Grotte finali

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Roberto Marchi Le Grotte del Monte Pisano


Pubblicazione realizzata con il contributo di:

Regione Toscana

Provincia di Pisa

Comune di San Giuliano Terme

Comune di Vecchiano

Pubblicazione realizzata all’interno della collana editoriale “I Quaderni del Metato” Assessorato all’Ambiente Provincia di Pisa

© Copyright 2006 by Pacini Editore SpA ISBN XX-XXXX-XX-X Realizzazione editoriale

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Comune di Vicopisano

Studio Associato G.E.A.

Banca di Credito Cooperativo di Fornacette


A Rebecca, che da lassÚ ci guarda e ci sorride‌


Un libro può essere divertente con molti errori, o può essere noiosissimo senza neanche un’assurdità. Oliver Goldsmith, Il vicario di Wakefield, prefazione


Indice Prefazione Introduzione Il Monte Pisano Carsismo e Speleogenesi Esplorazioni e studi Le grotte Grotta della Spoletta Grotta del Leone Buca dei Ladri Buca di Castelmaggiore Grande Buca delle Fate di Cima la Sugheretta Buca delle Fate di San Giuliano Terme Grotta del Monticello Lo Strinato Grotta della Cava di Uliveto Terme Eremi Rupecava La Spelonca Speleologia urbana Galleria di Corliano Tecniche fotografiche Ringraziamenti Bibliografia

pag. 7 » 8 » 10 » 18 » 24 » 31 » 32 » 42 » 54 » 68 » 78 » 86 » 104 » 122 » 140 » 159 » 160 » 168 » 175 » 176 » 186 » 190 » 194



Prefazione Passione ed entusiasmo per il mondo sotterraneo sono le sensazioni che Roberto Marchi è riuscito a trasmetterci con i suoi occhi e la sua sensibilità. Dopo anni di esplorazioni in grotta e di conoscenza dei territori carsici e dei fenomeni ad essi connessi, lo speleologo si trasforma in fotografo per far conoscere a tutti le meraviglie ed i misteri di un mondo nascosto, ma anche fragile e vulnerabile. Chiunque si trovi davanti a questo spettacolo non può che desiderare di essere lì, dove l’occhio ha catturato l’immagine. L’intenzione di Roberto Marchi è stata proprio quella di non tenere solo per sè e per i “pochi addetti ai lavori” il ricordo e le immagini degli ambienti esplorati. Il suo intento è quello di divulgare l’esistenza di un patrimonio naturalistico che madre Terra sembra voler custodire e tutelare. Davanti a queste immagini ci sentiamo di ringraziare Roberto Marchi di aver fornito anche a noi l’opportunità di ‘esserci’. Alessandra Buscemi

Studio Associato G.E.A.


Introduzione La curiosità è la molla che ci spinge a “conoscere”. Tutti i bambini sono curiosi ed io, non da meno, da piccolo ero molto curioso; per capire come erano costruite le cose, smontavo e rompevo ogni oggetto che mi capitava tra le mani, facendo molto “felici” i miei genitori… Ho trascorso la mia adolescenza curiosando nella natura tra prati e monti, dato che abitavo in campagna, vicino all’argine del fiume Serchio e molto vicino ai Monti di Vecchiano (Monti d’Oltre Serchio). A quei tempi noi bambini non trascorrevamo molto tempo davanti alla televisione (io non avevo ancora quella a colori) e cellulari, computers e videogiochi non avevano ancora invaso la nostra vita quotidiana, quindi, dopo aver fatto la “lezione per casa”, spesso, con i miei amici, ce ne andavamo in giro per la campagna giocando ed osservando gli animali (insetti, lucertole, chiocciole, rospi, etc.), le piante, i fiori, le rocce e tutto quello che la natura poteva offrirci. A volte mia madre mi accompagnava al di là del ponte sul fiume Serchio e mi lasciava ai piedi del monte. Io, con la curiosità e la voglia di conoscere, mi avventuravo in quei luoghi che in seguito, da grande, sarebbero divenuti oggetto delle mie ricerche. Un bel giorno, durante una delle mie escursioni, ho visto una cosa che ha stimolato ancor di più la mia curiosità: un buco per terra! Ma non un buco normale, magari una tana di qualche animale o una buca scavata dall’uomo. No! Un buco che soffiava aria! Come faceva a soffiare aria? C’era un ventilatore? C’era un vulcano sotto? O addirittura un drago? Torno a casa e lo domando alla mamma, ma non mi sa rispondere. Va beh. La mattina dopo vado tutto contento a scuola (strano...), sicuro di avere delle risposte almeno dal mio maestro, lo avrebbe saputo certamente! Ed invece niente. Ed è lì, forse, che capii per la prima volta che anche gli insegnanti ed i genitori non sono infallibili, ma hanno sempre qualcosa da imparare. Per anni non ho trovato risposte sui “perché” dell’esistenza di quel “buco soffiante” tanto che lo avevo catalogato insieme a tutte le altre cose strane che la vita mi poneva di fronte e di cui non avevo ancora delle risposte (non sapevo che la vita in seguito mi avrebbe dato sempre più domande ma solo poche risposte…).


Le grotte del Monte Pisano - Introduzione

Poi sono cresciuto e un bel giorno ho partecipato ad un corso di Speleologia organizzato dal Gruppo Speleologico del C.A.I. di Pisa, di cui ora faccio parte attivamente e che mi ha aperto gli occhi su questo mondo fantastico nascosto sotto i nostri piedi, dandomi finalmente delle risposte a quelle domande. Fai lo spelo.. spre…ogolo? Quelli che si infilano nei buchi?!?! Mah! Ci si dovrà stare così tanto sottoterra quando saremo morti!!!…. Ecco la tipica frase che comunemente mi sento dire ogni qualvolta racconto a qualcuno che faccio lo speleologo! E così mi ritrovo a tentare di spiegare che andare sottoterra non significa necessariamente essere “trapassati”. Che nella Speleologia c’è tutto un fascino particolare che sta nell’esplorare un ambiente così misterioso e allo stesso tempo ricco di sorprese, così inospitale per l’uomo, ma anche così accattivante. Ma di rado riesco ad essere convincente. Forse per colpa della mia innata inattitudine a comunicare con gli altri, o forse perché non è poi così facile spiegare, solo con delle semplici parole, le emozioni che si provano a visitare questi ambienti sotterranei. Non si può raccontare di stalattiti e stalagmiti, di drappeggi e di eccentriche e di altre fantastiche architetture che la Natura riesce a costruire nelle grotte, senza avere il supporto fondamentale delle immagini. Spero dunque che le foto di questo libro riescano ad “illuminare”, almeno in parte, quelle persone che in una grotta non hanno mai messo piede.

Ho intrapreso la mia “carriera” di fotoamatore già in tenera età, documentando le escursioni che effettuavo con alcuni amici, nonché compagni di avventure. Ho voluto pubblicare questa foto, scattata con una vecchissima Comet II di fronte alla Torretta di Avane, sui Monti d’Oltre Serchio, non per mostrare la mia evidente scarsa perizia di allora, ma per fare un omaggio proprio ai miei amici d’infanzia con i quali ho trascorso delle magnifiche giornate di cui conservo ancora vividi ricordi.


Il Monte


Pisano

Una suggestiva panoramica del versante sud-ovest del Monte Pisano che ne esalta la sua estensione che supera i 20 Km. A sinistra, separati dall’alveo del fiume Serchio ci sono i Monti d’oltre Serchio, considerati comunque facenti parte della stessa formazione geologica. Dietro di essi si staglia il profilo della catena delle Alpi Apuane con le cime della Pania, del Corchia, dell’Altissimo, del Pisanino e del Pizzo d’Uccello. Scorrendo verso destra si può osservare la fascia pedemontana dove affiorano i calcari, contraddistinta da una bassa vegetazione a gariga degradata con una quasi totale assenza di piante d’alto fusto e una completa assenza di corsi d’acqua. Più in alto si distinguono le due più importanti cime di questa catena che sono il Monte Faeta (831 m) in primo piano e dietro di esso il Monte Serra (917 m) dove si vedono le antenne dei ripetitori. Verso destra si possono distinguere il profilo a “cono di vulcano” della Verruca, più sotto la Torre di Caprona e per finire la Cava di Uliveto Terme.


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Situato nel mezzo a due celebri e popolose città, che colle sue limpide e perenni acque si dissetano; fiancheggiato da due grandi fiumi e dal maggior lago della Toscana; coperto nei suoi fianchi e nell’insenature dei suoi valloncelli da alberi di alto fusto, da selve di castagni, da vigneti e da oliveti; popolato a mezza costa, e presso alla sua base da più di quaranta parrocchie, da numerosi villaggi e borgate; reso ridente da frequenti palazzi…. in un’atmosfera tepida e balsamica, può senza dubbio dichiararsi il Monte Pisano una delle più deliziose e delle più popolate montuosità d’Italia. Così descriveva il Monte Pisano lo studioso E. Repetti nel Dizionario geografico e storico della Toscana nel 1833. Ma dopo quasi due secoli trascorsi, possiamo constatare come questa descrizione sia ancora attuale e rispondente alla realtà. Questi monti conservano infatti quelle caratteristiche che ne fanno ancora oggi un’isola di pace ed armonia, di natura e bellezza, di cultura e tradizioni, di arte e storia. Basti pensare alle numerosissime specie di animali che abitano i boschi, le leccete e le garighe, alle molteplici specie vegetali molte delle quali endemiche tra cui diversi tipi di orchidee spontanee, alle numerose testimonianze storiche giunte ai nostri giorni, quali castelli, conventi (inclusa la splendida Certosa di Calci), eremi, chiese, pievi e ville signorili. Tanto è vero che, al fine di tutelare tutte queste ricchezze, alcune Amministrazioni Comunali hanno istituito di recente le ANPIL (Aree Naturali Protette

Le grotte del Monte Pisano - Il Monte Pisano

di Interesse Locale) con il progetto di arrivare a coprire in futuro gran parte del territorio collinare. Diviso tra le province di Pisa e Lucca, con una superficie di 15200 ha., costituito da un insieme di dolci colline In questa cartina schematica possiamo osservare la posizione del Monte Pisano situato tra le città di Pisa e Lucca e delimitato dal fiume Serchio a nord e dall’Arno a sud. Possiamo anche distinguere, con i diversi colori, le singole aree di studio riguardanti i Comuni di Vecchiano, San Giuliano Terme, Calci e Vicopisano, che costituiscono la fascia pedemontana dove affiorano i Calcari all’interno dei quali si sono formate le grotte.


Le grotte del Monte Pisano - Il Monte Pisano

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Le orchidee spontanee sono presenti in Italia con quasi duecento tra specie e sottospecie distribuite dalle Alpi alla Sicilia. Sul Monte Pisano se ne contano circa una quarantina, con una fioritura che va dal mese di Marzo al mese di Giugno ed è una realtà che giustifica le azioni di tutela da parte di Amministrazioni Comunali (con l’istituzione delle ANPIL), di associazioni naturalistiche e del G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano per la Ricerca delle Orchidee Spontanee), vista la vulnerabilità di queste piccole meraviglie botaniche. Queste tre specie di orchidee sono solo un piccolo assaggio della varietà di forme e di colori che, con un po’ di attenzione e spirito di osservazione, possiamo ammirare passeggiando nei prati, nelle garighe, tra gli uliveti, o nei boschi di castagno su tutto il Monte Pisano. P.s. evitate di calpestarle e soprattutto non coglietele!!! Ibrido: Orchis papilionacea + Orchis morio

Ophrys apifera

Anacamptis pyramidalis


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e di cime più selvagge, la più alta delle quali raggiunge i 917 metri, il Monte Pisano è quello che rimane della propaggine meridionale delle Alpi Apuane dalle quali è stato separato dopo un’evoluzione idrogeologica durata circa cinque milioni di anni. Ed è proprio l’acqua che, dopo aver plasmato questi luoghi nelle forme, ha giocato in seguito un ruolo importante fungendo da elemento primario e indispensabile alla loro crescita storica, economica e culturale. Infatti, l’acqua delle paludi che lambivano le pendici di questi monti in epoca preistorica, ha contribuito, già dal Paleolitico Superiore, ad attirare le popolazioni di nomadi e cacciatori dalle Alpi Apuane e dall’entroterra appenninico che iniziarono a praticare qui un nomadismo stagionale, grazie all’abbondanza di selvaggina di cui cibarsi e ad un clima decisamente più mite. Ed è sempre l’acqua ad aver scavato le grotte e gli anfratti in cui questi uomini si riparavano dalle intemperie e dalle bestie feroci e dove poterono costituire i primi nuclei familiari. Qui tra il Neolitico e l’Età del Bronzo, iniziarono inoltre a svolgere le prime attività sociali, con la lavorazione di manufatti, lo svolgimento di culti ancestrali e la sepoltura dei morti. Le acque termali della zona di San Giuliano Terme e le sorgenti presenti su gran parte del territorio pedemontano, hanno attirato dapprima gli Etruschi e successivamente i Romani che hanno stabilito qui i primi insediamenti e

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costruito gli stabilimenti termali, contribuendo così alla progressiva ricchezza e prosperità di tutta la zona. La maestria dei Romani in materia di ingegneria idraulica è testimoniata dai resti dell’acquedotto costruito in località Caldaccoli, toponimo di origine latina “calidae aquae”, appunto “acque calde”, citato anche da Plinio il Vecchio. Questa imponente costruzione infatti, come attestano gli studi e le ricerche effettuate da Giovanni Nistri (San Giuliano, le sue acque termali e i suoi dintorni, Pisa, Nistri, 1875), era stata progettata per portare fino alle terme di Adriano alle porte di Pisa (oggi erroneamente chiamate “Bagni di Nerone”), oltre all’acqua potabile per usi domestici, anche l’acqua calda delle sorgenti termali, mediante una ingegnosa conduttura in coccio. Durante il Medioevo, l’acqua dei canali che univano il Monte Pisano alla città di Pisa, ha permesso di trasportare i materiali da costruzione estratti dalle numerose cave di San Giuliano e di Asciano per la realizzazione di varie opere architettoniche tra cui il Duomo, il Battistero, la Torre e le stesse mura di cinta della città. Sono sempre le stesse acque termali a favorire lo sviluppo dell’abitato di San Giuliano Terme e dei suoi dintorni. Grazie anche al Granduca di Toscana Franceso Stefano

L’acqua, elemento così importante per la vita e lo sviluppo di tutto il Monte Pisano, alimenta una cascatella lungo uno dei numerosi torrenti che scendono dalle sue pendici.


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di Lorena che a metà del ‘700 ne fece la sua residenza estiva, le terme conobbero l’apice dello splendore e della popolarità, divenendo in seguito punto d’incontro di personaggi illustri come Vittorio Alfieri, Carlo Goldoni, Lord Byron, Percy B. e Mary Shelley, Luigi Bonaparte, Giorgio IV d’Inghilterra, ecc. che qui trascorrevano periodi di vacanza per poter trarre beneficio dalle cure termali. Il prestigio e la rinomanza che acquisirono questi luoghi è testimoniata inoltre dalla presenza delle numerose ville, che tra il XVI ed il XIX secolo, i vari Signori pisani, lucchesi e fiorentini fecero costruire su tutto il lungomonte.

Le grotte del Monte Pisano - Il Monte Pisano

È ancora l’acqua che scaturisce dalle sue sorgenti a promuovere la coltivazione dell’olivo su questi terreni, fornendo l’energia necessaria a far muovere le macine dei molini per frangere. Già dall’anno Mille infatti, molti paesi intorno al Monte Pisano vengono citati su vari documenti come luoghi rinomati per la produzione di un ottimo olio. Tuttavia, è a partire dal ‘500, grazie a imponenti lavori di terrazzamento con i tradizionali muretti a secco detti “lenze” e la realizzazione di grandi opere per la regimazione delle acque, che tutta la fascia pedemontana diventa un vero e proprio centro di produzione di olio di qualità, riconosciuto a livello nazionale anche ai giorni nostri. E mentre fuori trascorreva così tanta storia, avvicendandosi epoche, uomini e popolazioni, l’acqua, che implacabile nel suo lento scorrere da sempre nelle viscere della terra, ha modellato sapientemente quelle architetture di concrezioni all’interno delle grotte, permettendo a noi uomini del 2000, di godere oggi di tanta bellezza.

Una delle più belle ed importanti testimonianze storiche, situata ai piedi del Monte Pisano: la Certosa di Calci.


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L’olivo, presente su gran parte dei terreni carsici del Monte Pisano, mette in mostra in questa foto il suo prezioso frutto.

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Carsismo e Speleogenesi Nel mondo esistono diversi tipi di cavità naturali e la loro formazione può dipendere da svariati fattori. Esistono grotte di origine tettonica, di origine magmatica, grotte glaciali, o grotte originatesi dall’erosione marina od eolica. Tuttavia la stragrande maggioranza è costituita da grotte formatesi dal cosiddetto “fenomeno carsico”, risultante dall’azione che le acque meteoriche esercitano su un determinato tipo di rocce, le rocce calcaree. Il calcare è una roccia carbonatica, cioè composta essenzialmente da carbonato di calcio, ed è il risultato di un lento processo di sedimentazione sul fondo del mare di piccoli organismi marini, resti di molluschi, coralli, alghe, forammiferi unicellulari, durato milioni di anni. Successivamente, tramite fenomeni chimici e fisici, queste melme calcaree subirono un’azione di consolidamento tramutandosi in solida roccia, che i movimenti tettonici della crosta terrestre hanno fatto poi emergere venendo a creare vere e proprie catene montuose. La peculiarità del carbonato di calcio, che come ho detto è il principale componente delle rocce carbonatiche, sta nel fatto che è un sale quasi del tutto insolubile all’acqua. Tuttavia diventa molto solubile qualora l’acqua con cui viene a contatto sia acidula, cioè ricca di anidride

carbonica. Questo avviene per le acque meteoriche nel momento in cui attraversano l’atmosfera e soprattutto quando vengono a contatto con terreni ricchi di materiali Questa roccia dall’aspetto di una spugna, pervasa da buchi e cunicoli, è una sorta di modello in scala ridotta di ciò che il carsismo riesce a fare all’interno delle montagne.


Le grotte del Monte Pisano - Carsismo e Speleogenesi

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Una delle più evidenti manifestazioni del fenomeno carsico è la dolina, che si forma in seguito al crollo di cavità che si trovano molto vicine alla superficie. Molto spesso dentro questa depressione si viene a creare un microclima grazie al quale trovano il loro habitat ideale specie arboree molto diverse da quelle esistenti all’esterno. È il caso di questa enorme dolina sui Monti d’Oltre Serchio (Vecchiano), dove al suo interno è cresciuto un boschetto di querce.


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organici in decomposizione. In questo caso il carbonato di calcio insolubile si trasforma in bicarbonato di calcio, un sale invece, che viene sciolto facilmente dall’acqua. Questa azione, detta di “dissoluzione”, consente quindi all’acqua di penetrare nelle piccole fratture naturali della roccia e di allargarle piano piano fino a creare, dopo un lavoro che può durare decine o centinaia di migliaia di anni, vere e proprie forre, gallerie, pozzi e condotti, costruendo dei complessi reticoli sotterranei profondi ed estesi anche per decine di chilometri. Dopo questa prima fase di “dissoluzione” nella quale l’acqua scava sempre più in profondità, dove va ad alimentare dei veri e propri fiumi sotterranei, alcuni rami della grotta entrano in una seconda fase cosiddetta “fossile”. L’acqua infatti, in minore quantità, non ha più forza erosiva, ma cade dai soffitti e dalle pareti sotto forma di piccole gocce dando vita al fenomeno dello “stillicidio”. Ed è a questo punto che inizia l’opera di “costruzione” con la nascita delle concrezioni. Alla loro formazione, entra in gioco anche in questo caso una reazione chimica. La goccia che, dopo aver filtrato attraverso uno strato roccioso Altre manifestazioni del fenomeno carsico sono le cosiddette “scannellature”. Qui l’acqua esercita la sua azione di dissoluzione lungo delle fratture naturali dove la roccia è più debole, scavando solchi dai bordi taglienti. Tutto il territorio collinare del Comune di Vecchiano è caratterizzato da affioramenti calcarei con notevoli fenomeni di carsismo epigeo, tanto che camminare molto su questo tipo di terreno comporta non solo difficoltà e fatica, ma un consumo incredibile delle suole degli scarponi!

Le grotte del Monte Pisano - Carsismo e Speleogenesi


Le grotte del Monte Pisano - Carsismo e Speleogenesi

Sezionare una stalattite è un po’ come tagliare il tronco di un albero. Tuttavia, mentre per determinare l’età di un albero si contano i cerchi concentrici visibili sulla sezione, lo stesso procedimento non si può applicare alla stalattite. Difatti i suoi cerchi più chiari o più scuri non corrispondono al trascorrere di un tempo preciso, ma sono determinati da moltissime variabili del clima esterno e delle condizioni interne della grotta. Un lungo periodo di siccità o una glaciazione possono per esempio, ridurre la portata dell’acqua rallentando la crescita. Il variare del percorso dell’acqua attraverso strati diversi di minerale può cambiarne il colore. Anche la presenza dell’uomo o di animali può essere determinante allo sviluppo e alla crescita di una stalattite. Per correttezza voglio precisare che le stalattiti della foto non sono state rotte di proposito, ma sono state da me rinvenute già spezzate. Il campione di sinistra, di colore rosso dovuto ad una considerevole presenza di ossidi di ferro, proviene dalla Grotta del Monticello, mentre quello di destra, nel quale sono visibili le sezioni di due canali dove scorreva l’acqua, proviene dalla Buca della Cava di Uliveto Terme.

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esce da una microscopica fessura nella parete della grotta, incontra un ambiente con minor pressione e con una temperatura più elevata e trovandosi in una condizione non più di “equilibrio” perde l’anidride carbonica e deposita carbonato di calcio sottoforma di cristalli di

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calcite o, più raramente, di aragonite. Il lento sovrapporsi di questi microscopici depositi darà vita alla concrezione. Le varie forme di concrezioni e le loro dimensioni saranno tanto diverse quanto diverse saranno le condizioni in cui si verranno a formare. Sono determinanti, in questo caso, fattori come la frequenza di gocciolamento, la temperatura e l’umidità dell’aria, presenza di correnti d’aria, inclinazione della roccia, presenza di piccoli granelli nell’acqua, ecc..ecc.. Queste diverse condizioni favoriranno la formazione di stalattiti, stalagmiti, spaghetti, drappeggi, colonne, colate, pisoliti o perle di grotta, eccentriche, concrezioni a cavolfiore e moltissime altre forme che la fantasia dell’uomo nel battezzarle non riesce ad eguagliare la natura a costruirne.

Vaschetta di corrosione.


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Un’altra dolina sulle pendici del Monte Le Grepole, sui Monti d’Oltre Serchio. In primo piano si può notare una grossa trincea.

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Esplorazioni e studi Nel Monte Pisano le rocce carbonatiche sono presenti a sudovest, nella struttura geologica della fascia pedemontana del versante pisano e questo ha quindi consentito la formazione e lo sviluppo di numerose “grotte carsiche”.

Passato remoto Alcune di queste, già nel ‘700 e ‘800, avevano suscitato l’interesse di vari studiosi e naturalisti, alcuni dei quali docenti presso l’Università degli Studi di Pisa, che frequentavano, per motivi di studio, il Monte Pisano. È il caso della Buca delle Fate, la più citata in varie pubblicazioni da diversi autori, tra i quali Giovanni Bianchi, Antonio Cocchi, Claudio Fromond e Giovanni Targioni Tozzetti che attratti dalle numerose credenze popolari ad essa legate, vollero visitarla personalmente, rendendosi conto invece dell’infondatezza di tali credenze. Una di queste, legata non solo alla Buca delle Fate, ma a tutte le grotte del Monte Pisano, è quella di ritenerle originate da fenomeni vulcanici. Questa radicata convinzione ha avuto origine in primo luogo, dal fatto che tali grotte si trovano vicino a delle sorgenti termali ed in

secondo luogo, dal fenomeno dell’aria satura di umidità che esce d’inverno dalle loro aperture sottoforma di “pennacchi” di vapore, scambiati erroneamente per fumo vulcanico. Risalgono alla seconda metà dell’Ottocento i primi scavi archeologici compiuti da Antonio D’Achiardi e Carlo Regnoli nella Grotta di Parignana e nella Grotta del Castello e da Luigi Acconci nella Caverna di Cucigliana. Dai numerosi reperti paleontologici e paletnologici portati alla luce, cominciarono ad emergere significativi segni dell’importanza che le grotte del Monte Pisano avevano avuto in epoca preistorica. Quindi sulla scia di questi primi studi archeologici, in seguito, per tutto il ‘900 sono state compiute ricerche metodiche su molte cavità Sistema di risalita con scalette metalliche leggere e corda di sicurezza, in uso dalla metà degli anni cinquanta fino agli inizi degli anni settanta.


Le grotte del Monte Pisano - Esplorazioni e studi

Come si andava in grotta negli anni settanta.

da parte di vari studiosi, tra i quali Cocchi G.D., Grifoni C.R., Radmilli A.M., Del Campana D. e Tongiorgi E. Quelle in cui sono stati rinvenuti i reperti più rilevanti sono la Grotta del Leone, la Buca dei Ladri, la Romita, la Grotta del Castello, la Grotta dell’Inferno e lo Spacco delle Monete.

Passato prossimo Le prime esplorazioni fondate su interessi strettamente speleologici sono iniziate a partire dagli anni Venti grazie

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all’attività intrapresa dal Cavalier Rodolfo Giannotti. Nato nel Maggio 1898, si è spento quasi centenario nell’Aprile 1997 avendo dedicato con passione e dedizione, buona parte della sua vita alla Speleologia. Fondatore del Gruppo Speleologico del C.A.I. di Pisa nel 1926, è stato inoltre fautore della fondazione dei Gruppi di Livorno e Lucca, nonché della Federazione Speleologica Toscana, mantenendo rapporti e collaborazioni con numerosi studiosi e speleologi di tutta Italia. Partecipò a numerosi congressi nazionali di Speleologia ed il suo nome risulta nell’elenco dei partecipanti al primo Congresso Italiano che si svolse a Postumia nel 1933. Autore di molte scoperte ed esplorazioni sia nel territorio del Monte Pisano (Grotta del Monticello, Buca delle Fate, Lo Strinato, ecc...), sia nelle più importanti grotte delle Alpi Apuane, incluso l’Antro del Corchia, ha messo a frutto le proprie conoscenze lavorando per molti anni alla realizzazione del “Catasto unificato delle

Il Cavalier Rodolfo Giannotti ultra novantenne, ad una cena “sociale” del Gruppo Speleologico alla fine degli anni ’80. Accanto a lui, l’attuale Presidente Roberto Giuntoli.


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Grotte della Toscana dal n.1 al n.600” pubblicato nel 1988, valido strumento essenziale per qualsiasi ricerca speleologica. Sul Monte Pisano, negli anni ’60 e ’70, ha continuato l’attività di ricerca e rilievo di molte cavità con la collaborazione di altri membri del Gruppo, quali Riccucci M., Sabatini S. La sua conoscenza delle grotte del Monte Pisano espressa con numerosi articoli pubblicati dal 1930 al 1976, è stata la base essenziale per le ricerche effettuate poi nel corso degli anni, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Presente Negli anni ’95, ’96 e ’97, grazie ai finanziamenti della Legge Regionale 20/84 sulla Speleologia, è stato portato a termine, da parte del Gruppo Speleologico del C.A.I. di Pisa con la collaborazione scientifica dei geologi Roberto Balatri e Alessandra Buscemi dello Studio Associato G.E.A. di Vecchiano, il primo studio metodico del territorio carsico sul versante pisano, comprendente i Comuni di Vecchiano, San Giuliano Terme, Calci e Vicopisano. In questo Ragazzi delle Scuole Medie davanti all’ingresso della Grotta della Spoletta sulle colline di Vecchiano, durante una delle escursioni effettuate nell’ambito delle attività didattiche intraprese con le Amministrazioni Comunali del territorio pisano dal Gruppo Speleologico C.A.I. di Pisa.

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studio, che ha avuto come finalità la tutela e la valorizzazione del patrimonio speleologico, è stato realizzato il censimento di tutte le cavità conosciute e di quelle nuove, scoperte durante le ricerche, per un totale di sessanta grotte. Per ognuna di esse è stato fatto il posizionamento sulla carta topografica, il rilievo interno e una schedatura in cui sono state riportate coordinate, quota, dimensioni, caratteristiche morfologiche, geologiche, idrogeologiche, metereologiche (temperatura, umidità), ecc… Nell’ambito di questo lavoro inoltre, è stata svolta una campagna di informazione e di formazione alla Speleologia presso le Scuole Medie Statali dei Comuni interessati, allo


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L’attività speleologica non è soltanto dura e faticosa, come si può vedere dall’espressione divertita di questa speleologa alle prese con una strettoia per guadagnare l’uscita dalla Grotta del Lago nei pressi di Agnano Pisano. Si può notare, sulla sinistra, la targhetta numerata che è stata applicata all’ingresso di ogni singola cavità per agevolarne il riconoscimento.

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scopo di stimolare l’interesse e far crescere una sensibilità a questi temi nelle nuove generazioni. Tale attività didattica si è articolata con lezioni teoriche, proiezioni di diapositive, corsi pratici di tecnica speleologica ed escursioni sul Monte Pisano lungo itinerari studiati appositamente per consentire l’osservazione della ricca fenomenologia carsica epigea ed ipogea esistente. Lo studio è stato poi integrato da un monitoraggio ambientale della Grotta del Monticello per la durata di un anno solare, durante il quale sono state registrate le temperature ed i valori di umidità relativa. Si è concluso infine con la realizzazione di una “Carta della vulnerabilità”, dalla quale è emerso che, le zone più sottoposte al rischio di inquinamento, si trovano spesso molto vicine alle falde acquifere da cui prelevano gli acquedotti. Questa carta risulta quindi uno strumento efficace che consente alle Amministrazioni Comunali di esercitare una protezione accurata delle aree più vulnerabili. Le discariche abusive sono purtroppo un malcostume molto diffuso che inquina e deturpa l’ambiente. Spesso anche le grotte, se facilmente accessibili, vengono prese di mira per scaricarci ogni tipo di rifiuti che molte volte vanno a contaminare direttamente la falda acquifera, come nel caso della Grotta del Paduletto che si apre a pochi passi dalle prese dell’acquedotto comunale di Vecchiano. Dietro segnalazione del Gruppo Speleologico di Pisa, l’Amministrazione Comunale di Vecchiano, sempre sensibile ed attenta alle problematiche ambientali, ha attuato un intervento di bonifica e la chiusura dell’ingresso con una rete metallica, di questa e di un’altra grotta sul versante opposto, impedendo così il ripetersi di questi riprovevoli comportamenti.

Le grotte del Monte Pisano - Esplorazioni e studi


Le grotte del Monte Pisano - Esplorazioni e studi

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Durante le esplorazioni alla ricerca di nuove grotte capita frequentemente di trovarsi di fronte a buchi così stretti da costringere lo speleologo a trasformarsi in “talpa”!

Durante i sopralluoghi effettuati nel corso di tutta l’attività, sono state individuate anche alcune cavità che, per la loro posizione, risultavano rischiose per gli escursionisti incauti che vi si fossero avvicinati troppo. Con la progettazione e la supervisione del Gruppo Speleologico, queste grotte sono state quindi messe in sicurezza dai Comuni interessati, delimitando gli ingressi con recinzioni e cancellate. Analoga operazione è stata eseguita su alcune grotte, usate impropriamente come discariche abusive, le quali, dopo essere state ripulite, sono state opportunamente recintate per impedire che fossero di nuovo riempite di rifiuti. Infine, a completamento di tutto il lavoro effettuato, nel 2004 è stata poi elaborata una cartina topografica con le principali manifestazioni carsiche epigee ed ipogee, corredata da fotografie e descrizioni di itinerari didatticodivulgativi, allo scopo di poter guidare il semplice escursionista alla conoscenza di questi fenomeni.

Futuro Molto è stato fatto, grazie all’entusiasmo e all’impegno di persone che hanno a cuore la tutela dell’ambiente ed in particolare del territorio in cui vivono. Ma molto altro c’è ancora da fare.


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Le grotte

Molte delle grotte del Monte Pisano, pur essendo estremamente importanti e preziose da un punto di vista strettamente speleologico, geologico, archeologico o naturalistico, possono definirsi però meno interessanti da un punto di vista “estetico” a causa delle piccole dimensioni o per la totale assenza di concrezioni. Questo libro raccoglie ovviamente una selezione delle grotte più belle, dove è stato possibile realizzare delle immagini suggestive che conducano il lettore ad intraprendere un meraviglioso viaggio sottoterra senza necessariamente indossare imbracatura e caschetto. “Prendete solo fotografie, lasciate solo (poche) impronte di stivali, uccidete solo il tempo”.


Grotta della Spoletta


Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

La Grotta della Spoletta fu esplorata per la prima volta dal Gruppo Speleologico Pisano nel 1962 e con una profonditĂ di circa 18 metri, risulta essere la maggiore cavitĂ dei Monti d’Oltre Serchio. Si apre ad una quota di 130 metri s.l.m., nei pressi della grossa dolina sul monte Le Grepole ed è caratterizzata nella prima parte da ambienti molto stretti, come possiamo vedere dalle foto, mentre si allarga verso il fondo formando comunque una sala di modeste dimensioni.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

L’ingresso angusto di questa grotta richiede allo speleologo uno considerevole sforzo fisico e di non soffrire assolutamente di claustrofobia!


Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

Ulteriori strettoie particolarmente impegnative, ci permettono di accedere al pozzo che ci fa giungere nella sala terminale.

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

Alla base del pozzo troviamo un pipistrello e cerchiamo di fare il possibile per non disturbare il suo letargo invernale.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

Ad uno sguardo più attento ci accorgiamo della presenza di un anello sulle ali di questo chirottero Rhinolophus ferrumequinum. Questo è un primo segnale positivo della ricerca condotta da alcuni ricercatori del Museo di Storia Naturale “La Specola” di Firenze, finalizzata alla salvaguardia di questa specie di chirotteri in via di estinzione. Infatti l’ultima colonia riproduttiva conosciuta, di circa 250 esemplari, è stata individuata all’interno del Parco Naturale di San Rossore, dove trascorrono il periodo estivo nel sottotetto di un vecchio casolare. Tramite la collaborazione del Gruppo Speleologico C.A.I. di Pisa, si sta cercando di capire in quali grotte invece questi pipistrelli trascorrano il lungo letargo invernale, in modo da poterli proteggere da eventuali rischi di inquinamento, di disturbo da parte dell’uomo o rischi di distruzione della grotta stessa, per la ripresa dell’attività estrattiva di qualche cava. Un piccolo numero di questi è stato inanellato per permetterne il riconoscimento, come infatti è avvenuto per questo esemplare. Un buon numero è stato individuato nella Grotta della Cava di Uliveto Terme, mentre in numero minore sono stati individuati in altre due grotte. Ma la ricerca è solo all’inizio e ci auguriamo che produca buoni risultati affinché si riesca a risparmiare dall’estinzione l’ennesima specie animale, la quale per di più, è utilissima all’uomo, in quanto riesce a cibarsi anche di qualche migliaio di insetti per ogni notte di caccia!

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

Si risale il pozzo per guadagnare l’uscita.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta della Spoletta

In questa piccola saletta all’ingresso della grotta ci si può permettere di riposare, di telefonare e addirittura di leggere il giornale, in attesa che fuori il tempo migliori e ci faccia tornare alla macchina asciutti!

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Grotta del Leone


Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

La Grotta del Leone si trova lungo la strada che costeggia il Monte Pisano tra Asciano ed Agnano, ad una quota di pochi metri sul livello del mare ed a poca distanza dalla Buca dei Ladri. È formata prevalentemente da un ampio salone di crollo; sul lato est il pavimento scende fino a raggiungere il livello delle acque di un piccolo laghetto sotterraneo, collegato con tutta probabilità al laghetto presente nella vicina Buca dei Ladri. Al centro della stanza si trova un enorme masso la cui forma, somigliante ad un leone, ha suggerito il nome dato alla grotta. Anche questa cavità è stata oggetto di successive campagne di scavi archeologici che vanno dal 1947 fino agli anni ’70. Tali scavi hanno fatto emergere moltissimi reperti, segni evidenti di frequentazioni umane costanti fin dal Paleolitico Superiore. Sono state rinvenute numerose ossa provenienti da una ventina di individui che probabilmente non erano stati sepolti, ma solo deposti e abbandonati in questa grotta “Sepolcrale”. Tra questi è stata rinvenuta una calotta cranica che presentava un’ampia trapanazione, residuo di un’operazione alla quale il soggetto è sopravvissuto, come comprova la cicatrizzazione del foro.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

La relativa vicinanza con l’esterno, fa di questa grotta un rifugio ideale per un bel po’ di animali troglofili, che abitano cioè il mondo ipogeo solo occasionalmente. È il caso di questo coleottero Tenebrionide, di un mollusco Gasteropode (Limax sp.), del dittero Limnobide (Limonia nubeculosa) e del ragno Theridiidae del genere Steatoda.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

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Specchio d’acqua all’estremità della sala.


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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

Questa immagine suggestiva è stata realizzata con lunga esposizione che ha impressionato il movimento della fiamma sul casco dello speleologo.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

Un’altra immagine con esposizione lunga, usando la calda luce delle lampade ad acetilene.

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

Il centro della sala principale.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

Una vaschetta dove il continuo stillicidio dell’acqua ha scavato e levigato queste piccole pietre.

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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

Numerose tane e qualche “aculeo” sono le prove di una frequentazione da parte dell’Istrice che, data la vicinanza con l’esterno e la protezione di un cancello che chiude l’ingresso, ha fatto di questa grotta la sua dimora.

Un fungo “Helvella” appartenente agli Ascomiceti che di solito si comporta come simbionte di latifoglie (Populus, ecc.), ritrovato a pochi metri dall’ingresso. Le piante di leccio e di cerro che si trovano all’esterno, allungano le proprie radici fin dentro la cavità per assorbire l’umidità, e questo, insieme ad un po’ di luce che filtra dall’ingresso, consente la nascita di questi piccoli funghi.


Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Leone

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Buca dei Ladri


Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

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Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

La Buca dei Ladri, con uno sviluppo di 140 metri ed una profondità di 35, si trova nei pressi della Cava della Croce di Agnano, ad una quota di 40 metri s.l.m. È formata da un pozzo iniziale di circa 27 metri e da un ampio salone occupato in buona parte da un lago sotterraneo situato al livello della falda freatica della pianura. Il pavimento molto fangoso è ricoperto in molti punti da spessi strati di guano, che testimoniano la frequentazione di una folta colonia di chirotteri, la più numerosa riscontrata in tutte le grotte dei Monti Pisani. Negli anni ’60 lo speleologo Marco Riccucci aveva stimato la presenza di circa 3000 esemplari, come possiamo vedere dalla foto qui sotto, tratta dall’archivio fotografico del Gruppo. Oggi purtroppo i pipistrelli sono una specie in via di estinzione ed una recente ricerca ha stimato che questa colonia si è ridotta ad un centinaio di esemplari. Questa cavità è molto interessante anche dal punto di vista paleontologico e paletnologico, in quanto gli scavi effettuati negli anni ’60 e ’70 hanno portato alla luce preziosi reperti risalenti al Paleolitico Superiore ed al Neolitico. In una breccia ossifera sono stati rinvenute inoltre ossa di molti animali, tra cui lupi, bovidi, molti cervidi e una marmotta, riferibili cronologicamente all’epoca dell’ultima glaciazione.


Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

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Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

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Discesa del pozzo.


Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

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Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

Questa foto scattata dall’alto, mette in evidenza la sezione dell’ampia diaclasi nella quale è impostato il pozzo.


Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

Disturbati dalla presenza dell’uomo, questi pipistrelli, della specie “grande Myotis”, si alzano tutti in volo sopra le nostre teste per poi spostarsi in una zona più tranquilla della grotta.

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Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri


Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

Lo speleologo ammira le trasparenze dell’acqua di questo laghetto sotterraneo.

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Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

In questa foto, il lampo del flash è riuscito ad immortalare un pipistrello nell’attimo in cui, nella completa oscurità, grazie al suo sofisticato “radar naturale”, accorgendosi della presenza dello speleologo, correggeva la rotta per evitarlo.


Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

Una debole corrente d’aria tra il pozzo di accesso e la sala ha determinato molto probabilmente la forma inusuale di queste stalattiti.

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Il riflesso della parete nell’acqua del laghetto, fa sembrare lo speleologo sospeso nel vuoto.

Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri


Le grotte del Monte Pisano - Buca dei Ladri

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Le faticose operazioni di risalita e del disarmo della corda del pozzo, richiedono attenzione e molta prudenza.


Buca di Castelmaggiore Grande


Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

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Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

Con una profondità di soli 33 m, questa cavità può comunque senz’altro definirsi un “Abisso”, termine che solitamente viene usato per grotte molto profonde ad andamento prevalentemente verticale con una serie di pozzi in successione. Nelle Alpi Apuane prevale per esempio questa tipologia, con abissi che superano i 1200 metri di profondità, mentre in Sardegna la maggior parte delle grotte sono ad andamento orizzontale, con la presenza di pochi pozzi che raggiungono profondità molto modeste. L’uso della definizione “Abisso” per questa grotta è giustificato dal fatto che essa è costituita essenzialmente da un unico pozzo verticale che termina su di un pavimento di detriti. Ma la morfologia della grotta ci fa intuire che in passato questo pozzo non terminava in quel punto, ma faceva parte sicuramente di un complesso ipogeo molto più profondo ed esteso. Purtroppo il carsismo molto antico di questa zona, ha ostruito molti pozzi e passaggi con frane e detriti, impedendo oggi il ritrovamento e l’esplorazione di molte cavità nascoste all’interno di questi nostri monti.


Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

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Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

Le varie delicate fasi dell’armo del pozzo.


Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

Lo speleologo inizia con cautela la discesa.

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Dopo aver passato il frazionamento, si continua la discesa verso il fondo.

Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

Si inizia invece qui la risalita portandosi dietro un sacco dove abbiamo riposto alcune corde e materiali d’armo.


Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

Speleologo in risalita, fermo al frazionamento per il cambio di attrezzi.

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Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

Si continua la risalita (a sinistra) fino ad arrivare a vedere il cielo azzurro che ci compensa del buio della grotta e ci asciuga dall’umidità (sotto e a destra).


Le grotte del Monte Pisano - Buca di Castelmaggiore Grande

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Buca delle Fate di Cima la Sugheretta


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di Cima la Sugheretta

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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di Cima la Sugheretta

La particolarità di questa grotta che si trova ad una quota di 300 metri s.l.m. tra Asciano ed Agnano è quella di essere la tipica “caverna”: grandissimo ingresso con vegetazione, interno formato da un unico salone di crollo con il pavimento ricoperto da grossi massi ed una grande volta alta circa 20 metri. Anche qui di recente è stata osservata la presenza di qualche decina di chirotteri Rhinolophus ferrumequinum che hanno scelto questa grotta per trascorrervi il letargo invernale.


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di Cima la Sugheretta

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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di Cima la Sugheretta

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Ingresso.

Un pipistrello appeso al soffitto sopra lo speleologo.


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di Cima la Sugheretta

Si continua la discesa verso il fondo.

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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di Cima la Sugheretta


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di Cima la Sugheretta

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L’alto soffitto del salone terminale.

Si ritorna verso l’uscita.


Buca delle Fate di San Giuliano Terme


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

Con i loro 185 metri di profondità e 500 di sviluppo, le “Buche delle Fate” sono il complesso ipogeo più grande dei Monti Pisani. A dispetto del nome plurale però, non si può parlare di un vero e proprio complesso, poiché in realtà le cinque buche, che si trovano a distanza di pochi metri una dall’altra, si aprono tutte sulla volta di un unico salone. La tradizione popolare ha sempre circondato questa grotta da un alone di mistero. La fuoriuscita di nuvole di vapore acqueo dalle sue aperture durante l’inverno, unito alla vicinanza ad una zona termale, ha sempre fatto credere erroneamente ad una sua origine vulcanica. Questo ha alimentato nei secoli la proliferazione di leggende sulla sua “profondità infinita”, temperature insopportabili e gas irrespirabili. Ma si racconta anche di storie di draghi, di mostri che mangiavano gli uomini e gettavano i resti in fondo ad essa, di fuoco e fiamme che uscivano dal suo ingresso. Fin dal 1700, forse anche a causa della sua vicinanza con le terme di S. Giuliano, questa grotta è stata oggetto di studi e ricerche da parte di numerosi avventurieri e naturalisti tra cui Antonio Cocchi (1750), Giovanni Targioni Tozzetti (1754) e Giovanni Bianchi (1757). Quest’ultimo, in una relazione sui Bagni di San Giuliano, la descrive così: …il qual monte al di dentro è tutto scavato per una gran caverna, che in esso si ritrova, la quale ha sette, o otto aperture in varie parti del monte, le quali aperture sono chiamate volgarmente le Buche delle Fate, avendo questa caverna come una volta di pietra, la quale in molte parti s’è rotta, ed ha fatte quelle aperture, per le quali gettandovi qualche sasso questo rimbomba al di dentro, e risalta in varie maniere, e stenta alcuni secondi prima di fermarsi. Come siasi fatta questa gran caverna in questo monte non è così facile a spiegarsi, non essendoci all’intorno alcun vestigio di pietre arsicce, onde si potesse argomentare, che questa caverna fosse stata prodotta da un qualche Volcano, che ivi fosse stato. Ma le prime esplorazioni di una certa importanza dal punto di vista strettamente speleologico sono state compiute dal Gruppo Speleologico del C.A.I. di Pisa nel 1926 e nel 1930 senza comunque riuscire a raggiungere il fondo. Solo nel 1960 il Gruppo Speleologico Lucchese, con una nuova spedizione, disostruendo uno stretto passaggio, riuscì a proseguire scoprendo il bellissimo salone terminale ricco di concrezioni. La presenza di spessi cumuli di guano sul pavimento di questo salone, farebbe supporre la frequentazione di una foltissima presenza di chirotteri, ma da un esame più attento questi cumili risultano essere molto vecchi e da recenti osservazioni risulta che la grotta è abitata nella parte centrale solo da un piccolo numero di Miniotteri.


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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

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L’armo del pozzo d’ingresso.

Le cinque aperture che si aprono sulla volta del salone principale.

Lo speleologo discende il primo pozzo portandosi dietro due sacchi contenenti l’attrezzatura necessaria per l’armo dei pozzi successivi. Si può notare in alto a destra quello che rimane di un enorme blocco stalattitico, che con tutta probabilità si è spezzato in tempi remoti in seguito a scosse telluriche.


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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

La discesa del secondo pozzo che porta a quota -90 metri, mentre, sopra di noi, possiamo ancora vedere la luce che entra dalle cinque aperture della volta.


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Lo speleologo ammira il buio inquietante in cui è immersa la voragine che conduce al fondo della grotta.


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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

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In occasione di una visita alla Buca delle Fate a metà Giugno, ho avuto la fortuna di assistere ad un fenomeno straordinario che ho descritto in un mio articolo pubblicato su “Talp”, la rivista della Federazione Speleologica Toscana nel Dicembre 2003, di cui riporto di seguito un estratto. “Mentre scendiamo riesco a fare qualche scatto e mi accorgo che il sole quasi estivo, con il passare dei minuti, alzandosi sempre di più allo Zenit, è riuscito ad insinuarsi nelle piccole aperture della volta e attraversando l’aria satura di umidità sta disegnando traiettorie precise sulle pareti. Seguiamo affascinati questi punti luminosi che si muovono veloci e proseguiamo la nostra discesa fino alle base del pozzo a meno 90 metri circa. Ed è proprio qui che ci attende la sorpresa più grande. Appena finito di scendere ci accorgiamo della presenza di una luce strana che non proviene dai nostri caschetti. Uno dei cinque raggi di sole, come se avesse voluto accompagnarci in quest’impresa, è riuscito a raggiungere la base del pozzo ed illuminare i nostri movimenti come un proiettore su di un palcoscenico. Approfitto di questa occasione più unica che rara in una grotta, per realizzare delle foto quantomai originali sfruttando la luce naturale del raggio di sole a quasi cento metri di profondità! Ho appena il tempo di posizionare i miei compagni e fare qualche scatto, che il raggio di sole, finito il percorso che l’inclinazione gli permette di fare, scompare nel nulla lasciandoci alla debole luce delle nostre lampade”.


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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

Il “salone delle meraviglie�, sul fondo della grotta (-185 metri), con una vastissima parete completamente ricoperta da colate di concrezioni.


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

Muovendo le lampade vicino a queste concrezioni si ottengono dei meravigliosi giochi di luci e di ombre.


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

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Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

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Alcuni speleologi attendo il loro turno mentre il compagno inizia a risalire il pozzo.

Uno sguardo in alto prima di iniziare la dura risalita.


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

Una sosta alla base del P70, per riposare, mangiare, bere, e fare due chiacchiere.

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Dopo una faticosa risalita su corda, si può allentare la tensione ridendo magari su qualche battuta dei compagni sulla lentezza con cui abbiamo risalito il pozzo!!

Foto di Paolo Agnelli


Le grotte del Monte Pisano - Buca delle Fate di San Giuliano Terme

Guadagnata l’uscita, si può riprendere fiato.

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Grotta del Monticello Un gioiello speleologico


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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello

Le prime notizie che si hanno su questa grotta risalgono al Novembre del 1928. Il Cavalier Rodolfo Giannotti, appassionato di speleologia e fondatore del Gruppo Speleologico del C.A.I. di Pisa, si trovava nei pressi di Asciano in cerca di grotte quando alcuni ragazzi del luogo lo condussero in un uliveto presso la Casa Cortopassi in località Il Monticello (da cui prende il nome) a vedere una buca venutasi a creare una ventina di anni prima in seguito al crollo di alcune grosse pietre. Solo alcuni mesi dopo, esattamente il 24 Luglio del 1929, fu compiuta la prima esplorazione completa da parte dello stesso Giannotti con l’aiuto di altri componenti del Gruppo Speleologico. L’anno successivo, il Giannotti, in un articolo di “Le grotte d’Italia”, Rivista dell’Istituto Italiano di Speleologia, la descriveva così: …sembrano le stanze di un palazzo incantato: pareti finemente tappezzate ed addobbate da lunghi festoni colorati, pavimenti ricoperti da ricchi tappeti e mosaici, porte con pilastri o colonne, lumiere meravigliose appese alle volte, qua e là angoli deliziosi, piccole finestre dalle quali si può ammirare un panorama strano ed eccezionale… Negli anni che seguirono la bellezza di questa grotta attirò moltissimi visitatori; questo suscitò l’interesse dell’Azienda di Promozione Turistica dell’epoca che sviluppò, insieme al Giannotti, un progetto per lo sfruttamento turistico che però non ebbe seguito per mancanza di fondi. Purtroppo la grotta presenta anche i segni del passaggio di vandali che, in cerca di souvenir, hanno spezzato numerose concrezioni, tanto che negli anni Settanta il Gruppo Speleologico si vide costretto a murarne l’ingresso. Alcuni anni dopo la grotta fu riaperta, posizionata una scala di ferro allo scopo di rendere più agevole la discesa del pozzo e fu posto un robusto cancello al suo ingresso per evitare ulteriori atti di vandalismo. Attualmente questo cancello, ma soprattutto il fatto che l’ingresso è situato in un terreno privato, sono una protezione sufficiente a garantirne l’integrità. La Grotta del Monticello può essere considerata, senza ombra di dubbio, la più bella grotta dei Monti Pisani. Infatti, pur avendo dimensioni modeste sia in profondità che in estensione, riesce a racchiudere al suo interno, una così grande quantità e varietà di concrezioni calcaree da poter competere con le più famose grotte turistiche. Si possono ammirare numerose stalattiti e stalagmiti, grandi e piccole colonne, gruppi di stalattiti a ventaglio, eccentriche, aragoniti, pareti ricoperte di colate, canne d’organo e via di seguito con tutto il repertorio che Madre Natura riesce a realizzare in questi luoghi così inospitali.


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Lo speleologo si insinua nell’angusto ingresso e si appresta a scendere lungo la scala di ferro.

Una lunghissima stalattite a spaghetto pende dalla volta della sala vicino all’ingresso. Dai pezzi rotti che si possono osservare sul pavimento e i monconi rimasti sul soffitto, possiamo dedurre che un tempo ce ne fossero molte di più di queste stalattiti. Purtroppo, in passato, questa grotta è stata interessata da fenomeni naturali come terremoti, e fenomeni un po’ “meno naturali” di vandalismo. E per spezzare una stalattite come questa, lunga circa tre metri con uno spessore di un centimetro, basterebbe una forte raffica di vento!

Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello


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Questa parete concrezionata è chiamata “la pineta” perché se si osserva attentamente, le colate di calcite sembrano proprio dei pini scolpiti in bassorilievo.


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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello

In passato, questa cavità è stata interessata abbondantemente da fenomeni tettonici che hanno provocato la rottura di stalattiti e fratture un po’ dappertutto, come possiamo vedere in questa foto a sinistra, dove un gruppo di colate si è spezzato adagiandosi poi sulla sponda di questo piccolo specchio d’acqua. Ma quasi come fosse un essere vivente, la grotta si è “curata” da sola saldando di nuovo queste fratture con la calcite e lasciando soltanto delle cicatrici (sotto).


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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello

Drappeggi visti in trasparenza, manifestano tutta la loro bellezza.

I drappeggi vengono creati dalle gocce d’acqua che scorrono sulla volta inclinata. Il deposito inizia sottoforma di cordoli di calcite che seguono un percorso tortuoso, estendendosi poi verso il basso accentuando le curve originarie.


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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello

Trattenuta dalla tensione superficiale, una goccia d’acqua pende dall’estremità di questa stalattite a “spaghetto”, aspettando la prossima goccia che la farà cadere. Sul bordo di possono notare i piccoli cristalli di calcite formati dalle microscopiche particelle di carbonato di calcio che ogni goccia deposita prima di cadere e che sono alla base dell’accrescimento della stalattite.


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Una saletta laterale gremita di stalattiti e stalagmiti.


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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello

Queste stalagmiti sembrano proprio uno scherzo che la natura ha voluto fare in una grotta vicina a Pisa. O forse Bonanno Pisano e Diotisalvi prima di costruire la Torre e il Battistero avevano visitato la grotta e avevano preso spunto da queste concrezioni?


Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello

Le “canne d’organoâ€? sono una forma di concrezione che si incontra di frequente nelle grotte. La loro peculiaritĂ sta nel fatto che non soltanto somigliano, come suggerisce il nome, alle canne di un organo, ma anche loro, battendole con un bastoncino o solo con la mano, vibrano emettendo dei gradevoli suoni.

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Un raggio di sole penetra dallo stretto ingresso come fosse un laser, illuminando lo speleologo e qualche stalattite pi첫 in basso.

Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello


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Le grotte del Monte Pisano - Grotta del Monticello

Questo rospo comune (Bufo Bufo) rinvenuto alla base del pozzo ed incontrato durante varie visite a distanza di tempo, con tutta probabilità è caduto qui accidentalmente. Tuttavia il suo straordinario adattamento gli ha permesso comunque di sopravvivere in questo habitat ostile cibandosi di quel poco che cade dall’alto o di qualche insetto che vola dentro la grotta.

Lo speleologo risale la scala di ferro che permette di superare i cinque metri del pozzo.


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Lo Strinato


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

La Grotta dello Strinato si apre nei pressi dell’abitato di Uliveto Terme, ad una quota di 85 metri s.l.m. La prima parte è costituita da un ampio salone di crollo, con un grande ingresso da cui entra molta luce, tanto che non si rende necessario usare luce artificiale. Presso la parete sud, tra massi di crollo, si apre uno stretto passaggio che conduce ad un paio di pozzi, i quali, superando un dislivello di 25 metri ci fanno giungere nella parte terminale. Qui si trovano tre ambienti pressoché orizzontali, collegati tra di loro e caratterizzati da una presenza quasi costante di centinaia di piccole stalattiti a “Spaghetto”, tanto da meritare il nome di “Sala dalle Mille Candele” Molte altre concrezioni adornano questa grotta, rendendola una delle più belle del Monte Pisano.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Un controllo all’attrezzatura e all’attacco prima di iniziare la discesa.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Regolando con la mano la tensione della corda, lo speleologo controlla la velocitĂ di discesa in questo pozzo.

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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Ancora uno stretto pozzo inclinato prima di raggiungere le sale piene di concrezioni, 25 metri pi첫 sotto.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Questa grotta è caratterizzata dalla presenza quasi uniforme di stalattiti a spaghetto, segno evidente di una fittissima fessurazione della roccia.

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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Una piccola nicchia tempestata di purissimi cristalli di calcite.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

La quasi totale assenza di ossidi di ferro e di altre impurità ha dato a queste bianchissime stalagmiti l’aspetto di mucchietti di candida neve.

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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Alle debole luce della lampada ad acetilene lo speleologo osserva il basso soffitto pieno di piccole stalattiti.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Le piccole stalattiti hanno formato sul pavimento delle stalagmiti piÚ grandi alle quali poi si sono unite. Il risultato finale sarà una colonna dal diametro pressochÊ uniforme come quella sulla sinistra‌ ma ci vorranno ancora qualche centinaio o migliaio di anni!

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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Piccole vaschette concrezionali piene di cristalli, molto rare in grotta.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Questa piccola vasca, in questo caso trovata asciutta, raccoglie l’acqua di stillicidio del soffitto. I livelli raggiunti nei vari periodi dell’anno, si possono individuare dalle strisce di calcare depositati sulle pareti e dagli anelli sovrapposti di queste piccole colonne.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

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La “Sala delle Mille Candele�.


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Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

Si ritorna verso l’uscita.


Le grotte del Monte Pisano - Lo Strinato

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L’ultimo pozzo e poi la luce.


Buca della Cava di Uliveto Terme


Le grotte del Monte Pisano - Buca della Cava di Uliveto Terme

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Le grotte del Monte Pisano - Buca della Cava di Uliveto Terme

“Vavavuma” è il soprannome di questa grotta, una delle più estese ed importanti del Monte Pisano, anche se il suo vero nome è “Buca della Cava di Uliveto Terme”, così come è registrata nel Catasto Speleologico della Toscana. Il soprannome in realtà non è altro che l’espressione scaturita dalla gioia degli speleologi dello “Speleo Club Talpe” di Pontedera (Pisa), al momento della scoperta, così come è riportato dall’articolo pubblicato su “Talp”, la rivista della Società Speleologica Toscana, nel Giugno del 1991. La scoperta però risale all’Ottobre del 1984 quando, in occasione di un’escursione, è stato trovato l’ingresso, situato alla sommità della cava di calcare, ora inattiva, nei pressi dell’abitato di Uliveto Terme. Profonda 55 m., con uno sviluppo di 350, questa grotta deve la sua importanza sia alle numerose e spettacolari concrezioni, sia alla presenza di una cospicua colonia di Chirotteri (Rhinolophus ferrumequinum) che l’hanno scelta come dimora dove trascorrere il loro letargo invernale. Come già spiegato precedentemente, questi piccoli e preziosi mammiferi sono allo studio di ricercatori del Museo di Storia Naturale “La Specola” di Firenze, con la collaborazione del nostro Gruppo, allo scopo di tutelarli e preservarli dall’estinzione.


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Parete concrezionata da colate di calcite.

Speleologi in preparazione davanti all’ingresso della grotta che si apre sui gradoni della cava.

L’ingresso angusto del primo pozzo.


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Mentre ci si cala lungo il pozzo iniziale, possiamo ammirare splendide colate e stalattiti delle pi첫 svariate forme che pendono dal soffitto.


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La speleologa sosta al frazionamento per il cambio attrezzi lungo il vasto pozzo che immette nella sala principale. Questa operazione è necessaria quando il pozzo viene “armato” con due o più attacchi, per far si che la corda non sfreghi sulla asperità della roccia con il rischio di rompersi.


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Gocce d’acqua che, trasportando il loro carico di carbonato di calcio, danno vita a queste piccole stalattiti dalle diverse forme.


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Due speleologi osservano la vasta sala alla base del pozzo decorata da numerose concrezioni.

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Un piccolo Crostaceo isopode (forse appartenente ad una nuova specie) intento a mangiare guano di pipistrello, unica fonte di cibo all’interno della grotta. Caratteristica particolare di questi crostacei e di tutta la fauna “Troglobia”, che abita cioè esclusivamente l’ambiente ipogeo, è la totale assenza di pigmentazione, che li fa apparire quasi trasparenti.


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Pipistrelli (Rhinolophus ferrumequinum) in letargo.

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Magnifiche trasparenze attraverso queste cortine su una parete inclinata della grotta. Le strisce colorate di giallo e arancione sottolineano la ritmicità dell’accrescimento. Le parti bianche sono di calcite praticamente pura, mentre quelle colorate contengono ossidi di ferro e altre impurità trasportate dalla superficie in profondità dall’acqua.


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Uno speleologo risale il pozzo per guadagnare l’uscita, mentre gli altri attendono il loro turno.


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Queste piccole concrezioni chiamate “Eccentriche” sfidano la forza di gravità grazie alle condizioni peculiari di questa nicchia che modificano la disposizione dei cristalli di calcite.

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Speleologo fermo al frazionamento per fare il cambio degli attrezzi sulla corda che sale.

Giochi di luci e di ombre.


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Eremi

Il Monte Pisano, durante il Medioevo, ha visto il diffondersi di molti insediamenti eremitici tanto che da alcuni storici viene identificato come il “Mons heremita”, raffigurato anche in un affresco del Camposanto monumentale di Pisa e in un altro nella chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano. Due di questi Eremi, sorti nei pressi di alcune grotte calcaree, vengono inseriti in questa pubblicazione a dimostrazione di come l’uomo sia sempre stato affascinato dalle grotte, attribuendo loro anche significati arcani e religiosi.


Panoramica dell’interno del cortile dove possiamo vedere a sinistra il muro della chiesa di Santa Maria ad Martyres, le scale che portano alla “Grotta della Goccia” e l’ingresso della grotta più piccola con il pozzo.


Rupecava


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Le grotte del Monte Pisano - Rupecava

Durante il Medioevo alcuni eremiti, attirati da una vasta rupe calcarea e la presenza di vari anfratti, si ritirarono in un luogo montano chiamato “Lupo Cavo “ (in seguito divenuto “Rupecava”), situato tra il Monte Maggiore ed il Monte Romagna. Qui costruirono un complesso monastico, costituito da vari elementi strutturali quali il convento con le celle dei monaci, magazzini, locali di servizio ed una chiesa, ad unica navata, dedicata a Santa Maria ad Martyres, consacrata nel 1214 da Roberto vescovo di Lucca. L’eremo-santuario conobbe il suo splendore dal 1200 al 1400, ma venne ufficialmente abbandonato già fatiscente nel 1750, anche se un eremita è rimasto ad abitarlo fino alla metà dell’Ottocento. La sua popolarità è dovuta ad una pia leggenda secondo la quale Sant’Agostino di Ippona durante il suo viaggio di ritorno in Africa dopo la sua conversione, si sarebbe ritirato nella grotta maggiore detta “della goccia” per scrivere una delle sue opere più famose, il De Trinitate. Una serie di affreschi presenti all’interno della chiesa realizzati intorno al 1666, raccontano proprio quell’episodio, celebrando in Sant’Agostino il fondatore dell’eremo di Rupecava. Da questo si è tramandata la tradizione popolare di una goccia perenne che scende dalla volta della caverna, alla quale vengono attribuiti poteri curativi e miracolosi e che ha attirato nel corso dei secoli numerosi pellegrini, tanto che nel XVII secolo è stata edificata al suo interno un’edicola in stile barocco che conteneva alcune statue in terracotta, asportate nel 1977, rappresentanti la Vergine con il Bambino Gesù, Sant’Agostino e Santa Monica. Avvicinandosi ai giorni nostri, un’altra leggenda si è legata profondamente all’Eremo di Rupecava, come descritta in questo estratto dal sito “www.vocidallarocca.com”. Il 14 agosto del 1846, all’una del pomeriggio, un terremoto di grandi proporzioni scuoteva l’intera Valdiserchio, radendo al suolo interi paesi e facendo numerose vittime. Anche la piccola e antica pieve romanica di Ripafratta fu gravemente lesionata (e in seguito abbattuta per motivi di sicurezza). In questo scenario catastrofico, Ripafratta non contò neppure una vittima. Tutti i suoi abitanti, dal primo all’ultimo, erano miracolosamente indenni; come protetti “dal manto” benevolo e materno della Madonna di Rupecava, che dall’alto del suo Eremo aveva vegliato sui suoi figli. In segno di devozione, la gente di Ripafratta fece voto di salire in processione, ogni anno il 14 agosto, al Santuario, per poi ridiscendere a valle e cantare il “Te Deum” di ringraziamento all’una (ora del terremoto). Tradizione che si è perpetuata a lungo e che è ripresa negli ultimi anni dopo una interruzione. Nonostante alcuni restauri eseguiti negli anni Settanta, l’eremo è stato vittima di perpetuati atti vandalici che hanno devastato quasi completamente la chiesa e le strutture del convento tanto da ritenere molto improbabile un intervento di recupero, che avrebbe potuto invece far risorgere questo luogo così affascinante e di grande interesse storico e religioso.


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Le grotte del Monte Pisano - Rupecava

L’interno della chiesa devastato da numerosi episodi di vandalismo nei quali non è stata risparmiata neppure la profanazione delle tombe presenti nel pavimento.

Quel che rimane del corridoio che conduceva alle celle dei monaci.


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L’interno della grotta chiamata “della Cantina” perché usata con tutta probabilità come magazzino di derrate alimentari.

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L’ingresso murato e dotato di porta ormai scomparsa.

Un pipistrello si è rintanato in queste piccole ma accoglienti cavità.

La grotta più piccola delle tre con il piccolo pozzo nel quale veniva raccolta l’acqua piovana.


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La “Grotta della goccia” con il tabernacolo edificato al culto della Madonna, all’interno del quale erano state sistemate tre statue di terracotta raffiguranti la Vergine con il Bambino Gesù, Sant’Agostino e Santa Monica, depredate anch’esse da vandali negli anni Settanta.



La Spelonca

L’ampia volta della Grotta della Spelonca. Si può notare la forte l’antropizzazione grazie alla quale la grotta è stata trasformata in un luogo singolare adatto a svariate funzioni: da magazzino per le derrate alimentari, a luogo di svolgimento di culti.


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Le grotte del Monte Pisano - La Spelonca

Altro eremo sorto nei pressi di grotte calcaree è l’Eremo della Spelonca, situato in territorio Lucchese appena al di là del confine con Pisa, nei pressi del passo Croce tra Il Monte di S. Giuliano e il Monte Cupola. Di questo eremo si sa che è stato fondato nel 1190 dagli Eremiti Neri, i quali però, non applicavano in senso stretto la regola degli eremiti classici. Vivevano in luoghi isolati, in povertà, ed erano dediti alla meditazione, tuttavia si rendevano disponibili anche all’assistenza religiosa delle popolazioni dei paesi vicini che avevano difficoltà a raggiungere le chiese. A differenza di Rupecava, all’Eremo della Spelonca non sono rimaste molte costruzioni rilevanti, fatta eccezione per la piccola chiesa, di epoca più tarda però, rispetto alla fondazione. Alcuni elementi evidenti sono una cisterna a bocca quadrangolare, una vasca circolare scavata nella roccia, delle scale anch’esse scavate ed una serie di vani, probabili fondazioni di alcuni edifici. Situata dietro la chiesetta alla base di una rupe calcarea si trova la grotta, meglio definita come “riparo sotto roccia”, senza pretese speleologiche, essendo formata più che altro da un’imponente volta che si insinua per alcuni metri all’interno della rupe. Su alcune pareti rimangono tracce di probabili strutture lignee, mentre sul pavimento, due grosse buche fanno supporre che vi sia stato effettuato un saggio di scavo archeologico.

Posto al crocevia di svariati sentieri che percorrono tutto il Monte Pisano, questo cartello che indica l’Eremo della Spelonca, fornisce anche numerose indicazioni per raggiungere altri luoghi importanti ed incantevoli.


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La chiesetta e dietro di essa l’ampio ingresso della grotta.

L’interno fatiscente della Chiesa.

La cisterna a bocca quadrangolare dove veniva raccolta l’acqua piovana.

La vasca a forma circolare scavata nella roccia.


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L’interno della grotta dove si possono notare i segni di scavo sul pavimento.


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Speleologia urbana Nel corso della Storia, a cominciare dalle prime fasi del Neolitico, l’uomo ha sempre sfruttato il sottosuolo per realizzare opere dalle svariate funzioni: dalla semplice cantina per conservare derrate alimentari, alle reti fognarie per smaltire liquami urbani, ai rifugi per sfuggire agli attacchi dei nemici, agli acquedotti, canali di drenaggio, pozzi e cisterne per la gestione delle acque, alle tombe per la sepoltura dei morti. Opere che talvolta, per l’impiego di migliaia di uomini e di molti anni necessari per la realizzazione, si possono paragonare persino alle tanto decantate costruzioni delle piramidi, ma tuttavia sconosciute alla quasi totalità della popolazione, archeologi compresi. In Italia, negli anni Sessanta, attratti dalla curiosità e dal fascino che emanavano queste opere costruite per mano dell’uomo e non della Natura, alcuni speleologi iniziarono ad esplorare a titolo personale ed in modo episodico alcune cavità artificiali presenti nel sottosuolo dei centri storici di varie città, dando vita ad una attività chiamata “Speleologia urbana”. Da attività sporadica ed improvvisata, si è trasformata oggi in una disciplina seria ed organizzata, adottando la denominazione di “Speleologia in cavità artificiali”. Con la nascita, nel 1981, dalla Commissione Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana e l’avvio operativo del Catasto Nazionale delle Cavità Artificiali, questa disciplina è entrata nel campo della collaborazione con enti ed istituzioni tecniche e scientifiche pubbliche e private, molto interessate ai dati raccolti in questi anni dagli speleologi. Oggi, la riscoperta, lo studio e la documentazione di strutture ipogee dimenticate e inutilizzate, riveste grande interesse dal punto di vista storico, sociale ed antropologico. Non di rado, si riscoprono opere che da tempi antichi o antichissimi continuano a fornire un prezioso ma ignorato contributo al controllo del territorio, specialmente in termini di gestione delle acque. Per quanto riguarda il Monte Pisano, esiste una leggenda popolare che narra dell’esistenza di un cunicolo sotterraneo che collegherebbe la fortezza della Verruca al Giardino Scotto di Pisa, passando addirittura sotto il letto del fiume Arno! Leggende a parte, anche sul Monte Pisano, l’opera dell’uomo ha lasciato il segno anche sotto la superficie, con piccole opere soprattutto per la regimazione delle acque, come nel caso della “Galleria di Corliano”.


Galleria di Corliano


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Le grotte del Monte Pisano - Galleria di Corliano

Discorso a parte va fatto per questa galleria che non è di origine carsica, ma è stata scavata all’interno della montagna dalla mano dell’uomo, anche se purtroppo non ci sono notizie su come, quando e soprattutto da chi. Si può invece dedurre che in origine ci sia stata una sorgente d’acqua e che la galleria servisse sia per intercettare la vena in profondità dove l’acqua è più pulita, sia da serbatoio avendo costruito grazie a dei muretti di contenimento che trattengono l’acqua. Si suppone inoltre che servisse la vicina Villa di Corliano sia per i servizi che per l’irrigazione.


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Le grotte del Monte Pisano - Galleria di Corliano

Appena entrati, l’elevata umidità ci fa “evaporare”!

Ingresso della galleria dove è stata posta una “immaginetta” di porcellana.


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La prima parte della galleria rivestita interamente di mattoni. Si possono notare inoltre, i due muretti che permettono di contenere l’acqua.

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Varie concrezioni formatesi dallo scorrere dell’acqua della sorgente che scende dall’alto di una delle volte.


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Acqua cristallina riempie il fondo della galleria.


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Giochi di luce e di riflessi.


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Tecniche fotografiche La fotografia non è l’attività più semplice che ci sia. Intendiamoci, chiunque sa impugnare un qualsiasi apparecchio fotografico completamente automatico e scattare una foto “tecnicamente” corretta, oggi poi, con l’avvento delle nuove tecnologie elettroniche e digitali, sbagliare una foto è rimasta ormai prerogativa di pochi, i cosiddetti “negati cronici”. Ma realizzare un’immagine che abbia il potere di trasmettere un’emozione è tutta un’altra cosa. Fotografare in grotta rende più agevole forse questo compito, grazie ai soggetti di per se già così affascinanti e carichi di mistero, ma la tecnica per rendere tutto questo possibile è invece molto ardua e complessa. Cercherò qui di fare una panoramica sull’attrezzatura necessaria e le difficoltà che si incontrano nel realizzare un reportage fotografico in questi ambienti, senza però entrare troppo nello specifico per il quale sarebbe necessaria una pubblicazione apposita. Innanzitutto va detto che la fotografia in grotta è fondamentalmente un lavoro di squadra, sia perché lo è la stessa Speleologia (in grotta non si va mai da soli), sia perché è impensabile trasportare e gestire da soli il materiale speleologico e fotografico necessario. Inoltre, ma non ultimo, servono dei soggetti umani (“figuranti” come si au-

todefinisce con ironia, il mio amico Antonio) da includere nell’inquadratura, che facciano da termine di paragone per avere un’idea delle proporzioni dell’ambiente fotografato. Senza di essi, una galleria larga due metri potrebbe sembrare venti, oppure venti centimetri. Questi “soggetti”, molto spesso hanno anche il compito tutt’altro che facile di gestire le fonti luminose, dei flash elettronici di varia potenza, che vengono fatti scattare a distanza tramite fotocellule, per avere un’illuminazione adeguata e dare profondità all’immagine. Requisito fondamentale quindi di questi “flashman”, come vengono chiamati scherzosamente, è avere una buona preparazione di tecnica speleologica, per muoversi con sicurezza e disinvoltura all’interno della grotta. Devono inoltre saper seguire le indicazioni del fotografo su come disporsi e dove posizionare le fonti luminose o, ancora meglio, saper intuire che cosa è necessario fare ed anticiparlo. Per quanto riguarda l’attrezzatura fotografica, deve essere innanzitutto ridotta al minimo indispensabile, limitando l’ingombro ed il peso (si deve già trasportare altri sacchi pesanti con il materiale d’armo e viveri), deve essere inoltre ben protetta dagli urti e dall’umidità usando dei contenitori stagni. Come macchina fotografica potremmo


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scegliere una solida reflex meccanica, completamente manuale, come lo erano i primi apparecchi prima dell’avvento dell’elettronica. Si può usare anche una macchina elettronica completamente automatica (che permetta comunque di andare in modalità manuale e posa B), ma dovremmo usare maggiori accortezze per proteggerla dagli urti e dall’umidità elevata della grotta che potrebbe rovinarne i circuiti. Le stesse accortezze si dovranno usare anche nel caso in cui si decida di usare una macchina digitale, che, rispetto alla reflex tradizionale, ha il vantaggio non trascurabile di vedere, subito dopo lo scatto, il risultato ottenuto. Negli ultimi anni fotografi e fotoamatori si stanno dividendo tra chi sposa senza riserve la nuova tecnologia digitale e chi, invece, resta convinto della superiorità della tecnica tradizionale. L’analisi delle varie motivazioni che portano i fotografi speleo a seguire una o l’altra corrente di pensiero sarebbe troppo lunga e tortuosa per poterla sviluppare in questa sede. Personalmente sono convinto che tutte e due le tecniche presentino dei vantaggi e degli svantaggi e quindi uso entrambe a seconda delle esigenze e delle situazioni. Considerato che i luoghi che andiamo a fotografare sono, per la maggior parte meandri o pozzi di dimensioni ridotte, la scelta degli obbiettivi ricade principalmente su ottiche corte, un 28mm ed un 50mm, per avere angoli di ripresa maggiori, a cui possiamo aggiungere un buon

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obbiettivo macro se vogliamo riprendere particolari delle concrezioni o immortalare qualche piccolo insetto. L’illuminazione, come abbiamo già detto, sarà fornita da alcuni flash di varia potenza comandati da fotocellule, sia che si usi una reflex che una digitale. Un cavalletto di piccole dimensioni ci permetterà di fare delle foto con esposizioni lunghe, usando la luce naturale delle lampade ad acetilene, ottenendo così degli effetti molto caldi e suggestivi. Le difficoltà maggiori che si incontrano in questo tipo di reportage sono sostanzialmente legate all’illuminazione, dato che l’ambiente ipogeo in cui operiamo è completamente buio. Il fotografo deve comporre mentalmente la foto immaginando in anticipo quali zone della grotta andranno ad illuminare i flash tenuti dai compagni, che lui stesso avrà disposto. Capita sovente però, una volta esaminato il risultato dello scatto, che quello che volevamo illuminare invece è rimasto in ombra (Foto 1), oppure il flash era troppo vicino al soggetto e abbiamo ottenuto Foto 1.


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una sovraesposizione (Foto 2), o ancora, che uno dei flash non ha scattato e ha lasciato una parte di grotta buia (Foto 3) o addirittura un flash ci ha “sparato” direttamente nell’obbiettivo (Foto 4). Un’altra difficoltà Foto 2. che si incontra spesso è la messa a fuoco (Foto 5). Infatti i soggetti, illuminati debolmente dalla luce delle sole lampade ad acetilene degli speleologi, vengono “visti” con difficoltà sia dell’occhio del fotografo, nel caso si usi una reflex manuale, sia dall’occhio elettronico dell’autofocus, nel caso si usi una digitale automatica. Una soluzione al problema, anche se molto scomoda soprattutto quando si è appesi alla corda in un pozzo, può essere una torcia poFoto 3.

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Foto 4.

tente che vada ad illuminare adeguatamente il soggetto. L’umidità elevata, come abbiamo già detto, può essere deleteria per i circuiti elettronici degli apparecchi fotografici, ma può essere un ostacolo anche per il fotografo perché rende molto visibile all’occhio e quindi anche all’obbiettivo, l’evaporazione corporea a cui è soggetto lo speleologo dopo uno sforzo fisico. Capita infatti che dopo aver risalito un pozzo impegnativo, ci si fermi per fare una foto, ma il vapore emesso dal fotografo passa davanti all’obbiettivo


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una grotta è diversa da un’altra e si presentano ogni volta situazioni differenti. Tuttavia, un’adeguata preparazione, un buon affiatamento con i compagni, l’esperienza e tanta passione sono gli ingredienti più idonei per superare questi ostacoli e realizzare così delle immagini che possano dare un contributo ad una maggior conoscenza di questi luoghi.

Foto 5.

e viene immortalato dal flash, spesso come se fosse la scia di un fantasma (Foto 6). Queste sono le principali difficoltà e gli inconvenienti più comuni che si incontrano fotografando il mondo sotterraneo, anche se molti altri se ne incontrano ad ogni uscita, poiché

Foto 6.


Ringraziamenti Come per ogni libro che si rispetti, eccoci giunti alla parte dei ringraziamenti. Dei “piccoli” ostacoli incontrati di recente sul mio percorso mi portano a fare alcuni doverosi ringraziamenti particolari, che esulano un po’ dal contesto del libro, dai quali non posso esimermi. Mi scuso fin da ora con il lettore, che non conoscendomi personalmente, troverà noiose alcune parti. I miei primi ringraziamenti vanno sicuramente ai “Figuranti”, senza i quali non avrei potuto realizzare queste immagini, e che, come ho già spiegato nel capitolo “Tecniche fotografiche”, non hanno un compito molto facile e non solo tecnicamente: la parte più difficile infatti, è stata di aver sopportato le lunghe attese a cui li ho sottoposti e le mie (a volte) assurde pretese. Spero solo che il risultato del lavoro abbia gratificato anche loro e li abbia ricompensati delle fatiche, così come è stato per me. Vorrei citarli singolarmente e sono: Alessandro Toniolo, Antonio Beribé, Cristina Snyder, Emy Gaals, Federico Salvestroni, Gabriele Madrigali, Marco Gianvanni, Marta Debolini, Paolo Mannucci, Pascal Vacca, Roberto Giuntoli, Simona Torre, Stefano Monacci e Virginio Merlin. Un ringraziamento speciale però va al mio “Figurante” preferito e cioè il mio amico Antonio Aloisi, il quale, pur non essendo propriamente uno Speleologo, si è fatto comunque coinvolgere più di altri in questa mia impresa, armato di pazienza, senza però evitare, ad ogni uscita, di promettermi di farmela pagare prima o poi!! Sue sono le splendide foto di pag. 62, 127 e 128. Un altro amico devo ringraziare, Gabriele Brini, che ho accompagnato a visitare la sua prima grotta (Grotta del Monticello) e che mi ha aiutato a fare alcuni ottimi scatti. A questo amico va la mia riconoscenza anche per motivi che vanno al di là della Speleologia. Per gli stessi motivi, la mia profonda ed infinita gratitudine, va al Prof. Orlando Goletti, alla Dott.ssa Elisabetta Pfanner ed al mio amico Giuseppe De Angeli, i quali, anche se inconsapevoli (Non sono mai stati in grotta, per ora…), mi hanno consentito in questi ultimi tre anni, di poter portare a termine questo lungo ed impegnativo lavoro di documentazione fotografica e di poterne infine pubblicarne i risultati. Per il contributo finanziario alla pubblicazione, i miei ringraziamenti vanno all’ufficio Aree Protette della Provincia di Pisa, alle Amministrazioni Comunali di San Giuliano Terme, Vecchiano e Vicopisano, alla Banca di Credito Cooperativo di Fornacette ed al Gruppo Speleologico del C.A.I. di Pisa. Ringrazio vivamente i Geologi Alessandra Buscemi e Roberto Balatri dello Studio Associato G.E.A. di Vecchiano per il loro costante supporto morale, gli incoraggiamenti, la consulenza scientifica in materia di Geologia e per il contributo finanziario alla pubblicazione. Un ringraziamento particolare alla Dr.ssa Elena Fantoni, responsabile dell’ufficio Ambiente del Comune di San Giuliano Terme, per la cura con la quale ha gestito i rapporti con le altre Amministrazioni Comunali ed al Dr. Paolo Mannucci, Segretario del Gruppo Speleologico, per l’attenzione e la puntualità con cui ha curato la ricerca di finanziamenti, i rapporti con la Casa Editrice Pacini e per la collaborazione nella realizzazione del libro. Indispensabile è stato l’aiuto del Dr. Paolo Agnelli, ricercatore del Museo di Storia Naturale “La specola” di Firenze, per la determinazione dei Chirotteri e dei suoi colleghi: Dr. Stefano Vanni, Dr. Luca Bartolozzi, Dr. Simone Cianfanelli, Dr. Berdondini, Dr. Stefano Taiti per le determinazioni della fauna ipogea e il Dr. Federico Paci per la determinazione del fungo. Un grazie al Sig. Mario Pestarini, sempre disponibile ad aprire la “porta di casa” per permetterci di visitare la Grotta del Monticello, all’interno della sua proprietà. Un grazie anche a Claudio Possenti che mi ha consentito di “salire in alto” per realizzare la foto panoramica del Monte Pisano di pag. 10-11 Ringrazio mia moglie Miriam, la quale nonostante non ami molto la Speleologia, per il solo motivo che quando sono in grotta non sono con lei, mi ha sostenuto comunque nella realizzazione di questo libro, aiutandomi nella stesura e la correzione dei testi. Per ringraziarla invece di tutte le cose che ha fatto e fa per me, soprattutto recentemente, non basterebbe un capitolo intero… Un saluto a mio figlio Filippo, fonte inesauribile di energia a cui attingo costantemente e che mi da la carica per vivere pienamente le cose belle della vita e la forza ed il coraggio di affrontare quelle meno belle. Nonostante i suoi quattro anni, vedendomi un giorno prepararmi per una uscita in grotta, mi ha promesso che sarebbe venuto anche lui, aggiungendo: “Quando sono più grande, però!!” Mi permetto infine una nota “molto” personale: voglio ringraziare tutte quelle persone (amici al di la della Speleologia) che in questi ultimi tempi mi sono stati vicini e che hanno rafforzato in me la voglia e l’entusiasmo di vivere e perché no, di portare a termine questo libro. Il mio profondo rammarico va invece a quegli amici che al contrario, hanno “preso le distanze” e a quelli che si sono addirittura “dileguati”. Beh, tutto sommato, forse veri “amici” non lo sono mai stati.


Bibliografia Per chi volesse approfondire l’aspetto geologico del Monte Pisano potrà farlo sui seguenti testi: – Giannini E. - Nardi R., Geologia nella zona nord-occidentale del Monte Pisano e dei Monti d’Oltre Serchio (Prov. di Pisa e Lucca), in “Bollettino della Società Geologica Italiana”, 84, 5 (1965), pp. 197-270 (carta geologica). – Marcaccini P., I fenomeni carsici in Toscana, in “Rivista Geografica Italiana”, 68, 3, (1961), pp. 221-243. – Marinelli G., Le terre rosse dei Monti d’Oltre Serchio, in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, Memorie, 62 (1955). – Rau A., Tongiorgi M., Il lembo mesozoico di Caprona - Uliveto Terme sul margine meridionale dei Monti Pisani: Tettonica e cenni di stratigrafia, in “Memorie della Società Geologica Italiana”, VIII, 1-24 (1969). – Ugolini R., Descrizione geologica dei Monti d’Oltre Serchio, in “Annali delle Università Toscane”, 25, (1905). – Ugolini R., La condizione geologica del versante orientale del M. Avane nel gruppo d’Oltre Serchio in rapporto al decorso delle sue acque superficiali, Studio geoidrologico, Pisa, 1934. Chi volesse saperne di più sugli aspetti vegetazionali e faunistici di tutta l’area montuosa può consultare i seguenti volumi, che costituiscono una base di partenza (grazie alle bibliografie) per approfondire questi temi che risultano molto vasti: – Alla scoperta dei Monti Pisani, Comune di Capannori, Pacini Editore, 1989. – I Monti Pisani: il ruolo delle ANPIL per la conservazione e la valorizzazione del territorio, Comune di San Giuliano Terme, Felici Editore, 2000. Per un approfondimento sulle sole orchidee spontanee presenti sul Monte Pisano si può visitare il sito del G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano Ricerca Orchidee Spontanee) all’indirizzo: www.giros.it Se invece l’interesse è per la storia, dalle origini fino ai nostri giorni ed in particolare per quanto riguarda proprio gli insediamenti umani nelle grotte in epoca preistorica o le frequentazioni da parte degli animali, si può consultare la seguente bibliografia storico-archeologica che documenta inoltre gli scavi effettuati nell’Ottocento e nel Novecento: – San Giuliano Terme - La storia, il territorio, Pisa, Giardini Ed., 1990, voll. 1 e 2. – Il fiume, la campagna, il mare - reperti documenti immagini per la storia di Vecchiano, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 1991. – Mazzanti R. (a cura di), La pianura di Pisa e i rilievi contermini - la natura e la storia, in “Memorie della Società Geografica Italiana”, L (1994). – Acconci L., Di una caverna fossilifera scoperta a Cucigliana (Monti Pisani), in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, V, 1 (1881), pp. 1-63. – Bianchi G., De Bagni di Pisa posti a pie’ del monte di San Giuliano, Firenze, Stamperia Paperiniana, 1757, pp. 1-95. – Bianucci G.P., Nuovi importanti ritrovamenti nella Buca dei ladri, Atti del II° Congresso della Federazione Speleologica Toscana (Pietrasanta, 21 Gennaio 1973), 1974, pp. 45-46.

– Bianucci G.P., Per una divulgazione delle attuali conoscenze sulla preistoria della Toscana: la Grotta del Leone (Asciano - Pisa), Quaderni del Museo di Storia Naturale della Provincia di Livorno, 1980, pp. 84-88. – Boncinelli E., Storia di Vico Auserissola (Vicopisano), Venezia, Stabil. Tici-lit di M. Fontana, 1972, pp. 1-192, (ristampa anastatica Forni Ed., Bologna). – Cardini L., Notiziario sugli scavi della Grotta del Leone (Pisa), in “Rivista di Scienze Preistoriche” 3 (1947), p. 332. – Caterini F., Due parole sulla Grotta di Parignana e sui fossili rinvenuti in essa. (Nota preventiva), in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, Proc. verb. 31, 1 (1922), pp. 1-5. – Caterini F., I fossili della Grotta di Parignana (Mammiferi), Paleontographia italica (27), Pisa, F. Nistri, 1921, pp. 23-52. – Ceccanti M. - Cocchi G.D. - Fornaciari G., La grotta dell’Inferno di Vecchiano, in “Archivio per l’Antropologia e la Etnologia” [se possibile sciogliere sigla], 112 (1982), p. 57. – Ceccanti M. - Cocchi G.D. - Fornaciari G., Una grotticella sepolcrale eneolitica con vaso campaniforme scoperta presso Vecchiano (Pisa), in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, Mem., Serie A 87 (1980), pp. 375-391. – Cocchi A., Dei Bagni di Pisa, Firenze, Stamperia Imperiale, 1740. – Cocchi G.D. - Gambini M., Tracce dell’età del bronzo nella grotta del Borghetto di Vecchiano (Pisa), in Preistoria d’Italia alla luce delle ultime scoperte II, Pescia, 1982, p. 89. – Cocchi G.D. - Grifoni C.R., L’età dei metalli nella Toscana nord-occidentale, Pisa, Pacini Ed., 1985. – D’Achiardi A., D’alcune caverne e brecce ossifere dei Monti Pisani, in “Nuovo Cimento”, 25, 5 (1867), pp. 305-311. – D’Amato M.G. Avanzi, Il grano della popolazione con civiltà tipo Lagozza della Grotta di Agnano (Pisa), in “Agricoltura Italiana”, LIII (1953). – Del Campana D., Batraci e rettili della grotta di Cucigliana (Monti Pisani), in “Bollettino della Società Geologica Italiana”, 31 (1912), pp. 412-418. – Del Campana D., Mammiferi nuovi o poco noti della grotta di Cucigliana (Monti Pisani), in “Bollettino della Società Geologica Italiana”, 33 (1914), pp. 197-211. – Del Campana D., Gli uccelli della Grotta di Parignana (Monte Pisano), in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, 36 (1925), pp. 3-22. – D’Eugenio G., Revisione ed inquadramento dei materiali della Grotta del Leone, in Rassegna di Archeologia, Pisa, 1990, vol. 9, pp. 183-228. – Geri G. - Palla B., Il rilievo della Grotta del Monticello e degli scavi della Romita in Asciano Pisano, Università di Pisa, Facoltà di Ingegneria, Istituto di Geodesia e Topografia, pubblicazione n. 52, 1956. – Grifoni C.R., La grotta del Castello di Vecchiano, in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, serie A 69, 12 (1962), pp. 3 sgg. – Ippolito F., Il Monte Pisano, in “Memorie e note dell’Istituto di geologia applicata, Università di Napoli”, 3 (1950). – Laj F., Grotta del Leone, in “Rivista di Scienze Preistoriche”, III (1948), p. 267. – Minati C., Dell’esistenza dell’uomo in epoca remota nei Monti Pisani, in “Il Lavoro”, 18 (1867). – Nistri G., San Giuliano, le sue acque termali e i suoi dintorni, Pisa, Nistri, 1875. – Parenti R. - Vanni V. - Convalle R., Studio antropologico dei resti scheletrici rinvenuti nella Grotta del Leone presso Agnano (Pisa), in “Archeologia e Antropologia Etnologica”, 90 (1960), pp.129-211.


Le grotte del Monte Pisano - Bibliografia

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– Peroni R., La Romita di Asciano. Riparo sottoroccia utilizzato dall’età Neolitica alla Barbarica, in “Bullettino Paletnologico Italiano”, 72 (1962/63), pp. 251-442. – Radi G., La Grotta del Leone materiali dei livelli a ceramica, in “Antichità Pisane”, 3 (1974), pp. 2-22. – Radmilli A.M., La preistoria d’Italia alla luce delle ultime scoperte, Firenze, I.G.M., 1963, cap. V pp. 123-146. – Radmilli A.M., Guida della preistoria italiana, Firenze, Sansoni editore, 1975, p. LXXIX, pp. 1229 (Repertorio della località); per la Toscana v. pp. 75-88 (a cura di Grifoni Cremonesi R.). – Targioni Tozzetti G., Relazione d’alcuni viaggi fatti in Toscana, Firenze, Stamperia Granducale, 1768, vol. 1. – Tongiorgi E., Grotta del Leone (Pisa), in “Rivista di Scienze Preistoriche”, 2 (1947), p. 332. – Tongiorgi E., Grotta di Agnano, in “Rivista di Scienze Preistoriche”, 5 (1949/50), p. 121. – Toscanelli N., Pisa nell’antichità, Pisa, Nistri-Lischi ed., 1933, pp. 1-687. – Zecchini M., Lo spacco delle monete di Vecchiano, La provincia di Lucca XV, 1975. Chi volesse approfondire l’aspetto strettamente speleologico, avrà a disposizione alcuni articoli che il Cavalier Rodolfo Giannotti ha scritto a partire dagli anni ’30 e che costituiscono la parte storica. Questi però si possono trovare solo presso la biblioteca del Gruppo Speleologico C.A.I. di Pisa e sono i seguenti: – – – – – – – – – – – –

Giannotti R., Il Monte Pisano e le sue grotte, in “Le Grotte d’Italia”, 4, 1 (1930), pp. 50-58. Giannotti R., La Grotta del Monticello, in “Le Grotte d’Italia”, 4, 1 (1930), pp. 59-63. Giannotti R., Grotte del Monte Pisano, in “Le Grotte d’Italia”, 4, 3 (1930), pp. 167-173. Giannotti R., Gli studi speleologici nel Pisano (Cenni bibliografici), in “Le Grotte d’Italia”, 6, 2 (1932), pp. 59-67. Giannotti R., Cavità nel verrucano del Monte Pisano, Atti del VI° Congresso Nazionale di Speleologia (Trieste 1954), pp. 26-29; (vedi anche “Le Grotte d’Italia”, 3, 1 (1955/56), pp. 59-67). Giannotti R., Manifestazioni del fenomeno carsico del Monte Pisano, in “Rivista mensile del C.A.I.”, 7-8 (1959), pp. 1-7. Giannotti R., Per la valorizzazione della Grotta del Monticello, in “Bollettino C.A.I.”, 46, 79 (1967), pp. 131-137. Giannotti R., Descrizione e rilievo di alcune grotte del Monte Pisano, in “Rassegna Speleologica Italiana”, 20, 1 (1968), pp. 41-51. Giannotti R., Osservazioni meteorologiche in alcune grotte pisane, Atti del X° Congresso Nazionale di Speleologia (Roma, 27-30 Settembre 1968), 1968, pp. 228-246. Giannotti R., Difesa del paesaggio carsico dei Monti Pisani - Per una valorizzazione dei Monti Pisani, Atti della Tavola Rotonda promossa dal Lions Club di Pisa (17 Maggio 1975), Pacini Ed. 1976, pp. 189-193. Giannotti R., Nozze di diamante con la Speleologia, in “Notiziario Sezione C.A.I. di Pisa”, 3/4 (1986). Giannotti R., Rassegna della bibliografia protostorica della speleologia toscana, Simposio Internazionale sulla protostoria della speleologia, (Città di Castello, 13-15 Settembre 1991), 1991 pp. 153-169.

Sempre nella biblioteca del Gruppo si possono trovare poi altri articoli pubblicati in riviste speleologiche o scientifiche e che sono: – Bianucci G.P., La cavernetta del tasso, Atti del II° Congresso della Federazione Speleologica Toscana, (Pietrasanta, 21 Gennaio 1973), 1974, pp. 80-82. – Bianucci G.P., Ricerche speleologiche alla Buca dei ladri (Asciano - Pisa), in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, Memorie, Serie A, 87 (1980), pp. 261-274.

– Club Alpino Italiano sez. di Pisa, 1926-1963, 37 anni di vita sezionale, C.A.I. sez. di Pisa, 1963. – Marchi R. (Gruppo Speleologico C.A.I. Pisa), …Ed in fondo la luce, in “Talp, Rivista della Federazione Speleologica Toscana”, 27 (2003), pp. 22-27. – Matteoli S. (S.C.T. Pontedera), Buca della cava di Uliveto T. (Vavavuma!!), in “Talp, Rivista della Federazione Speleologica Toscana”, 3 (1991), pp. 42-44. – Palla B., Su un particolare collegamento plano-altimetrico esterno-interno nel rilievo della grotta del “leone” in Asciano Pisano, Università di Pisa, Facoltà di Ingegneria, Istituto di Geodesia e Topografia, pubblicazione n. 64, 1971. – Regnoli R., La Buca dei Ladri, in “Sottoterra”, 10, 28 (1971), pp. 24-27. – Ricucci M., I chirotteri della provincia di Pisa, in “Atti della Società Toscana di Scienze Naturali”, serie B, LXXIII (1966), pp. 3-16. – Ricucci M., Grotte del territorio Pisano, in Atti del I° Congresso della Federazione Speleologica Toscana, (Pietrasanta, 16 Novembre 1969), 1971, pp. 45-53. – Ry C., Una mostra speleologica a Pisa, in “Le Grotte d’Italia”, 11, 1 (1933), pp. 1-4. – Triss, La scoperta di due grotte meravigliose, in “L’Italia industriale”, I, 2 (1927), p. 9. – Verole V., 4 giorni nelle gotta delle fate di S. Giuliano, Lecce, La Zagaglia, 1962, pp. 97-98. – Verole V., Esplorazioni del Gruppo Speleologico Lucchese, in “La Provincia di Lucca”, 2, 4 (1962), pp. 17-37. Inoltre sono a disposizione di chi volesse consultarli, i vari lavori effettuati dal Gruppo nell’ambito delle collaborazioni con le Amministrazioni locali e che sono: – 1995 – Censimento e rilievo delle aree carsiche dell’area collinare del Comune di Vecchiano – Proposta per la realizzazione di itinerari naturalistici. – 1996 – Censimento e rilievo delle aree carsiche della fascia dei Monti Pisani ricedente nel Comune di San Giuliano Terme – Proposta per la realizzazione di itinerari naturalistici. – 1996 – Realizzazione della Carta della vulnerabilità intrinseca dell’area collinare di Vecchiano. – 1997 – Censimento e rilievo delle aree carsiche della fascia dei Monti Pisani ricadente nei Comuni di Calci e Vicopisano – Proposta per la realizzazione di itinerari naturalistici. – 1998 – Progetto per la messa in sicurezza di alcune cavità nel territorio comunale di San Giuliano Terme. – 1998 – Studio e monitoraggio della Grotta del Monticello (San Giuliano Terme, Pisa). – 2004 – Itinerari carsici sui Monti Pisani e d’Oltreserchio – Carta topografica. Per avere notizie ed informazioni utili per poter visitare il Monte Pisano e i suoi dintorni o per un approfondimento sulle varie tematiche di questi luoghi, si può consultare il sito www.montipisani. it, oppure i siti dei comuni di Vecchiano: www.comune.pisa.it/doc/vecchiano, San Giuliano Terme: www.comune.sangiulianoterme.pisa.it, Calci: www.comune.calci.pi.it, Vicopisano: www.comune. vicopisano.pi.it/inizio.php e lo stesso comune di Pisa: www.comune.pisa.it Per un approfondimento sulla Speleologia in Cavità Artificiali, si può consultare; – Opera Ipogea, Memorie della Commissione Cavità Artificiali - Rivista quadrimestrale della Società Speleologica Italiana. Per chi invece volesse avvicinarsi di più al mondo ipogeo del Monte Pisano e non solo, può visitare il sito del Gruppo Speleologico C.A.I. di Pisa (www.speleopisa.it), dove troverà le informazioni sulle attività del gruppo incluse gite e corsi, per poter apprendere le conoscenze tecniche necessarie per andare in grotta con tranquillità e sicurezza.


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