Ambiente Italia

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Anno V n. 20 2006 • Spedizione in Abbonamento Postale 45% - Art. 2. comma 20/B. Legge n.662/96 - Milano

Ambiente cop MAggio 06

POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KYOTO

INTERVISTA A GIORGIO CESARI

e

CR DI N° 20

CREAZIONI EDITORIALI

CARTA DELLA NATURA E PARCHI

EMAS ED ECOLABEL

AMBIENTE ED INFRASTRUTTURE


Ambiente cop MAggio 06

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SOMMARIO N. 20 AMBIENTE ITALIA & PROTEZIONE CIVILE LA RIVISTA UFFICIALE DI ASTRAMBIENTE ASSOCIAZIONE SCIENTIFICA PER LA TUTELA DELLE RISORSE DELL’AMBIENTE WWW.ASTRAMBIENTE.IT ANNO V • NUMERO 20 MARZO-APRILE 2006 DIRETTORE RESPONSABILE FRANCO TORCHIA E-MAIL: TORCHIA.FRANCO@MINAMBIENTE.IT FTORCHIA@ASTRAMBIENTE.IT PRESIDENTE LOMBARDIA ASTRAMBIENTE FABRIZIO MONTANARI E-MAIL FMONTANARI@ASTRAMBIENTE.IT EDITORE CR.EDI. SRL VIA JUVARA, 9 - 20129 MILANO DIREZIONE CREATIVA ARS MEDIA GROUP SRL, VIA ORVINIO, 2 - 00199 ROMA

L’INTERVISTA RISPONDE GIORGIO CESARI DIRETTORE GENERALE APAT 4

SPECIALE CONFERENZA APAT QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE BALNEAZIONE- QUALITÀ DEL MARE E RIPOPOLAMENTO ITTICO 8 EROSIONE DELLE COSTE E STATO DEI PORTI

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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI MILANO N° 538 DEL 24/09/2001 SPEDIZIONE ABBONAMENTO POSTALE 45% ART. 2 COMMA 20/B LEGGE N. 662/96 - MILANO REDAZIONE MASSIMILIANO ANTONELLI, MARCELLA BARAVELLI, MARIA ANTONIETTA BARTOLUCCI, MARIARITA CANALE PAROLA, PAOLA CORSANEGO, ILARIA LUZZI, FEDERICA POSTORINO, MAURO SORBELLI, ANTONELLA TALIA. ROMA TEL: 06/4245091• FAX: 06/42013912 AMMINISTRAZIONE E DIFFUSIONE CR.EDI CREAZIONI EDITORIALI SRL VIA JUVARA, 9 - 20129 MILANO TEL: 02/29537518 • FAX: 02/2049296 HANNO COLLABORATO GAETANO BATTISTELLA, VIVIANA BIANCO, ALESSANDRA BOSSO, STEFANIA CALICCHIA, SIMONA CARNEVALE, GIORGIO CESARI, ALDO COSENTINO, PIETRO CURRÒ, ANTONIO D’ARRIGO, PIETRO DE SIMONE, ROSALIA FARAONE, VITO GAMBERALE, ADRIANO LIBERO, PINO LUCCHESI, ARTURO LUCCI, VALENTINA MIDURI, MICHELE RICCI, PIETRO MARIA TESTAÌ. STAMPA: LODIGRAF2 PALOMBARA SABINA (RM) • TEL. 0774.634105 COPYRIGHT GLI ARTICOLI ACCETTATI ENTRANO A FAR PARTE DELL’ARCHIVIO DELLA RIVISTA: ULTERIORI PUBBLICAZIONI SU ALTRE RIVISTE DEVONO ESSERE AUTORIZZATE DALL’EDITORE PREVIO CONSENSO DELL’AUTORE

AREE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI CARTA DELLA NATURA E PARCHI 34 IL SISTEMA NAZIONALE DELLE AREE PROTETTE DI ALDO COSENTINO 46 LE CERTIFICAZIONI AMBIENTALI: UNA SCELTA STRATEGICA

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EMAS ED ECOLABEL DUE OTTIMI STRUMENTI PER UNA VERA POLITICA AMBIENTALE DI PINO LUCCHESI

56 SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA LA GESTIONE DEI CONTROLLI AMBIENTALI: SPINA

AMMINISTRAZIONE E DIFFUSIONE PUBBLICITÀ E MARKETING GRUPPO COMUNICAZIONI ISTITUZIONALI VIA SARDEGNA, 55 - 00187 ROMA TEL: 06/4245091• FAX: 06/42013912 COORDINATORE GUALTIERO MAALO

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RESPONSABILI LUCIANO CRAVOTTO - FLORA CIANNARELLA

VALUTAZIONE DEL PROGETTO DI RIUSO DELLE APPLICAZIONI INFORMATICHE NEI SISTEMI INFORMATIVI E REALIZZAZIONE DEL SIRA MOLISE DI MICHELE RICCI

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IL MANAGEMENT APAT, ARPA, APPA AL SERVIZIO DELL’AMBIENTE DI PIETRO MARIA TESTAÌ 78 IL PROGETTO “I LIVELLI ESSENZIALI DI TUTELA AMBIENTALE (LETA)” DI ADRIANO LIBERO E ALESSANDRA BOSSO 85 ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI ALIMENTAZIONE E QUALITÀ AMBIENTALE UNA CONDIZIONE INDISPENSABILE

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ISTITUZIONE DI UN OSSERVATORIO SULLA SICUREZZA ALIMENTARE DI ARTURO LUCCI 99 L’AMBIENTE NELLE TRADIZIONI POPOLARI

POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KYOTO REGOLE E OBIETTIVI PER PROMUOVERE L’UTILIZZO DI FONTI RINNOVABILI DI MARIA ANTONIETTA BARTOLUCCI

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PROBLEMATICHE ATTORNO ALL’EMISSION TRADING

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INTERVISTA A MARIO PISONI E LORENZO LANTERI DI ALLIANCEDEV LTD

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CONSIDERAZIONI DELL’UNIONE PETROLIFERA SULL’ATTUAZIONE DELL’EMISSION TRADING IN ITALIA DI PIETRO DE SIMONE 160

103 RUBRICHE

IL CASO DEI TRATTURI DI SIMONA CARNEVALE

LA RELAZIONE SULLO STATO DELL’AMBIENTE 2005 DI VIVIANA BIANCO

164

LA VERGOGNA DI MESSINA 107

FONDO FUCILE: TRA AMIANTO E DEGRADO SOCIALE DI: PIETRO CURRÒ, ANTONIO VALENTINA MIDURI

D’ARRIGO, ROSALIA FARAONE,

FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE L’EDUCAZIONE AMBIENTALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE 114 PROMUOVERE LA FORMAZIONE AMBIENTALE DI GAETANO BATTISTELLA CON LA COLLABORAZIONE DI STEFANIA CALICCHIA

119

L’EDUCAZIONE E LA COMUNICAZIONE AMBIENTALI: STRUMENTI DI SVILUPPO 126

166 EVENTI

AMBIENTE ED INFRASTRUTTURE

CONFERENZA MONDIALE

INFRASTRUTTURE… QUALE FUTURO? DI MARIA ANTONIETTA BARTOLUCCI 138 COSTRUIRE IL FUTURO SCOPRENDO IL PASSATO E RISPETTANDO IL PRESENTE 142 INTERVISTA A VITO GAMBERALE 145

“FORESTE EURO MEDITERRANEE NELLA SALVAGUARDIA PLANETARIA”

172 QUANDO I FIORI E LE ERBE SI SPOSANO CON LA CUCINA

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ECOTURISMO NEI PARCHI

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“IL GIARDINO DEI GIGANTI”

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CON VIVI G E TETRA PAK SCOPRI HAPPY MAIS 180

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L’INTERVISTA RISPONDE GIORGIO CESARI DIRETTORE GENERALE APAT

FINO A QUALCHE ANNO FA L’IMPEGNO DELL’APAT ERA RIVOLTO A FAR NASCERE LE AGENZIE REGIONALI, ORA, VOLENDO SINTETIZZARE, QUALE PUÒ ESSERE UN NUOVO OBIETTIVO DA PERSEGUIRE A LIVELLO NAZIONALE? ■ Da alcuni anni il quadro del Sistema Agenziale è stato completato e l’APAT ha lavorato molto in tal senso. Come Agenzia nazionale ha certamente rivestito un ruolo importante in questa rete; tuttavia non si è scelto di fondare il lavoro in comune con le Agenzie su posizioni supremaziali, ma piuttosto quale “primus inter pares”. Nei primi anni uno strumento importante per promuovere e poi sostenere i nuovi organi regionali e provinciali fu il gemellaggio fra Agenzie del nord e del sud del Paese. Ma sarebbe troppo lungo citare i tanti campi comuni di studio e di operatività; c’è sempre stata una fitta rete di collaborazioni, tavoli e gruppi di lavoro. Questo tratto emerge in modo plastico in un libro a cura dell’APAT che abbiamo presentato in occasione della Decima Conferenza del-

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le Agenzie ambientali. Nel volume in questione abbiamo voluto ripercorrere il cammino dei dieci incontri nazionali che dal 1996 ad oggi hanno costituito un momento importante di confronto reciproco e di crescita comune. Lo sviluppo che si è visto in dieci anni di Conferenze nazionali rappresenta lo specchio del percorso intrapreso dalle Agenzie a livello locale. Era normale che nei primi anni le ARPA/APPA fossero più concentrate su questioni, per così dire, “interne” ovvero sul loro ruolo di Enti nuovi nel panorama della pubblica amministrazione. Con gli anni la priorità è divenuta quella di dimostrare all’esterno la coesione del Sistema e di comunicare ai cittadini la loro autorevolezza e il consistente lavoro che svolgono. Oggi possiamo affermare che il ruolo delle Agenzie quale punto di riferimento ambientale in Italia è oramai consolidato. Non si è trattato solo di un passaggio, vorrei dire, istituzionale. La nascita delle Agenzie in Italia è avvenuta parallelamente ad un cambiamento di mentalità della società, che ha deciso di mettere al centro delle priorità politiche e sociali il benessere e la salute dei cittadini e dell’ambiente in cui essi vivono. Un passaggio importante per il nostro Paese, sviluppatosi in un contesto internazionale che ha lentamente preso coscienza dell’importanza del fattore ambiente e dell’esigenza di porre la protezione delle acque, del suolo e della vivibilità delle nostre città in cima ai bisogni. Parlando di obiettivi, l’APAT, come referente tecnico-scientifico nei settori relativi alla protezione dell’ambiente, vive quotidianamente la sfida di affrontare le tematiche di difesa del nostro territorio, inserendole in un quadro internazionale e globale di sostenibilità. Una sorta di ‘trait d’union’ fra le grandi sfide che interessano l’Europa, l’area mediterranea e l’intero pianeta, e le peculiarità del nostro Paese. L’APAT, insieme alle Agenzie europeee e a quelle mondiali fa parte di un insieme mondiale di referenti ambientali. Non solo è profondamente radicata nelle specificità del nostro amato territorio italiano, ma addirittura nella prossima Conferenza delle Agenzie in Abruzzo e Molise andremo a toccare il tema delle tradizioni popolari e del radicamento della popolazione nelle piccole realtà loca-


li. Insomma, la necessità di mantenere una giusta tensione fra globale, nazionale e locale. Accanto a questo c’è la domanda sempre aperta di comunicare e informare correttamente i cittadini sull’ambiente, rendendoli partecipi delle scelte.

LE AGENZIE

AMBIENTALI SONO STATE IL PRIMO ESEMPIO DI FEDERALISMO ITALIANO, ORA, A DISTANZA DI ANNI, SI PUÒ DIRE CHE IL SISTEMA ABBIA FUNZIONATO O QUALI CORRETTIVI OCCORREREBBERO? ■ Effettivamente il Sistema che si è andato consolidando nel corso degli anni è un esempio interessante di lavoro sinergico a livello federale. Sappiamo che per questa sua peculiarità il Sistema Agenziale è tuttora oggetto di studi e ricerche (NdR: vedi recente tesi di dottorato presso la Bocconi). Si analizzano i meccanismi e le tipicità della nostra organizzazione “in rete”, che, senza peccare di immodestia, si può definire efficace e di successo. Va innanzitutto sottolineato che sin dall’inizio le nascenti Agenzie regionali e delle province autonome si incontrarono sulla base di un accordo volontaristico. Non si trattò di un’imposizione dettata da leggi o regolamenti, ma della volontà da parte di singole strutture pionieristiche (quali erano al tempo le Agenzie), che presentavano un omogeneo e uniforme modello organizzativo, di lavorare verso lo stesso obiettivo della protezione dell’ambiente. Possiamo dire che sin dai primi anni di costituzione, un tratto comune a tutte le realtà del Sistema è stato la dinamicità e la vocazione al collegamento e al coordinamento. Qualsiasi attività umana ha sempre bisogno di

cambiamenti o correttivi; tanto più nel campo dell’ambiente, che è costantemente sottoposto a pressioni e urgenze. Tuttavia la dimensione del confronto costante e multireferenziale, che ha da sempre caratterizzato le Agenzie, le ha rese e le rende anche oggi pronte a recepire le sfide che vengono dall’esterno e gli eventuali correttivi da apportare lungo il viaggio.

LA

ROUTINE È IL GROSSO RISCHIO, LE EMERGENZE SPESSO SOVRASTANO LA REALIZZAZIONE DI PROGRAMMAZIONI, È POSSIBILE PENSARE A CAMPAGNE NAZIONALI PROMOSSE DALL’APAT O CONDIVISE PER TENTARE DI DIMINUIRE I RITARDI DI ALCUNE REGIONI? ■ Certo, credo che non solo l’APAT ma tutto il Sistema può farsi carico di particolari campagne su obiettivi che si reputano prioritari. E bisogna sempre stare attenti a non cadere in un modo di lavorare ripetitivo e consuetudinario che fa perdere di vista le priorità o le domande di cambiamento che arrivano dall’esterno. Quanto alle novità, il Sistema delle Agenzie ha voluto dare un segnale in tale senso organizzando la Decima Conferenza in modo itinerante usando il treno, il mezzo collettivo di trasporto ormai da tutti riconosciuto come il più ecologico e con minor impatto ambientale. Quanto, invece, alle campagne comuni per il futuro, questo già in parte accade. Per esempio nella Conferenza che si è svolta in Abruzzo e Molise si è parlato di ricettività turistica, inquadrata in un contesto di compatibilità e sostenibilità. Stiamo lavorando molto anche sull’educazione ambientale e sulla sensibilizzazione dei più giovani. Ma l’elenco sarebbe lungo …

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SPECIALE CONFERENZA

APAT

“Vi do il benvenuto su un treno che è anche vostro”; questo il saluto del responsabile delle politiche ambientali e della sicurezza del lavoro delle Ferrovie dello Stato, Ing. Antonio Laganà, che ha parlato del sistema di gestione ambientale delle FS, gruppo che promuove il trasporto sostenibile, anche con la scelta di tecnologie idonee all’abbattimento del rumore e delle emissioni inquinanti, assecondando le caratteristiche proprie del mezzo ferroviario che è quello più compatibile con l’ambiente ed il territorio. Duecento i treni Minuetto costruiti fino ad oggi, treni costruiti con motori diesel elettrici o elettrici e nati per essere a bassa frequentazione - 146 posti a sedere e 200 in piedi. Trasferire il trasporto di persone e merci da strada a rotaia ridurrebbe di circa il 2% le emissioni complessive del settore trasporti e lo 0,5% di quelle totali.

“È la prima volta”, ha affermato l’Ing. Giorgio Cesari, Direttore Generale dell’APAT, “che utilizziamo il treno come occasione di scambio e di confronto su sostenibilità dei trasporti e su altre tematiche fondamentali per l’intero Sistema delle Agenzie”.

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4-7 MARZO 2006


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al 4 al 7 marzo si è svolta la decima Conferenza delle Agenzie per la protezione dell’ambiente. Sono stati quattro giorni di intensi convegni sulle tematiche ambientali. Si è trattato di un percorso itinerante che ha coinvolto migliaia di partecipanti, effettuato, in collaborazione con le Ferrovie dello Stato che hanno messo a disposizione un treno eco-compatibile di ultima generazione, il “Minuetto” che ha raggiunto le località di Pescara, Sulmona, Venafro e Campobasso. Il Direttore Generale dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, APAT, Ing. Giorgio Cesari si è detto soddisfatto dell’ottima riuscita della Conferenza. Essa - ha detto Cesari - “ci dimostra come il Sistema Agenziale si sia evoluto progressivamente al pari della conoscenza e coscienza ambientale. Questo è volutamente l’obiettivo delle Conferenze, che riflettono negli aspetti tematici ed organizzativi l’evoluzione delle Agenzie per l’Ambiente e la raggiunta maturità del pubblico”. Il Sistema si interroga - ha proseguito Giorgio Cesari su quale sia la struttura e l’organizzazione oggi più adeguata. L’attuale rete si va sosti-

Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio On. Altero Matteoli

tuendo con un modello unificato su base volontaria, omogeneo e dotato di spirito di sussidiarietà a garanzia della progressione del Sistema Agenziale”. Il treno itinerante è partito lunedì 6 marzo da Pescara dove si è svolta la prima giornata cominciata con l’inaugurazione ufficiale alla quale hanno preso parte il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio On. Altero Matteoli e il Presidente della Commissione Ambiente del Senato On. Emiddio Novi. Dopo il saluto delle autorità locali ed in particolare di Ottaviano Del Turco, Presidente della Regione Abruzzo, di Franco Caramanico, Assessore all’Ambiente della Regione Abruzzo, di Giuseppe De Dominicis, Presidente della Giunta della Provincia di Pescara, di Luciano D’Alfonso, Sindaco di Pescara. La Conferenza è entrata nel vivo del dibattito con due sessioni tematiche parallele dedicate alla qualità del mare e all’erosione delle coste.

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QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

BALNEAZIONE

QUALITÀ DEL MARE

E RIPOPOLAMENTO ITTICO

I

l problema della balneazione è stato affrontato in modo dettagliato in alcuni interventi. Di seguito pubblichiamo alcuni abstract.

LA BALNEAZIONE IN ABRUZZO E MOLISE: LE BANDIERE BLU

■ DI DANIELA URCIUOLI

Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (A.R.P.A.) Molise Borsista del Dipartimento Provinciale di Campobasso E DI

MARIA DANIELA MARCOZZI ROZZI

Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente (A.R.T.A.) Abruzzo Direttore del Dipartimento Provinciale di Teramo

La vocazione turistica dell’Italia e la conseguente particolare attenzione al litorale e alle spiagge ha creato da sempre la necessità di regolamentare il controllo delle acque costiere, nell’ottica della prevenzione ambientale e della tutela degli aspetti igienico sanitari a favore della popolazione. L’atten-

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zione delle Istituzioni, attiva già dal 1970, ha portato all’emanazione del DPR 470/82, in recepimento della Direttiva 76/160/CEE, tuttora vigente e continuamente perfezionato dalle successive modifiche e integrazioni. La recente adozione della Direttiva 2000/60/CE opera un importante aggiornamento normativo che tiene conto delle conoscenze scientifiche acquisite dal 1976 ad oggi. Attualmente l’Italia è l’unico Paese del Mediterraneo che effettua in maniera così puntuale il monitoraggio delle acque di balneazione. La campagna per le Bandiere Blu, nata nel 1987, riguarda tutti i Paesi della Foundation for Environmental Education in Europe (FEEE) ed in particolare i comuni rivieraschi alla ricerca di un turismo attento all’ambiente ed al territorio, nell’ottica della Gestione Sostenibile. La Bandiera Blu si assegna per una serie molteplice di fattori che riguardano la qualità delle acque, la qualità della costa, l’efficienza dei servizi e delle misure di sicurez-


za, l’educazione ambientale, l’attenzione alle problematiche dei turisti compresi quelli portatori di handicap, solo per citarne alcune. Esse, insomma, vogliono premiare tutti quei comuni costieri che, con uno sforzo continuo, meglio riescono a correlare qualità dell’offerta turistica e qualità ambientale.

UNA REGIONE AD ALTA VOCAZIONE TURISTICA: BALNEAZIONE IN SARDEGNA ■ DI

MARIA GABRIELLA MULAS

Direttore Servizio Tutela delle Acque della Regione Autonoma della Sardegna.

Il turismo è una grandissima risorsa per una regione dall´inestimabile patrimonio ambientale e archeologico come la Sardegna. La prevalente localizzazione costiera del turismo dovrà però essere il volano per favorire la crescita anche nelle zone interne dell´isola. Il turismo sostenibile in Sardegna deve prevedere una rigorosa regolamentazione della risorsa ambientale. Con il Piano Paesaggistico Regionale, con il Piano di Tutela delle Acque e con la Conservatoria delle Coste, la Regione Sardegna mira ad assumere la valenza ambientale e paesaggistica in tutte le programmazioni urbanistico - territoriali. Su uno sviluppo costiero di 1849 Km, circa 810 Km sono interessati da controllo della qualità in quanto zone destinate alla balneazione, 326 Km sono interdetti permanenL’isola della Maddalena

temente per la presenza di zone portuali, militari, industriali, etc, circa 700 Km non sono controllati per presenza di coste alte, precarie vie di collegamento e isole disabitate, e, infine 3,250 Km sono state temporaneamente interdetti per la stagione balneare 2005. Il mare della Sardegna è in un eccellente stato di salubrità e l’obiettivo è coniugare lo sviluppo sostenibile dell’isola con il principio della precauzione e con il principio di valutazione ed efficienza dell’uso delle risorse. L’eliminazione delle aree interdette permanentemente in presenza di foci di fiumi, laddove ci sia una idoneità dei punti di controllo per una serie storica continuativa di quattro anni e l’ulteriore riduzione delle aree ad interdizione permanente per inquinamento (foci fluviali e scarichi) oltre all’aumento dei chilometri di costa monitorati, incrementando il numero delle stazioni soprattutto nelle aree maggiormente critiche (foci fluviali, aree in cui vi è la presenza di scarichi a mare) sono gli obiettivi che si è prefissata la Regione con il Piano di tutela delle acque.

PROGRAMMI DI MIGLIORAMENTO: SITUAZIONE NAZIONALE, EFFICACIA MISURE, ONERI ECONOMICI

DELLE

DI GABRIELLA SCANU

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio E STEFANO

DE VINCENZI, APAT

La normativa in materia di balneazione pur definendo la qualità (idoneità) delle acque in relazione ad aspetti sanitari (salute del bagnante) è comunque strettamente con-

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QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

nessa alle problematiche ambientali delle aree di balneazione. Un’acqua con una buona qualità ambientale è un presupposto per l’utilizzo della risorsa idrica per tutti gli usi legittimi e pertanto anche per la fruizione a fini balneari. In tale contesto assumono particolare rilevanza i programmi di tutela e miglioramento, stabiliti dalle autorità competenti, per i corpi idrici destinati alla balneazione. Le informazioni sull’attuazione di tali programmi che pervengono dalle Amministrazioni periferiche all’APAT, anche per il successivo inoltro alla Commissione Europea, sono state oggetto di una prima analisi da parte dell’APAT in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. L’elaborazione, pur limitata a causa dell’incompletezza delle informazioni pervenute, ha voluto verificare quali siano le principali tipologie d’intervento, l’efficacia delle misure ed i relativi costi. L’indagine è l’inizio di una serie di analisi dei dati trasmessi che si intendono effettuare per comprendere meglio l’evoluzione, le problematiche e i risultati delle azioni di ripristino adottate. Il proseguimento del lavoro sarà rivolto non solo ad apportare miglioramenti a questa prima elaborazione ma, anche ad analizzare altri fattori quali: tempi di esecuzione, differenza tra capitali stanziati ed utilizzati ecc.

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L’ESPERIENZA DELLE MARCHE NELLA PROTEZIONE E NELLO SVILUPPO DELLE RISORSE ACQUATICHE ■ DI LUIGI BOLOGNINI Funzionario esperto tutela delle acque Regione Marche, Servizio Ambiente e Difesa del Suolo, PF Difesa del Suolo e Tutela delle Acque

Il territorio costiero della Regione Marche è quello più intensamente urbanizzato; il turismo balneare, in costante ascesa negli ultimi 10 anni, rappresenta un significativo contributo all’apporto organico e trofico alle acque marino costiere. La periodica verifica dei carichi immessi nelle acque marine e l’integrazione tra diversi monitoraggi sulle acque marino costiere permette un’approfondita valutazione delle fenomenologi e che si manifestano, quali i processi trofici attraverso bloom algali e la presenza di mucillagini. I programmi conoscitivi e di studio sullo stato di qualità delle acque marino-costiere, avviati dalla Regione Marche mediante adeguati monitoraggi effettuati da ARPAM, sono finalizzati alla possibile soluzione o mitigazione degli effetti provocati da queste condizioni. I diversi monitoraggi integrati rappresentano: ■ la classificazione della qualità delle acque destinate alla balneazione (D.P.R. 470/82); ■ la classificazione dello stato di qualità ambientale delle acque marino costiere



QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

FIG. 1

FIG. 2

mento di tutti i monitoraggi avviati, mentre nella figura 2 è rappresentata la distribuzione dell’indice trix per l’anno 2003. I trend osservati indicano valori di qualità con acque più produttive al nord rispetto alla fascia costiera centrale e meridionale, legata agli apporti del Po, mentre i contributi costieri sono più evidenti lungo le fasce costiere del pesarese e del maceratese. Sulla qualità delle acque di balneazione, sottolineata precedentemente la forte vocazione al turismo balneare, il 92% della fascia costiera, dei circa 173 Km è utilizzato per la balneazione; la costa idonea nella seconda metà degli anni ’90 era attorno all’84% (rispetto al 70% dei primi anni), mentre negli ultimi cinque anni il valore si è stabilizzato attorno all’87%. Il 5% di costa, individuato soprattutto alle foci dei fiumi significativi della regione, resta ancora sottoposto all’influenza dei loro apporti, sia come carico trofico che come carico microbico, unici parametri significativi alla determinazione delle inidoneità. I punti di controllo sono 228, con una densità per Km di 0,75 punti, che evidenzia l’attenzione posta al controllo della qualità nei tratti più critici.

STUDI SPERIMENTALI SULL’APPLICAZIONE DELLA NUOVA DIRETTIVA SULLA BALNEAZIONE IN ITALIA ■ ANTONIO MELLEY1, ANGELA DEL VECCHIO2, CARLO CARLOMAGNO3, NEIL ADAMS4

1 ARPA Toscana, 2 ARTA Abruzzo, 3 ARPA Molise, 4 ARPA Calabria

(D.Lgs 152/99); la classificazione della qualità delle acque destinate alla molluschicoltura (D.Lgs 152/99); ■ la caratterizzazione delle acque marino-costiere, per il rilevamento di possibili fioriture algali tramite il Programma di Sorveglianza (L.185/93); ■ la caratterizzazione delle acque marino costiere in applicazione delle disposizioni per la difesa del mare (D.P.R. 979/82); ■ la caratterizzazione delle acque marino costiere e la sorveglianza sui fenomeni eutrofici e mucillaginosi (Progetto INTERREG IIIA - REQUISITE). Nella figura 1 alto sono indicati i transetti di monitoraggio e le stazioni di campiona■

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La proposta di direttiva europea sulle acque di balneazione (approvata il 18.01.2006 ed in corso di pubblicazione) introduce 2 nuovi parametri microbiologici, enterococchi intestinali ed Escherichia coli, sostituendo tutti quelli presenti attualmente e presenta numerose novità gestionali. ARPAT, in collaborazione con la Regione Toscana, nel 2003 e nel 2004 ha condotto un progetto per verificare l’impatto delle modifiche normative sulla situazione toscana e sul sistema di controllo: per due stagioni balneari consecutive sono state effettuate le analisi dei nuovi parametri lungo tutta la costa toscana (oltre 360 punti) per confrontare le metodiche, per verificare il significato dei nuovi indicatori fecali e, soprattutto, per valutare la loro influenza sull’attribuzione dell’idoneità alla balneazione. Il confronto tra parametri ha evidenziato


che gli enterococchi intestinali possono tranquillamente sostituire gli attuali streptococchi fecali; invece, Escherichia coli fornisce risultati non comparabili con i coliformi fecali. La classificazione è influenzata da questa maggior variabilità, dovuta anche alle diverse metodiche utilizzate (in particolare per il metodo enzimatico miniaturizzato ISO 93083) ed alla interferenza di altri microrganismi, specialmente in zone (insulari) e periodi particolari. Nel 2004, alla metodica suggerita dalla Commissione (ISO 9308-3) è stato affiancato il metodo su membrana filtrante con TBX Agar, per tutti i campioni e, nei casi dubbi, un conteggio del batterioplancton marino ed una verifica dei ceppi batterici. Dal punto di vista gestionale sono state introdotte, nel 2004, le “aree omogene”, raggruppando acque di balneazione con caratteristiche (antropiche, naturali e microbiologiche) simili, per ottimizzare il controllo. La classificazione risultante (sulla base delle 4 classi del testo definitivo) comporterebbe un giudizio mediamente molto elevato (in Toscana il 97% avrebbe qualità eccellente) delle acque di balneazione. Le conseguenze operative di questa classificazione (frequenze ed adempimenti), unitamente all’adozione delle aree omogenee ed alla diminuzione dei parametri, consentirebbe un significativo risparmio di risorse, mantenendo lo stesso livello di tutela sanitaria ed ambientale. Anche altre Agenzie, in considerazione dell’importanza delle novità, hanno intrapreso diverse forme di sperimentazione, soprattutto sugli aspetti analitici, confermando luci ed ombre già evidenziate. Un ulteriore passo potrà essere fatto in un’ottica di programmazione delle attività e di gestione dei problemi, con la predisposizione di calendari prefissati, la redazione dei profili di rischio delle spiagge e nella comunicazione al pubblico.

MONITORAGGIO DELLA QUALITÀ DELLE ACQUE MARINE COSTIERE: IL CONTESTO NAZIONALE, MEDITERRANEO ED EUROPEO ■ DI ERIKA MAGALETTI Dipartimento Monitoraggio - Primo Ricercatore Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (ICRAM)

L’ICRAM è da anni impegnato nello sviluppo delle conoscenze scientifiche e dei criteri metodologici finalizzati a fornire indicazioni strategiche ed operative necessarie

Fig. 1 - Monitoraggio della qualità degli ambienti marini e costieri: il contesto legislativo.

all’applicazione delle normative nazionali e comunitarie in materia di controllo e monitoraggio dell’ambiente marino costiero. Sono stati presi in esame gli attuali strumenti legislativi presenti nel contesto nazionale, mediterraneo ed europeo (fig. 1) relativi al monitoraggio della qualità degli ambienti marini. Particolare enfasi è stata data ai recenti approcci concettuali ed agli orientamenti metodologici ed operativi in campo internazionale, quali il Programma 2006-2013, fase IV, del MED POL - UNEP MAP, il processo di intercalibrazione per l’implementazione della Direttiva Quadro Europea sulle Acque, le attività del Gruppo di Lavoro European Monitoring and Assessment per l’implementazione della Strategia Marina dell’Unione Europea. Sono state infine richiamate alcune delle esigenze emerse in termini di acquisizione di conoscenze scientifiche necessarie al perseguimento degli obiettivi per una politica sostenibile in materia di acque a livello di Unione Europea.

EUTROFIZZAZIONE E MUCILLAGINI NELL’ALTO ADRIATICO ■ DI CARLA RITA FERRARI Responsabile Area Ecosistema Marino Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente Emilia-Romagna Struttura Oceanografica Daphne (ArpaER SOD)

L’eutrofizzazione nell’Adriatico Nord-occidentale si manifesta da oltre 30 anni, il suo studio e monitoraggio è finalizzato agli impatti sull’ambiente marino-costiero ed alla verifica dell’efficacia delle azioni di risanamento attuate sul territorio. La condizione che favorisce l’innesco del processo eutrofico, è legata da un lato alla forte antropizza-

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QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

“OSTREOPSIS OVATA”: PROBLEMA NAZIONALE E INTERNAZIONALE DELLA GESTIONE DI EMERGENZE AMBIENTALI E SANITARIE ■ DI CECILIA BRESCIANINI Direttore Scientifico - A.R.P.A. Liguria DI CLAUDIO GRILLO

Responsabile U.O. Laboratorio e Reti di Monitoraggio Dipartimento di La Spezia- A.R.P.A. Liguria

Affioramento aggregati mucillaginosi

zione del territorio conseguente ad un rilevante sviluppo economico e sociale, dall’altro al fatto che i bacini idrografici che attraversano queste aree scaricano le loro acque in mari semichiusi a lento ricambio. Il fenomeno delle mucillagini è, al contrario un fenomeno conosciuto da secoli (le testimonianze più antiche risalgono al 1749). Recentemente è stato oggetto di un importante progetto di ricerca quadriennale (1999 - 2002). Non sono attualmente attivi progetti nazionali di monitoraggio e studio del fenomeno. Detto fenomeno presenta dinamiche nei processi di formazione più complesse ed ancora in parte poco conosciute. Si presenta in modo discontinuo (prevalentemente nei mesi estivi e non tutti gli anni) e può interessare anche altri mari sia mediterranei che extra mediterranei. Nel presente lavoro sono tracciate le principali caratteristiche che differenziano i due fenomeni, sia per quanto riguarda i processi di formazione conosciuti, che gli impatti che possono generare sull’ecosistema marino e nei settori produttivi collegati al mare, pesca e turismo in particolare. Per poter monitorare il fenomeno delle mucillagini, anche ai fini previsionali e per garantire le più esaustive forme di comunicazione, risultano strategici: ■ la costituzione di un network tra le Agenzie Ambientali delle Regioni costiere adriatiche con l’auspicabile partecipazione degli Istituti operativi nella sponda prospiciente (Slovenia, Croazia); ■ la multidisciplinarietà e la contemporanea interconnessione di diversi strumenti e metodologie di indagine (per esempio la modellistica, le immagini satellitari, ecc..); ■ una stretta sinergia tra Enti titolati al controllo del territorio (Agenzie Ambientali) ed Istituti Scientifici.

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Nelle date 17 e 18 luglio 2005 si è presentato presso le strutture sanitarie genovesi un numero significativo di cittadini che, in seguito a permanenza in alcune zone balneari del Comune di Genova ed in particolare nella zona sottesa tra Punta Vagno e Genova Quinto, presentavano costrizione nasale, leucocitosi e, in alcuni casi, difficoltà respiratoria ed episodi febbrili di breve durata. A seguito di tali fatti ed in considerazione delle patologie riscontrate dalle strutture sanitarie competenti, ARPAL ha disposto un monitoraggio straordinario delle acque del levante genovese mirato alla ricerca di specie algali produttrici di tossine, nella fattispecie Ostreopsis spp. Le indagini si sono concentrate prevalentemente nelle zone in cui si è riscontrato il maggior numero di casi di intossicazione tra i bagnanti e/o le persone che frequentavano le spiagge in questione. Dal 18 luglio al 15 settembre sono stati effettuati campionamenti quotidiani nei siti in cui si erano verificati i fenomeni. Altri campionamenti sporadici sono stati svolti in siti limitrofi. Le azioni disposte da ARPAL sono state concordate con altri Enti competenti quali Az. USL3 e IZS, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze: ■ ARPAL ha dato seguito a determinazioni analitiche atte a valutare e riconoscere il fenomeno e, successivamente, al monitoraggio dello stesso; ■ Az. USL3 ha proceduto alle valutazioni epidemiologiche ed ai provvedimenti di sanità pubblica; ■ IZS ha provveduto alle determinazioni analitiche sui mitili stanziali e sul pescato. Nel dicembre 2005 ARPAL ha organizzato una giornata di studio dal titolo “Ostreopsis: un problema per il Mediterraneo?”, ospitando importanti ricercatori tra cui Takeshi Yasumoto (uno dei maggiori esperti internazionali nel campo delle biotossine marine), Roberto Poletti (Direttore del Centro Ricerche Marine di Cesenatico), Ernesto Fattorusso (già Preside della Facoltà di Farmacia della



QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

Università di Napoli Federico II), oltre ad esponenti dell’Istituto Zooprofilattico, dell’Istituto Superiore di Sanità, delle Università di Genova, Urbino, Bari e Napoli, delle ASL e delle ARPA. L’intervento riferisce in ordine alle situazioni note di presenza di Ostreopsis che si sono rilevate nel territorio nazionale ed in particolare sull’evento ligure.

LE INTERAZIONI DELLA CIRCOLAZIONE IDRICA NEGLI ECOSISTEMI MARINI COSTIERI IN AREE INTERESSATE DA FENOMENI DI INQUINAMENTO E DI CONTAMINAZIONE ■ DI ALFONSO DE NARDO Direttore Dipartimento Provinciale di Napoli ARPA Campania

L’elaborazione dei primi progetti di bonifica nelle aree costiere della Campania interessate da forme di contaminazione (SIN di Bagnoli e Coroglio, di Napoli Est, del Litorale vesuviano) evidenzia l’insufficienza dei dati conoscitivi necessari a orientare razionalmente le scelte progettuali, che, come è noto, comportano di norma impegni economici assai considerevoli. La carenza o l’inadeguatezza delle informazioni sulle dinamiche dei corpi idrici sotterranei e sulla loro azione di “veicolo” o di “agente ripulitore” degli inquinanti può rendere del tutto inutili o addirittura controproducenti interventi ingegneristici come diaframmi e barriere idrauliche o fisiche. La stessa individuazione, puntiforme o su griglie, dei parametri fisici e chimici che forniscono informazione sul grado di contaminazione dei suoli e della falda si mostra spesso inadeguata o insufficiente in un ambiente quale l’interfaccia tra mare e costa, caratterizzato da estrema instabilità degli equilibri fisici. Paradossalmente può accadere che gli effetti secondari e negativi delle barriere sotterranee (l’alterazione della circolazione idrica) prevalgano sull’effetto di isolamento dei tratti di falda inquinati. La priorità assoluta di ogni bonifica sta nell’eliminazione delle cause (immissione sul suolo o nel sottosuolo degli agenti inquinanti. Quando esse sono cessate il principale agente di disinquinamento viene costituito proprio dalle acque di falda, che si rinnovano giorno dopo giorno, alimentate da piogge e sorgive e costituiscono la forma più naturale e collaudata di “soil washing”. Diventa perciò fondamentale la conoscenza delle dinamiche di “trasferimento”, di “mo-

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bilità” degli agenti inquinanti che, come è ovvio, dipendono da fattori fisici (litologia, granulometria dei terreni, permeabilità giacitura degli strati, grado di imbibizione del suolo, altezza piezometrica) e chimici (solubilità degli elementi), ma che si rilevano attraverso un sistema di comparazioni sincroniche e diacroniche dei risultati analitici. Si tratta allora di reimpostare i modelli di monitoraggio fino a oggi adottati in Campania, di convertire il campionamento singolo o la serie di campionamenti in “sistema di campionamenti”, di elaborare un modello di georeferenziazione dei campionamenti delle acque sotterranee attraverso pozzi spia e di costruzione di isolinee in funzione delle concentrazioni dei principali agenti inquinanti e naturalmente delle profondità di prelievo. Il presente contributo descrive l’approccio metodologico al monitoraggio effettuato nel territorio della Provincia di Napoli.

L’ATTIVITÀ DELLA GUARDIA COSTIERA IN AMBITO AMBIENTALE

DI CF (CP) PIL PAOLO CAFARO

Capo Ufficio Mezzi Aerei - Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera

Tra i numerosi compiti istituzionali affidati al Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera e che hanno tutti come oggetto l’uso del mare, l’amministrazione ed il controllo delle attività marittime, particolare riguardo riveste la difesa dell’ambiente marino in virtù di numerose leggi e convenzioni internazionali, tra le quali le più importanti sono la legge 979 del 1982 sulla difesa del mare, la legge quadro sulle aree marine protette n. 394 del 1991, la convenzione di Londra MARPOL e relativi allegati e la convenzione di Montego Bay sul diritto internazionale marittimo. Per le attività di antinquinamento, monitoraggio dell’ambiente marino e salvaguardia delle aree marine protette, la Guardia Costiera impiega prevalentemente le proprie unità navali maggiori, aerei ed elicotteri. Alcune diapositive mostrano le immagini delle navi e delle motovedette in dotazione, riportandone le principali caratteristiche. Per il telerilevamento dell’ambiente marino, tutti gli aeromobili della Guardia Costiera hanno in dotazione la video camera a raggi infrarossi FLIR in grado di raccogliere la radiazione all’infrarosso termico fino ad un differenziale di temperatura pari a 0,16°C. Le immagini vengono visualizzate in tempo reale sui monitor dell’operatore e dei piloti e pos-


sono essere registrate su video cassette o su hard-disk. Sulla linea P166 DL3 SEM (Sorveglianza Ecologica Marittima) è installato il sistema di scansione bispettrale IR-UV Daedalus AA3505, in grado di raccogliere la radiazione nello spettro dell’infrarosso termico e nello spettro dell’ultravioletto su canali separati e di visualizzare in tempo reale su di un monitor dedicato e di registrare con sistema SVHS e su hard disk le immagini delle aree sorvolate. Confrontando le immagini all’infrarosso con quelle riprese all’ultravioletto è possibile valutare l’entità dell’inquinamento distinguendo le macchie più sottili da quelle più spesse. Gli aerei ATR42MP della Guardia Costiera sono dotati anche di un sistema a scansione multispettrale ATM ENHANCED. Esso utilizza 11 bande spettrali nell’ultravioletto, nel visibile e nel campo dell’infrarosso e consente di individuare e quantificare alcuni parametri essenziali per definire lo stato di salute dell’ambiente marino, come la temperatura, la distribuzione e la concentrazione della clorofilla, la concentrazione di sostanza organica disciolta, la torbidità dell’acqua, ossia la presenza di sedimenti in sospensione e consente, altresì, di eseguire la mappatura della vegetazione sui bassi fondali. A bordo degli ATR42MP è in fase di completamento l’installazione del sistema radar ad apertura laterale SLAR, che consentirà la l’individuazione e la localizzazione di inquinamenti sulla superficie del mare sino ad una distanza di 40 miglia per ciascun lato. Sugli aerei P166 DL3 SEM è, inoltre, installato il sistema di aerofotografia VINTEN 618, con il quale eseguiamo la mappatura delle fasce costiere sorvolate allo scopo di individuare e documentare usi impropri del mare come ad esempio scarichi inquinanti. L’attività svolta dal Corpo delle Capitanerie di Porto negli anni 2004 e 2005, in relazione anche al “Protocollo per il potenziamento delle attività per la sorveglianza nelle aree marine protette”, è stata articolata su vari punti in modo da renderla più efficace. Molto è stato fatto per quanto riguarda la prevenzione e l’informazione, promuovendo

presso gli uffici periferici della Guardia Costiera, i porti, i circoli nautici e le stazioni turistico-balneari, la diffusione delle normative riguardanti le aree marine protette e le sanzioni previste per le violazioni. Inoltre, è stata svolta la vigilanza degli specchi acquei sottoposti a specifica normativa, sia in ore diurne che notturne, intervenendo prima che gli utenti del mare violassero i divieti e i vincoli. Particolare attenzione è stata posta al monitoraggio delle acque ai fini della prevenzione degli inquinamenti, non solo con controlli sulle unità navali, ma anche attraverso il censimento ed il controllo degli scarichi in mare e degli impianti di depurazione. Rispetto all’anno 2004, a fronte di un aumento dell’attività di sorveglianza con 161.014 interventi, nel 2005 i reati e le violazioni sono diminuiti rispettivamente del 24% e del 3%. Nella repressione dei fenomeni di pesca abusiva, particolarmente interessante risulta l’attività antispadare svolta nel corso del 2005, che ha comportato il sequestro di circa 800 km di reti pelagiche. Sui parchi marini e le aree marine protette nel 2005 sono state svolte complessivamente 14405 ore di attività, sorvegliate 79473 miglia di mare e 14716 km di costa. I controlli sono stati 16240, ed hanno portato alla contestazione di 621 violazioni ed al riscontro di 160 reati. L’impegno del Corpo nel fronteggiare le emergenze ambientali ha portato ad un totale di 461 interventi per il disinquinamento, di cui 75 casi medio/gravi. In particolare la componente di volo ha intensificato la vigilanza per la tutela dell’ambiente marino e costiero, ai fini dell’individuazione di abusi e violazioni altrimenti non riscontrabili, dedicando complessivamente 1505 ore di volo al monitoraggio dell’ambiente marino. Sono stati, inoltre, scansionati con i sistemi di telerilevamento circa 3000 km di costa, individuando 85 probabili scarichi inquinanti e riferendo i risultati alle Procure della Repubblica ed alle Capitanerie di Porto competenti.

2004: SEQUESTRI

2005: SEQUESTRI

1.771 ATTREZZATURE DA PESCA (PALAMITI, NASSE, PARANCALI, FUCILI SUBACQUEI, ETC...)

2.843 ATTREZZATURE DA PESCA (PALAMITI, NASSE, PARANCALI, FUCILI SUBACQUEI, ETC...)

43 RETI, PER UN TOTALE DI 5950 METRI

800 KM DI RETI NELL’ATTIVITÀ ANTISPADARE

427.583 KG DI PESCATO (TRA CUI COZZE, ATTINIE, PESCE DI VARIE SPECIE)

249.416 KG DI PESCATO (TRA CUI COZZE, ATTINIE, PESCE DI VARIE SPECIE)

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ENDESA ITALIA,ENERGIA COSTRUTTIVA Nata per dare un nuovo impulso al mercato italiano nel momento della sua apertura alla concorrenza, Endesa Italia è oggi il terzo operatore elettrico nazionale con 6.590 MW di capacità installata, distribuita in 5 centrali termiche, 2 nuclei idroelettrici e un parco eolico. Vicinanza culturale, esperienza nel processi di liberalizzazione maturata in Spagna e capacità di competere in contesti differenti hanno convinto Endesa ad approdare al mercato italiano. Un operatore caratterizzatosi fin da subito per la ricerca dell’efficienza, per l’ottimizzazione dei mix produttivi, per l’innovazione tecnologica e per sviluppo delle fonti rinnovabili. Nel 2001 Endesa Italia ha infatti avviato un ambizioso piano industriale che è già stato quasi completato: due unità a ciclo combinato a gas, da 400 MW ciascuno, in esercizio dalla fine del 2003, nella Centrale di Ostiglia ed una da 800 MW, inaugurata nel novembre 2004, nella Centrale di Tavazzano e Montanaso, Un’analoga trasformazione è prevista per la centrale di Monfalcone ( 1 gruppo da 400 MW al posto di 2 gruppi ad olio), per servire la quale Endesa ha presentato un progetto per la realizzazione di un terminal di rigassificazione offshore nel Golfo di Trieste. Il piano industriale di Endesa Italia non si limita tuttavia al repowering degli impianti esistenti, ma prevede anche lo sviluppo della produzione da fonti rinnovabili, con particolare attenzione all’eolico e alle opportunità derivanti dall’utilizzo delle biomasse. In tal senso, nei prossimi anni punta a realizzare parchi eolici per un totale di circa 400 Megawatt. Insieme ad ASM Brescia, nel 2004 Endesa ha inoltre acquisito Eurosviluppo Industriale, la società che costruirà una centrale a ciclo combinato cogenerativo, da 800 Megawatt, in Calabria a Scandale (KR). L’ATTENZIONE ALL’AMBIENTE Endesa Italia, coerentemente con le scelte strategiche operate a livello di Gruppo, crede fortemente nella necessità di stabilire una corretta relazione con l’ambiente. Ritiene quindi fondamentale sviluppare da un lato politiche educative atte a far comprendere il ‘costo’ ambientale delle risorse e delle attività umane, e la conseguente utilità di ogni possibile risparmio nell’utilizzo delle stesse, e dall’altro lato politiche trasparenti di collaborazione con le istituzioni e le comunità locali direttamente vicine ai siti produttivi. L’attenzione di Endesa Italia all’ambiente è attestata inoltre dalla scelta di aderire al sistema di eco-gestione EMAS ( Environmental Management and Audit Scheme - Sistema di gestione e verifica ambientale), e di sviluppare una politica ambientale che va ben oltre il rispetto delle normative vigenti e tende ad individuare soluzioni nuove per un costante miglioramento della politica ambientale. Alla base di tale scelta vi sono alcuni aspetti strategici tra i quali i più importanti sono il principio del continuo e ragionevole miglioramento delle “performance” ambientali, la comunicazione e la diffusione dei risultati ottenuti attraverso la Dichiarazione ambientale annuale, la partecipazione ad un circuito virtuoso di sensibilizzazione con il coinvolgimento dei la-

voratori e degli appaltatori. I siti attualmente certificati Emas sono la centrale termoelettrica di Monfalcone (Go), la centrale termoelettrica di Tavazzano e Montanaso (Lo), la centrale turbogas di Trapani, la centrale termoelettrica di Ostiglia (Mn), la centrale termoelettrica di Fiume Santo (SS) il nucleo idroelettrico Calabria. Con la certificazione del Nucleo Idroelettrico di Terni che avverrà entro il 2006, tutti i siti produttivi di Endesa Italia saranno registrati Emas. LA STRATEGIA COMMERCIALE In relazione al crescente grado di apertura del mercato, Endesa Italia sta attuando un’attenta strategia di diversificazione commerciale, cedendo l’energia prodotta o acquistata attraverso diversi canali: borsa elettrica, contratti bilaterali con gruppi industriali e contratti l’Acquirente Unico. Dal 2001 ad oggi ha incrementato la quota delle vendite indirizzate sul mercato libero, che hanno raggiunto nel 2005 i 13.000 GWh, pari a circa la metà del totale dell’energia venduta. In questo contesto un ruolo importante è svolto da Ergon Energia, la società costituita nel luglio 2003 insieme ad ASM Brescia per la vendita di energia elettrica e gas ai clienti idonei. L’offerta di Ergon Energia punta a distinguersi per la chiarezza e trasparenza delle formule contrattuali adottate, per la competitività dei prezzi e la sicurezza della fornitura derivanti dal fatto di vendere energia prodotta da impianti propri. Completano l’offerta di Ergon Energia servizi di consulenza ad alto livello professionale per orientare i clienti al miglior uso dell’energia nei processi industriali. L’obiettivo della società mista è il raggiungimento della quota del 10% del mercato in ambito nazionale, e l’ampliamento del portafoglio delle offerte in modo da permettere ai propri clienti di cogliere le opportunità create dai cambiamenti normativi. Endesa Italia ha peraltro proseguito anche nel 2005 l’attività svolta direttamente dalla propria struttura commerciale (Endesa Italia Power & Fuel), concentrandosi in particolare verso clienti industriali di alto profilo strategico e verso aziende operanti nel settore della distribuzione. LE PROSPETTIVE PER IL FUTURO Alla base della strategia di Endesa Italia c’è la collaborazione con i soci industriali e la ricerca di partner qualificati per accordi e alleanze strategiche. L’obiettivo principale è quello di impegnare risorse rilevanti per la crescita e lo sviluppo di opportunità di business dando impulso alle azioni volte a fare di Endesa Italia un operatore globale dell’energia, integrato nelle aree della generazione e vendita di elettricità Il rafforzamento della Società in Italia avverrà attraverso la crescita della capacità di generazione, l’incremento della potenza dei siti esistenti, lo sviluppo di progetti per nuovi siti, l’acquisizione di unità produttive esistenti con particolare attenzione alla diversificazione delle fonti e incrementando il ricorso alle fonti rinnovabili. Lo sviluppo di un’efficace politica commerciale rivolta al mercato libero l’ingresso nel settore del gas naturale, in particolare per garantire l’approvvigionamento degli impianti è un ulteriore obiettivo strategico.


QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

EROSIONE DELLE COSTE E STATO DEI PORTI

L

a sessione relativa al tema dell’“erosione delle coste e stato dei porti”, secondo Domenico Lemma, dell’Arpa Calabria, che ha introdotto la mattinata, ha dato dimostrazione, attraverso le relazioni tecniche del dinamismo delle Agenzie nell’esecuzione delle buone pratiche e negli interventi di mitigazione delle problematiche relative alle coste e a quelle dei porti. Lemma si è soffermato, in particolare, sulla situazione della Calabria che è una regione con 800 km di coste di cui il 67% sono a rischio erosione. Le aree a rischio identificate riguardano 116 comuni costieri di cui 71 a rischio R2 e 45 a rischio R3. Occorre ha affermato Lemma - innanzitutto sensibilizzarsi sul gravoso problema e porre rimedio anticipatamente ad eventi calamitosi. Per quanto riguarda gli aspetti giuridici connessi alla pianificazione, menzionati nel corso dell’intervento dell’Associazione ASSOPORTI, sostanzialmente la legge n. 84 del 1994 ha stabilito che per i porti industriali e commerciali la pianificazione deve innanzitutto rispettare le regole dell’art. 5 della legge. L’elemento centrale è il piano regolatore portuale - ha detto Rocca, esponente dell’Associazione - che definisce al primo comma l’ambito e l’assetto del porto, le infrastrutture di collegamento con le reti autostradali.

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Il piano portuale non è un semplice disegno di opere, ma anche uno strumento di raccordo con tutto il territorio portuale circostante. L’importante innovazione nella nostra legislazione è l’aver previsto che la realizzazione del piano portuale debba essere sottoposta alla procedura VIA (valutazione impatto ambientale). Un aspetto da sottolineare è quello che impone al piano di considerare le varie implicazioni come ad esempio quella con il rumore. Per l’integrazione delle realtà urbane e portuali il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e quello per l’Ambiente e il Territorio hanno elaborato delle linee guida per la regolamentazione dei porti industriali. Lo scopo del documento è proprio quello di individuare i punti di flessibilità delle diverse dinamiche marittime per consentire l’integrazione tra programmazione del porto e territorio circostante. Uno studio per la gestione integrata delle coste e gli interventi di difesa dei litorali è stato condotto dall’APAT, sviluppando quale strumento di supporto di analisi il Sistema Informativo Geografico Costiero - SIGC. Obiettivo la costituzione di una base conoscitiva a scala nazionale dell’ambiente costiero secondo un approccio interdisciplinare. Uno dei dati emersi è che il 92% costituisce costa naturale di cui i 2/3 rappresentano



QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

costa bassa, fragile e soggetta ad evoluzione a breve termine. Il CNR ha presentato degli studi di ricerca relativi al nord dell’Adriatico, una mappa del rischio e le aree da proteggere. Un secondo studio ha invece individuato l’andamento dell’influenza degli scarichi per la determinazione dell’inquinamento batteriologico. E’ stata calcolata una mappa per conoscere, ad esempio la concentrazione media nell’anno dell’Escherichia coli. L’ICRAM in questo campo ha elaborato con APAT e Ministero dell’Ambiente un manuale di riferimento che impone obiettivi di qualità e valutazione del rischio, che consente anche di sperimentare interventi “coraggiosi” spingendosi nel campo dell’innovazione. Il manuale sarà pubblicato una volta recepite le osservazioni delle Regioni. Per la Liguria il problema della gestione dei ripascimenti è forte, tanto da aver alterato numerosissime costruzioni di opere costiere. In questa regione sono stati affrontati soprattutto i ripascimenti stagionali cercando di aumentare il tratto di litorale esposto a motivi turistici-educativi. I problemi ambientali in questo settore sono per la Liguria legati all’intorbidimento delle acque. Per l’Emilia Romagna sono 130 i km di costa lineare bassa e sabbiosa e il 40% delle coste è in erosione. 1000 metri cubi di sedimento si perdono ogni anno per effetto della subsidenza. Questo è un dato grave, considerando che il turismo regala ogni anno alla Regione circa 2500-3000 euro ogni metro quadro di spiaggia. Il progetto CADSEALAND al quale partecipa l’APAT presenta due direttive principali: da un lato garantire l’intervento rispetto alle situazioni di emergenza in aree specifiche, dall’altro sviluppare standards generali per la definizione dello stato delle coste, della loro gestione, evoluzione e cause condizionanti. Tra i partner: la Regione Marche, l’Emilia Romagna e le rispettive ARPA, l’Università di Atene, e molte altre realtà regionali locali greche. Le Marche presentano 162 km di costa sia alta che bassa (Senigallia e S. Benedetto sono esempi di costa bassa) e il 5% di questo territorio è occupato da porti. Gli squilibri sono dovuti anche al deficit di trasporto solido sulle aste fluviali. C’è la necessità di creare un piano per omologare gli interventi nella Regione. L’ARPAM ha redatto un rapporto sulla balneazione e la caratterizzazione dei sedimenti. Nel 1999 sono stati installati capisaldi agganciati alla rete IGM ed è stata rilevata una serie di transetti di sezione che interessano spiaggia emersa e sommer-

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sa. Il piano ha avuto un costo di 167,75 milioni di euro. Le coste del Veneto che vanno da Foce Tagliamento a Foce Po di Goro si presentano piuttosto omogenee, poiché tutte basse e dotate di difese strutturali, anche se ne occorrono ancora di più. Il Delta del Po merita un discorso a se, essendo una terra molto giovane, con terreni che hanno circa 400 anni e presentano lagune, valli e un sistema regolato di utilizzo dell’acqua. Un elemento scomodo è rappresentato dalle tegnùe, blocchi di sabbia consolidati che si trovano a 20 miglia oceaniche e che sono divenute sedi di ecosistema. La Regione Molise ha programmato lo sviluppo della portualità e della gestione integrata della costa mediante due direttive. Tali strumenti rappresentano la sintesi di studi preliminari. La programmazione approvata è in corso di attuazione e registra ottimi risultati per la difesa della costa e la realizzazione di tre porti turistici. Il problema dell’erosione delle coste e lo stato dei porti è stato affrontato in modo dettagliato in alcuni interventi. Di seguito pubblichiamo alcuni abstract.

PIANIFICAZIONE PORTUALE E ASPETTI AMBIENTALI

DI TOMMASO AFFINITA

Presidente ASSOPORTI

L’attività di pianificazione portuale è tra le principali e più rilevanti competenze delle Autorità Portuali, nei porti da queste amministrati. Il processo di pianificazione è regimato dall’art. 5 della L. n. 84 del 28.1.1994. Lo strumento è il P.R.P., che ha finalità di pianificazione del territorio portuale, ma altresì di raccordo con il territorio circostante (quasi sempre costituito da aree urbanizzate nella realtà italiana) e con le reti trasportistiche. Esso è frutto dell’intesa con il Comune interessato; viene adottato dal Comitato dell’A.P., quindi con il coinvolgimento anche degli enti locali rappresentati all’interno del Comitato, ed è approvato dalla Regione. Gli aspetti ambientali connessi sono palesi considerato che prima della definitiva approvazione il Piano è assoggettato alla VIA, andando ben oltre la previsione derivante da regole comunitarie che prevedono tale valutazione sulle “opere” e non sui “Piani”. La complessità (talora la vera e propria difficoltà) del coordinamento di esigenze di


crescita di infrastrutture indispensabili per il funzionamento dell’intero sistema-Paese, con le esigenze dell’ambiente circostante ha contribuito a dilatare - talvolta in misura rilevante - i tempi di perfezionamento dei P.R.P. Anche per ovviare a ciò il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ha insediato, nella seconda metà dell’anno 2003, un’apposita Commissione con il compito di elaborare le “Linee guida per la redazione dei P.R.P.”. Dette linee guida, frutto anche dell’apporto di tecnici del Ministero dell’Ambiente, forniscono un approccio metodologico integrato tra aspetti tecnici ed ambientali. Pur costituendo esse il passo in avanti possibile a legislazione vigente, Assoporti da tempo ritiene necessario intervenire a livello normativo per delineare percorsi procedurali con una tempistica certa, a conclusione dei quali, salvaguardando il ruolo degli enti locali, sia possibile disporre di strumenti idonei a consentire un effettivo sviluppo sostenibile.

IL SISTEMA INFORMATIVO GEOGRAFICO COSTIERO DELL’APAT ■

DI ANGELA BARBANO

scia costiera e della sua evoluzione. Per lo studio è stato sviluppato, quale strumento di supporto all’analisi del complesso sistema naturale di interazione tra terra e mare, il Sistema Informativo Geografico Costiero - SIGC. L’obiettivo è la costituzione di una base conoscitiva a scala nazionale dell’ambiente costiero secondo un approccio interdisciplinare, orientato sia alla descrizione dei fenomeni fisici tipici delle aree costiere sia alla rappresentazione degli interventi locali dell’uomo, finalizzati all’uso e alla protezione del territorio, che interagiscono con i fenomeni naturali. Il SIGC sviluppato raccoglie ed elabora dati raster e vettoriali tematici e con esso sono stati prodotti dati metrici sulle coste, report statistici e cartografia sulla geomorfologia, sulle variazioni della linea di riva e sulle opere marittime realizzate negli ultimi decenni.

PROBLEMATICHE E SOLUZIONI INDIVIDUATE NELLA GESTIONE DEI RIPASCIMENTI DEGLI ARENILI ■ DI ROSELLA BERTOLOTTO

APAT

Responsabile Settore Ambiente Marino Costiero ARPA Liguria

In linea con il crescente interesse manifestato nei diversi ambiti, amministrativi e di ricerca, circa la gestione integrata delle coste e gli interventi di difesa dei litorali dai fenomeni di erosione, è stato condotto in APAT uno studio per la caratterizzazione della fa-

DI ILARIA FASCE

Responsabile Settore Ecosistema Costiero - Regione Liguria

Negli ultimi decenni la costruzione di opere costiere e di arginazione delle foci fluviali ha portato, nel primo caso, ad una pro-

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QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

gressiva alterazione del trasporto litoraneo e, nel secondo, ad una riduzione del materiale che da monte, lungo i corsi d’acqua, garantiva l’alimentazione delle spiagge. L’erosione dei litorali costituisce ormai un fenomeno grave, soprattutto nel caso della Regione Liguria, in cui la morfologia del territorio e la scarsa presenza di fiumi di grossa entità determinano spiagge prevalentemente ridotte e grossolane. Nel tempo si è fatta strada la consapevolezza della necessità di maggiore attenzione, in fase progettuale, dei possibili effetti derivanti dalla costruzione di opere costiere sulla morfologia del litorale e sul trasporto. Questi aspetti sono presi in considerazione in fase di Valutazione di Impatto Ambientale o di autorizzazione ex art.35 del D.Lgs 152/99. I metodi più frequentemente utilizzati per affrontare il problema dell’erosione sono la costruzione di opere di difesa della costa e gli interventi di ripascimento degli arenili. Entrambe queste soluzioni però possono comportare effetti collaterali non trascurabili, ed è indispensabile individuare delle soluzioni progettuali efficaci ed ambientalmente sostenibili. I ripascimenti delle spiagge possono prevedere opere ingenti di rimodellamento strutturale della linea di costa o semplici versamenti di materiale in quantitativi ridotti, da eseguirsi stagionalmente per riparare i danni delle mareggiate invernali. In entrambi i casi, le criticità emerse sono le stesse: ■ granulometria del materiale: limitazione della frazione più fine che comporta maggiori problemi di torbidità in corso d’opera e ritorna in sospensione facilmente anche dopo che si è terminato il ripascimento; ■ qualità del sedimento: assenza di contaminazione che possa compromettere l’ambiente marino e la salute dei fruitori della spiaggia; ■ compatibilità del materiale con la spiaggia di destinazione (colore, granulometria…) ■ modalità di realizzazione del ripascimento: definizione di accorgimenti nel trasporto e nel versamento del materiale, per ridurre gli impatti sull’ambiente marino. I riferimenti normativi in materia sono piuttosto scarsi; ICRAM (Istituto Centrale per la Difesa Applicata al Mare) ha elaborato per il Ministero dell’Ambiente in collaborazione con APAT il “Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini” (2006), che cerca di definire una metodologia per classificare i sedimenti marini, a seconda delle diverse destinazioni.

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Dal 2001, la Regione Liguria ha prodotto una serie di criteri per la realizzazione degli interventi di ripascimento, sviluppati in base alla realtà territoriale ligure e alle proprie esigenze di coniugare l’efficacia degli interventi con la sostenibilità ambientale degli stessi, nell’ottica della gestione integrata del riutilizzo dei materiali provenienti dagli alvei fluviali. In ragione della morfologia costiera della Liguria, le operazioni molto frequenti di mantenimento delle condizioni originarie della spiaggia sono rappresentate principalmente dai ripascimenti cosidetti stagionali, per cui, rispetto al manuale ICRAM che si concentra più che altro sulle opere di grossa entità, la Regione Liguria ha sviluppato maggiormente a tali interventi caratterizzati da volumi di materiale inferiori a 10m3/m lineare. Per tale tipologia di ripascimenti l’autorità competente per l’emissione dell’autorizzazione in Liguria (ai sensi della L.R.13/99) è il Comune, che costituisce quindi il soggetto a cui principalmente si rivolgono i criteri regionali. I criteri tecnici e indirizzi prodotti al riguardo attengono a: ■ realizzazione e progettazione degli interventi di ripascimento stagionale; ■ approvazione degli interventi stagionali di ripascimento; ■ progettazione ed esecuzione delle opere di difesa della costa e degli abitati e di ripascimento degli arenili; ■ salvaguardia dell’habitat naturale prioritario praterie a “Posidonia oceanica”. ARPAL ha collaborato all’attività della Regione, producendo il Protocollo per la valutazione del materiale destinato a ripascimento degli arenili (2001). Alla luce di un aggiornamento dei criteri di ripascimento lo stesso verrà aggiornato principalmente sulle modalità di campionamento dei materiali

LA GESTIONE INTEGRATA DELLE ZONE COSTIERE IN REGIONE EMILIA-ROMAGNA ■

DI GIUSEPPE BORTONE, RAFFAELE PIGNONE E VINICIO RUGGERI

La maggior parte degli ecosistemi costieri ha una produttività biologica molto elevata, ospitando le aree di riproduzione e di crescita del novellame della maggior parte delle specie di pesci e molluschi di interesse commerciale. La qualità delle acque costiere è a rischio: i due fenomeni più spettacolari degli ultimi anni (le maree nere derivanti da incidenti nel trasporto via mare di idrocarburi e la proliferazione delle alghe) hanno evidenziato co-



QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

me spesso l’area marino-costiera subisca le conseguenze di eventi o attività originatesi nell’entroterra o in mare aperto. La gestione delle zone costiere orientata alla sostenibilità può riuscire soltanto con il ricorso ad un insieme di strumenti giuridici, economici, accordi volontari, erogazione di informazioni, soluzioni tecnologiche, ricerca, istruzione e formazione. La Regione Emilia-Romagna ha scelto di affrontare le problematiche costiere correlando variabili a carattere biologico, ecologico, fisico, economico e sociale: ■ sistema fisico costiero, fattori di rischio e strategie di difesa; ■ carichi inquinanti, gestione risorse idriche, monitoraggio; ■ portualità, rifiuti da natanti, rischi da trasporto marittimo; ■ valorizzazione degli habitat, della biodiversità e del paesaggio; ■ turismo; ■ pesca ed acquicoltura; ■ agricoltura; ■ risorse energetiche; ■ sistema insediativo ed infrastrutturale (servizi e mobilità). Il programma “Gestione Integrata Zone Costiere” ha voluto essere un approccio al modo di governo dell’area costiera regionale, che quantitativamente fosse in grado di sommare fra loro le politiche dei settori considerati, moltiplicandone gli effetti; e che qualitativamente fosse capace di comporre fra loro quelle politiche, allo scopo di condizionarsi, adeguarsi e valorizzarsi reciprocamente. Il processo di integrazione riguarda tutti i settori, con tutti gli altri.

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Di grande importanza strategica è la gestione delle risorse idriche, di cui la società contemporanea sembra essersi accorta solo recentemente a scala planetaria. La questione è di grande rilievo anche nelle zone costiere della regione, sommandosi localmente alla problematica della subsidenza, generata anche dagli emungimenti dei fluidi dal sottosuolo, che vanno drasticamente ridotti. La razionalizzazione e la riqualificazione del sistema dei depuratori e delle reti fognarie, rappresentano in proposito l’indicazione più scontata. Tutte le politiche suggerite, destinate ad accentuare il processo di integrazione intersettoriale, possono essere definite con indirizzi regionali e sistematicamente applicate dagli strumenti urbanistici comunali e provinciali; con indubbie ricadute significative sia a livello locale, sia a livello territoriale di area vasta. Un aiuto consistente può venire dall’adozione dello strumento comunitario “Politica Integrata di Prodotto” nel configurare sostanze e immagine del progetto di sviluppo sostenibile della Riviera. Lo scenario è quello di un’area che non può non essere “amica dell’ambiente” e quindi orientata a rinaturarsi in ogni porzione ove ciò sia possibile, ad adottare strategie per una mobilità ed un approvvigionamento energetico a basso impatto ambientale, a promuovere la valorizzazione delle produzioni tipiche (a partire dalle agroalimentari), a connettersi fortemente al territorio appenninico ed alle sue attività termali, a cogliere la sfida di una diffusa certificazione di qualità, anche ambientale, delle attività che ne caratterizzano l’aspetto insediativo. Il Programma GIZC della Regione Emilia -


Romagna riconosce come la competizione tra sistemi territoriali sul mercato globale vede emergere la qualità ambientale tra i fattori fondamentali di successo, assieme alla propensione all’innovazione ed alla qualità sociale. Il Consiglio Regionale della Regione Emilia-Romagna ha approvato le Linee Guida GIZC con Deliberazione N. 645 del 20 gennaio 2005. Attualmente tutte le 4 Province della zona costiera hanno a loro volta approvato in forma definitiva le Linee Guida e si accingono ad inglobarle nei rispettivi PTCP. Numerosi sono anche i Comuni costieri che stanno provvedendo all’approvazione. Sono in fase di avvio una serie di azioni pilota finanziate con i fondi del Piano Ambientale 2004-2007 per un importo pari a circa 5 milioni di Euro.

IL PROGETTO CADSEALAND: UN ESEMPIO DI COOPERAZIONE SUL TEMA DELLE COSTE NELL’AREA ADRIATICA ■ DI ING. STEFANO CORSINI APAT

La salvaguardia delle coste, in particolare dai fenomeni di erosione, è di rilevanza internazionale. Tali fenomeni affliggono gran parte delle aree del Mediteranno e interessano diversi paesi Europei. Il progetto CADSEALAND, nasce dal tentativo di affrontare le problematiche connesse con i fenomeni di erosione costiera e le complesse interazioni tra l’ambiente costiero e i bacini fluviali nel contesto di una visione integrata di interazione terra mare (ICZM). Due le principali linee direttrici del progetto: da un lato garantire l’intervento rispetto alle situazioni di emergenza in aree specifiche, dall’altro sviluppare degli standards generali per la definizione dello stato delle coste, della loro gestione, evoluzione e delle cause che la condizionano. L’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici) in particolare tratta i temi dello sviluppo di metodologie per il monitoraggio, degli studi sul territorio con l’applicazione di modelli idrodinamici numerici, del telerilevamento e del GIS a diverse scale, e della definizione di linee guida di riferimento.

INTERVENTI DI RIPASCIMENTO DEI LITORALI DEL VENETO: ASPETTI TECNICI E AMBIENTALI ■ DI LUIGI FORTUNATO Direzione Difesa del Suolo - Regione Veneto DI

MARINA VAZZOLER

Osservatorio Alto Adriatico - ARPA Veneto

Le strutture regionali preposte agli interventi di difesa dei litorali regionali dall’erosione sono la Direzione regionale Difesa del Suolo, il Distretto Idrografico “Laguna, Veneto Orientale, Coste”, le Unità Periferiche del Genio Civile regionale di Venezia e Rovigo e l’A.R.P.A.V.. In particolare, la Direzione Regionale Difesa del Suolo, in relazione alle risorse finanziarie disponibili e d’intesa con il Distretto Idrografico sopra citato, individua e inserisce nella programmazione triennale gli interventi da realizzare, anche sulla base delle risultanze di studi e pianificazioni, nonché delle segnalazioni degli Uffici del Genio Civile. Il Genio Civile costituisce il braccio operativo, cura la progettazione, l’appalto e l’esecuzione degli interventi e, in forza della sua presenza sul territorio, segnala le situazioni di criticità e le correlate ipotesi di soluzione. L’ARPAV, Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale del Veneto, realizza tutta una serie di attività per la tutela del mare che si concretizzano soprattutto nel controllo delle acque di balneazione e della qualità ecologica dell’ambiente marino costiero entro le due miglia nautiche. L’attenzione della Regione del Veneto per le problematiche legate alle coste è sempre stata elevata: già nel 1986, con la L. R. 34, si è inteso avviare un’azione più organica nel settore, prevedendo uno stanziamento per la realizzazione di specifici progetti difesa e ripascimento delle aree costiere, per la salvaguardia degli insediamenti abitativi e turistici da fenomeni di erosione. Le attività regionali di salvaguardia e valorizzazione delle coste si concretizzano essenzialmente in azioni finalizzate a contrastare l’erosione dei litorali, a preservare gli ecosistemi presenti e a consentire la presenza di insediamenti l’utilizzo insediativo e turistico. Gli interventi regionali realizzati - in particolare nell’ultimo quinquennio - possono es-

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QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

TIPOLOGIA

AREA DI INTERVENTO

ASSETTO DELLE FOCI

DELTA DEL PO

ASSETTO DELLE LAGUNE

FOCI DI ADIGE E BRENTA*

DIFESA DALL’EROSIONE

LITORALE ORIENTALE

PROTEZIONE DEI TERRITORI RETROSTANTI Fig. 1

sere suddivisi, dal punto di vista della tipologia, in quattro gruppi, mentre, per quanto riguarda la loro localizzazione, possono essere individuate tre aree distinte (Fig. 1). I relatori hanno illustrato sinteticamente le azioni di tutela dei litorali attivate e in corso nell’ultimo quinquennio, che vanno dalla conservazione degli ambienti lagunari, ecosistemi di transizione tra la terra ed il mare, al completamento e rinforzo delle arginature di prima difesa a mare, al contrasto dell’erosione del litorale. Tale ultima azione si concretizza sia con la realizzazione, il consolidamento e la manutenzione di opere rigide di difesa dalle mareggiate dei paraggi più esposti, sia, sempre di più, con azioni di ripascimento dei litorali con sabbie di idonee caratteristiche e qualità da mantenere e integrare annualmente al fine di garantire comunque il corretto andamento della linea di costa e l’ottimale fruizione della fascia litorale. Una delle problematiche più complesse è proprio quella dell’approvvigionamento di materiale idoneo per il ripascimento costiero: molteplici sono, infatti, gli aspetti da valutare: dalle caratteristiche fisico chimiche del materiale, agli aspetti microbiologici, ecologici e paesaggistici, alle interferenze con le attività turistiche e produttive in generale, fino al rispetto di normative e procedure non sempre chiare e inequivoche. I relatori hanno esposto gli ultimi provve-

FONTE DI FINANZIAMENTO Accordo di Programma Quadro 3 Difesa del suolo e della costa Docup 2000 - 2006 L.R. 3/03 L.R. 34/86 Legge Speciale per Venezia TOTALE

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* In Accordo di programma con il Magistrato alle Acque di Venezia

dimenti assunti dalla Giunta regionale del Veneto e, in particolare, il documento, denominato “Direttive tecniche per la caratterizzazione e valutazione di compatibilità delle sabbie destinate al ripascimento dei litorali nella Regione del Veneto”, che contiene disposizioni per gli adempimenti amministrativo-procedurali e per il campionamento e analisi delle sabbie, nonché per la valutazione circa l’idoneità delle sabbie stesse ad essere utilizzate per il ripascimento degli arenili, elaborato da uno specifico gruppo tecnico, con il supporto scientifico di A.R.P.A.V.. L’impegno regionale nel settore della tutela dei litorali è assai rilevante anche dal punto di vista delle risorse: infatti, considerando le risorse attivate nel quinquennio 2001- 2005, tale impegno si è concretizzato in oltre 50 milioni di euro di finanziamenti assegnati (Fig.2).

IMPORTO € 15.740.000,00 10.655.000,00 15.000.000,00 6.000.000,00 4.400.000,00 51.795.000,00

Fig. 2


LE MISURE METEOMARINE A SCALA NAZIONALE ■ DI

MAURO BENCIVENGA

Responsabile del Servizio Mareografico - Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT)

La relazione illustra le Reti di rilevamento mareografico e ondametrico dell’APAT, le caratteristiche tecniche strumentali del rilevamento meteomarino in Italia che si fondano sull’attività svolta fin dal 1942 dal Servizio Mareografico Nazionale. Ricorda lo sviluppo strumentale e le attività di rilevamento eseguite dal Servizio Mareografico e analizza le prospettive di svi-

luppo delle caratteristiche di rilevamento da ricercare proprio in quei settori di utilizzo dei dati meteomarini: Attività di progettazione di opere portuali e di difesa delle coste; Navigazione; Tutela delle acque marine; Attività di Protezione Civile; Misura e Previsione dello stato del mare. Infine ricorda l’esigenza di dare continuità al lavoro di rilevamento, validazione e diffusione dei dati meteomarini e di mantenere efficienti e funzionanti le reti di rilevamento mareografico e ondametrico in considerazione dell’importanza strategica della conoscenza delle caratteristiche fisico-ambientali dei mari italiani nell’ambito del Mediterraneo.

I SISTEMI PREVISIONALI DELLO STATO DEL MARE E DELLA CIRCOLAZIONE DEL MEDITERRANEO E DELL’ADRIATICO OPERATIVI IN ARPA EMILIA-ROMAGNA ■ 1 2 3 DI STEFANO TIBALDI , MARCO DESERTI , TIZIANA PACCAGNELLA , ANDREA VALENTINI4 E JACOPO CHIGGIATO4 Arpa Emilia-Romagna, Servizio IdroMeteorologico (ARPA-SIM) 1 Direttore del Servizio 2 Responsabile Area Meteorologia Ambientale 3 Responsabile Area Modellistica Meteorologica e Radarmeteorologia 4 Collaboratore ARPA-SIM

Rete Ondametrica Nazionale

Rete Mareografica Nazionale

Il servizio IdroMeteorologico dell’ARPA Emilia Romagna fornisce quotidianamente un servizio operativo di previsione numerica del moto ondoso e delle condizioni oceanografiche del mare Adriatico. Le previsioni sino a tre giorni in avanti, sono disponibili al pubblico attraverso il web del servizio all’indirizzo www.arpa.emr-it/sim/ alla voce MARE. Le mappe previsionali dell’altezza e direzione dell’onda sull’intero Adriatico e, con maggior dettaglio, sulla costa Emiliano Romagnola sono disponibili ad intervalli di 3 ore. Le previsioni oceanografiche sono disponibili come mappe triorarie per quanto riguarda la marea e medie giornaliere per quanto riguarda la temperatura dell’acqua, la salinità e le correnti a due diverse profondità (-5 e -10 m). Le informazioni sono completate dalla rappresentazione dell’intensità e direzione del vento sull’Adriatico e dalla documentazione relativa ai modelli previsionali utilizzati per generare la previsione numerica. Le previsioni vengono realizzate attraverso un sistema di modelli composto da un modello di onda (SWAN) che copre diverse aree geografiche a risoluzione crescente e diverse scadenze temporali e da un modello

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QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

oceanografico (ROMS) che copre il bacino Adriatico. Tutti i modelli utilizzano come forzanti meteorologiche i campi superficiali forniti dal modello meteorologico LAMI di SIM. I modelli producono una serie completa di grandezze oceanografiche che vengono archiviate nel data base di SIM e rese disponibili per applicazioni specialistiche. I modelli operativi sono oggetto di continua verifica sulla base delle osservazioni disponibili (quali i dati della rete ondametrica e mareografica nazionale e provenienti da campagne di misura) e vengono impiegati in svariati progetti europei e nazionali. La simulazione numerica dello stato presente e futuro del mare può essere utilizzata direttamente in molti settori quali ad esempio la prevenzione degli incidenti, il soccorso, la programmazione delle attività in mare, ed in varie applicazioni tra i quali lo studio dei processi di erosione costiera in scenari attuali e futuri, la previsione della dinamica di movimento in caso di sversamenti accidentali di oli, le operazioni di emergenza, lo studio del trasporto dei sedimenti, lo studio della dinamica della stratificazione della colonna d’acqua e delle variazioni locali di densità, il supporto alla previsione di bloom algali e/o di condizioni di ipossia nel bacino Adriatico.

VAS DEL PIANO DI SVILUPPO DELLE ATTIVITÀ INDUSTRIALI E PORTUALI A PIOMBINO ■ DI ROBERTO PIETRINI Dirigente Chimico - ARPA Toscana

La città di Piombino, ubicata al confine sud della Provincia di Livorno, è sede di un centro industriale di grande rilevanza, tuttora attivo nel settore siderurgico, metalmeccanico ed energetico. Nella città è presente altresì un porto di rilevanza nazionale, importante sia per il trasporto di passeggeri che di merci. Nell’intera area si va affermando una nuova identità, fondata sulla riscoperta delle vocazioni originarie (turismo e agricoltura), ma anche sull’innovazione e sulla permanenza della grande industria siderurgica. Lo stretto rapporto di vicinanza tra la città, e la grande fabbrica siderurgica, rimane il punto nodale su cui riflettere per le implicazioni di ordine urbanistico, ambientale ed economico che questo determina; particolare rilevanza assume, a questo proposito, il nuovo piano di riassetto industriale in corso

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di definizione da parte dell’imprenditoria. L’obiettivo che oggi ci si pone è quello di individuare soluzioni concrete capaci di dare una risposta complessiva all’insieme delle problematiche presenti in una zona di forte industrializzazione, di alta produttività agricola e di sensibile peso turistico, con l’impegno di far convivere la produzione industriale, il porto, la nautica, l’ambiente e i beni culturali. Per raggiungere tale obiettivo è importante definire gli strumenti, i programmi e le azioni da intraprendere, ed in tale ottica l’11 aprile 2005 è stato firmato il Protocollo d’Intesa per “il miglioramento delle condizioni ambientali dell’area industriale e portuale e la riqualificazione del territorio di Piombino” tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero delle Attività Produttive, la Regione Toscana, la Provincia di Livorno, il Comune di Piombino, l’Autorità portuale di Piombino, il Circondario della Val di Cornia e la Società Lucchini Piombino S.p.A. In tale contesto, per attuare il miglioramento delle condizioni ambientali e la riqualificazione del territorio di Piombino sono stati individuati 8 interventi. Si tratta di un insieme di azioni che hanno finalità ambientali (come, ad esempio, il “miglioramento delle condizioni ambientali per i quartieri Cotone e Poggetto”), ma anche di sviluppo e diversificazione economica (come, ad esempio, il “progetto di sviluppo portuale e nautico diportistico nei pressi della foce del Fiume Cornia”). Per meglio valutare gli effetti di tali interventi, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Direzione Generale Salvaguardia Ambientale) ha attivato una procedura di VAS, incaricando Sviluppo Italia S.p.A. per il supporto tecnico, e ha insediato presso il Comune di Piombino una commissione tecnica a cui partecipano tutti gli attori interessati. La procedura di VAS riguarderà, tra l’altro, gli effetti ambientali e il metodo utilizzato è stato concepito affinché i diversi interlocutori coinvolti nell’iter procedurale possano integrare tali valutazioni con quelle relative ad altri tematismi. Tale approccio, di tipo integrato, è in linea con quanto prefigurato dalla legge regionale (Toscana) 3 gennaio 2005 n. 1, art. 11, che ha introdotto la valutazione integrata nei processi di pianificazione e programmazione. Scopo finale della valutazione sarà quello di individuare il Programma (fra le diverse ragionevoli alternative presenti) in grado di offrire le prestazioni migliori in termini di utilità complessiva.





AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

CARTA DELLA NATURA E PARCHI

artito da Pescara il treno Minuetto della 10a Conferenza delle Agenzie Ambientali, si è spostato nella città di Sulmona, dove si sono svolte le due sessioni dedicate a Carta della Natura e Parchi e alle Certificazioni ambientali e Turismo sostenibile. “Vi do il benvenuto su un treno che è anche vostro”; questo il saluto del responsabile delle politiche ambientali e della sicurezza del lavoro delle Ferrovie dello Stato, Ing. Antonio Laganà, che ha parlato del sistema di gestione ambientale delle FS, gruppo che promuove il trasporto sostenibile, anche con la scelta di tecnologie idonee all’abbattimento del rumore e delle emissioni inquinanti, assecondando le caratteristiche proprie del mezzo ferroviario che è quello più compatibile con l’ambiente ed il territorio. Duecento i treni Minuetto costruiti fino ad oggi, treni costruiti con motori diesel elettrici

P

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o elettrici e nati per essere a bassa frequentazione - 146 posti a sedere e 200 in piedi. Trasferire il trasporto di persone e merci da strada a rotaia ridurrebbe di circa il 2% le emissioni complessive del settore trasporti e lo 0,5% di quelle totali. Gli impegni del Gruppo FS, ha sottolineato Laganà, riguardano essenzialmente energia, emissioni e territorio: “occorre gestire la sostenibilità a livello di gruppo. Non basta essere sostenibili, bisogna comunicare la sostenibilità. Si è sostenibili se si riesce a portare più passeggeri e merci in ferrovia”. “È la prima volta”, ha affermato Cesari “che utilizziamo il treno come occasione di scambio e di confronto su sostenibilità dei trasporti e su altre tematiche fondamentali per l’intero Sistema delle Agenzie”. La presenza di colleghe dell’Agenzia per l’Ambiente rumena sottolinea l’importanza dei gemellaggi tra nazioni che mi-


rano ai medesimi obiettivi ambientali. Carta della natura è uno degli strumenti realizzati allo scopo di identificare lo stato dell’ambiente naturale in Italia, stimandone valore naturalistico e vulnerabilità territoriale del Paese e definendone le linee di assetto del territorio. Il Progetto “Carta della Natura” nasce dalla Legge Quadro sulle Aree Protette (L.394/91) e prevede la realizzazione di una cartografia dell’intero territorio nazionale, che permetta di identificare, a due diverse scale, lo Stato dell’ambiente naturale e di stimarne Qualità e Vulnerabilità. Durante i lavori della conferenza è stato presentato un CD contenente gli schemi dei contenuti del progetto. In particolare all’interno si trova la sintesi delle attività condotte fino ad ora da parte delle ARPA e delle Regioni coinvolte. Le collaborazioni fra Enti sono la chiave di volta per conseguire risultati importanti in ambito ambientale poiché in grado di garantire una pianificazione corretta che soddisfi le differenti esigenze di sviluppo del territorio. Di seguito pubblichiamo alcuni abstract relativi alle relazioni dei convegnisti e l’intervento di apertura della sessione del Direttore generale della Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente, dottor Aldo Cosentino.

CARTA DELLA NATURA: UN PROGETTO NAZIONALE CONDIVISO CON GLI ENTI LOCALI ■ DI

MARISA AMADEI

Direttore del Dipartimento Difesa della Natura Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT)

La Carta della Natura è stata prevista dalla Legge-Quadro per le Aree Naturali Protette, n. 394/91, allo scopo di identificare lo stato dell’ambiente naturale in Italia, stimando il valore naturalistico e la vulnerabilità territoriale del Paese, per definire le linee di assetto del territorio. Essa si è successivamente rivelata utile anche per l’individuazione delle reti ecologiche, per studi di biodiversità, per le valutazioni di impatto ambientale, per le valutazioni ambientali strategiche e per le valutazioni di incidenza. Alla scala 1:250.000 è stata realizzata, per l’intero territorio nazionale, la “Carta delle Unità Fisiografiche dei Paesaggi Italiani”, l’unità di base di questa cartografia è rappresentata da aree in cui risultano omogenei i tipi e le Unità di Paesaggio secondo la Landscape Ecology. In questo tipo di approccio quindi il fenomeno emergente è figurato dagli aspetti fisiografici. Per le valutazioni oltre ai fattori di

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AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

disturbo antropico, vengono considerati anche numerosi aspetti biotici. Le valutazioni di qualità ambientale e vulnerabilità territoriale delle unità fisiografiche sono già state realizzate nelle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto. Alla scala 1:50.000 le unità territoriali omogenee di base sono rappresentate dagli habitat. Gli aspetti biotici e gli aspetti strutturali del territorio concorrono per la stima del valore ecologico e della sensibilità di ogni biotopo, mentre gli aspetti antropici contribuiscono a determinare il grado di vulnerabilità territoriale. Attualmente Carta della Natura alla scala 1:50.000 è stata realizzata in 7 milioni di ettari, cioè il 23,3% del territorio nazionale. Nell’ambito della realizzazione di questa porzione di territorio nazionale è stata messa a punto una metodologia operativa che APAT ha trasformato in procedure standard da estrapolare a tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione del progetto. Allo stato attuale sono coinvolte nel progetto le Regioni Friuli Venezia Giulia, Lazio, Sardegna e Sicilia, mentre le Agenzie Regionali che stanno realizzando la Carta nel territorio di loro competenza sono Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Molise, Piemonte, Puglia, Umbria, Veneto e Valle d’Aosta. Sono in fase di definizione gli accordi con le Regioni Lombardia e Marche.

IL CONTRIBUTO DI CARTA DELLA NATURA NELLA STESURA DI UN PIANO DI PARCO ■ DI ETTORE SARTORI

lo staff dell’APAT propose al Parco PPSM, data la contiguità territoriale dei due Parchi, di elaborare un’analoga procedura di Carta della Natura anche per il Parco trentino. Consapevoli, che ogni contributo alla maggior conoscenza del territorio protetto, sarebbe stata d’ausilio per un miglior risultato nella Revisione del PdP che in quegli anni iniziava la sua procedura, accogliemmo con favore ed entusiasmo la proposta dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente dello stesso Ministero collaborando logisticamente con il nostro personale e fornendo tutta la documentazione in nostro possesso. Nel settembre 2005 venne presentata a Tonadico (TN) la Carta della Natura del Parco Paneveggio Pale di San Martino e subito consegnata al Dipartimento di Ingegneria civile ed Ambientale dell’Università di Trento a cui, nel frattempo, era stato affidato l’incarico di predisporre i documenti della Revisione del Pdp. Tale Revisione, corredata dalla Carta degli Habitat di Natura 2000 redatta dal Professor Cesare Lasen e collaboratori, consegnataci nel dicembre 2005, trattando territori compresi nel Parco e definiti SIC, dovrà senz’altro tener conto di tutti questi strumenti in modo da essere, ancora una volta apripista di una previsione di gestione territoriale moderna ed in sintonia con le disposizioni intervenute nel corso di questi ultimi anni. Questo è il nostro proposito consapevoli che l’abbondanza d’informazioni a tutti i livelli sia foriera di buoni risultati a livello programmatorio la cui applicazione dovrà essere lo stimolo di una coerente gestione da parte dei Gestori dell’Area protetta.

Direttore Ente Parco Naturale Paneveggio - Pale San Martino

Il Piano di Parco (PdP) del Parco Paneveggio Pale di San Martino (PPPSM), è datato, nel suo documento d’analisi, alla fine degli anni ottanta inizio anni novanta e quindi senz’altro uno dei primi, se non il primo in assoluto in Italia. Il PdP fu approvato in via definitiva con Delibera della Giunta provinciale di Trento nel dicembre del 1996. Gli strumenti e le conoscenze tecnologiche di allora rispetto a quelle ora presenti sono notevolmente e radicalmente cambiate. Nel 2004, a distanza di nove anni, dalla sua applicazione il PdP mostrava la sua vetustà e, soprattutto, la sua rigidità o, meglio, la sua poca elasticità nei confronti delle problematiche emergenti in un mondo in continua e veloce evoluzione. E’ all’inizio del terzo millennio, in occasione della redazione della Carta della Natura del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, che

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UN GRANDE PARTENARIATO PER IL PROGETTO CARTA DELLA NATURA ■ DI

WALTER MAZZITTI

Presidente Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

L’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ha dato vita ad un importan-



AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

te partenariato con l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente della Regione Abruzzo per la redazione della “Carta della Natura”, che individua lo stato dell’ambiente e ne evidenzia le peculiarità e i valori naturali, oltre alle vulnerabilità e i siti sensibili. Proprio per questa ragione si é pervenuti alla decisione di avviare una concreta e salda collaborazione tra Enti, mettendo a disposizione le professionalità pluridisciplinari delle quali disponiamo, le attrezzature e i Centri di Ricerca, oltre alla notevole mole di dati. Appare subito evidente la grande rilevanza di questo utilissimo strumento gestionale che a breve sarà a disposizione di tutti gli Enti che dovranno pianificare l’utilizzo del territorio. La collaborazione tra Enti é proprio la giusta chiave per conseguire risultati di alto profilo, specialmente in un ambito, quello ambientale, che necessita, più di altri, di conoscenza accurata e attenta in grado di consentire ai vari soggetti una pianificazione corretta, razionale e rispettosa delle diverse esigenze, di conservazione, di sviluppo del territorio. Il nostro obiettivo principale é quello di approfondire la conoscenza del territorio del Parco, ma appare evidente che un corretto utilizzo dell’ambiente porterà benefici a prescindere dal fatto che i territori si trovino dentro o fuori i confini di un’area protetta. L’intesa tra più soggetti istituzionali rafforza dunque le opportunità di conoscenza e di approfondimento del territorio della nostra area protetta e di accrescere la capacità di utilizzo delle notevoli e straordinarie risorse ambientali di cui disponiamo.

CARTA DELLA NATURA, RETI ECOLOGICHE E SISTEMA DELLE AREE PROTETTE NEL MOLISE ■

DI CORRADINO GUACCI

Dirigente Direzione Generale II^ della Regione Molise

L’intervento ha trattato dei collegamenti tra Carta della Natura e Rete Natura 2000, evidenziando luci ed ombre dei due progetti e sostenendo la tesi che pur partendo da posizioni diverse convergono verso un risultato finale comune. Si è passati ad esaminare le relazioni tra la Rete Natura 2000 ed il sistema delle aree naturali protette del Molise. Si sono affrontate, inoltre, le problematiche che derivano dal numero e dalla distribuzione dei Siti della Rete Natura 2000 presenti sul territorio molisano. Infine è stato presentato il “Progetto per la

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cartografia Corine Land Cover e la distribuzione nei Siti Natura 2000 del Molise degli habitat e delle specie vegetali ed animali di interesse comunitario”, studio affidato dalla Regione Molise alla Società Botanica Italiana tendente a colmare il gap di informazione sulla reale localizzazione degli elementi di pregio presenti nei siti.

L’ESPERIENZA DI IN ABRUZZO ■ DI MARIO FRATTARELLI

CARTA DELLA NATURA

Direttore Tecnico ARTA Abruzzo

Nel 2001 l’APAT ha avviato il progetto Carta della Natura realizzando la Carta degli Habitat per un totale di 6 milioni di ha di territorio nazionale. In Abruzzo questa prima fase ha coperto circa 1/3 del territorio regionale nella fascia appenninica al di fuori dei Parchi Nazionali. L’ARTA Abruzzo, nel novembre 2003, già Co-Leader del Centro Tematico Nazionale Natura e Biodiversità (CTN-NeB) è entrata nel Progetto “Carta della Natura 1:50.000”, con la sottoscrizione di un Protocollo di Intenti finalizzato alla realizzazione del Progetto nei territori dell’Italia meridionale non ancora studiati e parallelamente alla formazione dei tecnici delle Agenzie. La Carta della Natura finora realizzata ha dimostrato l’utilità di questo strumento in studi di valutazione di impatto ambientale, per la realizzazione di reti ecologiche, per studi relativi alla biodiversità e per ulteriori obiettivi che necessitano di strumenti di conoscenza del territorio, fruibile da Amministrazioni centrali e locali, a supporto della pianificazione territoriale. L’ARTA Abruzzo ha applicato la metodologia standard di Carta della Natura che consiste in una fase cartografica e in una modellisticovalutativa: ■ CARTOGRAFIA: realizzazione di carte degli habitat alla scala 1:50.000 utilizzando metodologie integrate (telerilevamento da satellite e da aereo, controlli di campagna, impiego di basi di dati e cartografie tematiche); dalla classificazione guidata di immagini digitali da satellite si giunge alla produzione di un file vettoriale. ■ VALUTAZIONE: attribuzione a ciascuna unità territoriale di valori di qualità ambientale e vulnerabilità secondo modelli realizzati ad hoc, costruiti su parametri considerati “indicatori”. La prima Carta degli Habitat realizzata da ARTA Abruzzo sotto la supervisione di APAT è un’area campione individuata nella zona della Valle del Tirino. L’area di circa 9.000 ha è po-


sta in prossimità delle propaggini più meridionali della catena del Gran Sasso, ricade all’interno del perimetro del Parco Nazionale e presenta più piani vegetazionali e numerose cenosi naturali. Successivamente lo studio è stato ampliato alla fascia montana della catena del Gran Sasso su un’ area di circa 15.000 ha, interna al perimetro del Parco G. Sasso e M. della Laga. La Carta degli habitat finora realizzata in Abruzzo copre prevalentemente l’area collinare-montana e presenta 29 tipologie di habitat codificati secondo la nomenclatura europea CORINE Biotopes.

La successiva fase valutativa ha previsto la realizzazione della Carta del Valore Ecologico, della Sensibilità e della Pressione Antropica. La base di riferimento per l’attribuzione dei valori è la carta degli habitat. Il calcolo del Valore Ecologico, della Sensibilità e della Pressione Antropica viene effettuato per ognuno dei biotopi cartografati, calcolando dapprima ciascuno degli indicatori e, successivamente, combinando il contributo di ciascun indicatore. Infine, sovrapponendo i valori di Sensibilità e di Pressione Antropica, si stima il valore della Fragilità territoriale. In virtù della Convenzione APAT-ARTA

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AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

Immagine di Sulmona

3

DOTT. MICHELE FERNETTI , DOTT.SSA 4 PROF. ORAZIO ROSSI

Abruzzo, firmata in Ottobre 2005, il progetto si sta sviluppando nell’ottica di coprire l’intero territorio regionale e di fornire un quadro d’insieme delle conoscenze naturalistiche. Di recente l’Agenzia ha avviato una collaborazione con i Parchi Nazionali con la firma di un Protocollo d’intesa con il Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga e con la presentazione di un Progetto Interreg IIIB Cadses con il Parco Nazionale D’Abruzzo.

L’ESPERIENZA DI CARTA FRIULI VENEZIA GIULIA ■

1

DELLA

NATURA 1

ING. PAOLO CARTAGINE , DOTT.SSA ROSSANA GIORGI , 2 3 DOTT. FABRIZIO FLORIT , DOTT. DANIJELE BRECEVIC , 3 3 DOTT. MASSIMO DRAGAN , PROF. ENRICO FEOLI ,

40

IN

MICHELA TOMASELLA3,

1 Regione Friuli Venezia Giulia - Direzione centrale ambiente e lavori pubblici; 2 Regione Friuli Venezia Giulia - Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e montagna; 3 Dipartimento di Biologia - Università di Trieste; 4 Dipartimento di Scienze ambientali - Università degli Studi di Parma

La realizzazione del progetto “Carta della natura in Friuli Venezia Giulia” parte nel 2004, per iniziativa del Servizio Valutazione impatto ambientale della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici, mediante l’affidamento di uno specifico incarico al Dipartimento di Biologia dell’Università di Trieste. La collaborazione e la supervisione dell’APAT sono previste ed attuate nell’ambito di un apposito Protocollo d’intesa. Partecipa al progetto, per quanto riguarda


gli aspetti faunistici, l’Ufficio Studi faunistici della Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e montagna. A seguito di studi e sperimentazioni sulla metodologia “Carta della natura” già compiuti nel territorio del Friuli Venezia Giulia, la realizzazione del progetto può contare, sulla presenza di competenze professionali solide, sulla disponibilità di numerosi strumenti cartografici di base e su una buona conoscenza del territorio regionale. Oltre all’applicazione delle procedure valutative standard, il progetto prevede di migliorare ed integrare i dati di base con elementi conoscitivi di maggior dettaglio sulla distribuzione spaziale delle componenti floristico-vegetazionale e faunistica, allo scopo di favorire la fase di valutazione integrata dello stato dell’ambiente e di ottenere un prodotto maggiormente contestualizzato a livello regionale. Parallelamente è stato intrapreso, quindi, un progetto per strutturare ed implementare il Sistema informativo faunistico regionale, una banca dati geografica che raccoglie i dati georiferiti sulla presenza e distribuzione delle specie animali nel territorio regionale. Attualmente sono già disponibili la cartografia degli habitat (secondo la legenda APAT febbraio 2005) e le carte per la valutazione della fragilità territoriale (carta del valore ecologico, della sensibilità, della pressione antropica, APAT - ottobre 2005) relative ai sistemi territoriali della Fascia costiera sedimentaria, della Laguna di Grado e Marano, dell’area del Carso triestino e goriziano, dell’Alta e Bassa Pianura friulana con i principali sistemi fluviali. Il completamento del progetto relativo ai sistemi della Fascia collinare (Collio e Valli Moreniche, dei Sistemi Prealpino ed Alpino (Esocarnico, Mesocarnico, Endocarnico, Alpi Giulie, Alpi d’Incarojo), con tutte le cartografie e il calcolo degli indicatori, è programmato entro il prossimo mese di luglio. A completamento della metodologia APAT, come già accennato, verrà sperimentato, per il calcolo di alcuni indicatori, l’utilizzo di dati floristici e faunistici di maggior dettaglio regionale. La situazione della regione Friuli Venezia Giulia, per i motivi sopra illustrati, può essere considerata quindi molto favorevole ed avanzata nel panorama nazionale del progetto Carta della Natura, sia per le condizioni di partenza, sia per i possibili e prossimi sviluppi applicativi che la realizzazione della cartografia potrà comportare. Il progetto Carta della Natura una volta completato verrà messo a disposizione nel Sistema informativo territoriale regionale al fine della sua diffusione ed utilizzazione. Il Sistema Informativo Territoriale realizzato

nell’ambito del progetto, potrà consentire elaborazioni ed analisi di supporto per le attività regionali di programmazione delle politiche ambientali, di pianificazione territoriale d’area vasta, afferenti anche ad altre strutture regionali, oltre che per le attività di valutazione ambientale.

L’ESPERIENZA IN MOLISE

DI

“CARTA

DELLA NATURA”

DI EDUARDO PATRONI

Direttore Tecnico-Scientifico - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise E DI EMANUELA TOLVE

Referente progetto “Carta della Natura” Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise

Le motivazioni alla base del coinvolgimento attivo di ARPA Molise nel Progetto “Carta della Natura” sono molteplici e di varia natura: tra queste, in particolare, il mandato istituzionale dell’Agenzia (L.R. n. 39/99, art.5) ed il notevole patrimonio ambientale del Molise, particolarmente ricco, da sempre oggetto di interesse e studi qualificati, ma poco valorizzato e non adeguatamente protetto. Da qui la scelta di aderire al progetto “Carta della natura”, al fine di realizzare in Molise un opportuno Sistema Integrato di informazioni ambientali, diretto alla conoscenza dello stato della biodiversità ed alla stima dei valori naturali e dei profili di vulnerabilità del territorio. Il complesso delle attività (coordinate da APAT) ha visto i tecnici di ARPA Molise impegnarsi in un sinergico alternarsi di momenti formativi e periodi di azioni operative autonome. Nell’arco di circa due anni, l’Agenzia ha completato la “Carta della Natura” in tutta la regione. Il lavoro, articolato in due fasi principali (cartografica e modellistico-valutativa), ha portato alla realizzazione di 5 importanti strati informativi: “Carta degli Habitat” (CORINE Biotopes), “Carta della Qualità Ambientale”, “Carta della Sensibilità Ecologica”, “Carta della Pressione Antropica” e “Carta della Vulnerabilità Territoriale”. In aggiunta a queste, sono state anche elaborate le mappe relative a 21 indicatori ecologico-strutturali, precedentemente popolati e processati per l’ottenimento delle 4 carte citate. Tale esperienza ha significato per ARPA Molise e, in generale, per il Molise il raggiungimento di rilevanti risultati di varia natura. In primo luogo, grazie alle attività svolte, ARPA Molise ha acquisito importanti capacità tecnico-metodologiche dirette alla conoscenza ed alla valutazione analitica dei valori e delle vulnerabilità di un territorio, il che è fondamenta-

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AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

AREA COMPRESA NEI PRIMI 6 ML DI ETTARI, PER LA QUALE LA “CARTA DEGLI HABITAT” È STATA REALIZZATA DA APAT. AREE ESCLUSE DAI PRIMI 6 ML DI ETTARI PER LE QUALI LA “CARTA DEGLI HABITAT” È STATA REALIZZATA DA ARPA MOLISE NOTA: una volta che arpa molise ha completato la carta degli habitat di tutto il molise, arpa molise ed apat hanno collaborato per la realizzazione della seconda fase (valutativa) del progetto con la produzione di 23 mappe tematiche. Copertura del Progetto “Carta della Natura” nella regione Molise.

le per un Ente preposto alla tutela e della prevenzione ambientale. In secondo luogo, va sottolineato il ruolo che il progetto assume a livello regionale: coprendo l’intero territorio molisano, esso potrà essere utilizzato dalle Amministrazioni locali come base di riferimento per la definizione e la verifica delle politiche di tutela ambientale e di gestione delle risorse naturali. Inoltre, le caratteristiche di aggiornabilità e dinamicità del Sistema Informativo di “Carta della Natura del Molise” fanno si che tale prodotto rappresenti un valido strumento a supporto alla pianificazione e programmazione regionale in materia, soprattutto, di Aree Protette e Rete Ecologica locale, gestione dei siti della Rete Natura 2000, nonché nell’ambito delle procedure istruttorie della VIA, VAS e Valutazione di Incidenza.

L’ESPERIENZA LIGURIA:

DI

CARTA

DELLA

NATURA

IN

PRIME OSSERVAZIONI SULLE ESPERIENZE REALIZZATE ■ DI WALTER RAINERI - ARPA Liguria A.R.P.A. Liguria ha partecipato al Progetto Carta della Natura su di un’Area Test di 28.724 ettari. La porzione di territorio ligure interes-

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sata dallo studio è localizzata quasi interamente in provincia di Savona e per una piccola porzione in quella d’Imperia. L’Area Test ha uno sviluppo altitudinale che, a partire dal livello del mare, raggiunge i 1.700 m. circa (Monte Galero); questa caratteristica, unita alla particolare posizione geografica della regione, è motivo d’elevata ricchezza in termini di biodiversità; nell’Area Test, infatti, sono stati rilevati 29 habitat. Durante la realizzazione della Carta sono evidenziate alcune criticità dovute, principalmente, alla difficoltà di una corretta individuazione di taluni habitat a causa di una continua dinamica degradativa ed evolutiva della vegetazione dipendente sia dal fenomeno degli incendi che, quasi annualmente, si sviluppano sul territorio regionale sia da tutte quelle situazioni di transizione che derivano dall’abbandono delle pratiche colturali e dall’interruzione della gestione silvo-pastorale dei rilievi. Vi è anche da evidenziare che la scala di lettura tende a penalizzare realtà prossime o inferiori all’ettaro d’estensione e questo, in realtà molto eterogenee e ricche di habitat, rischia di trasformarsi in un’eccessiva perdita di dati inoltre, per quanto riguarda le procedure di classificazione “automatica”, sono emerse anche problematiche riguardanti gli habitat che hanno estensione lineare e, di conseguenza, è stato necessario intervenire mediante applicazione di modelli.

L’ESPERIENZA PIEMONTE

DI

CARTA

DELLA

NATURA

IN

DI ISABELLA TINETTI

Centro Regionale per le ricerche territoriali e geologiche Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale

A partire dal 2004 Arpa-Piemonte ha avviato con APAT una sperimentazione volta a valutare l’applicazione del progetto Carta della Natura sul territorio regionale piemontese. Tale sperimentazione è confluita in una specifica convenzione tra i due Enti, attivata nel gennaio del 2005, e finalizzata all’estensione del progetto “Carta della Natura” in scala 1:50.000 nelle porzioni di territorio del Piemonte non ancora studiate, secondo le metodologie utilizzate da APAT e già pubblicate nei Volumi APAT n. 17/2003, n. 30/2004, n. 46/2004. Per la realizzazione del progetto, Arpa Piemonte ha costituito un gruppo di lavoro interdisciplinare comprendente esperti botanici, forestali, geologi e specialisti nei campi dei Sistemi Informativi Geografici (GIS), della


CARTA DELLA NATURA E TUTELA DELL’AMBIENTE NEL PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO ■ P. CONTI2 (Servizio Tecnico) M. L. IMPERATRICE1 (Coordinamento Centri Regionali, Sistemi Informativi, Pianificazione Strategica, Sostenibilità Ambientale)

B. RESICATO1 (Servizio Assicurazione Qualità) S. VIGLIETTI1 1 ARPA Campania - Direzione Generale Servizio Sostenibilità Ambientale 2 Ente Parco Nazionale del Vesuvio

fotointerpretazione, del telerilevamento e della cartografia. L’attuale convenzione vede coinvolta Arpa-Piemonte nello studio di tre aree, di circa 300 - 350 kmq ciascuna, definite come: ■ Zona 1 - Val Borbera: Provincia di Alessandria; ■ Zona 2 - Val Pellice: Provincia di Torino; ■ Zona 3 - Pianura e baragge vercellesi: Province di Biella, Vercelli. La relazione descrive lo stato d’avanzamento del progetto ed i primi risultati ottenuti, così schematizzati: ■ sulla Zona 1 è stato completato il ciclo di produzione della cartografia degli Habitat ed è stata avviata la fase di valutazione e definizione della fragilità ambientale; ■ sulla Zona 2 è stata completata la classificazione automatica degli habitat che richiede ancora delle fasi di collaudo (si attende la bella stagione), revisione e sfoltimento; ■ sulla Zona 3 sono stati avviati i primi rilievi vegetazionali, con il supporto della “unsupervised”, ed è in via di definizione la nomenclatura degli habitat. Il processo metodologico della Carta della Natura è risultato interessante per Arpa sia per quanto riguarda la potenziale applicabilità del processo nel tempo per garantire successivi aggiornamenti, sia per quanto concerne la componente di valutazione degli ecosistemi e delle loro vulnerabilità.

Nell’ambito degli accordi stipulati tra APAT, ARPAC ed Ente Parco Nazionale del Vesuvio è stata realizzata la cartografia degli habitat del complesso vulcanico Somma-Vesuvio secondo la classificazione CORINE Biotopes. Le ricerche condotte in campo hanno portato all’individuazione di 23 habitat differenti, tra i quali uno è considerato come prioritario ai sensi della Direttiva “Habitat” (92/43/CEE), relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche in ambito europeo. La realizzazione della Carta della Natura alla scala 1:50000 consente una corretta e aggiornata stima dei valori e delle emergenze ambientali, oltre ad individuare efficacemente le diverse vulnerabilità degli ecosistemi alle azioni di degrado, e quindi rappresenta un valido strumento a supporto di una corretta strategia di gestione e tutela del territorio, soprattutto all’interno delle aree protette. La realizzazione della Carta degli habitat consentirà all’Ente Parco Nazionale del Vesuvio di avere informazioni aggiornate, sufficientemente dettagliate e allo stesso tempo in grado di restituire un quadro d’insieme dello stato dell’ambiente. Tra l’altro è stata verificata una sostanziale coerenza tra la carta degli habitat e la Carta della futura zonizzazione dell’area protetta, così come prevista nell’approvando Piano del Parco, redatto ai sensi dell’art. 12 della 394/91. In particolare i rilievi sul territorio hanno evidenziato anche situazioni puntuali che meritano particolare attenzione nella progettazione dell’Ente Parco; un esempio è la verifica di un preoccupante aumento della diffusione di Robinia pseudacacia sui versanti sommani del Parco e, in misura minore, nell’Atrio del Cavallo ed in alcuni tratti localizzati del versante a mare. L’Ente Parco rivolge particolare attenzione al contrasto delle specie invasive, soprattutto attraverso i programmi Comunitari INTERREG; uno di questi riguarda proprio la sperimentazione di tecniche di contrasto alla Robinia, per cui i risultati ottenuti nel corso della

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QUALITÀ DEL MARE ED EROSIONE DELLE COSTE

realizzazione della Carta degli habitat hanno portato alla decisione di ripresentare un nuovo progetto per continuare gli studi in tal senso. Grande importanza è stata attribuita alle fasce cotonali, il cui recupero rappresenta per un territorio come il Vesuvio, a rischio di isolamento ecologico, la principale strategia di protezione ambientale per garantire la naturale diffusione della biodiversità. Ancora, le spedizioni in campo per la realizzazione della “Carta della Natura” hanno evidenziato una lenta evoluzione delle pinete a Pinus pinea e Pinus Pineaster, di origine antropica, verso le associazioni della lecceta (Quercus ilex), che rappresenta lo stadio climatico per esposizione, clima e substrato dell’area. Infine, sono state individuate piccole porzioni dell’habitat 34.5 “Prati aridi mediterranei”, classificato come prioritario dalla direttiva 92/43/CEE e quindi suscettibile di maggiore tutela. In conclusione, l’individuazione cartografica degli habitat attraverso la Carta della Natura contribuisce significativamente ad orientare le scelte gestionali dell’Ente Parco, modificandole dove necessario e costituisce un importante strumento di conoscenza per tarare e pianificare gli interventi di recupero della vegetazione spontanea, soprattutto laddove questa è fortemente compromessa.

RETE NATURA 2000: LAVORI PRELIMINARI PER GLI STRUMENTI DI GESTIONE

DI GRAZIANO

MARTINI BARZOLAI

Dirigente del Servizio Reti Ecologiche e Biodiversità - Regione del Veneto, Segreteria all’Ambiente e Territorio, Direzione Pianificazione territoriale e Parchi

Il Veneto ha individuato 134 siti della rete Natura 2000 (67 Zone di Protezione Speciale e

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102 Siti di Interesse Comunitario), complessivamente oltre 400.000 ettari, pari a circa il 20% del territorio regionale. Sulla base del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 3 settembre 2002 - Linee guida per la gestione dei siti della Rete Natura 2000, la Regione Veneto ha fissato un percorso per la definizione degli strumenti di gestione, che prevede: ■ la realizzazione e gestione della banca dati regionale per la Rete Natura 2000; ■ la messa a punto di strumenti, indicatori e strategie di gestione; ■ il riconoscimento e l’individuazione cartografica degli habitat e degli habitat di specie, l’analisi dello stato di conservazione, della qualità del sito e l’indicazione degli aspetti ritenuti critici; ■ definizione delle misure di conservazione e precisazione dei siti per i quali sono necessari i piani di gestione. Il progetto banca dati è stato avviato nel 2004 ed è tuttora in corso. Ha permesso la verifica e l’aggiornamento delle informazioni relative ai perimetri e alle schede dei formulari standard della rete Natura 2000. La collaborazione con il Consorzio Interuniversitario Nazionale per le Scienze Ambientali (C.I.N.S.A.) ha riguardato un progetto pilota per la messa a punto delle strategie di gestione, la definizione di protocollo metodologico e l’individuazione degli indicatori per la salvaguardia della biodiversità. Il censimento degli habitat e habitat di specie ha reso disponibile la cartografia per nove siti alla scala di dettaglio 1:10000 e previsto per l’anno 2006 ulteriori 50.000 ettari da indagare. Sono in fase di redazione le misure di conservazione per tutte le Zone di Protezione Speciale e sono stati individuati i primi siti che necessitano di un piano di gestione.



AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

IL SISTEMA NAZIONALE DELLE AREE PROTETTE DOTT. ALDO COSENTINO DIRETTORE GENERALE PROTEZIONE DELLA NATURA MATT

U

no studio portato avanti da più di 1360 esperti di tutto il mondo, il Millennium Ecosystem Assessment, o la Valutazione degli Ecosistemi del Millennio se vogliamo dirla all’italiana, ha recentemente iniziato a diffondere i risultati. Fra questi uno dei messaggi chiave è “Ognuno in questo mondo dipende dalla natura e dai servizi degli ecosistemi per delle condizioni decorose di salute e di sicurezza”. Un messaggio importante da un punto di vista politico che chiama in causa direttamente noi che ci occupiamo di “natura” e di “ecosistemi”. Un messaggio che ci fa capire il livello della sfida che abbiamo davanti. Quello cioè di capire quali siano le condizioni di effettiva “produttività” dei nostri ecosistemi nel fornire i “beni”, come ad esempio il cibo e le materie prime rinnovabili, e i “servizi”, come la produzione di ossigeno, il riciclo dell’acqua e la difesa dall’erosione, dei nostri ambienti naturali e semi-naturali.

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Già in parte coscienti di questo ruolo chiave dei sistemi naturali i governanti del mondo, nel 2002 al Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg, hanno dato dei mandati precisi al mondo della Conservazione della Natura, elencati nel paragrafo 44 del cosiddetto “Piano di Implementazione”. Due di questi ci riguardano più da vicino. Il primo riguarda la biodiversità. Il Summit ci ha posto l’obiettivo di “diminuire in maniera significativa il tasso di perdita di biodiversità entro il 2010”. Il cosiddetto Obiettivo 2010. Il secondo mandato riguarda le Aree Protette, considerate uno degli strumenti essenziali per il raggiungimento dell’obiettivo 2010, per le quali ci chiede di: ■ promuovere iniziative specifiche per le aree prioritarie per la biodiversità; ■ promuovere lo sviluppo di reti ecologiche e corridoi sia a livello nazionale che regionale. In merito a questo punto possiamo dire, con piacere, che il sistema nazionale delle aree protette, in Italia, è ormai una solida realtà: un sistema dinamico che garantisce la protezione a specie animali e vegetali che fino a dieci o venti anni fa erano considerate minacciate, che garantisce una serie di processi ecosistemici e la loro produttività in termini di “beni” e “servizi”, ma anche un sistema integrato nel tessuto sociale del paese, che coinvolge una moltitudine di soggetti istituzionali, comunità locali e associazioni, che ne garantiscono ormai un effetto volano che non solo ne garantisce un motu proprio, ma anche fa ben sperare per la sua sostenibilità per il futuro. Oggi, infatti, circa il 10% del territorio nazionale è incluso in oltre 770 aree protette iscritte nell’Elenco Ufficiale; la superficie totale protetta in Italia è pari a circa due milioni e novecentomila ettari, un’area quindi superiore alla superficie della Sicilia; a mare la superficie protetta è pari circa due milioni e ottocentomila ettari compresa la parte in


acque italiane del Santuario per i mammiferi marini, l’area protetta marina di interesse internazionale. Inoltre, alle aree protette, devono aggiungersi le altre aree identificate nell’ambito del programma europeo Natura 2000, e cioè le Zone di Protezione Speciale e i Siti di Importanza Comunitaria; il totale di superficie nazionale sulla quale si applicano strumenti di protezione raggiunge circa il 19% del territorio. Di contro bisogna dire che ci mancano ancora una serie di informazioni per capire se il sistema che abbiamo posto in essere in questi anni sia “ecologicamente comprensivo”, ossia se non ci siano degli ecosistemi ancora sottorappresentati per i quali ci siano dei rischi imminenti. Questo tipo di informazione serve anche a capire quale sia l’effettivo contributo del sistema delle aree protette per il raggiungimento dell’obiettivo 2010. È per questo fine che la mia Direzione Generale sta lavorando per sviluppare un piano di attività, in linea con il programma di lavoro sulle aree protette della Convenzione sulla Diversità Biologica adottato nel 2003 a Kuala Lumpur, che abbia obiettivi chiari e che -visto il grado di complessità da raggiungere- sia in grado di coinvolgere il maggior numero di partner possibili, sia istituzionali che non-governativi. Si pone di fronte a noi l’esigenza non solo di organizzare le conoscenze scientifiche in nostro possesso in una maniera sintetica e strategica, che ci consenta cioè di prendere le decisioni migliori per la biodiversità e per

le comunità che ne traggono benefici, ma anche di mantenere un rapporto costante con il territorio, monitorare gli andamenti e comprenderne i meccanismi. A questo proposito un ruolo chiave è svolto dagli studi scientifici di base come i lavori di sistematica e di tassonomia: le specie animali, vegetali, i funghi, i batteri e, in questi ultimi anni i nuovi organismi prodotti dalle biotecnologie, sono infatti l’alfabeto della biodiversità. Gli studi faunistici e della flora per capire la distribuzione delle specie sul territorio e le loro dinamiche di popolazione creano invece la sintassi di questo variopinto alfabeto. Da un punto di vista di esigenza modellistica, per lo sviluppo di sistemi di analisi e di monitoraggio, si può dire che abbiamo di fronte uno scenario che prevede un sistema di tipo “lineare”, le aree protette terrestri che consentono un controllo di tipo diretto, ed un sistema “non lineare”, che si riferisce alle aree marine, per le quali i sistemi di osservazione devono prevedere l’uso di tecnologie più complesse e un alto livello di specializzazione. La presenza delle cosiddette zone di transizione, che si pongono esattamente nell’area mediana fra le due tipologie, completa il quadro di alta complessità ecosistemica italiana. Non dobbiamo dimenticare l’azione di integrazione della sostenibilità ambientale nelle politiche settoriali di sviluppo del Paese, come l’agricoltura, la pesca o l’industria. Bisogna continuare il processo scientifico e di dialogo con i vari settori per comprende-

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AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

re come si possono ottimizzare i meccanismi di collaborazione fra il nostro settore e le amministrazioni competenti per tali settori, trovare degli indirizzi comuni che prevedano una migliore qualità dell’ambiente alla base della qualità della vita. Bisogna inoltre migliorare le conoscenze scientifiche dei meccanismi che direttamente incidono sulla riduzione di biodiversità, azioni che possono essere naturali o indotte da attività umane: quali i cambiamenti climatici e la desertificazione, che costituiscono oggetto di altre due convenzioni globali delle Nazioni Unite, ma anche l’inquinamento prodotto dalle attività umane di suolo, acqua e terra e l’invasione di specie aliene. La conoscenza scientifica del territorio è quindi essenziale. La legge quadro sulle aree protette, nel 1992, prevedeva lo strumento di Carta della Natura, che si è rivelata essenziale, e lo è tuttora, per lo sviluppo di tutta una serie di attività. Recentemente le conoscenze scientifiche di base sono state riorganizzate, secondo le nuove necessità, in uno studio, da noi finanziato, intitolato “Stato della biodiversità in Italia”. Studio che rappresenta un contributo importante per lo sviluppo di una strategia nazionale per la biodiversità. Nella seconda Conferenza Nazionale sulle aree protette è stato ribadito che la conservazione della natura in Italia non può essere conservazione della sola biodiversità, ma deve divenire anche conservazione di tutta la varietà culturale che si è costruita nei secoli accanto a quella naturale; i nostri ambienti naturali sono stati spesso letteralmente “scol-

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piti” dall’uomo in un lavoro di secoli in cui si viveva a più stretto contatto con la natura. Un approccio, questo, esattamente in linea con le tecniche di “Landscape Ecology” e con il cosiddetto “Approccio Ecosistemico”, sviluppato dalla Convenzione sulla Diversità Biologica. Un approccio che prevede, ad esempio, la componente umana come parte integrante degli ecosistemi; che prevede che le decisioni sulla gestione degli ecosistemi siano delle scelte concordate con le comunità locali. Insomma tanto lavoro è stato fatto ma molto di più ne resta da fare. La biodiversità continua a diminuire ad una velocità tale come non è mai stata registrata in passato. Gli strumenti scientifici che abbiamo sviluppato nell’ambito della conoscenza e del monitoraggio e i meccanismi politici per un processo decisionale che coinvolge le comunità locali hanno iniziato a dare i frutti sperati. Ma dobbiamo ancora migliorare. Le sfide che abbiamo di fronte a noi sono quindi molto complesse, e il ruolo che abbiamo nella società è di gran lunga superiore a quello che probabilmente molti di noi credevano quando hanno iniziato a fare questo lavoro. Quando nel 1986 si creò il Ministero dell’Ambiente uno spot pubblicitario mostrava degli animali mentre uno slogan diceva “Il Ministero dell’Ambiente: la parola a chi non ce l’ha”. Ora dovremmo forse dire “La comunità istituzionale e non-governativa per la protezione della natura: garantire condizioni di vita decorose per le generazioni a venire”.


SNAM RETE GAS: una rete di metanodotti che percorre l’Italia in equilibrio con l’ambiente Snam Rete Gas, società di Eni, è il leader italiano nel trasporto di gas naturale, servizio strategico per il Paese. Costituita nel 2000 per gestire le attività di trasporto e dispacciamento di gas naturale e rigassificazione di gas naturale liquefatto, è quotata alla Borsa Valori di Milano dal 2001. Possiede una rete di metanodotti estesa per oltre 30 mila chilometri sul territorio nazionale attraverso la quale ha trasportato nel 2005 oltre 81 miliardi di metri cubi di gas per conto dei numerosi operatori (shipper) che operano in Italia. I gasdotti per il trasporto del gas naturale sono dunque un sistema vitale che percorre tutto il Paese, movimentando grandi quantitativi di energia, senza essere visibile: scorre sotto il suolo, non inquina, non ferisce il paesaggio. La progettazione e la realizzazione delle condotte comporta, in numerosi casi, un’importante attività di consolidamento e di ripristino dell’ambiente: ricostruzione di argini e sistemazione dell’alveo di fiumi e torrenti attraversati, canalizzazioni di terreni sottoposti a inondazioni episodiche, posa di graticci fascinati e costruzione di muretti in pietra lungo i pendii più scoscesi potenzialmente instabili, rimboschimenti, pacciamatura e aumento della fertilità dei terreni con interventi di concimazione organica. Non solo, ma il rigoroso ripristino delle condizioni preesistenti, dopo l’effettuazione degli scavi e l’interramento delle condotte, comporta uno studio attento della vegetazione. In aree di grande pregio naturalistico, si provvede alla raccolta di semi di essenze locali, in particolare delle specie arboree e arbustive, aumentando il valore ecologico dell’intervento. Al fine di operare nel pieno rispetto dei valori ambientali in occasione della realizzazione dei gasdotti, Snam Rete Gas si avvale di tecnici propri e di società specializzate di provata esperienza e professionalità. Dal progetto di fattibilità, nel quale vengono individuate le direttrici di tracciato, fino alla completa realizzazione dell’opera, vengono coinvolti professionisti con diverse specializzazione. In particolare, durante la fase di progettazione, la scelta del tracciato è definita da tecnici qualificati nel settore ingegneristico, geologico, naturalistico, forestale, agronomico;

ognuno di essi valuta le interazioni dell’opera con la componente ambientale di propria competenza, consentendo così di ottimizzare le scelte tecniche. In fase di progettazione esecutiva, nell’ambito del progetto di ripristino ambientale (geomorfologico e vegetazionale), vengono definiti gli interventi di mitigazione, in grado di massimizzare l’inserimento nell’ambiente naturale. Tali interventi possono essere applicati sia in fase di costruzione, seguendo particolari scelte progettuali, sia in fase di ripristino, realizzando opere mirate di ingegneria naturalistica. Anche in questa attività è coinvolta un’équipe multidisciplinare di tecnici specializzati. Tale progetto geomorfologico e vegetazionale viene sottoposto all’approvazione degli Enti istituzionalmente competenti (Regione, Corpo Forestale), che possono integrarlo con eventuali prescrizioni. Dopo l’approvazione del progetto di ripristino, gli stessi Enti ne verificano la corretta realizzazione e gli effetti nel tempo, garantendo quindi la massima tutela ed attenzione per l’ambiente. A tale fine,

i lavori vengono affidati ad imprese qualificate che li eseguono sotto il controllo di tecnici della Snam Rete Gas e delle società specializzate. In particolare, durante la fase di costruzione, agronomi forestali e geologi seguono le operazioni necessarie alla salvaguardia dei suoli e della vegetazione, come previsto nel progetto di ripristino. Tali operazioni preliminari consistono in linea generale in interventi di difesa idraulica e idrogeologica e nell’accantonamento del terreno vegetale. Una volta posata e rinterrata la condotta, viene eseguito il ripristino geomorfologico e vegetazionale su tutta la linea; nei tratti più acclivi sono eseguite le opere di stabilizzazione e consolidamento del terreno, consistenti in opere in legname, opere civili e interventi a verde. Tali operazioni vengono supervisionate da esperti forestali, ingegneri e geologi. Le metodologie di esecuzione delle semine e dei rimboschimenti nonché la scelta delle specie sono concordate con il Corpo Forestale dello Stato e con gli altri Enti competenti, anche con sopralluoghi congiunti.


AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

LE CERTIFICAZIONI AMBIENTALI: UNA SCELTA STRATEGICA

L

a Sessione “Certificazioni ambientali e turismo sostenibile”, che si è tenuta nel Teatro Maria Caniglia di Sulmona, ha fatto il punto sui sistemi di adesione ambientali in Italia, attraverso la testimonianza delle Agenzie ambientali, supporto fondamentale per la diffusione delle certificazioni volontarie EMAS ed Ecolabel. Secondo il Comitato EMAS-Ecolabel, l’Italia in questo momento sta vivendo una situazione molto favorevole con un buon numero di aziende ed Enti locali che hanno deciso di rispondere ai principi ambientali dettati dalle direttive dell’Unione Europea in ambito di certificazione ambientale. Un ambito di applicazione fondamentale per il nostro Paese è il turismo sostenibile ed è anche in questa materia che le Agenzie stanno aiutando le strutture ricettive ed alberghiere per la registrazione ambientale. Si tratta di una scelta strategica per il fatto che la valorizzazione del territorio e il rispetto dell’ambiente sono elementi che iniziano ad essere sempre più importanti nelle scelte turistiche degli individui. “I primi 5 anni di applicazione degli stru-

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menti EMAS ed Ecolabel”, ha iniziato l’ing. Rocco Ielasi dell’APAT, “ne hanno dimostrato la forte valenza come di strumenti di prevenzione, miglioramento e comunicazione ambientale al punto che il VI° Programma di Azione della UE (2000-2006) invita gli Stati membri ad accrescerne la diffusione”. Coniugare sport e ambiente: Rudy D’Amico, del Comitato Giochi Mediterraneo 2009, ha sottolineato come le Olimpiadi di Torino ci abbiano lasciato un’“eredità verde”, con il TOROC che si è guadagnato l’etichetta Ecolabel e che ha portato avanti egregiamente l’evento sportivo di Torino. La registrazione Emas delle sedi di gara dei prossimi giochi olimpici mediterranei del 2009 è un obiettivo ambitissimo cui mirare da subito. Nel pomeriggio, il dibattito, moderato dalla giornalista Pina Manenti, è proseguito sull’Ecolabel come eccellenza sul territorio per singole realtà turistiche. Il contributo di Stefania Minestrini dell’APAT ha sottolineato la selettività dei criteri con cui, in sede europea, vengono conferiti i marchi Ecolabel alle strutture turistiche, di qui la caratteristica di “eccellenza” del marchio stesso.


L’ARPA Sicilia ha presentato alcuni risultati raggiunti dalla Regione in tema di certificazioni ambientali legati al turismo, definendoli soddisfacenti. “La certificazione non ha senso se non si interviene con un cambiamento di mentalità”, ha affermato la Preside della facoltà di Economia dell’Università G. D’Annunzio di Chieti: “la vera scienza della sostenibilità è l’ecologia industriale, che non fa della sostenibilità una filosofia ma una scienza che, come tutte le altre, si deve misurare e valutare”.

IL PRIMO PARCO NATURALE REGISTRATO EMAS IN EUROPA: IL MONT AVIC. IL CONTRIBUTO DELL’ARPA VALLE D’AOSTA ■ EDOARDO CREMONESE, UMBERTO MORRA MAMMOLITI MOCHET

DI

CELLA, ANDREA

ARPA Valle d’Aosta

MASSIMO BOCCA Direttore - Parco Naturale Mont Avic

CLAUDIO COMOGLIO Politecnico di Torino. DITAG - Dipartimento di Ingegneria del Territorio, dell’Ambiente e delle Geotecnologie

L’Ente Parco del Mont Avic, al fine di dotarsi di un valido strumento operativo per la gestione delle proprie attività istituzionali (monitoraggio ambientale, sorveglianza, attività scientifica e di educazione e divulgazione ambientale) e di poter valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali, ha attivato nel 2001 un progetto di implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale conforme ai requisiti della norma UNI EN ISO 14001 e del Regolamento EMAS. In data 20/05/2003 il Parco Naturale Mont Avic ha ottenuto la registrazione EMAS, diventando la prima area naturale protetta registrata in Europa. Tale risultato giunge al termine di un percorso di ricerca che, dopo un’approfondita analisi delle componenti ambientali sensibili e dell’influenza antropica sul territorio, ha consentito di definire e rendere operativo il Sistema di Gestione Ambientale. Mediante il Programma Ambientale vengono pianificati ed attuati specifici obiettivi di miglioramento attraverso azioni di valutazione, controllo e monitoraggio degli aspetti ambientali maggiormente significativi. In tale ambito il ruolo di ARPA si concentra sulle seguenti attività, legate alle emissioni in atmosfera e agli scarichi nei corpi idrici: ■ Deposizioni atmosferiche. L’attività, finalizzata alla caratterizzazione del chimismo delle deposizioni atmosferiche totali e del potenziale effetto sulla vegetazione arborea,

prevede la quantificazione di parametri chimici di rilievo, in campioni prelevati settimanalmente in due siti differenti (copertura forestale e radura); Ozono troposferico ed effetto sugli ecosistemi forestali. Il monitoraggio svolto mediante l’utilizzo di campionatori passivi, ha lo scopo di confrontare l’andamento temporale della concentrazione di O3 in radura e in popolamenti forestali. L’effetto di tale inquinante sulla vegetazione viene valutato attraverso la stima di parametri fisiologici derivati da misure di fluorescenza; Impatto del pascolamento domestico sulle torbiere. L’attività ha lo scopo di valutare l’effetto del bestiame sul chimismo delle acque di torbiera attraverso la misura delle principali forme di N e P su campioni prelevati in ambienti pascolati e indisturbati; Scarichi dei rifugi nelle acque superficiali. L’attività consiste nella misura dei principali parametri chimico-batteriologici su campioni prelevati a monte e a valle del punto di immissione nel corpo idrico di due rifugi presenti nel Parco. Le analisi sono realizzate in periodi di alta e bassa presenza turistica.

LA REGISTRAZIONE EMAS E LA CERTIFICAZIONE ECOLABEL: SINERGIA TRA GOVERNO DEL TERRITORIO E VOCAZIONE TURISTICA NELL’APPENNINO BOLOGNESE ■ MARINA MENGOLI Responsabile Area Sistemi di gestione Ambientale SGI:SQE DG Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente dell’Emilia Romagna

L’Appennino Bolognese è caratterizzato da un paesaggio in cui si alternano terreni coltivati, ampie zone forestate ed ambiti fluviali, interrotti da emergenze geologiche di particolare interesse. Il territorio è particolarmente ricco di aree ad interesse naturalistico. Forte è la presenza di un’agricoltura che si connota per la particolare attenzione alla tutela della tipicità e salubrità delle produzioni (filiera del latte e della carne, agricoltura biologica e a lotta integrata, etc). Il turismo è legato alle particolari caratteristiche naturali ed ambientali, alla presenza di elementi di rilievo storico ed archeologico, con una crescente offerta da parte di strutture agrituristiche. Elementi di criticità sono legati al dissesto idrogeologico e alla protezione del patrimonio forestale, cui si somma l’impatto ambientale legato alle grandi opere (TAV, Variante di Valico). La Provincia di Bologna (Assessorato Agricoltura) nel 2003, d’intesa con ARPA ER, ha

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AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

avviato un impegnativo progetto per il miglioramento ambientale del territorio appenninico, tramite la Registrazione EMAS: come ente di governo del territorio più idoneo a coniugare il proprio mandato istituzionale con tali obiettivi sono state individuate le Comunità Montane. Si tratta infatti di enti locali costituiti tra comuni montani, aventi lo scopo di promuovere e valorizzare le zone montane, cui spettano un vasto spettro di competenze tra le quali troviamo (anche se l’elenco non è esaustivo, visto che ogni comunità montana ha peculiarità proprie): Difesa del suolo e vincolo idrogeologico, Polizia forestale, Programma di forestazione, competenze in materia di raccolta funghi, competenze delegate dalla Provincia in materia di agricoltura, Promozione e valorizzazione del territorio (turismo). Ampio è il panorama delle loro interrelazioni sul territorio: i Comuni, la Provincia, il Corpo Forestale dello Stato etc. Il percorso progettuale, condiviso dalle quattro comunità Montane, dalla Provincia e da ARPAER, ha comportato una serie di passi previsti dal Regolamento CE/761/01 per il conseguimento della Registrazione EMAS: formazione e coinvolgimento dei dipendenti, Analisi Ambientale Iniziale, costruzione del Sistema di Gestione Ambientale, Audit, redazione e convalida della Dichiarazione ambientale. La declinazione degli obiettivi di miglioramento adottati dalle Comunità Montane ha poi toccato altri strumenti volontari di gestione ambientale: il GPP come aspetto gestionale interno all’ente, ma soprattutto l’Ecolabel, in particolare la Dec. CE 287/03 sulla “Tourist Accomodation”. In un ambito, connotato dalla forte presenza di agriturismi, la promozione dell’Ecolabel rappresenta infatti per le Comunità Montane uno strumento fondamentale attraverso il quale veicolare sul territorio il proprio impegno verso lo sviluppo sostenibile.

METODOLOGIE

E TECNICHE DI INCENTIVAZIONE E COMUNICAZIONE DELLE CERTIFICAZIONI AMBIENTALI ■ CARLO CARLOMAGNO Direttore del Dipartimento Provinciale di Campobasso Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise (ARPA Molise)

Le certificazioni ambientali ed in particolare la procedura di registrazione EMAS stabilita dal Regolamento CE n. 761/2001, costituiscono una valida opportunità per orientare l’attività industriale, e non solo, verso quegli adeguamenti logistici, gestionali ed organizzativi finalizzati ad una generale efficienza dell’orga-

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nizzazione. Efficienza intesa soprattutto dal punto di vista ambientale e di conseguenza sul rapporto economia-ambiente. Il binomio economia-ambiente costituisce il pilastro fondamentale per tradurre in azioni concrete il concetto di sviluppo sostenibile in quanto sugli aspetti di natura economica e di orientamento del mercato dovrebbe essere indirizzata l’attività di comunicazione e di incentivazione per incrementare il numero di registrazioni EMAS sul territorio nazionale. Da una analisi condotta dopo i primi cinque anni dall’introduzione del Regolamento CEE n. 1836/93 al fine di valutare il livello di applicazione della registrazione EMAS, emergeva che soprattutto in Italia erano poche le imprese ed in particolare quelle di piccole e medie dimensioni, che avevano richiesto e ottenuto EMAS. Sulla base anche di questi dati è stato attivato il progetto di costituzione della Rete Territoriale per la diffusione di EMAS e dei Sistemi di Gestione Ambientale su mandato del Consiglio delle agenzie Ambientali del 28 aprile 1999. L’istituzione di tale Rete aveva la finalità di migliorare la comunicazione e l’informazione su tali tematiche, avvicinare volontariamente gli imprenditori alle certificazioni ambientali e quindi adottare tutte quelle misure affinché il sistema EMAS acquisisse sempre maggiore credibilità e si diffondesse in modo capillare sul territorio nazionale. In tale ambito è stato attribuito un ruolo strategico al sistema Agenziale che ha svolto e svolge un’attività costante di informazione e sensibilizzazione conciliando tale ruolo con quello di Ente deputato al controllo e al monitoraggio ambientale. L’impulso dato dal sistema agenziale è stato evidente, considerato l’incremento del numero di organizzazioni che hanno ottenuto EMAS. Allo stato attuale, però, in considerazione anche del difficile momento che caratterizza la vita soprattutto delle piccole e medie imprese, occorre diversificare gli strumenti di comunicazione per favorire le registrazioni EMAS e puntare soprattutto su quelli che meglio possano integrare il rapporto tra esigenze di tutela ambientale e di efficienza economica. Tale necessità è ancora più sentita per le organizzazioni che intraprendono la strada della registrazione EMAS piuttosto che per quelle che decidono di presentare sul mercato un prodotto/servizio etichettato con il marchio ECOLABEL. Nel secondo caso l’impegno verso la sostenibilità ambientale è facilmente riconoscibile dai consumatori/clienti e quindi da coloro che muovono il mercato dal lato della domanda, mentre nel primo caso l’impatto sul mercato è più lento e meno riconoscibile al pubblico.


PHAROS: UN PROGETTO EUROPEO PER L’ECOSOSTENIBILITÀ DEL TURISMO ■ DI

DONATELLA GRIMALDI

Responsabile Staff ATCP Direzione Scientifica A.R.P.A. Liguria DI

DANIELA MINETTI

Settore Politiche dello Sviluppo Sostenibile - Regione Liguria

Il progetto PHAROS - Playgrounds, Harbours and Research of Sustainability (Porti, Campi da Golf e Ricerca di Sostenibilità), finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del PROGRAMMA LIFE AMBIENTE 2004, prevede l’individuazione di una metodologia per la registrazione EMAS delle strutture turistiche, in particolare di porticcioli e campi da golf, in modo integrato con i processi di SVILUPPO SOSTENIBILE attivati da Enti Locali. Autorità Capofila del progetto è la Regione Liguria, mentre i partners sono rappresentati da A.R.P.A. Liguria, Università di Genova Dip.Te.Ris, Università di Torino - Agrinnova, Servizi Industriali Genova SIGE srl, sei strutture golfistiche, quattro porticcioli turistici e sette Comuni liguri. Le attività previste sono sviluppate da sei tavoli tecnici: ■ Linee guida - L’obiettivo è la definizione delle linee guida per l’implementazione del Sistema di Gestione, secondo i requisiti del

Regolamento Comunitario EMAS II, presso strutture turistiche ad alta incidenza territoriale quali porticcioli turistici e campi da golf, in modo integrato con i Sistemi di Gestione Ambientale e i processi di Agende 21 avviati dalle Amministrazioni locali. Sistema di gestione ambientale - Si propone l’impostazione del Sistema di Gestione Ambientale per tutte le strutture turistiche e il conseguimento della Registrazione EMAS di almeno due delle strutture coinvolte (porticcioli turistici e campi da golf). Comunicazione - E’ finalizzata alla diffusione delle tecniche sviluppate e delle conoscenze acquisite ed al coinvolgimento diretto nel progetto di Enti locali nazionali e internazionali, strutture turistiche, cittadini e mondo accademico. Implementazione ed opportunità - Ha come obiettivi approfondimenti, sperimentazioni, applicazioni delle best available tecnologies sulle strutture coinvolte e l’implementazione delle politiche di sostenibilità per gli impianti sia in fase di realizzazione che in fase di gestione. Governance - Sviluppa l’integrazione dei Sistemi di Gestione Ambientale delle Autorità Locali e delle organizzazioni con l’obiettivo di ottenere un modello di governance integrato ed esportabile. Gestione del progetto - Cura l’avanzamento

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AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

finanziario ed amministrativo del progetto. A.R.P.A. Liguria è partner attuatore in tutti i tavoli tecnici ed è coordinatore delle attività del Tavolo Implementazione ed Opportunità.

CERTIFICAZIONE AMBIENTALE E TURISMO SOSTENIBILE ■ DI MICHELE FIORE Responsabile Sistemi di Gestione Qualità e Ambiente ARPA Sicilia

Negli ultimi anni, a seguito di evidenti segni di degrado dei sistemi ambientali e sociali, si è sviluppata una profonda trasformazione del concetto di sviluppo. Tali sistemi, tra loro fortemente interconnessi, hanno “subìto” il progresso della nostra società basato su un modello che ha privilegiato la dimensione economica e la quantità rispetto ai fattori ambientali e sociali. In tale contesto la consapevolezza dell’inscindibilità tra protezione dell’ambiente, sviluppo economico e politiche di corretta gestione del territorio ha favorito il recente proliferare di strumenti per lo sviluppo sostenibile (VIA, VAS, Agenda 21 Locale, Sistemi di Gestione Ambientale, Reporting Ambientale, Bilancio Ambientale, Bilancio Sociale, ecc.). Tali strumenti di gestione, di partecipazione e di trasparenza si basano sulla capacità di programmare ed attivare tutte le azioni necessarie a garantire i benefici economici unitamente alla conservazione ed alla salvaguardia

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delle risorse ambientali. Perché ciò possa realizzarsi nell’ambito del servizio di ricettività turistica, l’Ecolabel Europeo costituisce uno degli strumenti più semplici e più efficaci da adottare. Nell’ambito delle attività di sensibilizzazione e di diffusione del marchio Ecolabel, ARPA Sicilia ha elaborato un questionario per gli albergatori finalizzato alla valutazione della conformità delle strutture ricettive rispetto ai requisiti (obbligatori e facoltativi) previsti dalla Decisione 2003/287/CE per l’ottenimento del marchio Ecolabel. L’idea del questionario scaturisce dalla necessità di facilitare la “lettura” dei criteri per l’assegnazione del marchio offrendo la possibilità, a chiunque volesse, di verificare, in maniera abbastanza semplice e rapida, il grado di conformità della propria struttura. Pertanto, indipendentemente dalla volontà di adottare i principi della sostenibilità al settore turistico, il questionario costituisce uno strumento di immediata applicazione per inquadrare come si colloca la struttura. Allo stesso tempo, costituisce uno strumento di riflessione e di analisi delle eventuali “criticità ambientali” che si evidenziassero in fase di valutazione. Il questionario (scaricabile dal sito www.arpa.sicilia.it all’interno dell’area “sistemi di gestione”) utilizzato da un numero sempre crescente di strutture alberghiere ha consentito di affrontare in maniera sistematica ed accurata la valutazione di numerose strutture anche al di fuori del contesto regionale.



AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

EMAS ED ECOLABEL DUE OTTIMI STRUMENTI PER UNA VERA POLITICA AMBIENTALE

L

a decima Conferenza delle Agenzie rappresenta un momento qualificante per riflettere sui problemi relativi all’ambiente, un argomento oggi molto sentito da parte dei politici, degli economisti, del mondo produttivo e soprattutto dei cittadini. Col passare del tempo il rapporto economia-ambiente si sta positivamente trasformando da antagonista ad integrato; oggi gli industriali stessi sempre più spesso parlano di ambiente, energia e uso delle risorse in genere, come fattori d’eccellenza che rivestono un ruolo strategico per la crescita competitiva delle aziende. Uno dei temi in discussione in questa Conferenza è il passaggio in corso, nel Mondo Occidentale ed in Europa in particolare, dalle vecchie logiche impositive a rapporti di responsabilità fiduciaria tra i diversi protagonisti della scena economica e delle autorità politico-istituzionali centrali e periferiche. Le azioni adottate o allo studio del Comitato per l’Ecolabel e per l’Ecoaudit vanno tutte in questa direzione. Tutto procede in completa sintonia con i contenuti del “VI Programma Comunitario di azione in materia di ambiente” che ha fornito specifiche indicazioni di approccio strategico per la realizzazione degli obiettivi ambientali programmati durante i dieci anni della sua validità. Anche la Comunità Europea, attraverso i propri organismi istituzionali e in base ai risultati ottenuti nel corso degli ultimi anni, ha validato il ricorso agli strumenti volontari di certificazione, ed in particolare agli schemi Ecolabel ed Emas, definendoli in grado di garantire uno sviluppo economico - sociale nel rispetto dei principi della sostenibilità, mentre il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e il Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit, in qualità di Organismo Competente nazionale sono stati chiamati, nell’ambito di questo contesto, ognuno per le proprie competenze, a svolgere un ruolo di indirizzo e coordinamento, delineando delle linee strategiche di sviluppo delle certificazioni Ecolabel ed Emas coerenti con le necessità di mercato e le problematiche ambientali in Italia.

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ON. PINO LUCCHESI Presidente del Comitato Ecolabel Ecoaudit

Emas ed Ecolabel in Italia hanno da poco compiuto 10 anni, risalendo il primo Regolamento europeo al 29/06/1993. Risale invece al 18/12/1997 la prima decisione di Registrazione del Comitato per una Azienda. Attualmente il trend di crescita di registrazione EMAS in Italia è, assieme a quello spagnolo, fra i più alti a livello europeo (altri Paesi - con la Germania - hanno visto un sollecito sviluppo di EMAS ed ora sono fermi, se non in controtendenza). La stessa DG Ambiente europea sta guardando con grande interesse al modello italiano, modello che sta producendo risultati alla luce sia di un aumento progressivo del grado di sensibilità delle organizzazioni verso il tema ambientale, sia grazie allo sviluppo


di politiche ambientali nazionali, sia ancora in relazione alle iniziative assunte da alcune Regioni particolarmente “virtuose” o pronte a recuperare le potenzialità dello strumento. A quasi tre anni di distanza dall’insediamento del Comitato per l’EMAS e per l’Ecolabel possiamo evidenziare (senza trionfalismi perché siamo appena all’inizio del cammino) una situazione in deciso movimento con un incremento del 243% nel triennio e registrazioni EMAS passate da 131 a 450 (per circa 520 siti) cui si devono aggiungere oltre 150 pratiche in istruttoria ed un trend di crescita che perdura. Ormai da tempo l’Italia si segnala per la migliore performance a livello Europeo e per la complessiva “qualità” delle Organizzazioni registrate, tra le quali la gran parte delle Aziende che producono energia (Enel, Eni, Edison, Endesa ed altre), e quindi operano in un settore strategico per il Paese e di particolare attualità in questo momento, per la crisi nelle forniture di gas; così come è divenuto un vero e proprio caso a livello europeo quello del TOROC (il Comitato organizzatore delle olimpiadi invernali) con una certificazione “in divenire” che riguarda aspetti ambientali iniziali, modalità di gestione dei Giochi, utilizzo ambientalmente coerente delle strutture nella fase post-olimpica, con un interessante programma “misto” di utilizzo di ambedue gli strumenti (Emas ed Ecolabel).

Nel settore della Certificazione Ecolabel, a sua volta, l’Italia mantiene stabilmente una posizione di primato con 1497 prodotti e servizi certificati, per 90 licenze rilasciate a 77 aziende; il tutto all’interno di un quadro di riferimento - sancito dal mio Ministero - volto ad eliminare qualsiasi problema di “concorrenza” tra i due strumenti, con una spinta tendenziale verso l’Ecolabel per le Organizzazioni dedicate al turismo. Gli accordi di programma con le Regioni hanno comportato lo sviluppo di un’ampia concertazione con i vari soggetti interessati e l’elaborazione di progetti sperimentali nelle aree industriali e nei distretti con lo scopo di facilitare l’adesione delle piccole e medie imprese nei settori di pertinenza. Il Comitato Ecolabel Ecoaudit ha puntato, fra le altre iniziative, sulla diffusione di EMAS negli Ambiti Produttivi Omogenei, definiti come quelle zone, o unione di più zone, industriali od a prevalenza industriale, in cui siano individuabili specifici settori di attività, ed al riguardo, ha attivato una linea di lavoro dedicata, in network con le iniziative in corso sul territorio nazionale, dalle quali è emersa l’esigenza diffusa di un supporto nelle metodologie da seguire e negli obiettivi da perseguire. La “Posizione” del Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit sull’applicazione del Regolamento EMAS sviluppato in ambiti produttivi omogenei approvata

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AREE PROTETTE E CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

dalla Sezione EMAS Italia del Comitato Ecolabel Ecoaudit in data 28 gennaio 2005, è attualmente al vaglio della Commissione Europea in previsione del Regolamento EMAS 3 ed è stata anche di recente discussa nella riunione semestrale dell’apposita Commissione, ospitata dall’Italia a Torino qualche settimana fa. Pur non essendo una “registrazione di un territorio”, non possibile ai sensi del Regolamento comunitario e non prevista fra gli obbiettivi del Comitato, il Ministero ha condiviso l’idea del Comitato di dare un riconoscimento pubblico alle esperienze più proficue sviluppate ed anche farsi portavoce a livello europeo di questo approccio. Si tratta di una interpretazione avanzata della normativa in atto e quindi, sempre a proposito di coraggio, un modo di porsi in maniera assai avanzata rispetto alla normativa corrente. Voglio segnalare qui i risultati raggiunti dal settore della Certificazione della Pubblica Amministrazione, con 40 Autorità Locali registrate EMAS e tra queste due importanti Province registrate per tutto il complesso delle loro attività, come la Provincia di Bologna (la più “consistente” Pubblica Amministrazione registrata in Europa) e la Provincia di Parma, il Comune capoluogo di Grosseto e parti delle Amministrazioni provinciali di Viterbo e Teramo; un processo che sta identificando EMAS come vero e proprio strumento innovativo di governance del territorio. Tutto è stato perseguito in totale assenza di una visione “protettiva” ed esclusiva della registrazione EMAS e della Certificazione Ecolabel pur ponendole - ovviamente - nel campo degli strumenti di eccellenza e quindi ritiene che i vari processi in circolazione, se correttamente interpretati e sfrondati da esigenze di propaganda e di visibilità, abbiano una loro utilità. I processi di Agenda 21 locale, di contabilità ambientale e di green public procurement (GPP) ed in generale di conoscenza territoriale degli enti pubblici non sono quindi considerati in contrapposizione con EMAS ma quasi come corretta precondizione per sviluppare EMAS. La corretta raccolta di dati ed informazioni, l’attivazione di controlli interni, la comunicazione interna ed esterna sulle iniziative assunte in campo ambientale, le azioni di miglioramento, gli acquisti verdi ed in generale le buone pratiche costituiscono oggettivamente un humus importante per poter passare ad uno strumento per quanto volontario così complesso come è EMAS e possono anche rappresentare un importante punto di collegamento con la certificazione ECOLABEL (si pensi, ad esempio, nel caso dei GPP all’acquisto di carta ecolabel da parte della Pubblica

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Amministrazione) ed al forte impulso che così si può dare all’industria italiana del settore, soprattutto a quella che ha deciso forti investimenti nella produzione di carta Ecolabel. Particolare attenzione è stata dedicata anche al tema della Certificazione dei Parchi e delle Aree protette perché ritengo che, nel caso, si tratti di uno strumento particolarmente adatto ed efficace in situazioni nelle quali è del tutto evidente la necessità di conciliare l’esigenza di salvaguardia e tutela dell’ambiente con quella di una fruizione, seppur regolata e non dirompente. Desidero, infine, riferirmi espressamente all’attesa - non solo in Italia ma in generale in Europa - di azioni dei Governi Centrali e dei Governi Regionali che facciano salva l’equazione “atteggiamenti virtuosi/ apprezzamento della Pubblica Autorità” ed evitino il ripetersi di situazioni paradossali, ma realmente avvenute, di Aziende che scelgono la via virtuosa di EMAS o richiedono certificazioni Ecolabel e si trovano a fronteggiare un supplemento di controlli, mentre altre aziende dello stesso settore e magari concorrenti continuano imperterrite ad inquinare o sfuggire qualsiasi forma di controllo; mentre segnalo, al riguardo, come particolarmente positive - ed esempio da imitare - azioni come quella assunta dalla Regione Toscana per l’abbattimento dell’IRAP per aziende in possesso di certificazione ambientale, e purtroppo, come occasione persa, quella della Delega Ambientale nella quale, al richiamo di principio per favorire i processi di certificazione volontaria, non ha fatto riscontro, allo stato, alcuna previsione normativa di “particolare favore” per le Organizzazioni certificate; una lacuna che si può e si deve colmare. Con la globalizzazione e le nuove tecnologie di produzione sempre in evoluzione, ambiente e sviluppo sono motivo di crescente preoccupazione per i Governi ed in generale per la Comunità Internazionale. Nel crescere tumultuoso ed in condizioni di rispetto ambientale quanto meno discutibili, delle cosiddette nuove economie, i Paesi della vecchia Europa hanno palesemente una possibilità in più per raggiungere “l’equilibrio sostenibile” cui mi sono prima riferito. C’è anche qui una condizione che è quella del coraggio: per superare gli egoismi nazionali, integrare le economie, favorire atteggiamenti virtuosi, riconoscere l’importanza degli strumenti volontari, superare le vecchie concezioni stataliste del controllo e della sfiducia pregiudiziale. EMAS III rappresenterà, per questo, una occasione forse irripetibile, per un salto di qualità deciso ed irreversibile.



ENERGETICA2006 “Energetica, che si svolgerà a Genova dal 25 al 27 Maggio, è l’occasione per la nostra città di riflettere e parlare di argomenti che spesso vengono ancora fortemente sottovalutati. Questa fiera rappresenta un punto d’incontro, di discussione e di approfondimento su temi che coinvolgono oggi, più di prima, tutti noi a partire dalla Pubblica Amministrazione fino ai singoli cittadini - spiega l’Assessore alle Politiche Ambientali del Comune di Genova, Luca Dallorto, da anni impegnato in una battaglia sia personale e che politica per la salvaguardia dell’Ambiente - manifestazioni come Energetica rappresentano una preziosa occasione per mettere sul tavolo tutte queste problematiche e studiare soluzioni sinergiche in grado di incorporare i concetti di sostenibilità e sviluppo. Il problema dell’energia infatti, coinvolge molteplici aspetti della vita di una città non solo sociali ma soprattutto economici, industriali e commerciali.” Energetica, sarà quindi un momento d’incontro tra diverse, ma correlate realtà dove il Comune di Genova sarà presente con uno sportello ECOPOINT dove tutti potranno ricevere informazioni e delucidazioni sulle fonti energetiche rinnovabili, sulla loro accessibilità e sulle nuove tecnologie. “ L’ a r g o m e n t o centrale di Ener-

getica, e cioè l’uso etico e lungimirante delle diverse fonti energetiche, stimola a rispondere con urgenza alle pressanti esigenze ambientali ormai condivise dalla maggior parte dei cittadini e imposte dal protocollo di Kyoto - continua Dall’orto - Questo Comune come molti altri, ha cercato già da alcuni anni vie da percorrere in tale direzione.Ci riferiamo alla possibilità di utilizzo di fonti rinnovabili di energia sul territorio come l’energia eolica in aree perturbane, di cui esiste un progetto significativo attualmente ancora oggetto di valutazioni ambientali, l’energia solare termica diffusa negli edifici, oggi applicata per lo più in alcuni impianti sportivi, l’energia fotovoltaica in via di applicazione su scuole e piccole utenze diffuse come la segnaletica stradale, l’illuminazione, le piccole utenze pubbliche. Sforzi particolari sono volti anche al contenimento dei consumi che si riflettono verso uno stile di vita più attento all’ambiente ed al miglioramento della qualità della vita. In parallelo devono essere naturalmente sviluppate attività normative in

grado di indurre un miglioramento della qualità degli edifici rendendoli meno energivori e favorendo in essi l’inserimento di sistemi solari termici e fotovoltaici integrati (modifica regolamento edilizio) anche alla luce del recente Decreto Legislativo n.192 del 19/08/2005 relativo al rendimento energetico nell’edilizia ed al controllo costante del delle caldaie termiche civili e di conseguenza anche delle loro emissioni favorendo la loro sostituzione con modelli più recenti. In questo senso il Comune di Genova si sta attivando per la promozione dei così detti Tetti Verdi, coperture di tetti ed altre superficie piane con uno strato di terreno di coltura e con specie vegetali ad hoc, che permettono di ottenere numerosi vantaggi tra cui quello del contenimento energetico.” Altro aspetto importante portato avanti dall’Assessorato è il processo locale di Agenda 21 all’interno del quale Provincia ed Co-


mune di Genova stanno definendo un protocollo d’intesa sulle energie rinnovabili. Per quanto riguarda invece l’utilizzo delle bio-masse, il Comune è coinvolto in un sub-progetto del Programma di Iniziativa Comunitaria INTERREG IIIC denominato Roobinwood che ha come obiettivo 6lo sviluppo socio-economico delle aree rurali attraverso la rivitalizzazione della filiera del legno e la gestione forestale sostenibile. “Un recente Rapporto sui Consumi energetici per macro-settori del Comune di Genova condotto dall’Agenzia Regionale per l’Energia (ARE) nell’ambito del Processo di Agenda 21 - conclude Dall’orto - ha evidenziato come dal 1998 ad oggi il quadro dei consumi energetici della nostra città sia considerevolmente mutato. Se infatti da un lato si è evidenziata una riduzione dei consumi di fonte primaria, legata principalmente all’evoluzione subita dal settore siderurgico, settori quali il terziario ed il residenziale sono divenuti gradualmente sempre più energivori. Questo dato ci deve naturalmente far riflettere su come sia sempre più pressante la necessità di arrivare ad un mercato energetico in cui il consumo delle risorse sia condotto in modo etico e consapevole.”


SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

LA GESTIONE DEI CONTROLLI AMBIENTALI: SPINA

N

el 1999 ha avuto inizio la collaborazione tra APAT e Comando Carabinieri per tutela dell’ambiente (CCTA) - già NOE) - nata dall’esigenza di realizzare una struttura informativa dedicata specificamente alla gestione delle informazioni derivanti dai controlli ispettivi in campo ambientale. Gli obiettivi principali di tale struttura furono quelli di migliorare la capacità di pianificare le attività ispettive, di rendere disponibili i dati e di avere un quadro in tempo reale della situazione degli interventi.

IL

SISTEMA DI GESTIONE PROGRAMMI E INTERVENTI DI CONTROLLO AMBIENTALE /SPINA) ■ DI VALTER SAMBUCINI Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT)

DI SERGIO DE CAPRIO Comando Carabinieri Tutela Ambiente

L’attività di collaborazione tra APAT e Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente (CCTA), già Nucleo Operativo Ecologico

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(NOE), ha avvio nel corso del 1999 quando fu ravvisata, dal Ministro dell’Ambiente, dall’ANPA e dal CCTA, l’esigenza di realizzare una struttura informativa dedicata specificamente alla gestione delle informazioni derivanti dai controlli ispettivi in campo ambientale. Gli obiettivi principali di tale struttura furono fissati in: ■ una migliore capacità di pianificare le attività ispettive, in base alle possibilità di analisi statistica offerte da un sistema informatizzato; ■ la disponibilità di dati di consuntivo; ■ un quadro in tempo reale della situazione degli interventi; ■ elementi conoscitivi utili al Sistema informativo ambientale. La soluzione adottata nel disegnare il sistema delle conoscenze ambientali comporta una forte integrazione tra informazioni derivanti dalle attività di monitoraggio e controllo e quelle provenienti da tutte le altre attività di interesse ambientale, quali i processi autorizzativi, le dichiarazioni, i censimenti socio-economici, ecc. La collocazione del CCTA e le funzioni di


controllo, vigilanza e repressione esercitate ne fanno un momento essenziale del più generale ciclo di vita e gestione della conoscenza ambientale. Importante, ad esempio, può essere il ruolo che il CCTA può avere nella definizione di nuove esigenze informative, imposte dalla emergenza di nuovi fatti e di nuove manifestazioni dei fenomeni: esigenze cui occorre dare risposta coinvolgendo i diversi fronti in cui si articola il sistema di conoscenza nazionale ambientale. Questa funzione multipla, di utente del sistema di conoscenza, di fornitore di dati ambientali, di formalizzazione di requisiti informativi, ben si coniuga con la filosofia adottata dall’APAT e dal sistema delle Agenzie per l’ambiente nel disegno del Sistema della Conoscenza e dei Controlli Ambientali e con il ruolo co-

stitutivo che, in esso, hanno proprio i processi di controllo e di vigilanza. Sistema che ha come suo compito primario quello di istituire uno spazio comune della conoscenza e della comunicazione, fondato sui poli e sulla rete SINAnet che li collega. In considerazione di quanto sopra è stato valutato opportuno sviluppare il sistema CCTA nell’ambito del più generale programma di realizzazione del Sistema Conoscitivo e dei Controlli in campo ambientale, come polo CCTA della rete SINAnet, realizzando un sistema informativo complesso, con modulo centrale costituito presso la sede centrale, accessibile dalle sedi periferiche del CCTA per l’alimentazione della base dati. Il 15 marzo 2004 è stata firmata una ulteriore convenzione tra APAT e CCTA, con il patro-

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SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA della normativa) e al sistema autorizzativo. La capacità di rispondere alla domanda di informazione viene così garantita perché le attività di controllo non sono un atto isolato e terminale ma vengono inserite in un circolo virtuoso di integrazione con l’azione conoscitiva. Le responsabilità sono diffuse e occorre garantire l’efficace coordinamento della comunicazione istituzionale verso i diversi enti coinvolti nel presidio e nel popolamento dei flussi informativi, con la creazione di banche dati ambientali condivise e la realizzazione di applicazioni atte a consentire la consultazione a tutti i soggetti coinvolti nei processi. Queste condivisioni si sono realizzate nel tempo mantenendo il requisito fondamentale di rispetto dell’autonomia e della specializzazione dei singoli Enti coinvolti. Il SIRA-ER comprende inoltre tutte le funzionalità atte a gestire la registrazione periodica delle attività tecniche di ARPA dal controllo sulle aziende all’attività di monitoraggio su punti di indagine istituzionale. Il sistema è quindi da un lato strumento di lavoro quotidiano e dall’altro fonte di dati per la pianificazione. Il vasto patrimonio di dati localizzati sulle diverse basi dati tematiche deve ora evolversi verso un sistema che consenta di garantire i seguenti obiettivi strategici:

cinio del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio, per l’evoluzione del Sistema Informativo per la gestione delle informazioni derivanti dai controlli in campo ambientale svolti dal CCTA (SPINA), la piena integrazione nella rete SINAnet e la realizzazione dei moduli specifici per l’utilizzo dello stesso per i controlli ispettivi delle ARPA/APPA.

L’EVOLUZIONE DEL SIRA-ER VERSO L’INTEROPERABILITÀ FRA ENTI E PER LA DIFFUSIONE AL PUBBLICO DELLE INFORMAZIONI AMBIENTALI. ■ DI GIANFRANCA GALLIANI E VANNA POLACCHINI

Direttore Servizio Sistemi Informativi e Direttore Servizio Affari istituzionali Pianificazione e Comunicazione Agenzia Regionale Prevenzione e ambiente dell’Emilia Romagna (ARPA-ER)

Il sistema informativo ambientale di ARPAER (SIRA-ER) si è sviluppato e viene periodicamente alimentato attraverso le componenti relative al sistema dei controlli e di informatizzazione dei dati del monitoraggio, al sistema delle regole (domanda di informazione e rispetto

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INTEROPERABILITÀ fra gli Enti coinvolti, non solo nella condivisione delle informazioni ma anche per garantire la trasparenza dell’azione amministrativa. L’interoperabilità fa perno sul sistema di protocollo informatizzato, costruito in ottemperanza alle linee guida fornite dalla normativa che garantisce la visibilità degli iter procedurali agli enti coinvolti nei processi amministrativi. Ai fini di ottenere una perfetta fasatura degli eventi e delle informazioni il sistema di protocollo informatizzato e quello di gestione delle attività tecniche richiedono una serie di funzionalità comuni ed una stessa codifica delle attività rappresentabili nel cosiddetto “titolario” del sistema di protocollo. COMUNICAZIONE/INTEGRAZIONE Oggi la comunicazione delle informazioni verso l’esterno è rappresentata da informazioni pacchettizzate. Si intende far evolvere il sistema verso un reporting personalizzato dinamico rivolto ad una navigazione libera e manipolabile direttamente dall’utente. Questo è in linea con il D.Lgs 19-8-05 n.195 dove i sistemi ambientali devono subire una revisione dei requisiti tecnici secondo le nuove “Direttrici dell’ accesso”. L’informazione ambientale già strutturata in SIRA-ER in ambienti locali operativi, dovrà essere resa facilmente accessibile al pubblico. I nuovi strumenti saranno la Business Intelligence e un Regola-



SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

mento di accesso ai dati con l’evidenziazione del Catalogo dei servizi e della qualità dell’informazione. A questo scopo la corretta organizzazione dei dati prevede la costruzione di un Data Warehouse in una realizzazione della cosiddetta “Catena dell’informazione” che non influenzi l’attività degli archivi operativi. FLUSSI DATI VERSO IL SISTEMA NAZIONALE Far evolvere il SIRA-ER per garantire il flusso dei dati verso il sistema nazionale secondo le regole del Sistema Pubblico di connettività (DL 28 febbraio 2005, n. 42). Occorrerà pertanto provvedere alla definizione e sviluppo di componenti software necessarie alla Collaborazione Applicativa nella rete SINAnet, sviluppando le Porte di dominio (applicativa e delegata) atte a garantire la fornitura dei dati all’interno di un Catalogo dei Servizi disponibili nel dominio SINANet nazionale).

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IL SIRA NELLA REGIONE TOSCANA ■ DI MAURIZIO TREVISANI

Responsabile della Articolazione Funzionale Sistemi di Conoscenza (Settore Tecnico SIRA) - Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Toscana (ARPAT)

Si descrive l’esperienza fatta in Toscana di progettazione ed avvio del Sistema Informativo Regionale dell’Ambiente. In tale Regione è stato scelto di collocare il SIRA presso l’Agenzia per la Protezione Ambientale, e di attribuire alla stessa struttura anche il ruolo di Punto Focale Regionale. La particolare combinazione (attribuzione del SIRA all’ARPAT, che è il maggior produttore di conoscenza ambientale, e del PFR al SIRA) ha creato particolari condizioni che hanno favorito la realizzazione di una serie di banche dati, e di applicazioni per la loro gestione, anche permettendo reingegnerizzazioni dei processi operativi. Tale combinazione, e la dispo-


forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. L’articolo 8, poi, stabilisce che le autorità pubbliche rendano disponibile l’informazione ambientale detenuta, rilevante ai fini delle proprie attività istituzionali, avvalendosi, ove disponibili, delle tecnologie di telecomunicazione informatica e delle tecnologie elettroniche disponibili.

GLI SVILUPPI DEL POLO SIRA IN CAMPANIA ■ DI GIUSEPPE ONORATI

Responsabile U.O. Sistemi Scientifici Specialistici e Sistemi Informativi Ambientali - ARPA Campania

nibilità di adeguati finanziamenti SINA e Regionali, hanno permesso al SIRA toscano di raggiungere interessanti obiettivi, e di avviare anche su web (http://sira.arpat.toscana.it/) servizi informativi destinati alle pubbliche amministrazioni ed al Cittadino. Tali scelte sono poi state confermate anche dalla recente normativa europea e nazionale: il D.Lgs. n. 195 del 19 agosto 2005, che ha dato attuazione alla Direttiva 2003/4/CE nel nostro ordinamento, riconosce grande rilevanza del ruolo attivo delle autorità pubbliche nella diffusione dell’informazione ambientale già all’articolo 1. La disposizione, infatti, nell’individuare le finalità della nuova disciplina, stabilisce che essa è tesa a “garantire, ai fini della più ampia trasparenza, che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in

Il decreto legislativo di “Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale”, e i rapidi progressi delle tecnologie di analisi e diffusione dei dati, impongono al sistema agenziale un forte impulso alla rete SINAnet allo scopo di “garantire, ai fini della più ampia trasparenza, che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (art. 1 d.lgs 195/2005). In questo contesto la Regione Campania ha affidato all’ARPAC, nella legge istitutiva, l’organizzazione e gestione del sistema informativo regionale per l’ambiente (art. 5, L.R. 10/1998) e all’Agenzia sono stati assegnati i fondi per la realizzazione del sistema. Gli sviluppi del polo SIRA della Campania sono basati sull’integrazione di 3 progetti: ■ SIRA-SINA, con le risorse economiche ex SINA PTA 1988-89; ■ SIRA-POR con le risorse economiche della Misura 1.1.del POR Campania, cofinanziato dall’UE - Agenda 2000-2006 per le Regioni Obiettivo 1; ■ PFR Campania, con le risorse economiche ex SINA trasferite ad APAT. Finora le attività svolte hanno riguardato la stesura della progettazione, preliminare e definitiva, nonché della documentazione di gara (bandi, avvisi, capitolati), per l’affidamento, mediante gara europea, dei progetti 1 e 2, e la raccolta di dati ambientali, inseriti nella rete SINAnet in base alla convenzione del PFR Campania. Lo stato di avanzamento dei progetti al febbraio 2006 è il seguente: ■ per il SIRA-SINA, è stata conclusa la gara

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SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA d’appalto di servizi e nel gennaio 2006 è stata affidata la realizzazione del sistema, dedicato prioritariamente alle tematiche ambientali Idrosfera, Atmosfera e Geosfera ed al potenziamento dei Dipartimenti Provinciali di Napoli e Salerno; ■ per il SIRA-POR è in fase di completamento la procedura di gara d’appalto di forniture ed entro il 2006 è previsto l’affidamento della realizzazione del sistema, dedicato prioritariamente alle tematiche ambientali: Agenti Fisici, Natura e Biodiversità, Rifiuti e Flussi di Materiali, alle infrastrutture informatiche e di comunicazione dell’Agenzia ed al potenziamento dei Dipartimenti Provinciali di Avellino, Benevento e Caserta; ■ per il PFR Campania è in avvio il primo piano di attività, riguardante la messa a punto del presidio del PFR, la disponibilità di dati e servizi su tematismi ambientali, la elaborazione di una proposta sulla struttura organizzativa a regime del PFR. In attesa della realizzazione dei progetti finanziati con fondi ad hoc, l’ARPAC, nell’ambito dell’attività ordinaria, ha portato avanti il potenziamento delle capacità di raccolta ed elaborazione di dati ambientali, tramite l’acquisizione di hw/sw di base, il cablaggio della nuova sede centrale, la realizzazione di applicativi per la tematica acque (sw CLASSI e ACQUA), la realizzazione del sistema informativo diossine, l’attivazione di un sistema LIMS per i laboratori di Napoli. Nel corso del 2006 si prevede di popolare i data base prioritari SINAnet e di attivare la visualizzazione di dati ambientali tramite Internet, in coerenza con la normativa vigente.

IL PUNTO FOCALE REGIONALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA E LE NUOVE ARCHITETTURE DI RETE ■ DI CLAUDIO CANDELOTTO - ENRICO ARTINI ARPA Friuli Venezia Giulia

Questo intervento vuole essere la testimonianza dell’esperienza di ARPA FVG in qualità di PFR (Punto Focale Regionale) all’interno del gruppo e-gdl “Architetture di Rete”. Tale e-gdl nasce nella rete SINAnet per esplorare e validare le tecnologie disponibili a supporto dei PFR nella trasmissione dei dati verso APAT; le scelte di ruolo fra i nodi (APAT e i singoli PFR) e le scelte architetturali (protocolli applicativi di connessione e collaborazione) passano quindi attraverso una attenta valutazione delle modalità adottate dai PFR per erogare i servizi nella rete. I lavori hanno avuto come linea guida sia

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il ruolo che i PFR devono assumere di pivot e di collegamento, non solo verso APAT ma anche tra PFR e nello strato proprio di appartenenza, sia il disaccoppiamento tra i singoli nodi e la rete secondo lo schema oramai consolidato del Modulo Proprio e del Modulo Comune. Si è dunque progettata un’architettura che assicuri la persistenza dei dati a vari livelli di scala nei nodi periferici, gestibile solo a patto che i PFR condividano tra loro e con APAT un Modello Comune dei Dati, denominato “Modello Riconciliato”. Il Progetto Pilota realizzato congiuntamente da APAT, PFR Umbria e PFR Friuli Venezia Giulia ha consentito poi di verificare che il paradigma del Modello Riconciliato consente, tramite le esistenti tecnologie ETL (Extract Transform and Load, tipiche del Datawarehousing) di acquisire i dati nei nodi periferici e, successivamente, con le modalità da definirsi tema per tema, condividerle, fisicamente o logicamente, con gli altri nodi della rete. Il gruppo di lavoro si è attivato su due fronti: partecipare all’evoluzione del Sistema Pubblico di Connettività (SPC) che il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) ha in corso di definizione e realizzare un Progetto Pilota che permettesse la verifica diretta delle scelte relative alla condivisione di un Modello Riconciliato dei Dati. Per il Progetto Pilota è stato scelto, nella plenaria SINAnet di Milano, il tema dei Siti da Bonificare per il quale già esisteva un prodotto di rilevazione fornito da APAT e sono stati scelti (su base volontaria) i PFR che, insieme ad APAT, avrebbero simulato il sistema di condivisione e trasmissione dati basato sul nuovo paradigma. Per la realizzazione del Progetto è stato adottato un prodotto ETL di estrazione e trasformazione e caricamento dei dati. Il gruppo di progetto ha quindi disegnato la struttura dati (semplificata) per il tematismo prescelto. La struttura è stata implementata nei tre siti di APAT, PFR Umbria e PFR Friuli Venezia Giulia. Nei siti PFR sono state realizzate e eseguite le funzioni necessarie per caricare la base dati riconciliata (dei PFR) con i dati locali, provenienti da sistemi eterogenei. Successivamente, nel sito APAT sono state realizzare le funzioni necessarie al popolamento iniziale ed alla successiva sincronizzazione del sistema APAT con i sistemi dei PFR. Si è dunque dimostrato che il modello del “Ricolciliato” è un modello architetturale valido, sia lato APAT (per ricevere dati in modo efficace), sia lato PFR (per raccogliere i dati da inviare).



SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

VALUTAZIONE DEL PROGETTO DI RIUSO DELLE APPLICAZIONI INFORMATICHE NEI SISTEMI INFORMATIVI E REALIZZAZIONE DEL SIRA MOLISE DI MICHELE RICCI*

SIGNIFICATO DEL RIUSO ■

Riusare vuol dire utilizzo da parte di una amministrazione dei programmi applicativi sviluppati da o per un’altra amministrazione e di cui quest’ultima ne detiene la piena proprietà (detiene la proprietà del codice sorgente). Il riuso può agire su più coordinate. Attraverso un progetto di riuso deve essere possibile: ■ Ricontestualizzare in altro ambito un’appli-

FIG. 1

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cazione già esistente (dal punto di vista operativo, organizzativo, tecnologico, culturale); ■ Integrare/modificare un’applicazione già esistente con componenti sviluppate in altri progetti e contesti analoghi; ■ Aggiungere funzionalità ad un’applicazione già esistente; ■ Perseguire un mix degli approcci di cui sopra; Si possono riusare (fig.1): ■ Software ■ Modelli di dati ■ Schemi contrattuali ■ Documentazione tecnica di progettazione del software ed a corredo del suo uso e della sua gestione ■ Esperienze, metodologie. Lo schema di processo da seguire per giungere alla valutazione della possibilità di riuso è schematizzato nella figura seguente (fig. 2) che ci porta alla valutazione dei costi/benefici della soluzione di riuso. I costi riguardano le seguenti categorie: ■ Costi di analisi preliminare;


■ ■ ■

Bonifica e normalizzazione banche dati; Costi di gestione operativa e manutenzione; Costi di adeguamento dei processi ed informazione e sensibilizzazione all’utilizzo dei servizi; I benefici: ■ Benefici economici diretti; ■ Risparmi (minori costi gestionali e di sviluppo); ■ Riduzione dei tempi di lavoro delle pratiche; ■ Minore rischio di contenzioso per errori di acquisizione dal mercato; ■ Maggiore condivisione delle informazioni tra le Agenzie; ■ Possibilità di utilizzo più razionale delle infrastrutture e delle risorse disponibili.

FIG. 2

I RIFERIMENTI NORMATIVI PER LA P.A. ■

In questo capitolo si elencheranno brevemente i riferimenti normativi che regolano l’innovazione tecnologica e supportano i processi di riuso. DECRETO LEGISLATIVO 12 FEBBRAIO 1993, N. 39 ■ Visione unitaria dei S.I. della P.A. (art. 1) ■ i S.I. delle P.A. rispondono alle stesse finalità (co. 2) ■ sono sviluppati con criteri e regole comuni (co. 3) ■ integrati e interconnessi (anche P.A. locali) (co. 4) ■ Il ruolo del CNIPA (art. 7) esercitare le funzioni utili per il razionale impiego dei sistemi informativi, eliminando duplicazioni e sovrapposizioni LEGGE 24 NOVEMBRE 2000, N. 340 Facoltà di un’amministrazione di cedere in uso gratuito un applicativo ad un’altra, la quale può adattarlo alle proprie esigenze LEGGE 27.12.2002, N. 289 FINANZIARIA 2003 ■ Obiettivi di razionalizzazione ■ Generare risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le migliori pratiche e favorendo il riuso ■ Modalità per il riuso: Il Ministro per l’innovazione e le tecnologie stabilisce le modalità attraverso le quali rendere possibile il riuso previsto dalla legge 24 novembre 2000, n. 240 CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE ■ Principi base per l’e-government (Capo V, Sez. I, art. 68, co. 2)

Le P.A. devono adottare soluzioni informatiche che assicurano la interoperabilità e la cooperazione applicativa ■ Obblighi di cessione (Capo V, Sez. II, art. 69) Le P.A. sono obbligate a cedere gratuitamente i sorgenti e la documentazione disponibile alle altre P.A. che ne facciano richiesta per le loro esigenze, salvo motivate ragioni: ■ Fattori abilitanti il riuso (Capo V, Sez. II, art. 69, co. 2) ■ Le P.A. devono richiedere nei capitolati che i programmi siano sviluppati per essere portabili su altre piattaforme; ■ I contratti devono sancire il diritto per la P.A. di disporre per il riuso dei programmi acquisiti con sviluppi ad hoc, su requisiti specifici; ■ I contratti possono prevedere anche appositi servizi per il riuso affidati al fornitore.

MODALITÀ DI RIUSO ■

Il riuso può seguire diversi approcci, caratterizzati da diversi livelli di cooperazione tra le amministrazioni e da diverse modalità di gestione e manutenzione dell’applicativo: ■ Riuso in cessione semplice: semplice cessione di un applicativo da un’amministrazione d un’altra; ■ Riuso con gestione a carico del cedente: oltre a cedere l’applicativo, l’amministrazione proprietaria del software si fa carico della manutenzione dello stesso; ■ Riuso in facility management: oltre che della manutenzione del software, l’amministrazione cedente si fa carico della pre-

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SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA disposizione e gestione dell’ambiente di esercizio per l’amministrazione che effettua il riuso; ■ Riuso in ASP: è una variante del caso precedente in cui un soggetto terzo si fa carico della manutenzione e dell’esercizio del software per più amministrazioni, che riconoscono il corrispettivo in relazione al servizio ricevuto.

RIUSO

IN CESSIONE SEMPLICE

■ L’applicazione viene ceduta ad una certa data nello stato in cui si trova e da quel momento le due amministrazioni provvedono, ognuna per proprio conto, al mantenimento ed all’evoluzione del software che ovviamente in breve tempo diventa disallineato. I costi per l’amministrazione cedente sono ridotti e limitati agli impegni di risorse umane necessarie per il trasferimento del know how nelle fasi di trasferimento e di installazione dell’applicazione.

FIG. 4

RIUSO ■

IN FACILITY MANAGEMENT

Lo scenario è equivalente al precedente per ciò che riguarda la gestione e l’evoluzione del software, ma l’amministrazione cedente si fa carico anche dell’esercizio delle applicazioni.

FIG. 5 FIG. 3

RIUSO

CON GESTIONE A CARICO DEL CEDENTE

Lo scenario è caratterizzato dal mantenimento nel tempo della completa responsabilità dell’Amministrazione cedente nella manutenzione e nella gestione evolutiva del software, che provvede anche a sviluppare ed implementare le versioni personalizzate per le singole Amministrazioni riceventi. Queste ultime hanno in pratica solo l’onere della gestione operativa. In questo scenario possono sorgere problemi di coordinamento, di natura tecnica e organizzativa, al momento del rilascio delle versioni successive del software.

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RIUSO ■

IN

ASP

In questo caso esiste un soggetto che distribuisce un servizio applicativo. Questo può essere erogato direttamente a cura dell’amministrazione cedente oppure può essere fornito da un soggetto terzo a seguito della cessione operata dall’amministrazione cedente. In tutti i casi il software che potenzialmente voglia rientrare nelle logiche che portano al riuso deve rispettare i seguenti requisiti minimi: ■ Alto livello di modularità: strutturare l’architettura logico funzionale dell’applicazione ad un buon livello di granularità;



SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

FIG. 6

■ Basso grado di coupling tra i moduli dell’applicazione: evitare che un modulo per svolgere il suo compito debba dipendere da molti altri moduli (usare astrazioni anziché connessioni dirette tra moduli); ■ Testabilità: Facilità di produrre test per verificare che il software rispetti i requisiti; ■ Portabilità: Capacità di minimizzare l’esigenza di dipendere da componenti esterni per il funzionamento; ■ Comprensibilità: due i criteri da osservare: disponibilità di documentazione che aiuta a comprendere l’uso ed il funzionamento della applicazione; facilità di rilevare il comportamento del sistema dalle sue caratteristiche esterne; ■ Capacità di interoperabilità e cooperazione applicativa con altre applicazioni; ■ Architettura modulare: disponibilità dei formati dati utilizzati dalla applicazione.

PROGETTO APAT “CENTRO

DI GESTIONE DEL SOFTWARE OPEN SOURCE PRODOTTO ED UTILIZZATO IN AMBITO SINANET”

L.93/01

Il progetto ha, come obiettivo strategico, quello di migliorare gli strumenti di gestione del sistema Agenziale, in particolare relativamente allo sviluppo e diffusione tra gli Enti di strumenti informatici e telematici che siano adeguati, tecnologicamente evoluti e sufficientemente testati e, nel contempo, permettano una effettiva riduzione dei costi e

una tutela degli investimenti. I partecipanti al progetto si sono impegnati a mettere a disposizione le esperienze di progettazione e sviluppo di applicativi software realizzati in un’ottica di riuso del software e in una logica open source da applicare nell’ambito della rete SINAnet. È auspicabile un allargamento dell’iniziativa all’intero sistema delle Agenzie Ambientali e a tutti i partner della rete SINAnet. L’intento è quello di promuovere la condivisione e l’utilizzo di software tra i partner della rete SINAnet in una logica “open source” mettendo a disposizione le esperienze e i propri applicativi per uno sviluppo ed implementazione in altre realtà. Si tratta di sistematizzare questo approccio e di applicarlo in modo efficace con un riutilizzo e uno sviluppo cooperativo del software. Il concetto di riuso è, come riportato al cap. 2, applicabile a un ambito più ampio del solo software. Lo sviluppo di applicazioni informatiche non produce infatti solo codice software ma, anche, nel suo ciclo di vita completo, risultati di altra natura, di cui è possibile praticare il riuso (soluzioni complete, modelli organizzativi, documenti, componenti software, servizi). Strategicamente infatti, la realizzazione del Progetto proposto può incidere significativamente per i seguenti aspetti: ■ Diffusione dell’utilizzo del software open source nel sistema agenziale e tra i partner SINAnet, con riduzione dei costi per l’acquisto di licenze di software di base e d’ambiente “proprietario”; ■ Riduzione dei costi per lo sviluppo del software (applicativi custom) e protezione degli investimenti relativi, in quanto è tutto il “sistema open source” a provvedere alla manutenzione evolutiva degli stessi; ■ Applicativi costruiti sulla base di requisiti più solidi (in quanto analizzati da più soggetti) e maggiormente testati. Come riporta una recente indagine svolta dal Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie1, che valuta in circa 675 milioni di Euro la spesa in software nel 2001 della PA (sia centrale che locale), di cui il 61% relativa ad applicativi custom (cioè sviluppati “ad hoc”): “uno dei principali problemi della PA è la difficoltà di riusare le applicazioni custom esistenti”. Il principale ostacolo è la difficoltà delle PA nell’adattarlo alle proprie esigenze, e alla mancanza di adeguati strumenti di supporto al riuso.

1 Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, Indagine conoscitiva sul software a codice aperto nella Pubblica Amministrazione - Rapporto della Commissione, maggio 2003

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L’indagine, conclude poi sulla necessità di “sostenere e facilitare il riuso del software custom di proprietà della PA e la disseminazione dei risultati e delle best practices tra tutte le PA del Paese”. La conclusione della linea progettuale non dovrà essere un punto di arrivo, bensì il naturale avvio delle azione di seguito illustrate che porteranno al circolo virtuoso del miglioramento continuo dell’intera rete SinaNet, in altre parole si dovrà arrivare alla costituzione di un nucleo di controllo che dovrà: ■ Gestire la “mappa” delle caratteristiche funzionali, tecniche e di qualità; ■ Diffondere gli strumenti; ■ Gestire in generale il Portale del riuso; ■ Verificare le applicazioni riusabili per l’iscrizione nel catalogo; ■ Svolgere verifiche durante lo sviluppo di applicazioni candidate al “mercato del riuso”; ■ Alimentare il catalogo del riuso; ■ Offrire supporto consulenziale tecnico e giuridico alle riceventi ed alle cedenti.

IL PROGETTO SIRA MOLISE ■

Il Sistema Informativo Regionale Ambientale della Regione Molise è stato progettato in modo da mantenere le seguenti caratteristi che risultano essenziali per consentirci di inquadrare il processo all’interno di un progetto di riuso. Infatti tutte le componenti del Sistema informativo ed i suoi moduli possiedono le caratteristiche di seguito descritte: ■ Sviluppo su “layer” successivi (riuso a vari livelli); ■ Modularità (riuso di moduli specifici); ■ Bassa dipendenza dalla piattaforma; ■ Indipendenza dei cambiamenti. L’architettura generale del Sira Molise e rappresentata nella figura seguente: (fig. 7) Esso è costituito sostanzialmente da tre componenti le quali a loro volta sono costituite da moduli più elementari come vediamo, a titolo esemplificativo per il Sistema di gestione dei Controlli e della Conoscenza fig (8).

FIG. 7

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SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

FIG. 8

I fatti che caratterizzano la realtà ambientale e territoriale possono essere posti in relazione solo se sono letti e rappresentati con criteri omogenei. Occorre quindi costituire un linguaggio comune, basato su una stessa sintassi e su sistemi di classificazione, individuazione e codifica delle descrizione conformi. Alla base del concetto di integrazione sta quindi, e necessariamente, un opportuno processo di normalizzazione dei criteri con cui la realtà ambientale e territoriale è letta e rappresentata da parte dei Temi ambientali, superando i “linguaggi” caratteristici di ciascun Tema e delle discipline e conoscenze che veicola e realizzando di conseguenza un linguaggio comune caratteristico dell’intero sistema. Da questa uniformità deriva una più agevole individuazione di quelle funzioni e processi informativi che svolgono uno stesso compito, anche se applicato a fatti, contesti e situazioni del tutto diversi. Questo consente di individuare all’interno del sistema moduli riusabili e tracciare un

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percorso verso una razionalizzazione e semplificazione della sua stessa realizzazione. Il raggiungimento dei richiesti livelli di integrazione è in questo senso vincolato dagli esiti di un processo di normalizzazione e standardizzazione rivolto alla realtà, ai modi con cui è letta, alla definizione dello spazio dimensionale in cui può essere rappresentata. La standardizzazione dei criteri di rappresentazione della realtà costituisce quindi il primo presupposto per la razionalizzazione del processo di realizzazione del sistema. Un secondo presupposto è costituito dalla necessità di adottare un processo di tipo “non lineare”, basato su stadi di “redazione”, “consolidamento” e “revisione”, entro un percorso iterativo. Il processo deve permettere di riflettere sui risultati raggiunti e facilitare l’assunzione di azioni correttive. La suddivisione tra uno stadio AG e uno AD, costituisce una prima manifestazione di questo approccio. AG deve essere sufficientemente consolidato prima di produrre AD; a conclusione di AD deve essere possibile apportare eventuali modifiche ad AG. La “modularità” e la “non linearità” sono due caratteristiche essenziali per gestire il processo di sviluppo e garantire il raggiungimento degli obiettivi che ne sono alla base. La modularizzazione assume in tal modo un significato necessario, mai arbitrario, rispondente a precise esigenze di semplificazione e razionalizzazione. I moduli divengono così la risultante strutturale del processo di normalizzazione. La modularizzazione permette di comporre due esigenze che appaiono discordanti: ■ i) sviluppare a breve e a medio termine “moduli” “sufficientemente” semplici e controllabili, ■ ii) concepire i moduli all’interno di uno sviluppo strategico, necessariamente complesso che richiede tempi medio-lunghi. * SERVIZIO SVILUPPO INFORMATICO & SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE - AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE AMBIENTALE DEL MOLISE



SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

IL MANAGEMENT APAT, ARPA, APPA AL SERVIZIO DELL’AMBIENTE Sei anni di attività di ONOG: il Progetto Benchmarking

L’

Osservatorio Nazionale sull’Organizzazione e sulla Gestione delle Arpa-Appa, in ottemperanza a quanto previsto nel Piano di attività 2004-2005, ha sviluppato nel corso di questi due anni diverse linee di attività e ricerca quali il Progetto Benchmarking, il Progetto sul Finanziamento del Sistema agenziale, il Progetto sito ONOG, il Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza”. Il Progetto Benchmarking è arrivato alla sua 3^ edizione che quest’anno ha potuto contare su una nuova modalità di rilevazione: le schede realizzate negli anni passati sono state rieditate, aggiornate e compilate on line sul sito www.onog.it. Questa, dal punto organizzativo, la più importante innova-

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PIETRO MARIA TESTAÌ APAT

zione di progetto, ma anche per quanto riguarda i contenuti e gli spunti di innovazione metodologica, importanti sono stati i confronti tra i responsabili delle tre linee di attività che hanno permesso di arrivare ad un maggior coordinamento tra le diverse aree di indagine del progetto. Il Progetto sul Finanziamento del Sistema agenziale ha rappresentato la “sfida” del 2005. L’aspetto indagato, di grande attualità per tutte le pubbliche amministrazioni, è stato affrontato in modo del tutto innovativo, volendo giungere alla identificazione dei, più volte citati, Livelli Essenziali di Tutela Ambientale (LETA). In effetti nel corso delle attività sviluppate da ONOG nel 2005, ARPA


Piemonte ed ARPA Emilia Romagna hanno dovuto fare un grande sforzo per arrivare all’identificazione di un metodo che fosse scientificamente valido e comunemente accettabile. Preziosi sono stati i contributi dei referenti ONOG ma purtroppo non altrettanto la partecipazione dell’interno Sistema agenziale, la cui assenza, per alcuni passaggi metodologici, ha rischiato di inficiare i risulti finali della rilevazione. Nel corso del 2005 inoltre è stata realizzata, consegnata e presentata la sezione on line del sito che ha permesso la compilazione delle schede di rilevazione dei progetti ONOG in modalità on line con la possibilità, quindi, non solo di immediata ricezione dei dati e delle informazioni rilevanti per l’elaborazione del Gruppo di coordinamento progetti ma anche il beneficio di possedere dati aggiornati in tempo reale garantendo in tal modo un’attendibilità del dato sempre maggiore. Inoltre per alcune linee di attività di ONOG è risultato particolarmente prezioso l’utilizzo dell’”Area riservata” del sito, che ha permesso ai gruppi di lavoro di dialogare on line costantemente, scambiando virtualmente materiale e versioni in itinere dei progetti in essere. II Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro”, istituito il 22.12.04 ed inglobato all’interno dell’ONOG con atto del Presidente, è andato a costituire la 4^ linea di attività del Progetto Benchmarking. Sono stati attivati, nell’ambito degli obiettivi prioritari, tre tavoli (Rischio attività territoriali, Rischio chimico, Formazione/Informazione interagenziale) che hanno definito il programma operativo 2005, ed in alcuni casi sono arrivati fino alla elaborazione, attraverso intensa attività seminariale e scambio di documenti, informazioni ed elaborazioni effettuate all’interno della sezione dell’Area Riservata del sito, di Manuali e Linee guida in fase di pubblicazione (www.onog.it). Siamo allo scadere di questo secondo triennio di attività di ONOG e, in procinto di siglare un nuovo accordo, appare fondamentale interrogarsi sul come massimizzare l’utilità del lavoro già svolto e come ampliare il raggio di azione di ONOG. La risposta, sempre interessante da parte delle Agenzie ambientali, a cui però non è sempre andata a corrispondere un impegno fattivo e concreto rispetto le attività svolte, dovrebbe far riflettere sull’utilità del confronto per la crescita e lo sviluppo delle strutture agenziali e soprattutto sull’opportunità di aprire il Sistema al confronto verso l’esterno, con altre organizzazione anche al di fuori dei confini nazionali.

Inoltre, possono ormai essere considerati maturi i tempi per poter parlare di organizzazione ed analisi dei processi per le ARPA/APPA: la struttura organizzativa, ormai consolidata, anche se in eterno divenire, così come vuole la dinamica organizzativa di qualunque ente, non può più non essere letta ed indagata trasversalmente al fine di individuare eventuali spazi per recuperi di efficienza nell’organizzazione dell’azione di tutela e protezione dell’ambiente e del territorio. Benchmark extraistituzionale ed internazionale ed analisi dei processi dovrebbero e potrebbero essere la nuova frontiera di indagine per ONOG.

IL CENTRO INTERAGENZIALE IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO ■ DI LUIGI ARCHETTI

Meno di un anno fa, a Brindisi per la IX Conferenza delle Agenzie ambientali, si comunicava l’avvenuta istituzione nel dicembre 2004 del Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” come IV Linea del Progetto Benchmarking dell’ONOG, esponendo, oltre ai criteri e agli obiettivi generali sottintesi, il programma delle attività che il Centro si prefiggeva per il 2005. Nonostante il tempo limitato, tutti gli obiettivi sono stati raggiunti e questo è stato possibile grazie all’impegno delle Agenzie leader dei singoli progetti e delle Agenzie partecipanti. Infatti: ■ TAVOLO “formazione/informazione interagenziale” (ARPA Piemonte - Agenzia leader, ARTA Abruzzo, ARPA Friuli-Venezia Giulia, ARPA Toscana, ARPA Veneto, APAT): l’attività formativa si è indirizzata, in via prioritaria, verso quella obbligatoria ai sensi del D.Lgs. 626/94 e si è concretizzata in due corsi di 32 ore ciascuno per i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, svoltisi a PraCatinat (Piemonte) in ottobre e a Silvi Marina (Abruzzo) a novembre, per 54 RLS delle Agenzie dell’Abruzzo, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Puglia, Toscana, Trento, Veneto, Val d’Aosta e APAT; un nuovo corso verrà programmato non appena perverranno almeno 15 nuove richieste. Per le stesse figure è in fase di definizione organizzativa per maggio prossimo un incontro-aggiornamento per tutti i RLS del Sistema agenziale ed una stanza riservata/forum sul sito ONOG .

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SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA ■

TAVOLO “rischi nelle attività territoriali” (ARPA Toscana - Agenzia leader, ARPA Calabria, ARPA Lazio, ARPA Puglia, APAT): il progetto, dopo una intensa attività di benchmarking, ha avuto un primo momento di confronto pubblico nel workshop tenutosi a Firenze il 7 luglio 2005 presso la sede dell’ARPA Toscana; quindi, sono state redatte le linee guida per la valutazione dei rischi, che verranno presentate il 21 marzo a Roma presso APAT in un workshop conclusivo della prima fase progettuale. ■ TAVOLO “rischio chimico, cancerogeno, mutageno” (ARPA Sicilia - Agenzia leader, ARPA Basilicata, ARPA Emilia-Romagna, ARPA Liguria, ARPA Marche, APAT): il progetto ha visto una fattiva partecipazione delle Agenzie coinvolte con un coordinamento dell’ARPA Sicilia particolarmente impegnato e interessato; dopo il workshop di Genova del 26 ottobre presso l’ARPA Liguria, prima dell’emissione delle linee guida si è voluto avere un confronto con un’Agenzia ambientale europea, organizzando un meeting a Edimburgo con la SEPA, Scottish Environment Protection Agency, per il 5-7 dicembre scorso che, oltre agli stimolanti risultati, ha aperto un potenziale scenario di benchmarking internazionale in linea con obiettivi prima enunciati dal Dr. Testaì; le linee guida saranno presentate il 28 aprile in un workshop a Palermo. I tre tavoli proseguiranno le attività nel 2006 per il conseguimento degli ulteriori obiettivi programmati; contemporaneamente, il Centro interagenziale, grazie al rifinanziamento dell’APAT, in particolare del Direttore del Dipartimento Servizi Generali e Gestione del Personale, Dr. Giovanni Addamo, e del Direttore Generale dell’APAT e Presidente dell’ONOG, Ing. Giorgio Cesari, ha potuto proporre per il 2006 tre ulteriori scenari progettuali su tematiche di rilevante interesse: ■ linee guida per i comportamenti degli operatori del Sistema agenziale nelle emergenze ambientali con ARTA Abruzzo Agenzia leader; ■ linee guida per un sistema di gestione della sicurezza interagenziale con ARPA Liguria Agenzia leader; ■ linee guida per il Sistema Agenziale sul rischio di genere con ARPA Veneto Agenzia leader. Tutta l’attività del Centro Interagenziale, le comunicazioni, gli eventi, i progetti, i documenti emessi, sono visibili sul sito ONOG.

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ATTIVITÀ DEL SISTEMA AGENZIALE, NECESSITÀ GESTIONALI E FABBISOGNI FINANZIARI: L’IMPORTANZA DI STRUMENTI, LINGUAGGI E STRATEGIE CONDIVISE ■

DI RICCARDO GUOLO

DIRIGENTE STAFF PIANIFICAZIONE ATTIVITÀ GRUPPO DI COORDINAMENTO ONOG Agenzia Regionale Prevenzione e protezione Ambientale del Veneto

La presentazione affronta in termini sintetici i risultati dei lavori della fase 3 del Progetto Benchmarking di ONOG (Osservatorio Nazionale sull’Organizzazione e sulla Gestione delle ARPA-APPA) per quanto concerne la tematica Attività e Funzioni, così come delineato dal Piano Operativo 2004-2005 della stessa organizzazione. Passando attraverso quanto presentato e proposto quale obiettivo durante la 9° Conferenza Nazionale di Brindisi (5 marzo 2005), si rappresentano alcune elaborazioni dei dati. Innanzi tutto si aggiorna il così definito “zoccolo duro”, ovvero un elenco di attività che sono svolte da almeno il 70% delle agenzie e che può, quindi, essere assunto quale elenco rappresentativo delle Attività del Sistema Agenziale. Ulteriori elaborazioni dei dati di classificazione delle attività forniti dalle agenzie permettono alcune evidenziazioni: il “club del 100%” contiene le attività che, quando sono svolte, sono istituzionali, mentre le “diffuse ma non troppo” sono attività proprie del sistema agenziale che, però, non sono ancora così diffuse da inserirsi nello zoccolo duro. La presentazione passa poi per un’analisi delle “aree di intervento” per cercare una distribuzione percentuale che le rappresenti e per un focus della realtà operativa di una determinata attività nel panorama agenziale, trattando in dettaglio i controlli integrati. Riprendendo in estrema sintesi il metodo che ha permesso di rapportare i numeri di attività delle diverse agenzie fra loro attraverso indici di pressione territoriale e sociale, si rappresenta la figura teorica dell’AGENZIA MEDIA. Si tratta dei numeri di attività, delle risorse economiche ed umane che corrispondono ad un’ipotetica agenzia che rappresenti mediamente le problematiche ambientali del territorio italiano. Un’ulteriore analisi è stata poi effettuata per rappresentare percentualmente gli utenti delle attività del sistema agenziale. Le conclusioni hanno analizzato il Progetto Benchmarking come un percorso di condivisione, come valore dell’esperienza, con l’autorevolezza del riferimento e attraverso le



SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

problematiche di un lavoro “a ritaglio”. Le ultime diapositive hanno rappresentato l’esperienza di 6 anni di benchmarking per proporre azioni per un futuro prossimo.

L’EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE ORGANIZZATIVE E GLI STRUMENTI A SUPPORTO DELLA CRESCITA: ALCUNE ESPERIENZE IN ATTO ■

DI LUCA MARCHESI Dirigente della U.O. Pianificazione e controllo di gestione ARPA Lombardia

Dalla promulgazione della legge 61/94, il Sistema delle Agenzie ambientali è andato crescendo e consolidandosi in un lasso di tempo considerevolmente ampio, giungendo ad un completamento - almeno in termini di formale istituzione di tutte le Agenzie regionali e delle Province Autonome - solo nel 2001. In quest’arco di tempo, l’evoluzione del-

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le strutture organizzative ha proceduto per fasi alterne e secondo percorsi non lineari; gli stadi di maturità differenziati delle diverse realtà regionali hanno inoltre consentito alle Agenzie di più recente istituzione di avvalersi di esperienze consolidate e già ampiamente sperimentate, descrivendo percorsi di crescita differenti. Dopo uno start up fortemente marcato dai trasferimenti dal Sistema Sanitario Nazionale al Sistema Agenziale, con fasi embrionali in cui ci si è sovente limitati ad una semplice giustapposizione di strutture organizzative preesistenti, l’evoluzione organizzativa è stata guidata, nella seconda metà degli anni Novanta, a fasi di maturità pilotati da driver normativi e culturali che hanno: ■ ampliato la mission, con apertura alla dimensione “tecnica” e dell’ingegneria ambientale (servizi idrografici, servizi geologici, monitoraggio frane, idrogeologia, reti sismiche,…);


mutato la vision, facendo intravedere nelle Agenzie organismi non più solo dediti al controllo e al monitoraggio, ma enti di ricerca, promozione, prevenzione, educazione e formazione, coerentemente con una visione dell’ambiente come risorsa e non come vincolo, come opportunità e non come ostacolo allo sviluppo. Questo pone alle Agenzie problemi nuovi, legati all’adeguatezza dei modelli culturali, dei modelli organizzativi, dei modelli gestionali, delle risorse (con la questione dei LETA e del finanziamento) e delle figure professionali. Una rassegna delle esperienze degli ultimi anni, ben monitorate dalla pluriennale attività dell’Osservatorio nazionale sull’organizzazione e la gestione delle ARPA / APPA (ONOG), mostrerà le evoluzioni degli organigrammi e dei modelli, segnando le tendenze evolutive del Sistema: l’acquisizione di nuove professionalità, lo studio di forme

organizzative nuove, le differenti modalità di risolvere il problema del rapporto centro-periferia e dell’organizzazione matriciale. Altre esperienze più recenti, in corso, o addirittura in fase di progettazione, forniranno inoltre un utile aggiornamento sulle idee e sulle soluzioni più recenti, aprendo altresì l’opportunità per un utile dibattito in una fase di profondo rinnovamento, che vede tra l’altro il rinnovo di molti dei vertici Agenziali, e cui si chiede il raggiungimento di assetti all’altezza dell’ormai raggiunta maturità del Sistema e delle molte aspettative nei suoi confronti. Sono stati infine forniti elementi di considerazione sugli aspetti dinamici dell’organizzazione, ovvero sul grado di sviluppo/consolidamento degli strumenti gestionali di supporto alla crescita del Sistema, come emergono dalla Terza Ricerca di Benchmarking sui Sistemi PeC, attualmente in corso.

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IL PROGETTO “I LIVELLI ESSENZIALI DI TUTELA AMBIENTALE (LETA)” DI ADRIANO LIBERO* E ALESSANDRA BOSSO**

N

ell’ambito delle attività avviate da ONOG sul tema del Finanziamento del sistema agenziale - fase 2, ad Arpa Emilia-Romagna è stato affidato il coordinamento del progetto “Livelli essenziali di tutela ambientale (LETA)”. L’approccio concettuale a tale complessa tematica è stato oggetto di presentazione in sede di IX Conferenza delle Agenzie. Il percorso delineato prevedeva come punti cardine, da un lato la definizione, attraverso un ampio set di indicatori ambientali e socio-economici, di un indice territoriale sintetico rappresentativo del quadro dei determinanti che influiscono in via diretta o indiretta sulla domanda di prevenzione e controllo incidente sulle Agenzie, dall’altro l’analisi e l’individuazione di tipologie ed entità di prestazioni che le stesse debbono assicurare con riferimento ai dettami normativi ed alle istanze territoriali locali. Considerando un ampio set di fattori territoriali e socio-economici, proposti anche nel Progetto Benchmarking fase 3 “Attività e funzioni”, è stato elaborato un modello finalizzato principalmente alla definizione, a partire da una selezione di 54 indicatori distribuiti su 8 macro-settori, di un indice territoriale sintetico cui si correli l’insieme delle attività richieste al sistema agenziale per singolo territorio (Tab.1). Modello e risultanze sono stati presentati in sede ONOG e successivamente proposti, per validazione, ad esame e verifica di un ampio campione di Agenzie (12). Contestualmente è stato sviluppato un processo di analisi e di costruzione del quadro classificatorio dei servizi e delle prestazioni erogati dalle Agenzie come declinazione operativa dei Livelli essenziali di tutela ambientale secondo più ambiti: Leta prettamente ambientali (Leta ecos); Leta per il controllo di fonti puntuali di pressione sulle matrici ambientali (Leta con funzioni di salvaguardia dei LEA); Leta per supporto diretto alle funzioni di prevenzione della salute (supporto ai LEA). Tale articolazione del-

l’attività agenziale è stata corredata per singolo ambito operativo dal quadro di riferimento normativo regolamentare e sottoposta quindi all’esame di 12 Agenzie per verifica/implementazione e rilevazione delle percentuali di distribuzione delle attività svolte in funzione della domanda “normativa-istituzionale-obbligatoria”, evidenziando anche l’attività su “esposto” e per emergenza, nonché quella di “studio/conoscenza” generata a livello amministrativo-territoriale locale sempre su tematiche istituzionali (Fig.1). All’articolata indagine si è registrata una risposta da parte di 6 Agenzie. Si è quindi potuto procedere ad una prima classificazione e ripartizione dell’attività svolta per i vari livelli di LETA (Leta ecos; Leta > Lea; Supp. a LEA), che pone in evidenza come, a Tab. 1

AGENZIE

INDICE TERRITORIALE SINTETICO

ABRUZZO BASILICATA CALABRIA CAMPANIA EMILIA-ROMAGNA FRIULI-VENEZIA-GIULIA LAZIO LIGURIA LOMBARDIA MARCHE MOLISE PIEMONTE PUGLIA SARDEGNA SICILIA TOSCANA UMBRIA VALLE D'AOSTA VENETO PROV. BOLZANO PROV. TRENTO

48,2 21,4 53,2 99,3 147,8 43,5 127,3 43,8 247,9 49,1 15,4 145,7 96,1 64,7 132,2 121,1 29,8 8,0 135,5 22,9 20,2

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SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

FIG. 1

fronte di un quadro normativo sostanzialmente condiviso, si registrano condizioni di risposta operativa ad attività istituzionali anche con significativi ricorsi ad interventi di finanziamento ad hoc con convenzioni da parte delle amministrazioni locali. Mediamente si opera con tali riferimenti economici per circa il 15% dell’attività erogata, il valore raggiunge anche il 18% nell’ambito del controllo di fonti puntuali di pressione sulle matrici ambientali (Leta con

FIG. 2

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funzioni di salvaguardia dei LEA). Tale esito pare evidenziare, in prima approssimazione, un maggior scostamento tra livello “minimo” di attività assicurata dal sistema agenziale e livello “essenziale” di fatto richiesto dal territorio ed erogato a fronte di finanziamenti locali ad hoc, proprio nell’attività di controllo. Forte incidenza in tale ambito è generata anche da esposti/emergenze (18%). Come previsto dal progetto sono state


FIG. 3

quindi indagate, sulla base dei dati resi disponibili dal sito web predisposto da ONOG per la compilazione on line dei prospetti di attività a cura delle singole Agenzie (di cui si deve registrare un faticoso avvio operativo e la non completa e spesso disomogenea implementazione delle informazioni richieste), le relazioni tra impegno sostenuto per l’erogazione delle attività LETA e l’indice territoriale sintetico corrispondente di ciascuna Agenzia. Al fine di elaborare i dimensionamenti “teorici” delle attività LETA per tutte le 21 Agenzie, cui sono stati associati singoli dati medi di costo desunti dalle elaborazioni condotte da Arpa Piemonte nell’ambito dell’indagine parallela sul Controllo di gestione, si è operato anche con la ricostruzione statistica dei “dati mancanti” per 20 ambiti operativi sull’insieme delle 21 Agenzie, mediante l’utilizzo caso per caso della correlazione più significativa tra i 54 singoli determinanti che concorrono alla strutturazione dell’indicatore territoriale sintetico. Le risultanze dell’elaborazione mettono in evidenza una significativa correlazione (r2=0,91) della stima dei dati di costo così ottenuti con l’indice territoriale sintetico (Fig.2). Ciò depone per una buona validità del modello degli indici territoriali nella descrizione della domanda di attività LETA. Ma ancor più interessante risulta la descrizione dell’ammontare complessivo dei costi teorici così stimati con riferimento all’attuale strutturazione degli organici delle Agenzie e quindi delle relative risposte alla domanda LETA, che somma un valore totale di 480 milioni di Euro, dato sostanzialmente corrispondente ai trasferimenti strut-

turali in conto esercizio in essere verso il sistema delle Agenzie. Tale somma, alla luce delle elaborazioni condotte, appare nel complesso del sistema agenziale destinata a coprire i costi necessari ad assicurare un’attività pari ad un “Livello minimo di tutela ambientale”. Simile interpretazione sembra avvalorata sia dal già richiamato incremento del 15% dell’attività istituzionale ad opera di finanziamenti locali, sia dal fatto che la “costruzione” delle rette di correlazione con cui sono stati ottenuti i dati mancanti nei singoli ambiti operativi risentono in via generale di un quadro informativo sull’attività delle Agenzie molto carente e fortemente caratterizzato da dati “in difetto” e che fotografano quindi una situazione ancora in via di assestamento per molte Agenzie di non lunga storia. La rielaborazione del modello con una base dati che meglio rappresenti l’attività erogata/dovuta dall’intero sistema agenziale molto verosimilmente determinerebbe un innalzamento complessivo della retta nell’intervallo di definizione dell’indice territoriale, a descrivere un costo globale per i LETA superiore. Riguardo alla relazione tra impegno operativo sostenuto per i LETA e indice territoriale, come previsto dal progetto, sono state compiute elaborazioni sui dati di attività, “ricostruiti” come sopra descritto a motivo della scarsa disponibilità e forte disomogeneità già citata, attribuendo alle diverse tipologie tempi standard di impegno, desunti da “Catalogo delle prestazioni di Arpa-ER - dicembre 2005” e posti alla verifica di 10 Agenzie, ciò al fine di normalizzare i diversi ambiti di intervento attraverso il fattore tempo e poter quindi sommare e comparare l’impegno

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SISTEMA INFORMATIVO AMBIENTALE E IL RUOLO DELLE ARPA

FIG. 4

verosimilmente sostenuto per le diverse funzioni LETA. Analogamente al dimensionamento dei Costi per i LETA, anche per l’esame dei livelli di impegno sostenuti/assegnati, si è indagata l’esistenza di una funzione di correlazione che descrivesse il fenomeno a fronte del variare dell’indice territoriale (Fig.3). La funzione che pare descriva con buon indice di correlazione (r2=0,92) il fenomeno in osservazione mette in evidenza una variazione di comportamento tra Agenzie che si rapportano con indici territoriali bassi (<50) e Agenzie che si confrontano con indici superiori. Ciò parrebbe deporre per un’interpretazione che consideri fattori correttivi per dimensionamenti piccoli dell’indice territoriale, in ragione di necessarie condizioni strutturali operative di “soglia” al di là del gradiente di domanda simulato con l’indice territoriale. Su valori bassi (così come per valori molto alti) l’indice sconta quindi l’incapacità di considerare fattori di scala e/o altri fenomeni associati. Fermo restando la necessità di perfezionare/validare le risultanze di tale impostazione metodologica che accompagna, secondo quanto previsto dal progetto, la definizione e caratterizzazione tipologica dell’attività LETA cui il sistema agenziale si appresta ad assicurare sempre più efficace risposta, interessante può risul-

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tare l’ipotesi di “leggere” e “interpretare” le risultanze secondo un schema integrato di lettura risorse - impegno per attività LETA. A tal fine si giunge a proporre (Fig.4) come supporto d’analisi del complesso sistema di risultanze e del quadro articolato delle possibili azioni da avviare, un criterio di “lettura” dei posizionamenti combinati delle Agenzie secondo il prospetto allegato (popolato nell’esemplificazione presentata con i dati disponibili di 9 Agenzie). Si ritiene infine che l’evoluzione del progetto possa orientarsi verso un approccio di determinazione dei LETA quantomeno per macro-ambiti operativi, così come effettuato per la ricostruzione dei “dati mancanti” sopra indicata, puntando all’individuazione di specifiche variabili che per ambiti operativi risultino correlabili alle attività ed ai costi connessi. Si ritiene inoltre che la definizione di procedure di classificazione e rendicontazione condivise tra le Agenzie per la definizione dei volumi di attività svolta rappresenti una premessa indispensabile all’analisi comparata degli impegni e dei costi. * Responsabile Area Pianificazione e controllo direzionale - Direzione Generale - Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente dell’Emilia-Romagna. ** Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte Controllo di gestione - Dipartimento di Biella.



MESSAGGIO PROMOZIONALE

NEL RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLA NATURA

Procurare benessere e relax a una persona che lavora tutto l’anno è diventata una necessità, però è difficile comprendere quali siano le condizioni essenziali che apportano “benessere”, soprattutto considerando il breve periodo di tempo che ognuno ha a disposizione per le vacanze. All’Elba esiste il “Centro Benessere”, all’interno del Centro Termale San Giovanni, dove, oltre a curare con bagni e fanghi l’artrosi e la psoriasi, vengono trattati tutti quei soggetti che presentano stress, astenia ed evidenti segni fisici di logoramento causati da uno stile di vita frenetico. Per questi casi è predisposto un grande reparto dove è possibile sottoporsi a trattamenti quali idromassaggi salso-iodici addizionati di estratti alle alghe marine e impacchi di alghe marine. Queste cure, come descritto a parte (“SETTIMANA SALUTE”), vengono completate con vari tipi di massaggi. Per offrire un ambiente che consenta di raggiungere la serenità e dia quindi ottimi risultati riguardo al benessere del soggetto, indispensabile per permettere ad una macchina perfetta com’è il corpo umano un sereno periodo di revisione e riabilitazione, è indispensabile che il “Centro Benessere” si avvalga di diversi importanti fattori. Sono pertanto da ritenersi indispensabili i seguenti requisiti: ■ clima (e diciamo subito che l’Elba ha il miglior clima del Mediterraneo); ■ aria non inquinata (all’Elba non ci sono fabbriche); ■ ambiente valorizzato (l’ambiente elbano con le sue spiagge, pinete, la macchia mediterranea, le sorgenti di acqua diuretica - Poggio di Marciana, terreno ricco di ferro - zona di Rio Marina e Porto Azzurro - e quindi con ortaggi e uva utili come un medicinale, può essere considerato ideale per qualsiasi soggiorno); ■ cure termali (fanghi e bagni per artrosi, inalazioni e nebulizzazioni per bronchiti e sinusiti) unite a trattamenti particolari come: ■ centro riabilitativo per esiti d’infortuni (riabilitazione con alghe marine); ■ centro riabilitativo per malattie polmonari (gin-

nastica in un bosco di eucaliptus, ginnastica passiva, inalazioni salso-iodiche). L’Elba, anche per la sua posizione geografica (metà dell’isola è sempre al riparo dai venti), ha tutti i requisiti per essere considerata “l’oasi del benessere mediterraneo”. Effettivamente, anche se non si è interessati alla località marina, quale zona può essere meglio qualificata dell’isola per seguire un programma all’insegna del benessere e del relax, tanto utile a chi lavora? Siamo molto polemici verso coloro che non fanno una distinzione tra svago e benessere: sono due tipologie di vacanza che rispondono ad esigenze diverse e quindi da scegliere in periodi diversi. È infatti una contraddizione proporre lunghi periodi di benessere in ambienti caldo-umidi come, per esempio, le isole dell’Oceano Indiano. Infatti il clima caldo-umido, come avrà constatato chi è stato in queste zone, può essere dannoso per l’organismo; inoltre anche l’alimentazione proposta in questi luoghi non è idonea per coloro che vogliano unire la villeggiatura ad un periodo di sano benessere. È ampiamente dimostrato, da studi clinici e scientifici, che il clima del Mediterraneo è di gran lunga migliore del clima dell’Oceano Indiano dove esistono incantevoli atolli, unici per il loro mare. Il solo, seppur splendido, mare non è sufficiente a ripagare dei danni al metabolismo ad al ricambio che si possono subire durante il soggiorno in questi luoghi. Quando parliamo di benessere, non possiamo dimenticare un vecchio detto che recita: “siamo quello che mangiamo”. La cucina elbana è cucina mediterranea come descritta per primo dal Prof. Fidanza, con i suoi piatti tipici, semplici, saporiti e di facile digestione. Il “Centro Benessere” delle Terme San Giovanni ritiene importante valorizzare la cucina locale, quando è possibile, aiutando a rendere ancora più salubre il soggiorno di chi preferisce l’Elba a mete di grande nome, ma difficoltose da raggiungere e non indicate a garantire clima e ambiente

rilassanti e benefici per l’organismo. D’accordo con i migliori alberghi elbani, i medici termali hanno stilato dei menù a base di piatti tipici che resero famosa la trattoria di “Elbano il Seghetti” negli anni tra il 1932 e il 1936 (vedi relazione sui piatti tipici elbani). In base a quanto sopra esposto, viene spontanea una domanda: perché, specialmente in periodi di bassa stagione, non valorizzare l’Elba come quell’oasi di benessere nel nostro Mediterraneo che abbiamo dimostrato essere? Ritengo che i programmi che parlano di salute, benessere e svago non dovrebbero limitarsi a decantare i pregi di una qualsiasi lontana isola, ma far presente che può essere utile alla nostra salute un periodo di soggiorno anche breve (es. 1 settimana), in un’oasi che il Mediterraneo (il Mare Nostrum degli antichi romani) ci offre in quello che può essere considerato il “cortile di casa”. Consideriamo, inoltre, che l’Elba offre come si è detto, benessere, relax e cure termali, ma anche svaghi per tutte le età, sia sulle spiagge che nei centri abitati - spesso interessanti anche da un punto di vista storico e paesaggistico - e vita notturna per coloro che amano aspettare il sorgere del sole. Per concludere: nell’interesse della valorizzazione delle Terme, ma soprattutto nell’interesse della valorizzazione dell’Elba nonché, diciamolo, nell’interesse di chi si sottopone a cure termali, è indispensabile la collaborazione di tutti, sia degli elbani che vivono all’Elba, sia degli elbani che vivono in Italia, sia degli amici italiani e stranieri dell’Elba, ormai legati a noi da vincoli di affetto e ricordi. Proponiamo a tutti di “passare parola” e di propagandare l’isola d’Elba che ha tutti i requisiti per un grande sviluppo turistico-termale.

Terme San Giovanni S.r.l. - Loc. S. Giovanni 57037 Portoferraio Tel.: 0565.914680 Fax: 0565.918791 www.termelbane.com info@termelbane.com UN’OASI NEL MEDITERRANEO

ALBERGO + CURE TERMALI Per accogliere i visitatori dell’Elba che desiderano praticare cure termali, sono stati stipulati, con alcuni alberghi elbani che hanno accettato la nostra proposta, accordi che prevedono, per soggiorni di almeno 7 giorni (6 notti), tariffe molto vantaggiose.



ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI

ALIMENTAZIONE E QUALITÀ AMBIENTALE UNA CONDIZIONE INDISPENSABILE PER UNA MIGLIORE QUALITÀ DELLA VITA

B

iodiversità rurale, organismi geneticamente modificati presenti nelle produzioni agroalimentari: questi gli argomenti caldi e certamente di fortissima attualità che la Decima Conferenza delle Agenzie ambientali ha riservato come appuntamento finale. Campobasso è stata la città che ha accolto i lavori della sessione che, per il suo porsi a diretto contatto con la tutela della salute e senza deludere le aspettative, si è dimostrata di importante valore scientifico. A relazionare, nella sala Auditorium del Centrum Palace, oltre ai rappresentanti del Sistema agenziale, anche personaggi provenienti dal mondo accademico come Giorgio Sberveglieri dell’Università degli Studi di Brescia e

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Luisa Manna docente all’università degli studi del Molise. La discussione ha offerto un’ampia disanima, sotto vari profili, di tutto il panorama del settore partendo dalle attività di studio, di analisi e ricerca, alle ricerche sulla caratterizzazione ed analisi degli alimenti di origine vegetale. Quello della sicurezza dell’alimentazione e di un commercio globalizzato è sicuramente uno dei maggiori problemi che la nostra società si trova attualmente ad affrontare. L’opinione pubblica, infatti, non percepisce più un alimento solo come una sostanza nutriente, ma anche come un possibile veicolo di introduzione di molti composti tossici. La sessione ha chiarito tra l’altro, le diffe-


renze tra i vari tipi di contaminazione possibili che possono essere di origine ambientale (bifenilpoliclorurati e diossine), derivare dall’utilizzo in agricoltura di presidi quali fitofarmaci o i fertilizzanti e provenire dall’uso non corretto di coadiuvanti tecnologici come coloranti o conservanti. Le possibilità di contaminazione possono essere non solo indotte, ma anche di origine naturale come nel caso delle micotossine, ovvero sostanze naturali con spiccate proprietà tossiche, in grado di contaminare i prodotti vegetali in campo e durante lo stoccaggio.

NUOVE FRONTIERE SUL CONTROLLO DI MICROINQUINANTI NEGLI ALIMENTI

■ DI ERNESTO CORRADETTI

Responsabile del Servizio Acque e Gruppo Alimenti del Dipartimento di Ascoli Piceno Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche

Si presenta un metodo analitico che, rispetto ad altri più veloci e specifici, ha il vantaggio di rivelare nei campioni alimentari la presenza di alcune sostanze colorate percepibili visivamente alla luce naturale, quali gli azocomposti, e di sostanze fluorescenti alla luce di Wood, quali ammine aromatiche, Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e fotoiniziatori (Isopropil ThioXanthone-ITX) ad un livello di concentrazione pressoché uguale al limite di determinazione strumentale. Tale procedura analitica si è rivelata molto utile nell’analisi di screening basata semplicemente sull’esame visivo della cromatografia su strato sottile e molto conservativa dell’efficienza delle prestazioni analitiche strumentali, grazie al fatto che la soluzione iniettata è costituita soltanto dagli analiti estratti dall’alimento e purificati quasi ad omogeneità. Nella fattispecie, i risultati conseguiti nel controllo routinario dei microinquinanti negli alimenti sono il frutto non tanto dell’applicazione puntuale di tecnologia strumentale avanzata, né di procedure veloci e specifiche, bensì della casualità promossa dall’esperienza e dalla “curiosità” degli operatori. L’indagine eseguita sugli alimenti è stata estesa anche ai rispettivi imballaggi e ad altri microinquinanti, al fine di formulare ipotesi circa il meccanismo di contaminazione. Alla luce di ciò, senza nulla togliere alla casualità della scoperta che è sempre una componente necessaria e utile in qualsiasi campo di indagine, per una migliore efficacia nel controllo degli alimenti è necessario implementare, sulla base delle materie prime impiegate nella produzione di preparati alimen-

tari, sia il controllo mirato all’origine da parte delle ditte produttrici che quello alla distribuzione da parte degli enti istituzionali.

PROFILI

ANALITICI DI CONTROLLO DEGLI ALIMENTI ■ DI MARINA MOLINA Responsabile Settore Prevenzione Collettiva A.R.P.A. Liguria

ALESSIA BELGUARDI Settore Prevenzione Collettiva - A.R.P.A. Liguria

L’ARPAL svolge per conto delle Aziende Sanitarie Locali della Liguria i controlli analitici su diverse tipologie di matrici alimentari. Nell’ottica del Piano di Integrazione USLARPAL-IZS emerge l’esigenza di creare dei profili standard di controllo analitico necessari per il coordinamento e la programmazione dell’attività e la necessità di un’omogeneizzazione sul territorio regionale. In particolare, la possibilità di disporre di profili analitici standard, è utile per: ■ la pianificazione dei controlli ed il loro miglioramento grazie alla scelta dei tipi di parametri effettuabili sulle diverse matrici; ■ il coordinamento delle attività di controllo tra i Laboratori dei Dipartimenti Provinciali secondo una logica di rete che prevede specializzazioni nel controllo degli alimenti. I profili di controllo sono stati elaborati congiuntamente dalle Aziende USL Liguri e dall’ARPAL e, vogliono, grazie ad una codifica semplice, sintetica ed univoca da utilizzare nella compilazione dei verbali e nell’archiviazione dati, agevolare non solo l’attività dei laboratori, ma anche quella ispettiva e di vigilanza delle Aziende Sanitarie Locali. Si sottolinea, inoltre, l’importanza della fase di campionamento, in cui occorre il rispetto delle modalità prescritte (in particolare numero di unità e peso minimo) e la cui irregolarità, all’atto dell’analisi di revisione, rende vano tutto il procedimento stesso. Il rispetto delle modalità codificate è indispensabile per garantire che il campione sia rappresentativo della sostanza alimentare oggetto dell’indagine. Si sono prospettati i profili analitici chimici di tipo COMPLETO (C), che prevede la totalità dei parametri effettuabili per il controllo della matrice alimentare, SICUREZZA (S), che prevede i parametri strettamente connessi alla sicurezza sanitaria dell’alimento escluse le micotossine, i residui di prodotti fitosanitari e gli organismi geneticamente modificati, QUALITA’ (Q) relativo alle caratteristiche merceologiche dell’alimento. Ulteriormente, sono stati previsti i profili

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ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI

analitici MICOTOSSINE (M) e ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI (OGM) il cui controllo è caratterizzato da particolari procedure analitiche; nel documento si riporta anche un prospetto sintetico relativo al profilo analitico RESIDUI DI PRODOTTI FITOSANITARI (RPF). Sarà possibile, nel seguito, pianificare altri profili di controllo e valutare l’eventualità di accentrare il controllo di matrici o di parametri presso i diversi Dipartimenti Provinciali dell’ARPAL.

QUALITÀ

E SICUREZZA AGRO-ALIMENTARE; DALLA CHIMICA ANALITICA ALLA NUOVA FRONTIERA DELLA GENOMICA FUNZIONALE ■ DI CECILIA BERGAMINI - ANNAMARIA COLACCI ARPA Emilia Romagna, Sezione Provinciale di Bologna

Uno dei maggiori problemi che si trova ad affrontare la nostra società è la Sicurezza Alimentare. Attualmente il cittadino non percepisce più un alimento solo come una sostanza nutriente, ma anche come un possibile veicolo di introduzione di molti composti tossici. La contaminazione degli alimenti costituisce quindi un rischio per la salute ed anche un serio problema per gli scambi commerciali a livello internazionale. La contaminazione alimentare può essere di origine ambientale, come nel caso di contaminanti altamente persistenti quali bifenilpoliclorurati (PCB) e diossine, può derivare dall’uso in agricoltura di presidi quali i fitofarmaci o i fertilizzanti, può essere dovuta all’impiego non corretto di coadiuvanti tecnologici come ad esempio coloranti o conservanti, ed in-

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fine esistono sostanze di origine naturale con spiccate proprietà tossiche, che possono contaminare i prodotti vegetali sia in campo che durante lo stoccaggio come le micotossine. In Emilia Romagna il compito di laboratorio pubblico addetto al controllo ufficiale degli alimenti è affidato ad ARPA e all’IZS. ARPA esegue i controlli soprattutto su alimenti di origine vegetale su cui esegue analisi chimiche, batteriologiche nonché di biologia molecolare su campioni prelevati dalle AUSL regionali, dal NAS, dall’USMA e da alti enti istituzionali e privati. All’interno dell’intero sistema laboratoristico di ARPA ER vengono complessivamente indagati poco meno di 30.000 campioni all’anno su cui si eseguono ricerche di contaminanti chimici, di microrganismi indicatori e patogeni e di organismi geneticamente modificati. Il coordinamento metodologico ed operativo della tematica è affidata all’Area Analitica di Eccellenza OGM e Sicurezza Alimentare, presso la Sezione Provinciale di Bologna, avente anche compiti relativi all’innovazione tecnico scientifica, alla diffusione dell’informazione e alla gestione del “Report Regionale degli Alimenti”. A questo impegno istituzionale, ARPA ha affiancato una intensa attività di ricerca per l’individuazione di tecniche e strumenti sempre più sofisticati e sensibili per la determinazione della presenza di contaminanti e per la predizione del rischio per la salute umana. Recentemente, è stato avviato un progetto di ricerca multicentrico, che coinvolge altre strutture della Regione preposte al controllo della qualità e sicurezza alimentare quali il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL di Bologna e il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL di Modena. Il progetto ha lo scopo di utilizzare le tecnologie più innovative di genomica funzionale e proteomica per la creazione di sonde sensibili e specifiche per l’individuazione di classi di contaminanti alimentari. È un progetto triennale, incluso nel programma strategico del MIUR “Qualità e Sicurezza Alimentare” e focalizzato in particolare sulla ricerca di PCB e diossine negli alimenti di origine animale, pesticidi nei prodotti ortofrutticoli di largo consumo e micotossine nelle spezie e cereali. Tutti i contaminanti descritti sono da annoverarsi tra gli interferenti endocrini, le molecole responsabili delle perturbazioni dell’equilibrio ormonale nell’uomo e negli animali. L’obiettivo principale del progetto sarà la messa a punto di nuove, più sensibili e più specifiche tecnologie che affiancheranno e, forse, in futuro, sostituiranno le tecniche tradizionali per l’identificazione dei residui negli alimenti.


Si è illustrato quindi il principio di funzionamento dei EOS con particolare riguardo alla fase di training e della successiva fase di pattern recognition di prodotti alimentari e di molestie olfattive. Si è evidenziato l’impiego dell’EOS nel riconoscimento e nella determinazione degli eventuali difetti di prodotti alimentari tipici italiani come l’olio d’oliva. Infine si sono illustrate le possibili applicazioni dell’EOS per monitorare, anche on- line,s la conformità di prodotti agro-alimentari. Il “naso” EOS, quando si costruisce è un sistema che non ha memoria e va addestrato, quindi se si vuole utilizzare in campo ambientale va prima addestrato con un lavoro su discariche, su impianti di compostaggio e depuratori. Abbiamo già raccolto i primi risultati positivi, dato che sta funzionando molto bene nel caso del lavoro che abbiamo svolto con l’APAT e che ha visto la produzione di un volume di linee guida sulle molestie olfattive Quello che è uscito è un olfattometro elettronico che dà le indicazioni dettagliate sull’odore presente in un certo punto d’origine ed è inoltre in grado di codificare il tipo di sorgente, risalendo, attraverso il diagramma d’odore che ha una forma molto specifica. Questo strumento è già trasportabile, ma tra qualche anno potrà addirittura raggiungere le dimensioni di un pacchetto di sigarette.

RICONOSCIMENTO E VALIDAZIONE DOTTI AGRO-ALIMENTARI TIPICI

DI PROITALIANI MEDIANTE SISTEMI OLFATTIVI BASATI SU SENSORI A FILM SOTTILI SEMICONDUTTORI ■ DI GIORGIO SBERVEGLIERI

ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO E CONTAMINAZIONE CHIMICA ■ DI MICHELE LORENZIN

CNR - INFM Laboratorio Sensor - Università degli Studi di Brescia

GIUSEPPE ZAVAGLIO

La comunicazione è iniziata con una breve presentazione del Laboratorio SENSOR, che ha progettato e sviluppato un EOS (Sistema Olfattivo Elettronico) modulare particolarmente avanzato, in grado di essere adattato, modificando i sensori, l’analisi dei dati e se serve il sistema di campionamento, a particolari applicazioni. Il progetto è nato dalla collaborazione tra il CNR e il Dipartimento di Chimica e Fisica per l’Ingegneria e per i Materiali dell’Università di Brescia. Il “naso elettronico” si chiama così perché imita esattamente il funzionamento del naso umano, quindi ha le stesse funzionalità, con una cavità che ha dei sensori aspecifici, un’elettronica e un centro di elaborazione dati che è il “cervello”, costituito da un processore.

APPA Trento Direttore Generale - ARPA Lombardia

I laboratori delle Agenzie Ambientali effettuano il controllo ufficiale degli alimenti e delle acque potabili in gran parte del territorio italiano. Occorre ribadire la grande professionalità e competenza degli operatori dei Laboratori, dimostrata anche in occasione della contaminazione del latte e di altri alimenti con ITX (Isopropil ThioXantone). Sarebbe auspicabile la creazione di un gruppo di lavoro del Sistema delle Agenzie Ambientali per un coordinamento delle attività. La contaminazione delle acque può essere determinata da diverse famiglie di composti: Metalli, Solventi clorurati, Monomeri dei polimeri utilizzati, Idrocarburi Policiclici Aromatici e Antiparassitari.

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ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI

Per i fitofarmaci la normativa di riferimento prevede: “Il controllo è necessario solo per gli antiparassitari che hanno maggiore probabilità di trovarsi in un determinato approvvigionamento d’acqua” (D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31 per le acque destinate al consumo umano) “Tra le classi di composti elencate si devono ricercare quegli antiparassitari che hanno maggiore probabilità di trovarsi nel territorio influente sulla risorsa interessata. L’elenco di tali composti va richiesto alle locali autorità sanitarie competenti”. (D.M. 29-12-2003 per le acque minerali naturali e delle acque di sorgente) Per definire la probabilità in modo rigoroso occorrono le informazioni di base: ■ i dati di vendita elaborati per sostanze attive, ■ il tipo di utilizzo, ■ la distribuzione ambientale calcolata con un modello teorico, ■ la degradazione della sostanza attiva. È necessario inoltre definire i criteri per valutare e pesare i diversi fattori considerati per definire delle priorità. Il gruppo di lavoro APAT-ARPA-APPA Fitofarmaci ha predisposto l’Indice di Priorità che permette di selezionare le sostanze attive che con maggior probabilità possono contaminare il corpo idrico. Con un approccio integrato è possibile inoltre l’individuazione delle sostanze prioritarie da ricercare nelle acque con la valutazione degli Indici o indicatori, dei monitoraggi, del

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Lo staff del laboratorio SENSOR

D.M. 367/2004 e l’applicabilità del metodo multiresiduo. Maggiori informazioni sul sito del gruppo di lavoro APAT-ARPA-APPA Fitofarmaci: http://www.appa.provincia.tn.it/slc/aaaf.html La qualità delle acque destinate al consumo umano dipende, in gran parte, dalla salvaguardia delle fonti utilizzate. I trattamenti utilizzati per la potabilizzazione delle fonti contenenti le sostanze inquinanti, sono sicuramente efficaci e solamente in rarissimi casi viene riscontrata la presenza di contaminanti nelle acque condottate. L’attività effettuata dai Laboratori delle Agenzie Ambientali e dei Laboratori pubblici in generale, permette di affermare che l’acqua del rubinetto di casa è controllata, più controllata di qualsiasi altra acqua. Partendo da casi concreti e recenti di contaminazione delle acque da sostanze chimiche non tabellate dall’attuale normativa sulle acque destinate al consumo umano, si pongono ipotesi per una idonea valutazione del rischio e del giudizio di potabilità; vengono discussi i ruoli ed i rapporti tra le strutture (ARPA, ASL, ecc.) cointeressate alla valutazione dell’idoneità delle acque captate e distribuite per uso potabile. È stato brevemente illustrato un protocollo d’intesa tra ARPA, Regione e Laboratori delle Aziende Acquedottistiche, mirato ad un miglioramento della qualità dei controlli.




ISTITUZIONE DI UN OSSERVATORIO SULLA SICUREZZA ALIMENTARE

C

on la pubblicazione nell’anno 2000 del libro bianco sulla sicurezza alimentare1 si è voluto dare in Europa una risposta in senso organizzativo-istituzionale ai rischi per la salute dei consumatori derivanti dal fenomeno della globalizzazione, risposta concretizzatasi con l’emanazione del Regolamento (CE) n. 178/20022 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, ed istituisce l’EFSA ovvero l’Autorità europea per la sicurezza alimentare inaugurata con la sede a Parma. L’EFSA3 è l’organo consultivo della Commissione europea ed ha il compito di fornire consulenza scientifica, informazione e sostegno alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo ed agli Stati membri in merito ai rischi legati alla sicurezza alimentare; essa fornisce consulenze scientifiche indipendenti anche su argomenti di carattere ambientale in attinenza diretta o indiretta con la sicurezza alimentare. A livello nazionale è stato istituito nel giugno 2004, quale organismo di raccordo con l’EFSA il Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare4 (CNSA) che ha come suo principale organo tecnico consultivo l’Istituto Superiore di Sanità. Anche il CNSA attraverso la propria consulta scientifica formula pareri in materia di pericolo biologico ed ambientale. In tema di sicurezza alimentare alle Arpa è stato attribuito, tra gli altri, il compito, a significato specificatamente sanitario, di laboratorio di riferimento regionale per l’analisi degli alimenti di origine vegetale. Il fatto che L’EFSA, il CNSA e le ARPA, ma anche altri Organi, operino in termini di integrazione delle tematiche ambientali con quelle alimentari comporta di fatto una elevazione dei due concetti di sicurezza alimentare e di sicurezza ambientale ad uno superiore di sicurezza integrata, raggiungibile, quindi attraverso una attività di analisi e di studio di fattori ambientali, tecnologici e merceologici con l’unico obiettivo di far crescere la fiducia dei consumatori, così contribuendo alla realizzazione delle necessarie azioni legislative, di ricerca e di informazione in modo da portare sulla loro tavola alimenti sicuri. Per quanto attiene alla attività delle ARPA in

ARTURO LUCCI* tema di controllo degli alimenti, queste hanno una espressione variegata da regione a regione in funzione sia del numero e del tipo di Istituzioni che si occupano a vario titolo di alimentazione sia dei livelli di interscambio e di coordinamento esistente tra esse. Nell’ambito della Regione Molise l’Istituzione che si occupa di sicurezza ambientale e, per specifici aspetti, di sicurezza alimentare è l’ARPA Molise5; in particolare essa rappresenta l’unico organo tecnico in tema ambientale e uno dei tanti organi che, a vario titolo, si occupa di alimenti. Da questa doppia funzione istituzionale dell’ARPA Molise ed in sintonia con i compiti delle più importanti e recenti Istituzioni superiori, nasce l’idea di proporre un progetto di istituzione di un Osservatorio Regionale sulla Sicurezza Alimentare (O.R.S.A.). Tale progetto è stato presentato, in partenariato con le Camere di Commercio delle Province di Campobasso e Isernia ed approvato nel corso dell’anno 2005 nell’ambito del Programma pluriennale degli interventi volti a favorire la ripresa produttiva del Molise (delibera CIPE n. 32/04 e ordinanza PCM n. 3268/03). Le finalità dell’Osservatorio sono quelle di realizzare una attività di ricerca, studio e controllo analitico integrata sul binomio ambiente-alimenti così da poter raggiungere i seguenti obiettivi: ■ raccogliere ed elaborare i dati di analisi regionali su matrici alimentari ed ambientali di interesse agro-alimentare per finalità informativa e preventiva. ■ fungere da supporto allo sviluppo delle aziende alimentari attraverso una azione di studio, formazione ed informazione delle e sulle componenti merceologiche, ambientali e sanitarie che definiscono la qualità di un alimento, dimodochè le aziende potranno beneficiare di tali apporti in termini di valori aggiunti sia ai prodotti di trasformazione che alle materie prime così da poter realizzare una

1 Commissione Europea: Libro bianco sulla sicurezza alimentare, 12 gennaio 2000. 2 Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. 3 European Food Safety Agency (EFSA): sito internet: http://www efsa.eu.int 4 Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA): sito internet http://www sicuralimentare.it 5 Arpa Molise: sito internet http://www .arpamolise.it

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ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI

etichetta che punti sull’evidenziazione della salubrità, genuinità e tipicità del prodotto alimentare. Assicurare un riferimento laboratoristico e normativo-consultivo che garantisca la idoneità dei prodotti alle diverse Normative di settore. Il modello operativo si sviluppa su tre livelli di attività: Primo Livello - Il primo livello dovrà soddisfare il profilo merceologico che le leggi di settore prevedono per le diverse tipologie di alimenti. Saranno eseguite analisi chimiche, fisiche e microbiologiche quali verifiche dei limiti di legge ai fini della commercializzazione nazionale ed estera. Le operazioni di analisi terranno conto della complessa normativa orizzontale (norme generali) e di quella verticale (norme specifiche) che regolamentano la produzione, il trasporto e la vendita dei prodotti alimentari di origine vegetale, normativa che spesso pone dei limiti quantitativi rispetto a sostanze che potrebbero compromettere la salubrità degli alimenti. In particolare, quindi, saranno eseguite analisi che verificheranno i livelli di pesticidi, micotossine, additivi e conservanti consentiti, organismi geneticamente modificati, e certificheranno dell’assenza, ove necessario, di organismi patogeni, il tutto in funzione della destinazione di mercato e delle Normative comprese quelle sul commercio internazionale. In tema di sicurezza alimentare l’obbligo del rispetto dei limiti di legge di parametri a valenza tossicologica acuta e/o cronica di fatto consente di raggiungere il doppio obiettivo di una corretta produzione degli alimenti e di una giusta tutela della salute pubblica. Secondo Livello - Il secondo livello operativo consiste in una caratterizzazione delle materie prime alimentari in relazione alla sicurezza ambientale dei luoghi di produzione. Pertanto detta caratterizzazione si espliciterà attraverso valutazioni analitiche di carattere ambientale, connesse con la qualità del suolo, delle acque e dell’aria propria dei siti di produzione. Alle aziende interessate sarà fornita una certificazione sulla qualità dei prodotti e sulla qualità delle componenti ambientali in relazione alla particolare attività di produzione e/o di trasformazione delle materie prime. Tale certificazione sarà utilizzabile anche per fini accreditanti. In particolare si certificherà sulla salubrità delle acque tecnologiche (ad esempio acque di irrigazione), sulla idoneità di destinazione colturale dei terreni e sulla loro salubrità rispetto a normative specifiche. Allo stesso modo saranno eseguite analisi specifiche sugli alimenti, di diverso grado di approfondimento, in funzione della loro collo-

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cazione di mercato e dei piani o programmi ufficiali regionali di controllo degli alimenti. Di ciò potranno beneficiare quelle produzioni di eccellenza che si fregiano dei marchi di qualità quali quelle vinicole ed olearie e quelle Aziende che, in sintonia con l’orientamento nazionale, puntano su una produzione agricola “biologica” di elevata qualità che soddisfi la crescente richiesta di prodotti ad elevato grado di salubrità e genuinità. D’altronde l’attenzione verso questo tipo di pratica agricola è in sintonia con la mission dell’ARPA poiché essa permette di realizzare un circolo virtuoso di produzione agricola sana e non inquinante in un ambiente sano e non inquinato. Per il consolidamento della salubrità ambientale sarà fondamentale l’apporto dell’ARPA sulla conoscenza dello stato dell’ambiente e delle sue possibili alterazioni anche in riferimento alla regolazione delle pratiche agricole così come dettato dalla Legge regionale del 20 ottobre 2004, n. 23. Terzo Livello - Il terzo livello operativo ha lo scopo di realizzare una “carta d’identità” dei prodotti che attraverso procedure analitiche sofisticate esprima certificazioni sulle “facies” degli alimenti così da comportarne una elevazione del pregio commerciale. Tale ricerca verrà condotta anche per confronto con identici alimenti provenienti da aree concorrenziali. I pregi qualitativi riscontrati saranno messi in relazione oltre che, naturalmente, con l’elemento tassonomico, organolettico e chimico anche con le caratteristiche pedologiche e naturali degli ambienti di produzione. Ad esempio per i vini saranno studiate le componenti acide e quelle cromatiche, gli antociani e i tannini, le composizioni alcoliche e fenoliche, gli aromi varietali e gli esteri acetali in fase di fermentazione; per gli olii i polifenoli, il profilo degli acidi grassi e le vitamine.

CONCLUSIONI ■

In conclusione ci si auspica che: sede di Istituzionalizzazione di tale iniziativa progettuale vi sia un coinvolgimento il più possibile ampio delle strutture regionali operanti nel campo della sicurezza alimentare; ■ Iniziative analoghe vengano intraprese dalle ARPA di altre regioni così da rafforzare il ruolo di tali Istituzioni nel campo della scurezza alimentare. ■ In

* Responsabile del Servizio Prevenzione Collettiva Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Molise (ARPA Molise)




L’AMBIENTE NELLE TRADIZIONI POPOLARI

ARCHITETTURA IN TERRA CRUDA IN SARDEGNA ■ DI MADDALENA ACHENZA

Università degli Studi di Cagliari, Dipartimento di Architettura della Facoltà di Ingegneria - Centro Studi e Ricerche sulle architetture in terra cruda

La terra viene impiegata come materiale da costruzione in tutto il mondo ed a tutte le latitudini, con tecniche antichissime. In Italia se ne trovano esempi in ogni Regione; in alcune tuttavia la caratterizzazione data da questo tipo di architetture sul paesaggio è predominante. Gli edifici in terra cruda rappresentano in Sardegna almeno il 30% del patrimonio edilizio tradizionale, concentrato principalmente nelle aree dei Campidani di Cagliari e Oristano. La tecnica costruttiva utilizzata è quella dell’adobe (ladiri, nel dialetto locale), ovvero dell’impasto di terra, acqua e paglia formato con l’ausilio di stampi in legno ed essiccato al sole. La terra cruda, identificata per decenni con modelli di arretratezza, si è, al contrario, rivelata un potente veicolo di identità ed un materiale estremamente duttile nel campo della sostenibilità. Come tutti i materiali naturali comunemente usati nell’antichità la terra risponde ancora oggi ad esigenze ecologiche, a re-

quisiti di lavorabilità, di resistenza e durata nel tempo. Offre il vantaggio di avere un limitatissimo impatto con l’ambiente in tutte le fasi della sua esistenza: dall’estrazione del materiale primario alla sua trasformazione, dalla costruzione alla fruizione degli edifici fino alla loro demolizione; è reperibile pressoché ovunque, non necessita di particolari lavorazioni ad alto dispendio energetico, ha un’ottima resa in termini di inerzia termica, è un prodotto totalmente riciclabile.

L’AGRICOLTURA

DI MONTAGNA E LA DIFESA

DEL SUOLO ■ PROF. PAOLO SEQUI CRA- Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, Roma- Direttore

Le rivoluzioni tecnologiche che hanno completamente trasformato l’agricoltura nell’ultimo secolo hanno provocato anche l’abbandono dell’attività di gran parte degli operatori agricoli e in particolare lo spopolamento della montagna. Salvo limitate eccezioni, l’agricoltura di montagna è divenuta pertanto occasionale e deve essere protetta e incoraggiata non tanto ai fini classici produttivi, quanto per i suoi potenziali caratteri multifunzionali.

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La multifunzionalità dell’agricoltura si esplica oggi, come è noto, attraverso tre ruoli principali, in parte alternativi a quelli convenzionali, e indispensabili per mantenere gli equilibri ambientali: il primo è la chiusura dei cicli degli elementi nutritivi, il secondo è un contributo al riequilibrio del bilancio del carbonio nell’atmosfera che può divenire imponente in ambienti mediterranei e il terzo è la difesa del suolo e del territorio, particolarmente importante proprio in montagna. La gestione di una pianta forestale di nome, ma di utilizzazione prevalentemente agricola di fatto, quale è il castagno, è il migliore esempio di questa funzione di difesa. Il castagno, lasciato a se stesso, può anche divenire un rischio per l’ambiente, così come può divenire un rischio per la salvaguardia del territorio quando non si tiene conto della vocazione colturale del suolo sul quale il castagno stesso viene coltivato. Sono stati presentati due esempi di queste situazioni, che hanno provocato le tragedie della Versilia e di Sarno pochi anni fa.

PRODUZIONE

DELL’ANGUILLA MARINATA TRADIZIONALE DI COMACCHIO. IL RUOLO DI ARPA EMILIA ROMAGNA NELLA VALUTAZIONE DELLA PESCA E DELL’ACQUACOLTURA NELLE ACQUE DI TRANSIZIONE ■ DI PIER LUIGI TRENTINI Responsabile Dipartimento Tecnico ARPA Emilia-Romagna

Le Valli di Comacchio costituiscono un ambiente unico e particolare, che fino al secolo scorso ha rappresentato un’ampia fascia di transizione tra il mare e la terra ferma. In particolare l’anguilla ha da sempre rappresentato un’importante fonte di reddito per l’economia comacchiese. La manifattura del pesce permette di trasformare il prodotto “fresco” pescato nel periodo ottobre-dicembre, in alimento conservabile nei mesi successivi. Tale tradizione ha rischiato di svanire se non si fosse trasformata in

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tradizione scritta (disciplinare di produzione Parco - ARPA - Slow Food). Dopo un’interruzione ventennale della produzione, la ripresa dell’attività produttiva attuale parte dal 2004 quando, dopo il restauro con finanziamento UE dei locali di proprietà del Comune di Comacchio, il Parco Delta del Po Emilia-Romagna ha ripristinato uno spazio produttivo che ha ridato a Comacchio un elemento di forte identità culturale. ARPA Emilia-Romagna ha contribuito a predisporre il Laboratorio di produzione nel rispetto della normativa in materia di igiene, alla stesura del Manuale HACCP ed allo svolgimento dei controlli. Sulla produzione 2005 ARPA ha effettuato un controllo settimanale microbiologico, una serie di analisi bromatologiche e chimiche. Le competenze di ARPA riguardano la valutazione della pesca e della vallicoltura, per l’individuazione di un numero significativo di indicatori che consentano una facile valutazione degli effetti che la pesca e la vallicoltura stessa esercitano sull’ambiente vallivo. La stessa anguilla viene impiegata come indicatore biologico di qualità ambientale (bioaccumulo nei tessuti). La collaborazione PARCO-ARPA è finalizzata alla stesura di linee guida per la pesca e l’acquacoltura nelle acque di transizione, alla valutazione delle pressioni e allo studio degli indicatori più idonei; tutto ciò porterà ad un incremento della capacità di monitoraggio, andando oltre a quanto previsto dal D.Lgs. 152/99. Il patrimonio culturale vede nelle produzioni tradizionali uno degli aspetti di maggior interesse. Il ruolo delle ARPA può essere importante per la riuscita di alcuni processi di recupero, poiché vi sono le competenze per garantire la piena riuscita dei progetti, oltre al rispetto della normativa vigente. La produzione dell’Anguilla Marinata Tradizionale di Comacchio si sta rivelando, come era negli intenti, un vincolo per la tutela degli ecosistemi, la conservazione delle tradizioni popolari e della biodiversità.




IL CASO DEI TRATTURI L’ARCHITETTURA DI UNA CIVILTÀ

I

termini paesaggio e territorio utilizzati, molto spesso, indifferentemente indicano aspetti diversi dello stesso ambiente1. Il territorio può essere considerato come una struttura su cui tutte le manifestazioni umane trovano una loro logica collocazione temporale e spaziale. L’azione antropica dell’uomo imprime sul territorio segni particolari che diventano immagine paesistica e individualizzano una cultura, una civiltà. Nel concetto di forma del paesaggio si possono distinguere due concezioni fondamentali: il paesaggio naturale e il paesaggio artificiale. Nel paesaggio naturale la forma dipende essenzialmente dalla casualità delle modificazioni geofisiche del territorio; nel caso del paesaggio artificiale, invece, è l’azione antropica con la propria cultura storica che ha, nel tempo, modellato e configurato vasti ambiti territoriali. Nella storia, il paesaggio naturale è stato modificato dall’opera dell’uomo e, infatti, sono pochi i luoghi in cui un paesaggio incontaminato è soggetto solo alle alterazioni geofisiche che, tra l’altro, molto spesso sono causate dalle azioni antropiche che hanno influito sull’ecosistema. La forma del paesaggio è dunque il risultato di processi che hanno segnato il territorio. L’azione umana di costruzione fisica del territorio ha impresso in moltissimi casi un carattere particolare e di alto valore formale ad ambiti paesistici che altrimenti sarebbero rimasti di mediocre qualità. Gli elementi principali che costituiscono un paesaggio sono la morfologia del territorio o topologia (intesa come studio delle caratteristiche del suolo), il sistema antropico insediativo e il sistema della vegetazione. La natura e l’architettura (questa ultima intesa come espressione dell’azione costruttiva umana) sono i mezzi attraverso cui il territorio si modifica e il paesaggio assume il suo aspetto caratteristico. Il concetto di paesaggio racchiude in sé molte chiavi di lettura: da quella estetica a quella storiografica, a quella dell’architettura, dello spazio, della percezione. Il paesaggio è il risultato delle stratificazioni succedutesi nel

SIMONA CARNEVALE* tempo (ognuna appartenente a diverse epoche storiche) prodotte dalle tracce lasciate dall’evoluzione morfologica del territorio e dall’intervento antropico. Il paesaggio può considerarsi una lettura diacronica delle sequenze storiche presenti sul territorio e, le variazioni oggettive che un paesaggio mostra, sono la conseguenza sia della sua normale dinamica geomorfica, sia dell’azione che l’uomo ha esercitato su di esso. Il concetto di territorio accentua, invece, una lettura degli aspetti funzionali dei luoghi. La conoscenza complessiva del territorio permette di avere risposte esaurienti per affrontare i problemi della pianificazione e della tutela. Il punto di partenza di qualsiasi forma di salvaguardia è sempre la conoscenza e l’analisi del paesaggio che deve essere considerato un documento storico. La lettura dei molti aspetti storico-culturali del territorio (archeologia, beni e complessi architettonici, insediamenti storici, usi e tradizioni, ecc…) dovrà prendere in considerazione tutte le epoche storiche, tutti i manufatti e le tracce. In questo modo si può arrivare a un’interpretazione del sistema paesaggio in cui tutti i manufatti sono correlati tra loro e con il contesto, in una unità basata sulle relazioni funzionali che storica-

Il tratturo Castel di Sangro - Lucera nella salita verso Duronia (IS)

1 Inteso nel suo significato fisico-biologico e storico culturale, come elemento che modella e configura il territorio e che nello stesso tempo a sua volta diventa incluso nel paesaggio.

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ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI

Esempi di stazzi

mente si sono determinate e che hanno dato luogo ai paesaggi che ci sono pervenuti. Il paesaggio dei tratturi è molto vario e richiederebbe uno studio da parte di molte discipline. I tratturi costituiscono una via materiale, ma anche immateriale: questa è percepibile percorrendo il tratturo a piedi, avvistando da lontano i punti di riferimento del paesaggio (una taverna, un paese, una torre, un casolare, un recinto…) e immedesimandosi nello stato d’animo del pastore che percepiva, in questi segni del paesaggio, l’inizio faticoso di un lungo viaggio oppure il felice ritorno a casa. Le popolazioni dell’Abruzzo e del Molise, si sono adattate per millenni alle montagne appenniniche da cui è derivato il loro sistema di vita. L’origine dei tratturi è antichissima: molto probabilmente questi percorsi furono collegati, dall’epoca preistorica, a una primitiva forma di allevamento transumante. Se in Abruzzo e in Puglia il tratturo può entrare in conflitto con le esigenze produttive del territorio, nel Molise nasce e si sviluppa, in maniera più o meno marcata, un’economia basata proprio sull’allevamento di grandi mandrie di piccoli animali. La vita legata al nomadismo incide in maniera profonda sulla tendenza abitativa e produttiva che può condizionare, nel tempo, anche il modo di costruire e l’organizzazione funzionale degli spazi. Le risorse locali (i luoghi, i materiali disponibili e le tradizioni) sono senza dubbio importanti, ma, talvolta, non indifferenti possono apparire le influenze dovute agli scambi di esperienze dei transumanti. La vita legata alla transumanza incide in maniera profonda sulla tendenza abitativa e produttiva che condiziona il modo di costruire. L’insieme di tutti questi fattori indirizza anche il modo in cui la popolazione si distribuisce: gli ostacoli del territorio, la sua importanza dal punto di vista comunicativo,

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quella riguardante la sicurezza, hanno anch’essi indubbiamente agito sulla distribuzione degli insediamenti. Da una parte si hanno le aree montane che riflettono le difficoltà di impostare un’economia agricola ricca e soddisfacente: presentano caratteristiche insediative e costruttive basate soprattutto sulle asperità del terreno, comunemente note come forme di pendio. Dall’altra, l’ambiente meno ostile delle zone collinari, e di più quelle costiere, permette lo sviluppo di un’agricoltura varia e un modello abitativo con più possibilità di evoluzione. Nelle aree montane predominano i centri compatti, essendo l’accentramento favorito dall’ambiente e dalle forme di agricoltura estensiva. L’orografia e il sistema di vie di comunicazione costituiscono una determinante per lo sviluppo dell’edilizia rurale. La presenza del fiume (o per lo meno di una fonte di acqua), permetteva il facile approvvigionamento idrico, condizione fondamentale per la crescita di insediamenti lungo le principali vie fluviali: la particolare natura del luogo ha permesso l’utilizzo di materiali da costruzione reperibili in zona e di conseguenza la scelta di tecnologie più adatte. I tratturi intersecano, in modo quasi perpendicolare, le vie d’acqua che costituiscono delle direzioni quasi parallele tra loro. Nell’architettura della transumanza si distinguono principalmente manufatti con carattere di provvisorietà (capanne in pietra a secco, stazzi, pagliare, ecc.) e manufatti con carattere di stabilità (taverne, cappelle rurali, ecc.). Le tecnologie costruttive, variabili nel tempo, aderiscono a modelli di sviluppo ricorrenti e di collaudata efficacia. L’uso della pietra diventa predominante nell’architettura della transumanza, non solo per ragioni tecniche 2 Pece, 1985: 20-23


Pagliara in località Casabona (Rionero Sannitico, IS)

La taverna di Pietracatella (CB)

o economiche, ma anche perché, per i pastori, l’abitare presuppone soprattutto l’identificazione con l’ambiente. Il pastore ha sempre condiviso con il gregge ambiente e condizioni di vita che svolgeva prevalentemente all’aperto per la maggior parte dell’anno, praticando un’attività che è rimasta essenzialmente sempre la stessa fin dall’epoca romana. I pastori utilizzano, come abitazioni e annessi funzionali istallazioni edilizie temporanee ma anche ricoveri a utilizzo misto, che consentono lo sfruttamento prolungato dei pascoli estivi. L’insieme di questi tipi di abitazioni, in alcuni casi, può configurarsi come un vero e proprio sobborgo urbano divenendo una sorta di appendice funzionale del centro abitato ponendosi, quindi, come punto di riferimento per i successivi sviluppi dei centri urbani

proprio in relazione alla loro vicinanza con i canali di traffico commerciale2. Le abitazioni direttamente legate alla transumanza presentano una serie di tipologie insediative a carattere prevalentemente temporaneo destinate per lo più a essere usate nei riposi, aree in cui i pastori sostavano. I modelli insediativi della cultura transumante comprendono una grotta naturale (rotta, raciatta) adattata alla meglio alle necessità abitative e di difesa del pastore e lo stazzo (jacca). Il recinto è realizzato con materiale lapideo raccolto sul posto (macara) o con reti di spago. Lo stazzo consente il ricovero e la custodia delle greggi, la mungitura e la lavorazione dei prodotti caseari; per questo non segue una precisa tipologia ma si adatta planimetricamente al territorio. Lo stazzo3 è costituito da un semplice recinto nel quale si raccoglie il bestiame ed è delimitato da pietrame apparecchiato con poca regolarità ma, non di rado , è segnato soltanto da pali di legno e reti di corda. In montagna come in pianura non manca mai il guado, una sorta di barriera di legno collocata tra due piccoli recinti e dotata di un certo numero di strette aperture in cui vengono incanalate le pecore per la mungitura. Le capanne in pietra a secco, tipici ricoveri per i pastori, ma riutilizzati spesso dai contadini d’alta montagna dell’Abruzzo (Monti della Majella), non sono molto diffuse lungo i tratturi molisani4. In Molise, questi ricoveri sono situati soprattutto nell’Alto Molise e in zone di montagna (agro di Agnone, Capracotta, Vastogirardi, Frosolone5) e presentano dimensioni solitamente molto contenute; erano utilizzati come riparo dalle intemperie e per proteggersi dai lupi e servivano principalmente per la lavorazione del latte. I grandi insediamenti in pietra a secco non sono collocati in prossimità del tratturo ma in zone montuose che costituiscono luoghi obbligati di passaggio e di sosta nei percorsi secondari che collegano trasversalmente i percorsi. La capanna in pietra a secco ha, solita-

3 Uno degli stazzi più complessi e antichi è stato trovato sulle montagne di Colle dell’Orso in comune di Frosolone (IS). Ha uno sviluppo quasi circolare, con un diametro di circa 35 m; l’altezza dell’apparecchio murario (costituito da lastre più che blocchi di pietra) è di 140 cm per uno spessore medio di 130 cm. L’accesso allo stazzo avviene da un ingresso largo 215 cm. di fronte al quale c’è un altro ingresso, di dimensioni minori, che conduce a un recinto più piccolo. In continuità con l’ingresso minore c’è una costruzione quadrangolare, anch’essa di pietrame a secco, nella quale continua a esistere una mangiatoia di legno. Sul lato ovest dell’ingresso principale, alla metà del recinto c’è una costruzione rettangolare di pietrame, coperta a doppia falda con un tetto di legno, utilizzata per la produzione del formaggio. 4 Questo tipo di ricoveri è ricorrente, spesso con la stessa tipologia, in molte zone montane (soprattutto nei paesi del bacino del Mediterraneo) d’Europa che praticano allevamento di bestiame. 5 In località Colle dell’Orso (Frosolone), sono state individuate numerose capanne in pietra a secco. Una di queste (è quella che possiede le dimensioni maggiori) ha una planimetria quasi circolare: i diametri sono 350 cm e 375 cm. L’altezza è di circa 240 cm, la porta di accesso è alta 187 cm e larga circa 100; una finestra di modeste dimensioni è presente sul lato longitudinale. All’interno (a circa 120 cm da terra) una rientranza del muro costituisce una specie di dispensa. La capanna è costituita da lastre di pietra sovrapposte su filari non regolarizzati. La struttura della copertura è formata da travi di legno che sostengono tavole di legno affiancate, al di sopra delle quali ci sono delle lastre di pietra. 6 Sardella A., 1989.

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ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI

mente, base quadrangolare o circolare, con copertura in lastre o scaglie di pietra. La costruzione avviene per sovrapposizione di anelli concentrici di pietrame non lavorato o appena fratturato, con apparecchio solo raramente regolarizzato con elementi da spacco, zeppe più piccole e riporti di allettamento di terra. La pagliara6 è una sorta di capannone destinato a contenere paglia e foraggio; in tempi più remoti si proponeva come abitazione temporanea. È costruita quasi sempre nei pressi della masseria: da qui si preleva la paglia che quotidianamente viene usata per rinnovare lo strato (lette’ra) disposto sotto le bestie (sulla terra battuta della stalla) mentre la parte ormai satura viene accumulata nell’apposito letamaio. La planimetria ha di solito forma rettangolare, a volte con spigoli arrotondati, l’ingresso è generalmente collocato sul lato corto, esposto a sud o sud-est, a riparo dai venti freddi. Il manto di copertura, composto da uno strato interno di paglia di grano (r’stocc’) e uno esterno fatto di canne lacustri e fluviali che possono assicurare un buon livello di impermeabilizzazione, poggia direttamente su un bordo di pietra e su un tronco trasversale (filiegna). La manutenzione ordinaria rappresenta un’operazione che viene eseguita solitamente con attenzione a intervalli di tempo sufficientemente regolari ma spesso in conseguenza delle condizioni atmosferiche della stagione. La taverna può essere considerata l’elemento più caratteristico del tratturo. Le taverne sono situate presso valichi o zone di guado e segnavano dei punti caratteristici del territorio utili anche come elemento di orientamento per chi percorre il tratturo. La taverna svolge funzioni complesse non limitate al solo ristoro dei viaggiatori e degli animali perché viene utilizzata anche come luogo per scambi di merci e contrattazioni. La maggior parte degli edifici è realizzata in pietrame locale, solitamente buoni calcari locali apparecchiati in filari irregolari (solitamente intonacati) o su piani di posa sufficientemente orizzontali e angolate realizzate con elementi ben murati, di taglia maggiore e meglio lavorati. La tipologia più diffusa è costituita da un corpo di fabbrica che si sviluppa longitudinalmente, allineato al bordo del tratturo e costituisce il nucleo primitivo al quale, in seguito, saranno aggiunti altri corpi di fabbrica. I manufatti più interessanti e rappresentativi, lungo il tratturo Castel di Sangro-Lucera, sono: la taverna del Barone di Pietracatella, la taverna di Gambatesa, la taverna del Casone del Vescovo o della Zittola (località Valle Salice,

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La taverna di Gambatesa (CB)

La taverna del Cortile (CB)

Castel di Sangro, AQ), la taverna del Cortile (stazione di Ripalimosani, CB). La maggior parte delle locande non è il prodotto di un unico progetto unitario, ma deriva dal susseguirsi di numerosi rimaneggiamenti e trasformazioni e variazioni di destinazione d’uso. Si va dalla semplice annessione di locali adibiti a stalla e rimessa degli attrezzi agricoli (come nel caso del Casone del Vescovo o della Zittola, (località Valle Salice, Castel di Sangro, AQ) all’aggiunta di interi corpi di fabbrica che, non di rado, possono essere anche più grandi del nucleo originario, come nel caso della taverna di Gambatesa inizialmente costituita dal solo corpo centrale con due torri colombaie. Una parte della taverna è crollata di recente (nonostante avesse resistito all’esplosione di una granata durante l’ultima guerra mondiale); sono ancora visibili le travi che un tempo costituivano il solaio, gli accessi interni alle torri, e l’impronta della canna fumaria. L’apparecchio murario è costituito da pietrame calcareo di varia pezzatura posto in opera su filari abbastanza regolari con angolate regolari e ben ammorsate. Il cattivo stato di conservazione in cui si trovano questi manufatti è dovuto allo stato di abbandono in cui sono stati lasciati senza la minima opera di manutenzione. La taverna del Cortile si sviluppa longitudinalmente e le due facciate (una posta sul fronte strada, l’altra verso la campagna) si trovano a due quote disuguali, per il dislivello del terreno.


L’edificio, a due piani, sembra sia stato costruito in due epoche diverse, accorpando due edifici con caratteristiche e tecniche costruttive differenti. In alcune taverne ridotte allo stato di rudere si riscontra una diversa tipologia. L’impianto di queste ha anch’esso uno sviluppo longitudinale, ma meno accentuato del precedente; queste taverne, inoltre, hanno sempre due piani: uno a livello terra con copertura voltata (solitamente utilizzato come deposito, stalla, sosta per le carrozze e i cavalli o come androne d’accesso) e un piano superiore a cui si accede con una scalinata esterna (Masseria Taverna a S. Pietro Avellana, IS) oppure interna (taverna di Cola di Carlo a Matrice, CB). La tecnica costruttiva è sempre la stessa ed utilizza pietrame appena sbozzato apparecchiato su piani di posa irregolari tra angolate più regolari ben ammorsate. Quello che si deduce dall’analisi di questo territorio e dalla sua architettura è che l’evoluzione storica, la sua struttura, la sua storia, hanno le loro radici nella civiltà della transumanza. Le dinamiche evolutive dei centri urbani hanno, molto spesso, la loro origine negli spazi utilizzati dai greggi per transitare o sostare che diventano il fulcro per lo sviluppo o la fondazione di nuovi insediamenti. Il tratturo costituisce un’invariante del territorio molisano e dell’evoluzione della regione, sia in una lettura “sincronica” (cioè nella

stessa fase temporale, congiungendo zone del Molise distanti tra loro) sia in una lettura “diacronica” (cioè nel succedersi dei secoli). Il patrimonio storico, in particolare quello architettonico e ambientale, richiede un’azione costante di tutela e valorizzazione. Questo, forse meno importante in quanto a singoli manufatti, può presentarsi nel complesso di un panorama più ampio e di una ricchezza insospettabile; soprattutto in quella che si può definire storia locale. La raccolta ordinata e l’elaborazione delle tracce superstiti della storia locale possono costituire la base per archivi locali di materiali e laboratori di storia. Tali tracce più o meno numerose ma comunque significative, possono diventare significativi documenti. Molto spesso gli studi locali si basano sulla riproposizione di studi precedenti senza che questi vengano nemmeno sottoposti a controllo. La storia locale, considerata come una fase preparatoria della storia generale, esige un’adeguata preparazione ed esperienze specifiche sul campo. Gli studi locali si presentano maggiormente ricchi perché solitamente sono meno esplorate e sfruttate le risorse documentarie e perché i manufatti edili spesso costituiscono privilegiati contesti pluristratificati. Edifici e siti ritenuti marginali rispetto ai grandi avvenimenti della storia sono stati ignorati per lungo tempo; lo scarso interesse dimostrato ha, paradossalmente, contribuito a

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ALIMENTAZIONE, AMBIENTE E TRADIZIONI POPOLARI

salvaguardarne i caratteri peculiari e la potenzialità futura di informazioni. Un migliore utilizzo del territorio attraversato dai tratturi, a medio e lungo termine, anche dal punto di vista economico (e con vantaggio delle collettività locali) è strettamente dipendente dalla capacità di approfondire il processo conoscitivo dell’esistente per scoprirne i caratteri di lunga durata e le risorse trascurate o nascoste da assumere come potenzialità per un’ipotesi di sviluppo e di intervento basate sulla specificità di situazioni locali. Il paesaggio e il patrimonio culturale presenti lungo i tratturi, non possono essere considerati omogenei, di conseguenza devono essere diverse anche le soluzioni progettuali da adottare su ciascuna porzione di territorio. Per intervenire su questo sistema non si può prescindere da una comparazione e interpretazione delle dinamiche strutturali del paesaggio e delle logiche insediative e di antropizzazione. Bisogna, quindi, individuare efficaci sistemi di relazioni tra forme naturali e trasformazioni antropiche del territorio, superando i tradizionali approcci conoscitivi limitati al solo ambiente fisico. Si tratta di far emergere componenti strutturalmente consistenti del paesaggio operando tra più dimensioni interpretative: ambientali, culturali, sociali. Un altro aspetto da considerare, per intervenire in modo corretto su questo territorio, è prevedere un recupero dell’intero patrimonio edilizio presente lungo i percorsi. In questa ottica si può prevedere (una volta compiuta un’analisi del patrimonio storico, naturalistico, ambientale, archeologico, artigianale, edilizio esistente lungo i percorsi) una musealizzazione dell’intero sistema attraverso l’istituzione di un museo diffuso o del territorio. Il tratturo potrebbe diventare un territorio-laboratorio di cui si può seguire l’evoluzione e a cui possono essere applicate di volta in volta nuovi metodi di indagine, sperimentazioni e metodologie operati-

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ve. La storia di questo territorio attraverso numerose epoche permette di comprendere il fenomeno in tutta la sua complessità, le sue evoluzioni, i suoi substrati, i suoi deterioramenti. I luoghi della transumanza sono luoghi della memoria dove gli episodi storici legati a una comunità raccontano la storia delle risorse tradizionali e culturali. La musealizzazione di questo sistema dovrebbe anche prevedere un centro di interpretazione storica visto proprio come luogo della memoria. I tratturi sono diventati, infatti, con il trascorrere del tempo, una grande memoria storica collettiva, l’obiettivo principale sarà quello di conservarla e valorizzarla in un quadro più ampio di museo diffuso in un territorio pluristratificato e ancora capace di costituire una occasione di sviluppo e di consapevole crescita sociale.

* PROFESSORE A CONTRATTO - DIRES, DIPARTIMENTO DI RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETTONICI DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE BIBLIOGRAFIA 1984 Petrocelli E., Il divenire del paesaggio molisano, Firenze 1985 Pece M., Architettura e cultura della transumanza nel Molise altomedievale, in Nocera E. (ed), “Almanacco del Molise 1985”, Campobasso 1987 Brown A., Fieldwork for Archaeologists and Local Historians, London 1987 Paone N., La transumanza. Immagini di una civiltà, Isernia 1989 Sardella A., La pagliara, in “Conoscenze”, n. 5 1992 Bernardi M. (ed), Archeologia del paesaggio, IV Ciclo di Lezioni sulla Ricerca applicata in Archeologia, Certosa di Pontignano (Siena), Firenze 1992 Micati E., Pietre d’Abruzzo. L’architettura agropastorale spontanea in pietra a secco,Pescara 1994 Cambi F., Terrenato N., Introduzione all’archeologia dei paesaggi, Roma 1996 Marino L. (ed), Monumenti del Molise. Rilievi e indagini sulle strutture, Firenze 1997 Natarelli E., La costruzione del paesaggio.Teorie storia progetti, Roma 1998 Turri E., Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentanto, Venezia 1999 Petrocelli E. (ed), La civiltà della transumanza, Isernia 2001 Carnevale S., Rilievo, interpretazione e conservazione del territorio in Marino L. (ed) Lo scavo archeologico. La conservazione dei manufatti architettonici allo stato di rudere in condizioni di emergenza, Verona, pp. 51-53 2003 Carnevale S. (ed), La conservazione del paesaggio, Firenze 2005 Carnevale S., L’architettura della Transumanza. Materiali, Indagini, Restauro, Campobasso


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I PARCHI TRA CONSERVAZIONE E SVILUPPO

La storia dei parchi italiani, conta ormai più di ottant’anni e rivela tutte le peculiarità delle vicende italiane. L’idea di parco approdÙ nel Vecchio Continente all’inizio del secolo proveniente dai grandi spazi del nordamerica, dove nacque nel 1872 a Yellowstone, primo parco dell’età moderna. Su questa sponda dell’Atlantico i parchi dovettero fare i conti con spazi più limitati ed un affollamento notevole. Nel nostro Paese poi, la nascita dei parchi ha seguito strade ancora parzialmente diverse rispetto ai maggiori paesi occidentali, Germania, Francia, Inghilterra. Nell’arco di tempo tra il 1922 ed il 1968, sono sorti cinque parchi nazionali con tempi, vicende, motivazioni e funzionamenti diversi. È la prima fase cui segue quella che si apre nella seconda metà degli anni ‘70 quando iniziano ad essere istituiti i parchi regionali. Questi parchi sono ìfigliî di un periodo pionieristico, frutto di un ìpensiero ambientaleî che ha preso le mosse alla fine del secondo conflitto mondiale con uno sparuto gruppo di ìecologistiî ante litteram, che diedero vita al MIPN, Movimento Italiano per la Protezione della Natura, sorto nel 1947. Questo filone culturale combatté generose battaglie negli anni ‘60 per impedire, o almeno attenuare, il saccheggio del Belpaese. La cultura del territorio ha poi trovato in Italia nuovi stimoli nella crescita dei movimenti ecologici americani e nordeuropei e nelle elaborazioni di quel gruppo di intellettuali che alle soglie degli anni ‘70 diedero vita al “Club di Roma”. Oggi il sistema delle aree protette italiano conta oltre venti parchi nazionali e diverse centinaia di parchi regionali, riserve ed altre aree protette, variamente denominate, mentre iniziano ad essere istituite le riserve marine. Complessivamente si distendono su circa due milioni e mezzo di ettari (quasi il 10% del territorio). Una crescita che in assenza di una legge quadro, varata soltanto alla fine del 1991, ha avuto uno sviluppo disorganico tra Regioni, tra nord e sud del

paese. Su questo terreno l’Italia si presenta pertanto con una sua contraddittoria peculiarità. Questa variegata fioritura ha comportato una vasta gamma di iniziative ciascuna con la propria specificità, autonomia, ricchezza di esperienze umane, politiche, culturali e scientifiche. D’altro canto le forti differenziazioni esistenti hanno creato anche una situazione disomogenea e casuale. Il Piemonte è un vasto ed articolato mosaico di ambienti. Ed i suoi parchi rispecchiano questa varietà e ricchezza del paesaggio. Dall’estremo nord orientale ai parchi del cuneese, dalle Capanne di Marcarolo alle aree protette della Valle di Susa il territorio regionale conta aree protette montane, lacustri, fluviali, di pianura. Un mosaico di territorio talvolta trasformato in paesaggio dal lavoro dell’uomo, altrove è la natura a recuperare lo spazio perso. Il patrimonio di ambienti, opere d’arte, cultura racchiuso nelle 56 aree protette regionali, nei due parchi nazionali e in quello provinciale di Candia è un bene inestimabile. Il parco delle Alpi Marittime, ad esempio, si estende per quasi 25 mila ettari sulla dorsale che collega il Piemonte con la Liguria e la Francia: un ecosistema particolare che

risente del clima mediterraneo a poche decine di chilometri in linea d’aria. Il Gran Bosco di Salbertrand invece, è il parco più occidentale del nostro paese, quello della Val Sesia ai piedi del magnifico ghiacciaio del Monte Rosa, è tra i più alti d’Europa. E poi il parco fluviale del Po: primo tentativo di gestire la fascia fluviale del maggior fiume italiano: 238 chilometri, quattro province, un’ottantina di comuni per gestire una risorsa fino a tempi recenti utilizzata e ìpensataî soltanto come discarica. La storia dei parchi piemontesi inizia con la prima legge quadro regionale (del 1975) e le prime istituzioni negli anni 78/80. Ma se i parchi in questa regione hanno radici nella cultura amministrativa alla loro nascita contribuirono altri ìmondi culturaliî. Intanto quello delle scienze naturali che in Piemonte vanta nomi come Franco Andrea Bonelli, Quintino Sella, Carlo Allioni, Filippo de Filippi, Michele Lessona, fino a Renzo Videsot e Bruno Peyronel (per chi volesse Piemonte Parchi ha ricostruito questo percorso nei numeri dal 71 al 79). E poi dei tanti artefici di una cultura del paesaggio e del giardino che risalgono dal XVII fino al XX secolo. Dai giardini pensili di Babilonia, attraverso gli orti botanici ed i giardini, fino ai moderni parchi naturali l’uomo ha sempre cercato, nel corso della sua storia ,di mantenere un legame con la propria naturalità. Oggi le aree protette rappresentano il più consistente sforzo per impedire il degrado totale, per ricostruire, anche culturalmente, un rapporto meno conflittuale con la natura Difesa della biodiversità e sviluppo compatibile sono le due ìparole d’ordineî che ispirano i parchi in Piemonte, in Italia e nel mondo. Ma, forse mai come ora, è l’uomo che deve raggiungere queste mete per sopravvivere. Lavorare per la natura, difendere l’ambiente, sono eufemismi per dire che È questa nostra specie dominante che ha bisogno, sempre più bisogno, di una natura di cui, forse, si era illusa di poter fare a meno.


FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

L’EDUCAZIONE AMBIENTALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

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n interessante prologo alla 10ma Conferenza Nazionale delle Agenzie per l’Ambiente, si è svolto a Pescara il 4 marzo in occasione del convegno collaterale alla manifestazione dal titolo “L’educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile”. Visibile all’interno dell’evento collaterale di Pescara, l’obiettivo principale di affrontare il tema dell’educazione ambientale seguendo i principali contenuti dello Schema Internazionale d’Implementazione per il Decennio delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile, lanciato per il periodo 2005-2014. L’iniziativa dell’UNESCO si propone quale grande campagna mondiale di sensibilizzazione per diffondere una cultura basata sul rispetto del prossimo, del Pianeta e delle generazioni future. L’evento di Pescara si è articolato in due momenti distinti di discussione e comune negli interventi dei relatori, la necessità della realizzazione di programmi formativi sulle tematiche ambientali contrassegnati da principi di qualità e di approfondimento degli aspetti tecnico-scientifici e di metodologie adeguate ai processi educativi e comunicativi in ambi-

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to di azioni progettuali condivise. “Abbiamo voluto caratterizzare le Conferenze - ha dichiarato il Direttore Generale dell’APAT, Giorgio Cesari - su temi che vanno dallo scenario internazionale a quelli più prettamente locali, come l’acqua e il territorio ed arricchirlo con un discorso sull’educazione ambientale, argomento che merita l’attenzione di tutti. L’organizzazione della giornata di oggi permette di dialogare gli attori che giornalmente si confrontano sulla migliore realizzazione dei programmi di educazione ambientale. Se puntiamo sull’educazione ambientale sin dalle prime classi scolastiche, possiamo sperare di diffondere realmente l’amore per l’ambiente.” “Il rapporto tra il Comitato Scientifico del Decennio UNESCO - ha sottolineato Gianni Mattioli, Presidente del Comitato - con le Regioni e le amministrazioni locali ha reso sempre più concreto il percorso verso l’educazione ambientale.” Concorde con l’attribuire rilievo al contributo degli Enti locali in tema di diffusione della cultura ambientale, l’Assessore alla Cultura


del Comune di Pescara, Adelchi De Collibus, che ha definito l’educazione “un tema di grande stimolo ed interesse anche per l’amministrazione comunale.” Dall’esperienza di COMIECO, la formazione/educazione ambientale diventa un elemento strategico per comunicare ruoli e responsabilità soprattutto nell’unica “fase” del ciclo “virtuoso” della carta che non è nelle mani degli operatori economici, ma in un uso responsabile del prodotto giunto a fine vita che deve essere percepito come risorsa preziosa che può tornare a nuova vita attraverso i canali della raccolta differenziata. Secondo il CNR, l’innovazione scolastica deve contribuire a mettere in grado gli esseri umani di condurre una vita in armonia con l’ambiente fisico, sociale e individuale, attraverso nuovi modi di apprendere che fanno leva sull’esperienza e sulla collaborazione. L’APAT, per rispondere ai contenuti indicati dall’UNESCO, ha realizzato un CD-ROM e due materiali didattici specifici: i “Quaderni della formazione ambientale”, un kit didattico contenente gli elementi che costituiscono le quattro matrici ambientali e gli aspetti principali che caratterizzano il rapporto tra uomo ed ambiente; video educativi con otto filmati documentaristici ed informazioni tecnico-scientifici di base per comprendere i concetti di base della tutela dell’ambiente. Tutti questi prodotti sono stati presentati da Gaetano Battistella dell’APAT, durante l’evento di Pescara. La seconda parte della giornata dedicata all’educazione ambientale ha visto esponenti degli Enti locali confrontarsi durante una tavola rotonda, moderata da Emi Morroni dell’APAT, sugli obiettivi lanciati in sede globale, come Agenda 21 locale che sostiene il concretizzarsi del legame tra strategie economiche e sociali con quelle più prettamente ambientali. La città di Pescara, nell’esempio riportato dall’Assessore al Bilancio Partecipativo e A21 del Comune di Pescara Edoardo Di Blasio, ha investito i finanziamenti provenienti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio per la realizzazione di progetti di educazione ambientale di significativo successo, come quello denominato “Consiglio Comunale dei Bambini e delle Bambine”. In ambito locale, è fondamentale il contributo delle Agenzie regionali di protezione ambientali, come testimoniato dalla responsabile dell’educazione ambientale di ARTA Abruzzo Lorelay D’Amico: “Le Agenzie sono depositarie del sapere ambientale, quindi dovrebbero sempre più riuscire a coniugare le due anime del monitoraggio e del controllo con quella più propriamente comunicativa”.

IL CD-ROM APAT: PROPOSTA DI LETTURA DEL PROGRAMMA DI EDUCAZIONE AMBIENTALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’UNESCO ■ Di Stefania Calicchia

APAT - Responsabile Settore Educazione Ambientale

Negli ultimi decenni l’educazione ambientale si è configurata quale strumento per accrescere la consapevolezza della complessità delle tematiche ambientali, non più riconducibili a semplice questione naturalistica, ma inerenti invece gli aspetti sociali, culturali, economici e politici della comunità umana. All’interno di questa nuova prospettiva, da un punto di vista educativo e didattico, alcune ricerche hanno sviluppato un approccio alla sostenibilità che si basa sull’incremento delle capacità riflessive dell’individuo, affinché egli possa esercitare un’azione critica e partecipativa nei confronti della realtà che lo circonda. Poiché nel processo educativo il ‘che cosa’ e il ‘come’ sono strettamente legati, l’orientamento dell’educazione ambientale verso la sostenibilità comporta una ridefinizione del quadro di riferimento concettuale, comprendente anche le metodologie e gli strumenti utilizzati nei vari contesti educativi, formali, non formali e informali. Tra gli altri, viene proposto il ricorso ad una vasta gamma di metodi educativi partecipativi accanto a quelli tradizionali, quali discussioni, indagini, simulazioni, scenari, giochi di ruolo, apprendimenti in loco, e l’utilizzo degli strumenti offerti dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La promozione di ‘buone pratiche’ educative (progetti, iniziative, pubblicazioni e materiali divulgativi che accrescano la consapevolezza e conoscenza dell’ambiente e che siano rispondenti a caratteristiche di qualità ed efficacia), realizzate da organismi, soggetti o reti di soggetti affidabili e competenti, è uno dei compiti del Servizio Educazione e Formazione Ambientale dell’APAT, tramite il Settore Educazione Ambientale. Tra gli strumenti di ‘buone pratiche’ analizzati, è stato individuato un programma educativo multimediale sviluppato dall’UNESCO nel 2002: “Teaching and Learning for a Sustainable Future” (TLSF). TLSF UNESCO, elaborato da un’equipe internazionale di ricercatori, è un vero e proprio corso, che si propone di veicolare le tematiche dello Sv.S. con un approccio fortemente interattivo, rivolgendosi a insegnanti e alunni di scuole di grado intermedio, attraverso due forme di diffusione: il cd-rom (in

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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

inglese) e il web. La struttura del programma si articola in 4 Aree Tematiche: ■ Introduzione generale e definizione dei concetti chiave (5 Moduli) ■ Integrazione della sostenibilità nei programmi educativi (4 Moduli) ■ Definizione di percorsi interdisciplinari (8 Moduli) ■ Proposta di metodologie didattiche alternative (8 Moduli) Le finalità del riadattamento del programma UNESCO nel cd APAT sono: ■ favorire la diffusione del programma didattico UNESCO, ■ facilitare la comprensione e l’utilizzo attraverso la traduzione in italiano, ■ elaborare un supporto contenutistico - metodologico per il Corso - Laboratorio di E.A. promosso dal Gruppo di Lavoro CIFE del Sistema agenziale, ■ contribuire alle iniziative di promozione del DESS. I criteri seguiti sono stati: ■ rispettare l’originaria organizzazione dei contenuti (4 A. T. per 25 Moduli), ■ sintetizzare e riorganizzare parzialmente i contenuti di ciascun Modulo per agevolare la fruibilità da parte di utenti di vari livelli,

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definire, come ulteriore valore aggiunto, alcuni percorsi mirati trasversali per approfondire aspetti specifici di interesse.

L’EDUCAZIONE AMBIENTALE PER GLI OPERATORI AMBIENTALI: PARADOSSO O NECESSITÀ? RIFLESSIONI SU ETICA E AMBIENTE ■ DI LEDA BULTRINI

Dirigente della Divisione Polo Didattico ARPA Lazio

Tutte le Agenzie, con sfumature diverse, hanno attribuita dalla legge regionale che le istituisce la funzione dell’educazione ambientale e tutte, con diversa impostazione, svolgono effettivamente tale attività. Ne è testimonianza l’adesione di tutte le ARPA-APPA al gruppo CIFE. Nella logica dell’evoluzione verso un’educazione allo sviluppo sostenibile, quale indica in maniera più che mai stringente il documento UNESCO per il decennio 2005-2014, e quale lo stesso gruppo CIFE ha additato con chiarezza a se stesso da tempo, è d’obbligo, tuttavia, che entrino in gioco quali attori privilegiati dell’inevitabile approccio multidimensionale non i soli addetti alle attività educative, formative, informative in senso stretto, ma tutti gli operatori delle Agenzie.


Di quale attrezzatura culturale tali operatori possono giovarsi per dare pieno senso a questa funzione cruciale, che deve trovare la sua applicazione costante nello svolgimento corrente della loro attività? Una fotografia che inquadri la distribuzione anagrafica, la formazione scolastica e universitaria, la cultura professionale di provenienza del personale delle ARPA non sembra confortare nel senso di un solido orientamento verso l’approccio della sostenibilità. Più significativo è che non sembrano aiutare in un percorso di acquisizione di tale orientamento neppure le attività di formazione che il sistema agenziale mette in atto a favore dei suoi tecnici, malgrado l’intensa attività di formazione alla cultura ambientale e alla sostenibilità realizzata a favore degli attori esterni. Poco confortante è anche il quadro della realtà del luogo di lavoro come sede di apprendimento attraverso l’esperienza diretta delle buone pratiche, se è vero che solo in minima parte le ARPA/APPA mettono in opera in prima persona, all’interno delle loro organizzazioni, gli strumenti della sostenibilità che si adoperano a promuovere all’esterno. Si impone, dunque, in maniera non rinviabile la necessità di un ripensamento della formazione degli operatori delle Agenzie, che li renda veicolo di cultura della sostenibilità nello svolgimento stesso del loro lavoro quotidiano. Il ripensamento deve, però, essere radicale, se non vuole limitarsi ad aggiungere alle competenze tecniche già possedute altre competenze, magari relative agli strumenti di sostenibilità. Il percorso del pensiero ambientale nella direzione dello sviluppo sostenibile, indicando, accanto ai principi della tutela e della prevenzione, quelli della solidarietà, della giustizia, dell’equità, della cooperazione, della democrazia, addita con grande chiarezza nell’etica il luogo di tale ripensamento e della maturazione degli strumenti di costruzione del senso e di lettura della complessità.

TAVOLA ROTONDA: “L’EDUCAZIONE AMBIENTALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE” ■ DI GIANNI MATTIOLI

Presidenza Comitato Scientifico DESS - UNESCO Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Lo sconvolgimento climatico o la conta dei morti nella guerra per il controllo sul petrolio ravvicinano drasticamente l’appuntamento della Sostenibilità, dalle generazioni future al tempo nostro. Ma anche per il modello produttivo dei nostri paesi, basato su un

uso dell’innovazione tecnologica mirato soprattutto alla competizione esasperata nel mercato, si pone ormai una questione di sostenibilità. Insomma la nostra cultura, tutta centrata sul soddisfacimento dei consumi individuali, sembra incapace di dare risposta ai problemi che abbiamo dinanzi. C’è da cambiare cultura, passare dalla misura della quantità a quella della qualità, qualità del ben vivere collettivo. Ma questo cambiamento richiede una consapevolezza diffusa, una educazione alla sostenibilità. È questa convinzione alla base della scelta dell’UNESCO di lanciare nel 2005 il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile. In Italia non è certo l’anno zero: da anni ormai sono molti gli attori che promuovono iniziative per far crescere questa cultura, non solo nei luoghi naturalmente deputati all’educazione ambientale - la scuola, le associazioni ambientaliste -, ma ormai da anni con responsabilità diretta delle Regioni e delle amministrazioni locali. Dunque non spetta all’UNESCO spiegare a questi protagonisti che cosa debbono fare e nemmeno assumersi ruoli di coordinamento, quanto piuttosto di agevolare la nascita di una rete che serva a mettere in contatto le diverse esperienze, a fornire agli uni le competenze e le idee degli altri. L’iniziativa è partita ed ha incontrato la disponibilità di tutti i settori che sono stati interpellati: ne è nata una carta di intenti, che ha poi trovato il consenso caloroso del Presidente della Repubblica, ed ora si sta procedendo nella realizzazione dei primi impegni comuni. Si tratta innanzi tutto di rafforzare gli strumenti stessi della informazione, di censire le sedi della ricerca scientifica sui problemi della Sostenibilità e di stimolarne ulteriore impegno, di promuovere occasioni di approfondimento con il mondo delle imprese e del lavoro, con la politica nelle sue varie articolazioni. E poiché il cambiamento necessario richiede, come si è detto, cultura del cambiamento, si sta cercando di costruire un rapporto esplicito con il mondo della cultura, che in Italia non è apparso sinora granchè impegnato in questa problematica. Politici e maîtres à penser non sembrano oggi i settori più consapevoli nella nostra società dell’urgenza del cambiamento, anche se non manca, nel programma di ogni partito, il capitoletto sull’ambiente: questo suggerisce la necessità di inventare sedi di dialogo, ma, nel contempo, di proporre ai cittadini esperienze di autoorganizzazione sui tanti terreni della problematica della sostenibilità (dall’energia, alla mobilità, allo smaltimento dei rifiuti,…), che anticipino la torpida iniziativa della politica.

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1. INTRODUZIONE ■

Alla presente relazione è stato assegnato il compito di affrontare il tema dell’Educazione ambientale, dal punto di vista della ‘promozione della formazione’, come noto una delle 4 direttrici indicate dallo Schema Internazionale d’Implementazione per il Decennio delle Nazioni Unite dedicato all’Educazione per lo Sviluppo Sostenibile. In particolare, appare interessante cercare di delineare alcuni elementi di tale tematica, riconducibili all’esperienza concreta rappresentata dalle attività che l’APAT, con il coordinamento del Gruppo di Lavoro interagenziale CIFE dei Referenti del sistema delle Agenzie, dedica allo sviluppo di contenuti tecnico scientifici sul tema dell’Educazione ambientale orientata allo Sviluppo Sostenibile. Tale tematica occupa già da alcuni anni un posto rilevante all’interno della programma-

zione delle attività ed ha ricevuto un notevole impulso fornito dalla proclamazione del “Decennio delle Nazioni Unite sull’Educazione per lo Sviluppo Sostenibile”, iniziato ufficialmente lo scorso anno e che si protrarrà fino al 2014, anche se alcuni eventi significativi del “passato prossimo” hanno visto il Sistema agenziale dare un contributo di merito attraverso il Gruppo CIFE, per evidenziare le questioni più rilevanti emerse in queste occasioni, che hanno contribuito a tracciare un percorso che continua nelle odierne linee di orientamento delle attività. Infatti, già in occasione della 8^ Conferenza Nazionale di Genova, svoltasi nel luglio del 2004, e precisamente nella sessione relativa al tema dell’Educazione ambientale per la prima volta, nell’ambito di una Conferenza nazionale si è parlato di “Educazione alla sostenibilità” ed è stata posta la questione, all’interno della tavola rotonda conclusiva, su come le Agenzie

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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

possano contribuire alla creazione e diffusione di una cultura ambientale tra i cittadini, come realtà complessiva e multidisciplinare, articolata in più tipologie di attività (l’informazione, l’educazione, la formazione, la comunicazione ambientale), fondata su una corretta conoscenza tecnico scientifica e sulla condivisione di obiettivi, strumenti, modalità di presenza sul territorio, volta a favorire il coinvolgimento intellettivo ed emotivo, la crescita di consapevolezza, la partecipazione attiva. Promuovere cultura ambientale implica un riferimento alla qualità, della quale si è parlato anche nella 9^ Conferenza Nazionale delle agenzie, a marzo dello scorso anno, a Matera. La relazione presentata in quella occasione, sulle attività del Gruppo CIFE, era appunto intitolata “Verso la qualità dell’educazione ambientale nel sistema agenziale”. In quel contesto, è apparso ormai maturo, su questi temi, il riferimento alle Strategie internazionali (UNESCO e UNECE) di avvio della Decade, in particolare agli elementi indicati dalle ‘7 strategie’ dell’educazione allo sviluppo

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sostenibile contenuti nello Schema Internazionale di Implementazione (scenari e aggregazione, consultazione e senso di appartenenza, partenariato e reti, costruzione di capacità e formazione, ricerca, sviluppo e innovazione, uso delle tecnologie di informazione, monitoraggio e valutazione) e dalle ‘4 direttrici’ (migliorare l’accesso a una educazione di base di qualità, riorientare i programmi educativi esistenti, sviluppare consapevolezza e conoscenza, promuovere la formazione ambientale). In questo documento si trova, tra l’altro, un elenco sintetico molto efficace di quelle caratteristiche che si debbono ritenere indispensabili per una ‘educazione di qualità’, dai quali si possono ricavare alcune considerazioni utili per l’educazione ambientale. Si afferma infatti che l’educazione: ■ “implica processi educativi basati sui diritti dell’individuo. L’educazione è un diritto umano e un’educazione di qualità contribuisce alla realizzazione di tutti i diritti umani”; ed inoltre essa: ■ “genera conoscenze, capacità, prospettive,


comportamenti e valori”; “fornisce gli strumenti per rendere la società più sostenibile”, e: ■ “si può misurare”. Inoltre, sono state comprese l’importanza e anche la necessità di utilizzo di tecniche multimediali, avviando sperimentazioni ed esperienze innovative e confronti con esperti del settore. In quella occasione sono stati inoltre analizzati e presentati i primi dati significativi riferiti al complesso delle attività di promozione e diffusione della cultura ambientale; la rilevazione dei dati costituisce infatti uno degli strumenti di misurazione delle attività in funzione di un miglioramento della qualità dei servizi, pur con alcuni problemi ed incomprensioni iniziali. In risposta a tale domanda, l’attenzione del Gruppo CIFE si è rivolta in questo arco di tempo verso due obiettivi di lavoro, riconducibili entrambi a questioni aperte nelle conclusioni del documento “Linee guida per l’educazione ambientale nel Sistema delle Agenzie per la protezione dell’ambiente”. Il primo aspetto si richiama infatti all’esigenza di aprire una riflessione sulla valutazione della qualità delle iniziative di educazione ambientale, tema ormai abbastanza sentito sia a livello internazionale sia a quello nazionale e regionale. Viene compresa l’importanza di adottare i dettami riportati nelle Linee Guida per l’Educazione Ambientale sviluppate in termini condivisi e contenenti indicazioni verso standards comuni, valutazioni, supporto alle decisioni, linguaggio comune per avviare un percorso verso un miglioramento della qualità dei servizi resi, con strumenti di autovalutazione preliminare (questionari). Il secondo aspetto si richiama ad uno degli impegni previsti dal mandato della ‘Carta di Padova’, quello cioè relativo all’”attuazione di iniziative formative per proseguire nella crescita di una comune professionalità dei componenti del Gruppo di Lavoro sui temi dell’educazione ambientale”. Si è lavorato quindi in queste due direzioni, da una parte aprendo un confronto sul tema della qualità, nel quale tuttavia si è sperimentata la difficoltà di integrare esperienze locali molto diverse fra loro e di trovare un accordo tra visioni diverse del concetto di qualità; dall’altra parte ha preso forma prima l’idea, e poi la proposta di realizzare un percorso formativo, in coincidenza con l’anno di avvio della DESS, il 2005, su alcune tematiche di riferimento dell’Educazione Ambientale orientata alla sostenibilità, sia in termini di approfondimento degli aspetti tecnico-scientifici sia rispetto alle metodologie e processi educativi, formativi e comunicativi connessi, adottabili in ■

futuro in azioni progettuali condivise. Si è così avviata la progettazione esecutiva del Corso - Laboratorio di Educazione ambientale per lo Sviluppo Sostenibile, di cui fino ad oggi si sono svolti 3 Moduli formativi, rispettivamente il primo introduttivo alla tematica in generale (svoltosi a Roma e organizzato dall’APAT), il secondo dedicato al tema del rapporto tra Educazione Ambientale e Educazione alla Salute (organizzato dall’Arpa Emilia Romagna) ed il terzo, appena concluso, sul tema cruciale della Qualità applicata ai sistemi e alle attività di educazione ambientale, organizzato dall’Arpa Toscana. Non si possono poi dimenticare, per un migliore orientamento delle attività, i risultati di indagini sulla percezione da parte dei cittadini dei principali problemi ambientali e delle attività delle Istituzioni preposte per avviare un necessario feed back alle iniziative proposte e per progettare attività di sviluppo di consapevolezza in maniera adeguatamente valida, così come non si possono trascurare i vantaggi ma anche per contro i rischi - che le nuove forme di comunicazione, quali gli strumenti multimediali e innovativi (kits, toolkits, personal computer, FAD,) - nonché un maggiore uso di quelle tradizionali (TV e cinema) - offrono al veicolamento di una cultura ambientale in cui si fondono gli aspetti conoscitivi e quelli di coinvolgimento emotivo. Se da una parte, infatti, l’uso di tali strumenti consente una maggiore diffusione delle informazioni a fronte di una riduzione dei costi (calcolando il costo per numero di persone raggiunte), dall’altra parte però bisogna anche stare attenti al rischio di banalizzazione o di strumentalizzazione di problemi così delicati come quelli relativi all’ambiente. L’educazione ambientale, infatti, non si può più ridurre alla semplice conoscenza dell’ambiente naturale, bensì impone il passaggio alla comprensione unitaria dei meccanismi complessi che caratterizzano il funzionamento dell’ambiente in una prospettiva che coinvolge conoscenze scientifiche, emozioni, valori, atteggiamenti e comportamenti. Questo è quanto richiesto che avvenga sia all’interno della scuola, con la graduale trasformazione dei curricula disciplinari, sia in tutti gli altri ambiti deputati all’educazione formale e informale. Il Gruppo di Lavoro interagenziale CIFE si pone in tal senso come punto di riferimento per un osservatorio delle attività di risposta del Sistema Agenziale in questi campi, tramite l’attività annuale di raccolta dei dati relativi ai parametri in base ai quali vengono costruiti gli Indicatori (di risposta) della diffusione della cultura ambientale, per l’Annuario APAT.

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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

COME PROMUOVERE LA FORMAZIONE PER L’EDUCAZIONE AMBIENTALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE ■ Il Gruppo CIFE, per poter presentare e proporre soluzioni a questo quesito, utilizza essenzialmente lo strumento dell’incontro e del confronto e nel corso dell’anno 2005 si sono svolte 5 riunioni plenarie, delle 22 finora svolte, e sono stati istituiti anche alcuni sottogruppi con i quali sono state affrontate questioni specifiche su questi temi, come è avvenuto per esempio per il tema della qualità e per il Corso - laboratorio. La risposta dell’APAT e del Sistema agenziale non può non fare riferimento ai principi e contenuti indicati dall’UNESCO, anche nelle metodologie proposte, che fanno riferimento alle nuove tecnologie di informazione e comunicazione, quali ad esempio la formazione ambientale a distanza (e-learning), e nell’elaborazione di materiali didattici specifici per trattare adeguatamente queste tematiche, facendo riferimento al programma educativo messo a punto proprio dall’UNESCO (Teaching and Learning for a sustainable future) che valorizza appieno la modalità interattiva del cd-rom o del sito web per trasmettere contenuti di natura interdisciplinare sullo sviluppo sostenibile. Tra questi materiali didattici specifici APAT ne ha promossi di 2 tipologie: ■ i ‘Quaderni della formazione ambientale’, un Kit didattico di 8 monografie di circa 40 pagine tra testo ed illustrazioni, in cui vengono descritti sia i principali elementi che costituiscono le 4 matrici ambientali (Aria, Acqua, Suolo, Natura e biodiversità), sia gli aspetti di maggior rilievo che caratterizzano i fenomeni di antropizzazione (Rifiuti, Energia e radiazioni, Demografia ed economia, Cultura ambientale e sviluppo sostenibile); ■ i Video educativi, in cui vengono riportati in 8 filmati documentaristici una serie di informazioni di taglio giornalistico a carattere tecnico scientifico, per supportare la corretta comprensione dei fenomeni ambientali e dei concetti di base della tutela ambientale. Grazie a questi strumenti, tra breve disponibili anche on line sul portale web dell’APAT, è possibile affrontare con maggiore tranquillità il problema della formazione degli educatori, che resta uno stimolante problema aperto da affrontare con estrema attenzione, sia per la qualità che per la quantità dell’attività che si profila in futuro. Il networking offerto dal sistema agenziale è disponibile per avviare e supportare nei contenuti tecnico scientifici eventuali iniziative ter-

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ritoriali sui problemi ancora aperti - 1^ e 2^ Direttrice sulla Educazione di base e sul Riorientamento dei programmi - e sugli aspetti di consapevolezza ambientale - 3^ Direttrice -. Da questo punto di vista il Corso - Laboratorio è la prima iniziativa condivisa delle ARPA e può essere il luogo per elaborare contributi utili e renderli disponibili sul piano di azioni integrate e condivise a livello nazionale con gli altri soggetti che partecipano al processo della Decade ONU. Dalle esperienze maturate nel recente passato, alcuni elementi di base possono aiutare a comprendere come fare protezione dell’ambiente attraverso l’educazione allo sviluppo sostenibile ed in particolare seguendo la 4^ Direttrice ‘Promuovere la formazione’, cioè attraverso una adeguata manutenzione delle risorse umane, ed una prima lista di elementi su cui riflettere non può comprendere, ad esempio, le considerazioni elencate brevemente nel seguito:


l’importanza della comunicazione, come attività che può caratterizzare profondamente l’efficacia di ogni azione educativa del 3^ Millennio; ■ gli aspetti fondanti di sviluppo salubre e sostenibile, secondo i disposti dell’Articolo 32 della Costituzione Italiana, che definisce ‘la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo’; ■ la consapevolezza che le questioni di interesse ambientale sono innanzi tutto questioni tecnico scientifiche e quindi necessitano di un approccio adeguato in termini di analisi e comprensione dei fenomeni dominanti, di studio della complessità e di adozione di approcci quantitativi; ■ la constatazione che i meccanismi di apprendimento nell’uomo sono continui e che nel caso dell’ambiente implicano lo sviluppo, oltre che di capacità critiche e di relazioni, anche di educazione alla considerazione

della complessità, in termini sistemici, di senso del limite, di attitudine a porsi il problema, a scambiare conoscenza ed educazione ambientale; ■ l’analisi dei 2 aspetti della conoscenza-cultura ambientale, e cioè di alfabetizzazione alla protezione dell’ambiente - con il sottoproblema della autosufficienza dell’educatore a fare corretta educazione - e del capitale culturale ambientale in continua crescita per gli straordinari contributi scientifici degli ultimi decenni; ■ l’importanza di lavorare sui giovani per la precocità di sviluppo delle facoltà cognitive, ma anche di coinvolgere i non più giovani per la necessaria trasmissione sia genetica tra genitori e figli che culturale tra società e individuo; ■ l’importanza dell’utilizzo delle nuove tecnologie per cogliere lo stimolo che l’evoluzione tecnologica e informatica offre per lo svi-

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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

luppo della società della conoscenza anche per la formazione ambientale, per avviare processi di formare facendo, virtuali ma concreti, come ad esempio i sistemi di formazione ambientale a distanza; ■ la necessità di produrre conoscenza e di disseminarne i risultati, per dare risposta con flessibilità e competenza ai mutamenti per una nuova creatività educativa alla soluzione dei problemi (learning organization); ■ la analisi dei processi educativi nel contesto uomo-natura per una didattica del territorio e dell’ambiente che sappia cogliere anche le dinamiche evolutive e le capacità portanti, prospettando e coniugando uno sviluppo come rinnovamento socio-economico e ambientale; ■ la consapevolezza che la professione dell’educatore si configura anche in una disponibilità a porsi in discussione, a rimettersi in gioco continuamente con flessibilità, per cogliere la attualità delle situazioni e la partecipazione delle soluzioni per promuovere formazione ambientale come indicato nel Capitolo 36 della Agenda 21 che indica l’educazione ambientale come ‘strumento per promuovere lo sviluppo sostenibile’ tramite la diffusione di consapevolezza ambientale, secondo una strategia di rafforzamento sociale (empowerment) per ottenere sviluppo dei mercati e delle produzioni locali e prevenzione - anche attraverso l’ottimizzazione dei cicli materiali e riduzione degli sprechi -, grazie alla valorizzazione dei saperi dell’ambiente; ■ la constatazione che sussistono criteri, modalità e tecniche di qualità consolidate relative alla promozione della formazione ambientale, in termini gestionali sia di raggiungimento che di miglioramento dei servizi resi.

CONCLUSIONI ■

I temi, gli elementi e le riflessioni riportate sono previste proseguire nel corso dell’anno 2006, sia con i contributi alla 10^ Conferenza Nazionale nell’altro Evento collaterale previsto a Venafro il 7 marzo prossimo presso il Castello Pandone e successivamente in altre sedi ed iniziative nelle quali sarà possibile approfondire in maggior dettaglio i termini del problema. L’avvio della citata Decade UNESCO ed una attenta considerazione dei contenuti delle Strategie UNESCO e UNECE, nonché la avanzata maturazione delle esperienze del Gruppo CIFE nelle ormai numerose e consuete occasioni lavorative e di confronto a vari livelli locali, regionali, nazionali ed internazionali, e le attività che nel Sistema agenziale ed in APAT sono state già impostate e già svolte sotto-

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pongono all’attenzione due considerazioni conclusive. La prima considerazione attiene al graduale soddisfacimento del mandato della “Carta di Padova” quale elemento fondante ed ispiratore delle attività del Gruppo CIFE, attraverso i suoi disposti operativi di carattere generale, e comporta in prospettiva il proseguimento delle attività previste a completamento e con un sempre maggiore coinvolgimento delle Agenzie, anche grazie alle attività del Corso Laboratorio recentemente avviato. La seconda considerazione riguarda, invece, il recepimento da parte del Gruppo CIFE dei disposti delle Strategie UNESCO e UNECE per la Decade proclamata dall’ONU, come peraltro previsto dalla strategia UNESCO stessa per le organizzazioni governative ed in linea con quanto già attuato dall’APAT. In merito a questo secondo punto, essendo la Decade ONU appena avviata, il Gruppo CIFE può cogliere in prospettiva gli aspetti di merito sia delle 7 Strategie (scenari e aggregazione, consultazione e senso di appartenenza, partenariato e reti, costruzione di capacità e formazione, ricerca, sviluppo e innovazione, uso delle tecnologie di informazione, monitoraggio e valutazione) che soprattutto delle 4 linee Direttrici (migliorare l’accesso a una educazione di base di qualità, riorientare i programmi educativi esistenti, sviluppare consapevolezza e conoscenza, promuovere la formazione ambientale) attraverso la partecipazione ad esperienze, confronti ed applicazioni di significativa validità per il Sistema agenziale e per il Paese. Anche il documento di impegno comune proposto dalla Commissione Italiana UNESCO e sottoscritto, tra gli altri, anche dall’APAT e da numerose ARPA / APPA, contiene linee di sviluppo di iniziative ed attività volte a rafforzare l’opera di diffusione dell’informazione ambientale e della formazione ed educazione verso tutti i settori della società ed in modo particolare verso la scuola e l’università, prevedendo la possibilità di elaborare un Programma Nazionale per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile, che tenga conto dei contributi di tutti i soggetti coinvolti, tra cui anche il Sistema agenziale ed il Gruppo CIFE. * APAT - Dipartimento per le attività bibliotecarie, documentali e per l’informazioneResponsabile del Servizio “Educazione e Formazione Ambientale” APAT - Coordinatore del Gruppo di Lavoro Interagenziale CIFE ** APAT - Dipartimento per le attività bibliotecarie, documentali e per l’informazione Servizio “Educazione e Formazione Ambientale” Responsabile del Settore “Educazione Ambientale”


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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

L’EDUCAZIONE E LA COMUNICAZIONE AMBIENTALI: STRUMENTI DI SVILUPPO

N

elle antiche sale affrescate del Castello Pandone di Venafro, che domina la valle del Volturno, si sono aperte le sessioni molisane della X Conferenza delle Agenzie Ambientali. La mattinata è stata dedicata al tema dell’educazione ambientale. Mentre nella sala grande intervenivano numerosi relatori, i bambini delle scuole elementari si snodavano attraverso le salette del castello per visitare la mostra realizzata dalle scuole locali. L’ARPA Molise è un’agenzia giovane, autonoma dal 2003. Come è stato sottolineato da molti dei relatori è un organo attivo e vivace, molto amato a livello locale e apprezzato sul piano nazionale. Grazie alla qualità di chi vi opera, come ha ricordato il Presidente della Re-

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gione Molise l’on. Michele Iorio, l’ARPA Molise ha avuto un percorso veloce di sviluppo ed è stata uno strumento di collaborazione per lo sviluppo della Regione e non di mero controllo. Dopo i saluti del DG Luigi Petracca, del vicesindaco di Venafro e dell’assessore all’ambiente, Alfredo Manfredi Selvaggi dell’ARPA Molise ha presentato le attività dell’Agenzia nel campo dell’educazione ambientale, dal progetto Flepy al marchio di qualità Ecolabel. Circa 2400 alunni sono stati coinvolti in attività di sensibilizzazione e si sono fatti propulsori di un messaggio di difesa dell’ambiente presso le famiglie e l’intera comunità locale. A testimonianza di ciò i racconti delle insegnanti e dei direttori delle scuole coinvolte, che insieme agli alunni e agli esperti


dell’ARPA hanno effettuato prelievi e analisi delle acque nei laboratori, allestito rappresentazioni teatrali sulla storia di Flepy, studiato le fontane e le acque dei propri paesi. Un ringraziamento corale è andato all’APAT per aver introdotto in Italia una specifica metodologia per coinvolgere i ragazzi sull’ambiente. L’Agenzia nazionale ha inoltre presentato il lavoro di educazione ambientale nel bacino mediterraneo e il nuovo Museo virtuale delle collezioni paleontologiche e linomineralogiche che a breve sarà accessibile dal sito www.apat.gov.it, strumento utile anche per le scuole. Sono state di seguito illustrate le attività dei CEA (Centri di Educazione Ambientale) di Isernia e Campobasso e di alcune associazioni locali. Interessante l’intervento del sociologo Guido Gili, dell’Università del Molise, che ha analizzato i canali attraverso i quali far partire una comunicazione dell’ambientale credibile e fruibile. Nel ricordare come l’ARPA Molise sia un motore importante e “passionale” del Sistema Agenziale, il DG dell’Agenzia lombarda Giuseppe Bavaglio, ha concluso sottolineando il ruolo dell’educatore nel veicolare la comunicazione e apprezzando il senso di positività emerso durante al giornata, che nasce dall’avere a cuore la tutela dell’ambiente e l’amore per la propria terra.

ARPA MOLISE E L’EDUCAZIONE AMBIENTALE: I PROGETTI COORDINATI DA APAT E REALIZZATI IN MOLISE ■ DI ALBERTO MANFREDI SELVAGGI

Direttore Amministrativo Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise (ARPA Molise)

L’ARPA Molise considera l’educazione ambientale come un’attività trasversale rispetto a quelle caratterizzanti la mission dell’Ente e attribuisce ad essa una rilevanza strategica al fine di orientare il percorso di sviluppo sostenibile. I principi caratterizzanti l’evoluzione dei contenuti della politica ambientale europea (responsabilizzazione, prevenzione, precauzione) trovano una concreta attuazione solo se si applicano strumenti e metodologie finalizzate a stimolare l’interesse nei confronti delle tematiche ambientali e quindi a definire i comportamenti più opportuni per calibrare le attività antropiche verso lo sviluppo che concilia esigenze di crescita economica con quelle di miglioramento della qualità della vita e di tutela ambientale. Informare, comunicare ed educare in materia ambientale vuol dire rendere i cittadini partecipi e consapevoli dell’obiettivo della so-

stenibilità ambientale. ARPA Molise interviene in tal senso attraverso le seguenti modalità: ■ informazione: studiare il territorio, monitorare le matrici ambientali, raccogliere i dati e trasformarli in informazione semplice ma scientificamente accurata attraverso l’elaborazione, la validazione e la successiva comunicazione; ■ educazione ambientale: realizzare iniziative progettuali rivolte soprattutto ai bambini che saranno i protagonisti della futura società civile. Educare alla sostenibilità ambientale attraverso una metodologia basata sulla sperimentazione, il contatto diretto con il territorio e la responsabilizzazione del bambino. L’ARPA Molise sviluppa la progettualità in tale materia attraverso la proposta di iniziative autonome e mediante la partecipazione attiva al Gruppo di Lavoro Interagenziale coordinato da APAT - CIFE (Comunicazione Informazione Formazione Educazione Ambientale). Nell’ambito del Gruppo CIFE, l’Agenzia ha realizzato nel biennio 2004-2005 due progetti: ■ progetto “Flepy”: tutela dell’aria e dell’acqua ■ progetto “Ecolabel”: promozione del marchio europeo di qualità ecologica applicabile ai prodotti e ai servizi. Il primo ha interessato le scuole materne ed elementari della Regione Molise e ad esso hanno partecipato 17 istituti scolastici. Il progetto si è sviluppato seguendo una metodologia di lavoro basata sui seguenti concetti che costituiscono i parametri di riferimento per lo sviluppo delle relative azioni: ■ conoscenza ■ approfondimento ■ sensibilizzazione ■ sperimentazione ■ divulgazione ■ consapevolezza. Il progetto relativo alla promozione del marchio europeo di qualità ecologica - Ecolabel - è stato sviluppato in due momenti differenti: ■ distribuzione di materiale informativo messo a disposizione da APAT alle scuole e sostegno nello sviluppo delle iniziative progettuali proposte dalle stesse; ■ realizzazione di una manifestazione che ha coinvolto le scuole del capoluogo molisano e nell’ambito della quale, al fine di stimolare la curiosità dei bambini nei confronti della tematica e quindi lasciare loro un insegnamento concreto, sono stati proposti dei laboratori didattici nell’ambito dei quali i bambini sono stati protagonisti. Ai laboratori didattici si è aggiunto uno spettacolo teatrale che attraverso il racconto ha illustrato ai bambini in modo divertente il contenuto del concetto di sviluppo sostenibile.

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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

IL COLORE DEL VENTO ■ DI AVE VENDITTI

Scuola dell’infanzia “Amatuzio” di Boiano (CB) -

L’inserimento del bambino nel contesto ambientale costituisce un fatto naturale e spontaneo; per questo le fasi della crescita hanno bisogno di interventi mirati e stimolanti rispondenti ai bisogni formativi dell’infanzia, nonché alle richieste del contesto sociale. Bisogna permettere di introdurre, nel processo cognitivo, tutti gli strumenti che scaturiscono dall’assetto disciplinare ed interdisciplinare della conoscenza, per sviluppare gli aspetti estetici, morali, etici, scientifici, religiosi e mettere a disposizione il progresso scientifico affinché già dalla prima infanzia si delinei il convincimento che la tecnologia è supporto alla salute ambientale. L’attenzione volta al bambino nel suo rapporto con l’ambiente ha mirato alla unitarietà delle esperienze che richiedono comunque una molteplicità e coerenza di interventi consistenti in semplici esperimenti, osservazioni dirette, riflessioni, lettura, racconti, giochi, uscite escursioni e tutto coronato, in questa iniziativa della scuola dell’infanzia di Bojano, dalla nascita di un personaggio fantastico: Flepy che ha accompagnato i bambini nel viaggio nell’acqua e nell’aria. Le peripezie di Flepy sono state piene di

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sorprese, specie quando, con l’uscita didattica per l’osservazione del fiume che attraversa il nostro paese, i bambini hanno scoperto l’inquinamento che ha portato alla progettazione di un depuratore.Tale esperienza ha consentito la comprensione della necessità dell’interazione tra l’uomo e l’ambiente, attraverso comportamenti corretti, necessari alla qualità della vita. Nulla è stato lasciato al caso e quantomeno trascurato nel percorso didattico, durante il quale, nell’allestimento del laboratorio sono state stampate t-shirt di Flepy e il calendario, che questo circolo produce ogni anno su tematiche particolarmente formative, ha ospitato il pupazzo, diventato, ormai, l’amico inseparabile dei bambini. Ormai Flepy è diventato importante, ma anche un po’ girandolone, lo hanno visto addirittura al tavolo del Consiglio dei Ministri, insieme alla signora Moratti, in occasione della giornata europea dei genitori nella scuola. Proprio i genitori hanno dato un contributo notevole all’iniziativa ambientale della scuola dell’Infanzia: riportando il messaggio educativo all’interno del contesto familiare rafforzandolo e valorizzandolo.. La scuola non può vivere isolata da altre istituzioni con le quali necessita realizzare un sistema formativo integrato e per questo bisogna prestare attenzione agli inviti di vari enti e istituzioni, promotori di progetti significativi, quali in questo caso l’ARPA, che ha proposto e


sostenuto un progetto, partito dalla scuola e allargato al contesto territoriale con la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Educazione Ambientale, quindi, come tematica centrale costituita da un forte tessuto connettivo, nel quale si sviluppano e si intrecciano esperienze altamente formative ed indispensabili al futuro dell’umanità, quali l’educazione alla pace, alla solidarietà, alla cittadinanza attiva. Così il soffio del vento, sia esso lieve o forte, si colora di fiducia, di aspettative e di speranza affinché tutti possano partecipare alla costruzione di un mondo migliore.

IL RUOLO DEL CEA NELL’EDUCAZIONE AMBIENTALE: INFORMARE, IDEARE, PROGETTARE ■ PROF. NICOLA IACOBACCI

Presidente CEA KORAI di Campobasso

Nell’ambito dell’ educazione ambientale, il CEA svolge ovviamente un ruolo basilare come soggetto attivo che principalmente promuove una riflessione sul rapporto uomo ambiente, riflessione finalizzata alla creazione di contesti educativi adeguati per costruire e sviluppare diversi tipi di competenze cognitive e relazionali. Perciò, l’educazione ambientale può essere

definita, in senso ampio, come una attività di interazione culturale che determina conoscenza di contenuti, promuove atteggiamenti e incoraggia comportamenti consapevoli e responsabili verso l’ambiente. Un Centro di Educazione Ambientale, quindi, ha il compito di sviluppare un ventaglio di attività che mirano al raggiungimento di importanti obiettivi di fondo: ■ sviluppare conoscenze sulla questione ambientale, attraverso la trasmissione di dati e informazioni scientificamente corretti e allo stesso tempo comprensibili; ■ stimolare la “partecipazione” in prima persona alla soluzione delle problematiche ambientali, promuovendo atteggiamenti (intesi come risposte alle nuove conoscenze acquisite), comportamenti consapevoli verso l’ambiente (riferiti, cioè, alla volontà di orientare le proprie azioni verso la risoluzione di problemi) e allo stesso tempo responsabili (ovvero consci della sostanziale libertà di scelta nelle proprie azioni, e quindi della conseguente responsabilità che ne deriva a livello individuale e sociale); ■ coinvolgere non solo i “cittadini di domani” (gli individui in formazione all’interno degli ambiti scolastici), ma anche tutto il mondo “adulto”. Per fare questo, l’educazione ambientale deve anche modularsi in maniera appropriata rispetto ai diversi temi trattati, trasformandosi quindi di volta in volta.

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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

Questo significa operare: in un approfondimento sulla biodiversità (cos’è, il suo valore simbolico, ecologico ed economico) e sulle strategie di conservazione della natura; ■ in un inquadramento delle politiche locali e globali di gestione dell’ambiente, con conseguente approccio alle problematiche dell’uso durevole e razionale di tutte risorse rinnovabili e non rinnovabili attraverso la promozione di modelli di sviluppo sostenibile; ■ in una conoscenza delle diverse forme di produzione di energia e dei suoi molteplici modi di consumo, nonché delle alterazioni ambientali che le azioni dell’uomo comportano; ■ in un’analisi attenta del paesaggio, della geografia umana e dell’ecologia urbana viste rispettivamente come sintesi dell’interazione storica tra ambiente e uomo, come fotografia dinamica dei rapporti attuali o come “zoomata” sulle relazioni tra artificiale e naturale “residuo” all’interno dei cicli di vita delle città. Nonostante queste numerose e possibili diversità di approccio, i CEA hanno il compito di rendere l’educazione ambientale davvero efficace e di mantenere sempre alcune caratteri■

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stiche di fondo comuni: ■ stimolare una contestualizzazione e una visualizzazione delle problematiche a dimensione personale; ■ nel contempo procedere avendo come riferimento scenari di fondo globali e planetari; ■ avere anche un approccio sistemico e interdisciplinare, necessario all’individuazione di strategie complessive e non tecniciste; ■ infine educare alla capacità di valutare in condizioni di incertezza, stimolando quindi la crescita di una coscienza critica.

EDUCAZIONE AMBIENTALE E SOSTENIBILITÀ ATTRAVERSO SISTEMI MULTIDISCIPLINARI ■ DI VALENTINA DI MEO Centro Educazione Ambientale di Isernia

L’ambiente, le risorse naturali, la cultura, le tradizioni e il patrimonio artistico sono le componenti principali che caratterizzano il territorio molisano. A ciò si aggiunga il forte senso di appartenenza che lega da sempre l’uomo al suo territorio e che in questa regione è parti-



FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

colarmente sentito favorendo la nascita di una forte identità locale. Non a caso la Regione Molise è una terra a forte vocazione agricola e zootecnica, vocazione che si è perpetuata e si perpetua ancora oggi, una terra che ha conosciuto, per alcuni aspetti, solo marginalmente la pressione antropica sul territorio. Ciò, se da una parte ha favorito la preservazione del patrimonio naturalistico, storico e culturale, dall’altra non ha contribuito alla valorizzazione di queste potenzialità che, di fatto, non sono diventate realtà. Manca, cioè, una coscienza collettiva delle doti naturali del territorio e, di conseguenza, manca la consapevolezza che questa potenzialità sia una risorsa da tutelare e valorizzare per uno sviluppo del territorio che sia sostenibile e non di degrado. Con questo obiettivo, la Regione Molise ha sostenuto la nascita di un Centro di Educazione Ambientale, nel cuore dell’Alta Valle del Volturno, a Rocchetta a Volturno, finalizzato ad attivare azioni mirate al rafforzamento dello sviluppo sostenibile e all’educazione ambientale con particolare attenzione al territorio ricadente nella provincia di Isernia. Il Centro di Educazione Ambientale nasce, dunque, con lo scopo di favorire campagne di sensibilizzazione verso tutte le tematiche ambientali con lo scopo di esaltare le capacità individuali, indispensabili per far comprendere e ri-

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animare il rapporto esistente tra l’uomo, la sua cultura e l’ambiente che lo circonda e, nello stesso tempo, stimolare i cittadini verso comportamenti consapevoli, responsabili e rispettosi. L’ambiente, infatti, non è solo natura ma è anche cultura, storia e tradizioni, e cioè un insieme indissolubile di elementi, ed è con questa peculiarità che attraverso la divulgazione di informazioni scientificamente corrette, lo studio, la ricerca, la partecipazione diretta e l’esperienza sensoriale, va trasmesso alla popolazione. Fondamentale è la sinergia con le Amministrazioni locali, gli Enti, le Associazioni di categoria, le Università e più in generale con tutti i cittadini, di ogni età, perché questo è, prima di tutto, il loro territorio e perché comprendano quanto sia prezioso e quanto sia necessario programmare un sistema che non si basi sullo sfruttamento bensì sulla valorizzazione finalizzata alla incentivazione dello sviluppo sostenibile del territorio. In quest’ottica, l’immenso ed inestimabile patrimonio ambientale, naturalistico, paesaggistico, storico, artistico e culturale diventa il punto di partenza e, nello stesso tempo, il punto di arrivo di azioni basate sull’incrocio tra i diversi Beni al fine di promuovere, in tutti i suoi aspetti, la conoscenza del proprio territorio nonché stimolare i cittadini tutti a comportamenti coscienziosi e rispettosi verso quello


che potrebbe diventare la premessa di uno sviluppo per una nuova economia territoriale ed una nuova capacità imprenditoriale sostenibile che valorizzi il nostro territorio. I progetti promossi dal Centro di Educazione Ambientale mirano al raggiungimento di questo obiettivo. Partendo dallo studio del territorio e incentrando l’attenzione sui problemi ad esso connessi, si approfondirà l’argomento scelto per arrivare ad una conoscenza globale delle tematiche ambientali a livello locale, regionale, nazionale e mondiale. Con lo stesso intendo si vogliono promuovere seminari, convegni, attività didattiche, conferenze, workshop, mostre e manifestazioni nonché pubblicazioni di varia tipologia (brochure, depliant, guide turistiche, pubblicazioni scientifiche, prodotti multimediali). Una particolare attenzione è rivolta al mondo della scuola, essendo questa il mezzo di comunicazione più diretto ed efficace per educare la nuova generazione alla cognizione di essere parte integrante del contesto ambientale e non solo semplici osservatori. Alle scuole sono indirizzati due progetti, Ricicla e Meteo in Rete, promossi dalla Regione Molise-Assessorato all’Ambiente nell’ambito del programma di azioni finalizzate all’educazione ambientale nel territorio molisano, e stipulati in collaborazione con il Centro di Educazione Ambientale “Consorzio Korai” operante nella provincia di Campobasso. Nello specifico verranno trattati gli argomenti legati al problema dei rifiuti e alla loro gestione e a quello dei cambiamenti climatici e i loro effetti sull’ambiente, con la finalità, per entrambi, di indicare una linea guida comune che possa accrescere le competenze degli studenti verso le problematiche ambientali e, non da ultimo, sviluppare comportamenti sostenibili. Sempre alle scuole sono rivolte una serie di attività volte alla conoscenza della biodiversità che caratterizza gran parte del territorio della provincia di Isernia (Parco Nazionale d’Abruzzo - Lazio e Molise) e altre iniziative quali la partecipazione al progetto promosso dalla Provincia di Isernia-Assessorato alla Programmazione- inerente le “Fattorie Didattiche”. Tra le altre attività condotte dal Centro di Educazione Ambientale rientrano le collaborazioni con i Comuni ricadenti nel comprensorio provinciale per la realizzazione di giornate ecologiche, che hanno come obiettivo quello di offrire una giornata da vivere all’aria aperta, a contatto diretto con la natura, così da innescare meccanismi di conoscenza della natura e di comunione e rispetto dell’ambiente che ci ospita. Nel complesso panorama della tutela ambientale e territoriale non è possibile prescin-

dere da uno dei possibili fattori di degrado ambientale quale potrebbe essere lo sviluppo indiscriminato del turismo. E così, anche in questo settore diventa determinante l’opera di informazione e formazione affinché dalla conoscenza del territorio possano scaturire iniziative volte alla valorizzazione delle qualità ambientali e culturali e alla programmazione di uno sviluppo sostenibile del turismo e una concreta possibilità di occupazione. Gli itinerari proposti dal Centro di Educazione Ambientale sono il risultato di uno studio approfondito del territorio, della molteplicità degli elementi che lo costituiscono, ed hanno come principale scopo quello di valorizzare i beni ambientali e culturali e incentivare i soggetti preposti a forme di turismo sostenibile in una terra che è densa di storia e paesaggisticamente straordinaria.

EDUCAZIONE AMBIENTALE: UN’OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI IN ALTO MOLISE ■ DI DAVID DI MARIO Presidente della Soc. Coop. Madrenatura a.r.l. di Agnone (IS)

La Cooperativa MadreNatura nasce dalla volontà di giovani laureati e laureandi in materie ambientali di creare nell’Alto Molise un supporto importante nei processi di pianificazione e di sviluppo ecosostenibile del territorio, attraverso progetti di Educazione Ambientale rivolti a scuole di ogni ordine e grado nonché a quanti vogliano avvicinarsi in modo nuovo alle tematiche ambientali. Le molteplici potenzialità presenti sul territorio altomolisano, quali la riserva MaB di Collemeluccio-Montedimezzo, i tratturi ed il Giardino di Flora Appenninica di Capracotta, offrono un’importante base di partenza per vivere l’Educazione Ambientale a diretto contatto con la natura. Nel Giardino di Flora Appenninica di Capracotta, caratterizzato da un’elevata biodiversità di specie ed ambienti, la Cooperativa MadreNatura ha garantito un servizio di supporto ai visitatori mediante approfondimenti degli aspetti naturalistici dell’area. La continua interazione con gli operatori durante le visite, oltre a fornire nozioni scientifiche, ha suscitato nei visitatori curiosità e stupore nonché una riscoperta del sentimento innato di appartenenza alla natura. Affinché l’Educazione Ambientale sia efficace occorre agire in maniera sistemica e sinergica con le altre realtà regionali operanti nel settore, associazioni, istituzioni, cittadini, al fine di promuovere e maturare un nuovo modo di percepire ed organizzare le conoscenze sull’ambiente.

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FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

APAT: IL MUSEO VIRTUALE DELLE COLLEZIONI PALEONTOLOGICHE E LITOMINERALOGICHE DEL SERVIZIO GEOLOGICO D’ITALIA ■ DI MYRIAM D’ANDREA Responsabile del Servizio Attività Museali Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT)

L’appartenenza ad APAT del cospicuo patrimonio geologico e storico del Servizio Geologico d’Italia (oltre 150.000 reperti tra fossili, rocce, marmi e minerali) pone di fatto l’Agenzia al centro di un sistema di conoscenza, gestione e valorizzazione di un bene non solo ambientale ma anche culturale e storico del nostro Paese. Più in particolare APAT tramite l’attività del Servizio Attività Museali opera nella conservazione dei beni geologici attraverso la sostenibilità della loro valorizzazione, collegando i reperti conservati al territorio di provenienza, considerandoli come testimonianza di un percorso che ne ha determinato nel tempo l’acquisizione come patrimonio dello Stato, perseguendo le opportunità e le strategie atte a favorire la museologia come strumento di svi-

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luppo del territorio. L’eredità di 150 anni di storia (1869-2006) non solo geologica (reperti raccolti nelle campagne di rilevamento per la cartografia geologica ufficiale dal suo esordio agli anni ‘70 e collezioni paleontologiche di riferimento non solo nazionale), ma anche economica (collezioni provenienti dalle cave e dalle miniere del Regno) oggi può giovarsi di un sistema di trasmissione-fruizione delle informazioni un tempo affidata al testo stampato, al manoscritto e talvolta alle scuole ed alla tradizione orale. Pertanto il progetto di realizzazione di un “Museo virtuale delle collezioni geologiche e storiche” di APAT, che ha preso avvio con il 2006, si avvale di sofisticate soluzioni multimediali che consentono di ottimizzare i processi di comunicazione per offrirli all’utenza web. Il progetto infatti opera alla realizzazione di un sito, all’interno del portale web dell’Agenzia, in cui offrire virtualmente la possibilità di visitare le collezioni (tour virtuale) e che garantisca ai visitatori l’utilizzo di molteplici interfacce grafiche di accesso, permettendo di diversificare la navigazione a ciascun dei target di utenza individuato (generico, scolastico,



FORMAZIONE ED EDUCAZIONE AMBIENTALE

specialistico, etc…). Per ogni singolo reperto individuato e implementato all’interno delle pagine on line, sarà quindi possibile: visualizzare le immagini maggiormente rappresentative del reperto; acquisire tutte le informazioni di interesse tecniche e descrittive - riferite nello specifico ai vari reperti delle collezioni paleontologiche e litomineralogiche; usufruire di avanzate soluzioni multimediali che consentano la valorizzazione grafica di quanto messo a disposizione on line. La Conferenza delle Agenzie Ambientali offre pertanto l’occasione di esporre le metodologie individuate per la predisposizione del sito museale di APAT, in osservanza delle normative nazionali (L. 4/2004 “Legge Stanca”) e comunitarie in tema di accessibilità e usabilità dei siti, tenendo conto del perfezionamento dei percorsi di consultazione offerti agli utenti e della “mission” del museo virtuale. Il sito del museo andrà pertanto considerato quale strumento multimediale da consultare per apprendere e/o approfondire la tematica trattata e questo sarà possibile semplicemente ricorrendo all’uso di internet, uno dei più efficaci circuiti mediatici di comunicazione del nostro secolo: “l’analisi del passato sviluppata mediante l’uso di moderni strumenti informatici”.

L’EDUCAZIONE

AMBIENTALE PER L’AMBIENTE E LA SALUTE. ASPETTI SALIENTI EMERSI DAL MODULO DEL CORSO LABORATORIO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE ■ DI FRANCESCO SAVERIO APRUZZESE Responsabile Area Educazione Ambientale Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente dell’Emilia Romagna (ARPA ER)

DEBORA GIANCOLA Referente C.I.F.E ARPA Molise Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise (ARPA Molise)

Quando si parla della salute e dei suoi rapporti con i fattori di rischio presenti nell’ambiente si fa riferimento a una situazione dinamica in cui l’interazione fra l’essere umano inteso nella sua complessità psicofisica e il contesto ambientale in cui esso è inserito subiscono continue variazioni. In questa visione sistemica l’essere umano subisce la pressione delle diverse variabili ambientali e reagisce attraverso una complessa serie di risposte integrate che riassumono oltre la sua essenza di essere adattato dal punto di vista psico fisico, anche le sue capacità socio culturali di organizzare risposte complesse ed arti-

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colate di tipo individuale e di tipo sociale. Sono proprio queste le capacità su cui è maggiormente possibile intervenire per produrre cambiamenti in positivo della relazione fra ambiente e salute e fra di esse un ruolo importante è giocato dalla capacità di individuare e assimilare comportamenti individuali e sociali che favoriscano una equilibrata interazione fra ambiente e salute. In tal senso è necessario sviluppare continue e approfondite azioni di comunicazione, informazione e di educazione ambientale. Conoscere il rischio, la sua entità, e gli strumenti per ridurlo, sono i passaggi fondamentali per favorire la consapevolezza del cittadino. Le Agenzie Ambientali intervengono in tal senso in quanto in possesso di dati ambientali derivanti dal continuo monitoraggio sul territorio, dati che si tramutano in informazione scientificamente valida da offrire alla collettività nell’ottica della prevenzione ambientale. Questo aspetto delle azioni di miglioramento ambientale, sviluppato in ARPA Emilia Romagna dalla Struttura Tematica di Epidemiologia Ambientale e dall’Area di Educazione Ambientale, è stato approfondito nell’ambito di un seminario a cui hanno partecipato operatori di educazione ambientale del sistema nazionale delle agenzie e responsabili di Centri e Laboratori di Educazione Ambientale della rete INFEA dell’Emilia Romagna e che ha permesso di fare il punto su alcune questioni molto dibattute e spesso all’origine di conflitti anche intensi fra la popolazione e le pubbliche amministrazioni. Gli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici, dei termovalorizzatori, dell’inquinamento atmosferico, dei fattori meteoclimatici, del traffico autoveicolare sono stati illustrati attraverso una serie di relazioni, proposte da esperti della struttura di Epidemiologia Ambientale, che possono essere esaminate nei dettagli all’interno del sito di ARPA ER (www.arpa.emr.it) o scaricandole dalla pagina http://www.arpa.emr.it/pubblicazioni/notizie/notizie_296.asp Le relazioni tecniche hanno evidenziato l’elevato grado di incertezza sia nel confermare danni alla salute sia nell’escluderli, dal momento che si tratta di effetti difficilmente stimabili sia con le tecniche epidemiologiche, sia in ambito sperimentale vista la difficile riscontrabilità e riproducibilità dei danni biologici eventualmente prodotti. È quindi emersa una situazione di complessità che obbliga tutti gli eventi titolo a cooperare per cercare soluzioni condivise e a utilizzare adeguatamente i saperi tecnici. Infatti anche quando si hanno fondate ragioni per ritenere che alcune situazioni siano


effettivamente connesse a danni per la salute, come ad esempio accade per l’inquinamento atmosferico, o per gli effetti indotti dai fattori meteoclimatici, non sempre la popolazione e le amministrazioni convergono sulle soluzioni da adottare. Un esempio evidente di tale situazione è rappresentato dalle limitazioni al traffico, che sebbene costituiscano, se adottate in misura ampia e completa, una efficace risposta alle pressioni inquinanti, di fatto vengono difficilmente accettate dalla popolazione che vede compromessa la propria libertà di spostamento e di lavoro. Per migliorare quindi l’efficacia delle relazioni fra amministratori, tecnici e popolazione appare importante la messa in opera di contesti e ambiti in cui possa essere facilitata la discussione e il confronto fra le idee e fra gli interessi dei vari attori che agiscono nello scenario sociale ed urbano. Da questo punto di vista il seminario ha permesso di acquisire alcuni importanti elementi di discussione soprattutto durante la seconda giornata dedicata alle esperienze degli educatori e alle linee generali di azione delle amministrazioni in questo settore. Per quanto riguarda le potenzialità del sistema dei laboratori e centri INFEA è emerso che un miglioramento ulteriore di qualità potrebbe essere determinato da un più costante e integrato rapporto con le strutture della nostra agenzia. La conoscenza dei fenomeni e delle variabili ambientali e delle loro relazioni con la salute della popolazione in ARPA è molto approfondita, ma è necessario che si strut-

turi un sistema di comunicazione e di alimentazione scientifica e tecnica nei confronti della rete INFEA, affinché chi opera nell’ambito dell’educazione e dell’informazione possa avere dei riferimenti aggiornati e validati. I contributi emersi dalla tavola rotonda finale hanno evidenziato il ruolo e le specificità del marketing sociale, delle agenzie tecniche, e delle agenzie educative regionali. In particolare il dibattito ha enfatizzato la necessità di organizzare modalità per facilitare l’acquisizione di una coscienza critica nella popolazione attraverso la proposizione di informazioni mirate e di buona qualità. Le esperienze della AUSL di Modena con le proposte di marketing sociale e le attività del Laboratorio del Cittadino Competente, il progetto regionale “ Salute è Ambiente”, le campagne proposte in ambito regionale relativamente al tema del miglioramento della qualità dell’aria e alla prevenzione dei danni derivanti dall’abitudine al tabagismo, l’organizzazione del sistema INFEA regionale, i contributi del sistema educativo scolastico, costituiscono la risposta organizzativa ed organizzata alle problematiche generate dal crescente disequilibrio delle relazioni fra salute e ambiente. I prossimi appuntamenti di questo ciclo di seminari saranno l’occasione per definire in maniera più puntuale le specificità presenti nel sistema agenziale e consentiranno di sviluppare efficaci relazioni di collaborazione e di integrazione fra i patrimoni di competenze delle varie agenzie regionali.

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AMBIENTE ED INFRASTRUTTURE

INFRASTRUTTURE… QUALE FUTURO?

DI MARIA ANTONIETTA BARTOLUCCI

I

l Rapporto della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici della Camera sulle Grandi Opere ha evidenziato che nella legislatura appena terminata sono state appaltate e cantierate opere per 32 miliardi di Euro. Nonostante qualche punto debole del Programma delle Infrastrutture Strategiche approvato il 21 dicembre 2001 è diventato chiaro che dopo trenta anni di immobilismo è finalmente ripartito il locomotore dell’economia che dovrebbe portare l’Italia ad una crescita di 5,5 punti di Pil dei quali 1,6 punti attivati dalla Legge Obiettivo e dalla cantierizzazione delle opere. In questo modo l’Italia ha cercato di col-

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mare quel gap infrastrutturale con gli altri Paesi europei, in modo da consentire di dotarsi di quelle grandi opere necessarie a proiettarla al centro dell’Europa. Lo sviluppo economico di un Paese, passa certamente attraverso la realizzazione delle grandi vie di comunicazione, ovvero di quelle grandi opere infrastrutturali e dei trasporti relativi ai principali assi di collegamento con i Paesi d’Oltralpe. Rotaie, strade e autostrade, mare, cielo: tutte queste modalità di trasporto avevano, ed hanno ancora, bisogno di essere rilanciate sotto una nuova ottica. Una moderna idea di ambiente come motore di sviluppo e non vincolo, inteso come una delle qualità




indispensabili ad uno sviluppo sostenibile che si attua attraverso una nuova prospettiva che deve obbligatoriamente vedere sviluppo, progresso tecnico e tutela dell’ambiente come politiche non in contraddizione. Purtroppo questo processo non è facile da realizzare. Ogni Stato appare come un caso a sé, dotato di proprie caratteristiche peculiari che rendono difficile una meccanica e naturale omologazione all’interno di una realtà che le dovrebbe contenere tutte. In Europa la politica comune dei trasporti venne riconosciuta fondamentale per la creazione del Mercato unico nel Trattato di Roma del 1957. Tuttavia solo con il Trattato di Maastricht del 1992, il settore dei trasporti acquista un’importanza fondamentale per il perseguimento del principio di coesione economica, sociale e territoriale. Le grandi opere infrastrutturali contribuiscono significativamente alla crescita e alla competitività di un territorio anche attraverso l’offerta alle imprese e ai viaggiatori di sistemi di trasporto rapidi, affidabili e a prezzi concorrenziali e tramite la riduzione della congestione e l’inquinamento attraverso politiche di trasporto su ferro, nei casi possibili su acqua e utilizzando gli “interporti” su una combinazione di ferro e gomma. Bisogna avere il coraggio di proseguire su questa strada nonostante in alcuni casi sia evidente nel breve periodo la bassa redditività degli investimenti rispetto al costo (sia economico che ambientale) degli interventi. Interessanti sono i diversi studi sugli impatti o, meglio, effetti strutturanti, adatti ad individuare il ruolo delle infrastrutture sull’economia, che favoriscono la crescita economica e lo sviluppo di altre attività e funzioni e che producono, quindi, un vantaggio competitivo per il territorio in cui si localizzano. Per esempio, le metropolitane sotterranee, causano meno danni ambientali per persona trasportata rispetto alle auto private o alle motociclette e favoriscono la pedonalizzazione delle strade sovrastanti, consentendo un accesso che non provoca traffico in superficie e un aumento di valore del territorio che circonda gli accessi. Il nuovo governo dovrà operare per un adeguamento del sistema infrastrutturale e dei trasporti in Italia, dando una priorità ad alcune fra le 220 opere previste dalla Legge Obiettivo, così come è già stato fatto con il Dpef 2006/2008 che ha indicato corsie preferenziali per finanziare quelle opere che riguardano il Mezzogiorno (approvvigionamento idrico e completamento Salerno-Reggio Calabria). Altre priorità riguarderanno i

valichi d’Oltralpe (Frejus e Brennero), il Mose (salvaguardia di Venezia tramite dighe mobili) e i corridoi plurimodali (Berlino-Palermo e Rotterdam-Genova). Occorrerà poi rafforzare il trasporto stradale attraverso il Corridoio paneuropeo 5, che dovrà collegare Lisbona con Kiev e quello ferroviario Lione-Ucraina e puntare a sviluppare i grossi collegamenti marittimi attraverso le Autostrade del mare. Piuttosto bisognerà riprendere il discorso sulla TAV. Contro l’alta velocita ferroviaria Torino-Lione, circa un anno fa in Val di Susa, si è svolto un incontro cui hanno partecipato rappresentanti delle comunita’ montane, assocazioni ambientaliste, forze politiche di maggioranza e opposizione e sindacati (Fim e Fiom), non si placano le polemiche sulla realizzazione dell’opera, inserita nel Corridoio 5 Lisbona-Kiev. A ribadire la strategicita’ dell’infrastruttura, oltre il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, è stato anche l’onorevole Fassino, ed in una recente intervista, l’on. Moratti, secondo la quale è urgente entrare a far parte del corridoio 5 pena il declassamento dell’Italia alla stregua di un Paese del Nord Africa. Se l’Italia dovesse avere un atteggiamento incerto sul dossier Tav verrebbe penalizzata sul fronte della ripartizione delle risorse. Infatti, il bilancio Ue 2007-2013, dovrebbe stanziare un miliardo di euro proprio per la Torino-Lione. Sempre che il governo italiano sia pronto a fare la sua parte, sgomitando, almeno come gli altri Stati interessati, per la sua realizzazione e dichiarando di volere queste risorse entro l’anno o al massimo entro il primo trimestre del 2007. Sarà indispensabile, in ogni caso, che per il 2010 si sia pronti a fare l’opera. Ma si riuscirà? E’ questa la domanda che è al centro del dibattito politico-economico dopo le parole di Loyola de Palacio, coordinatrice del Corridoio 5 per conto della Commissione europea, che ha appunto annunciato la partenza dei cantieri per il 2010. Al di là di tutto ciò, occorrerà, inoltre, potenziare le reti transeuropee di trasporto e rilanciare il sistema intermodale europeo attraverso i collegamenti tra le città portuali come previsto dalla “Carta di Napoli” del luglio del 2003. La grande sfida che attende l’Italia, dunque, è assicurarsi quelle grandi opere necessarie per non aumentare ulteriormente la distanza che abbiamo nei confronti dei paesi comunitari, per non rimanere tagliati fuori dalla futura rete di trasporto che deve necessariamente coesistere con l’ambiente e il territorio, tutelandoli, mentre raggiunge il suo scopo fondamentale che è il progresso dell’e-

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AMBIENTE ED INFRASTRUTTURE

COSTRUIRE IL FUTURO SCOPRENDO IL PASSATO E RISPETTANDO IL PRESENTE

Linea Roma-Napoli - Siti archeologici.

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iuditta era stata trovata ad appena sei metri sotto il livello stradale, durante i lavori per la costruzione di un sistema di controllo ferroviario a Pisa San Rossore, nel 1998: sembrava essere stata lasciata lì da poco. Invece era la più bella e meglio conservata di una serie di antiche navi romane trovate in quel sito, ed oggi, grazie anche all’impegno di RFI, Rete Ferroviaria Italiana, la società dell’Infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato, Giuditta è protetta e salvaguardata per il futuro, determinando quella che è stata una delle più straordinarie scoperte archeologiche degli ultimi anni e chiudendo un ideale ponte di venti secoli tra due pagine di storia legate al mondo dei trasporti.

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I rinvenimenti di siti antichi non sono certo una novità per le Ferrovie: già nel 1917, in occasione di lavori su un binario situato vicino Porta Maggiore, nel centro di Roma, venne rinvenuta una Basilica sotterranea del I secolo D.C. stupendamente decorata con stucchi e mosaici. Le Ferrovie realizzarono un grande progetto di tutela e salvaguardia per conto dell’allora Ministero dell’Istruzione Pubblica, ed in tempi più recenti RFI è intervenuta nuovamente sulla struttura ferroviaria per meglio salvaguardare il monumento ipogeo. Costruire e rinnovare infrastrutture essenziali per lo sviluppo nazionale significa inevitabilmente, in un paese come l’Italia che custodisce il più grande patrimonio d’arte mondiale, venire a contatto con le vestigia del passato. Le


Ferrovie sentono come dovere morale, oltre che un obbligo nei confronti del mondo, adottare appropriate politiche di tutela e conservazione come principio di base di ogni nuovo progetto. Lo sviluppo della nuova infrastruttura ferroviaria rappresenta così una incredibile macchina del tempo, fornendo continuamente occasioni di ricerca scientifico-archeologica e di valorizzazione del nostro passato. Negli ultimi anni la realizzazione delle linee ad Alta Velocità Torino - Milano - Napoli, con la loro grande estensione attraverso il territorio di 6 regioni e più di 150 comuni tutti particolarmente ricchi di testimonianze antiche, ha consentito di studiare oltre 300 importanti siti archeologici, di cui oltre 50 di grande valore scientifico. Solo sulla Roma-Napoli, dove sono state realizzate indagini archeologiche in media ogni 500 metri, i siti rilevanti sono stati 140. La prima linea italiana del futuro è anche quella che più affonda, letteralmente, le radici nel nostro passato, in una continua nemesi fra antico e moderno. Un approccio fortemente innovativo e strutturato in tal senso è quello sviluppato, insieme al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, da RFI e TAV, la società concessionaria di RFI per la realizzazione delle nuove linee Alta velocità/Alta Capacità. La strategia di definizione delle nuove linee studia, sin dalla progettazione, l’impatto archeologico della nuova infrastruttura, affinché quest’ultimo non rappresenti solamente un ostacolo da superare (o aggirare), ma un elemento fondamentale nella progettazione dell’opera stessa. In sinergia con le Soprintendenze archeologiche, i tracciati del futuro vengono studiati per minimizzare il rischio di interferenze con il passato: una metodologia di studio, di mappature aeree e di indagini preliminari che per-

Linea Roma-Napoli - Mosaico villa cardegna.

mette di intervenire dinamicamente per elaborare strategie di tutela e conservazione. Le Ferrovie non si limitano a segnalare le nuove scoperte, ma intervengono fattivamente per la loro conservazione con interventi che riguardano il consolidamento ed il restauro dei siti antichi, l’allestimento museale secondo i criteri più innovativi, la realizzazione di poli di attrazione culturale e la pubblicazione periodica di prodotti editoriali multimediali. Il peso della Storia è per il nostro Paese occasione di orgoglio, vanto e stimolo col quale è possibile affrontare le sfide del domani: un paradigma che per le Ferrovie dello Stato è un impegno quotidiano e concreto, per costruire il nostro futuro scoprendo e valorizzando il nostro passato, armonizzandolo con il nostro presente. Linea AV Milano-Bologna - Insediamento Preistorico

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NUOVE IDEE CORRONO IN AUTOSTRADA INTERVISTA ALL’AMMINISTRATORE DELEGATO DI AUTOSTRADE SPA ING. VITO GAMBERALE

Abbiamo incontrato l’amministratore delegato di Autostrade SPA Ing. Vito Gamberale al quale abbiamo rivolto alcune domande.

QUALE È LO STATO ATTUALE DELLA RETE AUTOSTRADALE ITALIANA? ■ La rete autostradale italiana, che ha un’estensione di circa 6.500 Km, è gestita per oltre l’85% da 23 società concessionarie e per circa il 14% dall’Anas . Il Gruppo Autostrade è il principale operatore in Italia, con una rete di oltre 3400 Km, pari al 61% della rete nazionale a pedaggio. La dotazione autostrade è nettamente inferiore rispetto agli altri Paesi europei evoluti: i chilometri di rete autostradale in esercizio, in rapporto ai milioni di abitanti, risulta-

no pari a 114 nel nostro Paese, contro i 251 della Spagna, i 175 della Francia e i 161 del Portogallo. Il gap accumulato rispetto ai principali Paesi europei ha le proprie radici in una legge del 1975, che ha vietato per anni la costruzione di nuove arterie, alimentando una mentalità ostile alle grandi opere autostradali, i cui effetti si sono protratti fino ad oggi. Negli ultimi 30 anni, a fronte di una estensione della rete del 21%, la domanda di mobilità in autostrada si è incrementata di circa il 300 %, determinando una situazione di congestione “endemica” nell’attuale sistema autostradale nazionale. Per rientrare nella media europea occorrerebbero circa 3.000 Km di nuova rete autostradale. Tutto ciò presuppone una volontà politica indirizzata verso il conseguimento di questo obiettivo mediante il coinvolgimento di soggetti privati, così come avvenne negli anni ’50 con la cosiddetta Legge Romita. La questione principale, infatti, è reperire le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione degli investimenti, per i quali sia in Italia che in Europa i fondi pubblici sono insufficienti (o non più utilizzabili). Su questo tema è fondamentale creare le condizioni per il coinvolgimento di capitali privati credibili, possibilmente nazionali, con l’obiettivo di supportare la costruzione delle opere pubbliche necessarie allo sviluppo infrastrutturale e al rilancio dell’economia del Paese.

QUAL È L’IMPATTO DELLA RETE AUTOSTRADALE SULL’AMBIENTE E QUALI SONO I FINANZIAMENTI PER RIDURRE L’INQUINAMENTO E IL DEPAUPERAMENTO DEL TERRITORIO? ■

La rete autostradale è elemento essenziale del sistema di comunicazione e di scambi all’interno del Paese e nelle relazioni con l’Europa: la valenza sociale e di pubblico interesse dell’attività del Gruppo sta nel supporto indispensabile che essa fornisce alla

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AMBIENTE ED INFRASTRUTTURE

crescita del Paese. Il 14 aprile del 2006 il Gruppo Autostrade annovera il cinquantesimo anno dalla firma della prima concessione con l’Anas, che di fatto assegnò ad Autostrade un ruolo da protagonista nel processo di sviluppo dell’economia e della società italiana, dagli anni del boom economico fino ad oggi. In cinquant’anni di attività il Gruppo ha costruito e gestisce oltre la metà della dotazione autostradale nazionale, qualificandosi tra i leader europei nel settore delle autostrade a pedaggio in regime di concessione. Fin dalle origini le attività di costruzione della rete sono state accompagnate da un processo di interazione costante con il territorio, per

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tener conto delle esigenze socio-economiche espresse dalle comunità attraversate, ma anche degli obiettivi di salvaguardia degli ecosistemi sui quali la rete, inevitabilmente, impatta. Nel corso del 2005 il complesso delle attività e degli interventi con prevalente finalità socio-ambientale ha comportato per il Gruppo un impegno finanziario pari a 1.002 milioni di euro, con un incremento del 25% rispetto al 2004. Si tratta di interventi finalizzati all’aumento della fluidità (realizzazione di terze corsie e quarte corsie, ammodernamento degli impianti di stazione e sviluppo dell’automazione); al mantenimento in efficienza delle infrastrutture e loro inserimento nel territorio (gestione del verde in autostrada, pulizia e manutenzione della pavimentazione, monitoraggio delle opere d’arte, adeguamento delle strutture, realizzazione di barriere acustiche, inserimenti paesaggistici, monitoraggio dei movimenti franosi, opere di regolazione idraulica) adeguamento dei luoghi di lavoro ai migliori standard (fabbricati e cabine di esazione e sedi di direzione generale); al miglioramento dei livelli di sicurezza delle infrastrutture (barriere, segnaletica, informazione, illuminazione gallerie, assistenza agli utenti e organizzazione delle operazioni invernali). L’impegno del Gruppo specificamente dedicato alla minimizzazione degli impatti generati dalle attività di produzione del servizio autostradale si concretizza in una serie di attività sistematiche, volte ad ottimizzare i consumi di materiali e di energia, la gestione dei rifiuti riciclabili e la produzione di emissioni da parte del parco automezzi di Autostrade. In questo quadro va evidenziato che le aziende del Gruppo hanno adottato sistemi di prevenzione dei rischi e delle emergenze basati su un’ampia attività di monitoraggio e supportati da accordi con Enti e organismi istituzionali competenti; ha inoltre attivato misure di risanamento acustico, con oltre 130 km. di barriere fonoassorbenti installate lungo la rete, e realizzato lo sviluppo delle pavimentazioni drenanti, con capacità di captazione di polveri e particolati, che a fine 2006 coprirà il 68% della rete. Ma ancora maggior rilievo assumono i progetti avviati e sviluppati con il Ministero dell’Ambiente finalizzati allo sviluppo di fonti rinnovabili di energia (come l’eolico ed il solare) e i programmi di valorizzazione di siti naturalistici ed archeologici in prossimità di importanti aree di servizio su cui si sta intervenendo (come il complesso archeologico di Aquino e l’oasi di Alviano).


QUALI GLI INVESTIMENTI E I RISCHI AMBIENTALI PER LA COSTRUZIONE DELLE “GRANDI OPERE”? ■ Oggi il fabbisogno di grandi opere ha assunto le caratteristiche di una vera e propria emergenza nazionale. Nel settore autostradale il costo della congestione, in termini di competitività del Paese e di qualità della vita dei cittadini, è molto elevato. Il tempo perso in coda nelle principali strozzature della rete autostradale costa all’economia del Paese oltre 600 milioni di euro l’anno. Tale stima non tiene conto degli effetti di disorganizzazione che la congestione produce (e.g. consegna delle merci in ritardo, necessità di scorte più elevate, ecc.) e dei maggiori costi finanziari associati. Si dovrebbero considerare inoltre i costi ambientali, derivanti dai maggiori consumi di carburanti e dal conseguente inquinamento, e quelli derivanti dalla maggiore incidentalità. L’attuale rete ha bisogno quindi di essere ampliata ed ammodernata, allo scopo di assicurare maggiore qualità ai cittadini. Il Gruppo ha in corso di realizzazione un piano di investimenti, per un totale di circa 11 miliardi di euro, finalizzato a potenziare la capacità di assorbimento del traffico delle arterie già in esercizio. La maggior parte degli interventi in programma viene realizzata senza modificare i tracciati già esistenti, cioè attraverso la costruzione “in sede” di terze e quar-

te corsie. L’unica rilevante eccezione è la Variante di Valico lungo il tratto appenninico tra Firenze e Bologna (A1), per la quale è stato progettato e faticosamente condiviso un tracciato alternativo all’autostrada esistente, che consentirà di canalizzare una parte del traffico di attraversamento nord-sud del Paese lungo una direttrice concepita e realizzata secondo standard più adeguati alle attuali esigenze di mobilità. Le attività di tutela e valorizzazione dell’ambiente connesse alla realizzazione di questa importante opera attraversano l’intera “catena del valore” delle attività autostradali. La progettazione avviene attraverso la scrupolosa osservanza delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) previste dalla normativa in vigore. Le attività di costruzione sono accompagnate da un’intensa attività di verifica sulla corretta realizzazione delle previste opere di mitigazione degli impatti, per la quale il Gruppo, ha promosso l’istituzione di organismi ad hoc (Osservatori Ambientali), rappresentativi delle istituzioni locali e nazionali interessate alla costruzione delle opere. Gli Osservatori, istituiti per la prima volta da Autostrade nel 2002 sia in Emilia Romagna che in Toscana, si avvalgono del supporto di tecnici esperti nelle diverse discipline ambientali e territoriali da monitorare e rappresentano un importante strumento di prevenzione dei rischi ambientali. Le attività di questi organismi sono infatti articolate in 5 macro-componenti ambientali: ambiente idrico, ambiente

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AMBIENTE ED INFRASTRUTTURE antropico, ambiente naturale, assetto fisico del territorio e socio-economica. Per ciascuna componente viene individuata una batteria di indicatori, che vengono misurati ante operam, ma anche in corso d’opera e post operam, cioè durante i primi 12 mesi di entrata in esercizio dell’opera. Il monitoraggio post operam garantisce il rispetto dei parametri di sostenibilità anche nella fase finale dell’attività autostradale, cioè durante la gestione dell’infrastruttura aperta al traffico. Nei casi in cui gli Osservatori riscontrino anomalie rispetto ai valori standard presi a riferimento per il monitoraggio, è prevista l’attivazione di Gruppi di crisi, che intervengono sull’impresa esecutrice dei lavori, la quale a sua volta applica le necessarie misure per ricondurre alla norma i parametri “fuori standard”.

COME

SI PREVEDE DI AMPLIARE L’ATTUALE RETE PER AMPLIARE LA COMPETITIVITÀ ECONOMICA DEL PAESE ? ■ La rete autostradale ha una funzione rilevante per lo sviluppo dell’economia in quanto, essendo a valle della catena logistica, funge da collettore tra le varie modalità di trasporto. La rete gestita dal Gruppo Autostrade collega 15 regioni, 59 province, 11 aree metropolitane, 260 stazioni ferroviarie, 26 porti e 19 aeroporti. L’insufficienza della rete autostradale impatta quindi sull’intero sistema dei trasporti, soprattutto in prossimità delle principali aree metropolitane, lungo la dorsale adriatica e nel tratto appenninico tra Firenze e Bologna. Su questo obiettivo il Gruppo Autostrade si sta impegnando con il già menzionato piano di investimenti da 11 miliardi di euro, che è il maggiore programma di investimenti del settore in Europa. Il piano è in corso di realizzazione e la sua esecuzione sta avvenendo con soluzioni gestionali mirate a non interrompere il traffico, a minimizzare gli impatti sulla viabilità e a valorizzare i territori attraversati. La realizzazione degli investimenti autostradali prevede un complesso iter autorizzativo che coinvolge diversi Ministeri ed Enti competenti, nonché l’ANAS. Le autorizzazioni, prevalentemente di tipo ambientale e urbanistico, sono numerose e coinvolgono numerosi soggetti con poteri decisori. L’ottenimento di tutti i permessi comporta notevoli difficoltà e richiede un lungo arco di tempo. E’ pertanto nei fatti che l’attività di esecuzione delle opere presenta ad oggi forti criticità e ritardi, dovuti, in fase approvativa, alle richiamate

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complessità e, in fase esecutiva, alle continue istanze espresse dagli Enti Locali, che spesso possono comportare il riavvio dell’intero processo autorizzativo. A tal riguardo è fondamentale garantire la massima attenzione alle tematiche ambientali nella fase di definizione dei progetti, ma assicurare poi che gli interventi vengano realizzati nei limiti di tempo e secondo i costi stabiliti dai progetti approvati. Snellire questa fase è fondamentale, se il Paese vuole andare avanti.

MI DESCRIVE LO STATO ATTUALE DEI CANTIERI APERTI? ■ Malgrado i continui rallentamenti nelle attività di approvazione delle opere e implementazione dei lavori, dalla privatizzazione è stato dato notevole impulso alle attività di realizzazione del programma di investimenti del Gruppo: tra il 1999 e il 2005 sono stati impegnati lavori per circa 4 miliardi di euro, a fronte del sostanziale immobilismo degli anni precedenti. Al 31 dicembre 2005, circa l’83% dei lavori relativi al Piano Grandi Opere del 1997 ha superato la fase autorizzativa; il 63% risulta in corso di esecuzione o affidato; circa il 21% è stato ultimato. Nei primi mesi del 2006 l’impegno fattivo del Gruppo nelle attività di realizzazione delle opere programmate è particolarmente evidente, come si evince dalle aperture avvenute nei primi mesi del 2006: ■ il 14 febbraio è stata celebrata la riapertura al traffico della Galleria Brasile (lungo la A7 tra Genova e Bolzaneto), un’infrastruttura molto importante per la sicurezza e la viabilità nell’area genovese; ■ l’8 marzo è stata aperta la nuova stazione di esazione di Firenze-Scandicci, parte integrante dei lavori per l’ampliamento e l’ammodernamento della tratta Firenze nord - Firenze sud, lungo la A1; ■ il 20 marzo è stato abbattuto il diaframma della carreggiata sud della Galleria Allocco, una delle principali opere della Variante di Valico, lungo la tratta Sasso Marconi- La Quercia, sull’autostrada A1; ■ il 31 marzo, con 6 mesi di anticipo rispetto alle previsioni, è stato completato l’ampliamento a 4 corsie dell’intera l’intera tratta Bologna-Modena nord.

L'INTERVISTA ALL'ING. GAMBERALE È STATA REALIZZATA AD APRILE. L'ATTUALE AMMINISTRATORE DELEGATO DI AUTOSTRADE SPA È L'ING. GIOVANNI CASTELLUCCI.


La So.ge.nu.s Spa dal 1989 è impegnata nella tutela dell’ambiente e per fornire ai cittadini, alle imprese e agli enti pubblici un riferimento di primo ordine per la gestione dei rifiuti, principalmente lo smaltimento di rifiuti speciali e urbani, conducendo la proprie attività in modo da operare un’integrazione del sito nel contesto ambientale in cui è situato. In questa visione la So.ge.nu.s. Spa riserva la massima attenzione alla salvaguardia dell’ambiente e del territorio, nel pieno rispetto dei requisiti di legge. Chiunque può constatare che la gestione aziendale è caratterizzata dall’efficienza, rigore e trasparenza, coniugando sempre, l’intraprendenza della politica commerciale con la prudente e costante valutazione di ogni tipo di rischio. La So.ge.nu.s. ha avviato il processo di sviluppo del suo sistema dio gestione con un percorso che l’ha portata inizialmente al conseguimento della certificazione di assicurazione della qualità ISO 9002 il 28/12/2000 nel febbraio 2002 è passata al sistema di gestione ambientale ISO 9001:2000 nel 2003 alla registrazione EMAS e nel 2005 alla certificazione OHSAS 18001. A marzo 2006 il sistema qualità è stato integrato e nuovamente certificato. Con la registrazione EMAS la So.ge.nu.s. Spa ha voluto dare un’ulteriore conferma della massima trasparenza e piena collaborazione con le autorità e con gli organi di controllo. Essere soci, amministrare o lavorare in un’azienda così, è sicuramente motivo di orgoglio, soprattutto in un settore particolarmente delicato dove non mancano esempi incresciosi e tanti altri da non imitare. La So.ge.nu.s. Spa ha costruito e consolidato nel tempo un rapporto con i suoi clienti e fornitori, basato sulla corretta e fattiva collaborazione, ponendosi all’ascolto del mercato, dei suoi protagonisti e delle loro esigenze. Il desiderio di So.ge.nu.s. Spa è di operare, anche nel futuro, in armonia e nel rispetto degli interessi diffusi, dei produttori ed in modo particolare delle aziende che seriamente lavorano nel ciclo dei rifiuti pur sapendo che il mercato per sua natura è dinamico e competitivo. La compagine societaria di So.ge.nu.s. Spa con capitale pubblico intorno al 90% è costituito da

importanti società ed enti pubblici dei quali il CIS (Consorzio Intercomunale Servizi) che rappresenta i 12 Comuni della Vallesina, è il socio di riferimento; il Comune di Maiolati Spontini è socio e proprietario degli impianti di smaltimento. Gli altri importanti soci sono : Anconambiente S.P.A., il Comune di Jesi, C.N.A. Service S.R.L. e Fondar S.P.A.. Guardando al futuro e ai nuovi scenari che si delineano all’orizzonte, peraltro ancora molto indefiniti, soprattutto dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, la So.ge.nu.s. Spa saprà considerare con interesse solo quelle operazioni imprenditoriali di alto profilo in grado di offrire al mercato regionale servizi economici ed efficienti, in coerenza con gli interessi dei soci proprietari che per la loro natura pubblica non possono adeguarsi o prestarsi ad operazioni dal carattere confuso o velleitario. La So.ge.nu.s. Spa, ormai da molti anni, colloca la sua prospettiva di sviluppo nell’incontro e collaborazione con aziende pubbliche e private dalle solide fondamenta, di profilo simile che condividono progetti, obiettivi ed un modo di operare serio, basato sul lavoro paziente che produce ricchezza, caratterizzato dalla concretezza e dall’intraprendenza lucida e consapevole che si traduce in comportamenti sobri ed equilibrati. La So.ge.nu.s. Spa, consapevole dei mutamenti di scenario e di un’incalzante politica di liberalizzazione e privatizzazione, cercherà di mantenere i suoi caratteri originari, nel rispetto delle regole di mercato, della programmazione regionale e soprattutto provinciale e non strizzerà l’occhio, come purtroppo fanno altri, ai grandi gruppi che da altre Regioni cercano di “conquistare” le Marche ricorrendo ai buoni uffici non disinteressati di avamposti locali. La So.ge.nu.s. Spa, tenuto conto della sua storia, tradizione e natura della compagine societaria, intende porsi anche in futuro al servizio del suo territorio di elezione e insediamento mantenendo l’alto profilo qualitativo dei servizi erogati e con nuove attività, proposte imprenditoriali , guardando ovviamente oltre le dimensioni attuali nella consapevolezza che i benefici delle nostre attività e gestioni si riverberano significativamente sui bilanci dei soci pubblici e quindi dei cittadini.

AL SERVIZO DEL SUO TERRITORIO E DELLE MARCHE.


POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KIOTO

REGOLE E OBIETTIVI PER PROMUOVERE L’UTILIZZO DI FONTI RINNOVABILI DI MARIA ANTONIETTA BARTOLUCCI

L’

Italia quest’anno ha sostenuto una bolletta energetica superiore di oltre 9 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, e nonostante questo si continua ad esitare nel sostenere misure come agevolazioni e incentivi che consentano di produrre energia da fonti sostenibili e alternative alle tradizionali, gas e petrolio, che ci vincolano a un rapporto di sudditanza rispetto ai fornitori esteri (circa l’80% del fabbisogno nazionale viene coperto dall’estero). Infatti, le carenze di impostazione della politica energetica hanno fatto del sistema energetico italiano il più costoso, instabile e inquinante fra quelli dei paesi industriali avanzati, con pesanti conseguenze sulla competitività delle imprese e sul bilancio delle famiglie. Il caro-greggio è un fenomeno in aumento e rischia di rallentare significativamente la crescita mondiale (l’analisi è degli esperti del Fondo Monetario Internazionale secondo i quali un aumento del 10% del prezzo del barile comporterebbe una minore crescita dell’1-1,5% del PIL globale).

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Anche se ancora non si può parlare di vera e propria crisi, di questo passo, fra non molto, considerando queste dipendenze con l’estero, l’economia italiana potrebbe finire in ginocchio. La nostra domanda energetica è in aumento, il Brent (greggio di riferimento europeo) supera i 70 dollari al barile, la diminuzione di nuove scoperte di giacimenti, l’esaurimento di quelli già sfruttati e soprattutto l’aumento della richiesta di energia da parte dei Paesi emergenti come India e Cina, creeranno, e già creano, delle notevoli tensioni politiche internazionali da non sottovalutare. Il problema è grave e occorre dall’immediato pensare a soluzioni politicamente accettabili, ma soprattutto fattibili per i cittadini. Una ipotetica soluzione potrebbe arrivare dallo sviluppo di fonti alternative, dette anche rinnovabili, per la produzione di energia a basso costo e la riduzione di emissioni di gas serra1 pericolosi per l’ambiente. Si sente, quindi, sempre più parlare di fonti alternative e rinnovabili di energia, ma nello


specifico vediamo meglio di cosa si tratta. Innanzi tutto occorre fare una distinzione fra tutte le fonti energetiche primarie utilizzate nel mondo, che sono: ■ fonti energetiche fossili ■ fonti energetiche nucleari ■ fonti energetiche rinnovabili Le fonti energetiche fossili sviluppano energia termica in seguito a trasformazione chimica (processo di combustione) e sono le seguenti: ■ Petrolio ■ Carbone ■ Gas naturale Le fonti energetiche nucleari sviluppano energia termica in seguito a trasformazione nucleare (processo di fissione) e sono le seguenti: ■ Uranio ■ Plutonio ■ Torio Le fonti energetiche rinnovabili sviluppano energia meccanica, termica o elettrica in seguito a trasformazioni chimiche o fisiche e sono: ■ energia idraulica ■ energia geotermica ■ energia eolica (vento) ■ energia solare (termica, fotovoltaica) ■ combustibile derivato dai rifiuti (CDR) ■ biomassa (legna) ■ biocombustibili (etanolo, biogas). Considerando che queste energie non sono direttamente interscambiabili (si differenziano per tipo di energia prodotta: termica, meccanica, elettrica2, volume degli impianti, costo di approvvigionamento e trasformazione delle materie prime, costo del lavoro, impatto ambientale, rischi nella sicurezza del territorio, ecc.) è necessario ragionare insieme prima di mettere in opera un nuovo impianto. Tuttavia, questo “ragionare insieme” non significa dire no a priori a qualsiasi nuova iniziativa, nascondendosi dietro a quel famigerato e scriteriato Principio di precauzione, se gli studi a monte denotano qualche rischio per l’ambiente o per la salute. In Italia, occorre notare che, essendo minima la parte di energia che si trae dalle FER, e questa quasi tutta ascrivibile alle classiche metodologie di estrapolazione dell’energia come l’idraulica e la geotermica, le sole fonti rinnovabili non saranno sufficienti a tamponare il nostro gap energetico, ma in attesa di altre scelte, più significative, come il nucleare, questo tipo di impianti sono, i più veloci da realizzare e hanno dei costi fissi di primo investi-

mento facilmente ammortizzabili. “Comunque, nonostante l’intrinseca convenienza a ridurre il consumo dei combustibili fossili di importazione; l’impatto ambientale del sistema energetico; la favorevole posizione del territorio nazionale per lo sfruttamento dell’energia solare; gli ingenti stanziamenti pubblici per incentivarle, il contributo delle nuove FER alla copertura del fabbisogno energetico italiano è rimasto marginale, a causa della non competitività intrinseca di queste fonti. L’abnorme ricorso ai combustibili fossili pone all’Italia rilevanti problemi in tema di salvaguardia dell’ambiente, della salute e della qualità della vita, e impedisce di fatto il rispetto degli impegni assunti in sede internazionale come il Protocollo di Kyoto e le raccomandazioni UE”3. E’ infatti dei primi giorni di aprile la notizia che la Commissione europea ha avviato un procedimento legale contro 8 paesi, tra i quali l’Italia, per non aver adottato la legislazione comunitaria sull’elettricità rinnovabile nel diritto nazionale prima dell’ottobre 2003. L’Italia, tra l’altro, è accusata di non aver riferito alla Commissione circa i progressi ottenuti nel settore, e di non aver adottato misure sufficienti per promuovere adeguatamente le energie rinnovabili. Dopo il ricevimento della lettera di messa in mora gli stati membri hanno due mesi di tempo per presentare le proprie osservazioni alla Commissione Ue che potra’ decidere se avviare o no una seconda fase del procedimento. La direttiva Ue sulle fonti rinnovabili fissa come obiettivo una quota del 21% di energia elettrica prodotta da queste fonti alternative sul consumo totale dell’Ue entro il 2010, mentre la percentuale attuale è solo del 14%. Forse però riusciremo, si spera, a convincere Bruxelles a non procedere oltre verso il deferimento della questione alla Corte di giustizia europea grazie all’entrata in vigore delle norme di attuazione della delega ambientale, il cui decreto legislativo è stato già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Ma sullo sviluppo delle fonti rinnovabili pesano anche le osservazioni dell’Enea che nell’ultimo rapporto dedicato a questo specifico tema notava che “Si e’ ricorso all’incentivazione diretta o sotto forma di esenzione, indirizzando le risorse a una vasta gamma di settori estranei alle fonti rinnovabili: nel 2004, per esempio, oltre la metà del totale degli incentivi sono anda-

1 I principali gas serra sono: vapore acqueo; anidride carbonica (CO2); metano (CH4); biossido di azoto (N2O); ozono (O3); clorofluorocarburi (CFC); esafluoruro di zolfo (SF6). 2 Producendo quindi calore, mobilità ed elettricità. 3 Ugo Spezia - Energia nucleare e fonti rinnovabili - Master Scienze Ambientali - Università Pontificia Regina Apostolorum - Roma 2003-2004.

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POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KIOTO ti alle cosiddette fonti assimilate: ai rifiuti o ai fumi di scarico, utili per produrre energia ma non proprio “puliti” sono andati 1500 milioni di euro. Ma - sottolinea l’Enea - i maggiori ostacoli allo sviluppo delle rinnovabili sembrano venire … “dai tempi lunghi connessi alle procedure autorizzanti e, in alcuni casi, all’acquisizione del consenso sociale alla realizzazione degli interventi stessi. Da uno a cinque anni il tempo perché regione o provincia concedano l’autorizzazione per l’utilizzo delle risorse idriche, tempi lunghi per allacciare alla rete degli impianti eolici o biogas, procedure non trasparenti per le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera per le centrali a biomasse”. D’altronde l’Italia è quello che tra tutti i Paesi dell’Europa paga di più l’energia. Lo ha dimostrato uno studio di Confartigianato che ha esaminato il caso di una piccola impresa energivora con un consumo medio di 358.017 Kwh/anno, che paga l’energia elettrica 8.946 euro/anno in piu’ rispetto ad un competitor europeo. Più della metà (50,9%) di questa somma, pari a 4.553 euro/anno, e’ dovuta alle imposte. ‘’Il pessimo record italiano sul fronte del caro-energia - fa osservare il Presidente, Giorgio Guerrini - dipende soprattutto dal mancato completamento della liberalizzazione del mercato dell’energia’’. Per dimostrarlo, Confartigianato ha confrontato i prezzi dell’elettricità al netto delle imposte nei 7 paesi europei (Austria, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Polonia) che non hanno produzione di elettricita’ tramite il nucleare. Risultato: il costo dell’energia, escluse le tasse, in Italia rimane più elevato tra il 22,2% e il 45,7% rispetto ai 7 paesi “no nuke”. Da qui la richiesta di riforme strutturali che aprano alla vera concorrenza i settori dell’elettricità e del gas, puntino sull’efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili, consentano di ridurre e riequilibrare la pressione fiscale sul prezzo dell’energia. Quindi, le difficoltà sono molte, tuttavia, arrivano al contrario notizie confortanti come quelle della Coldiretti secondo la quale: occorrerebbe solamente un ettaro di campo coltivato a girasoli per produrre le biomasse sufficienti a garantire l’energia elettrica per un’intera famiglia, come anche il biogas dei reflui prodotti da un allevamento di 10 mucche o pannelli solari su un tetto di pochi metri quadri . “In Italia - sostiene la Coldiretti - ci sono le condizioni per una reale riscossa nello sviluppo di energie rinnovabili alternative al petrolio con l’immediata attuazione dell’obbligo previsto dalla legge 81/2006 nella quale si prevede che ‘’dal primo luglio 2006 i produttori di carburanti diesel e di benzina sono obbligati a im-

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mettere al consumo biocarburanti di origine agricola (...) in misura pari all’1%’’ che dovrà essere ‘’incrementata di un punto per ogni anno, fino al 2010’’. Secondo i calcoli della Coldiretti l’applicazione della legge significa l’aggiunta nel primo anno ai normali carburanti di circa 400mila tonnellate di biocarburanti, come bioetanolo e biodiesel che possono essere ottenuti indirizzando a coltivazioni energetiche 273mila ettari di terreno nazionale, destinati peraltro a moltiplicarsi negli anni successivi per arrivare a quasi un milione e 400mila ettari nel 2010”. Sarà, invece, molto interessante osservare e studiare la casa costruita con tecnologie d’avanguardia nata a Bruxelles. Questa costruzione “pulita” si chiama Casa delle Energie Rinnovabili ed ospiterà le maggiori associazioni del settore. L’edificio si estende su una area di 2000 metri quadrati ed è stato realizzato, restaurandone un altro dell’800, seguendo i principi di efficienza energetica e utilizzando il meglio della tecnologia europea nel campo delle fonti rinnovabili, per ottenere così un risparmio energetico del 70%. La casa e’ stata inaugurata dal Presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso e dal Premier belga Guy Verhofstadt che durante l’evento hanno sottolineato che questo settore vanta un giro di affari di 15 miliardi di euro l’anno, offre lavoro a 300.000 persone e soddisfa l’8% del fabbisogno energetico europeo. Per seguire questo esempio a casa nostra occorrono però regole e denaro e non sempre le informazioni che abbiamo al riguardo sono esaustive. Esistono dei finanziamenti che variano da Comune a Comune o da Regione a Regione ed è utile sottolineare che anche delle Banche (come, per esempio, la Carisbo, che fa parte del Gruppo Sanpaolo Imi) hanno previsto un programma di finanziamenti destinati a privati ed imprese a sostegno dell’energia pulita, con l’obiettivo di promuovere l’utilizzo di fonti rinnovabili e la produzione di energia attraverso sistemi ecocompatibili, come collettori solari termici, impianti fotovoltaici, a biomassa e di co-generazione. Per concludere, occorrerebbe sottolineare l’urgenza di una normativa chiara e affidabile con regole più precise sia da parte dell’Europa e sia da parte del Parlamento Italiano in modo che sia più limpida agli enti locali, alle imprese, ma soprattutto a noi cittadini la necessità di capire e praticare un risparmio energetico anche attraverso lo sfruttamento delle fonti alternative di energia a disposizione che, dopo un primo esborso economico per le spese di avviamento, rimpinguerà le nostre tasche e quelle dello Stato.




PROBLEMATICHE ATTORNO ALL’EMISSION TRADING A CURA DELLA REDAZIONE

C

on il decollo dell’”Emission Trading Europeo”, il Protocollo di Kyoto è entrato nel vivo. Lo schema di commercio di emissione europeo (c.d. “EU ETS”), approvato il 13 ottobre 2003 dal Consiglio e dal Parlamento europeo con la direttiva 2003/87/CE, istituisce un sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra all’interno dell’Unione Europea. Per il periodo pilota 2005-2007, il sistema considera la sola CO2 e non gli altri cinque gas ad effetto serra regolati dal Protocollo di Kyoto. Gli schemi di commercio di emissione (emission trading - ET) sono strumenti di politica ambientale che consentono il raggiungimento di target ambientali a costo ridotto rispetto agli strumenti di tradizionali. Lo schema l’EU ETS si fonda sul meccanismo “cap and trade” per la sola CO2 applicato ad impianti di combustione appartenenti a settori determinati. La Direttiva non fissa un cap a livello comunitario ma demanda ai 25 Stati membri l’obbligo di elaborare singolarmente un Piano Nazionale di Assegnazione (PNA) che determina il numero totale delle quote di emissione, la loro suddivisione tra i settori coinvolti nonché l’assegnazione ai singoli impianti. Gli schemi di Emission Trading definiti di cap and trade, sono basati sulla determinazione di un tetto massimo alle emissioni com-

plessive (cap), la distribuzione di quote di emissione alle imprese che emettono e, ovviamente, la possibilità per tali imprese di commerciare tra loro le proprie quote. Nel caso della CO2, non avendo la localizzazione delle emissioni alcun rilievo dal punto di vista ambientale, l’idea di fondo è che lo scambio consente di realizzare una quantità di riduzioni di emissioni maggiore sugli operatori, e ciò a costi di abbattimento relativamente minori. Per il futuro sistema e mercato europeo appare di rilievo la cosiddetta Direttiva Linking (2004/101/CE): emanata nell’ottobre 2004. La direttiva è andata a completare il quadro di regolamentazione stabilito attraverso l’Emission Trading Scheme europeo, disciplinando in particolare l’utilizzo dei “crediti di emissione” derivanti dai progetti riconducibili agli strumenti di Clean Development Mechanism (“Meccanismo di sviluppo pulito”) e di Joint Implementation (“Attuazione congiunta degli impegni”). La direttiva Linking nasce allo scopo di ridurre i costi legati all’imposizione di tetti alle emissioni di CO2 per alcuni settori, previsti dalla Direttiva Emission Trading e dai Piani Nazionali di Assegnazione. In breve, gli operatori degli impianti che ricadono nel campo di applicazione della direttiva, avranno la possibilità di ridurre le emissioni acquisendo, ove conveniente, crediti di

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POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KIOTO emissione attraverso la cooperazione tecnologica internazionale. Tali previsioni hanno certamente ampliato il ventaglio delle opzioni a disposizione delle industrie europee, e, soprattutto, dato un forte impulso al trasferimento di tecnologie “pulite” nei mercati emergenti oltre che allo sviluppo della cooperazione economica tra gli Stati. I Clean Development Mechanism (CDM) rappresentano una delle tipologie di meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto che consentono alle imprese dei paesi industrializzati aventi vincoli di emissione di ottenere certificati di riduzione utili per rispettare il proprio obiettivo nazionale, realizzando progetti che mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo. Un aspetto fondamentale delle decisioni del 7° incontro delle Parti del Protocollo di Kyoto (COP7), tenutosi a Marrakech del 2001, è stato proprio l’avvio immediato dei CDM. Infatti, a differenza di quanto disposto per i progetti di Joint Implementation, è stato stabilito che potranno ottenere il riconoscimento dei crediti di emissione utilizzabili nel periodo 2008-2012 anche tutti i progetti riconosciuti come CDM realizzati già a partire dal 2000. Considerata la priorità data all’attuazione di questo strumento, l’Accordo di Marrakech e la COP8 (2002) hanno stabilito un quadro di regole e requisiti estremamente articolato per i CDM, rendendone l’iter autorizzativo ed attuativo lungo e complesso. I principali soggetti istituzionali coinvolti nello sviluppo di un progetto sono rappresentati dalla COP/MOP, la Conferenza delle Parti del Protocollo di Kyoto, massima autorità, che stabilisce le linee guida per la realizzazione, monitoraggio e emissione dei crediti, dei progetti CDM e JI; il Comitato Esecutivo per il CDM (CDM Executive Board) sopra citato, il cui compito è attendere alla supervisione delle attività dei CDM ed al rilascio dei crediti maturati, sulla base dei risultati sottoposti all’analisi del DOE (Designated Operational Entity), Ente Operativo Accreditato dall’Executive Board, delegato alla validazione dei progetti CDM e alla verifica delle riduzioni di emissioni. Tra gli organi citati l’Executive Board gioca un ruolo essenziale per il corretto funzionamento dei progetti CDM. Si tratta di un organo istituito presso l’UNFCCC (United Nation Framework Convention on Climate Change), suddiviso in commissioni (Panels) che si occupano delle procedure decisionali del comitato (Accreditation Panel), dello sviluppo di linee guida sulle metodologie da applicare per la determinazione delle baseline e sui piani di monitoraggio (Methodologies Panel) e della

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definizione delle procedure semplificate per progetti di piccole dimensioni. Un progetto CDM si articola in due fasi principali, una progettuale e una esecutiva. La fase progettuale dei CDM, inizia con la presentazione e la valutazione delle attività proposte e della loro rispondenza ai requisiti fondamentali richiesti dal Protocollo di Kyoto. In seguito il proponente redige un documento di progetto CDM (Project Design Document) avente lo scopo di presentare una descrizione dettagliata dello scenario di emissione (baseline) del paese ospitante, dell’addizionalità del progetto e del piano di monitoraggio delle emissioni, i commenti ricevuti da soggetti locali interessati, un’analisi sugli impatti ambientali del progetto ed una descrizione dei benefici ambientali addizionali che il progetto potrà apportare. Per lo scenario di emissione e il piano di monitoraggio si può utilizzare una metodologia già approvata oppure si può proporre una nuova metodologia, previa autorizzazione e registrazione del Comitato Esecutivo (EB). I progetti CDM devono essere autorizzati dalle c.d. Designated National Authorities/DNA (Autorità Nazionali Designate) dei paesi coinvolti. A ciò deve aggiungersi il giudizio del Paese ospitante che interviene confermando che il progetto contribuisce effettivamente allo sviluppo sostenibile. Successivamente, il soggetto proponente Sviluppatore del Progetto - designa un Ente Accreditato (DOE) dal CDM Execuive Board. L’Ente prescelto rende pubblico il documento, verifica se i requisiti essenziali per i progetti CDM siano soddisfatti e infine rende pubblico il proprio giudizio. In caso di esito positivo, il DOE richiede all’Executive Board la registrazione formale del progetto in un apposito registro internazionale. A questo punto si entra nella fase realizzativa: il proponente realizza il progetto, implementa il piano di monitoraggio delle emissioni descritto nel documento e prepara un rapporto di monitoraggio delle stesse, includendo una stima della riduzione di emissioni generata (CERs), e lo presenta ad un Ente Accreditato, eventualmente diverso da quello scelto per la validazione, per la verifica e la certificazione. La relazione di certificazione costituisce una richiesta al Comitato Esecutivo per il rilascio dei crediti di emissione (CERs). L’Executive Board richiede il rilascio dei CERs a favore del soggetto esecutore: tali crediti potranno essere utilizzati in adempimento dei propri impegni, essere accumulati o, ancora, venduti sul mercato. I progetti “di piccole dimensioni”, seguono procedure e modalità semplificate, con costi e tempi di esecuzione ridotti.


INTERVISTA A MARIO PISONI* E LORENZO LANTERI** QUALE SONO I SERVIZI CHE ALLIANCEDEV FORNISCE ALLE IMPRESE? ■ Alliancedev Ltd è una società di consulenza che fornisce servizi di advisoring alle aziende italiane ed europee durante l’acquisizione di CERs generati da progetti CDM, principalmente realizzati o da realizzarsi in Brasile. Alliancedev affonda le proprie radici in Brasile grazie alla stretta collaborazione con il Banco Sumitomo Mitsui Brasileiro, subsidiary della Sumitomo Mitsui Corporation, realtà consolidata nel mercato Brasiliano ed internazionale attiva da molto tempo nel Carbon Market. PER

QUALI RAGIONI VI SIETE FOCALIZZATI SU PROGETTI CDM IN BRASILE? ■ AD, dopo aver svolto un’analisi accurata nel panorama mondiale di tutti i Paesi che hanno aderito al Protocollo di Kyoto non appartenenti al cosiddetto Annesso I, ha individuato nel Brasile uno dei Paesi più idonei al successo dello sviluppo dei progetti CDM, a causa delle sue caratteristiche sociali, politiche ed economiche. Il Brasile è un paese democratico e politicamente stabile in special modo se paragonata ad altri paesi dell’America Latina. Inoltre, a differenza di altri paesi non appartenenti all’Annesso I, come ad esempio Corea e Cina, paesi caratterizzati da un elevato tasso di crescita economica, che non si posso-

* AMMINISTRATORE DELEGATO ** RESPONSABILE UFFICIO LEGALE ALLIANCEDEV LTD, SOCIETÀ DI CONSULENZA OPERANTE NEL CAMPO DELLO SVILUPPO DISPONIBILE no più definire paesi in via di sviluppo, ha ampie probabilità di continuare a ricevere il supporto finanziario della comunità internazionale nei prossimi anni. Il Brasile ci è parso quindi l’ambiente ideale per lo sviluppo nel presente e con buone prospettive nel medio-lungo periodo.

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DEL BRASILE CHE LO DISTINGUONO DAGLI ALTRI PAESI NON APPARTENENTI ALL’ANNESSO I? ■

Il Brasile si distingue dagli altri Paesi per la presenza di un elevato numero di progetti CDM eterogenei per dimensione (da progetti small scale fino a progetti di grandi dimensioni) e tecnologia (discariche, centrali idroelettriche ed eoliche, co-generazione). Questa situazione consente ad Alliancedev e al Banco Sumitomo Mitsui Brasileiro di poter disporre di un vasto portafoglio progetti da offrire alle Aziende interessate, con la conseguente riduzione del rischio derivato dalla diversificazione di investimento. In Corea e Cina sino ad ora si è scelto di puntare su pochi progetti CDM di grande dimensione, ai quali di fatto possono accedere solo

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POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KIOTO

riducendo drasticamente i rischi di mancata approvazione. Al contrario, nel caso dei JI, il Comitato di Supervisione, l’organismo equivalente al EB per i CDM, si è riunito per la prima volta per definire l’iter operativo del ciclo di approvazione solo recentemente e bisognerà attendere le prossime riunioni per avere un quadro più preciso. I progetti CDM sono autorizzati a generare CERs a partire dal 2001 e i certificati prodotti sono utilizzabili dalle Aziende che ne hanno necessità anche per il periodo pilota 2005 2007. Nel caso dei JI, tali certificati, chiamati ERUs (emissions reduction unit) possono essere utilizzati solo dal 2008 in poi.

Allo stato attuale, sicuramente i progetti CDM risultano essere di sicuro lo strumento più vantaggioso per le aziende al fine di ottemperare agli obblighi previsti dal Protocollo di Kyoto rispetto ai JI principalmente per due motivi. In primo luogo, i progetti CDM possono beneficiare di un iter operativo consolidato con tempi e modalità chiare per la loro approvazione da parte dell’Executive Board. Nel novembre del 2001 in occasione degli Accordi Marrakech, è avvenuta la prima riunione dell’Executive Board durante la quale è stata definiti gli aspetti procedurali (Ciclo di approvazione) per la verifica della validità del progetto. Da allora ad oggi l’EB si è riunito ventitre volte e col tempo si sta andando a delineare una prassi consolidata per paese e tecnologia

QUALI SONO I TEMPI PER LA CONCLUSIONE DI UN CONTRATTO ERPA? ■ I tempi necessari per la negoziazione e la conclusione di un contratto ERPA variano a seconda dello stato di avanzamento del progetto in questione. E’ evidente che il progetto CDM, oggetto del contratto ERPA, più risulta essere in uno stato avanzato del ciclo di approvazione (Registrazione e Certificazione), minori sono i rischi di mancata approvazione da parte dell’Executive Board e l’emissione dei crediti (CERs) previsti e di conseguenza anche l’accettazione da parte di entrambe le parti di accettare le clausole contrattuali concordate.

grandi gruppi industriali. Altro fattore favorevole del Brasile è dato da una maggiore flessibilità negli aspetti contrattuali (ERPA) per la presenza di interlocutori privati piuttosto che interlocutori di carattere istituzionale. Oltre a queste considerazioni ha rivestito un ruolo fondamentale la possibilità di collaborare con BSMB, un interlocutore affidabile che può vantare un’importante presenza sul territorio e l’esperienza acquisita nel mercato mediante i servizi offerti alle Aziende giapponesi DM.

QUALI DIFFERENZE CI SONO TRA CDM E JI?

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L’UOVO DI COLOMBO

Nell’interesse generale di tutti e dell’economia dell’intero Paese in particolare, risulta del tutto superfluo continuare ad insistere sull’opportunità di diversificare le fonti energetiche nazionali e di sottolineare la drammatica carenza di energie pulite e rinnovabili disponibili. La stragrande maggioranza della classe politica e degli operatori di settore, ne risultano già consapevoli, sempre più incalzati e sostenuti dai crescenti strati di pubblica opinione, a tal punto che, in Italia, il bollino verde, marchio che viene concesso ai produttori o consumatori di energia al 100% rinnovabile, viene conferito in forma privata dalla “Commissione di Garanzia” la quale è composta dalle privatissime associazioni Adiconsum, Legambiente, WWF nonché dall’Unione Nazionale Consumatori. L’impostazione largamente condivisa di reperire fonti energetiche alternative coincide con quella comunitaria, tanto che l’Unione Europea auspica che entro il 2010, il 22 % dell’elettricità europea possa essere prodotta da fonti “pulite e rinnovabili”. Pare proprio che sussistano tutte le condizioni, sia politiche che economiche, nonché quelle culturali, per incoraggiare, sostenere e favorire, a tutti i livelli possibili, le iniziative finalizzate al conseguimento di simili obbiettivi. La normale vischiosità da parte degli apparati burocratici regionali, competenti sui bacini fluviali, sempre presente in occasione di qualunque innovazione, inizia a fluidificarsi, tanto che spesso si riscontrano atteggiamenti particolarmente sensibili, sia politici che amministrativi, apertamente favorevoli e collaborativi nell’assecondare le iniziative private che si prospettano in tal senso. Tra le Regioni più attente e disponibili a favorire sul proprio territorio la produzione di energia elettrica pulita da fonti rinnovabili, merita essere ricordata la

“Valle d’Aosta” la quale, con proprie leggi regionali, ha predisposto anche incentivi economici a sostegno di questo settore... La società che maggiormente ha saputo interpretare con il giusto spirito la produzione di energia pulita da fonte rinnovabile, nel pieno rispetto dell’ambiente e con il minimo impatto ambientale appare l’Ener. Cat. Italia di Ravenna del gruppo ACMAR. Mediante l’utilizzo di brevetti e sistemi esclusivi, riesce vantaggiosamente a trasformare l’energia cinetica dell’abbondante acqua fluente in energia elettrica, sullo stesso principio, ovviamente adeguatamente razionalizzato e potenziato, che ha permesso per oltre 2000 anni il funzionamento dei numerosi mulini ad acqua disseminati sul nostro territorio, ancora in uso sino a pochi decenni fa.. Senza deviare o prelevare acqua dai fiumi esistenti, ne modificarne i loro percorsi e tanto meno frapponendo ostacoli al normale deflusso delle acque, in caso di piene, l’Ener. Cat. Italia., riesce ad ottenere energia elettrica, pulita e rinnovabile con rapporti di convenienza, rese / investimenti, nettamente superiori all’eolico ed al fotovoltaico. Le condizioni più vantaggiose si verificano quando si sfruttano le briglie esistenti ed i relativi salti d’acqua, senza per questo tralasciare di utilizzare le acque fluenti dei fiumi, appena queste abbiano una velocità interessante, ed il ripristino e l’utilizzazione delle concessioni dei mulini dismessi.

■ Non utilizza combustibili fossili o radioattivi per cui i costi sono solo quelli inerenti alla manutenzione ed all’ammortamento; ■ L’energia prodotta risulta pulita, rinnovabile, nel più assoluto rispetto dell’uomo e dell’ambiente e della salute pubblica; ■ Non produce gas e scarichi nocivi: contribuisce a migliorare i parametri nazionali del Protocollo di Kyoto e s’incrementano per conseguenza, la disponibilità di nuovi “certificati verdi”; ■ Contribuisce ad affrancare il sistema produttivo nazionale dal bisogno di approvvigionamento dall’estero delle risorse energetiche; ■ Decentra la produzione d’energia, determinando nuove possibilità di occupazione. ■ Tutti i sistemi installati possono essere i rimossi e reinstallati presso altri siti in qualunque momento. Tutta l’energia cinetica dell’acqua esistente che oggi Ener.Cat. Italia s.r.l. NON è in grado di recuperare, è da considerarsi, per tutti, irrimediabilmente perduta. INFORMAZIONI DI SETTORE: tecnico commerciale sfrigiola@enercat.it elettromeccanico lrossi@enercat.it


POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KIOTO

CONSIDERAZIONI DELL’UNIONE PETROLIFERA SULL’ATTUAZIONE DELL’EMISSION TRADING IN ITALIA DR. PIETRO DE SIMONE*

C

on la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Piano Nazionale delle Allocazioni sono state ufficialmente assegnate le quote di emissione di CO2 a tutti gli impianti industriali ricadenti nel campo di applicazione della Direttiva Emission Trading per il periodo 2005-2007. Al settore della raffinazione è stato assegnato un quantitativo complessivo di quote di 23,76 milioni di tonnellate rispetto ai circa 26 milioni di tonnellate assegnate nel febbraio 2005. Il settore a tal riguardo ha espresso le proprie preoccupazioni per il mancato riconoscimento degli inevitabili incrementi delle emissioni di CO2 del settore, causati dagli interventi necessari ad assicurare il miglioramento delle caratteristiche ambientali dei carburanti, incrementi già previsti e riconosciuti nelle edizioni precedenti del Piano. L’incremento riconosciuto nel Piano di febbraio veniva giustificato dallo stesso Ministero Ambiente che, nel Piano Nazionale di Assegnazione notificato alla Commissione Europea il 15 luglio 2004, aveva scritto a pag. 10 dell’allegato 2: “Per ridurre il tenore di zolfo della benzina e del gasolio dai valori attuali a 50 ppm e a 10 ppm sarà necessaria l’adozione diffusa di impianti idrogenanti e di desolforazione la cui severità dovrà essere molto più spinta di quelli at-

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tualmente installati con un elevatissimo consumo di idrogeno che, tra l’altro, dovrà essere di estrema purezza. In particolare dovrà essere fortemente aumentata la pressione e la temperatura di esercizio degli impianti di desolforazione in quanto sarà necessario rimuovere anche parte dello zolfo legato in modo più stretto agli idrocarburi e quindi meno suscettibile all’azione dell’idrogeno e del catalizzatore. Poiché tali impianti sono ad elevata intensità energetica i consumi interni delle raffinerie saranno destinati ad aumentare di almeno un 10% rispetto ai valori attuali.” A preoccupare fortemente il settore non sono solo i quantitativi di quote di emissione assegnati ma soprattutto l’approccio assunto dall’Autorità Competente sui criteri di conformità alla normativa vigente (Decisione della Commissione UE C(2004) 130 def. del 29 gennaio 2004 e DEC/RAS/854/2005) delle metodologie di monitoraggio adottate dagli operatori petroliferi. Per gestire in modo corretto tale problematica il settore petrolifero aveva interessato il Ministero dell’Ambiente che aveva raccomandato di presentare un protocollo di monitoraggio con la descrizione dettagliata della procedura di monitoraggio per ottenerne l’approvazione pre-


ventiva, cosa che a tutt’oggi non è avvenuta. Le indicazioni riportate nei protocolli di monitoraggio forniscono adeguate giustificazioni dei vincoli tecnici e operativi connessi con la complessità dei sistemi di misura caratteristici del settore della raffinazione del petrolio e riportano i livelli di accuratezza del sistema adottato. Inoltre, la dichiarazione obbligatoria relativa alle attività e alle emissioni dell’impianto nell’anno precedente viene correttamente certificata da un ente accreditato dal Ministero Ambiente sulla base del decreto DEC/RAS/096/2006. Tra le criticità tuttora irrisolte rimangono alcune questioni importanti: FUEL GAS. Esistono oggettive difficoltà di misura del consumo di Fuel gas negli impianti di raffinazione con l’accuratezza richiesta. Il consumo di Fuel Gas è misurato con flange tarate che non sempre garantiscono una accuratezza inferiore all’1,5%. Per tali misure, era stata richiesta una incertezza del 5% in quanto una precisione più elevata avrebbe richiesto l’istallazione di sistemi di misura del gas molto sofisticati con tempi di adeguamento molto lunghi. Il settore della raffinazione pertanto non è in grado di assicurare il rispetto dei livelli minimi di accuratezza come richiesto nelle disposizioni nazionali per il monitoraggio delle emissioni di CO2. TORCE. Relativamente alle torce è essenziale evidenziare che esse sono un dispositivo di sicurezza assolutamente necessario quando qualsiasi impianto della raffineria è in funzione. Gli strumenti di misura del gas bruciato nelle torce delle raffinerie italiane non è molto diffusa e l’installazione di tali strumenti richiederebbe la fermata dell’intera raffineria per i motivi appena ricordati. Nel primo periodo di scambio di emissioni (fino al 31.12.2007) non essendo tecnicamente possibile l’adeguamento richiesto, è stato richiesto di poter accettare metodologie di stima ad hoc, tenendo conto, eventualmente, anche delle perdite da bilancio di raffineria. CRACKING CATALITICI. Per quanto riguarda gli aspetti quantitativi e qualitativi nella rigenerazione di cracker catalitici (dati attività), i livelli 1 e 2 sono da considerare equivalenti. Il livello 1 infatti (metodo stechiometrico) offre maggiori garanzie di accuratezza ed è comunemente utilizzato nelle raffinerie europee. LABORATORI D’ANALISI. L’accreditamento dei laboratori di raffineria, ai sensi della norma UNI EN ISO 17025, presenta molteplici problematiche e dovrebbe essere consentito il ricorso a laboratori interni che seguano metodiche equivalenti, riconosciute a livello internazionale. I protocolli di monitoraggio presentati dal-

le aziende non sono stati esaminati dall’Autorità Competente che ha invece emanato una serie di decreti attuativi della Direttiva che stanno creando notevoli problemi per assicurare il rispetto della tempistica. Le varie scadenze sono stata fissate dalla Direttiva ET tre anni fa ma per i ritardi accumulati in Italia le aziende stanno avendo solo pochissimi giorni per adempiere secondo le disposizioni dettate dal Ministero. Ulteriori difficoltà derivano da disposizioni addizionali oltre quelle comunitarie, come la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà per attestare la conformità alle disposizioni di monitoraggio delle emissioni di CO2

IL SECONDO PERIODO DI SCAMBIO DELL’EMISSION TRADING (2008 - 2012) ■

La Commissione UE ha emanato la comunicazione COM(2005) 703 definitiva, con la quale indica agli Stati membri alcuni orientamenti per l’elaborazione dei piani nazionali di assegnazione relativi al secondo periodo di scambio. Tra i criteri basilari la Commissione indica la convergenza verso gli obiettivi di Kyoto, secondo gli impegni stabiliti nel Burden Sharing comunitario. Per rispettare tale impegno gli Stati membri dovrebbero assicurare una riduzione delle quote di emissioni di CO2 assegnate nel primo periodo ai settori industriali rientranti nel campo d’applicazione dell’Emission Trading, di almeno 40 milioni di tonnellate/anno nel periodo 2008 - 2012. Si tratta di un impegno insostenibile dal sistema industriale del Paese sia come costi che come perdita di competitività. Per quanto attiene al settore petrolifero esso è stato già penalizzato dalle decisioni adottate nel primo periodo e presumibilmente non riuscirà a gestire nessuna ulteriore riduzione di quote di emissioni nel secondo periodo di trading. Oltre agli effetti legati al miglioramento delle caratteristiche qualitative dei carburanti esistono infatti anche altre motivazioni per giustificare gli aumenti delle emissioni di CO2 che le raffinerie dovranno fronteggiare nei prossimi anni. La crescente dieselizzazione e la forte riduzione della domanda di olio combustibile e del gasolio riscaldamento contribuiranno in modo consistente al richiamato aumento. Peraltro questa tendenza, registrata costantemente negli ultimi tempi, è destinata ad accrescersi nei prossimi anni. Tale fenomeno è soprattutto legato alla ristrutturazione del parco termoelettrico italiano ed alla crescente metanizzazione del territorio. Questa specificità italiana, oltre ad imporre maggiori consumi energetici alle raffinerie per gli impianti

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POLITICA ENERGETICA E PROTOCOLLO DI KIOTO aggiuntivi richiesti dalla nuova struttura delle rese, determinerà la necessità di migliorare la qualità dei semilavorati di raffinazione (distillati pesanti), che attualmente vengono destinati alla formulazione di oli combustibili e di gasolio riscaldamento, in quanto, nel nuovo scenario, dovranno essere destinati alla produzione di gasolio autotrazione a 10 ppm di zolfo. Per questi distillati pesanti, oltre alla riduzione dello zolfo, sarà il miglioramento di tutte le altre caratteristiche qualitative (densità, numero di cetano, curva di distillazione, ecc.) ad incidere fortemente sulle emissioni di CO2 in fase di produzione. Anche la qualità dei greggi che l’Italia utilizza per alimentare le proprie raffinerie influenza i consumi interni delle raffinerie. I greggi impiegati in Italia sono sostanzialmente diversi da quelli utilizzati nella maggior parte degli altri Paesi europei e tali scelte sono scelte obbligate da considerazioni geopolitiche ed economiche, nonché dalla contingente situazione mondiale del mercato del petrolio e conducono ad un pool di greggi lavorati molto più pesanti e con tenore di zolfo più elevato rispetto al resto dell’Europa. In tal modo la maggior produzione di gasolio richiesta dal mercato e la necessità di eliminare lo zolfo partendo da componenti che contengono all’origine quantità superiori di zolfo comporta, per le nostre raffinerie, consumi energetici ed emissioni di CO2 più elevate che in Europa. Quindi in base alle considerazioni su riportate, la previsione di incremento delle emissioni di CO2, indicata dall’Unione Petrolifera nel 10-12% e riportata nel PNA notificato alla Commissione UE nel luglio 2004, va riconfermata per salvaguardare il livello di competitività del sistema di raffinazione nazionale rispetto agli altri partner europei. Non appaiono al riguardo condivisibili considerazioni che tendano a compensare l’aumento inevitabile delle emissioni delle raffinerie con un presunto potenziale di riduzione dell’intensità carbonica del settore petrolifero, tale da annullare quasi completamente l’aumento previsto. L’intensità carbonica del settore è data dalla combinazione del contenuto di carbonio dei combustibili impiegati con il livello di efficienza energetica (e quindi dei consumi specifici) raggiunto nel settore. Le raffinerie sono strutture industriali complesse con al proprio interno una molteplicità di impianti di combustione che vengono totalmente alimentati con i combustibili autoprodotti dalla stessa raffineria (essenzialmente fuel gas e olio combustibile). Esistono quindi margini di manovra ridottissimi per il contenimento del contenuto di carbonio di tali combusti-

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bili né possibilità di sostituzione degli stessi. I consumi energetici delle raffinerie rappresentano inoltre una voce rilevante nell’economia del processo di raffinazione e pertanto le compagnie petrolifere sono da sempre molto attente a migliorare per quanto possibile l’efficienza in raffineria. In particolare, le esigenze di raffinazione degli ultimi anni e le prospettive future sulla qualità dei carburanti, hanno spinto le compagnie ad intensificare le azioni sull’efficienza proprio per cercare di contenere gli inevitabili aumenti dei consumi associati a tali fenomeni. Ne consegue che, non risultando possibile la sostituzione dei combustibili né la riduzione del contenuto di carbonio ed essendo i margini di miglioramento dell’efficienza energetica estremamente modesti non si è in grado di contrastare gli aumenti previsti nei consumi interni come invece ipotizzato nel Piano di allocazione approvato nel mese di novembre. Nel suddetto Piano vengono inoltre stabiliti tagli alle emissioni anche agli impianti di gassificazione esistenti in tre raffinerie italiane. E’ necessario a tal riguardo ricordare che con il termine di “gassificazione” vengono indicati gli impianti a ciclo combinato, alimentati mediante gas di sintesi (syngas) originato dalla gassificazione degli idrocarburi pesanti, provenienti dal ciclo di raffinazione. Tali impianti sono strettamente connessi agli impianti di raffinazione che, come noto, hanno un ciclo di lavorazione continuo 365 giorni/anno 24 ore/giorno). Infatti gli idrocarburi pesanti in carica alla gassificazione derivano direttamente dal ciclo di raffinazione e il calore prodotto nel corso di tale processo viene restituito alla raffineria sotto forme di “calore utile” destinato ai processi di raffinazione. Occorre anche evidenziare che detti impianti sono stati realizzati in base alle più avanzate tecnologie e sono riconosciuti essere delle BAT (migliori tecniche disponibili) in termini di efficienza energetica e conseguente livello di emissioni. Per tali motivi il taglio delle emissioni applicato a tali impianti non può essere accettato tenuto conto che gli stessi non sono suscettibili di riduzione delle emissioni essendo appunto BAT. Qualora le ipotesi di assegnazione delle quote di emissioni di CO2 prospettate dalla Commissione UE venissero confermate, le aziende petrolifere italiane saranno costrette a fronteggiare un notevole aumento dei costi operativi compromettendo la propria competitività sui mercati internazionali con sicuri riflessi sui prezzi dei prodotti petroliferi destinati al mercato nazionale. * DIRETTORE GENERALE UNIONE PETROLIFERA



RUBRICHE “IL FATTORE AMBIENTE” PRESENTATA LA RELAZIONE SULLO STATO DELL’AMBIENTE 2005 DI VIVIANA BIANCO*

I

l 23 marzo nella splendida cornice di Palazzo Madama è stata presentata dal Ministro Matteoli la Relazione sullo Stato dell’Ambiente 2005. In senso generale, si evince dalla relazione che sono stati raggiunti risultati positivi in molti settori: più aree protette, più energia solare ed eolica, meno emissioni inquinanti in atmosfera. Negli ultimi 15 anni, molti degli indicatori ambientali sono in costante miglioramento. Le emissioni delle industrie sono diminuite del 23%, sono in crescita le energie rinnovabili, soprattutto il ricorso all’energia eolica, con un aumento considerevole di impianti, è aumentato il ricorso dei cittadini ai mezzi pubblici e molte città italiane hanno varato progetti di ampliamento delle metropolitane esistenti. Inoltre, è in aumento la quota dei rifiuti destinata al riciclaggio, è stato drasticamente ridotto il consumo di bromuro di metile, nemico dell’ozono, in 5 anni sono nate 103 aree protette. La relazione sullo stato dell’Ambiente raccoglie ed analizza l’evoluzione dei dati ambientali pubblicati annualmente dall’Apat (Agenzia Nazionale per l’Ambiente) mettendoli in relazione con l’evoluzione della situazione economica e sociale italiana nel contesto europeo ed internazionale e valutando i rapporti tra dati ambientali ed i diversi settori dell’economia nazionale. All’atto della presentazione, il Ministro Matteoli ha dichiarato “Le informazioni e le valutazioni raccolte nella relazione consentono di affermare che negli ultimi 15 anni il fattore ambiente si è fatto strada in tutti i settori.Tuttavia, i risultati positivi e incoraggianti sono messi a

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rischio dalla carenza di infrastrutture che ha effetti negativi sull’economia e sull’ambiente. L’aumento dei consumi energetici nel settore trasporti è il caso più evidente di questo divario, ma scontiamo carenze infrastrutturali anche nel settore acqua e rifiuti. Questi limiti infrastrutturali sono anche il risultato di una visione negativa della protezione dell’ambiente:è quindi necessario molto lavoro per incorporare nella cultura e nella pratica il criterio dell’ambiente come opportunità e valore positivo della crescita economica.”. La relazione è articolata in una introduzione che offre una valutazione generale dei dati ambientali e in sei capitoli: Ambiente ed Energia, Ambiente ed Industria, Ambiente e Trasporti, Ambiente, Agricoltura e Turismo, Ambiente e Aree Urbane. Ogni capitolo è integrato da schede tematiche che presentano esperienze significative e casi di studio in Italia e a livello internazionale ed è completata anche dai rapporti, previsti dalle norme attuali, in materia di depurazione delle acque, controllo e monitoraggio delle sostanze lesive dello strato di ozono, difesa del suolo. La relazione è anche corredata da 9 allegati ed un cartografia. Per la parte relativa a Energia e Emissioni di Gas Serra, è quanto mai importante monitorare le emissioni in quanto esse costituiscono un indicatore sensibile del rapporto tra energia e ambiente, economia ed ambiente. Le emissioni di CO2 equivalente sono aumentate dal 1990 al 2004 di circa l’11,6%, anche se la situazione italiana è in linea con la tendenza dei maggiori paesi europei. Il rapporto dell’Agenzia Europea


per l’Ambiente del novembre 2005 ha messo in evidenza la difficoltà degli Stati membri dell’Unione Europea a rispettare l’obiettivo di Kyoto, specificando però che tale difficoltà potrebbe in parte essere superata attraverso l’attuazione di misure nazionali aggiuntive. L’Italia ha già provveduto in questo senso adottando il Piano Nazionale per la Riduzione delle Emissioni approvato dal CIPE il 19 dicembre 2002. Il Rapporto ha altresì messo in evidenza, dato molto importante, che le emissioni pro capite dell’Italia sono al di sotto della media europea. In relazione al settore Industria, al 31 gennaio 2006 sono stati contati 1.104 impianti a rischio, di cui il 23,6% in Lombardia. Il decreto legislativo 283/05 ha introdotto elementi per minimizzare il rischio di incidente rilevante prevedendo una serie di nuove procedure e controlli. La maggior concentrazione di stabilimenti chimici e petrolchimici si trova in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, mentre le raffinerie in Sicilia e in Lombardia. Le emissioni totali delle industrie in atmosfera si sono ridotte del 23% tra il 1990 e il 2001 ed in particolare si sono ridotte drasticamente quelle dei principali inquinanti. Inoltre, le strategie ed i programmi per la bonifica dei siti contaminati hanno assunto un ruolo sempre più significativo per il risanamento ed il riuso di aree strategiche per lo sviluppo e la riorganizzazione urbana. Nel settore dei Trasporti, la domanda di trasporto crescerà nel prossimo futuro. Occorre quindi una adeguata risposta a tale domanda. Purtroppo non esiste ancora oggi una adeguata offerta di infrastrutture: dal 1990 al 2003 sono restati invariati i chilometri in esercizio sia della rete autostradale che ferroviaria. La attuale realizzazione delle opere per ampliare la rete ferroviaria comporterà sensibili cambiamenti nell’offerta e di conseguenza nelle modalità di trasporto. Il settore dei trasporti è quello che incide di più nel bilancio energetico nazionale e il 90% è imputabile al trasporto su gomma responsabile di un terzo delle emissioni di gas serra. Anche se il settore è responsabile del 61% delle emissioni nazionali, tali emissioni sono comunque diminuite e le vetture in circolazione che rispondono agli standard ambientali nel 2005 sono il 93% delle auto diesel, il 73% di quelle a benzina e il 68% dei veicoli commerciali. Nel settore delle Aree Urbane, la popolazione delle grandi città ha iniziato a decrescere a favore dei comuni della prima cinta metropolitana. In Italia vi sono 14 sistemi metropolitani in cui vive circa il 16% della popolazione nazionale. Negli ultimi anni è aumentata la domanda di mobilità urbana che ha messo a rischio la sostenibilità ambientale. L’auto privata rimane il

mezzo privilegiato di spostamento anche se è in aumento costante il ricorso ai mezzi pubblici. Per quanto riguarda poi la Gestione dei Rifiuti, i dati dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti mettono in evidenza i progressi nella selezione e nel riciclaggio dei rifiuti urbani, con livelli di eccellenza in alcune Regioni. Tuttavia, rimane anomalo, rispetto a molti paesi europei il ruolo ancora rilevante delle discariche: l’utilizzazione energetica dei rifiuti conferiti in discarica consentirebbe di ridurre le emissioni di metano e di contribuire allo stesso tempo a ridurre del 10% il gap verso l’obiettivo di Kyoto ed aumentare la sicurezza energetica del paese. Nel settore delle Risorse Idriche, il Rapporto 2005 del Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche conferma che il consumo medio giornaliero pro capite di acqua in Italia è superiore ai consumi dei paesi europei maggiormente sviluppati. Questo dato è positivo se considerato dal punto di vista della disponibilità di acqua per i cittadini ma può essere interpretato come indice di scarsa efficienza gestionale della risorsa. Tuttavia, le tariffe in Italia sono più basse della media dei paesi europei: la tariffa ha una funzione regolatrice dei consumi, ovvero a maggiore tariffa minori consumi ed è comunque connesso alla capacità di gestione e manutenzione dei servizi idrici quindi ciò va interpretato come dato positivo. In Agricoltura, il ricorso all’uso dei fertilizzanti è diminuito progressivamente, ma tale diminuzione va ulteriormente sostenuta in un’ottica di agricoltura sostenibile. A questo proposito va registrato come dato assolutamente positivo la riduzione dei consumi di bromuro di metile, largamente utilizzato in passato per la disinfestazione del terreno. Negli ultimi 10 anni il Ministero dell’Ambiente italiano ha promosso la ricerca e la sperimentazione di nuove tecnologie a sostegno di tale diminuzione. Inoltre, è sempre più esteso l’impiego dei prodotti biologici e dell’agricoltura biologica. Infine, nel settore delle Aree Protette, registriamo l’iscrizione di 103 nuove aree protette rispetto al 2000. Sempre rispetto al 2000, il numero di parchi naturali regionali non ha subito variazioni di rilievo, mentre sono state istituite 83 nuove riserve naturali regionali. Inoltre, la valorizzazione economica delle aree naturali protette, attraverso il turismo e le produzioni agricole di qualità sta fornendo indicazioni preziose per la riqualificazione dell’offerta turistica italiana.

* DR.SSA VIVIANA BIANCO SEGRETERIA PARTICOLARE DEL MINISTRO ALTERO MATTEOLI

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RUBRICHE LA VERGOGNA DI MESSINA FONDO FUCILE: TRA AMIANTO E DEGRADO SOCIALE

A CURA DI: PIETRO CURRÒ - EX ASSESSORE AL RISANAMENTO ANTONIO D’ARRIGO - ARCHITETTO ROSALIA FARAONE - ASSISTENTE SOCIALE VALENTINA MIDURI - DOTT. IN SCIENZE DELL’INFORMAZIONE

MESSINA 14/04/2006

PREMESSA ■

Questo dossier è stato predisposto da Pietro Currò, già assessore al risanamento del Comune di Messina, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica locale e nazionale su un tema di dignità violentata da oltre 50 anni. 1908-2006: Chi non è messinese avrà difficoltà a capire e a credere che a Messina, negli stessi quartieri nei quali all’indomani del terremoto del 1908 e subito dopo il secondo conflitto mondiale, furono costruite delle “baraccopoli”, persistano ancora oggi tali tuguri. Sebbene la macchina burocratica messa in campo dal Comune e dall’IACP sia partita, di troppe incompiute è lastricata la via del risanamento.

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A pochi chilometri dal centro cittadino, tra le nuove costruzioni e i padiglioni del Policlinico, si sprofonda in un villaggio di amianto e di lamiere. Qui vivono gli “esclusi” di Fondo Fucile: 140 famiglie che, costrette a vivere senza servizi igienici, con fogne a cielo aperto, in un labirinto di casupole fatiscenti, i cui tetti sembrano sbriciolarsi, nei piani del risanamento non riescono a trovare spazio. Una realtà triste, forse troppo lontana dai Palazzi di governo, a cui però la nostra coscienza non può rimanere indifferente. Pertanto, mantenendo fede all’impegno assunto nell’ambito delle attività sociali, abbiamo voluto dar voce a coloro che da troppi anni sperano in un futuro migliore, in una svolta tanto attesa quanto ancora avvolta in una spessa coltre di sordità. Il dossier, che è composto dalla denuncia


firmata dagli abitanti del rione, da alcune foto recenti, da una relazione tecnica sulla presenza di amianto, da una relazione sul degrado sociale, e che verrà inviato al Presidente della Repubblica, ai Gruppi Parlamentari, ai Ministeri della Salute e dell’Ambiente, ai segretari dei partiti politici, ai sindacati, al Sindaco della città e all’Assessore al ramo, all’Autorità Giudiziaria, al Prefetto, al Questore, all’AUSL di competenza, descrive una situazione difficile e preoccupante che però non fotografa la realtà. Quella non dei racconti, delle promesse elettorali, ma quella piena di denunce, di rancori, di grandi rassegnazioni, di impotenza di chi parla inascoltato. Nessuno, infatti, ascolta e agisce, e questo rende la denuncia sterile ed inutile. Noi crediamo alla denuncia e questo dossier ne è la prova. A questo, infatti, serve la documentazione di seguito riprodotta, nella quale vengono elencati con dovizia di particolari i rischi sociali ed ambientali a cui si è esposti. Parole che scuotono, immagini che colpiscono. La guerra al degrado è dura da vincere, ma con il silenzio e l’inerzia le sfide si perdono. DOTT.SSA VALENTINA MIDURI

AMIANTO A FONDO FUCILE ■

In data 23-03-06 è stata effettuata una ricognizione nelle abitazioni di Fondo Fucile per verificare la presenza di amianto. Dal sopralluogo è emersa una situazione che impone agli organi competenti la massima attenzione. Gran parte delle coperture delle abitazioni, infatti, sono costituite da lastre realizzate in composizione di cemento ed amianto, le cosiddette lastre di Eternit. Questo materiale, largamente utilizzato negli anni ’70, è oggi vietato da norme nazionali ed europee. Infatti, è stato dimostrato che con l’usura la lastra tende a rilasciare nell’aria particelle di amianto che, se inalate, possono produrre gravissime malattie a livello polmonare. Le lastre presenti a Fondo Fucile, come si evince dalle fotografie, appaiono usurate ed ammalorate; anche ad occhio nudo è possibile vedere piccole particelle che tendono a distaccarsi dalla lastra. La concentrazione di tante lastre in un’area contenuta aumenta ancor di più il rischio che le fibre libere di amianto possano essere ripetutamente inalate dagli abitanti. Si ritiene urgentissimo segnalare tale situa-

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RUBRICHE zione a tutti gli organi preposti, in particolare l’ARPA, la AUSL, la Provincia ed il Comune di Messina affinché, verificato lo stato dei luoghi, provvedano immediatamente. La situazione è ancora più allarmante se si considera che le abitazioni con amianto sono contigue ad un edificio scolastico, giornalmente frequentato da centinaia di bambini. Si ritiene, pertanto, che il rischio cui sono sottoposti gli abitanti delle abitazione di Fondo Fucile e gli alunni della vicina scuola impongano un coscienzioso immediato intervento. ARCH. ANTONIO D’ARRIGO

ANALISI SOCIO-AMBIENTALE ■

L’ambito territoriale interessato è Fondo Fucile, situato nel Comune di Messina, III Quartiere. La popolazione è di ceto medio-basso; la zona è altamente degradata con presenza di baracche, liquami, tettoie d’amianto, condizioni abitative invivibili. Visitare la zona trasmette un senso di sconforto, rassegnazione, “mancanza d’aria”. Nelle baracche vivono nuclei familiari di 4/6 persone anche in 16 mq. Gli spazi abitativi sono piccoli e altamente carenti; le persone sopravvivono in condizioni igienico-sanitarie precarie (presenza di umidità, crepe alle pareti, muffe, topi, infiltrazioni d’acqua, mancanza di punti luce e finestre…), con servizi igienici non idonei e situazioni di estrema promiscuità (più persone dormono in spazi molto ridotti). Alcuni residenti in tali baracche vivono in queste condizioni anche da 28 anni, con gravi danni per la salute e la propria dignità umana. Per ottenere una parvenza soggettiva di vivibilità alcuni di loro hanno sopperito alle mancanze strutturali della loro baracca installando l’antenna satellitare per garantirsi la ricezione dei canali di trasmissione, unico momento ricreativo in un ambiente povero di alternative e di aggregazione sociale, e/o la pompa di calore per cercare di difendersi dall’umidità, dal freddo e dal caldo torrido; tali scelte dimostrano che i residenti anelano ad una migliore qualità della vita ma sono troppo deboli e soli per uscire da questa situazione di impasse. Il contesto ambientale non permette alcuno sbocco paesaggistico: l’unica scelta è la visione di rigagnoli di fogna o del degrado circostante. Nella realtà socio-ambientale si segnala la presenza di deprivazione socio-culturale, fenomeni di devianza minorile, delinquenza e atti di microcriminalità. Per quanto riguarda il lavoro si riscontra disoccupazione di lunga durata e lavoro saltuario; non meno grave è la presenza

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di consumatori di sostanze stupefacenti (droghe leggere e pesanti) e il manifestarsi di fenomeni di violenza. A livello sociale le condizioni in cui vivono gli abitanti di Fondo Fucile violano una serie di diritti costituzionalmente garantiti, dagli articoli 2, 3, 31, 32, 34, della Costituzione della Repubblica Italiana i quali affermano che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità” e “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”(art. 2), “la Repubblica protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”(art. 31), “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (Art 32), “La scuola è aperta a tutti; l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.”, (art. 34). La costante mortificazione dei diritti sanciti da norme costituzionali, da leggi europee, da convenzioni internazionali, da valori morali di comune accezione, fanno si che il residente scivoli naturalmente verso sacche di emarginazione, sol-


lecitate solo in occasione di appuntamenti elettorali, quando ci si ricorda che il voto è un diritto/dovere. Spesso ci si dimentica dei diritti che vengono violati quotidianamente per imperizia, disattenzione, mancanza di provvedimenti nel campo delle politiche sociali che abbiano il carattere della organicità e della continuità, dimenticando il valore della persona umana, della sua dignità, libertà, socialità, uguaglianza, solidarietà, partecipazione, capacità di autodeterminarsi, capacità di essere protagonista della propria realizzazione, capacità di partecipare ai cambiamenti della propria comunità. In una società democratica e moderna gli obiettivi sociali: ■ lotta all’emarginazione; ■ impegno per la promozione umana; ■ impegno per la partecipazione dei cittadini alla vita sociale; ■ impegno per la difesa dei diritti fondamentali; dovrebbero essere costantemente promossi e monitorati e le politiche progettuali in ambito sociale dovrebbero cogliere nella loro simultaneità le aspettative e i bisogni, tenendo conto della loro costante evoluzione, per evitare che diventino componenti patologiche se non si interviene in tempo reale. Per quanto riguarda i minori e le dinamiche

educative, anch’essi sono privati di alcuni diritti fondamentali quali: ■ la salute (si riscontrano malattie dell’apparato respiratorio e infezioni di vario genere); ■ l’istruzione (non hanno spazio per studiare e non ci sono servizi di doposcuola, risulta un alto tasso di ripetenze e dispersione scolastica); ■ il gioco (non ci sono spazi attrezzati e centri per l’infanzia). I bambini giocano e vivono la loro giornata prevalentemente per strada tra viuzze malsane e discariche abusive a cielo aperto, con gravi pericoli per la loro salute e la loro incolumità. La zona si presenta altamente carente sotto ogni punto di vista; mancano completamente le strutture comunali (asilo nido, centri ludici per la prima infanzia, centro di aggregazione giovanile, parchi giochi, zone attrezzate, spazi verdi) e le dinamiche comportamentali messe in atto dai residenti risentono dello svantaggio socio-culturale. Le relazioni affettive attuate dimostrano un alto grado di attaccamento, ma contemporaneamente l’incapacità di fornire adeguate risposte per l’infanzia. A livello psico-sociale si riscontrano nei residenti alti livelli di stress e ansia, bassa autostima, rassegnazione, emarginazione e esclusione sociale, difficoltà a progettare la propria vita at-

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RUBRICHE

tati dall’intervento delle Istituzioni. In conclusione le condizioni socio-psicoambientali degli abitanti di Fondo Fucile risultano essere altamente inferiori anche agli standard minimi di vita dignitosa e socialmente attiva, cioè quella che dovrebbe essere garantita a ciascuna persona umana nel contesto di una realtà sociale moderna, evoluta e dinamica. ASSISTENTE SOCIALE DOTT.SSA ROSALIA FARAONE

SI RINGRAZIANO: Gli abitanti di Fondo Fucile, firmatari dell’esposto denuncia, che da decenni si battono per un loro diritto, Il comitato per il risanamento“Zancle2008” con il vice coordinatore sig. Gaetano Fedele, portavoce di molti baraccati messinesi e la stampa locale che ha sostenuto e sostiene il diritto ad una vita migliore.

NON SI RINGRAZIANO: traverso una visione ottimistica dell’esistenza. Sarebbe opportuno favorire processi di empowerment, promuovendo la capacità dell’individuo di progettare e controllare attivamente e consapevolmente la propria vita, attraverso l’accesso alle risorse sociali e l’opportunità di una partecipazione attiva. Bisognerebbe sviluppare i punti di forza della persona, affinché sia maggiormente in grado di intraprendere specifici percorsi di miglioramento delle proprie condizioni di vita, sempre comunque suppor-

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I Parlamentari messinesi; Gli Onorevoli Berlusconi e Prodi; I Presidenti della Regione Sicilia; I Sindaci succedutisi nel governare la città; per non aver voluto o saputo vedere. PER EVENTUALI COMUNICAZIONI INERENTI ALLE TEMATICHE ANALIZZATE CON IL PRESENTE: PIETRO CURRÒ TEL. 3687633329 ANTONIO D’ARRIGO TEL. 3386586981 ROSALIA FARAONE TEL. 3491904636 VALENTINA MIDURI TEL. 3392403520


CURIOSANDO TRA I LIBRI COSE CHE CAPITANO Claudia Priano Autore: Claudia Priano Titolo: Cose che capitano Anno di edizione: Aprile 2006 Casa editrice: Aliberti editore Pagine: 256 Prezzo: euro 15,00 “Papà, io non so davvero più chi sono. In cosa mi sono sbagliata?” “Non ti sei sbagliata, Teresa. E’ che, come tutti, tu hai due cuori” Le nostre esistenze sono una sequenza casuale di eventi fortuiti, oppure possiamo davvero considerarci gli autori principali del romanzo della nostra vita? A seguire le vicende della protagonista di questo libro, sembrerebbe che la risposta sia: né una cosa, né l’altra. Teresa Panebianco, trentenne, intrappolata in una vita che non è la sua, in una città che non è la sua, in una modaiola casa milanese, che di fatto è del suo rampante fidanzato, meneghino, dovrà affrontare un lungo percorso di sofferenza e delusioni prima di tornare a vivere. Lasciata Milano per raggiungere la sua Genova, si acStefano Carnazzi Stefano Apuzzo BIMBO BIO DA 0 A 10 ANNI - MANUALE PER DIFENDERLO Collana ECOALFABETO CONTENUTO Una messe di consigli e rimedi naturali, un percorso che parte dal benessere della futura madre fino a tutti i primi 10 anni di vita del bambino. Le virtù dell’allattamento al seno rivalutate dalla scienza, le cautele da esigere sugli omogeneizzati, i più subdoli pericoli nei giocattoli (perfino nei ciucci!) e spunti pratici per favorire un armonico sviluppo (alimentazione, convivenza con un cane o un gatto, la televisione) liberi dai veleni... Tutti i capitoli svolti con un linguaggio chiaro, supportati da ricerche scientifiche, libri e siti Internet per un successivo più agevole approfondimento. Un’appendice spiega nella pratica come far inserire i cibi da agricoltura biologica nelle mense scolastiche. Perché un’infanzia sana, serena e non inquinata – da nessun tipo di “veleni” – è l’unica base per un futuro sicuro.

Stefano Apuzzo Edgar H. Meyer QUA LA ZAMPA BREVIARIO LEGALE E PRATICO PER CANI, GATTI E ALTRI ANIMALI

di Luciano Cravotto

casa con una vecchia amica in un piccolo appartamento del centro storico, Da qui prende il via una lunga serie di avventure tragicomiche, incidenti ed imprevisti farseschi, inseguimenti per i vicoli genovesi, incontri più o meno fatali. Inizia così la sua ricerca di se stessa che la condurrà a riscoprire il gusto degli altri e a liberare finalmente il proprio irriducibile desiderio di ricominciare a vivere. Siamo noi a scegliere la vita, o lei a scegliere noi? Sembra chiedersi (e chiederci) Teresa raccontandosi con una leggerezza un po’ “svampita” le sue peripezie. Comunque sia, affidarsi al flusso - spesso banale - dell’esistenza diventa l’unica possibilità di allontanare le paure, le nevrosi, i sensi di colpa e di inadeguatezza. Consentendoci di apprezzare appieno il senso delle “cose che capitano”. Claudia Priano è nata e vive a Genova, dove lavora al Teatro della Tosse. Questo è il suo primo romanzo. Aliberti Editore – Vicolo del Clemente 1, 42100 Reggio Emilia - Tel/Fax 0522 434523 Cell.:329 4293200 www.alibertieditore.it - miriam@alibertieditore.it

GLI AUTORI Sono quelli di Quattro sberle in padella. Stefano Carnazzi, giornalista, autore, direttore responsabile di LifeGate – radio di culto, portale Internet e Magazine. È stato promotore dell’associazione Gaia-Animali&Ambiente e collaboratore del mensile “Quark”. Stefano Apuzzo, già parlamentare verde che ha improntato la sua azione all’attivismo; oggi è attivo nella cooperazione ecologica internazionale, con frequenti missioni in centro Africa. RAGIONI DI VENDITA Il libro documenta ineccepibilmente e chiaramente i pericoli dell’inquinamento ambientale, dei veleni a cui sono esposti specialmente i bambini: ftalati nei ciucci, Ogm negli omogeneizzati, pesticidi, spoliazione del verde in città... Offre un aggiornamento sulle tematiche di più stretta attualità, dalla salute alimentare all’equilibrio psicofisico, dai disagi sociali ai farmaci. Inedita l’appendice pratica su “come si fa” a istituire la mensa scolastica. PAGINE: 112 FORMATO: 12 X 17 CM PREZZO: EURO 9,00 USCITA: APRILE 2006

co dell’ambientalismo, ha pubblicato I pionieri dell’ambiente, è fondatore di “Diamoci la Zampa”, attiva associazione contro il randagismo, e ora è presidente di “Gaia-Animali&Ambiente”. Ricopre l’incarico di titolare dell’Ufficio Diritti Animali presso la Provincia di Milano, ove coordina tutte le politiche animaliste ed ecologiste dei Comuni in materia.

Collana ECOALFABETO CONTENUTO A partire dal ritrovamento, scena non infrequente, di un cane randagio sulla strada, questo manuale accompagna il lettore verso la conoscenza di tutti i lati del rapporto tra uomini e animali. A ogni paragrafo segue, puntuale, una scheda d’approfondimento con uno spunto pratico, un’informazione, o un fac-simile per un’azione legale o una denuncia. “Giorno per giorno, con cani e gatti”;“vita da cani in città”; “dalle parole ai fatti” e “il mondo dei maltrattamenti” raccolgono i capitoli in cui si articola il contenuto. Il messaggio è quello più ampio e condivisibile: la civiltà si misura anche nel modo in cui vengono trattati gli animali, non solo cani e gatti. GLI AUTORI Sono gli stessi di Fido non si fida. Stefano Apuzzo, già parlamentare verde, ha al suo attivo iniziative parlamentari importanti per la difesa degli animali e proposte di legge innovative e coraggiose, diversi libri di denuncia e di racconti. È autore tra l’altro del ‘Millelire’ sul tema della difesa dei diritti degli animali, Animali A(r)mati (1994). Edgar H. Meyer, stori-

RAGIONI DI VENDITA Otto milioni di gatti e più di sei milioni di cani vivono in famiglia, in Italia. Dunque, una famiglia su due, vive con un animale domestico.Tutte persone che possono aver bisogno di un “breviario” legale, per diventare consapevoli dei diritti e delle leggi. Dalle liti condominiali agli episodi di abbandono, dalle vacanze col quattrozampe ai centri di pet-therapy in Italia... ogni momento della vita di un proprietario di cane e gatto può esser scandito da un’incertezza. Questo manuale risponde, orienta, dà informazioni su cosa fare, a chi rivolgersi, come chiederle. Il manuale è arricchito da contributi inediti ed esclusivi: il decalogo del “cosa fare” all’arrivo di un gattino o di un cagnetto in casa; un elenco corretto e aggiornato dei centri italiani dove si pratica pet-therapy; la verità medica su “gatti e toxoplasmosi”, che sfata un pregiudizio infondato... con schede su altre più grandi questioni d’attualità. pagine: 112 formato: 12 x 17 cm prezzo: euro 9,00 uscita: aprile 2006


EVENTI CONFERENZA MONDIALE “FORESTE EURO MEDITERRANEE NELLA SALVAGUARDIA PLANETARIA”

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L

a Comunità Montana dei Monti Azzurri, con il suo Presidente dr. Giampiero FELICIOTTI e i componenti del Consiglio e della Giunta ospitano, dal 25 al 28 di maggio 2006 la Seconda Conferenza Mondiale “Foreste Euro Mediterranee nella Salvaguardia Planetaria”. Ad organizzare l’Evento, patrocinato dal Ministero dell’Ambiente, è l’IS.F.E. Istituto Forestale Europeo. Tra gli illustri relatori del mondo scientifico, universitario e culturale si segnala la presenza del Prof. Antonio ZICHICHI, Presidente del Centro Studi Ettore Mayorana di Erice, dove nel 2002 si è tenuta la prima conferenza, dell’On.le Carlo RIPA DI MEANA, presidente di Italia Nostra, del dr. Abdellah SAIDI, Direttore delle Acque e delle Foreste dell’Alto Atlante - Marrakesch e di altri Esponenti del CNR, delle Università, dell’Associazionismo e delle Istituzioni Mediterranee ed Europee. Chairman dell’evento è il dr. Mariano CUDIA, presidente dell’IS.F.E., che relazionerà sull’Istituendo Centro Euro Mediterraneo per la Conservazione dei Geni Agro-forestali e della prima Banca del Polline al mondo di Santo Stefano di Camastra - Sicilia. Il Prof. ZICHICHI parlerà di “ Come affrontare e risolvere le Emergenze Planetarie

“. L’evento si terrà al Centro Congressi di Sarnano dalle ore 9,00 alle ore 13,00 e dalle ore 15,00 alle ore 20,00 del 26 e 27 maggio. Gli addetti del mondo scientifico, culturale e giornalistico saranno graditi ospiti. Possono assistere ai lavori gli studenti e tutti cittadini della Comunità Montana e del Parco Nazionale dei Sibillini. I temi del Convegno saranno: 1. Foreste acqua e aria; 2. Foresta e suolo; 3. Foresta e mondo animale; 4. Parchi e aree protette nella conservazione delle foreste; 5. Foreste e arte; 6. Biodiversità forestale; 7. Foresta e produzioni legnose; 8. Agroforesta; 9. Foreste del mare; 10. La foresta nella medicina; 11. La Foresta nell’educazione; 12. Dalle Foreste Fonti Energetiche alternative; 13. Certificazione ambientale; 14. Onlus, finanza e banche per l’ambiente; 15. VIA e telerilevamenti; 16. Effetti degli inquinamenti negli ecosistemi forestali. 17. Certificazione ambientale. 18. Banche dei geni vegetali e del polline. L’IS.F.E. e la Comunità Montana dei Monti Azzurri da Sarnano lanceranno il messaggio per l’istituzione di una rete di volontariato rivolta soprattutto al bene dei Paesi poveri che contribuisca a salvare il mondo dall’olocausto ambientale.

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EVENTI QUANDO I FIORI E LE ERBE SI SPOSANO CON LA CUCINA A Casola Valsenio il 28 maggio prende vita “Erbe in fiore”: un evento dedicato a erbe e fiori… anche da mangiare!

C’

è un piccolo paese sulle colline ravennate, che non a caso si può fregiare del titolo di “Paese delle Erbe e dei Frutti Dimenticati”, dove l’amore per la natura e la passione per la buona cucina si sono fusi e da diversi anni raggiungono il loro apice nel corso dell’iniziativa delle “Erbe in fiore”, quest’anno in programma domenica 28 maggio. Siamo a Casola Valsenio, importante centro dell’Appennino romagnolo nel comprensorio turistico delle “Terre di Faenza”. Qui ha sede l’interessante e quanto mai qualificato “Giardino delle Erbe”, avviato nel 1938 da Augusto Rinaldi Ceroni, al quale è oggi intitolato, all’interno del quale si possono ammirare oltre 400 specie di erbe officinali ed aromatiche, autoctone e non, utilizzate anche in ambito medico, erboristico e cosmetico. Siccome la Romagna è una terra di buongustai, anche la gastronomia di Casola Valsenio è stata influenzata da questo amore per la natura, e le erbe officinali e aromatiche, coltivate e spontanee, sono diventate elementi importanti di gustose pietanze. Numerose sono, infatti, le erbe in grado di conferire profumi e sapori originali ai cibi, con la possibilità di dare vita a nuovi abbinamenti gastronomici e nuove ricette lungo quella linea ideale che congiunge le tavole ed i piatti della tradizione contadina alla ristorazione dei giorni d’oggi. Così come, ancora più inaspettatamente, numerosi sono anche i fiori commestibili che, oltre a essere impiegati per dare colore alle pietanze, ne migliorano le caratteristiche organolettiche. Ecco allora che sarà possibile degustare: lo sformatino di spinaci e calendula, la zuppa di fiordalisi, i fagottini di rose, il roast-beef ai fiori di salvia e rosmarino, le zucchine ai garofani, solo

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per citare alcuni piatti a base di fiori. Il programma della giornata del 28 maggio, in quello che è anche il periodo di maggior fioritura e maggior splendore del Giardino delle Erbe, prevede: ■ Ore 9,30-18 Mercatino dei prodotti con le piante officinali per la cucina e l’erboristeria; ■ Ore 10 Visita guidata al Giardino delle Erbe con riconoscimento, raccolta e degustazione di erbe e i fiori selvatici eduli primaverili; ■ Ore 11 Percorso sugli aspetti botanici e segnatura delle piante utilizzate nella tecnica dei “Fiori di Bach”; ■ Ore 12 Piccola degustazione ed assaggi di piatti a base di erbe e fiori; ■ Ore 15 Visita guidata al Giardino delle Erbe con un percorso di riconoscimento delle specie coltivate e spontanee; ■ Ore 15 Incontro sulla preparazione dei “Fiori di Bach” e la loro applicazione terapeutica, a cura della Coop. Zerocento; ■ Ore 16 Laboratorio di preparazione e degustazione di alcune ricette a base di fiori ed erbe, a cura dell’Istituto Alberghiero di Riolo Terme; ■ Ore 17 Visita guidata al Giardino delle Erbe.


profondire e diffondere la cultura delle erbe, dei fiori officinali e dei frutti dimenticati, per farne conoscere proprietà e gli usi nei campi della gastronomia e della salute. Dulcis in fundo, in occasione della giornata delle “Erbe in Fiore” i ristoranti di Casola Valsenio propongono menù a base di erbe, con specialità uniche che quest’anno avranno come base i fiori eduli primaverili. PER INFORMAZIONI: GIARDINO DELLE ERBE, TEL. 0546 73158 • WWW.ILGIARDINODELLEERBE.IT

GIARDINO DELLE ERBE ■

È un giardino botanico con l’obiettivo di conservare e coltivare piante di interesse medicinale e aromatico. Di proprietà della regione Emilia Romagna, dal 2000 è gestito dal Comune di Casola Valsenio, con la collaborazione della Cooperativa Montana Valle del Senio. È stato inaugurato nel 1975, ma il giardino delle erbe ha radici ben più lontane. Nasce nel 1938 grazie al professore Augusto Rinaldi Ceroni, allora direttore della scuola di avviamento professionale di tipo agrario. Entrato a far parte del Sistema Museale della Provincia di Ravenna nel 2003, il Giardino ha sempre svolto un’importante funzione didattica e divulgativa, garantendo la conservazione di oltre 400 specie di erbe officinali ed aromatiche, autoctone e non. Oggi il Giardino delle Erbe occupa quattro ettari di terreno, ed è una mostra permanente di piante aromatiche, medicinali, da essenza, da cosmesi e da cucina.

TERRE DI FAENZA ■

Durante la giornata delle Erbe in Fiore si terrà inoltre la presentazione delle attività dell’Accademia della Tavola Verde, costituita presso il Giardino delle Erbe di Casola Valsenio. Obiettivo dell’associazione è quello di ap-

È una Società di Area mista al 51% privata, nata per incentivare lo sviluppo del turismo nel territorio dei Comuni di Faenza, Brisighella, Casola Valsenio, Riolo Terme, Castel Bolognese e Solarolo (tutti in provincia di Ravenna, nel cuore della Romagna, a metà strada tra Bologna e Rimini ed a circa 50 chilometri dalla riviera adriatica). Si propone, in collaborazione con i numerosi operatori presenti, di fornire supporto alle azioni turistiche sviluppate, attuare una politica unitaria di promozione e incentivare e facilitare la commercializzazione del prodotto turistico, in particolare nei diversi “turismi” presenti in questa interessante area dell’entroterra: enogastronomia, termalismo e benessere, arte ceramica ed ecoturismo. UFFICIO STAMPA SOCIETÀ DI AREA “TERRE DI FAENZA” COOP ALEPH RIF. PIERLUIGI PAPI TEL. 338 3648766 FAX AUT. 02700414712 PPAPI@RACINE.RA.IT SOCIETÀ DI AREA “TERRE DI FAENZA” WWW.TERREDIFAENZA.IT

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EVENTI ECOTURISMO NEI PARCHI A TORRIGLIA (GE) UN CONVEGNO SUL TURISMO NELLE AREE PROTETTE DELL’ENTROTERRA

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gni anno una media di 155 milioni di turisti soggiorna o fa escursionismo nei parchi (14% della domanda turistica italiana) e attiva un’economia di 10 miliardi di euro, pari al 13% del totale del sistema turistico italiano. Questi dati confermano che il turismo nelle aree protette è destinato nel prossimo futuro a giocare un ruolo sempre più importante e che le aree protette dell’entroterra possono contribuire al rilancio socio-economico di zone depresse e poco conosciute. Sul tema, il Parco Regionale dell’Antola - in preparazione della Giornata Europea dei Parchi - organizza, in collaborazione con la Fondazione Eni Enrico Mattei, il convegno “Parchi ed entroterra: risorse da valorizzare - Turismo alle pendici dell’Antola”. I Parchi possono essere laboratori a cielo aperto, luoghi ideali dove sperimentare pratiche di turismo sostenibile, ma allo stesso tempo sono realtà in cui tutela e fruizione del territorio rappresentano un obiettivo primario di gestione. Da una ricerca effettuata nel Parco dell’Antola, dalla Fondazione Eni Enrico Mattei e dalla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Genova, emerge che la maggior parte dei turi-

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sti è spinta alla visita da interesse escursionistico e naturalistico, perciò gli interlocutori del Parco non sono semplici e disinformati visitatori, ma hanno tutte le potenzialità per trasformarsi in veri e propri ecoturisti. Per sottolineare questo aspetto, il convegno - articolato in due sessioni - prevede, nella prima parte, la presentazione del nuovo rifugio del Parco dell’Antola e alcune testimonianze di esperienze di turismo sostenibile nei Parchi. Nella seconda sessione è prevista una tavola rotonda sul tema “Parchi ed entroterra: valorizzarli e conservarli con il turismo?” che vede protagoniste autorevoli figure politiche, tecniche e accademiche coinvolte nella gestione del turismo e delle aree protette. Al termine dei lavori è prevista una visita guidata al Centro per il Turismo Equestre ed Escursionistico del Parco a Torriglia (GE). Il convegno avrà luogo il prossimo 17 maggio alle ore 10 a Torriglia (GE), sede scientifica dell’Ente Parco. Il programma è disponibile sul sito www.parcoantola.it, per informazioni è possibile rivolgersi alla sede dell’Ente Parco (email: info@parcoantola.it - tel. 010 944175).


“IL GIARDINO DEI GIGANTI” I

l giardino realizzato nasce da una riflessione sul tema degli spazi verdi come ambienti di gioco per i bambini. L’intento è quello di sorprendere il visitatore, specialmente i più piccoli grazie ad una natura composta da essenze insolite di grosse dimensioni, dai colori molto evidenti, e dalla presenza di elementi fuori scala. Entrando nel giardino si ha subito l’impressione che ci sia qualche cosa di strano e di sconosciuto. Un corso d’acqua si snoda sinuosamente lungo tutta la superficie del prato come un solco che divide e forma il terreno, creando un gioco nel suo attraversamento. Unici oggetti presenti sulla scena sono un tavolo di dimensioni fuori scala per la sua altezza (il piano è alto 1 metro e 20 cm), un vaso in materiale plastico al di sopra del tavolo, (diam. 80 cm , h. 40 cm), tre vasi in materiale plastico poggiati sul terreno (altezza 120 cm e diametro 130 cm) e alcuni piccoli sgabelli per i bambini ( h. 20-30 cm). Ad esclusione dei vasi tutti i pezzi che compongono l’arredo (tavolo e sgabelli) sono stati realizzati su disegno in legno impregnato e verniciato di colore rosso traffico. Tali elementi di forme note, ma di dimensioni non usuali, costituiscono l’espediente ludico per i bambini che si ritrovano così in una variegata giungla abitata da giganti. L’atmosfera che si percepisce è come quella di quando si entra in un mondo magico nuovo tutto da esplorare. I colori scelti per l’arredo ed il progetto (verde e rosso) sono volutamente forti, contrastanti e complementari con lo scopo di attirare l’attenzione su ogni dettaglio. La vegetazione presente appartiene per la ELENCO DELLE ESSENZE UTILIZZATE E LORO PAESE D’ORGINE Alocasia macrorrhiza India, Sri Lanka Phyllostachys aurea Cina Thevetia peruviana Perù Lantana camara Sud America Datura brugmansia variegata Colombia Chile Calathea makoyana Brasile Cordyline australis “Red Sensation” Nuova Zelanda Ophiopogon planiscapus “Nigrescens” Giappone Anthurium andreanum Colombia, Ecuador Croton variegatum MalesiaScindapsus aureus (Pothos aureus) Borneo, Giava

maggior parte a quella solitamente impiegata per realizzare i giardini esotici: dall’ampio fogliame ricadente dell’Alocasia macrorrhiza posta nei grossi vasi rossi, alle fioriture arancio rosso della Lantana camara, al rosso vivo del Cordyline australis “Red Sensation” che formano le aiuole lungo il corso d’acqua. Sul fondo dello spazio è presente un boschetto di bambù Phyllostachys aurea formare una quinta verde il cui pavimento è costituito da pacciamatura di truciolato di conifera dal colore rosso. Ai margini del giardino sono stati messi a dimora arbusti di Thevetia peruviana con le belle e profumate fioriture giallo limone. Il giardino è stato allestito dalla Floricoltura Lago Maggiore di Laveno Mombello (VA). La superficie, a meno della zona con pacciamatura (boschetto di bambù) è interamente coperta da tappeto erboso steso a rotoli. Il canale d’acqua è a filo del prato con una larghezza massima di 20 cm, contenuto da sponde rigide ricoperte da telo impermeabile, sul fondo di tale canale sono inseriti piccoli ciottoli di pietre fluviali. VERDEarchitettura Marzia Brandinelli e Silvia Refaldi architetti paesaggisti via fumagalli, 7 - 20143 MILANO ITALIA T. +39 02 89424749 F. +39 02 89422013 info@verdearchitettura.it www.verdearchitettura.it

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RUBRICHE CON VIVI G E TETRA PAK SCOPRI HAPPY MAIS

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d un anno dal seguitissimo “Concorso da Campioni” Vivi G, la marca di succhi con i soli zuccheri naturali della frutta, coinvolge in partnership con Tetra Pak, produttore di imballaggi per alimenti in poliaccoppiato a base carta, i più piccoli con un’entusiasmante gioco: Happy Mais, il gioco ecologico che aiuta la natura. Secondo La Doria e Tetra Pak, i bambini sono una delle risorse più importanti per il futuro dell’ambiente; per questa ragione proporrà a partire dal mese di maggio all’interno di numerosi ipermercati italiani di Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio e Campania un’area di gioco all’interno della quale i piccoli visitatori potranno imparare come crescere rispettando la natura e capiranno che ci sono aziende che si occupano di prevenire e contrastare i problemi ambientali. All’interno dell’area di gioco i bambini potranno liberare la loro fantasia, creare disegni ed imparare le regole fondamentali sull’ecologia e la biodegradabilità dissetandosi al gusto leggero e senza zucchero della frutta con Vivi G. Giocare con Happy Mais è semplicissimo: è sufficiente inumidire (anche con la saliva) un cilindretto colorato ed unirlo ad un altro fino a comporre le creazioni suggerite dalla fantasia. L’area di gioco è facilmente riconoscibile, è circondata infatti da un muretto rustico come quelli “di una volta” che delimitano le proprietà dei campi nel sud Italia. Al centro dello stand si trova il Grande Albero dei Verdi Pensieri diviso in due sezioni. Nella prima è posta una ruota, sulla quale sono indicate domande relative a Vivi G e all’imballaggio eco-compatibile Tetra Pak utili per infor-

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mare i bambini sulle proprietà di questo succo che grazie alla presenza dei solo zuccheri naturali della frutta ha un apporto calorico ridotto del 10% rispetto ai nettari, sulla raccolta differenziata e sul riciclo dei cartoni per bevande. Sulla seconda sezione i bambini potranno attaccare i disegni ed i pensierini “verdi”, suggeriti da questo viaggio nella natura, realizzati su Cartalatte l’unica carta ottenuta dal riciclo dei cartoni per bevande Tetra Pak. All’interno dello stand, i piccoli troveranno anche sagome di legno sulle quali attaccare “fiocchi di mais” per dar vita alle più divertenti creazioni e il tetrapuzzle, un tavolino con parti magnetiche asportabili utili per spiegare ai bambini il ciclo dell’imballaggio in cartoncino per i succhi. Ed infine i piccoli visitatori impareranno a colorare con “mago Alvise”, il buffo ometto a forma di succo di frutta, con la cannuccia al posto della bacchetta e il cappello di mago Merlino, la mascotte di Tetra Pak. Per ogni confezione Vivi G venduta, Ecotoys, l’azienda che ha ideato Happy Mais e che da anni opera nel settore dello sviluppo sostenibile e nella conservazione della natura, effettuerà una donazione all’associazione Onlus Fondo per La Terra. La finalità della donazione è proteggere diecimila metri quadrati di spazi verdi nell’ambito del progetto “I custodi della Terra” che prevede l’acquisto in Italia e all’estero di aree naturali. Ufficio Stampa Planet Comunicazione via Canova 15- 40133 Bologna Tel. 051. 531592; fax 051.6029357 Silvia Siano - silvia@planetcomunicazione.com


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