Galletto 1267 del 6 agosto

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Sabato 6 Agosto 2016 Il Galletto liando l’erudizione con lo spirito arguto della terra d’origine. Le favole stesse, l’opera più nota di Clasio, combinano gli echi letterari dell’Arcadia settecentesca con i tratti della produzione popolare: la battuta salace, la morale detta in breve, il comune buonsenso, la saggezza dei proverbi. E’ la doppia natura, colta e villana, delle favole che ne decreta la fortuna come strumento pedagogico: un sapiente uso della metrica e della retorica al servizio di una precettistica semplice, espressa in un motto, in un’immagine, un bozzetto. Non molto tempo fa, Clasio era un autore conosciuto. Luigi Fiacchi l’11 settembre 1823 scrisse a Giuseppe Pucci, con mal celato orgoglio: “Le mie favole hanno avuto la sorte di divenire libro scolastico, perché si usa nelle scuole, collegi e nelle case private, per far leggere i ragazzi e imparare a mente pezzi di poesia”. La conferma di questa notorietà arriva da un blog recente, il “Leone centenario”: “Se nella verde etade alcun trascura Di lodato saper ornar la mente Quando è giunta per lui l’età matura Di aver perduto un sì gran ben si pente. Cercalo allor ma trovasi a man vote potea, non volle; or che vorrìa non pote”* *Incipit de I due susini di Luigi Fiacchi (detto Clasio) 1820 (così come lo ricorda Leone dalle elementari)”. Ma ascoltiamo le sue parole stesse: “Io ho frequentato fino alla quinta elementare e poi ho fatto la scuola serale. I miei genitori mi avrebbero fatto studiare, ma io non vedevo l’ora di smettere di studiare, ignaro del bene che avrei perduto. Ma forse sarei rimasto un modesto intellettuale. Comunque a sei anni avevo cominciato a studiare musica e violino con discreto successo. In seguito per ragioni economiche e poi a causa della guerra ho svolto attività di casaro in vari caseifici”. Chi qualche anno fa scriveva queste frasi era Leone Sacchi, che alla bella età di cento anni, ricordava an-

cora bene, e a proposito!, la morale de I due susini, la favola in cui Clasio raccomandava ai suoi allievi di non interrompere presto gli studi. Leone l’aveva imparata alle elementari, nelle campagne di Carpi, un secolo fa, lui che era nato nel 1913. L’aveva imparata soprattutto sulla sua pelle: vivacità d’ingegno ma scarsa voglia di studiare; poca scuola e tanti rimpianti: violino, musica, scrittura..., una vita di lavoro e di sacrifici. Grazie, Leone: sul tuo blog hai lasciato la testimonianza struggente di un allievo svogliato di cento anni fa, che la lezione l’aveva imparata davvero! La notorietà di Clasio subisce una battuta d’arresto dopo il bicentenario della nascita del poeta, nel 1954, salutato dai saggi di Allodoli e di Bigongiari; ma già non si era sentita più l’esigenza di ristampare i suoi libri. Scarperia però lo ricorda: oltre alla piazzetta di cui sopra, anche la scuola primaria porta il suo nome e, proprio per i più piccoli, viene istituito il premio letterario “Luigi Fiacchi detto il Clasio”. La primaria fa parte di un complesso scolastico più grande, che si chiama Istituto Comprensivo Scarperia San piero, tradizionalmente impegnato nella valorizzazione del territorio. Qui nel 2015 si è realizzato un progetto interdisciplinare sulla stessa favola di cui si parla nel blog “Il Leone centenario”, I due susini, spiegata e imparata a mente dagli allievi della Secondaria di I grado. Il progetto ha affrontato il testo dal punto di vista letterario, con la parafrasi e l’analisi metrica essenziale, proiettate sulla LIM, ma anche dal punto di vista scientifico, dato che la similitudine della favola pone a confronto l’azione pedagogica dell’insegnante con quella di chi pota e innesta le piante per migliorarle. Nella favola del Clasio l’importanza di una precoce e tempestiva scolarizzazione è rappresentata, intendendo il verbo nel suo significato più propriamente teatrale, dal dialogo tra l’agricoltore e un susino che non accetta la medesima sorte capitata al suo gemello più prossimo. Il quale guadagnerà ben altre fronde e frutti dall’innesto, riempiendo di pentimento e d’invidia il suo compagno che troppo tardi vorrebbe sottoporsi alla medesima cura preclusa oramai dall’età. Non solo metrica, dunque, ma anche botanica, con un video di Agri channel sull’innesto, un dise-

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gno tecnico eseguito a scuola, una visita al Museo di Casa d’Erci a vedere gli antichi strumenti contadini, una rapida incursione virtuale al Museo dei Ferri Taglienti di Scarperia per capire cosa fossero la roncola e il pennato; infine il contributo dei nonni esperti, che hanno portato in classe qualche ramo di susino innestato alla vecchia maniera. Qualcosa si sta muovendo, l’interesse per il favolista di Scarperia riprende, se ne riscoprono l’attualità e il valore. Lo testimonia la nuova edizione delle favole e dei sonetti pastorali (Luigi Clasio, Favole e sonetti pastorali, introduzione, commento e testo critico a cura di Davide Puccini, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016) da settembre in libreria. Si tratta della prima edizione ampiamente commentata e annotata, che fa il punto della situazione sulla bibliografia critica di Luigi Fiacchi. Un titolo indispensabile alla conoscenza di questo autore, analizzato con gli strumenti critici più aggiornati, visto con gli occhi di un attento filologo e il senso estetico di un poeta, quale è sempre Davide Puccini, anche quando indossa l’abito antico dell’amico delle parole. Di assoluto rilievo il fatto che il sito ufficiale dell’Accademia della Crusca abbia accolto la relazione dell’attività didattica sopra descritta, arricchendola di documenti iconografici inediti, da consultare al link: http://www.cruscascuola.it/interventi/progetto-i-due-susini Stupisce, una volta di più, ritrovare in pieno Ottocento, già passato remoto, nella favola dei due susini l’uomo eterno, allora come oggi negligente e ritroso dietro il banco, sudato e deluso dietro la cattedra, secondo il canovaccio di quel teatrino che dipinge come cane e gatto l’allievo e l’insegnante, destinati alla fine ad apprendere, l’uno dall’altro, la sopportazione e la pazienza. Stupisce, sì, e commuove constatare che negligenza e renitenza, frettolosamente diagnosticate come conseguenze psicologiche dell’odierna alluvione tecnologica e informatica, fossero già praticate quando ancora circolavano carrozze a cavalli. E tuttavia il rimpianto per i bei tempi andati seguita il suo ritornello, più vecchio del mondo.


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