Un approccio sempre più trenchless per Terna Intervista a Evaristo Di Bartolomeo, Responsabile Ingegneria Terna Antonio Junior Ruggiero Nel nuovo Piano di Sviluppo pubblicato nelle scorse settimane da Terna, che ha stanziato oltre 14 miliardi di euro per la rete elettrica italiana, si prevede che circa la metà delle nuove linee elettriche che entreranno in esercizio nel prossimo decennio sarà “invisibile” perché interrate o sottomarine. Una grande chance di applicazione del no dig che, nel solo caso della TOC, ha già raggiunto per la società che gestisce la rete elettrica nazionale un impiego dell’8% in ambito extraurbano e del 25% in ambito urbano nei cantieri avviati da gennaio 2019. Qual è la visione di Terna sulle trenchless technology? Fino a solo pochi anni fa i collegamenti in cavo interrato erano molto contenuti perché questa tipologia di linea elettrica era meno affidabile rispetto a quella aerea, specialmente in termini di identificazione dei guasti e facilità di intervento. Altro problema era la quantità inferiore di energia trasportabile sottoterra.
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Da un po’ di anni, però, ci sono almeno due nuovi aspetti da considerare. In primis, le tecnologie, anche su stimolo di Terna, hanno fatto grandi passi in avanti migliorando l’affidabilità e l’esercibilità, grazie all’impiego di materiali più performanti oltre alla possibilità di fare un monitoraggio in tempo reale più mirato, in particolare sullo stato di salute dei cavi stessi. Inoltre, la linea elettrica interrata, non essendo visibile, non crea particolari problemi paesaggistici; dunque, già da tempo cerchiamo di interrare quando possibile, soprattutto per i tratti in zone più antropizzate. In generale, quando facciamo un collegamento in cavo, preferiamo usare infrastrutture esistenti, tipicamente una strada. La tecnica più rapida ed economica è la trincea, anche se impattante per l’occupazione di suolo. In aree altamente trafficate, urbane o suburbane, per limitare intralci e impatti con i cantieri, possiamo ricorrere a