Hystrio 2013 2 aprile-giugno

Page 80

criticHE/veneto - friuli venezia giulia

marito e padre del bambino, Silvano Contin, che dal giorno della tragedia vive una tragica esistenza ai limiti della follia: ha lasciato un lavoro di successo e si è isolato in uno squallido appartamento di periferia, finendo per fare il ciabattino. Con un linguaggio incisivo, essenziale e crudo, lo spettacolo mette in scena temi quali giustizia, vendetta, perdono e pena, seguendo un taglio cinematografico, consueto nelle regie teatrali di Gassmann. Nel romanzo di Massimo Carlotto il confine tra bene e male è labile, una sottile linea destinata a invertire irrimediabilmente i ruoli. I proiettori illuminano a turno i due protagonisti che raccontano la loro storia. Beggiato, condannato all’ergastolo, si ammala di cancro e chiede il perdono di Contin per ottenere la grazia. Contin, riluttante, glielo concede solo per estorcere alla madre di Beggiato il nome del complice del figlio per compiere, così, la sua vendetta: ammazzarlo. La riflessione sulla tragicità dell’esistere, sugli avvenimenti che segnano le vite degli uomini in maniera irreversibile, nello spettacolo rimane rinchiusa nelle battute dei personaggi delineati in maniera stereotipata. Il buono e il cattivo. Il cattivo che impietosisce. Il buono che la vita trasforma in cattivo. Le sfaccettature psicologiche dei personaggi di Carlotto si riducono pesantemente sotto la scure di una regia essenziale e sofisticata, che, con proiezioni su un velatino, commenta l’orrore di una tragedia, non disdegnando immagini al limite dello splatter, sottraendola però all’elaborazione drammaturgica dei personaggi. Giusi Zippo

La satira low cost del Feydeau sloveno MA NON ANDARE IN GIRO TUTTA NUDA! (Ne sprehajaj se no vendar cisto naga!), di Georges Feydeau. Traduzione di Branko Madžarevic. Drammaturgia di Diana Koloini. Regia di Alen Jelen. Scene di Peter Furlan e Davide Cocetta. Con Primož Forte, Tjaša Hrovat, Luka Cimpric, Romeo Grebenšek, Vladimir Jurc. Prod. Stalno Slovensko Gledališce - Teatro Stabile Sloveno, TRIESTE. Se i bilanci degli Stabili italiani più noti sono oggi fortemente terremotati, è facile immaginare quanto lo sia quello del piccolo Ssg (il Teatro Stabile Sloveno, uno dei 17 Teatri Stabili italiani), abituato a lavorare da sempre in una condizione di nicchia. Da qualche mese alla direzione del teatro, c’è la dinamica Diana Koloini. Consapevole della riduzione delle risorse economiche di cui dispone, la nuova timoniera artistica ha evitato che il teatro si imbarcasse in una dispendiosa e memorialistica produzione che doveva avere per tema cicatrici di passate guerre e ideologie (il caso delle foibe ai confini orientali nel 1943-45), e ha scelto, modernamente, un ritorno al passato che sa di futuro. Ha dato carta bianca e portafoglio low-cost al regista di Maribor (Slovenia), Alen Jelen, il quale ha dato ascolto a Feydeau. Perché – a suo dire – le squisite battute del drammaturgo francese della belle époque alludono come non mai a com-

portamenti contemporanei. Cento anni fa, nel 1911 Feydeau aveva scritto Mais n’te promène donc pas toute nue!, commedia con titolo malizioso, gioiello di quel genere un po’ scollacciato, mai volgare, che i francesi dell’epoca chiamarono vaudeville. Si raccontano le preoccupazioni di un giovane politico che sta velocemente facendo carriera, ed è messo in imbarazzo dall’abitudine che ha la moglie di girare per casa molto, molto svestita. Feydeau ci aggiunge pure un cameriere guardone, un sindaco corrotto, un deputato incompetente, un giornalista di cronaca rosa… Come si vede, ritratti di strabiliante contemporaneità. La regia di Jelen gioca tra la precisione drammaturgica del testo, inevitabilmente belle époque, e sarcastiche osservazioni sul carrierismo d’oggi. Ragioni economiche gli suggeriscono poi di non realizzare la scenografia, ma di farla disegnare, colorandola vivacemente con le luci, fino a ottenere un Feydeau decisamente pop. Che è in fondo quel che ci vuole, per ridare credibilità a quel geniale osservatore di costumi. E di donnine e ometti ancora oggi scostumati. Roberto Canziani

Salvatore ovvero la fretta di vivere SALVATORE. FAVOLA TRISTE PER VOCE SOLA, di e con Silvio Laviano. Regia di Tommaso Tuzzoli. Suono di Federico Dal Pozzo. Prod. Tinaos Associazione Culturale/Mp produzioni, TRIESTE.

Ma non andare in giro tutta nuda!

in tournÉe

Hy78

La “favola triste” di Salvatore, nella sua estrema semplicità di contenuti, riesce a toccare intimamente: per l’interpretazione intensa e palpitante di Silvio Laviano, ma anche per la regia di Tommaso Tuzzoli, ancora una volta “pulita” e rigorosa, e, in questo caso, particolarmente efficace nell’esaltare le notevolissime qualità espressive dell’attore/autore del testo. Tutto inizia con un parto prematuro (Salvatore nasce “settimino”): un dato apparentemente poco significativo, ma che invece si configura immediatamente come la premessa a una vita destinata a dipanarsi all’insegna dell’impazienza e della curiosità. Canzoni degli

anni Ottanta e Novanta fanno da colonna sonora alla crescita di Salvatore, accompagnata dall’infanzia alla giovinezza, da presenze familiari e non, descritti nelle situazioni più diverse: le giornate al mare, i sostanziosi pranzi in spiaggia, le gare di sputi di semi di cocomero, le corse in motorino, i primi turbamenti amorosi, l’inevitabile esperienza del dolore che, come spesso accade, sanciscono il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Senza incorrere mai nel bozzettismo, Laviano, con il suo corpo agile e nervoso, si cala nei panni di ognuno, alternando sapientemente i più svariati registri espressivi, valorizzati dal bellissimo dialetto catanese e dalle sue inflessioni colorite e melodiose. Divertono ed emozionano i suoi personaggi – ora teneri ora stravaganti – che contribuiscono a disegnare vicende il cui sfondo è una Catania capace di ammaliare con il suo mare, i suoi odori, i suoi sapori, il suo calore e soprattutto il suo vulcano, l’Etna, presenza viva e pulsante tanto quanto tutte le altre. Una storia come tante, senza nessun carattere di eccezionalità, eppure straordinariamente coinvolgente per la carica di verità che straripa dall’anima e dal corpo del suo interprete. Stefania Maraucci

Amleto non c’è, Ofelia si è licenziata TO PLAY OR TO DIE, scritto e diretto da Giuseppe Provinzano. Scene e costumi di Vito Bartucca. Con Chiara Muscato e Giuseppe Provinzano. Prod. Css Teatro Stabile d’Innovazione, UDINE - Babel Crew, PALERMO. in tournÉe Essere o non essere. E per essere più precisi: essere attori, o non esserlo. Essere disposti a tutto pur di andare in scena? Rinunciare anche alla propria dignità? Oppure smettere, mandare tutto al diavolo. Soccombere, forse. Amleto covava a lungo i propri dubbi. Giuseppe Provinzano, 30enne e intraprendente attore palermitano, occupante al Teatro Garibaldi occupato, visto operare egregiamente già in SuttaScupa e GiOtto, passa volentieri all’azione. Da un’idea che ha accarezzato a lungo, tra studi, menzioni e pre-


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.