IDROPHILIA | La Zona Abitabile

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L’Assessorato alla Cultura e alla Contemporaneità e Museo Civico di Sansepolcro presentano

testo intro

a cura di Ilaria Margutti



CASERMARCHEOLOGICA Quando nel 2013 entrai insieme ad Ilaria Margutti nelle stanze della ex-Caserma dei carabinieri, entrambi rimanemmo affascinati dalla forza di quel luogo, nonostante polvere e macerie celassero bene la sua vera essenza. Come colui che conoscendo le proprie possibilità, non ha bisogno di convincere con giochi di parole, quel luogo con discrezione, si svelava ai nostri occhi, con tutta la sua forza e la sua storia. Due mesi dopo quell’incontro, eravamo assieme agli studenti del Liceo di Sansepolcro, a ripulirlo dalla polvere e dalle macerie, dall’abbandono e dall’oblio. Nell’estate di quell’anno è partito il primo progetto d’intervento culturale per una sensibilizzazione cittadina nei riguardi della ex caserma, con il sostegno dell’assessorato alla Cultura e alla Contemporaneità e l’Istituzione Museo - Biblioteca e Archivi Storici di Sansepolcro. L’obiettivo era quello di riportare l’attenzione sul luogo, per permettergli di riformare un ruolo, un uso e un’identità, dimostrando che può essere possibile ricostruire la propria storia attraverso il dialogo tra Arte partecipata e pubblico. Da quell’esperienza, sono nati altri incontri e altre prospettive. Di fondamentale importanza è stato l’ingresso del gruppo di lavoro Le Giraffe Production Labs, che con il loro intervento la ex Caserma è stata fornita di luce elettrica e altre migliorie. Con una serie di progetti, esposizioni e incontri, il luogo ha trovato un nome e un logo: CasermArcheologica | Luogo Utopie Possibili. Grazie alla collaborazione degli studenti del Liceo di Sansepolcro, a molti artisti che hanno deciso di confrontarsi con questi spazi e a tante altre persone che si sono lasciati affascinare, oggi riparte un nuovo viaggio. Idrophilia | La Zona Abitabile, non è una semplice mostra, ma un percorso vissuto tra la possibilità di confronto, di collaborazione, di crescita e di condivisione attiva sui temi che legano la vita all’acqua. Al progetto Idrophila è stata affiancata l’installazione interattiva sonora, “L’Acqua è di tutti”, che ha animato la nostra piazza dal 24 aprile al 3 maggio, suscitando non solo l’interesse per l’opera, ma soprattutto sensibilizzando la cittadinanza sui contenuti del bene più prezioso della vita. Questo catalogo racconterà la storia di un’esperienza che difficilmente verrà dimenticata da chi l’ha vissuta pienamente. Andrea Laurenzi - Vicesindaco di Sansepolcro Assessore alla Contemporaneità.

L’ARTE, FORZA LIQUIDA E INARRESTABILE. COME L’ACQUA.

L’acqua è per definizione una sostanza liquida, adattabile, cedevole. Ma l’acqua sa essere anche dirompente, forza inarrestabile e impetuosa. Tutte caratteristiche che rendono quasi spontanea l’associazione con l’arte, capace nel tempo di cambiare forma e, nella stessa misura, di lasciare un segno del proprio passaggio. Cercare di incidere, evitando le ripetizioni e utilizzando l’intero campionario di forme espressive che la contemporaneità mette a disposizione: è questa l’attitudine che, come un corso d’acqua vigoroso, Kilowatt Festival ha cercato di far propria, presentando da tredici anni al territorio della Valtiberina una proposta culturale multidisciplinare, inclusiva e innovativa. Teatro, danza, musica, letteratura: pur riconoscendone le specificità, Kilowatt non si pone limiti legati alla diversità tra gli ambiti espressivi. Per questo, da cinque anni, il Festival ha deciso di estendere il proprio campo di azione anche alle arti visive. Un percorso che – seguendo la naturale inclinazione di Kilowatt – si è sempre più orientato verso lo scambio con il contesto, l’interazione con gli abitanti di Sansepolcro (e non solo), la responsabilizzazione del pubblico. Ne è una prova il bando rivolto a giovani artisti che nel 2014 ha visto la scelta del miglior progetto affidata a una commissione mista formata da un curatore accreditato a livello nazionale – Ilaria Gianni – e un gruppo di 23 cittadini non-addetti-ai-lavori. L’attenzione che da sempre Kilowatt cerca di rivolgere alle energie migliori che il territorio esprime non poteva non incrociare l’esperienza della CasermArcheologica, avviata nel 2013 da Ilaria Margutti. Accompagnata dagli studenti del Liceo “Città di Piero” e da numerosi artisti, Ilaria ha caparbiamente investito le proprie energie nel recupero e nel rilancio di uno spazio – quello della ex caserma dei Carabinieri. Sono ormai tre anni che l’ex caserma “rivive”, aprendosi all’arte e, al tempo stesso, aprendosi a una comunità che – tra stupore e curiosità, tra memoria e proiezione futura – si è riappropriata di un luogo di “utopie possibili”, come Ilaria stessa ama definirlo. Questa azione, insistita e generosa, ha generato nel tempo numerosi incontri fruttuosi: penso in primo luogo agli studenti che hanno modo di vivere un’esperienza formativa inedita, ma anche agli artisti, invitati a confrontarsi con uno spazio carico di stimoli e suggestioni. Tra questi ultimi ci sono anche gli artisti della sezione arti visive delle ultime tre edizioni di Kilowatt: Maria Teresa Zingarello (2013), Lorenzo Cianchi e Michele Tajariol (2014), Francesco Ciavaglioli (2015) sono gli autori che, fin dalla mostra d’esordio, hanno testimoniato la presenza e il sostegno del Festival a un’esperienza – quello della ex caserma – con la quale sente profonda affinità. Saverio Verini Curatore sezione arti visive - Kilowatt Festival


IDROPHILIA | La Zona Abitabile

Ilaria Margutti

5 marzo 2015, un giorno storto, surreale, capovolto, un giorno di vento feroce che ci ha lasciati nella mancanza. Gli alberi divelti parevano cadaveri caduti in battaglia. Le strade, le piazze, i giardini, le case reggevano addosso i guardiani del nostro tempo, giganti invincibili costretti a mostrare impotenti la parte più vulnerabile di sé, le radici, cuore segreto della loro vita. L’odore di resina emanato da quei pini freschi e gemmati, spezzati e spaccati dall’impatto a terra, penetrava l’aria, quasi fosse sangue dopo una strage. È vero, gli alberi sono come gli esseri umani, è incredibile, se non avessi visto tutto questo, non avrei mai potuto associare l’odore del sangue a quegli alberi abbattuti, tutto era così surreale da chiudere lo stomaco. Ora non rimangono che i vuoti, spazi privati di una armonia di paesaggio, segni indiscussi della relazione tra uomo e terra. Il viaggio inizia da qui, senza volerlo, ha incontrato la rete che credevo di tessere e invece tra le mani, avevo solo un filo. Gli uomini sanno bene quanto l’acqua possa ispirare la vita, ed era la vita che stavo considerando. Per idrofilia o idrofilicità, (dal greco hydros, ”acqua”, e philia, ”amicizia”), s’intende la proprietà fisica dei materiali o di singole specie chimiche a legarsi con l’acqua. In senso più ampio, si intende anche la proprietà di alcuni materiali di assorbire o trattenere acqua al loro interno o sulla loro superficie. Nel suo significato metaforico, l’idrofila può essere considerata come la relazione fondamentale e amorosa, tra gli esseri viventi e l’acqua. L’Acqua, il Clima, gli Esseri Viventi e le Piante sono correlati da Sinapsi invisibili, ma indispensabili alle nostre esistenze. Quello che è accaduto il cinque di marzo, ha reso tangibile questa giunzione sinaptica che ci lega alla nostra Terra, una sorta di dichiarazione esplicitamente necessaria alla relazione comunicativa che vincola tutti noi alla rete della vita, di cui facciamo parte. L’acqua si pone come il fluido interconnesso tra questi elementi, come fosse un tessuto che si dipana seguendo le forme a reticolo simili ai rami dell’albero in continua espansione. Non basta, quindi, solo concatenare gli elementi per generare una relazione, ma, soprattutto considerare consapevolmente che, attraverso ogni tipo di congiunzione, si compie una metamorfosi profonda di tutte le parti connesse. << La “trama della vita” è, naturalmente, un’idea antica, usata da poeti, filosofi e mistici in ogni

epoca per trasmettere il senso dell’intreccio e dell’interdipendenza di tutti i fenomeni. [...] La concezione dei sistemi viventi come reti fornisce una prospettiva insolita sulle cosiddette “gerarchie” in natura. Poiché a ogni livello i sistemi viventi sono reti, dobbiamo visualizzare la trama della vita come sistemi viventi che interagiscono in una struttura a rete con altri sistemi. Per esempio, possiamo rappresentare schematicamente un ecosistema come una rete con pochi nodi. Ogni nodo rappresenta un organismo, il che significa che ogni nodo, quando viene ingrandito, appare esso stesso come una rete. In altre parole, la trama della vita è fatta di reti all’interno di reti.”[...] “L’ecologia consiste di reti… Comprendere gli ecosistemi, alla fine equivarrà a comprendere delle reti.>> (F.Capra La rete della vita, pagg 46-47, Ed. BUR, 2006) L’Uomo Albero è un simbolo che ha origini antichissime; spesso nel linguaggio archetipo, l’immagine dell’Albero determina la relazione che l’uomo intreccia con la Natura. La chioma, il fusto e le radici, assumono tutti i significati metaforici della forma umana. L’uomo radicato alla terra, eretto come un tronco, si dispone verso il cielo per indagare l’infinito traendo il nutrimento dall’acqua. Senza entrare nel merito di tutta la simbologia universale riferita all’immagine dell’albero, questa relazione è possibile solo tramite l’elemento vitale nella forma dell’acqua. È facile procedendo di questo passo, intuire la rete di coincidenze che si intrecciano nel tessuto delle possibilità relazionali e quindi anche alla posizione che la Terra (Gaia) occupa nello spazio conosciuto; infatti si indica come Zona Abitabile la regione intorno a una stella, ove è teoricamente attuabile per un pianeta, mantenere acqua liquida sulla sua superficie. Per cui, la Zona Abitabile non è altro che il Luogo perfetto perché tali connessioni avvengano, rendendoci possibile la consapevolezza dell’ esperienza della vita. Da quando la CasermArcheologica abita le nostre realtà, si è fatta custode simbolica della rinascita, come una Fenice risorta dalle proprie ceneri, ha saputo dimostrarci che non esiste morte, ma solo metamorfosi. Le sue stanze sono tornate alla luce dalle macerie abbandonate nel tempo, grazie allo sguardo di chi ha saputo riconoscere la possibilità che custodiva e aspettava fosse scovata. L’attesa silenziosa di un luogo e la polvere che lo rivestiva, non sono bastati a tener chiusi gli occhi di chi l’ha voluto sfogliare, come fosse una mappa del tesoro insabbiata dai pirati.


La sua storia è stata narrata tramite il lavoro condiviso di chi l’ha pulita, curata e descritta tra le pagine di preziosi diari, di coraggiosi eroi sentimentali, tra le immagini suggerite dai sui angoli scorticati, tra le opere di artisti venuti da terre lontane, pionieri poetici, esploratori d’avanguardie senza origini. La CasermArcheologica ha il suono del vento nel centro della sua scalinata, simile a un respiro ritmico, a un battito che riemerge dal passato e tutto dentro di lei, come una gestante, prende armoniosamente forma, tutto va al suo posto, senza storture. Accanto alle sue mura c’è Piero. Lui, che dietro a quel Cristo, dipinse due alberi, uno secco, l’altro germoglio di vita, perché gli alberi sono come esseri umani, sono corpi silenti che mutano e indagano, si ergono al cielo espandendo armonie di rami protesi alle stelle. Le sfumature della luce vivida, razionale e cruda di quel corpo austero e vincitore, continuano a vibrare tra la vita e la morte sussurrandoci la rinascita di ogni presente. Due punti opposti, un luogo senza memoria, la ex-

Caserma, e un dipinto vigoroso, ramificato nello stretto tessuto della nostra identità. Due storie in dialogo tra memoria e futuro che ci trasmettono lo stesso messaggio: l’Arte è una sorta di ferita aperta dalla quale non dobbiamo aspettarci nessuna risposta di conforto, ma solo la domanda da porci per giungere a un’autentica guarigione. Se la ex-Caserma può metaforicamente interpretare il punto esatto della Zona Abitabile, allora le opere degli artisti che ospita possono essere lette come il fluido vitale che scorre lungo le reti della vita, mettendo in connessione l’intero sistema relazionale tra pubblico e opera, passato e futuro, ferita e guarigione. Un microcosmo simbolico, edificato per generare nuovi organismi connessi consapevolmente tra loro nella rete della vita. IDROPHILIA è la mostra in corso, è l’albero, la terra, l’organismo, l’essere vivente, che si connette con il proprio elemento fondamentale. Sono le infinite possibilità di vivere la relazione con l’acqua come fossimo alberi, radici, rami, la rete delle esperienze nella consapevolezza di una continua e germogliante metamorfosi.


“ Questo sappiamo. Che tutte le cose sono legate Come il sangue Che unisce una famiglia... Tutto ciò che accade alla Terra, Accade ai figli e alle figlie della Terra. L’uomo non tesse la trama della vita; In essa egli è soltanto un filo. Qualsiasi cosa fa alla trama, L’uomo la fa a se stesso.”

TED PERRY, ispirandosi al capo indiano Seattle



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Le stanze della CasermArcheologica hanno da sempre ospitato i percorsi artistici realizzati assieme ai ragazzi delle scuole superiori di Sansepolcro, e anche quest’anno sono protagonisti del programma d’interazione culturale tra arte contemporanea e territorio, con un progetto didattico curato da Ilaria Margutti e Alessandra Baldoni.

OGNI COSA È ILLUMINATA Il diario dell’acqua

LIEVE OFFERTA Corso di disobbedienza fotografica

Quando nel 2013 ho incontrato questo luogo, l’ho voluto mostrare ai miei studenti perché la sua decadenza si svelava come una possibilità di ricostruire qualcosa che ci somigliasse. Mi sono accorta che le cose accadono solo se le riconosciamo e ci evolviamo attraverso gli sguardi. Due mesi dopo erano con me a ripulirlo, trasportando le sue macerie per le scale, inalando la sua polvere e spazzando via gli strati di silenzio. Nel 2013 abbiamo fatto la prima mostra con i nostri quaderni, scrivendo chi siamo. [...] Riportando tra le pagine sgualcite dei diari i nostri sguardi sul mondo, disegnando, fotografando, dialogando tra noi e fuori da noi. Le paure si dissolvevano ad ogni riga, ad ogni punto inciso, ad ogni filo che ci abbiamo cucito, i gesti e le domande sospese, prendevano la nostra forma e guardare diventava sentire. La loro giovane età ha dimostrato di avere coraggio, la densità di vita nascosta dietro un sipario di timore del giudizio, è svanita assieme alla polvere, lasciando l’impronta che ognuno di loro darà alla propria forma. Perché ognuno è diverso e vorremmo avere la possibilità di conoscere ciò che siamo e di provarci tutte le volte che possiamo. Oggi sono ancora tutti qui quei ragazzi e quelle ragazze che si sono narrati tra queste macerie, sono qui assieme a tutti quelli che si sono aggiunti l’anno passato e questo ancora. Sono tornati a spazzare, a lasciarsi immaginare e a creare la loro opera, ripulendo un luogo sospeso tra presente e passato. Con i loro quaderni e i loro occhi affamati, gli hanno restituito una storia, quella che in pochi anni abbiamo scritto qui dentro. Oggi inaugura un’altra nostra mostra, assieme agli artisti, ai tecnici, alle persone che ci hanno aiutato, ai poeti, ai visionari e agli spettatori che ci hanno seguito. Oggi siamo di nuovo qui dentro, a sfogliare quaderni, sbirciare tra i sassi, calpestare cemento e inondarci di bellezza. Ilaria Margutti

Noi siamo quelli del mercoledì. Ogni quindici giorni. Siamo quelli che con maschere da coniglio nero o da gatto rosso, con cilindri e bacchette magiche hanno invaso le vie del centro. Ci siamo travestiti, ispirati alla letteratura e alla poesia, impolverati tra queste mura e questi pavimenti mentre mettevamo in scena i nostri set. Siamo un gruppo, un cenacolo, un segreto. Come nel film “L’attimo fuggente” noi volevamo “succhiare il midollo della vita”. Quando ho iniziato le mie “lezioni di disobbedienza” avevo un’idea, un piano in mente. Sapevo che avremmo parlato di fotografia ma non affrontando mere questioni tecniche: non avremmo fatto esercizio di luci e diaframmi, né avremmo discusso dell’ottica giusta per l’inquadratura giusta. In questa epoca di sovrabbondanza di immagini, di foto scattate senza pensare né scegliere, lasciate lì a morire in cimiteri chiamati hard disk, in questo tempo di selfie e album virtuali pieni di scatti fatti ovunque e sempre, di immagini corrette e falsificate - quello che noi avremmo fatto sarebbe stato riflettere sul significato stesso della fotografia, avremmo rallentato, ci saremmo messi in ascolto prima di tutto di noi stessi. [...] L’arte è quel ponte, l’equilibrio di bellezza che ci insegna a far fiorire perfino le ferite. Le foto in mostra sono solo una parte di tutto ciò che è accaduto. Sono la terra avvistata dal largo. Ma sono piccoli miracoli che allineano sguardo e cuore. Sono una “lieve offerta” a voi e per voi. Guardatele con gentilezza, prendetevene cura. Perché i ragazzi hanno avuto il coraggio di mostrarsi. Di venire allo scoperto. Ed io voglio ringraziarli con un inchino. Perché il dono che mi hanno fatto non ha pari. E la loro disobbedienza è diventata grazia, sguardo poetico sul mondo. Perché io avevo un piano. Poi è accaduto che, ed è meravigliosamente colpa loro, il piano è andato ben oltre me. Alessandra Baldoni

DEA CARBONI LUCIA CECCARELLI SOFIA CECCARELLI MARTINA D’AGOSTINO GIULIA GUERRINI ANDREA MARSILI ASIA ROSATELLI ELISA TIROLI.

SOFIA BARTOCCIONI FRANCESCO BENDINI AURORA BETTI GAIA BIAGIOLI NOEMI CELESTINI MATTIA CHELI CARLOTTA CHISCI FRANCESCA DRAGHI CHIARA FABBRI GINA GABRIELLI GIORGIA LAUSI ILARIA MEAZZINI ENRICA PANCIONI MARCO SERI.



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Diari e fotografie

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Allievi del Liceo Linguistico


o e Liceo Artistico di Sansepolcro.

14 Valeria Pierini The Dreamers - Diari 2014 work in progress



12 Alessandra Baldoni Ti Rubo gli Occhi - Diari 2005 / 2015


13 Viola Cangi Alina - stampa digitale - 2015



15 Dacia Manto Planiziaria grafite e matite colorate su carta - Video 15’ - 2009



B Francesco Ciavaglioli Somigliante Grafite su carta, dimensioni variabili - 2011




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Marco Buzzini

Senza Titolo - Video installazione, cemento tavole di ferro e ruggine Senza Titolo - Stampa fotografica



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Le Giraffe Labs

H(z)²O - Video installazione Interattiva - 2015

ph. Francesco Dejaco


7 Claudio Ballestracci Ananmesi Idrica Installazione ferro, vetro e detriti - 2013




8 Simona Bramati Ăˆ di colore rosso il cuore Olio e matita su tela, 100x70cm - 2014

Della Vita a Cedere Olio e matita su tela, 100x70cm - 2013

Il processo del mutamento Olio e matita su tela, 136x149cm - 2014



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Virginia Ryan

Surfacing - Installazione - capelli sintetici, ferro dim. variabili - 2010 Objects trouvĂŠes - Laguna di Abidjan - pittura ad olio, sabbia, scarpe.


9 Antonella Farsetti Come Acqua Installazione, vetro e luci - 1998 Stalagmiti azzurre nella pianura dell’essere frammenti d’anima smarriti dolorosi la terra s’apre in vortici di ghiaccio lastre di malinconia che invocano il cielo tutto nasce dalle tue mani come d’incanto come per sortilegio s’addensa la materia tra le tue dita di grotte sotterranee fiumi d’argento tra le rocce ma ciò che più mi stupisce è la fragilità che tu rendi materia poderosa facendo della leggerezza il sostegno del mondo. col fuoco crei l’acqua (Alessendra Baldoni)




D Roberta Bernardini

Ordine | Disordine

Fotografia analogica su alluminio - 2001


1 Francesco Bocchini La dea tatuata Mary Brooks - Olio, ferro, vetro, lampadine, 157x47x165 cm - 2012. Serpentine

Flower

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Olio,

ferro,

vetro,

lampadine

elettriche

-

2012.




2 Juan Carlos Ceci

Soluzioni

Olio su tavola, 30x30cm l’uno, 2011 - 2014


2 Jara Marzulli Marea - Acrilico e olio su tela, 130x70cm - 2013 L’Odore del Sale - Acrilico e olio su tela, 60x12cm - 2013 Psiche - Acrilico e olio su tela, 100x70cm - 2013




3 Bottiglie Con

plastica

bottiglia

rotta

scure in

-

plastica

Fotografia, -

Saverio Mercati cm

Fotografia,

60x60 cm

60x60

-

2014 2014

Tre bottiglie plastica e una nera - Fotografia, cm 60x60 - 2014


3

Paolo Fabiani Senza titolo - Fontana

Senza Titolo - C ollage tridimensionale di carta, acrilico, colla - 2015




A In

Rerum

Naura -

Trittico

|

Ilaria Margutti ricamo

a

mano

di

seta

semi, spine, merletto su tela antica, 70x200 cm l’uno - 2015


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Ilaria Margutti

Le Figlie di Mami Wata

Installazione, abito, fili, calchi di ombelico in gesso. Abidjan - 2010

ph. Antono Delluzio


C

Valter Lazzerini

9|12|2010 - Sconfinamenti

Video 1’16’’ - crollo Diga Monedoglio, montaggio Francesco Dejaco - 2 0 1 0 | 2 0 1 5



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Laura Serafini

Ipocentro | Risorgiva | Scissione

Mappa geologica, grafite e crilico su tavola, 60x100cm - 2013

Bilanci - Mappa geologica, grafite e crilico su tavola, 60x60cm - 2013



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Giorgia Moretti

Tocco collage su pvc - 2007

Tuffo trittico - grafite su carta

Autoritratto olio su pvc

Tuffo IV collage e acrilico su pvc



6 Massimo Pulini Meduse olio e smalto su tavola industriale 2014


I D R O G R A F I E Roberta Bertozzi

Delle innumerevoli simbologie legate all’acqua (fecondità e purificazione, genesi e passaggio, profondità e oblio), incluse quelle sorte per la fascinazione esercitata dalle sue proprietà fisiche e chimiche (capillarità, amorfismo, trasparenza), il percorso espositivo Idrophilia ci offre un consistente campionario, nel quale sia l’elemento che il suo spessore archetipico vengono risemantizzati in molteplici declinazioni. Eppure, durante la visita alle stanze della CasermArcheologica, a colpirmi con maggior forza è stata l’impressione che tutto il complesso reticolo di aspetti e significati, metafore e descrizioni, sinonimie e piani non facesse altro che convergere inesorabilmente verso un solo, comune denominatore: l’equazione acqua = vita. All’apparenza nulla di nuovo, dato che il paradigma dell’acqua come fattore di possibilità e sviluppo della vita sulla Terra si tramanda fin dalle culture più arcaiche; ma se consideriamo l’equazione in riguardo al preciso momento storico che stiamo attraversando – e in riguardo a ciò che ogni momento storico fissa come urgenza, come qualcosa che interessa le sorti della stessa specie – ecco che essa cambia decisamente di segno: da dato di fatto ad appello, da constatazione tautologica a motivo di apprensione. Alla luce dei mutamenti ambientali, e in previsione di un non poi così tanto improbabile scenario di un pianeta privo d’acqua ergo privo di vita, la tensione affabulatoria delle opere in mostra si tara su questa prospettiva: con l’esito che le letture artistiche faranno prevalentemente oscillare il loro baricentro sull’asse di una polarità di contrasto, nel momento in cui, a scansione direi quasi regolare, assistiamo all’alternarsi di discorsi in absentia e in praesentia d’acqua, all’avvicendarsi di anemia e flusso linfatico. Solo per citare qualche esempio: si va dalle roccaforti di Claudio Ballestracci, un gruppo di menhir in lamiera che evoca molto da vicino la glacialità dei nostri assembramenti urbani, sui quali l’artista innesta delle minuscole teche di vetro che contengono le spoglie di una natura esanime (lo stesso Ballestracci, in esatto controcanto a questo paesaggio da day after, porta nella piazza principale di Sansepolcro nei giorni della rassegna l’installazione interattiva L’acqua è di tutti, firmata insieme a Giulio Acetulli e a Manolo Benvenuti), per arrivare all’intrico palustre e germinativo di Dacia Manto, che con l’opera video Planiziaria ci consegna un vertiginoso racconto della caotica proliferazione vegetale che si impossessa degli interstizi del paesaggio, affiancandovi una serie di disegni a grafite e pastello, a guisa di sequenze estrapolate dal continuum della proiezione, atti a riprodurre delle vere e proprie tessiture organiche, in cui l’acquaticità si fa elemento perturban-

te e polimorfo; dagli erbari metallici di Francesco Bocchini, dove l’essicazione, ma in questo caso sarebbe meglio dire l’imbalsamazione, coincide con la presa d’atto di una natura ormai compiutamente reificata dalla razionalità tecno-scientifica, congelata in una rigida tassonomia ed esposta in vetrina alla stregua di un qualsiasi oggetto destinato al consumo, col sospetto che il sogno progressista di un catalogo dell’esistente non abbia prodotto altro che una sterile collezione delle sue reliquie, ai recessi subacquei di Massimo Pulini, popolati di meduse traslucide e gelatinose, simboli ectoplasmatici di una dimensione psichica, di un’acqua che si fa inscrizione del profondo e agente di anamnesi; dal microscopico reportage fotografico di Marco Buzzini, che ritrae il bacino artificiale di Montedoglio quando, in seguito alla rottura della diga, si ripresentò sotto l’aspetto di un territorio carsico, mostrando tra le scanalature del terreno i residui di una zona in precedenza abitata, alle Bottiglie di Saverio Mercati, dove l’ossidazione del materiale plastico, allestita in delle istantanee di estrema nitidezza formale, innesca un cortocircuito percettivo giocando sull’immagine codificata dell’acqua in bottiglia come sinonimo di purezza e sterilizzazione, e mettendo per converso a nudo l’anima tossica del contenitore, la sua “ragion fossile”. Ma l’elenco potrebbe continuare. E sempre, a mio avviso, nel segno di una interpretazione critica del paradigma, aprendovi in molti casi delle nervature insospettabili, delle associazioni fortuite, delle inattese ramificazioni. Quasi che, a contatto con l’acqua, interrogandoci sulla sua natura e sulle analogie che essa può provocare, fossimo noi stessi presi da quello che in definitiva è forse il suo carattere più distintivo: e cioè che essa non può fare a meno di scorrere.


12 - ALESSANDRA BALDONI - TI RUBO GLI OCCHI

Nasce 1976 a Perugia dove attualmente vive e lavora. Le sue foto sono il risultato di piccole sceneggiature scritte per uno scatto, mette in scena veri e propri set, costruisce un mondo metafisico ed incantato, cerca di raccontare i luoghi dell’anima, le geografie esistenziali in cui ognuno può riconoscersi. Lavora attivamente dal 2000 ed ha esposto in numerose mostre collettive in Italia e all’estero oltre che in varie personali. Il progetto dei diari è intenso ed originale; arte allo stato puro che si frange come un’onda contro chi osserva più che chi compie il gesto iniziale: Alessandra ruba gli occhi, che però restano al loro posto, attraverso le parole pronunciate o pensate di chi osserva. La sua arte alchemica coinvolge i sensi, in maniera irrefrenabile, creando sempre spettatori attivi. Dinanzi alle sue opere è impossibile non chiedersi un perché; ciò che si scopre non è una verità univoca ed universale, ma intima e personale. Alessandra Baldoni, col progetto “Ti rubo gli occhi” si pone, per sua stessa ammissione, come un viandante su di una rotta, un pellegrino assetato di sguardi altrui e di altrui emozioni, che si palesano nella libertà indefinibile delle pagine di un diario, strumento archetipico e poetico, luogo di ascolto e di incontro fra i più potenti ed antichi. Le sue pagine bianche sono accoglienti più di qualunque ascoltatore perché ognuna di essa si sovrappone al sé che così non può tirarsi indietro rispetto alla confessione della verità, anche se ardente. Sulle pagine del diario, coloro che sono stati visitati dalla grazia intellettuale dell’artista, hanno riposto i propri pensieri, sono stati invitati alla libertà dalla non identità, dall’assenza di regole e freni che non siano il tempo. (Viviana Siviero) www.alessandrabaldoni.it

13 - VIOLA CANGI - ALINA

Viola nasce nel 1986 a Città di Castello (Perugia), dove vive. Ha passato tutte le estati della sua vita in montagna dai nonni, un luogo che l’ha particolarmente influenzata; piuttosto che destreggiarsi tra castelli di sabbia e creme solari si svegliava all’alba al primo canto del gallo, per poi giocare con il fieno, stanare i gatti appena nati e rubare la pasta appena fatta in casa dalla nonna. “Sono sempre stata ossessionata dai ricordi, è per questo che ho iniziato a collezionare istantanee della mia vita.”. La sua istintività la porta a scattare foto intime, i suoi stati d’animo sono scritti lì, in quelle immagini, come se fossero un diario. “Sono frammenti della mia persona, a tratti malinconici a tratti nostalgici e insicuri. Fotografando persone diverse, è come se mi facessi tanti autoritratti, dando il respiro involontario, a ciò che sono e a quello che sento in quel preciso istante. Come schiuma di mare, le immagini che scatto rie-

mergono e si mescolano ai miei ricordi e, accorgendomene solo in un momento successivo, la visione si discioglie tra me e il mondo che vivo creando la storia che cerco.” Le sue immagini diventano scrittura e narrazione di uno stato intimo e solo apparentemente fragile, perché svelano la dolcezza, senza il timore della ferita: un piccolo archivio biografico a colori, da sfogliare e percepire tramite lo sguardo. Come una soluzione salina si scioglie nell’acqua, così la femminilità di Viola, delicata e potente nelle sue metamorfosi, si svela senza mostrarsi, si concede un attimo, emerge e scompare, un dono imprendibile, perché dono del Mondo. Alina è un nome proprio di donna, ma allo stesso tempo è anche il termine scientifico per indicare il contenuto dei sali nell’Oceano, la salinità di un corpo idrico. Il corpo disciolto è invisibile, fluido, unito nella moltitudine di un eterno cambiamento indicibile, in dialogo costante con la sostanza più profonda e nascosta della vita. (Ilaria Margutti)

15 - DACIA MANTO - PLANIZIARIA

Artista visiva, da alcuni anni porta avanti attraverso video, installazioni, disegni e performance una personale ricerca e mappatura dello spazio e del paesaggio, che ha interessato in particolare territori fluviali e palustri. Osservatori strutturali e poetici sulla natura, i suoi lavori costruiscono immagini e architetture aperte, fragili, precarie, che divengono testimoni dell’inafferrabilità dell’ambiente, della difficoltà di restituire la realtà della visione. Planiziaria è un video che verte su luoghi interstiziali, situati ai margini. Territori disegnati dall’acqua che mantengono un’apparenza sospesa nel tempo. B - FRANCESCO CIAVAGLIOLI - SOMIGLIANTE Francesco Ciavaglioli è nato ad Avezzano (Aq) nel 1983. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Perugia, la sua ricerca si concentra sulle immagini e la loro dissoluzione, dalla quale si origina una sospensione della riconoscibilità delle forme. Tra le mostre principali: Edit / Dis-vulgare, Galleria 291 Est, Roma (2014); Strategie fantasma, Palazzo Lucarini, Trevi (2013); Dedalo, Kulturhalle, Tubingen (2013); CITIZENSHIP: la giovane fotografia racconta la cittadinanza, Festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia (2012). La sua produzione artistica prende forma dalla condizione di ambiguità propria delle immagini: alla ricerca costante di un equilibrio fra epifania e svanimento, le sue opere manifestano un interesse quasi ossessivo per l’entropia. I lavori di Ciavaglioli, infatti, affrontano il tema dell’apparizione delle immagini e della loro “erosione”, nonché il rifiuto che esse oppongono a essere ricondotte a una forma definita.


L’installazione Somigliante è paradigmatica di questo approccio: i “rotoli” sospesi nel vuoto della scalinata dell’ex caserma – simili a cascate d’acqua – si configurano come “impronte di realtà”, tracce evanescenti. L’opera, come quasi tutti i lavori dell’artista, punta in maniera ostinata in direzione di un rallentamento dello sguardo, affermando così l’atto del vedere come scelta. (Saverio Verini) www.francescociavaglioli.it 10 - MARCO BUZZINI - SENZA TITOLO All’incirca dal gennaio del 1981, passo i giorni a rimuginare sul perché e per come di quello che faccio, o meglio, di quello che devo fare. Senza farlo. O forse anche questo è fare. Gli scarsi ma, pressanti impegni di lavoro mi obbligano al multitasking, termine di cui non sono sicuro del significato nonostante, nel campo della televisione, l’anglofonia sia parte integrante del curriculum. Mi esaurisco tra una ripresa e l’altra per tg locali, matrimoni e sport, ma la tv non mi piace. Il cinema, quello sì. Ma i tempi cambiano e se non stai al passo rischi di inacidirti e irrigidirti anche verso le passioni. Quindi passo il tempo sulle mie cose. I continui viaggi da Sansepolcro a Perugia sono stancanti, ma in Accademia mi sento a casa. Lì respiro in maniera diversa. Per questo mi sono trattenuto per quasi dieci anni. Vorrei trovare un modo per restare. Ogni volta, ogni momento impiegato, volto al lavoro, può contenere una miriade di pensieri, dubbi, sicurezze e di nuovo dubbi così come fiducia, incertezza, rabbia nei confronti di sé e della materia, con la quale si litiga e ci si riappacifica, ferendola e curandola, mentre essa fa lo stesso con chi vi allunga la mano sopra. Perché quello che c’è nella mente è difficilmente qualcosa che possa bastare di per sé. Si necessita una comunione che però nega la morbidezza di questo termine. Diviene di volta in volta stridente, dolorosa compenetrazione, scontro e scambio allo stesso tempo. 11 - LE GIRAFFE PRODUCTION LABS - H(z)²O Giraffe è un laboratorio creativo, nato nel 2013 dall’impulso di giovani artisti e tecnici professionisti, che realizza produzioni multimediali audio e video, installazioni illuminotecniche e audiovisive e allestimenti di eventi, nel settore indipendente, commerciale ed istituzionale. Collaborano con il progetto della CasermArcheologica dal 2014, facendo confluire le loro competenze e capacità, sia nella progettazione artistica, sia nella realizzazione tecnica delle installazioni contenute dentro gli spazi. Il gruppo è composto da Luca Giovagnoli, Francesco Dejaco, Giacomo Calli, Emanuele Frusi e Patick Vitali. H(z)²O è un viaggio attraverso suoni e immagini, trasportati da un elemento conduttore vivo e dina-

mico: l’acqua. Le Giraffe Production Labs presentano un appuntamento dove il pubblico potrà, attraverso la tecnologia e le proprie azioni, assistere a trasformazioni dinamiche, reazioni e movimenti dell’elemento cardine della vita terrestre. Non solo spettatori, ma creatori e artigiani di un mondo surreale, prodotto digitalmente e meccanicamente dalle azioni e fantasie. Quello che ne consegue è un viaggio ed un esperienza che colpirà nel profondo, in pochi minuti e indelebilmente. 7 - CLAUDIO BALLESTRACCI - ANAMNESI IDRICA Classe 1965, nato a Milano, vive e lavora a Longiano, in Romagna. Il cuore della sua ricerca consiste nel vivificare il fattore apparentemente inerte della materia (frequente l’uso del metallo) attraverso processi tecnici elementari: la luce, l’elettricità, la simbiosi alchemica con elementi composti e naturali. L’oggetto ritrovato è la materia prima per elaborare l’immagine, così come un luogo o un edificio sono fonte di ispirazione originaria. Vigile esploratore di storia e storie della cultura con una predilezione per il mondo del libro, ha progettato e allestito esposizioni temporanee e interne ai musei (al Musée Rabelais a Chinon, nella Casa Rossa di Alfredo Panzini a Bellaria Igea Marina). Autore di scenografie e progetti in ambito teatrale, si occupa anche di architettura attraverso proposte che vertono sul rapporto poetico fra natura e paesaggio, luce e ambiente. www.giraffelabs.it 8 - SIMONA BRAMATI - È DI COLORE ROSSO IL CUORE Sono nata a Jesi nel 1975 e me lo ricordo anche quel momento, come pure mi ricordo d’aver pensato che fosse una gran bella fregatura! Vivo e lavoro a Castelplanio in provincia di Ancona, spersa tra le colline marchigiane, insieme al mio fedele e amico cane Giulio, tre gattoni, galline, piccioni, papere, conigli, tacchini, ghiandaie, picchi, upupe, poiane, i miei amati corvi e molto altro ancora. Qualche sera ci capita anche di organizzare delle feste, ovviamente il dj sono io. Mi sono laureata in pittura all’Accademia di Belle Arti d’Urbino e diplomata all’Istituto Statale d’Arte di Jesi. La mia ricerca artistica mi ha portato a collaborare con molti artisti, curatori e gallerie private sia in Italia che all’estero. È di colore rosso il cuore è un’opera autobiografica. Una sorta di preghiera laica o ringraziamento, invoca il destino, con il gesto delle mani giunte, quelle mani che legate al cuore e al pensiero si muovono, creano, elaborano, mettono in pratica quello che la mente pensa. Il rosso non è sangue, ma il colore della passione, è il colore del cuore! Quelle mani quindi come emblema del movimento! A loro attribuisco un’importanza cruciale! Il rosso è il colore che più interpreta il fuoco del fare, l’inseguimento di un ideale, di un sogno, la passione che genera la tenacia per andare avanti!


Le mani giunte trascendono il pensiero del cuore e s’impregnano di rosso! Le ali ramate che escono dalla schiena della figura sono la visione poetica di un sostegno, quello per cui la natura delle cose sa rimettere in gioco le proprie qualità, anche dopo l’autunno o l’inverno più freddo. Quel saper rinascere in primavera quando i germogli si risvegliano, pronti a donare il verde anche a dei rami apparentemente secchi! L’interesse verso il ritratto nasce dalla ricerca verso l’uomo e la sua esistenza. Delueze dice che il volto può avere tre funzioni, quella individuante, socializzante e comunicante. Egli associa queste caratteristiche al mondo del cinema, in cui un volto diventa ICONA, ma è evidentemente trasportabile nella vita reale, in cui ogni individuo utilizza il proprio volto per “manifestarsi” e per “individuare”, ritrovando le coordinate del proprio essere attraverso gli altri. Inevitabilmente cerco nel mio volto la somiglianza con altre immagini d’affezione di altri artisti, cercando il senso dell’esistenza del mio volto che posso toccare, sentire sorridere, piangere, trasformare in smorfiosi atteggiamenti, assimilando attraverso di esso immagini e restituendole al mondo attraverso quelle pittoriche, o foto, o pensieri, o parole… www.simonabramati.it 8 - VIRGINIA RYAN - SURFACING Sono un’artista transnazionale, australiana di nascita e italiana d’adozione. Dal 2000 vivo e lavoro in Umbria e Accra (Ghana) e dal 2009 inizio a lavorare in Costa D’Avorio, prima con uno studio ad Abidjan poi, dal 2013, nella città di Grand Bassam, vecchia capitale coloniale. Tra le mie mostre recenti nel 2010 Surfacing a Dak’art (Biennale di DakarOFF) Senegal, 2013 Shift/Rue Du Commerce a LaMama Spoleto e 2014 Espace A’Louer a la Galerie Cecile Fakhoury in Abidjan. Sono nomade nella vita ma anche nelle discipline artistiche: mi muovo fra la pittura, fotografia, scultura e installazione, a volte realizzando progetti in collaborazione con artisti, antropologi e musicisti per approfondire tematiche legate alla terra, all’identità e alla memoria. Dal 2008 ho partecipato alle Biennali di Dakar, Malindi e Venezia (Pino Pascali, Ritorno a Venezia) e nel 2014 la Fondazione Museo Pino Pascali mi ha dedicato la mostra personale Fluid Tales e nel 2015 Pascali/Ryan/Bouabre’ in Sicilia. Impronto da sempre il mio lavoro su ciò che sotto la superficie “liquida” del sapere globalizzato ancora individua e nel contempo unisce culture e storie geograficamente lontane sul principio di profondi simboli ancestrali largamente condivisi. Con l’installazione Surfacing, è evocata le figura mitica della Mami Wata (dall’inglese Mammy Water), metafora dei pericoli della navigazione, ma anche simbolo dell’archetipo del femminile e simile per molti aspetti alle sirene, creature ibride che si incontrano spesso nelle mitologie occidentali, ca-

paci di ammaliare con il loro canto melodioso e di portare alla perdizione gli umani. Come scrive nel 2014 Alessandra Migliorati “In quello stesso mare, che è elemento e mito ancestrale, scarichiamo i nostri rifiuti, perdiamo oggetti anche cari, lembi di storia personale che l’acqua a volte restituisce come presenza/assenza spogliata del contingente.” www.virginiaryan.com 9 - ANTONELLA FARSETTI - COME ACQUA Sono nata a Capolona (Ar), dal 1979 vivo in Valtiberina. Ho collaborato con gallerie in Italia e Francia in particolare. Intorno al 1995 ho incontrato per caso il vetro, dopo aver ricevuto una grande commissione, ed è nata la mia grande passione... L’amore per il vetro e le continue sperimentazioni, come l’avvio di laboratori dedicati alle scuole e aperti a tutti gli amanti di questa materia, mi hanno portato nel 2012 all’ideazione di un evento biennale dedicato al vetro nell’arte contemporanea: Divetro, ha visto artisti ospiti come Tommaso Cascella, Bruno Ceccobelli, Oiviero Rainaldi e la carissima amica Alessandra Baldoni, solo per citarne alcuni, lavorare in sinergia nel mio studio. Dal 2013 una grande scultura in vetro, I Colori del Chianti, decora il giardino di Pievasciata nel Parco Sculture del Chianti. L’elemento acqua mi accompagna dalla nascita: il fiume Arno scorreva sotto le mie finestre e ho potuto godere del suo parlare, della sua quiete e del suo profumo. Fin da piccolissima mi sono immersa nelle sue acque di cui ho percepito la forza e l’incanto. L’acqua è il mio elemento, simbolo di fertilità e di saggezza: secondo molti miti la vita nasce dalle acque primordiali e assume ogni volta la forma del suo contenitore non avendone una sua, usando il percorso di minor resistenza, senza sforzo o violenza, pronta a cambiarlo, per generarne uno nuovo seguendo le leggi della natura. L’opera è nata da un’emozione e la poesia di Alessandra Baldoni è dedicata a questo lavoro. www.antonellafarsetti.it D - ROBERTA BERNARDINI - ORDINE|DISORDINE Sono nata a Città di Castello (PG) la vigilia di Natale del 1969 anno in cui l’influenza spagnola aveva fatto aumentare l’indice di mortalità in tutta Europa; e il mio nonno materno, dopo una pesante ricaduta influenzale, era in fin di vita. E’ per questo motivo che porto il suo nome anche se ebbe poi modo di vedermi crescere. Mio padre invece, quel giorno, regalò a mia madre, al posto delle rose, un mazzo di garofani e non perché fosse socialista, ma si vociferava volesse un maschio. Oltre a nascere in pieno inverno, sotto il segno del Capricorno, legata a Saturno, non so quali altri fattori genetici, chimici o ambientali, hanno contribuito al fatto che da bambina, quando le amiche di mia madre mi chiedevano cosa volessi fare da grande, senza la minima esitazione rispondevo: la pittrice.


Mi guardavano curiose quelle donne che venivano tutte dalla fabbrica, lavoro duro che sembrava emanciparle come in Tempi Moderni di Chaplin. In questo clima di fiducia nell’industria, nel progresso e nella macchina, mia madre si chiedeva da chi mai avessi preso. La risposta la trovai in seguito tra i ricordi d’infanzia legati al nonno Giovanni, all’uomo magico. Una volta disegnò su un foglio, con una matita, un olivo e quell’immagine mi è più vera del reale, ancora oggi. I suoi riti legati alla terra e al calendario, mi destavano profondo stupore e meraviglia. Il canniccio di fiume con la foglia di giglio diventava la croce dai poteri sconosciuti che proteggeva il raccolto, la vigilia di Natale, non potevo entrare nella stalla, perché gli animali parlavano. Nel costruire queste visioni/oggetto evocative e arcane, Giovanni era alla ricerca di una vera e propria estetica che dimostrava nel suo modo di narrare, di ordinare meticolosamente gli elementi del suo lavoro e di tramandarmi il suo sapere, il suo “fare magie”. Nel 1997 mi sono diplomata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, ho lavorato alcuni anni nel settore della grafica e ho partecipato a mostre collettive e personali, ho incontrato persone che amo profondamente e sono diventata mamma; al momento insegno. In perenne ricerca delle mie connessioni tra uomo e cosmo, indago nelle magie che scopro viaggiando tra natura, filosofia, antroposofia, ecologia, meccanica quantistica, teorie sistematiche, cibo e la Rete della Vita. 1 - FRANCESCO BOCCHINI - LA STORIA NATURALE Nato a Cesena nel 1969. La sua operatività si è concentrata su lamiera e ferri smaltati per produrre macchine di marchingegni elementari. Meccanismi, installazioni, teche e altro: lamiera di ferro dipinta a olio, un lavoro in equilibrio tra ironia, mistero e dramma. Dalla metà degli anni ’90 il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive in Italia e all’estero, in gallerie private e in spazi pubblici. Vive e lavora a Gambettola (Cesena). [...] Riciclaggio, bricolage, catalogo, logica binaria, serialità, omologazione: ogni prototipo della moderna costruzione del senso è in queste opere documentato. Nella struttura dell’espositore – algida scaffalatura dell’esistente in forma di edulcorata, inerte reliquia, dove anche insetti e fiori, anche l’istante più incontaminato e più gratuito della vita biologica viene registrato in una rigorosa tassonomia. www.francescobocchini.com 2 - JUAN CARLOS CECI - SOLUZIONI È nato a Zaragoza nel 1967 e si è laureato in Psicologia Clinica presso l’Università di Bologna. Rilevante, per la sua esperienza artistica, è stata la visita, nei primi anni di formazione, di siti archeologici e chiese romaniche dell’Italia centrale che l’hanno condotto all’indagine delle relazioni

tra uomo e animale secondo un approccio tassonomico e con un sentimento claustrofobico dello spazio nel suo rapporto con la figura rappresentata. L’attraversamento dei paesaggi della Meseta aragonese e castigliana, per la loro inafferrabilità alla presa dello sguardo, hanno influenzato le sue opere dedicate al paesaggio. Tra le principali mostre: LANDINA, esperienze di Pittura en Plein Air a cura di Lorenza Boisi, Palazzotto di Orta San Giulio; Fisiologia del paesaggio, a cura di Daniele Capra, Museo di Anatomia Comparata, Bologna; Lost Ways, a cura di Luigi Meneghelli, Galleria Arte Boccanera, Trento; Osservatorio # 1, a cura di Alberto Zanchetta, Basilica Palladiana Vicenza. Attualmente, vive e lavora a San Marino. “[...] Qualcuno obietterà che un fossile non ha voce. Dipende dal punto di vista, dico io. C’è chi sa che le rupi hanno i visceri, che le pietre si liquefanno e la terra è a volte blu, altre verde o bianco latte. Io di fossili non ne capisco niente, però so che hanno una voce, sotto il gran naso. Ma devi avere pazienza, per sentirla bene. Metterti lì davanti e aspettare. Perché loro si perdono, in mezzo a strati di memorie e di idee. Li guardi, sembrano lontani.[...] Ho pensato che tutte le cose, le persone, l’arte, sono complicate. Sembrano facili da vedere, quando le hai lì davanti. Se vuoi vedere bene, però, ma davvero bene, prima devi ascoltarle. (Maria Chiara Monaldi)” 2 - JARA MARZULLI - MAREA Sono nata nel 1977 a Bari; già da piccolina realizzo ritratti veloci durante le ore scolastiche e il regalo più bello fu un cavalletto di campagna che mi permise di partecipare a estemporanee per esercitarmi nel cogliere il senso dell’atmosfera, delle variazioni tonali e del movimento, ricevendo risposte positive dal pubblico nei concorsi. I diplomi con il massimo dei voti delle Scuole d’Arte Liceo Artistico e Accademia di Belle Arti sono state conseguenze naturali e, applicandomi intensamente nelle tecniche disparate, intanto esplose ciò che mi attraeva passionalmente da sempre: cogliere l’aspetto misterioso dell’essere umano. Si rivela, nelle mie rappresentazioni pittoriche, il senso dell’appartenenza a una memoria lontana, infantile e femminile, nell’esprimere il concetto di ritualità nelle gestualità e nella ricerca costante del senso della corporeità e dell’intensità quasi psicologica dello sguardo. La vita score tra rivoli d’acqua, che attraversa la sostanza più lontana e l’essenza fondamentale dell’esistenza. Se si percepiscono all’improvviso i pesi e gli incastri dei corpi, un attimo dopo ci si accorge dello stato di sospensione e di leggerezza fluida delle membra che fanno da specchio alle storie di anime. www.jaramarzulli.it


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- PAOLO FABIANI - SENZA TITOLO Nato nel 1962 a Montevarchi (AR) si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1985. Nel 1988 inizia la sua carriera artistica esponendo alla galleria N. 29 di Ginevra e alla galleria di Marsilio Margiacchi di Arezzo. I lavori di Fabiani, in quegli anni interessano molto anche i fratelli Carini con i quali inizia una frequentazione assidua. Nell’ottobre dell’89 le opere di Fabiani saranno presentate con una personale alla galleria fiorentina Carini. Del 2014 il progetto espositivo Questione di Fili, presso l’ex Lanificio di Stia, (AR). Dal 2000 unisce all’attività artistica quella di docente di Arte e Immagine nella scuola secondaria di primo grado. “[..] La Cucina è l’ambiente della casa nel quale mi sento completamente a mio agio. Uno spazio intrigante nel quale la creatività può avere degno risalto. Luogo deputato alla trasformazione per eccellenza: dal freddo al caldo, da liquido a solido, dal duro al morbido.[..] Il disastro contiene in se la bellezza del colpo di scena, cambiamento improvviso di un paesaggio che non sarà più lo stesso; sia nel micro che nel macro possono avvenire disastri, cataclismi, che talvolta innescano reazioni a catena a carattere universale.” 3 - SAVERIO MERCATI - BOTTIGLIE Saverio Mercati (1961), vive e lavora a Sansepolcro e Arezzo. Attivo a Roma fino dai primi anni ottanta, ha partecipato a mostre personali e collettive in ambito nazionale ed internazionale, le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private. Nel 1985. inizia a frequentare a Roma lo spazio ex pastificio “cerere”, una struttura industriale dismessa e trasformata in studi di artisti, si lega in quel periodo a una amicizia collaborativa con molti di coloro che formarono quella corrente artistica che successivamente fu definita “la nuova scuola romana” Nel 1990 tiene la prima personale ad Arezzo alla galleria Margiacchi, seguiranno, sempre nella stessa galleria , mostre collettive e fiere nazionali ed internazionali. Il suo lavoro di orientamento tipicamente concettuale spazia su vari aspetti della comunicazione, esprimendosi attraverso la scrittura, la scultura, la fotografia, i video e l’installazione. Appassionato studioso di storia dell’arte contemporanea, alterna la pratica di artista visivo a quella di scrittore di racconti. 4 - ILARIA MARGUTTI - LE FIGLIE DI MAMI WATA Sono nata a Modena (1971) e vivo a Sansepolcro; la mia vita si “dipana” tra i fili che intesso, tra la vita che dedico all’insegnamento e, dal 2013, tra quella che ho incontrato nella ex-Caserma. Nel 2010 sono stata ospite presso il Consolato italiano della Costa D’Avorio assieme a Virginia Ryan, per realizzare un’opera dedicata alla figura mitologica della sirena MAMI WATA (Madre Acqua).

Ho pensato all’abito bianco che le sacerdotesse indossano per chiamare la divinità dall’Oceano, alla promessa di fedeltà che lega l’essere umano all’acqua, una promessa che lo rende figlio del mare, che lo lega per la vita, come il cordone ombelicale alla madre. Le pietre bianche che rivestono la tela e la terra, sono calchi di ombelico di tante persone, in segno eterno alla fedeltà della promessa. A - IN RERUM NATURA - Abbi Cura “Pungo i tuoi occhi, perché possano tornare a vedere.” “Aghi, spilli, fili di seta. Una tela, un telaio: guarigioni da ricamare, perchè la Bellezza, prima di salvare, ferisce, lasciando preziosi segni sulla pelle, come merletti di un vissuto. La pelle esperisce, trattiene, diventando il documento tangibile della nostra guarigione. Indelebilmente registra ogni cosa. Ilaria Margutti tratta la tela come fosse pelle. Ogni sua opera è metafora epidermica sulla quale rintracciare i vissuti, ricamandone i segni. Un’arte antica fatta di precisione, lentezza e disciplina, ritmo e silenzio, respiro e lunghe attese. Ricamare oggi, è un atto di coraggio temerario, perchè il corpo sente tutto, imparando il Tempo e restituendo la consapevolezza del cambiamento.” È qui l’infinito ripetersi, è qui che risiedo. Trama [andare], è una necessità. L’unità di misura si espande nel tempo e il battito scandisce il ritmo del respiro. Guarire dal dolore dell’umano limite. Il Recto e il Verso Irrazionale ordine della natura. Il seme, il germoglio, la radice secca non feriscono gli occhi / misurano l’inverno in fili di seta E come vite, regge / L’appiglio imperfetto. Siamo la mappa e il territorio di filo e battito è fatto il tempo come seme, nasce e fora / Non v’è nulla da svelare, poiché la mappa è il retro del viaggio. Abbi cura, ricama, il filo suona al ritmo dell’ago, pungi la pelle e amala. Ode a ciò che tocca, alle spine, al tatto, alla ferita / Prima che scompaia anche l’ultima carezza. Ogni segreto è un seme, In tutto lo Spazio vuoto di una tela possibile. www.ilariamargutti.com C - VALTER LAZZERINI - 29.10.2010 sconfinamenti Il Tevere, la grande piena 30|12|2010. Verso le 21,00 ricevo una telefonata di mio figlio che mi avverte che la diga di Montedoglio è crollata. Qualcosa di grave era successo anche se non così drammatico: una parte del muro dello scolmo, aveva ceduto e circa 600 metri cubi d’acqua al secondo (più o meno il volume di una casa a 2 piani) si riversavano sul letto sottostante del Tevere.


Mi sono recato immediatamente su una strada che costeggia il lago per rendermi conto di cosa fosse successo e, anche se in rapporto alla grandezza della diga, la falla era piccola, l’impressione che ho ricevuto è stata di una grande potenza. In quei momenti ti rendi conto di quanto nessuno possa far nulla per contenere quella forza. La notte l’ho passata in casa ascoltando il rumore minaccioso dell’acqua che aveva raggiunto la strada attraverso i campi allagati. Ho caricato le attrezzature in macchina e mi sono recato sotto la diga. Avevo ancora dentro l’emozione forte dell’avvenimento della notte e non potevo pensare ad altro che tornare a vedere di giorno cosa stava succedendo. Lo spettacolo era imponente: una quantità enorme di acqua scorreva su letto del fiume che, normalmente, a pochi km dalla sua sorgente, ha l’aspetto di un piccolo torrente, ma che, in quel momento, era diventato un grande fiume imponente che riempiva anche gli spazi che mai l’acqua aveva toccato. Il suono che mi giungeva alle orecchie era impressionante. Ogni cosa ti riempie la mente e il cuore; in quei momenti non riesci a pensare ad altro. Una quantità enorme di acqua torbida che avanza veloce, un rombo grave e continuo che fa da sottofondo e annulla qualsiasi altro suono, un cielo grigio che quasi sparisce in una leggera nebbia come a cercare di restare nascosto per portare rispetto a quel fiume serio e deciso che quel giorno fa da protagonista. Io filmavo e subivo il fascino di quella esibizione; quasi una danza sottolineata dai rivoli, dalla schiuma e dai mulinelli minacciosi dell’acqua che scorreva incurante di tutto e di tutti. Anche gli alberi erano in mezzo a quel flusso e vibravano, flettevano, si tenevano ancorati alla terra con tutte le loro forze. Oggi, a distanza di 5 anni, mi rendo conto del valore di quelle immagini e di quei suoni, io ho solo filmato, la natura si è esibita, ha creato la sua opera, maestosa, imponente, perfetta e padrona. 5 - GIORGIA MORETTI - TUFFO Giorgia Moretti, in arte TIMORE, diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2004, vive e lavora nella sua città natale, Bellaria (Rimini). L’arte che predilige è la pittura figurativa. Nella scelta dei soggetti l’artista attinge al suo immaginario onirico, prestando particolare attenzione all’anatomia, all’elemento naturalistico e al disegno. “Una collezione di immagini (…) che si dispiega come antologia sulla fragilità del corpo. Pur se redatta da unica mano, essa conserva del proprio soggetto la cangianza che lo sguardo attento dell’autrice sempre è capace di cogliere. Sguardo che passa attraverso l’epidermide, che rende trasparente e cede trasparenze; sguardo analitico che al pari d’una tavola anatomica apre, disseziona, sfoglia; sguardo sintetico che, selezionando in

lessico minimo, riduce differenze, si spoglia, fa economia; sguardo sentimentale, all’indietro, verso l’interno. (…) immaginario fatto di emersioni e riemersioni, di lampi e sedimentazioni. Tuffatrici che abbandonano la propria apparenza esterna nell’estasi del gesto agonistico, anatomie diafane che mostrano con intenzione quasi didascalica ciò che sempre rimane celato nel non potersi guardare se non dall’esterno, (…): sono sogni ad occhi aperti destinati, fra apparizioni e sparizioni, a perdersi lentamente nella dimensione del ricordo.”(Giacomo Bartolucci) http://morettigiorgia.blogspot.it 5 - LAURA SERAFINI - SOTTILI STRADE D’ACQUA Siamo il risultato di una strana alchimia tra origine e cammino, luogo e tempo. Sono nata in Casentino (Arezzo) in una famiglia contadina tra campi e boschi, sono cresciuta imparando che il valore è dato dal saper fare, così ho lavorato e la mia creatività l’ho utilizzata per scopi pratici. Poi sono diventata madre e la mia vita ha cambiato direzione. Non c’è niente di utile nel creare la vita, è un salto nel buio terribile e meraviglioso e come Alice che si lascia cadere nel buco, io ho cominciato il mio viaggio di artista. Un nuovo, sorprendente mondo si è manifestato, ho studiato tecniche pittoriche, scultura, restauro, disegno dal vivo, ho esplorato il colore lasciando che invadesse la mia vita e ho cercato la mia strada esponendo in mostre personali e collettive in Italia, Francia, Germania, Bulgaria e partecipando a numerosi concorsi . Uno stile figurativo in costante evoluzione caratterizza il percorso che mi ha portato ad indagare l’essere umano in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni, a cercare un punto di equilibrio tra disegnare il corpo e rappresentarne le pulsioni. Così, se la tecnica insegna a camminare, gli incontri segnano le svolte e frequentando un corso di nudo accademico, ho conosciuto giovani artisti contemporanei che hanno allargato il mio orizzonte. Per le mostre/progetto “micropiscin[..]rcheologica”, “corpo e movimento” e “caserma archeologica” che sono seguite, ho sperimentato, usando nuove forme espressive che raccontano la vita tradotta dall’uomo in forma scritta. Ho iniziato a usare cartetecniche come cartamodelli, mappe e carte nautiche, elevandole a ruolo di trama/destino, mentre la figura disegnata è divenuta lieve, inconsistente, capace quindi di interagire con il supporto senza dominarlo. Sottili strade d’acqua. Ci sono incontri sorprendenti, luce nel groviglio dei pensieri, come un rotolo di vecchie carte trovate tra i banchi della fiera antiquaria. Stavo cercando ispirazione ed ecco che aprendo il carteggio, scopro mappe dei rilievi irrigui di Montedoglio, Sigerna, Chiascio, disegni tecnici che parlano di un progetto, di coordinate,


di spazi e percorsi precisi che sembrano aderire all’umana ricerca di un piccolo posto nel mondo, quella gratificante particella dove insinuarsi perfettamente. Sottili strade d’acqua si intrecciano con la leggerezza del disegno monocromatico come vita che fluisce dentro e fuori il corpo, trasportando frammenti che sedimentano con detriti di altre vite, a mutare un corso già tracciato. www.lauras.it 6 - MASSIMO PULINI - MEDUSE Classe 1958, pittore e storico dell’arte, insegna all’Accademia di Belle Arti di Bologna e da più di tre decenni svolge un’intensa attività artistica, in mostre personali in importanti musei italiani ed europei. Ha redatto numerosi saggi sull’arte italiana del XVI e XVII secolo e curato varie esposizioni museali come le monografiche di Guercino (Milano e Roma 2003-2004; Londra 2005) e del Sassoferrato (Cesena 2009). A lui si devono i cataloghi ragionati delle opere di Andrea Lilio (Federico Motta) e di Ginevra Cantofoli (Editrice Compositori). Per la casa editrice Medusa ha pubblicato quattro libri riuniti nella raccolta La coperta del tempo (2008) e il monologo teatrale su Caravaggio, Nero Fumo (2010). Del 2011 è Gli inestimabili, il suo primo romanzo edito da Carta Canta.

14 - VALERIA PIERINI - The dreamers

‘Si muore tutte le sere, si rinasce tutte le mattine: è così. E tra le due cose c’è il mondo dei sogni.’ H. C. B. The dreamers è un progetto dedicato ai sogni. Questi vengono ‘presi in prestito’ da alcune persone che decidono di partecipare e anche dalla letteratura. Il lavoro consiste nel mettere in scena porzioni di questi sogni e si divide in due parti: la prima, ‘the dreamers’ ovvero l’installazione di due foto scelte per ogni sogno con relativo testo dello stesso che funge da titolo; la seconda, ‘rem’, si compone di un quaderno compilato per ogni sogno, quasi fosse lo storyboard, l’ossatura di testi e immagini da cui nascono le due foto scelte. Le foto nascono dalle suggestioni date dai testi dove si raccontano i sogni, che vengono poi rielaborate e filtrate dalle ricerche fatte in materia onirica. Le foto infatti, sono permeate di simboli o archetipi socialmente riconosciuti che però nei sogni trovano la loro dimensione preminente poiché nei sogni le conoscenze si ribaltano e ampliano come la percezione delle cose, creando una conoscenza sommessa del mondo. La scelta di inserire sogni presi dalla letteratura e di lavorare con i diari è data dal fatto che la letteratura è permeata di sogni e le pratiche analitiche usano la scrittura come metodo di analisi dei sogni. E’ sulla carta che i sogni trovano il loro spazio cosciente nella vita delle persone.

L’ACQUA E’ DI TUTTI

Installazione interattiva di Manolo Benvenuti, Claudio Ballestracci, Giulio Accettulli Musiche di Marco Mantovani Piazza Torre di Berta, Sansepolcro (AR) dal 24 aprile al 3 maggio 2015 L’acqua è di tutti è stata realizzata nel corso di una residenza francese della durata di un mese, durante la quale numerose scolaresche, associazioni e volontari sono stati coinvolti per completarla con un rivestimento in plastica di recupero. Circa 3000 bottiglie in PET, altrimenti destinate ai cassonetti dei rifiuti plastici, sono state infatti lavorate per ottenere il fitto mosaico policromo e screziato che costituisce il suo aspetto più appariscente. Osservata a distanza, l’opera si presenta come una bottiglia d’acqua dalle dimensioni ciclopiche, simbolo della spropositata quantità di rifiuti inorganici sconsideratamente prodotti dall’uomo “civilizzato”. Ma il legame con l’acqua non si limita alla denuncia dell’eccessivo impiego di acqua in bottiglia in luogo della comune e salubre acqua del rubinetto, con il devastante impatto ambientale che ne consegue. L’opera è stata commissionata in concomitanza con il referendum contro la privatizzazione del sistema idrico e, per meglio comunicare il loro pensiero, gli autori hanno scelto per lei un titolo che è un esplicito messaggio di civiltà: l’acqua è un bene comune, la cui portata, oltre che sociale, è indubbiamente relazionale. Insostituibile per la sopravvivenza di ogni forma di vita, l’elemento idrico è stato anche, fin dalla preistoria, un fattore antropico basilare: decisivo nella fondazione delle città, aggregante per le popolazioni, ineguagliabile mezzo di trasporto di genti e merci. L’installazione di Benvenuti, Ballestracci e Accettulli intende esaltare il carattere relazionale dell’acqua con l’aspetto interattivo e performativo che ne fa, ogni volta, un’opera molto amata da chi la vive in prima persona. I fruitori sono liberi di accedere all’interno della monumentale Bottiglia, dove scoprono quattro Fontane animate d’acqua e di musica. Di più: scoprono di poter eseguire poetici fraseggi musicali semplicemente interagendo con l’acqua. Di più ancora: scoprono che, prestando attenzione l’uno all’altro, possono suonare un vero e proprio quartetto d’archi – composizione originale che il maestro riminese Marco Mantovani ha elaborato ispirandosi alle molteplici forme in cui l’acqua si manifesta in natura. Ogni esposizione dell’opera è anche un’inconsapevole azione performativa del suo pubblico, rapito dall’infinità di variazioni musicali che può innescare. Poesia. Impegno civile. Messaggi d’armonia ed ecosostenibilità. L’acqua è di tutti veicola contenuti complessi esprimendoli in forma intuitiva e affascinante. www.artandwater.org


L’ACQUA E’ DI TUTTI Installazione interattiva di Manolo Benvenuti, Claudio Ballestracci, Giulio Accettulli Musiche di Marco Mantovani Piazza Torre di Berta, Sansepolcro (AR) dal 24 aprile al 3 maggio 2015 ph. Stefania Martini



Progetto sostenuto da: Assessorato alla Cultura e alla Contemporaneità del Comune di Sansepolcro Istituzione Museo Biblioteca e Archivi Storici di Sansepolcro GLI EVENTI CASERMARCHEOLOGICA 2013: - CASERM[..]RCHEOLOGICA a cura di Ilaria Margutti e Enrique Moya Gonzalez. Progetto realizzato con le classi del liceo scientifico di Sansepolcro e con Alessandra Baldoni, Cristina Villani, Federica Casetti. 2014: - ARTQUARTET a cura di Le Giraffe Labs (Luca Giovagnoli, Giacomo Calli, Emanuele Frusi, Patrik Vitali) Mostra collettiva con Viola Cangi, Anna Cuzzolin, Giulio Giustini, Marco Buzzini. - RECTO|VERSO a cura di Ilaria Margutti in collaborazione con Kilowatt Festival. Collettiva: Ketty Tagliatti, Giancarlo Marcali, Elisabetta di Sopra, Samuele Papiro. Progetto realizzato con le classi del liceo linguistico di Sansepolcro. - OUTERNET NIGHT a cura di Ilaria Margutti Luca Giovagnoli e Le Giraffe Labs con Tiziana Cera Rosco, Francesca Romana Pinzari, Völdo, Alessandra Baldoni, Marco Buzzini, Francesco Dejaco. 2015: - IDROPHILIA | la Zona Abitabile a cura di Ilaria Margutti e Le Giraffe Labs dal 24 aprile al 26 luglio 2015 - collettiva di 20 artisti tra territori confinanti. RINGRAZIAMENTI Mariangela Betti Chiara Cestelli Lorenzo D’Anna Francesco Dejaco Piero Ercolani Valentina Marini Mattia Martini Stefania Martini Manuele Milli Luca Scimia Sabino Spillantini Ferledo Tizzi Matteo Catacchini un grazie speciale a FL Press|Flavia Lanza e Leonardo Tredici per la preziosa collaborazione. A Rita Pecorari con LINNEUS, per aver creduto e sostenuto la nostra Utopia, anche stavolta.

Agli studenti del Liceo Linguistico di Sansepolcro che hanno passato le loro festività pasquali a ripulire le stanze della CasermArcheologica: Chiara Alberti Aurora Betti Gaia Biagioli Lorenzo Boschi Dea Carboni Lucia Ceccarelli Sofia Ceccarelli Benedetta Gaggiottini Andrea Marsili Chiara Nardi Lucia Scartoni Anna Schweitzer Laura Settanni Elisa Tiroli Collaborazioni Kilowatt Festival - MGM Photo Video - Le Giraffe Production Labs - Informa Giovani Sansepolcro D’Anna Service SPONSOR Linneus-Busatti Fotografia: Ilaria Margutti, Stefania Martini, Valter Lazzerini, Francesco Dejaco. Progetto grafico Ilaria Margutti e Segni Marini




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