Hystrio 1990 3 luglio-settembre

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to Havel, ma anche personaggi come Milan Uhde del quale noi del teatro «Na provazku» (il teatro «Sul filo») già prima del 17 novembre preparavamo la messa in scena del suo Angelo azzurro, preparativi interrotti per lo sciopero. Il «Malé éeské divadlo» (Piccolo teatro ceco) diretto da Pì'emysl Rutt sta provando una lettura di un altro lavoro teatrale di Uhde, Bediichu, tv Jsi andél (Bediich, sei un angelo) mentre il «Teatro realistico» di Praga annuncia la messa in scena di Cukràrna Miriam (La pasticceria Miriam) di Ivan Klima. È un problema che riguarda ancora molti altri drammaturghi come ad esempio Frantisek Pavliéek o JosefTopol. È un vuoto che sarà lentamente colmato dai diversi teatri trasformando questa fase in un momento decisivo nell'evoluzione del teatro ceco perché riporterà sulla scena un teatro di tipo assurdo a lungo tenuto lontano. H. - Perché lo definisci un teatro solo «di tipo assurdo»? O. - Preferisco chiamarlo così perché in questi lavori si mostravano solo taluni tratti assurdi e non possono essere definiti assurdi nella loro interezza. Da noi, all'inizio degli anni Settanta, la tradizione del teatro dell'assurdo era stata soffocata in due maniere diverse: da un lato impedendo l'attività dei singoli autori cechi che scrivevano un teatro di quel tipo, dall'altro osteggiando la messa in scena dei testi più significativi di quel teatro: Beckett, Ionesco, Pinter. .. Per molto tempo negli ultimi anni è stato impossibile mettere in scena Samuel Beckett, che invece aveva avuto da noi una lunga tradizione di rappresentazioni, una tradizione che si era voluto deliberatamente interrompere. Nei nostri teatri degli anni Sessanta si potevano vedere spettacoli dei più grossi autori della tradizione teatrale europea. H. - Quindi, uno dei tratti caratteristici di questo nuovo teatro è il ritorno dell'assurdo; ma c'è ancora qualcos'altro di già individuabile? O. - Certo, l'assurdo ritorna nel teatro. E quando il regime aveva impedito da noi un regolare sviluppo del teatro dell'assurdo, questo non era dovuto soltanto al fatto che alcuni degli autori cechi che scrivevano quel tipo di teatro erano diventati personaggi scomodi, ma perché il regime - assurdo esso stesso - nella sua sostanza non apprezzava quello sguardo totalmente assurdo. L'intera realtà dove vivevamo era assurda, e per questo tutto il teatro dell'assurdo veniva impedito. Ugualmente non possiamo vedere oggi, in questo ritorno dell'assurdo una qualche linea privilegiata a cui il nuovo teatro ceco faccia riferimento. La tendenza principale è la mancanza di un'unica tendenza: non vi è oggi una tendenza dominante ma una compresenza di diversi punti di vista, quello che io chiamo un Theatrum mundi, uno sguardo sul mondo ricco e complesso, uno sguardo dialogico. H. - Qual è stato il significato del teatro «Na zabradli», il teatro «Alla ringhiera», nel contesto del teatro ceco? O. - Quando, all'inizio degli anni Sessanta, era sorto, si trattava del nostro primo teatro sperimentale, presto seguito poi da un'ondata di teatrini che cominciarono a pullulare in tutto il territorio della Repubblica. Il teatro «Na zàbradli» divenne subito il più importante fra i teatri sperimentali, con un repertorio che si avvicinava appunto al teatro dell'assurdo di cui parlavamo prima. Fu qui che si svolsero le rappresentazioni dei primi la38 HYSTRIO

LA MOTIVAZIONE DEL PREMIO RIDENTI-HYSTRIO

•••• GIOVANNI CALENDOLI «CENTO VITE» PER IL TEATRO Il Premio per la Saggistica teatrale «Lucio Ridenti-Hystrio» - consistente nella «medaglia Ridenti», in un assegno di tre milioni di lire e in un trofeo di Sergio Brizzolesi - è stato assegnato a Giovanni Calendoli con la seguente motivazione.

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hiamata ad assegnare il Premio per la Saggistica Teatrale, prima edizione, istituito dagli eredi di Lucio Ridenti, dalla rivista di Teatro Hystrio e dai promotori della Festa del Teatro di Montegrotto Terme, per ricordare colui che per quarant'anni fu il direttore de Il

Dramma, la Giuria si compiace per una iniziativa che esprime, manifestamente, la convinzione che il Teatro del futuro debba avere memoria del suo passato, e che il lavoro teatrale debba avere salde radici in uno specifico culturale costantemente aggiornato. E decide di assegnare il Premio, consistente in un assegno di lire 3 milioni e in un'opera dello scultore Sergio Brizzolesi, a Giovanni Calendoli. Commediografo, critico drammatico e cinematografico, giornalista e saggista, primo titolare di una cattedra di Storia del Teatro in una Università italiana, Giovanni Calendoli si è dedicato quasi interamente alla critica drammatica dal dopoguerra, dopo essere stato insegnante all'Università di Perugia, nella facoltà di Scienze politiche, e giornalista politico. I suoi campi di intervento sono molteplici, sulla stampa quotidiana e sui periodici specializzati. Giusto ricordare che Il Dramma di Ridenti lo ebbe fra i suoi assidui collaboratori, e che nel periodo di rifondazione della scena italiana dopo la guerra egli trafuse le sue esperienze di commediografo, di critico militante e di studioso nel volume Anni difficili del Teatro italiano e nell' Enciclopedia dello Spettacolo di Silvio d'Amico, per la quale curò importanti voci. Il suo discorso critico fu sempre limpido, coerente, onesto ed aperto alle nuove drammaturgie straniere. Mentre seguiva con attenzione la cinematografia mondiale del dopoguerra, curando anche la pubblicazione di sceneggiature come Luci della ribalta di Chaplin o Viva Zapata! di Steinbeck e Kazan, dava al teatro italiano testi originali come Incontro col destino, rappresentato all' Ateneo di Roma nel 1951 ; dirigeva la Compagnia del Teatro italiano e metteva in scena autori classici, come Beaumarchais, o contemporanei, come Chiarelli. Intensificando col tempo la sua attività di docente di Storia del Teatro presso l'ateneo di Padova, Calendoli si è applicato con competenza e passione - accanto a Zorzi, Baratto e altri - allo studio dell'opera di Angelo Beolco, detto il Ruzante, consegnandoci un illuminante corpus saggistico sull'argomento e animando, oggi ancora, l'organizzazione a Padova delle Giornate ruzantiane. Nell'additare all'ammirazione del Teatro italiano una così lunga e operosa esistenza di lavoro e di studio, la Giuria augura al carissimo Giovanni Calendoli di continuare ancora a lungo, per il profitto di tutti, il suo illuminato magistero. D


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