenso, in occasione sia della rinnovata edizione di “Sapori di Contrade” che per il lancio dell’Associazione nazionale “I Borghi del Ponte” che avrà sede nella cittadine pontecorvese. Quindi a Fiuggi dal 10 al 12 settembre con la nuova fiera-evento “Tentazioni di

Bruno Sganga

Cioccolata” prima ed unica manifestazione dedicata al cibo degli dei in Ciociaria, con incontri, laboratori, e speciali degustazioni. Dunque, progetti precisi per valorizzare le migliori risorse enogastronomiche e turistiche del territorio ciociaro, qualcosa che si protrarrà nel tempo ed aperto al contributo di tutti i ristoranti, agriturismi ed aziende del settore che vogliono prendere spunto da questa iniziativa convinti della sua forte efficacia. Un percorso, iniziato ancora prima dello scorso 2009, quando ha visto impegnati, con il Press Tour, 25 giornalisti della stampa nazionale ed estera specializzata, coinvolti in un itinerario estremamente curato e rappresentativo, e tutti affascinati dalla provincia di Frosinone, a loro quasi del tutto sconosciuta. Ed a seguire, con alProtagonisti ciociari


Castro dei Volsci, borgo ciociaro

Miss Ciocia d’Oro

San Donato Val Comino

Ma anche con tante tipicità di pregio e gusto tra cui un raro e preziosissimo Pecorino di Picinisco, la Marzolina di Esperia, l’ incredibile Grancacio di Morolo, le mozzarelle e ricotte di bufala Dop campana di Amaseno, lo speciale prosciutto di Guercino e la buonissima salsiccia di Roccasecca.

cuni momenti di anteprime stampa con la consegna (ad oltre cento tra ristoranti ed agriturismi selezionati dalle rispettive associazioni di categoria) sia d’un ricco materiale illustrativo a disposizione dei clienti (con importante campagna pubblicitaria d’appoggio) che d’un cestino esemplare di prodotti ciociari, quale invito ad una sinergia più forte tra la produzione agroalimentare e l’anello di congiunzione (ristoranti ed agriturismi) verso il consumatore finale, proprio come in una filiera determinata e vincente. Per quanto riguarda il vino, protagonisti sono soprattutto il Cesanese del Piglio ed il Cabernet di Atina, e quindi la bella conferma del bianco Passerina Igt e la riscoperta dei vigneti a Monticelli d’Esperia. Il Cesanese del Pilgio quale DOCG prodotto su tutto il territorio di Piglio e Serrone ma anche nelle confinanti Acuto, Anagni e Paliano, da un vitigno laziale di antichissima tradizione e già molto apprezzato al tempo dei Romani, ed oggi nelle due versioni Cesanese del Piglio o Piglio Superiore. Vino d’un rosso rubino dal sapore morbido, appena gradevolmente amarognolo e secco,

con un profumo intenso di note floreali e fruttate, armonico e di buona struttura. Quindi, il Cabernet di Atina Doc, nelle sue varie tipologie, con una tradizione di oltre 140 anni, un grande bagaglio di aromi vegetali, sentori persistenti di frutta a bacca rossa e peperone verde, dal colore rosso rubino con riflessi violacei e brillanti, un gusto pieno, di corpo e di ottima persistenza in bocca. Ma anche le tante tipicità di pregio e gusto tra cui un raro e preziosissimo Pecorino di Picinisco, la Marzolina di Esperia, l’incredibile Grancacio di Morolo, le mozzarelle e ricotte di bufala Dop campana di Amaseno, lo speciale prosciutto di Guercino e la buonissima salsiccia di Roccasecca. Dalla terra, con l’ottimo Peperone Dop, il cosiddetto cornetto di Pontecorvo (digeribilissimo!) ed il Fagiolo Cannellino Dop di Atina (grandioso con il tipico piatto di sagne e fagioli), o la Visciola dei Monti Lepini (trasformata vinosamente nello specialissimo Ratafia da fine pasto). Sottolineando anche il Tartufo di Campoli Appennino e di San Donato Val Comino (splendidi luoghi anche del turismo inver-

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Locanda del Castello

Donne e vini di Ciociaria all’Enoteca Celani

Locanda Mingone

Locanda del Ditirambo Ristorante e Albergo Dif fuso

nale), l’olio extravergine ciociaro, la trota del Fibreno, insieme a pani straordinari e ciambelle al vino, per non dire dei diversi tipi di squisiti Torroncini di Alvito, della casata pontecorvese o del Pane di Veroli insieme alle sue famosissime crespelle e ciammelle ritorte! Una forte promozione in continuo divenire (promossa anche negli spazi del famoso Outlet di Valmontone) con i week end dei Sapori Ciociari in cui è possibile degustare piatti tipici con esclusivo uso di prodotti genuini del territorio ed a costi di grande convenienza e buon senso. Tutti segnali d’un territorio capace di trasmettere il gusto del buono (non quello di moda, ma quello vero e trasversale, cioè per tutti), del bello con tutte la sua cultura magnificamente rappresentata anche nei famosissimi monasteri ed abbazie di estremo pregio (Montecassino, Casamari e Trisulti a nome dei tanti), e dunque d’una certa qualità della vita capace di lasciare una traccia profonda verso un turista attento, colto e

Pane e ciambelle ciociare

Fabio Campoli al Ristorante Primavera Sagne ciociare e fagioli Cannellini Dop di Atina

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Musica e gusto ad Atina Jazz Festival


Consorzio Turistico Terre Ciociare al Vinitaly

Pontecorvo

Chef di gustociociaria al Vinitaly Roccasecca a Mattina in Famiglia

Progetto Viveroli

Prodotti tipici ciociari a Simone Cristicchi

incline alle emozioni più autentiche. Un progetto proseguito con ulteriori ed autonome iniziative del Consorzio (terre ciociare@gmail.com), già autore con la FIPE del Ristorante Tipico della Ciociaria, ed in stretta collaborazione con l’Unione Commercianti di Frosinone e provincia e l’IPSSAR di Fiuggi. Insieme ad iniziative specifiche come il Premio enogastronomico “Tavole di Terre Ciociare”, il team di giovani chef “Gustociociaria” per promozioni ed esibizioni, i progetti di “Tavole Santissime” e “Il Mare in Ciociaria”, anche in collaborazione con le vicine terre pontine della provincia di Latina, e la speciale presenza al Vinitaly di Verona ed altre importanti fiere del settore. Il tutto sostenuto da una forte azione mediatica grazie alla collaborazione con Rai 3 regionale, gli altri importanti media del territorio ed a breve con la trasmissione televisiva “La Verità nel Piatto” in collaborazione con Extra Tv per le provincie di Frosinone, Latina e la zona di Roma sud.

IPSSAR di Fiuggi

Elementari Paola Sarro A scuola con lo chef

Memorableeventi a Fiuggi

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A Collalto, le Due Torri si fanno ristorante I

l borgo di Collalto ci ha sempre attratto. Sarà per la leggenda di Bianca, sarà che è per davvero a misura d’uomo, sarà che i nostri luoghi del desiderio assomigliano sempre più al verde incantato di queste colline, sarà…. Oggi ci ritorniamo ancor più volentieri, da quando Filippo ha restituito a nuova vita lo splendido ristorante con terrazza, che anima il borgo antico. Filippo ha sempre avuto la passione per la cucina. Non ci ha messo molto a trasmettere al ’suo’ ristorante Due Torri la sua conclamata semplicità (da non confondersi con il semplicismo), ed ispirare così una cucina tutta intrisa di storia e di tradizioni. Qui va alla grande lo spiedo (siamo nella Sinistra Piave), con ortaggi e verdure di stagione e una scelta,coraggiosa, di vini poco cono-

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sciuti, frutto della ricerca, paziente e certosina, che Filippo fa, per distinguersi in eccellenza. Già perché quello che manca sempre di più ai nostri ristoratori ( e ci dispiace dirlo), è la sana curiosità che li dovrebbe portare a fare la spesa tutti i giorni, a rintracciare gli sforzi di vignaioli giovani e valenti che propongono vini eccellenti. Tutto questo al ristorante 2 Torri è quotidianità.……. E speriamo che Filippo continui così! la Redazione

Ristorante Due Torri Via Collalto centro Collalto di Susegana (Tv) tel. 0438.987170 cell. 366.4885214 chiuso il mercoledì sera e giovedì tutto il giorno


NUVOLE FRITTE Nuvole fritte è il notiziario di informazioni veloci ed utili, su eventi, comunicazioni aziendali, presentazioni, fiere e ns. informazioni. Tutto in modo molto leggero come le “nuvole fritte” (citando la pasta cresciuta e poi appena fritta con un pizzico d’alga all’ interno) così chiamate dal grande scrittore e sceneggiatore Giuseppe Marotta, partenopeo e milanese… a cura della redazione

Castelbuono: gli Amici di PerBacco nel paese DiVino U

n titolo che potrà sembrare un errore, e che invece racchiude le belle avventure (ma di quelle che durano nel tempo) di cui è capace quell’Italia di appassionati del buon gusto con buonsenso, ed in grado di valorizzare territori apparentemente poco noti. Castelbuono è un comune siciliano a pochi chilometri dal mare, sulla collina ai piedi delle Madonie in una piacevolissima vallata abitata già nel neolitico e ricca di memorie greche, romane, arabe e bizantine. Con testimonianze storiche di rilievo come il castello dei Ventimiglia, il Museo civico e la Chiesa Maria Santissima Assunta “Matrice Vecchia”. Un paese dove l’artigianato è ancora molto fiorente (pur se alcune forme sono ormai estinte) con rinomati e apprezzati lavori in legno e ferro battuto, l’artigianato femminile dei ricami, merletti e lavori in tessitura. Ma soprattutto un’enogastronomia di spessore sia per prodotti tipici artigianali dolciari, ma non solo, che con l’affermazione ed il prestigio raggiunti da alcune aziende vinicole ed olearie i cui prodotti, di altissima qualità, vengono esportati in tutto il mondo. Senza dimenticare che è un rinomato centro per la produzione della rarissima Manna, un lassativo ottenuto dall’incisione della corteccia del frassino. In questo clima l’associazione “Amici PerBacco” realizza l’evento

“Castelbuono Paese DiVino” che, ormai giunto al quarto anno, combina arte, cucina, vino e musica creando un’atmosfera suggestiva, unica e particolare. Infatti, si è passati dalla 4 cantine del primo anno alle oltre cento tra aziende ed operatori vari dell’ultima edizione, per un’iniziativa che aspira ad una formazione culturale, anche con figure professionali di particolare rilievo, ma soprattutto con l’intento di far cogliere le grandissime qualità olfattive ed organolettiche dei diversi prodotti e nel rispetto del loro terroir d’appartenenza. Il tutto grazie all’encomiabile opera e passione del Presidente dell’associazione Dario Guarcello e dell’infaticabile Vicepresidente Matteo Turrisi

che con i loro associati sanno coinvolgere aziende vitivinicole siciliane di pregio, ottimi olivicoltori, ed aziende zootecniche insieme a tante altre realtà capaci di valorizzare tutto il territorio, sia con notevoli degustazioni che con alcuni incontri e convegni di pari rilievo. Ma quello che maggiormente colpisce è l’atmosfera che si crea e che non ha eguali, nel senso di realizzare giornate che sono un vero ritrovo di amici fra vini, formaggi, olio e cucina alla lampada, pur passando tra trofei, gare ed incontri di vario tipo. Qualcosa di speciale tra passione ed emozione, quelle genuine, senza ricorso alle mode sfrenate od ai falsi miti dei soliti noti. B.Sganga

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NUVOLE FRITTE a cura della redazione

La Parenzana, un percorso panoramico a Grisignana, in Istria A pochi passi da Grisignana, ci si puo' incamminare su un percorso panoramico, la "Parenzana", che prende il nome dall'antica ferrovia Austro-Ungarica che collegava Trieste a Parenzo dal 1902 al 1935, lunga 123 Km, passando per Muggia, Scoffie, Capodistria, Portorose, Sicciole, Salvore (Savudrija), Buie (Buje), Grisignana (Grožnjan), Levade (Livade), Montona (Motovun), Visinada (Vižinada) e Parenzo (Porec). Una ferrovia ormai scomparsa che ha lasciato il posto ad un sentiero panoramico tra le caratteristiche colline Istriane. Basta trovare uno dei cartelli di segnalazione, e seguirli lungo tutto il percorso...Non resta che avviarsi nella scoperta del paesaggio dell' entroterra istriano con diverse gallerie e ponti che danno un tocco

di eleganza al sentiero. La maggior parte delle gallerie sono brevi, senza particolari difficoltà nel superarle, tuttavia nella tratta tra Piemonte (Završje) e Portole (Oprtalj), ad una decina di chilometri da Grisignana ci si imbatte nella galleria "Freski" di 146 m. ove è bene munirsi di torcia elettrica se si desidera avventurarsi sino a Portole. (www.groznjan.org/Grisignana/ Parenzana.php). E vicino a Grisignana si può visitare l'agriturismo Monticello della famiglia Pincin dove vivere e assaporare la vera atmosfera dell' entroterra istriano, rilassandosi negli ambienti di una tipica casa istriana con l'atmosfera calda del focolare (Montižel 59, Završje, 52429 Grožnjan Tel: +385 052/ 776 212 Mail: info@ monticello.hr

Splendida ed istruttiva cena spettacolo a Villa Zoppolato A fine luglio, si è tenuto un magnifico appuntamento estivo nella bellissima e rara location della seicentesca Villa Zoppolato a Mogliano Veneto, all’interno del suo parco secolare, dedicata ai “Magnifici 20” di Friuli Venezia Giulia-Via dei Sapori (www. friuliviadeisapori.it), affiancati da 20 vignaioli d’eccellenza e 10 artigiani del gusto, che hanno dato prova del loro estro e delle loro abilità culinarie. Un vero e proprio spettacolo esclusivo ed elegante in cui sono state eseguite creazioni in diretta davanti agli ospiti, in un alternarsi di emozionanti suggestioni culinarie. Ad accompagnare le pietanze (esempi della più alta e innovativa gastronomia del Friuli Venezia Giulia) i pregiati vini dei 20 vignaioli partner del loro percorso di qualità, in un gioco di rimandi e seduzioni fatto di cibi raffinati e grandi vini. Arduo evidenziare i singoli perché ciascuno ha saputo imprimere la propria personalità professionale e creativa con identità personale e decisa. I ristoranti: Ai Fiori di Trieste; Al Ferarùt di Rivignano; Al Grop di Tavagnacco; Al Lido di Muggia; Al Paradiso di Paradiso di Pocenia; Al Ponte di Gradisca d’Isonzo; All’Androna di Grado; Campiello di S. Giovanni al Natisone; Carnia di Venzone; Cristofoli di Treppo Carnico; Da Nando di Mortegliano; Da Toni di Gradiscutta; Devetak di San Michele del Carso; Là di Moret di Udine; Là di Petròs di Mels; La Primula di S. Quirino; La Subida di Cormòns; La Taverna di Colloredo di M.Albano; Sale e

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Pepe di Stregna; Vitello d’Oro di Udine. Con i vini delle aziende: Schiopetto e Villa Russiz di Capriva del Friuli; Castello di Spessa, Edi Keber e Livio Felluga di Cormòns; Eugenio Collavini di Corno di Rosazzo; Venica & Venica di Dolegna del Collio; Marco Felluga di Gradisca d’Isonzo; Ermacora di Ipplis; Giorgio Colutta di Manzano; Primosic di Oslavia; Vistorta di Sacile; Di Lenardo Vineyards di Ontagnano Gonars; Petrussa di Prepotto; Ronco delle Betulle di Rosazzo; Il Carpino di S. Floriano del Collio; Forchir di S. Giorgio della Richinvelda; Livon di S. Giovanni al Natisone; Jermann e Tenuta Villanova di Villanova di Farra. E nel percorso realizzato, anche i profumi e sapori del Friuli Venezia Giulia con protagonisti; i salumi d’oca di Jolanda de Colò di Palmanova, il prosciutto Principe di San Daniele, il Montasio del Consorzio tutela Montasio, le marmellate artigianali e gli infusi di erbe di Ar-thè, le grappe e distillati di Nonino e il caffè di Orocaffè di Udine affiancati da QM, i magnifici coltelli di Maniago. Infine, in degustazione anche le prelibatezze di Della Negra, con i suoi sorbetti d’autore, Il Forno panificio di Tarcento e Pasticceria Simeoni a Udine, insieme al gran finale a sorpresa con dolci estivi, sorbetti, mousse e gelati, interpretati da ciascuno dei 20 chef . Un vero trionfo a cui “Il Gusto Italiano”, che presto dedicherà al Friuli una speciale edizione, ha partecipato con l’esclusiva presenza dell’Editore e del Direttore Editoriale.


TAVOLE LIBERE E AMMUTINATE Marketing, marchette e schizofrenia del gusto nell’immaginario popolare tra ricettari improbabili Sono anni, ormai, che siamo vittime di marchette giornalistiche, superficialità mediatiche e sensazionalismi da centro estetico… Ed essendo la nostra una società che molto si cura dell’apparenza e quasi nulla della sostanza, in un sovvertimento dei veri valori, tipico della “cultura” dell’edonismo, avviene che il gran parlare dei numerosissimi prodotti tipici e genuini di cui l’Italia si fa vanto (spesso rari, di nicchia e ben costosi) in realtà è ancora un obiettivo improbabile, sia nelle tavole dei ristoranti ma, soprattutto, in quelle di casa. Manca un’informazione corretta od una cultura radicata della nostra gastronomia e delle nostre tradizioni? Sicuramente non basta questo enorme e trasversale interesse per l’enogastronomia, ancora troppo legato a mode e griffe di turno e con pochi consumatori capaci di leggere, riconoscere e scegliere la qualità pur se con rispetto verso il buon senso di costi accessibili. Ma quanto veramente giova la stampa di settore (cartacea, web e televisiva) a tutto questo pur con le sue oltre 400 testate (tra riviste e rubriche radiotelevisive, per non contare i siti web), e che negli ultimi tempi registrano anche un calo diffuso della pubblicità e dei lettori? O forse va riconosciuto che buona parte di queste riviste e rubriche si dibattono tra numeri gonfiati e lettori inesistenti, con i giornalisti spesso motivati (dire costretti sarebbe discutibile) a “far marchette” per riuscire a portare pubblicità e sostenitori ai loro giornali e rubriche? E quanto è veramente dedicato con disinteresse economico ed un forte interesse di reale stimolo culturale e conoscitivo al mondo dell’enogastronomia e dell’agricoltura? O forse non saranno proprio il mondo del vino e della gastronomia, con la loro autoreferenzialità, spesso arrogante, ma anche scarsa autorevolezza, a provocare

nel consumatore una sorta di crisi di rigetto dovuta alla sovraesposizione mediatica di questo settore? Non sarà che i consumatori vorrebbero ricevere più notizie alla loro portata piuttosto che apprendere l’ultima performance del cuoco da 150€ a pasto o gli ieratici commenti all’ennesima degustazione di vini impossibili da permettersi, ma fonte delle future gag di Albanese su sommelier & Co? O come certi libri di ricette, spesso anche di non addetti al lavori, privi di quelle attente formule descrittive e prescrittive, che codificano dosi, tempi e modalità di cottura, e che dovrebbero guidare passo passo anche i meno pratici, infallibilmente, alla realizzazione di un piatto? Si tratta sovente di autori quali sedicenti gran gourmet, “maestri di vita conviviale”, che senza alcun titolo (o consistente preparazione) firmano libri di ricette. Sfogliando la letteratura storica del genere, i nomi che hanno legato la loro chiara fama a manuali e ricettari, sono non di rado di persone rispettabilissime, ma assolutamente estranee alla professione di cuochi o enologi, con libri intrisi di indicazioni a dir poco creative, sovente di autori metà giornalisti, commentatori sportivi, critici musicali e cinematografici, o filosofi mancati, per non dire dei vip televisivi! E quasi sempre con pagine e ricette senza un reale tasso d’originalità, ma scopiazzando e, come qualcuno ha fatto osservare, variando le dosi, sostituendo olio allo strutto, scambiando il pepe con il peperoncino, la cannella con la vaniglia, aggiungendo il cappero dove non c’entrava (un cappero..) e così via allegramente. Ingerenze ed incompetenze da ignoranza arrogante, non meno dolosa di articoli o servizi video a sostegno dei sostenitori e sponsor. Certo, abbiamo tutti famiglia, ma un po’ di buon senso e di chiarezza anche

nel fare individuare certe pagine senza cedere alle richieste dell’inserzionista di turno, non guasterebbero. Anche se storicamente è provato che il tempo si incarica di rendere giustizia a coloro che con avvedutezza e professionalità hanno lavorato seriamente in qualsiasi settore, mentre per gli altri l’alternativa è quella di tornare alle origini e finire nel dimenticatoio. Tavole Libere

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L’aglio: il tartufo dei poveri I

l forte odore penetrante e persistente ne costituisce la caratteristica più nota che lo rende inviso a molti, e forse è questo il motivo per cui Shakespeare, in Sogno di una notte di mezza estate, ne sconsiglia l’uso agli attori che devono, dalla scena, indirizzare dolci parole al pubblico…. L’Aglio appartiene alla famiglia delle lilacee e il suo frutto è costituito da tanti spicchi riuniti in un unico bulbo. Originario dell’Asia centrale, l’aglio è stato apprezzato sia come alimento, per il sapore caratteristico che da ai cibi, che come pianta medicinale, per lenire vari tipi di dolori. Una sua prima citazione si trova nel Codex Ebers (1550 a.C.) un papiro egiziano di formule terapeutiche., mentre veri e propri bulbi di aglio furono trovati nella tomba di Tuntankamen. In vari miti e leggende è considerato altamente energetico e miracoloso, ed agli schiavi che costruivano le piramidi ne veniva dato uno spicchio al giorno per aumentarne il rendimento e la resistenza agli sforzi. Nell’antica Roma, i legionari usavano l’aglio abitualmente come vermifugo e contro le infezioni, e lo stesso Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nella Historia Naturalis, ne indica con dovizia di particolari i vari usi terapeutici. Mentre il medico di Nerone faceva mescolare succo d’aglio e miele per schiarire la voce dell’imperatore. Un altro riferimento si trova anche nell’Erbario di Urbino, manoscritto del XVI secolo e preziosa raccolta di ricette, che mescolano medicina popolare e conoscenze empiriche sulle virtù terapeutiche delle piante. Tuttavia, per avere un riscontro su base scientifica, bisogna risalire al secolo scorso, quando Pasteur individua e definisce con certezza le qualità antibiotiche dell’aglio. Ed anche recenti studi epidemiologici condotti in Cina (dove l’uso dell’aglio risale almeno a 3000 anni fa) hanno confermato che l’uso abituale di aglio negli abitanti della provincia di Shandong, aiuti a preservarli dal rischio

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di cancro allo stomaco. La raccolta dell’aglio avviene tra Aprile Maggio e Luglio Agosto, ed il suo valori nutrizionale (per 100 grammi) è in grado di fornire un’energia di 41 Kcalorie, ed in Italia sono speciali i tipi di aglio di Voghera (Dop), quello polesano (Dop), di Monticelli (Dop) e di Vessalico Ma come si sceglie e si conserva? Ebbene, quando lo acquistiamo dobbiamo tastarne il bulbo, detto anche testa, che deve essere pieno, consistente e compatto, assicurandosi che sia privo di macchie sulla pellicola esterna. Mai comprare bulbi mollicci o ammuffiti, ed a casa, va tenuto in un ambiente fresco, ventilato e molto asciutto, ecco perché è meglio acquistarlo in piccole quantità piuttosto che farne grandi scorte. Ma come fare per rendere il sapore dell’aglio meno forte? Innanzitutto va privato del germoglio prima di utilizzarlo, ottenendo così un gusto più delicato, ed è anche utile lasciarlo intero in preparazioni di talune ricette, sia perché risulta meno forte al gusto, ma anche perché è più facile asportato prima di servirlo in tavola. Infine, sappiate che nella preparazione della bagna cauda, salsa tipica piemontese a base di aglio, olio di oliva e acciughe, l’aglio viene trattato facendolo cuoce-

re nel latte, ed in questo modo perde parte dei suoi olii essenziali responsabili dell’intenso odore. E se proprio qualcuno in famiglia non lo sopporta, provate a strofinarlo all’interno della pentola, così il sapore sarà accettato dalla maggioranza delle persone. Ma se non si può fare a meno di neutralizzare o ridurre l’effetto sull’alito, un buon rimedio è masticare un po’ di prezzemolo o qualche chicco di caffè. Benchè il suo sentore fa ricordare che aglio è simbolo di vitalità sessuale, ed infatti Enrico IV prima di lanciarsi in qualche avventura amorosa era solito mangiarne tanto annaffiandolo con dell’ottimo Armagnac!. Stefania Bastoni


A Grisignana, all'enoteca di Zigante Tartufi C

i siamo immersi nell'atmosfera dell'antico borgo di Grisignana, con quel pizzico di attesa e di speranza che non sono andate di certo deluse. Grisignana si trova su un colle, alquanto appartata rispetto alla strada principale, con fortificazioni risalenti al periodo veneziano. Bella la loggia dei grani risalente a tale periodo, e scendendo si incontrano alcune cave di "Pietra d'Istria", oggi in disuso. Si dice che una parte di Venezia fu costruita con la pietra estratta dalle cave locali. Siamo in Istria, in Croazia, in un borgo dove si sono insediati artisti e pittori, e qui tutto parla di arte: le botteghe e le gallerie, in una atmosfera suggestiva, che sembra restituirci la voglia di vivere. Entriamo, in punta dei piedi, nell'enoteca Zigante.Tartufi, la prima e unica azienda dell’Istria e della Croazia che ha intrapreso la conservazione, confezione e vendita del tartufo. Una produzione artigianale di alta qualità con una tecnologia avanzata ed un prodotto finale accurato e sottoposto a severi controlli. Vengono infatti smerciati allo stato fresco e trattati il tartufo bianco autunnale (Tuber Magnatum Pico) e quello nero estivo (Tuber Aestivum Vitt) provenienti dalle boscose vallate della Regione istriana. Il clima favorevole e la particolare composizione dei terreni contribuiscono allo sviluppo di esemplari molto pregiati per profumo e sapore. La produzione si è sviluppata da una tradizione familiare che vanta una trentennale esperienza iniziata con la ricerca del prezioso tubero, con una ricerca limitata, a seconda della specie, a determinati periodi dell'anno, per cui è diventato indispensabile passare a un sistema di conservazione che permette di offrire il prodotto durante tutto l'arco dell'anno. Testimonianze che si possono vivere con un buon vino rosso di casa servito da una bravissima e bella enoteca ria, mentre si posso degustare od acquistare le confezioni .in contenitori di vetro grazie all'esperienza acquisita in

questo campo dalla Zigante Tartufi, e ad una tecnologia che tiene prevalentemente conto della bontà e della qualità del prodotto, offrendo tartufo bianco e nero interi o macinati, e quello nero anche affettato od in confezioni con altri ingredienti quali i funghi, le olive, il miele, il burro, l'olio d'oliva e altri ancora. Storia e storie di pregio autentico che si incrociano a Grisignana! Giovanni Meneghini

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9*`JSK L SL Z\L LJV IHNZ RCycld and its eco-bags. Chi dice che in Italia non ci sono più giovani che si mettono in gioco! Rcycld nasce nel 2008 a Padova, dalla collaborazione tra Alessandro Miatto e alcuni stilisti e designer emergenti, si occupa prevalentemente di accessori moda e componenti d' arredo. Il design nella maggior parte dei casi produce oggetti di cui il mondo è saturo, andando ad aumentarne l'accumulo. La filosofia di Rcycld e dello studio che detiene la direzione artistica, denominato Drop Soup è di dare nuova vita ad oggetti dimenticati, così da non produrre inutilità. Rcycld è contaminazione artistica e sociale dei Paesi del mondo, è ricerca appassionata che affonda nell'intercultura per ritrovare nella particolare attenzione di materiali e stili le proprie radici, che da sempre caratterizzano il Made in Italy. In controtendenza alle politiche economiche, che mirano a ridurre i costi a discapito dell'inquinamento creato. I ragazzi trattano e stampano i loro prodotti con solventi ecologici, processi a volte costosi, che abbattono però al minimo l'impatto ambientale. Selezionano oggetti e materiali unici come: tende da sole, pelle e tessuti di divani o giacche in pelle, trovati nei più disparati mercatini del mondo. Dopo un attento lavaggio, trattato con prodotti non chimici, assembliamo i nostri prodotti donando loro una nuova identità e portando cosi al consumatore un valore ormai perduto: l'artigianalità. La collezione donna viene sviluppata per la stagione SS 2010 in tre modelli atti a soddisfare i vari momenti della giornata: Shop, Bauletti e Pochette. Per l'uomo vengono proposti due modelli: Urban e Briefcase. Sia per la donna che per l'uomo i materiali utilizzati sono pelle riciclata, tessuti recuperati. I colori sono i classici come il nero, beige, rosso e blu. Vengono però introdotti, in questa e nella altre collezioni Rcycld, tutti i materiali e colori man mano “scoperti” nei mercatini di tutto il mondo. Oggi donna che si rispetti necessita di borse originali e comode, dove poter trasportare tutto il minimo indispensabile. Ma che ne pensate delle borse realizzate con materiali riciclati e di lunga durata? Beh se l’idea vi piace, allora potreste trovare di vostro gradimento questo brand, dire che oltre ad essere interessanti, si propongono come stimolo in più per tutti noi che vogliamo bene al nostro pianeta e all’ambiente che ci circonda. Per qualsiasi curiosità e per ordinare qualche originale borsa ecologica, vi consigliamo di visitare il sito RCycld.com e di dire la vostra!

Who says that in Italy there are no more young people stepping forward! Rcycld was born in 2008 in Padua from the collaboration between Alessandro Miatto and some stylists and emerging designers. It deals mainly with fashion accessories and furniture. The design in most cases produces objects the world has been saturated by, which increase the accumulation. The philosophy embraced by Rcycld and Drop Soup, the study holding the artistic direction, are giving new life to abandoned objects, making them usefull. Rcycld is artistic and social contamination from different parts of the world, is keen research rooting on intercultural to find particular attention to materials and styles, which characterize the "Made in Italy" in contrast with the economic politics that aim to reduce costs despite the earth pollution . The young designers treat and print their products with environmentally friendly solvents, processes sometimes very expensive, but pulling down the environmental impact. They select unique objects and materials such as awnings, leather and fabric sofas or leather jackets, found out in the most different flea markets around the world. After a careful washing, without chemical products, we put together our products giving them a new identity and thus bringing the consumer a nowadays lost value: the craftsmanship. The women's collection is developed for the 2010 season SS in three styles in order to satisfy different times of the day: Shopper," Bauletto" and Pochette. For the men' scollection there are two styles: Urban and Briefcase. For both female and male the materials used are recycled leather, recovered textiles. The colors are classic black, beige, red and blue. Rcycld introduces in this and in other collections also all the materials and colors "discovered" in the flea markets around the world. Women need original and comfortable bags to carry their personal stuff. But what do you think about lasting handbags made with recycled materials? Well, if you like the idea, then you may like this brand, these bags are a further motivation for all of us loving our planet and the environment which surrounds us. For any curiousity and to order some original eco-bags, visit the web site RCycld.com !

(Editorial staff ).

Foto dropsoup.it

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Ristorante Due Torri Via Collalto centro Collalto di Susegana (Tv) tel. 0438.987170 cell. 366.4885214 chiuso il mercoledĂŹ sera e giovedĂŹ tutto il giorno


Recycled your life

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Eco-Moda Oltre al prodotto lasciamo libero spazio alla forma e alle idee. Ci ispiriamo ad esperienze e culture diverse e diamo modo alla natura di vivere negli spazi circostanti in completa armonia. E’ un percorso emozionale che facciamo con le persone curiose di ieri e del domani per poi ritrovare in questi prodotti la nostra storia. THIS ISSUE OF REED PAGES IS MADE POSSIBLE IN PART BY RCYCLD ITALY FOR MORE INFORMATION ABOUT SIX PACK ITALY PLEASE VISIT WWW.RCYCLD.COM Ph. +39 331 2748626 Fax. 0422 78 86 18 info@rcycld.com

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