il Fatto Nisseno - maggio 2013

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“ Maggio

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L’intervista

Giorgio

Mulè

Il modello Sicilia non ha portato nessun reale cambiamento. Crocetta, sino ad ora, è stato capace di dire molte “fanfaronate”. La realtà: la famigerata tabella H, spesa regionale abnorme, molto precariato

“Il direttore” fra presente e passato, getta uno sguardo sul futuro di Donatello Polizzi “Caltanissetta è una città che ha tentato di rialzarsi, di mettersi in moto ma non ci è mai riuscita. Ora è stucchevole dire di chi sia la colpa. Io so che adesso, che ho quarantacinque anni, alcune delle cose sporche sono rimaste sporche”. Giorgio Mulè, nisseno, direttore di

Il “direttore”, residente da oltre venti anni a Milano con la moglie Rossella Vitale (caporedattore al settimanale “Grazia”) e con la figlia Giorgia di dodici anni, è tornato a Caltanissetta in occasione del primo premio al giornalismo “Memorial Nuccia Grosso”, in

“Caltanissetta, è ora di rialzarsi”

Il nisseno alla guida del settimanale Panorama, analizza la situazione della città e dell’isola Panorama, analizza lucidamente la situazione del capoluogo nisseno. L’occhio imparziale di chi da oltre tre lustri non tornava nella sua città, è un “grandangolare” (si dice di obiettivo con ampio campo di presa) nitido.

qualità di presidente della giuria e per ricevere il premio alla carriera. “Ho perfettamente chiara la toponomastica di Caltanissetta, infatti, ho raggiunto il teatro Margherita agevolmente anche se, da circa venti anni, non percorrevo queste strade. Abitavo in via Luigi Savoia. Ricordo l’oratorio dei salesiani, dove ho frequentato le scuole elementari, il Palmintelli, dove giocava la Nissa in serie D e poi ricordo tante cose di Caltanissetta che adesso sono sparite. Molte insegne storiche non ci sono più o sono state ridimensionate. E’ un ricordo di gioventù, bello ed emozionante perché legato alla mia fanciullezza”. Da ragazzino si trasferisce insieme ai genitori (il padre Diego era un medico) a Mazara Del Vallo; da lì ha spiccato il volo verso i vertici del giornalismo nazionale, è stata una carriera folgorante. Ha iniziato nel 1989 al Giornale di Sicilia, lavorando sulla cronaca giudiziaria. Poi ad America Oggi e nel 1992 passa a Il Giornale, allora

diretto da Indro Montanelli. Nel 1996, il nuovo direttore Vittorio Feltri gli affida la responsabilità di guidare la neonata cronaca di Roma e poi la redazione romana. Poi è la volta di Panorama dove in breve tempo (dopo aver ricoperto diverse cariche, da inviato a caporedattore) diventa prima vicedirettore e poi vicedirettore esecutivo. Dall’11 ottobre 2007 al 31 agosto 2009 ha diretto Studio Aperto, il telegiornale di Italia 1 succedendo a Mario Giordano. Dal settembre 2009 è il nuovo direttore del settimanale Panorama (per il quale aveva in passato ricoperto l’incarico di Vicedirettore esecutivo), succedendo a Maurizio Belpietro, e del settimanale Economy. Torna nel capoluogo nisseno da adulto per esigenze professionali: “Sono tornato come inviato dapprima de il Giornale di Sicilia e in seguito de il Giornale (metà degli anni novanta) per i “noti” fatti (ndr, processi di mafia); quella era una Caltanissetta completamente diversa. La città è rimasta legata al terziario. Con enorme sforzi chi decide di fare impresa in città, la riesce a fare ma con grande difficoltà e non mi riferisco a fattori ambientali o legati alla malavita ma proprio a una questione logistica, legata alla manodopera, al tipo d’industria che si vuole impiantare. Il mio amico, Antonello Montante, mi racconta spesso di queste difficoltà, che sono difficoltà pratiche. Diciamo che Caltanissetta è rimasta una grande incompiuta”. Il “direttore” spesso in giro per l’Italia, conosce e apprezza molteplici professionalità made in Caltanissetta: “Spesso mi ritrovo con tante persone che sono nate qui ma che per lavorare, emergere e affermarsi, in maniera brillante nei campi più disparati, sono state costrette ad andare via. Ogni volta il cruccio condiviso è il tempo, troppo lungo, che è trascorso dall’ultimo ritorno nella propria terra”. Dal centro dell’Isola, dialetticamente, il passaggio a Palermo, capoluogo della Sicilia e centro decisionale politico-amministrativo, è breve: “Il cam-

biamento di Crocetta? I P.i.p., la famigerata tabella H, non voglio scomodare il Gattopardo ma ci siamo vicini. Il fattore tempo è favorevole al Governatore ma sino adesso è stato soltanto capace di dire fanfaronate. Siamo nel precariato, la spesa regionale è abnorme e inoltre considerando le percentuali di voto, e dell’astensionismo, Crocetta guida la regione con un consenso del 17%”. Il ruolo dei giornali, del giornalismo, della possibilità di incidere sulla vita quotidiana del paese.

Il giornalismo è in crisi. Non abbiamo saputo intercettare il cambiamento, ora nel nostro settore impera il precariato “Oggi la situazione è tragica. Noi giornalisti non abbiamo saputo intercettare il cambiamento, non abbiamo cambiato il nostro modo di scrivere o di fare i giornali. Non si riconosce il valore ai pezzi nel periodo in cui tutto è gratis: molti pensano tanto è su internet ed è g r a t i s . E’ una fase che a mio giudizio

Giorgio Mulè riceve il riconoscimento alla carriera durante il primo premio giornalistico “Memorial Nuccia Grosso”

finirà in tre/quattro anni, quando si arriverà a saturazione. I giornali, ovviamente venderanno molto meno, molti spariranno, altri si convertiranno al digitale, altri cambieranno la loro forma di presentazione. Ad esempio, Il giornale di Sicilia non può scomparire, per il suo radicamento con il territorio”. Il futuro dei giornalisti. “Io adesso ho una vita da quasi privilegiato ma se penso a quello che ho fatto dai sedici ai trentacinque anni, non ricordo altro che grandi sacrifici. Oggi chi vuole intraprendere questo mestiere sappia che ha dinanzi anni di precariato, che deve andare fuori dallo Stivale e che deve saper parlare almeno tre lingue di cui una deve essere l’arabo o il cinese”. Composizione logica inappuntabile, lo spartito è interessante; si scorge il talento musicale che il “direttore”aveva riversato nello studio del flauto in giovanissima età. A tutt’oggi la madre, Maria Albo che insegnava lettere al “Rapisardi” e alla “Capuana”, si rammarica del fatto che lui non abbia dato seguito all’estro musicale; in fondo il talento compositivo è rimasto inalterato invece di esprimerlo nel pentagramma, l’ha messo a frutto nell’uso della parola. Ci sembra di scorgere nelle sue parole un orizzonte che non indulge all’ottimismo: Caltanissetta che non riesce ad alzarsi, la Sicilia vittima di “fanfaronate”, il giornalismo in crisi, siamo dunque noi siciliani costretti ad essere immolati sull’altare del pessimismo o possiamo sperare : “Il pessimismo è una malattia dell’animo. Durerà fino a quando crederemo che questo paese sia uscito dalla guerra, finché non capiremo che è finito un mondo, non il mondo, fino a quando non ci sarà la consapevolezza che bisogna cominciare a credere in noi stessi, nelle capacità di riorganizzarci e dunque ripartire, come hanno fatto in Giappone e in America”.


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