Hystrio 2006 4 ottobre-dicembre

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28-09-2006

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V E T R I N A

Dacci oggi il

Due drammaturghi italiani incontrano il “collega” argentino (e spagnolo di adozione) Rodrigo García, che questa estate è stato presente in molti nostri festival, e con lui parlano del suo metodo di lavoro, dei temi ricorrenti e della commistione di linguaggi presenti nei suoi testi, del problema delle sovvenzioni, del rapporto con gli attori e con il pubblico

di Ricci/Forte olterra. Bar di fronte al teatro Persio Flacco. Vedendo le centinaia di chili di prodotti commestibili che precipitano a pioggia dal cielo nel suo ultimo spettacolo, come un segno biblico dell’Apocalisse, ci aspettavamo un uomo diverso dal ragazzo mite, jeans e t-shirt identica a milioni di altri, che si siede accanto a noi ordinando una bottiglia di prosecco italiano. La conversazione con Rodrigo, iniziata a Santarcangelo, prosegue con un brindisi alla drammaturgia contemporanea. Divertito dal fatto di “chiacchierare” con due colleghi italiani - è risaputa la sua insofferenza ai giornalisti e agli intellettualismi - Rodrigo fa cadere del vino sul tavolo. Ne approfittiamo per insegnargli il cerimoniale di bagnarsi il dito e toccare il collo dell’altro per portare bene…

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RICCI/FORTE - Rodrigo, dal momento che sei particolarmente presente quest’anno in Italia provocando elettrocircuiti nei maggiori festival (Colline Torinesi, Santarcangelo, Volterra, Drodesera), non temi la sovraesposizione? Proprio tu che demonizzi il rito barbaro dell’iperconsumismo, non ti senti - ora come ora - un prodotto culturale usa e getta, al pari di una confezione di ketchup da discount? RODRIGO GARCíA - Lavoro in teatro da circa vent’anni producendo moltissime opere, direi piuttosto radicali, e mi è andata sempre male. Nel senso che ho avuto continuamente problemi con gli altri professionisti che davano della «merda» alle mie opere. Nonostante tutto, ho continuato per la mia strada. Poi, un bel giorno, ti accorgi che la gente davanti al tuo nome dice «Ah, Rodrigo García!!!!». Si, d’accordo, ma García non è

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