Hystrio 2005 3 luglio-settembre

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Un Piacere non nuovo IL PIACERE DELL'ONESTÀ, di Luigi Pirandello. Regia di Lamberto Puggelli. Scene di Paolo Bregni. Costumi di Giacomo Ponzio. Music he di Filippo del Corno. Con Giuseppe Pambieri, Lia lanzi, Antonio Fattorini, Nino Bignamini, Alessandra Raichi e Orazio Stracuzzi. Prod. T. C., MILANO.

Ci sono commedie che vivono nell'immaginario dello spettatore perché legate al carisma dell'attore che le interpreta. // piacere de/l'onestà di Pirandello è certamente fra queste. Da sempre, a partire del primo e storico interprete Ruggero Ruggeri e poi su su fino al grande Salvo Randone e al non dimenticato Alberto Lionello, passando anche per Renzo Ricci, Gianrico Tedeschi e Umberto Orsini, il ruolo .di Baldovino, l'uomo che si presta a giocare il ruolo del marito fittizio, è stato appannaggio di mattatori; e ciò soprattutto perché la psicologia complessa del personaggio offre la possibilità di una lettura ricca di sfumature. Ultimo a entrare nell'elenco è Giuseppe Pambieri. È arcinoto che Il piacere dell'onestà, risalente al 1917, è lavoro che anticipa molto futuro "pirandellismo" e del manifesto programmatico risente nello schematismo e nella dimostratività del racconto, oggi in verità più che mai invecchiato. Racconto che fa leva appunto sulla figura del nobile decaduto Angelo Baldovino il quale per denaro accetta di sposare una signorina di ottima famiglia rimasta incinta di un marchese impossibilitato a riparare perché sposato. Soltanto che una volta entrato nel gioco egli impone alla lettera le regole formali della società per bene: pretende cioè di dare sostanza a un codice di comportamento tutto affidato alle apparenze. Cosa questa che permette forti momenti di teatralità e offre la grossa occasione del finale quando Baldovino, sotto l'urgenza dell'umano coinvolgimento rinuncia alla maschera che si è imposto. Un Baldovino al quale anche Pambieri riesce a dare un'interpretazione persuasiva e personale. Capace egli di passare con sicurezza dai toni frivoli e scettici iniziali alla prepotenza della vita che fa il

suo irrefrenabile ingresso. Per la sua prova forse avrebbe potuto rivolgersi a un regista anch'egli nuovo all 'impresa e capace di recare al testo qualche idea nuova. Ha preferito affidarsi a Lamberto Puggelli che ha rispolverato il suo vecchio allestimento (comprese le scene di Paolo Bregni, vistose e di sapore surrealista), che nulla stravolge ma che, dimostrando rispettosa ironia nei confronti di quel che è considerato un classico, più che altro mira a contenere dissonanze e scompensi esistenti nel lavoro, badando insomma ad una misura di equilibrio. Il cast che attornia Pambieri è professionale ma più d'uno tende a degradare il personaggio che interpreta a pura macchietta. lvi compresa la grintosa e pur brava Lia Tanzi, tutta tesa a caratterizzare in modo ampiamente caricaturale una figura di anziana madre. Domenico Rigotti

Un vero Scandalo! SCANDALO!, di Alberto Bassetti. Regia di Francesco Branchetti. Scene e costumi di Giorgio Ricchelli. Musiche di Antonio Di Pofi. Con Gabriele Ferzetti, Loredana Solfizi, Anna Ferzetti. Prod. Teatro Cultura Produzioni, MILANO.

Scritta da Alberto Bassetti e cucita su misura per l'interpretazione di Gabriele Ferzetti, Scandalo! racconta la storia di un vecchio attore alle prese con i fantasmi del proprio passato lungo il viale di un tramonto artistico e anagrafico fatto di solitudini, amarezze e della scoperta di una paternità negata a causa di egoistiche ignoranze. L'allestimento di Francesco Branchetti, con i suoi dialoghi fin troppo descrittivi, recitati frequentemente con stucchevole didascalicità, sottolineati dalle note di un malinconico pianoforte e conditi con una serie di effetti sonori da Luna Park, risulta il più delle volte ingenuo e lezioso. Una drammaturgia che stenta a servirsi dell'allusione e dell'implicito e finisce per risolversi nell'equivalente teatrale di una melensa fiction televisiva. Branchetti, già interprete di alcuni celebri sceneggiati tv, non ha evidentemente imparato a conoscerli così bene da riuscire a sbarazzarsene nel momento opportuno. Una messa in scena a tratti imbarazzante che, sulle note pucciniane di O mio babbino caro del Gianni Schicchi, in un tourbillon di didascalici suggerimenti, battute telefonate e tronfi rumori fuori

scena, giunge a sfiorare a tratti il ridicolo. Un dramma mai realmente consumato se non nell'inconsapevole indeterminazione delle proprie premesse, cui neppure la presenza del bravo Gabriele Ferzetti riesce a porre freno. Anna Ferzetti, sua figlia nella finzione come nella realtà, con il suo prontuario di situazioni scolastiche, risulta ancora molto acerba. Meglio se la cava Loredana Solfizi nel ruolo dell'ex ballerina e compagna di una vita dell'anziano protagonista. Dimitri Papanikas

Smanie da palcoscenico LA TARDI RAVVEDUTA, di Giuseppe Giocosa. Regia di Carmelo Rifici . .Scene di Guido Buganza. Costumi di Francesca Faini, Alessandro Perriello, Giuseppe Rifici. Luci di Jean Luc Chanonat. Musiche di Bruno De Franceschi. Con Francesco Cole lla, Guglielmo Menconi, Carlotta Viscovo, Pasqua le di Filippo, Mariangela Granelli, Michele Maccagno. Prod. Teatro Litta, MILANO.

La marchesa Isabella, già commediante e sposata a un vecchio marchese per motivi di interesse, rinuncia alla sua agiata posizione per tornare al suo primo amore, il teatro. Ambientata da Giacosa nel 1680, l'inconsistente trama della Tardi raweduta (1886) è in realtà un divertissement colto in cui, in un gioco di scatole cinesi, si intrecciano tre grandi momenti della tradizione teatrale italiana: la Commedia dell'Arte, il melodramma e il teatro mattatoriale ottocentesco. Ottimo "pretesto", quindi, e utile oggetto di studio per il giovane e talentoso regista Carmelo Rifici, al suo secondo anno del Progetto Work in progress (un master di regia teatrale, ideato dal Teatro Litta per dare concrete occasioni di studio e lavoro, nell'arco di tre stagioni, a un giovane regista "tutorato" da Antonio Syxty), per sviluppare, insieme al gusto per le scelte bizzarre "alla Ronconi", un eccellente lavoro di artigianato teatrale "all'antica italiana". Sono state dipinte be_llissime scene, cuciti e ricamati sontuosi costumi, composte musiche ad hoc. Una intelligente forma di "autopedagogia", con pregi e difetti legittimi (per esempio un gruppo di giovani attori generosi ma non sempre a proprio agio nel barcamenarsi tra canto e recitazione), che si riduce però a un raffinato ed estroso esercizio su materiali drammaturgici francamente poco interessanti, con buona pace di Giacosa. Claudia Cannella


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