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La via tortuosa della riforma del lo sport: un’occasione perduta Alberto Succi

Alberto Succi

avvalbertosucci@gmail.com MANAGEMENT

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LA VIA TORTUOSA DELLA RIFORMA DELLO SPORT: UN’OCCASIONE PERDUTA

I decreti legislativi recentemente approvati non convincono e lasciano perplessi su forma e sostanza, a tal punto da pensare che la nuova norma dello sport debba essere prima ridiscussa e poi scritta perché disciplini e semplifichi, evitando complicazioni e discrezionalità interpretative

Il decreto legislativo 28 febbraio 2021 n. 36 recante il “Riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo” non appare all’altezza delle aspettative del mondo delle società e associazioni sportive dilettantistiche. La nuova normativa, infatti, sembra non raggiungere l’obbiettivo del riordino, quello cioè di dare diverso assetto alle norme con l’intenzione di migliorarle, poiché la sua incertezza interpretativa e la contraddittorietà di molte disposizioni la rendono invece più disorganica e confusa. Anche l’obbiettivo della riforma, cioè di dare forma diversa e migliore all’assetto normativo sullo sport, appare purtroppo scarsamente raggiunto. Gli operatori e i gestori dello sport dilettantistico che, per svolgere al

ph Ekaterina Bolovtsova da Pexels

meglio la loro attività, avevano ed hanno bisogno di chiarezza normativa per evitare contestazioni e contenziosi derivanti da opinabili interpretazioni di disposizioni legislative poco chiare, sono rimasti delusi.

LA NUOVA NORMATIVA SEMBRA NON RAGGIUNGERE L’OBBIETTIVO DEL RIORDINO, COSÌ COME L’OBBIETTIVO DELLA RIFORMA APPARE PURTROPPO SCARSAMENTE CONSEGUITO

Per riordinare mediante riforme occorre avere a riferimento sia la normativa esistente alla quale mettere mano, sia i destinatari di quella normativa ed il mondo nel quale operano. La lettura del decreto legislativo fa emergere le carenze sopra evidenziate. L’articolo 6, ad esempio, con il richiamo al Libro V, Titolo V del codice civile, estende la possibilità di svolgere le attività sportive dilettantistiche anche alle società di persone – società in accomandita semplice e società in nome

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Allenamento in palestra quando riapriremo e riforma dello sport: scenari in divenire - ph Abhinav Bindra Foundation, Tecnobody

collettivo –, mentre viene esclusa la forma di società cooperativa, attualmente consentita, stante il mancato richiamo al Titolo VI del codice civile, riguardante, appunto, le cooperative. Sempre in tema di cooperative, la nuova normativa richiama l’articolo 2-bis. del D.Lgs. 112/2017 (Disciplina dell’impresa sociale) che non considera distribuzione indiretta di utili i ristorni ai soci, operati ai sensi dell’art. 2545-sexies del codice civile che si riferisce alle cooperative. Si tratta di una svista o di una precisa scelta del legislatore? E, in quest’ultimo caso, che fine fanno le attuali società sportive dilettantistiche in forma cooperativa? In ogni caso è evidente la confusione. Ma c’è di più. L’articolo 90 della legge 289/2002, al comma 1 non abrogato dalla nuova normativa, estende alle società sportive dilettantistiche di capitali la disciplina tributaria agevolata riguardante le associazioni. Tale disposizione, in mancanza di una norma di coordinamento che la estenda anche alle società sportive dilettantistiche di persone introdotte dal decreto di riforma, non è ad esse applicabile, con la conseguenza che l’adozione della nuova forma societaria non è conveniente e quindi non sarà di fatto adottata. Appare evidente la necessità di introdurre al più presto norme chiare di coordinamento. Profili di criticità e di incertezza si presentano anche rispetto dall’osservanza dell’articolo 42 del decreto legislativo in esame, che introduce l’obbligo, per palestre, centri e impianti sportivi di ogni tipo, di affidare ad un chinesiologo o un istruttore di specifica disciplina il coordinamento dei corsi e delle attività motorie effettuati a fronte di pagamento di corrispettivi a qualsiasi titolo. Infatti, la medesima disposizione stabilisce che “Sono esentati dall’obbligo di cui al comma 1: a) le attività sportive agonistiche disciplinate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate o dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI e dal CIP;

PER RIORDINARE MEDIANTE RIFORME OCCORRE AVERE A RIFERIMENTO SIA LA NORMATIVA ESISTENTE ALLA QUALE METTERE MANO, SIA I DESTINATARI DI QUELLA NORMATIVA ED IL MONDO NEL QUALE OPERANO

b) le attività motorie a carattere ludico ricreativo non riferibili a discipline sportive riconosciute dal CONI e dal CIP, tra cui il ballo e la danza, nonché le attività relative a discipline riferibili ad espressioni filosofiche dell’individuo che comportino attività motorie.” E’ indice di approssimazione, oltre che il profilo formale dell’uso del termine “esentati” (maschile plurale) con riferimento alle “attività sportive e motorie” (femminile plurale) indicate nelle lettere a) e b), anche il profilo sostanziale. Relativamente a quest’ultimo aspetto, l’esenzione dall’obbligo opera in presenza di attività sportive agonistiche, disciplinate dalle FSN, DSA e dagli EPS (lett. a)), cosa accade se l’attività sportiva, anche se disciplinata dalla FSN, DSA, e EPS viene invece svolta in maniera non agonistica? Ad esempio: se una società sportiva dilettantistica nel proprio centro svolge soltanto corsi di nuoto o di tennis, quindi con modalità non agonistiche, è o non è esentata dall’obbligo del coordinatore qualificato? Dalla lettura della norma sembrerebbe che l’esonero non si applichi, ma qual è la ratio? E ancora, per le attività motorie a carattere ludico ricreativo non riferibili a discipline sportive riconosciute dal CONI e dal CIP (lett. b)) è previsto l’esonero dall’obbligo del coordinatore. In questa previsione si fa riferimento al CONI e al CIP, mentre nel-

la precedente (lett. a)) si fa riferimento a FSN, FSA e EPS, creando ulteriore confusione. Sconcerto, poi, provoca il maldestro tentativo operato dalla norma di chiarire il proprio contenuto, quando annovera “il ballo e la danza” tra le attività sportive non riferibili a discipline riconosciute dal CONI, ignorando che dal 2007 la Federazione Italiana Danza Sportiva fa parte del novero delle Federazioni Sportive Nazionali e che nell’Elenco delle Discipline Sportive ammissibili per l’iscrizione al Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, predisposto dallo stesso CONI, figura, ai numeri da BC002 a BC010, proprio la danza sportiva. Potrebbe pensarsi che la norma si riferisca alla danza non sportiva, ma una società sportiva in un centro sportivo non può che organizzare corsi di danza in forma sportiva,

APPARE EVIDENTE LA NECESSITÀ DI INTRODURRE AL PIÙ PRESTO NORME CHIARE DI COORDINAMENTO

QUESTE OSSERVAZIONI SULL’APPROSSIMAZIONE NORMATIVA NON RIVESTONO SOLTANTO CARATTERE TEORICO, MA INCIDONO PESANTEMENTE SULL’OPERATIVITÀ E SULL’ECONOMIA DELLE SSD E ASD

anche se con modalità non agonistiche. E’ comunque presente l’elemento della “riferibilità a discipline sportive riconosciute dal CONI”, al quale è legato l’obbligo della presenza di un coordinatore qualificato. La norma sembra contraddire se stessa. Queste osservazioni sulla approssimazione normativa, non rivestono soltanto carattere teorico, ma incidono pesantemente sull’operatività e sull’economia delle società e associazioni sportive dilettantistiche, laddove si pensi che la violazione dell’obbligo dell’istituzione del coordinatore qualificato comporta una sanzione che va da € 1.000,00 a € 10.000,00 e laddove si consideri la concreta impossibilità di scegliere la forma di società di persone, introdotta dal decreto legislativo di riforma, stante il mancato coordinamento con la vigente normativa tributaria che impedisce la fruizione del regime tributario di favore. L’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36 è stabilita nel 1 gennaio 2022 e la disciplina del lavoro sportivo si applica dal 1 luglio 2022, dunque c’è tutto il tempo per operare i correttivi necessari affinchè la riforma dello sport sia effettivamente lo strumento che per la sua chiarezza e certezza consenta alle società e associazioni sportive dilettantistiche di operare al meglio, riducendo per quanto possibile i rischi di contestazione. Se così non fosse, il legislatore avrebbe davvero fallito il suo obbiettivo. 