Su Patiu n 32

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Notiziario della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - Oliena

N. 32 - Dicembre 2016

La famiglia di Nazaret Modello di ogni famiglia

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l mistero del Natale, carico di emozioni e di tenerezza, ci ricorda continuamente che la Misericordia di Dio si è rivelata nel volto umano di Gesù Cristo. Il Figlio di Dio, volendo condividere la nostra natura umana, si è inserito nella concreta storia di un popolo e di una famiglia. In questo modo la famiglia di Nazaret è il modello verso cui deve guardare ogni nostra famiglia. Papa Francesco lo ricorda nell’Amoris laetitia: “Davanti ad ogni famiglia si presenta l’icona della famiglia di Nazaret, con la sua quotidianità fatta di fatiche e persino di incubi, come quando dovette patire l’incomprensibile violenza di Erode, esperienza che si ripete tragicamente ancor oggi in tante famiglie di profughi rifiutati e inermi. Come i Magi, le famiglie sono invitate a contemplare il Bambino e la Madre, a prostrarsi e ad adorarlo (cfr Mt 2,11). Come Maria, sono esortate a vivere con coraggio e serenità le loro sfide familiari, tristi ed entusiasmanti, e a custodire e meditare nel cuore le meraviglie di Dio (cfr Lc 2,19.51). Nel tesoro del cuore di Maria ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie, che ella conserva premurosamente” (AL, 30). Siamo chiamati, sia a livello civile che ecclesiale, pag. 1

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ad avere una maggior attenzione alla famiglia che anche nella nostra comunità risente dei problemi e delle difficoltà che caratterizzano questo nostro tempo. La precarietà dei rapporti, le separazioni, i rapporti tra genitori e figli, il venir meno dell’autorevolezza materna e paterna generano situazioni di grave disagio. « L e sioni tenindotte da una esasperata cultura individualistica del

possesso e del godimento generano all’interno delle famiglie dinamiche di insofferenza e di aggressività. Vorrei aggiungere il ritmo della vita attuale, lo stress, l’organizzazione sociale e lavorativa, perché sono fattori culturali che mettono a rischio la possibilità di scelte permanenti» (AL,

33). Come cristiani dovrem- veri maestri…. Nazareth ci mo riscoprire lo stile della ricordi cos’è la famiglia, cos’è famiglia di Nazaret che anche la comunione di amore, la oggi ci insegna e sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ci propone dei ed inviolabile; ci faccia valori sempre vedere com’è dolce ed inattuali: “In primo luogo essa ci sostituibile l’educazione insegna il silenzio. in famiglia, ci insegni Oh! se rinascesla sua funzione nase in noi la stiturale nell’ordine ma del sociale. Infine impariamo la lezione del lavoro. Oh! dimora di s i Nazareth, casa lendel Figlio del z i o , atmofalegname! sfera ammirabiQui soprattutto le ed indispendesideriamo sabile dello comprendere spirito: e celebrare la legge, severa certo ma redentrice della fatica umana” (Paolo VI, Discorso tenuto a Nazareth, 5 gennaio 1964). Proviamo in questo Natale a volgere lo sguardo sulle nostre famiglie, con i suoi aspetti positivi, ma anche con le sue mentre difficoltà e tensioni; contemsiamo storditi da plando il presepio, proviamo tanti frastuoni, rumori e a raffrontarci con la casa di voci clamorose nella esagitata Nazaret. Con questo invito, e tumultuosa vita del nostro anche a nome di Don Puddu tempo. Oh! silenzio di Naza- e di Don Luca, accogliete reth, insegnaci ad essere fermi l’augurio di un Buon e sereno nei buoni pensieri, intenti alla Natale. vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni Don Giuseppe Mattana di Dio e le esortazioni dei

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Cronaca di vita parrocchiale

Cronaca di vita parrocchiale Avvenimenti vissuti nella nostra comunità dal mese di settembre al mese di dicembre 2016

Il 26 settembre iniziano i lavori effettivi di ristrutturazione all’interno della Chiesa Parrocchiale. Il 30 settembre si riunisce il Consiglio parrocchiale diell’Azione Cattolica. Il 2 ottobre si celebra a Nuoro il Giubileo Regionale dei catechisti. Il 2 ottobre si riunisce il Comitato di N.S. di Monserrata. L’otto ottobre si svolge a Galanoli il Convegno Foraniale dei Consigli Pastorali parrocchiali di Oliena, Orgosolo, Mamoiada e Fonni. Il 16 ottobre viene inaugurato il Nuovo Anno Catechistico Parrocchiale. Il 19 ottobre viene inaugurata e benedetta la nuova strada di “Sa Trave”. Il 29 ottobre si svolge a Nuoro, presso la parrocchia di S. Giuseppe, il Convegno Pastorale Diocesano. Il 30 ottobre l’Azione Cattolica Parrocchiale celebra la festa del CIAO. INDIRIZZI e NUMERI TELEFONICI Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola Piazza Collegio, 7 - 08025 OLIENA (Nu) Tel. e Fax 0784.285655 mail: p.santignazio@tiscali.it web: www.parrocchiaoliena.it Don Mattana tel. 0784.285655 - 340.7661593 Don Luca tel. 349.5484738 Don Puddu tel. 0784.288707 Per le vostre eventuali offerte: Conto Corrente Postale n. 13151071 intestato a: Parrocchia S. Ignazio di Loyola - Oliena

Il 4 novembre, con la celebrazione della S. Messa e l’omaggio al monumento dei Caduti, si celebra l’annuale Commemorazione dei caduti in tutte le guerre. Il 5 novembre il gruppo scout Oliena 1 vive la sua uscita di gruppo. L’otto novembre si svolge a Galanoli il primo laboratorio foraniale dei catechisti. Il 13 novembre, con una solenne celebrazione nella Chiesa Cattedrale, Mons. Mosè Marcia conclude l’Anno Straordinario della Misericordia e conferisce il Diaconato a Giovanni Cossu di Orgosolo, a Roberto Biancu della Caletta e a Emanuele Martini di Siniscola. Il 19 novembre vengono accolte le nuove coppie del Comitato N.S. di Monserrata: Pierpaolo Cattide e Manuela Puligheduu, Gianfranco Congiu e Rosella Puligheddu, Massimo Tuffu e Antonella Pau, Pietro Cuccureddu e Loredana

NOTIZIARIO della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - OLIENA

Dicembre 2016 - n. 32

Direttore Responsabile: GIUSEPPE MATTANA Gruppo Redazione: LUCA MELE, ANTONELLO PULIGHEDDU, PEPPINO NIEDDU, FRANCO GARDU, FRANCESCO PALIMODDE, FRANCA MASSAIU, MATTIA SANNA, GUGLIELMO PULIGHEDDU, BASTIANINA CANUDU Grafica: Antonello Puligheddu - Stampa: Arti Grafiche Su Craminu - Dorgali Iscrizione Reg. G. e P. N. del Trib. di Nuoro n. 03/2004 del 20 Ottobre 2004

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Mulas, Mario Tilocca e Sabina Murgia. Il 23 novembre i rappresentanti della Presidenza Diocesana dell’Azione Cattolica incontrano l’Associazione parrocchiale. SONO TORNATI ALLA CASA DEL PADRE: Nel numero precedente, per un involontario disguido, non sono state messe in elenco: Pasqua Succu, Caterina Congiu, ce ne scusiamo con i familiari. -----------------------------------------Mariantonia Vacca Luigi Serra Pietro Ticca Mario Catte Mariantonia Puddu Gavina Bardeglinu Felicina Cucca Francesco Corbeddu Basilio Puligheddu Antoniangela Sanna Sebastiano Corda Lussoria Coe Sebastiano Sanna SONO STATI BATTEZZATI IN CRISTO: Sara Maria Mereu Giorgia Garippa Francesco Manca Giovanni Fele Nicolò Boe Pasquale Puligheddu Celeste Maria Loddo Anastasia Fele SI SONO UNITI IN MATRIMONIO: Luca Cabras e Marianna Sanna Andrea Biscu e Giuseppina Gabbas Gian Mario Mereu e Sabrina Becconi pag. 2


Vita Parrocchiale

Su Patiu: il nostro Giornale Parrocchiale Q

Strumento insostituibile di libertà ed evangelizzazione, apprezzato da tanti e sconosciuto a pochi

uando nel lontano dicembre 2003, ad opera del compianto Don Salvatore Fancello, del vice don Giovanni Maria Chessa e del primo gruppo redazionale, vedeva la luce il numero zero di “Su Patiu”, eravamo orgogliosi perchè ci avevamo creduto fortemente e ci portava i frutti di tanti sforzi fatti affinchè quel progetto divenisse realtà. In tredici anni i tempi sono profondamente cambiati, ma lo spirito e le motivazioni profonde di quella scelta, non solo non sono mutate nel tempo, ma si sono via via rafforzate. Già il titolo, scelto tra tanti, era quanto mai significativo. Su Patiu, la piazzetta della chiesa parrocchiale, era stato, e noi crediamo possa essere ancora, punto di incontro e luogo di coesione e condivisione per generazioni di bambini, ragazzi, giovani e adulti della nostra comunità parrocchiale e civile e come tale gli rendevamo onore, avendo la presunzione e la speranza di creare, con il nostro giornale, uno spazio altrettanto vivo e condiviso, in cui ognuno potesse ritrovarsi e rivivere, comunicare e condividere, valori, idee, ricordi e a volte, come è giusto che sia in una comunità libera e vitale, anche punti di vista diversi, purchè sempre rispettosi dei ruoli e della dignità di ciascuno. Il giornale è in questo senso una realtà essenziale per mostrare quello a cui si crede, quello che si progetta di fare, quello che impegna periodicamente ciascuno nella comunità. É un organo d’informazione ma anche di formazione e crescita, così da ospitare eventi ed appuntamenti, memorie, ma anche riflessioni, preghiere e pagine di approfondimento dei valori cristiani. C’è, insomma, la profonda convinzione che possa essere veicolo per catturare la lettura e l’interesse dei parrocchiani, ma anche strumento per creare un coinvolgimento nelle varie realtà che vivacizzano la comunità cristiana. Duemila e cinquecento copie raggiungono quattro volte l’anno ognuna delle nostre famiglie e lo fanno da sempre in punta di piedi, senza imporre nulla e senza avere la pretesa di essere per forza apprezzati da tutti o di poter trattare attraverso le sue pagine tutto lo scibile umano, ma con l’unico proposito di mettersi al servizio della comunità nell’esprimere una opinione, pag. 3

informare, o semplicemente suscitare un ricordo o un sorriso. A tutti, attraverso queste pagine è data la possibilità di conoscere la parrocchia e la comunità per sentirsene parte integrante. La redazione di “Su Patiu”, anche per precisa scelta del parroco nonchè direttore, Don Giuseppe Mattana, accoglie da sempre contributi da parte di chiunque voglia condividerli, che siano essi singoli o associazioni, e la varietà e la vivacità del gruppo redazionale, cresciuto negli ultimi anni, ma sempre aperto verso chiunque voglia farne parte, è segno tangibile di tale apertura. Chi si pone al servizio degli altri, in qualunque modo presti la sua opera, lo fa nella profonda convinzione di mettere a disposizione della comunità parte del suo tempo e della sua professionalità. L’essere al servizio non rende nessuno

infallibile, ma certamente lo rende meritevole di apprezzamento agli occhi di tutti per ciò che riesce a donare. Ancora oggi dopo tredici anni, anche nelle nuove forme che la tecnologia ci consente, abbiamo voglia di continuare ad essere presenti nelle famiglie del nostro paese, non come semplice notiziario, ma come strumento vivo in mano ad una comunità operosa e vitale. In questo spirito, ancora oggi e come allora, siamo aperti ad ogni idea o iniziativa possa migliorare questo strumento, convinti come siamo che, lungi dall’essere vecchio o inutile, possa ancora migliorare ed essere sempre più rispondente alle esigenze di tutti e di ciascuno. Antonello Puligheddu

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Approfondimenti

La famiglia: una realtà in evoluzione

La famiglia italiana, negli ultimi centocinquanta anni, si è radicalmente trasformata di pari passo con i cambiamenti conseguenti al progresso sociale

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a famiglia viene tradizionalmente considerata la prima cellula sociale, ossia una delle istituzioni fondamentali della vita associativa e di relazione. All’inizio della nostra cultura, nell’antica famiglia patriarcale romana, il Pater familias (padre di famiglia) esercitava fino alla morte la sua indiscussa autorità su un gruppo numeroso composto dalla moglie, i figli, le nuore, i figli adottivi, i nipoti. Egli aveva cioè quello che si chiamava potestas vitae necisque, ossia il potere di vita e di morte sugli altri componenti. Dalla seconda metà dell’800 e più decisamente nel ‘900, la famiglia patriarcale allargata è stata sostituita dalla famiglia nucleare, composta soltanto dai genitori e dai loro figli. Fino agli anni Cinquanta del ‘900, tuttavia, ha continuato a esistere una famiglia di tipo “tradizionale”, fondata sull’indissolubilità del matrimonio, su una precisa divisione dei ruoli tra i coniugi e sulla centralità dei figli. La famiglia “moderna” è nata da alcune trasformazioni: vi è stato il passaggio da un sistema di matrimonio combinato dai genitori, mossi esclusivamente da interessi di tipo economico e sociale, ad uno basato sulla libera scelta dei coniugi, sull’attrazione fisica e sull’amore. È mutato il rapporto fra i coniugi. Infine, sono cambiate le relazioni fra genitori e figli. La famiglia italiana, negli ultimi centocinquanta anni, si è radicalmente trasformata di pari passo con i cambiamenti conseguenti al progresso sociale: nel 1970 è stato introdotto il divorzio; nel 1975 è stato integralmente riformato il diritto di famiglia, che ha stabilito tra l’altro la parità tra i coniugi sia nei loro rapporti personali che nei confronti dei figli. In generale le donne sono entrate massicciamente nel mondo del lavoro. É profondamente cambiato l’atteggiamento delle coppie nei confronti della procreazione: se un tempo i figli erano un valore primario e un investimento cui sacrificare ogni cosa, oggi le coppie sono più orientate verso se stesse e la propria realizzazione, con la conseguenza che il numero di figli, spesso percepiti come un costo, viene radicalmente controllato. Vero è che la crisi economica e l’assenza di adeguate tutele sociali rende più complessa la scelta di divenire genitori. Alla base della famiglia c’è, quindi, l’evoluzione di una società che è governata da diversi valori e ideali. Ciò si riversa inevitabilmente nel nucleo familiare che,

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di volta in volta, cambia la sua forma, la sua composizione, generando la nascita di nuovi tipi di famiglia: single, monogenitoriale, unioni di fatto, famiglie ricostituite, famiglie multiple. Alcuni fenomeni caratterizzano l’attuale contesto: si fanno meno figli; si resta più a lungo in famiglia, ci si sposa più tardi, aumentano le convivenze, le separazioni, i divorzi. Un fenomeno importante è rappresentato dal calare dei matrimoni. Vi è inoltre il rinvio a più tarda età delle nozze. In crescita i matrimoni civili e le separazioni dei beni. Una delle maggiori discontinuità rispetto al passato è senz’altro il fenomeno delle convivenze giovanili (e delle nascite extranuziali). I motivi che stanno alla base della scelta di convivere tuttavia possono essere diversi da individuo ad individuo e nelle varie fasi della vita .In Italia il fenomeno, nel suo complesso, risulta negli ultimi anni in forte crescita, tuttavia, nella maggioranza dei casi, il matrimonio rimane il punto di riferimento essenziale nel processo di formazione della famiglia. É molto frequente ad esempio il fatto che i genitori conviventi si sposino dopo la nascita del primo figlio. Un fenomeno in forte accelerazione dagli anni Novanta ad oggi è anche quello dell’instabilità coniugale. Nel giro di poco più di una decade si è infatti assistito a quasi un raddoppio del tasso dei divorzi. I matrimoni infatti durano sempre meno. Le ragioni per cui ciò accade sono complesse e certo influenzate da una crisi di valori globale che investe anche le relazioni affettive. Anche i sentimenti sono fast-food, cibo veloce, scarsamente nutriente. Le scelte sono probabilmente agite senza grande consapevolezza di quale impegno e tenacia comporti la relazione matrimoniale che è sì, anzitutto

e soprattutto scelta d’amore, ma anche progetto razionale di condivisione, desiderio e volontà. La crescita dell’instabilità coniugale e la diminuzione dell’età di scioglimento del primo matrimonio ha portato, negli ultimi decenni, ad un progressivo aumento delle persone che si trovano nella condizione di poter entrare in una seconda unione. Aumentano dunque i bambini con famiglie ricostituite. Sempre più spesso, inoltre, la seconda unione è una convivenza invece che un nuovo matrimonio. I nuclei con un solo genitore sono, del resto, in continua crescita. Da questo quadro si evince l’estrema dinamicità di tale istituzione ed è evidente anche la sua attuale fragilità. La famiglia cioè, pur rimanendo il perno della società, vede modificarsi la sua fisionomia, vede entrare in crisi i suoi valori. Difficile trovare o indicare semplici soluzioni, forse, a mio parere, si potrebbe cominciare con il rifondare l’individuo, dare cioè a quest’ultimo, prima che entri nella relazione di coppia, una valida educazione al rispetto e potenziare la sua capacità di amare in termini di consapevolezza di cosa ciò sia nella sua essenza. In questo senso ritengo necessario l’instaurarsi, (a scuola, nelle famiglie e nelle associazioni che, a vario titolo entrano in contatto con soggetti in formazione), di una educazione sentimentale, affettiva, relazionale, sessuale. Ciò è oltremodo urgente specie oggi in cui tutto è consumo, anche i sentimenti, tutto è all’insegna e alla rincorsa del nuovo, sicchè anche i rapporti d’amore sono facilmente intercambiabili. Pare che nulla debba durare per sempre. Forse occorrerebbe provare a ridare valore a questo sempre, pur sapendo che è una sfida che non è facile vincere.

Franca Massaiu pag. 4


Approfondimenti

Nazareth ci ricordi cos’è la famiglia

I

”Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto più tosto la loro assenza, la loro latitanza” da: Amoris Laetitia di Papa Francesco.

l ruolo genitoriale, specie quello maschile, ha subito una lunga e accidentata metamorfosi passando, a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, ed in particolare nell’ultimo quarto, dal padre padrone al padre Peter Pan. La figura del Pater familias, in passato, si stagliava netta e incontrastata e dominava ogni spazio nella vita dei figli, spesso incutendo in loro sensi di colpa e di vergogna, per la pur minima trasgressione, sempre mal tollerata. Un padre talvolta dispotico e amorevole allo stesso tempo che sapeva, per ancestrale convinzione, che non si può vivere senza regole e che per dare un senso o meglio caricare di senso la vita era necessario conformare i figli alla Legge: quella degli uomini e quella di Dio. Un ruolo della paternità, questo, che pur “nell’assenza” sapeva dare testimonianza e facilitare il distacco dei figli, che proprio per questo non odiavano il padre ma ne riconoscevano autorità e valore. Forse, talora, i figli soffrivano della mancanza - assenza del padre, ma le frustrazioni, le regole, più in generale la comunità degli adulti, aiutavano a riempire quell’assenza. Quel che accadde dopo il 1968, che va sotto il nome di contestazione giovanile, mettendo in discussione il principio di autorità, invocava una trasformazione della società, sconvolgendone i ruoli al suo interno, indicando valori e obiettivi che puntavano ad un superamento del passato. La conseguenza fu una lunga transizione sociale, culturale, religiosa, educativa, che portò ad una ridefinizione dei modelli e dei ruoli sino ad allora rigidamente codificati. Il ruolo del padre, così come lo avevamo conosciuto, era definitivamente tramontato. Ma il vuoto reale e simbolico lasciato da quella figura di padre e più in generale dagli adulti, non è stato riempito ancora oggi. O meglio, è stato riempito dal consumismo, in coincidenza con l’avvento di un benessere più diffuso, in una continua rincorsa ad apparire piuttosto che ad essere. Una vera ”mutazione antropologica” sconvolgeva così la società contadina che lasciava il posto alla società industriale. Dobbiamo guardare in modo nostalgico al passato? Direi di no. Ma, allo stesso tempo, dobbiamo interrogarci sulla figura paterna che si è andata consolidando negli ultimi venti anni: Il padre Peter pag. 5

Pan. Un padre fragile, privo di autorevolezza, impegnato non ad educare ma a trovare alibi, giustificazioni, ad assolvere i figli anche quando sa che hanno torto. Un genitore che ha rinunciato alla sua funzione. Un genitore che si specchia nel figlio, in quanto confidente, querulo narciso, in fuga dalle responsabilità come la stragrande maggioranza degli adulti. In questo quadro non sorprende quanto accaduto a Cagliari nei giorni scorsi, emblematico di un modo assai diffuso, anche da noi, di intendere il proprio ruolo educativo e genitoriale: il giudice ha assolto una insegnante, rea secondo i genitori, di aver sgridato il loro figlio procurandogli disturbi ansiogeni. Purtroppo, oggi, ogni intervento educativo viene inteso come uno sfregio e non come momento di crescita e, poco importa, che l’educatore sia insegnante, prete, arbitro, catechista ecc. I genitori assumono spesso, con queste e altre figure di riferimento, comportamenti competitivi, quando non vaneggiano, specie nella scuola, di simpatie, antipatie e complotti vari. In questo modo i genitori sono un ostacolo al processo di crescita dei propri figli. Se invece si insegna loro il senso del limite, a non pretendere l’inammissibile, ad accettare i «No!» affettuosi, si pone un argine alla ”superbia infantile” e li si educa a vivere una vita piena, viva, umanizzata. Oggi, in un contesto dove l’affettività, come i valo-

ri, nella loro liquidità, ci sommergono, occorre ridefinire il futuro a cominciare proprio dalla famiglia e dalla genitorialità. A testimonianza di questa necessità si potrebbero citare decine di pubblicazioni, di riferimento culturale diverso, ma di segno uguale, circa l’imprescindibilità di questo compito. In questa direzione non sfugge il contributo autorevole dato dalla Conferenza Episcopale, col suo “Instrumentum Laboris,”quando affronta il tema del ruolo paterno: “In alcuni contesti sociali, poi, la mancanza di esperienza dell’amore, in particolare dell’amore paterno, è frequente, e questo rende assai difficoltosa l’esperienza dell’amore di Dio e della sua paternità. La debolezza della figura del padre, in tante famiglie, genera forti squilibri nel nucleo familiare ed incertezza identitaria nei figli”. I figli non hanno bisogno di padri vanesi ma di padri testimoni, di padri che svelino loro il senso dell’esistenza e che li aiutino a credere che l’esistenza ha un senso. Ma è il magistero di Papa Francesco, con la sua Esortazione Apostolica, “Amoris Laetitia” a raggiungere la vetta della riflessione sulla famiglia e a dare a tutti, credenti e non credenti, strumenti di analisi e di comprensione ed allo stesso tempo ad infondere coraggio e speranza per superare le difficoltà del presente. “Nazareth ci ricordi cos’è la famiglia.” Francesco Palimodde

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Approfondimenti

Rapporto Scuola - Famiglia

La cooperazione e la complementarietà della famiglia e della scuola è determinante per la formazione personale e didattica dei nostri ragazzi.

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a famiglia è il luogo dell’educazione umana, è dove acquisiamo un equilibrio affettivo, sviluppiamo qualità importanti per la vita sociale, apprendiamo che nella vita sono importanti la collaborazione e la solidarietà, formiamo le capacità relazionali, in definitiva impariamo ad amare. La presenza di figli poi aiuta le persone a progettare il futuro. Nei riguardi dei figli è necessario un impegno affettivo ed educativo intenso, una formazione anche all’equilibrio tra i diritti e i doveri, affinché divengano adulti con una personalità solida e cittadini responsabili. In questo la famiglia viene supportata dalla scuola, che non può in nessun modo sostituirla ma la cui collaborazione risulta fondamentale. I nostri ragazzi non possono essere educati a settori ma in modo globale, così da poter crescere come persone capaci di compiere delle scelte in un mondo che si apre ai loro occhi con una vasta molteplicità di proposte e di possibilità ma anche di difficoltà da affrontare. Pertanto la relazione scuola-famiglia rappresenta un importante fattore di promozione, costituisce una dimensione sulla quale occorre investire perché favorisce negli alunni l’apprendimento e il benessere e ha influenze positive sulla loro motivazione. Se i nostri ragazzi sperimentano buone reti relazionali collaborative tra gli adulti che li circondano saranno meno a rischio di avere problemi scolastici ed extrascolastici. Ma cosa si aspetta il genitore dalla scuola? Lo percepisce come un luogo in cui il figlio riceverà vari insegnamenti che gli saranno indispensabili per crescere e formarsi nel confronto con gli altri? Il genitore che iscrive il figlio alla scuola dell’infanzia compie un gesto di grande valore simbolico, quello di affidare ad altri il proprio piccolo per la prima volta, riconoscendo che è altro da sé, facendogli fare, così, i primi passi nel mondo. Quindi la cooperazione e la complementarietà della scuola e della famiglia diventa

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determinante e può crearsi solo se viene incoraggiata la comunicazione e la collaborazione tra le due istituzioni. È di fondamentale importanza che la nostra scuola faccia diventare i genitori elementi attivi al suo interno e trasmetta il messaggio che ciò che gli studenti imparano e quanto hanno imparato non è una questione che riguarda solo gli insegnanti, ma è una vera e propria priorità per la famiglia e per tutto il contesto sociale circostante. Infatti la scuola non riguarda solo docenti e studenti, ma è, o meglio dovrebbe essere, parte di un sistema educativo più ampio, in cui oltre ai genitori sono coinvolte le altre realtà della nostra comunità che cooperano per arricchire la formazione e il benessere dei ragazzi. Succede talvolta che la comunicazione scuola-famiglia risulti bloccata e sulla difensiva reciproca. Accade che i genitori non esprimano soddisfazione nei rapporti con la scuola, perché non hanno la percezione di compiere insieme agli operatori scolastici un percorso il cui senso è condiviso oppure non si riesce a collaborare per arrivare ad un obiettivo comune. All’inizio di quest’anno scolastico, tuttavia, è successo che genitori e insegnanti hanno fatto fronte comune in una lotta veramente strenua per opporsi alla formazione di due classi pollaio alla scuola media. Il bene dei ragazzi è stato messo al centro di tutto e insieme, discutendo e rimanendo

fermi nelle proprie posizioni, hanno incontrato sia i funzionari del Provveditorato di Nuoro che gli amministratori regionali a Cagliari. La loro determinazione è stata incoraggiata anche dagli esponenti della politica comunale e dai sindacati locali. Alla fine si è riusciti in un’impresa che sembrava impossibile: la creazione di tre classi con un numero accettabile di allievi, in cui tutti hanno la possibilità di essere seguiti adeguatamente nel proprio percorso didattico ed educativo. Famiglie e docenti hanno capito di essere dalla stessa parte e di avere entrambi a cuore il successo formativo dei più piccoli, ognuno con la propria specificità, e di non essere disposti a piegarsi alla politica del risparmio a tutti i costi anche a scapito del benessere dei nostri bambini e ragazzi che rappresentano il futuro della nostra comunità. La scuola ha il dovere morale di cercare l’incontro e la disponibilità delle famiglie, di porsi in ascolto costante e queste di aprirsi ad una visione positiva della scuola, perché l’istituzione scolastica non può fare a meno del loro aiuto, soprattutto quando l’alunno ha delle difficoltà. Anche per questo la creazione di un clima di collaborazione e la costruzione di legami forti e stabili favorisce la collaborazione tra le due agenzie educative per il bene dei ragazzi. Bastianina Canudu pag. 6


L’ANGOLO dei PIU’ PICCOLI

Dicembre 2016

a cura di Don Luca Mele

Leggi e colora la storia di:

Giovanni Antonio Solinas

Amico, fratello e padre

Nel lontano 1643, a Oliena, Giovanni Paolo Solinas e Maria Todde Corbu ebbero un bambino che chiamarono Giovanni Antonio.

Giovanni Antonio ricevette i primi sacramenti nella chiesa parrocchiale di Santa Maria e iniziò a frequentare la scuola dei padri gesuiti, da poco arrivati alle falde del monte Corrasi.

Sentendosi pronto e sicuro della sua vocazione, Giovanni Antonio confidò il suo sogno a padre Sanna e padre Pinna, i quali lo incoraggiarono a proseguire il suo cammino.

Il giovane rimase affascinato dalla testimonianza dei suoi maestri al punto che iniziò a sentire il desiderio di diventare anche egli gesuita. pag. 7

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Così, il nostro amico, partì a Cagliari, dove completò gli studi ed entrò, il 13 giugno 1663, ufficialmente a far parte della Compagnia di Gesù.

E, subito dopo, si mise a servizio della sua famiglia religiosa partendo a Sassari dove divenne insegnante di altri ragazzi.

Nel 1672, su ordine dei sui Superiori, Giovanni Antonio – già desideroso di diventare missionario e andare lontano per aiutare i più bisognosi – fu inviato in Spagna.

Qui, il 23 maggio dell’anno successivo, precisamente a Siviglia, Giovanni Antonio, ormai trentenne, fu consacrato sacerdote e tutti iniziarono a chiamarlo «Padre Solinas».

Finalmente padre Solinas, insieme ad altri confratelli, partì per la lontana America meridionale: dopo mesi di navigazione in mezzo all’Oceano, arrivò a Buenos Aires l’11 aprile del 1674.

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Il giovane gesuita di Oliena svolse un’intensa attività per il bene delle popolazioni sudamericane: celebrava i sacramenti, lavorava, assisteva gli ammalati e giocava con i bambini.

Nel 1682, padre Solinas, insieme ad altri gesuiti, fu designato per la missione del Chaco e, facendo tappa a Salta, divenne grande amico di don Pedro Ortiz de Zàrate.

Insieme si avventurarono, pieni di fede e speranza, nell’ostile e insidiosa valle del Zenta per annunciare il Vangelo e portare l’amore di Gesù.

Ma, inspiegabilmente, don Ortiz, padre Solinas e altri diciotto amici missionari furono torturati e trucidati senza pietà dagli Indios della zona. Era il 27 ottobre del 1683.

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Nello stesso istante, Padre Salvatore, un altro frate di Oliena che viveva a nel convento francescano di Bitti (e soprannominato fra’ Silenziario a causa del suo voto di non parlare più per ascoltare solo la voce di Dio), ebbe una straordinaria visione e iniziò a piangere e raccontare in diretta, per filo e per segno, tutto quello che in contemporanea stava succedendo a migliaia di chilometri di distanza ai gesuiti della valle del Zenta.

I frati francescani riferirono immediatamente la visione del loro confratello Salvatore ai gesuiti di Oliena e, d’accordo, intuirono che ci fosse qualcosa di divino in tutta questa vicenda.

Solo nel 1998, però, il Vescovo di Oran e Salta, ottenne il permesso per chiedere al Papa il riconoscimento delle virtù eroiche e cristiane di padre Solinas, don Ortiz e i missionari laici.

Dopo anni di nuove ricerche e testimonianze, il 29 ottobre del 2016 si è concluso il processo diocesano in Argentina per chiedere di poter proclamare “Beati” tutti i martiri del Zenta. Se il Signore vorrà, spetterà a Francesco, il Papa argentino, emettere la sentenza definitiva. Con l’affetto e la preghiera degli olianesi, dei sudamericani e tutti i credenti, Dio darà alla Chiesa nuovi modelli di santità come il coraggioso e generoso padre Solinas, insieme a don Pedro e ai diciotto missionari uccisi.

Ringraziamo e ci complimentiamo con l’artista locale Luigi Columbu e Ideas l’Inventeria di Oliena che in tempi brevi si sono dovuti adeguare alle pretese di don Luca Mele, realizzando velocissimamente questi disegni che, nonostante i pochi giorni a dispo sizione, rappresentano fedelmente la vita del gesuita olianese.

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Vita Parrocchiale

Chiesa, catechismo e famiglia

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In questo periodo d’Avvento la famiglia di Nazaret è il nostro punto di riferimento sia ideale che reale.

on l’inaugurazione dell’anno catechistico si mette in moto, e non solo metaforicamente, una carovana di genitori che sfidando ogni avversità climatica, parcheggi in tripla fila e macchine cariche come bus a Calcutta nei giorni di festa, accompagnano i propri figli al catechismo. I genitori sempre di corsa, sono comunque pronti a garantire ai propri figli le attività che li facciano sentire tutelati, al sicuro e protetti. La riflessione parte dal fatto che esaurito questo periodo i ragazzi ormai grandi si sentono esonerati dalla partecipazione sia alla messa domenicale che ai momenti di vita parrocchiale. Anche nella nostra comunità la figura della fami-

glia sta cambiando, difficoltà economiche, disagi e non in ultimo valori tradizionali messi in crisi perché il cambiamento sociale ci porta a metterli in discussione. Se da un lato le famiglie demandano ai catechisti il delicato compito di “educare alla fede” i propri figli , nel momento in cui i bambini chiedono ai genitori la partecipazione attiva in questa loro esperienza , iniziano le criticità. Il re-inserimento alla vita parrocchiale, e spesso un atteggiamento di distacco verso quella Chiesa vista solo come un istituzione, dalla quale è meglio prendere le distanze perché non ci si riconosce in quanto lontana dai reali bisogni. Come comunità siamo chiamati a chieder-

ci come riconquistare la fiducia, e riuscire ad instaurare un nuovo dialogo. Si potrebbe mettere al centro del nostro progetto La Famiglia. “Non perdiamo la fiducia nella famiglia” (Papa Francesco). In questo periodo d’Avvento la famiglia di Nazaret è il nostro punto di riferimento sia ideale che reale. Un modello di vita vivo e concreto, Maria e Giuseppe hanno insegnato a Gesù a pregare, e lo hanno accompagnato testimoniando con semplicità la loro fede. Un modello in cui tutti dovremmo in qualche modo identificarci. Graziella Piras

Ricorda l’iniziativa

Ovunque un presepe

Case, Strade, Piazze, Cortes, rievocano la nascita del Bambino Gesù Aiutaci a tenere viva questa bellissima tradizione!!!

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Ammentos

Padre Solinas e i Martiri della valle del Zenta Da 333 attendono di essere elevati alla Gloria degli Altari! Che sia giunta l’ora?

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on v’è dubbio che le nostre popolazioni, nei tempi andati, fossero impregnate di fervente religiosità, con spiccata predilezione per la Madonna e i vari Santi; religiosità a tratti frammista a pratiche pagane, retaggio di riti e culti di epoche pre-cristiane. Per tali motivi, la Chiesa, nei siti di culto pagano, aveva favorito l’edificazione di chiese e santuari caldeggiando la celebrazione di “cumbidos”, sagre e novene alle quali convenivano genti anche da villaggi vicini. Stranamente, Padre Giovanni Antonio Solinas, dopo la soppressione della compagnia di Gesù (con Bolla papale del 1773) fu totalmente ignorato dalla Chiesa ufficiale, ma non dimenticato certo dalla gente comune. Oralmente, le sue vicende terrene venivano ricordate dagli anziani e tramandate alle proprie famiglie, riunite attorno ai focolari, nelle lunghe notti invernali… Il martire veniva rievocato per le sue eroiche virtù di vita cristiana. Il Padre – pensavano – aveva avuto da Dio il compito di uscire dalla propria terra per portare la parola di Cristo ai popoli di regioni così lontane dove la maggior parte della gente ne ignorava perfino l’esistenza. Con il tempo la storia originaria si era arricchita di aneddoti nuovi, sì da fondere in modo realistico fantasia e leggenda. Colpiva, al contempo, l’orgoglio degli abitanti del rione di santu Franciscu, i quali, nell’additare le rovine della casa natale del Martire (che fino a pochi decenni prima conservava ancora la sua struttura originaria), affermavano: «hussa es’ sa domo uve est nashìu su martire Juvanne Antoni Solinas!». Posto che nulla avviene per caso, amo credere che la Providenza abbia deciso di intervenire con un suo preciso disegno. Negli anni ’50 del secolo scorso alcuni olianesi emigrano, in cerca di lavoro, in America Latina. Ma perché proprio l’Argentina, quando ci voleva un mese di nave per arrivarci?!? Qui scoprirono che le popolazioni locali nutrivano una profonda venerazione per Padre Solinas e i suoi

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martiri e al loro rientro narrarono di questi fatti. L’unica voce a rompere il silenzio imperante di quegli anni fu quella di Don Giovannantonio Pala, sacerdote olianese, il quale ebbe a pubblicare un breve resoconto della vita del martire. Tempo dopo, misteriosamente attratti, partono come missionari, rispettivamente nel ‘64 e ’65, Don Nunzio Calaresu nativo di Oliena e Don Franco Casula, viceparroco in Oliena (quest’ultimo troverà una tragica morte nel 72 proprio quella terra). Sull’onda emotiva suscitata dalla partenza di don Nunzio e don Franco, all’interno dell’Azione Cattolica locale, molti giovani e ragazze promettevano di volerne seguire le orme. A causa di questi fermenti, alcune madri si erano giustamente allarmate, ma col tempo e la nascita di un gruppo missionario creato per supportare con le preghiere e con le azioni i nostri sacerdoti lontani, tutto era tornato alla normalità. Al contempo il flusso missionario verso quelle terre lontane non si arresta: partiranno Don Diego Calvisi, nel 1980, (nativo di quel borgo di Bitti laddove l’olianese “Fra Silenziario” aveva annunciato in diretta il martirio del compaesano Padre Solinas); poi Don Andrea Buttu, nel 1999, viceparroco in Oliena per quasi dieci anni; e Don Salvatore Bus-

su, vice e poi Parroco di Oliena, che guarda caso sarà presente con Don Calaresu e altri sacerdoti ad una rimpatriata conviviale con gli ex emigrati d’Argentina (vedi foto). Don Bussu (quando ancora non lo percepiva, eppure il seme gettato cominciava a maturare da subito) si convincerà ad iniziare la fatica della ricerca documentale per la realizzazione del libro “Martiri senza altare”. Negli anni successivi, ben quattro Vescovi argentini visitano la Chiesa di Nuoro e la comunità di Oliena; anche altri sacerdoti diocesani e molti laici decidono di vivere determinati periodi in terra di missione. Se queste fossero coincidenze, beh, Sono davvero troppe! E che dire poi di quel Vescovo venuto “dalla fine del mondo”, dall’Argentina appunto, salito inaspettatamente al soglio Pontificio? Anche questa una coincidenza? Forse altro non è che la puntuale attuazione di quel famoso disegno divino! La chiesa di Nuoro e la comunità di Oliena attendono ora fiduciose che la Divina Provvidenza porti a compimento quel suo famoso progetto: l’elevazione alla gloria degli altari di questi nostri Martiri! E non solo per le tante preghiere di questi ultimi anni, ma – soprattutto – perché Dio lo vuole.

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Approfondimenti

Lettera Apostolica “MISERICORDIA ET MISERA” La celebrazione della misericordia avviene in modo del tutto particolare con il Sacramento della Riconciliazione

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l termine dell’Anno Straordinario della Misericordia Papa Francesco ha pubblicato la Lettera Apostolica Misericordia et misera per ribadire che il tempo che viviamo è sempre caratterizzato dalla misericordia. Il titolo fa riferimento a un commento di S. Agostino al brano del Vangelo di Giovanni (Gv 8,1-11) che racconta l’incontro di Gesù con la donna adultera. Papa Francesco sceglie questo episodio come icona del Giubileo appena concluso: “Questa pagina del Vangelo può a buon diritto essere assunta come icona di quanto abbiamo celebrato nell’Anno Santo, un tempo ricco di misericordia, la quale chiede di essere ancora celebrata e vissuta nelle nostre comunità. La misericordia, infatti, non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo” (Mm, 1). La legge comanda di lapidare una adultera, Gesù invece mette al centro non la legge ma l’amore di Dio che sa leggere nel profondo del cuore. In questo modo “Gesù ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore: vi ha trovato il desiderio di essere capita, perdonata e liberata” (Mm, 1). Il perdono è il segno più visibile dell’amore di Dio. “Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia; essa rimane sempre un atto di gratuità del Padre celeste, un amore incondizionato e immeritato” (Mm, 2). Questa misericordia è stata riversato sul mondo intero perché l’amore di Dio è senza confini: “Abbiamo celebrato un Anno intenso, durante il quale ci è stata donata con abbondanza la grazia della misericordia. Come un vento impetuoso e salutare, la bontà e la misericordia del Signore si sono riversate sul mondo intero. E davanti a questo sguardo amoroso di Dio che in maniera così prolungata si è rivolto su ognuno di noi, non si può rimanere indifferenti, perché esso cambia la vita” (Mm, 4). Nel ringraziare il Signore che è stato buono con noi, bisogna proseguire nella strada indicata e riscoprire il dono della misericordia in tutti i momenti della vita, in modo particolare nella Liturgia, nella celebrazione del’Eucaristia, nell’ascolto della Parola di Dio, dedicando anche momenti specifici per l’approfondimento della sacra Scrittura. Il Papa si sofferma in particolare sul sacramento della Riconciliazione. “La celebrazione della misericordia avviene in modo del tutto particolare con il Sacramento della Riconciliazione. È questo il momento in cui sentiamo l’abbraccio del Padre che viene pag. 13

incontro per restituirci la grazia di essere di nuovo suoi figli. Noi siamo peccatori e portiamo con noi il peso della contraddizione tra ciò che vorremmo fare e quanto invece concretamente facciamo (cfr Rm 7,14-21); la grazia, tuttavia, ci precede sempre, e assume il volto della misericordia che si rende efficace nella riconciliazione e nel perdono” (Mm, 8). Da qui l’invito ai sacerdoti a essere ministri della misericordia: “Ai sacerdoti rinnovo l’invito a prepararsi con grande cura al ministero della Confessione, che è una vera missione sacerdotale. Vi ringrazio sentitamente per il vostro servizio e vi chiedo di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio” (Mm, 10). È in questo contesto che il Papa concede a tutti i sacerdoti “in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre” (Mm,12). Inoltre vene prolungata la facoltà ai sacerdoti della fraternità S. Pio X, che ancora non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, di poter assolvere i penitenti. Un pensiero particolare viene rivolto alle famiglie, molto spesso al centro di gravi crisi e difficoltà, dove l’impegno di fedeltà “è spesso interrotto da sofferenza, tradimento e solitudine… La grazia del

Sacramento del Matrimonio non solo fortifica la famiglia perché sia luogo privilegiato in cui vivere la misericordia, ma impegna la comunità cristiana, e tutta l’azione pastorale, a far emergere il grande valore propositivo della famiglia” (Mm, 14). “Termina il Giubileo e si chiude la Porta Santa. Ma la porta della misericordia del nostro cuore rimane sempre spalancata. Abbiamo imparato che Dio si china su di noi (cfr Os 11,4) perché anche noi possiamo imitarlo nel chinarci sui fratelli” (Mm, 16). Per dare seguito a questo chinarsi sui fratelli, Papa Francesco istituisce la Giornata mondiale dei poveri da celebrarsi nella XXXIII domenica del Tempo Ordinario. In questo contesto richiama anche la necessità di riscoprire e di vivere le esigenze delle opere di misericordia corporale e spirituale. “È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere, frutto della grazia” (Mm, 18), per realizzare una rivoluzione culturale attraverso la fantasia della misericordia che mai è venuta meno nella vita della Chiesa. “Siamo chiamati a far crescere una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri: una cultura in cui nessuno guarda all’altro con indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli … La cultura della misericordia si forma nella preghiera assidua, nella docile apertura all’azione dello Spirito, nella familiarità con la vita dei santi e nella vicinanza concreta ai poveri. È un invito pressante a non fraintendere dove è determinante impegnarsi” (Mm, 20). Alla fine della Lettera il pensiero rivolto a Maria: “Su di noi rimangono sempre rivolti gli occhi misericordiosi della Santa Madre di Dio. Lei è la prima che apre la strada e ci accompagna nella testimonianza dell’amore. La Madre della Misericordia raccoglie tutti sotto la protezione del suo manto, come spesso l’arte l’ha voluta rappresentare” (Mm, 22). Giuseppe Mattana

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Approfondimenti

Guidati da una stella cometa

La famiglia di Nazareth faro nella vita di tutti i giorni, tra bisogni di accettazione, speranze e la necessità di sentirsi figli.

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l nome di Dio è Misericordia”. E mai titolo fu più eloquente. Sfogliando le pagine del libro intervista, scritto a due mani da Papa Francesco e dal giornalista Andrea Tornielli, alcuni passaggi hanno colpito più di altri l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Al di là, tuttavia, dai titoli altisonanti e sensazionalistici, dai facili entusiasmi e dalla voglia di fare notizia, alla quale spesso si assiste impotenti e inermi, i temi affrontati meriterebbero certamente un’attenzione ponderata e una riflessione aperta e non preconcetta. Tempo fa, mi è capitato di imbattermi nella lettera scritta da una madre al settimanale Famiglia Cristiana, il cui contenuto era più o meno sintetizzabile con la frase-”mio figlio gay chiede di essere accolto, partecipando alla cena del Natale”. In quel momento, nella mente si sono stampate indelebili le parole del Santo Padre, riprese proprio dall’opera alla quale ho fatto cenno all’inizio. “Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle”. Ai Cristiani del terzo millennio è chiesto, dunque, di includere, di integrare, di stare vicino, di “accompagnare”. Basterebbe soffermarsi sull’etimologia del verbo per capire quale significato meraviglioso è nascosto in questa scelta stilistica, non affatto casuale. Accompagnare deriva, infatti, da compagno e il compagno non è altri se non colui che mangia il pane con noi. Che sta nella nostra tavola. Nella mensa imbandita del Santo Natale c’è, allora, spazio per tutti. È stata aggiunta una seggiola per chi chiede semplicemente di essere figlio. “Homo sum, humani nihil a me alie-

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num puto”. “Sono un uomo, niente di ciò che è umano ritengo estraneo a me”-osservò in maniera lungimirante il commediografo Terenzio oltre centocinquant’anni prima della nascita di Cristo. Insomma, “se una persona è gay, cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”si era interrogato il Papa in un’altra occasione. “Deus caritas est”. “Dio è amore”-ricorda Benedetto XVI nella sua prima enciclica. “L’amore per il prossimo è la strada per incontrare Dio”. “E Dio non ci ama “nonostante” le nostre imperfezioni, altresì Egli ama il nostro limite, assume la nostra vulnerabilità, cura le nostre ferite”*. Pertanto, in un’epoca segnata da mutamenti epocali, da rivoluzioni di pensiero, dallo sconvolgimento dei canoni e dei sentimenti comuni, il modello di riferimento era e rimane Nazareth. “Il nucleo familiare di Gesù, Maria e Giuseppe è per ogni credente, e specialmente per le fami-

glie, un’autentica scuola del Vangelo. Qui ammiriamo il compimento del disegno divino di fare della famiglia una speciale comunità di vita e d’amore, [...]. Qui apprendiamo che ogni nucleo familiare cristiano è chiamato ad essere “chiesa domestica”. I tratti tipici della Santa Famiglia sono: raccoglimento e preghiera, mutua comprensione e rispetto, spirito di sacrificio, lavoro e solidarietà”. “Dall’esempio e dalla testimonianza della Santa Famiglia, (quindi), ogni famiglia può trarre indicazioni preziose per lo stile e le scelte di vita, e può attingere forza e saggezza per il cammino di ogni giorno”**.

Mattia Sanna

*Lectio divina-Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma, Benedetto XVI **Angelus, Festa della Santa Famiglia di Nazareth, 27 dicembre 2015, Papa Francesco.

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Speciale web

Usare internet nel modo corretto o esserne vittime?

Non sempre la tecnologia che entra a far parte della nostra quotidianità viene subito compresa in tutte le sue potenzialità

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opo la prima guerra mondiale anche in Italia si comincia a fare uso del telefono, e lo si utilizza non solo per lavoro ma anche per “fare due chiacchiere”. Per molti è addirittura questa seconda funzione ad essere predominante. Nel Vittoriale di Gabriele D’Annunzio, ad esempio, è visibile ancora oggi uno dei primi telefoni installati in Italia, posizionato nel sottoscala dietro le cucine. Probabilmente a quel tempo il Vate considerava il telefono strumento più adatto alle chiacchiere da cucina che valido ausilio per il lavoro. Ebbene, non sempre la tecnologia che entra a far parte della nostra quotidianità viene subito compresa in tutte le sue potenzialità. Spesso, inizialmente, se ne diffida, si sta sulla difensiva, si fatica ad accettare il cambiamento. Prima è capitato con l’introduzione del telefono, poi con l’avvento di internet, oggi con la comparsa sulla scena dei vari social network. Complici di questa cattiva percezione del progresso anche i giornali e altri media tradizionali che, pur di vendere qualche copia in più, enfatizzano disavventure e aneddoti negativi legati ad un cattivo uso dei nuovi mezzi, senza sottolineare il fatto che la causa, appunto, è nell’uso che se ne fa e non nello strumento in se. Anche da questo iniziale approccio non proprio positivo derivano molti dei problemi nell’utilizzo dei social. Ultimamente non si sente parlare che di attacchi e risse mediatiche, lapidazioni virtuali, cyber-bullismo (ne abbiamo discusso anche in queste pagine), razzismo 2.0, ecc. Termini con un denominatore comune: il cattivo utilizzo di internet e dei social. Sempre più spesso, protetti da un asettico e tranquillo monitor nella nostra calda casetta, oppure davanti allo schermo del nostro smartphone che, in fin dei conti, sta in una tasca, pensiamo di poterci comportare da giustizieri della rete, lanciando anatemi e denunce a destra e a manca, esponendo al pubblico ludibrio, senza nessuna riflessione preventiva, tutte le piccole disavventure quotidiane di cui siamo testimoni. A maggior ragione se protetti anche da un presunto anonimato, in realtà soltanto apparente. pag. 15

In rete, poi, la violenza, anche solo verbale, è contagiosa. Più è stupida, più diventa virale. E in poco tempo ciò che sembrava una semplice diatriba, o uno scherzo di non molto buon gusto, o ancora una battuta sparata senza rifletterci troppo, arriva a produrre dei risultati molto spiacevoli se non dolorosi o addirittura tragici. Per citare un esempio il triste epilogo della vicenda della ragazza protagonista del video hard girato dall’ex fidanzato, esasperata al tal punto da decidere di togliersi la vita. Eppure proprio quella ragazza sui social era stata presa in giro e derisa da migliaia (se non milioni) di persone sino al giorno prima. Dobbiamo permettere all’assenza di fisicità che ci concede internet di trasformarci in bestie in balia dell’istinto, che, senza rendersene ben conto, producono, o contribuiscono a produrre, risultati come questo? No. Non è questa la via principale di utilizzo di uno strumento così evoluto. E basterebbe anche poco per capirlo. Prima di tutto occorre avere ben chiara in testa l’idea che dall’altra parte del “filo”, ad ogni capo di filo della rete, c’è una persona vera, in carne ed ossa come noi, e come noi capace di provare emozioni e soffrire. Se avessimo di fronte quella persona probabilmente ci penseremmo due volte prima di sbattergli in faccia qualche post astioso, offensivo o razzista. Allora perché non sforzarci e provare, nonostante la distanza e le protezioni virtuali, ad immedesimarci nell’altro? Nella prati-

ca bastano pochi piccoli accorgimenti. Per esempio non pubblicare subito un post scritto in un momento d’impeto, spinti magari dalla rabbia. Fermarsi un attimo a riflettrere, lasciare passare un po’ di tempo e porsi qualche domanda: Questo post, prima o poi, verrà letto dai miei figli, i miei genitori, i miei amici, insegnanti, colleghi, ecc... È utile a qualcuno di essi quello che sto per pubblicare? È utile a me? Oppure mi sentirei meglio se lasciassi perdere questa volta e dedicassi il mio tempo a questioni più importanti? Se avessi davanti questa persona, e tutte le altre che potrebbero leggere il post, direi loro tranquillamente a voce alta quello che sto per scrivere? Oppure potrei avere qualche difficoltà/imbarazzo? Se mi trovassi nella condizione opposta, cosa proverei a ricevere un post come quello che sto per scrivere? Inoltre è importante tenere sempre dei punti di contatto con la vita reale. Confrontarsi, soprattutto all’interno della famiglia, ma anche con amici e colleghi, sugli stessi argomenti e sulle esperienze vissute in rete, aiuta a tenere saldamente i piedi per terra! Sono solo piccoli accorgimenti, ma se ognuno di noi li seguisse prima di pubblicare qualcosa online, il web sarebbe un posto più tranquillo ed accogliente per tutti. Guglielmo Puligheddu

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Recensioni

“La famiglia adolescente”

Il libro di Massimo Ammaniti , noto psicoanalista, i cui studi si sono indirizzati in specie verso l’area della genitorialità, ci dà lumi su quella difficile galassia che è la famiglia odierna.

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n tempi di crisi della famiglia, leggere, informarsi su quanto vi avviene, sulle numerose ed importanti mutazioni che la riguardano, credo sia quanto meno doveroso nonché urgente e necessario. Rendersi consapevoli dei veloci mutamenti che investono e spesso travolgono e stravolgono questa fondamentale istituzione è cosa che ci riguarda troppo da vicino perchè si decida di chiamarsene fuori. Riflettere, studiare, non sono attitudini proprie solo di chi va a scuola o di chi, per mestiere, ha a che fare con questa. Devono essere prassi di chiunque, qualunque lavoro si svolga, manuale o intellettuale. Se vogliamo che questo nome, famiglia, continui ad avere senso è cioè necessario che ce ne occupiamo e non sporadicamente o episodicamente: può mai crescere un fiore se non è coltivato? Il libro di Massimo Ammaniti, noto psicoanalista, i cui studi si sono indirizzati in specie verso l’area della ge-

nitorialità, ci dà lumi su quella difficile galassia che è la famiglia odierna. Con un linguaggio chiaro e accattivante, nel suo libro “La famiglia adolescente”, vuole, fin dal titolo, chiarirci un dato caratteristico della famiglia di oggi: una famiglia che non riesce ad essere adulta, che non riesce a crescere ed emanciparsi, in cui i genitori rimangono eterni Peter Pan, eterni adolescenti. Il testo è suddiviso in 13 brevi capitoletti che, partendo da una riflessione sulla famiglia che siamo diventati, tratteggia, ricorrendo a frequenti ed incisivi esempi, un ritratto assai realistico dei meccanismi mentali che agiamo, spesso inconsapevolmente, nel nostro essere genitori. Indaga tra le pieghe e le piaghe della famiglia moderna, quella che, affrancatasi dai vecchi ruoli, non sa darsene di nuovi, ossia è preda di feroci e lesive insicurezze che minano, di fatto, quel rapporto fondamentale che invece deve instaurarsi tra genitori e figli, se si vuole che que-

sti ultimi imparino davvero, dai primi, come si sta al mondo.

“Lettera alla tua famiglia”

Vittorino Andreoli, uno dei più autorevoli studiosi della psiche, viene considerato uno dei massimi esperti nel settore degli studi sulla famiglia e le sue dinamiche.

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ittorino Andreoli è uno dei più autorevoli studiosi della psiche, autore di libri di successo, ospite spesso di trasmissioni televisive, viene considerato uno dei massimi esperti nel settore degli studi sulla famiglia e le sue dinamiche. Nel suo libro “Lettera alla tua famiglia”, sotto forma di epistola, si rivolge a ciascun componente di questa per chiarire cosa egli intenda debba essere quest’ultima: un coro in cui ogni componente è strumento indispensabile. Un coro che è chiamato a scaturire una melodia che sia il più possibile armoniosa, meno contrastante e contrastiva possibile. Rivolge un invito ad ogni membro della famiglia affinchè ciascuno, vincen-

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do la passività e la paura, si ingegni a superare i conflitti che naturalmente si creano all’interno di un organismo così complesso quale è la famiglia, lacerata spesso da tensioni e ferite talvolta difficili da rimarginare. Accompagnandoci nell’excursus di una nostra normale giornata, ripercorrendone i momenti della e nella ripetizione dei suoi gesti quotidiani, ci conduce a soffermarci su quelli che sono i valori e gli aspetti che devono essere considerati prioritari: la cura dei sentimenti, l’attenzione al dettaglio dei piccoli gesti, quelli che, se ci sfuggono, ci fanno perdere l’essenziale. Una guida utile, agile, illuminante.

Franca Massaiu pag. 16


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