Hystrio 1990 4 ottobre-dicembre

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FABBRI/DIECI

ANNI

COME HANNO GIUDICATO LO SCRITTORE E L'UOMO

UN CRISTIANESIMO ATTIVO APERTO AL RINNOVAMENTO Bo: Impregnato di spirito francese, attento alla lezione di Mauriac, il suo cattolicesimo ha anticipato il Concilio Vaticano II - Cappelletti: Il suo realismo era una scelta cristiana: si può capire l'uomo soltanto in quello che qui è, limiti compresi - Spadolini: Il «teatro della vita» fabbriano era un umanesimo integra/e,filtrato attraverso /'etica di Dostoevskij e ilpersonalismo di Mounier - Vigorelli: Ha scritto non un intellettualistico «teatro delle idee», ma dei «misteri teatrali» dominati dalla presenza del Cristo.

Carlo Bo

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opera di Diego Fabbri ci avverte che il segno cristiano bisogna cercarlo non nelle cose evidenti, visibili, ma dentro il mistero, nell'alone di qualche cosa di diverso, nei pallidi riflessi di una luce che per spiriti come Claudel era una luce assoluta e che invece per spiriti fragili come i nostri erano piccoli riflessi, piccoli momenti della nostra anima. Ma più ancora di Pau l Claudel.a mio giudizio, c'è uno scrittore che Fabbri ha capito molto bene, al quale si è costantemente rivolto e che ha tenuto come una specie di modello e di esempio: Mauriac. Anche Mauriac ha partecipato al dialogo, è stato amico di Rivière, è stato amico-nemico di André Gide, è stato uno dei poli ai quali va riferita la ricostruzione del sentimento cristiano nella letteratura francese. Ebbene, c'è in Fabbri la stessa preoccupazione di andare a cercare anche nelle anime più abbandonate, più sperdute o addirittura raggiunte e devastate dal delitto, quella che è stata l'eco, quello che è il risentimento cristiano. Non c'è dubbio che, rispetto a un Claudel o allo stesso Gide, Mauriac ha saputo incarnare molto bene questo tipo di cristianesimo attivo, aperto, senza chiusure, senza limitazioni; e c'è un libretto che s'intitola Souffrance et bonheur du chrétien, in cui Mauriac ci dà una specie di piccolo trattatello delle preoccupazioni e dell'atteggiamento del cristiano di fronte alla realtà e di fronte alla vita. Non mi ricordo se Fabbri ne parli nei suoi libri e soprattutto nei suoi articoli, molto belli. Comunque, anche se Fabbri non parla di questo Souffrance et bonheur ... non c'è dubbio che dev'essere stato un libro che lo ha fortemente impressionato e che ha dato quella diversa valutazione del tragico: diversa da quella di Claudel, che è una valutazione più addomesticata, più legata ai nostri tempi, quindi più facilmente riconoscibile. Tutti e due trattano temi della borghesia, il loro mondo è quello della borghesia, più calO

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