Catalogo- Thailandia-Polinesia-Usa by Idee Per Viaggiare

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Il tatuaggio Il tatuaggio, revival culturale, vera e propria “carta d’identità dell’individuo” Remember Rapa Nui? In Polinesia il tatuaggio è un'arte divina. E’ facile immaginare lo stupore dei conquistatori olandesi quando, la domenica di Pasqua del 1722, scoprirono, dopo lunghi secoli di isolamento dal resto del mondo e a 20 giorni di navigazione dal lembo di terra più vicino, Rapa Nui, che chiamarono Isola di Pasqua. Ancora più facile indovinarne le espressioni incredule quando ai loro occhi apparvero le figure imponenti, maestose ed enigmatiche dei moai, i colossi alti 7 metri disseminati nel paesaggio. Ma che cosa pensarono quando videro i volti (e i corpi) pieni di tatuaggi degli abitanti? Essi costituiscono l’insediamento più orientale tra le 36 popolazioni polinesiane che durante la “grande migrazione” scoprirono le isole del centro e del sud del pacifico e vi si insediarono. I loro antenati sono gli stessi di altre popolazioni polinesiane quali gli Hawaiani, i Tahitiani e i Maori della Nuova Zelanda. Non a caso i tatuaggi di tutte le suddette popolazioni che formavano il grande triangolo del pacifico hanno tratti, soggetti e impostazioni simili, anche se non uguali. Tutti i Polinesiani discendono dai Lapita che, originari del sud est asiatico, iniziarono la lunga migrazione attraverso il pacifico nel 1500 a.c. e sbarcarono a Rapa Nui tra il 600-800 d.c.. L’iconografia Rapa Nui è caratterizzata dalla valorizzazione delle forme geometriche (linee parallele che gli abitanti dell’isola portano sulle gambe e sulle braccia). Caratteristica la ripetizione serrata di linee parallele; esse danno l’impressione che chi le indossa abbia dei collants. Nonostante i tatuatori dessero primaria importanza ai tatuaggi facciali – il viso era considerata la parte più sacra del corpo- anche i corpi erano completamente coperti di disegni. Pratica antichissima che parla di soglie (la pelle è il confine che separa il dentro e il fuori dell’io; i segni/codici, in quanto tracciati sul corpo, delineano il limite tra natura e cultura), la pratica del tatuaggio in Polinesia aveva radici ancestrali e profonde, testimoniate dal mito della sua prima creazione. A disegnare il primo tatuaggio, infatti, secondo i polinesiani, sarebbero stati i due figli del dio Ta'aroa, nel tentativo di conquistare, con la nuova bellezza scritta sul corpo, il cuore di una ragazza. Nella pratica quotidiana, ossi appuntiti, o anche denti di animali, servivano – secondo il racconto del capitano Cook – ad incidere la pelle, che veniva poi ricoperta con una miscela oleosa e neroverdastra ricavata dal carbone di una pianta locale. Il risultato era un segno indelebile che esprimeva complessi codici di senso: ci si tatuava fin da bambini per dire della propria identità, del rango, dello stato civile, della propria vicinanza agli dei, dell’appartenenza a un clan, dell’onore. Lo stile Polinesiano puro ha origini invece alle isole Marchesi e i soggetti e le forme sono quasi sempre queste: • Gecko: animale dotato di poteri sovranaturali e temuto dalle popolazioni indigene. Quando ride si dice che porti con sé un periodo di malattia e mala sorte. • Squalo: è considerato sacro ed è usato come simbolo di protezione dalle minacce. • Conchiglie: simbolo di prosperità. Si pensa che fosse la prima moneta utilizzata. • Tartaruga: Simbolo di vita lunga e fertilità. • Tiki: Divinità locale spesso rappresentata con gli occhi chiusi. Si dice che sia in grado di intuire i problemi ed i pericoli. Statua in legno presente in tutta l’area orientale polinesiana. Simboleggia la protezione • Delfino: Incarna la saggezza.

Ancora oggi gli artisti tatuatori polinesiani invocano la benevolenza delle due divinità e conservano una loro effigie nei loro laboratori, molti di loro partecipano a Tattoonesia, il festival annuale che celebra la tradizione, la creatività e la bellezza dell’arte del tatuaggio polinesiana.

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