Estratto della Pubblicazione Marzo 2013
Così viaggeremo ancora Sia terra Sia noia Sia un profumo nuovo Sia fuga e sia tedio, calma come quando siamo Siamo nati, avremo le nostre mani le mischieremo ogni giorno Avremo città Chilometri (copriamoli con una coperta mentre ci aspettano: lo capiranno sapranno) E noi fluiremo di notte e di giorno Partiremo arrivando senza mai spostarci Avremo un giardino dove vivere e fuoco a sufficienza, così che avremo ogni giorno un olfatto più attento al nostro dolore
Gireremo gongolando fino all'inizio Cambieranno muta le forze Gli ostacoli avranno luci, miracoli si ubriacheranno di foglie e nervi di dorsi di mano sugli occhi Grideranno le feroci assenze che si alzano Alzano la mano e sparano, lontanissimo dove sei tu Dove giocheremo e mai più ridendo dove parleremo con i vocaboli fuori dall’alveo. Giacciono sconfitti sintomi d’ossequio autoctono all’addio e vasi silenziosi, che a toccarli risuonano e si spezzano Miriadi di ruoli, posizioni lungo un solo fine filo Steso su parole antiche perse d'uso girate in tondo perdonate flebili e amare Amare. Una scommessa perduta. Ma non è così che si respira: in verità, niente ho perso abbastanza da poterlo cercare
La città suona, il suo fondo si dà il tempo, brucia sotto l’acqua Così non è il viaggio (o il fumo d’ombra delle fosse ai lati dei tuoi occhi) ma la resa, un tempo appesa al tuo polso e scomparsa Fuggono da noi stessi i giorni come fossimo umani e nati felici come se le giornate a otto zampe avessero il nostro aspetto e noi la loro preziosa abitudine a non tornare mai più
Non esistono parole per questo calore inanimato che incornicia il tramonto sopra una via che non è di neve ma più gelida segue le mie direzioni come di notte il sole nascosto Non esistono parole ma cerchiamole Questa notte che ancora non lo è col rumore dei tuoi occhi che stride e disturba Stride sulla mia somiglianza con quell’indecente invasione dell’età più fresca che sola si incornicia e silenziosa fugge da qui (mi sono disteso e ho vissuto più di noi)
Prima di arrivare altrove cambiano mille rumori si mischiano alla vista dalla favola al fastidio Per il fumo, il vizio a questa voce artificiale Dai passeggeri morti alla vita per il metallo e il tessuto La lettiga che si trascina sul vuoto che striscia e lascia tracce per il rotolare tra incandescenze, noie Questo viaggio ci comprende ma cambia vita, il viaggio e non lo sa Questo viaggio non ci sceglie Questo viaggio solo si arresta e da lĂŹ la strada nuova che lo sembra, davvero sembra sconosciuta
Un trasformarsi con poca fiducia anche se brucia il senso del vanto traslucido, che getta altrove lo sguardo si sfibra per brandire il capo del gomitolo pi첫 mite, in pericolo meno accolto, disperso comunque acquattato sul panico speso barattato e asfaltato, giocato a rincorrere le ore sperse per poi scambiarle Perderle di nuovo trovarne altre, da capo per giungere per arrivare alla fine E chiamarlo Perdono quel senso di sfida alla gioia
In questo vagone semivuoto In questa estate fredda indesiderata Da questo finestrino veloce e dal buio là fuori e dal profumo usato qua dentro, di seconda mano qua, questo vagone geme sembra correre per distrarsi Troppi teatri e palchi e pasti, troppi da seguire Già solo, qui Lui corre, per distrarsi Tornerà e correrà ancora atteso. Giorni ruvidi o di ghiaccio di vetro o di trina di miserie infiltrate dai sedili ormai impregnati di estati, di tatti, d’altre distrazioni di realtà e altri sogni Lui corre Ci corre sopra, addosso Noi doniamogli tutto. Arriverà l'inverno