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LE METAMORFOSI DI VILLA CORRER-DOLFIN

I - INTRODUZIONE

L’insieme di edifici costituenti il complesso architettonico di villa Correr-Dolfin è situato nella località di Rorai Piccolo di Porcia, vicino la città di Pordenone, nella regione del Friuli-Venezia Giulia. L’aggregato è incardinato attorno al corpo centrale del gruppo edilizio, una villa veneta costruita dalla nobile famiglia dei Correr di Santa Fosca nella seconda metà del XVII secolo. Ulteriori pertinenze arricchiscono l’organizzazione generale all’intorno, tra cui due barchesse laterali (ciascuna di epoca differente), una cappella votiva ed un giardino all’italiana del XVIII secolo – allestito all’interno dell’area principale. Fuori del perimetro residenziale, invece, un secondo e più ampio parco – con un piccolo specchio d’acqua ed un orto-frutteto (brolo) – è recintato da un continuo muro perimetrale in ciottoli. La conformazione generale del lotto e delle strutture dimostra di essere il risultato di una somma di parti eterogenee realizzate in diversi periodi storici. Il presente lavoro si concentra esclusivamente sull’analisi del corpo centrale dell’intero complesso: il palazzo principale costituente la villa veneta in sé – il pezzo più pregiato a cui tutti gli altri edifici fanno riferimento e senza il quale l’insieme architettonico perderebbe gran parte del proprio valore e significato. Gli studi esistenti descrivono una storia semplice e lineare per il blocco centrale della villa: esso sarebbe stato costruito in un’unica fase edilizia dai membri della famiglia Correr, allo scopo di sostituire la palazzina originaria e più modesta nella quale i membri del casato svolsero le prime operazioni di controllo dei loro possedimenti nel Friuli Occidentale (l’antica fabbrica, ancora oggi esistente, sarebbe l’edificio a nord della barchessa orientale). Secondo queste ricerche, la struttura originaria sarebbe stata alterata solo da un presunto incendio scoppiato nel corso del XVIII secolo, che distrusse l’antica copertura nel 1862 e ne impose la ricostruzione ancora oggi osservabile. Le precedenti indagini non hanno dunque individuato altri rimaneggiamenti sostanziali e tutte le restanti modifiche sono descritte in modo piuttosto vago e generico. La coerenza tra le parti della villa – data la sua monumentalità ed il suo linguaggio opulento – non sarebbe quindi messa in discussione e testimonierebbe bensì l’intervento di un solo esperto progettista, riconoscibile soltanto tra i più grandi nomi della storia dell’architettura barocca. La storiografia presume infatti che la nuova residenza fu commissionata ad un architetto – forse piuttosto importante – che potrebbe aver elaborato un progetto unitario sulla scia dei canoni dell’edilizia lagunare veneziana e delle sperimentazioni dell’architettura classica, soprattutto palladiana, rimodulata da più recenti innovazioni barocche. I nomi suggeriti da diversi studiosi variano così da Jacopo Sansovino (1486-1570) a Baldassarre Longhena (1598-1682), da Alessandro Tremignon (1635-1711) a Domenico Rossi (1657-1737), da Giuseppe Sardi (1680 ca.-1768 ca.) ad Antonio Gaspari (1660 ca.-1749 ca.), fino ad arrivare ad Andrea Tirali (1660 ca.-1737) e a Domenico Margutti (1659-1721).

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Iseppo Cuman, 1686, mappa allegata alla supplica presentata da Lorenzo Correr per l’utilizzo di alcuni specchi d’acqua di risorgiva come peschiere.

Archivio di Stato di Venezia, Provveditori sopra i Beni Inculti, disegni Treviso/Friuli, 442/30.b/1.

Francesco Pasiani, 1783, mappa dei possedimenti della famiglia Correr di Santa Fosca nel Friuli Occidentale, ubicazione sconosciuta.

Tutti questi maestri sono stati chiamati in causa sulla base di analisi tipologiche e somiglianze stilistiche che considerano l’edificio per come esso si presenta oggi; sulla base di queste attribuzioni anche la recente relazione del Comune di Porcia del 2017 ritiene l’ultimo progettista il più probabile autore della villa. Tuttavia, non esiste fonte documentaria che citi almeno uno degli architetti fin qui proposti. Diversi indizi contrastano con questa ricostruzione, a dimostrazione che la realtà dei fatti potrebbe essere più complicata e molto differente rispetto a quanto finora immaginato. Analizzando la villa in qualità di documento in sé, sembrerebbe che alcuni degli elementi costruttivi sarebbero stati organizzati in modo da nascondere il più possibile la storia edilizia del complesso architettonico. Ad un’osservazione più attenta, l’architettura e gli apparati decorativi interni della fabbrica di Porcia presentano alcune contraddizioni difficilmente rilevabili in un progetto unitario coerente: informazioni che, se incrociate con le poche rappresentazioni della documentazione cartacea a disposizione, dicono qualcosa di più rispetto a quanto già noto. Ai fini di una reale comprensione delle vicende edilizie del palazzo di Rorai Piccolo, dunque, la cospicua documentazione relativa alle attività dei Correr di Santa Fosca nel Friuli Occidentale può essere ridotta soltanto alle testimonianze strettamente necessarie; di tutte le fonti archivistiche finora trovate, infatti, solo cinque forniscono informazioni sul corpo centrale della villa e solamente un paio si offrono alla lettura analitica, dato che raffigurano l’edificio in due precise rappresentazioni:

- La raffigurazione dell’abitazione nel 1686 (nella mappa del perito Iseppo Cuman).

-Il prospetto dell’architettura nel 1783 (nella mappa del perito Francesco Pasiani).

Questi due antichi disegni della nobile residenza descrivono infatti una composizione diversa per ciascuna epoca storica, che non corrisponderebbe in alcun caso a quella osservabile ai nostri giorni: si può ad esempio notare che alla fine del XVIII secolo l’edificio non avesse ancora i portali monumentali di accesso e non presentasse alcun podio balaustrato sul quale oggi sono posate le statue delle divinità classiche a celebrazione della famiglia Correr. Alla fine del XVII secolo, invece, nessun balcone dovette ornare la facciata meridionale. Si potrebbe anche arricchire l’analisi integrando queste informazioni con l’osservazione diretta dell’edificio, constatando che gli affreschi sopra il doppio ingresso dello scalone al piano nobile sono stati coperti dall’addossamento della struttura lapidea del portale monumentale: tali semplici testimonianze confermerebbero come anche i portali interni – forse della stessa epoca di quelli esterni – siano più recenti rispetto alle decorazioni dei saloni principali. La datazione delle pitture è fortunatamente nota, dato che esse furono fatte nell’ultimo quarto del XVII secolo (non prima del 1676) dalla stessa bottega di artisti che decorò un’altra architettura non lontana dal territorio friulano: la villa Lantieri Belvedere a Zemono, in Slovenia, tra il 1683 ed il 1689. Se l’aspetto originario del palazzo era dunque sensibilmente diverso da quello attuale, tutte le analisi storiche fin qui effettuate necessitano di ulteriori approfondimenti, mentre le comparazioni stilistiche finora suggerite (basate invece sull’apparenza odierna) perdono di significato. Di conseguenza, anche le proposte per il nome dell’architetto non hanno più alcun valore. Si rende quindi necessario un riesame che indaghi a fondo il rapporto tra architettura e decorazione, in grado di spiegare la ragione dei cambiamenti occorsi alle strutture esistenti e di gettare luce su tutti gli aspetti ancora oscuri riguardanti le fasi costruttive della villa. Con questi propositi, il presente lavoro cerca di fare maggiore chiarezza attraverso un’analisi rigorosa, in attesa che ulteriori indagini scientifiche possano aggiungere dati preziosi al quadro indiziario.

Villa Correr Dolfin, ortofoto del fronte settentrionale

Villa Correr Dolfin, ortofoto del fronte meridionale

Villa Correr Dolfin, ortofoto del fronte occidentale

Villa Correr Dolfin, ortofoto del fronte orientale

II - QUADRO DOCUMENTARIO DELLA RICERCA

II.I - Le fonti disponibili

L’attività della famiglia veneziana dei Correr di Santa Fosca in Friuli durò circa tre secoli: dal 1638 – anno in cui il nobile Giovanni di Francesco (1586-1644) ottenne l’investitura sulle acque della Brentella (un canale artificiale derivato dal corso del torrente Cellina) – fino al 1873 – anno in cui Giovanni di Pietro vendette al commerciante di legname Domenico Zatti le proprietà lungo l’alveo del Cellina, il canale della Brentella stesso ed i relativi diritti di fluitazione del legname. Nonostante la documentazione degli affari della famiglia Correr nel Friuli Occidentale sia cospicua in quest’arco di tempo, le testimonianze strettamente riguardanti la villa di Rorai Piccolo sono invece poche e contengono informazioni limitate sulle consistenze dell’architettura in generale e del corpo centrale in particolare. Tutte le fonti storiche finora conosciute, individuabili nella bibliografia esistente, sono state riorganizzate nell’elenco della tabella riportata in appendice nell'edizione integrale. Da questa lista sono stati poi estrapolati solo i dati inerenti alla villa, trascurando le informazioni generali sulla famiglia Correr e sulle loro operazioni economiche nei territori friulani. Dato che il quadro storico è già stato ampiamente indagato nelle ricerche precedenti, la restante parte documentaria che non è strettamente rilevante nell’analisi architettonica della fabbrica può essere pertanto accantonata in questa sede.

II.II - Sunto storico

Riassumendo al minimo quanto finora noto della storia della villa, si può affermare che Giovanni Correr (1586-1644), figlio di Francesco (1553-1632) – nell’avviare le sue attività friulane sulla fluitazione, trasporto e vendita del legname dal Friuli – acquistò circa un ettaro di terreno incolto nei pressi della località Musile a Rorai Piccolo nel 1638. Anche i suoi figli Lorenzo (1627-1709), Antonio (1622-1676) e Marcantonio (1618-1685) dichiararono di possedere circa un ettaro in una località non meglio precisata del Friuli nel 1661; vista l’estensione di tali terreni, essi potrebbero essere gli stessi comperati dal padre ventitré anni prima. Per la scarsità delle informazioni non è però possibile affermare con certezza se fu proprio su questi appezzamenti che venne successivamente edificata la residenza domenicale della famiglia di Santa Fosca. Dopo la morte di Antonio Correr nel 1676, si ha testimonianza che il fratello Lorenzo fece stipulare i contratti delle attività friulane della famiglia almeno dal 1682, dato che i suoi curatori firmarono svariati documenti nel palazzo di Rorai Piccolo: segno che forse la villa fu già costruita ed operativa a tale data. L’anno successivo, nel 1683, Lorenzo acquistò una corte con casa da coppi di paglia, con orto e brolo a Rorai Piccolo, e pagò 25 ducati affinché un sacerdote officiasse nella chiesa fabbricata di recente nelle pertinenze della villa e dedicata a Sant’Antonio da Padova. Non è invece noto dove fossero collocati con precisione sia l’orto che il brolo in questione, né se essi fossero quelle pertinenze esterne al complesso edilizio inserite nella supplica presentata ai Beni Inculti di Venezia nel 1686. A questa supplica, conservata presso l’Archivio di Stato di Venezia, venne allegata la mappa in cui la villa è illustrata per la prima volta. Undici anni dopo – nel 1697 – il palazzo, la barchessa ed il brolo furono terminati. Tra le due barchesse esistenti, è probabile che quella in oggetto fosse l’edificio orientale – già esistente al 1686 – dato che quello occidentale sarebbe di più recente costruzione – come indicato dal concio di chiave sull’arcone della facciata di testa a nord che riporta l’anno 1785. Al 1712 la casa domenicale nella villa di Rorai contava circa 2 ettari e mezzo e forse – ma non è chiaro – un brolo, due peschiere, stradoni, piantagioni ed altri ornamenti. Gli arredi interni della villa vennero descritti nel 1715, dopo la morte di Lorenzo Correr. Analoga documentazione venne rifatta nel 1750 e nel 1768, quando si effettuarono altri due inventari che descrissero una villa cambiata nell’arredo e nel livello complessivo di abbandono. Pertanto, stringendo ulteriormente il campo d’indagine, solo cinque documenti sono davvero utili per un’analisi delle fasi costruttive della villa:

- La mappa di Iseppo Cuman del 1686.

- I tre inventari testamentari del 1715, del 1750 e del 1768.

- La mappa di Francesco Pasiani del 1783.

III - LE FASI EDILIZIE DELLA VILLA

III.I - Identificazione dei periodi storici

L’attuale aspetto della Villa Correr-Dolfin a Rorai Piccolo di Porcia non corrisponde a quello che doveva essere all’epoca della sua fondazione originaria. Qualsiasi tipo di lettura tipologica che consideri il corpo centrale come un manufatto eretto in un’unica fase costruttiva, sulla base di un progetto coerente ed unitario, risulta essere fuorviante. La villa è stata pesantemente rimaneggiata nel corso tempo con significative alterazioni delle caratteristiche peculiari. La storiografia suggerisce alcune di queste modifiche, ma la successione delle fasi edilizie, sia di costruzione che di demolizione, non si presenta sufficientemente chiara per poter essere esaustiva e convincente. L’analisi degli apparati decorativi, già oggetto di studi precedenti, si rivela quindi cruciale nel comprendere le relazioni tra i cambiamenti della struttura architettonica interna ed esterna. Secondo la documentazione circoscritta, possono identificarsi cinque periodi totali, all’interno dei quali sarebbero avvenute le diverse fasi costruttive. Tali periodi vengono quindi ricostruiti a ritroso per procedura analitica:

- Fase edilizia E, post 1945

- Fase edilizia D, 1862-1945

- Fase edilizia C, 1783-1848

- Fase edilizia B, 1686-1783

- Fase edilizia A, pre1686

Di seguito si descrivono i cambiamenti occorsi alla struttura architettonica, circostanziando l’analisi con le prove registrate sulle membrature stesse dell’edificio.

III.II – Fase edilizia E, post 1945

Gli ultimi cambiamenti apportati alla villa sembrerebbero essere minimi e sarebbero testimoniati solo per i fronti esterni meridionale e orientale, grazie ad una foto d’epoca risalente agli anni Sessanta del Novecento e attualmente conservata presso la fototeca dei Musei Civici di Udine. Questa testimonianza permette il confronto con lo stato di fatto attuale. Le principali modifiche risalgono ai fori di ventilazione del sottotetto – sopra le finestre del piano nobile appena sotto il cornicione – che si presentano aperti nella fotografia ma risultano essere chiusi con malta cementizia secondo l’attuale stato di fatto. Sul fronte meridionale, coppie di fori sono poste in corrispondenza delle finestre laterali, mentre un gruppo di quattro bucature si assesta in linea con il portale della trifora centrale. Su quello orientale, invece, due coppie di fori sono poste ai due lati dell’asse della finestra sud-orientale, mentre una terza coppia è posizionata tra l’asse della finestra laterale menzionata e quello della bifora centrale. Dopo questa foto sono stati anche inseriti i supporti dei gocciolatoi – ancorati alla muratura mediante rottura della superficie intonacata e risanata successivamente con inserti cementizi – che hanno in seguito causato un percolamento marcato di ossidi metallici sullo strato esterno orientale. Si riscontrano inoltre dei supporti per piantagioni ancorati alla parete orientale, che in epoca successiva sono stati rimossi. I fori di ancoraggio sul muro sembrerebbero esser stati risarciti con malta cementizia ancora oggi visibile.

Villa Correr Dolfin, angolo sud-orientale del corpo centrale del complesso, 17 Dicembre 2007

Villa Correr Dolfin, angolo sud-orientale del corpo centrale del complesso - Anni Sessanta del Novecento

Fototeca Musei Civici di Udine

Durante la Seconda Guerra Mondiale la villa divenne presidio del comando tedesco nazista. Due furono i tentativi di presa da parte degli antifascisti, di cui si ricorda il primo del 30 Aprile 1945 in cui morì il partigiano Guido Parisotto della “Brigata Veneziano”, ucciso da un cecchino. Non è noto quali e quante furono le alterazioni arrecate alla villa, ma forse a questo periodo possono essere ricondotti gli impianti di elettrificazione, di cui sono ancora visibili i cavi e le lampade in alcune delle stanze (come, ad esempio, nella parete orientale della sala di sud-ovest al pianterreno). A questa fase potrebbero essere anche ricondotti dei monconi di travi in legno tuttora osservabili nelle camere del piano nobile – inserite nella muratura per scasso e risarcimento cementizio – che forse funsero da supporto per delle mensole oggi non più in opera. Un indizio in tal senso viene fornito da monconi molto simili tutt’ora visibili nei sottoscala al pianterreno della scala di servizio, accessibili sia dal corridoio di collegamento delle sale orientali, sia dalla porta laterale della sala di nord-est. In questi ambienti risulta evidente che gli inserti di legno nelle murature avevano la funzione di supporto per scaffalature oggi non più in opera. Non si conosce inoltre il periodo esatto in cui furono effettuati gli atti vandalici sulla villa: tuttavia, si presume che le svariate scritte a graffite nei diversi locali e lo sfregio nella parete settentrionale della sala di nord-est al primo piano (teschio con tibie incrociate) siano piuttosto recenti. Il teschio con tibie incrociate che sfigura gli affreschi di quest’ultimo ambiente – evidente simbolo di morte, nonché possibile richiamo al macabro Totenkopf delle Schutzstaffel naziste – è pure reiterato nella parete laterale della scala di servizio al piano terra – probabilmente dalla mano dello stesso vandalo che si introdusse all’interno della villa.

III.III – Fase edilizia D, 1862-1945

Villa Correr Dolfin, modello tridimensionale dello stato attuale della villa, assonometria generale del corpo centrale del complesso con vista dall'angolo di sud-est.

È già stato dimostrato che il tetto attualmente visibile non corrisponderebbe a quello un tempo in opera, in quanto sarebbe frutto di una più recente ricostruzione che avrebbe alterato i rapporti di proporzione del volume totale dell’edificio, conferendo una struttura prevalentemente cubica all’intero corpo architettonico. Si presume che la muratura originaria del perimetro della villa terminasse in elevazione con l’attuale cornicione, da cui sarebbero partite le vecchie falde: l’antico livello della copertura è ancora visibile nei locali della soffitta grazie al cambiamento del materiale da costruzione sui muri portanti, a testimonianza di una aggiunta successiva per la rifabbrica del tetto. La storiografia riconoscerebbe in un possibile incendio la principale causa di tale modifica edilizia; tuttavia, non esisterebbero testimonianze inconfutabili sul rogo e sull’eventuale data in cui questo sarebbe avvenuto. Si ipotizza che esso possa essere scoppiato nel 1862, grazie ad una iscrizione a mano ritrovata nel sottotetto dal prof. Moreno Baccichet, che ne ricorderebbe il giorno esatto. La frase sembra essere tuttavia riportata in modo incompleto, dato che prosegue con altre parole tutt’ora non leggibili. Non si può nemmeno affermare con certezza che tale iscrizione si riferisca alla villa stessa, dato che potrebbe trattarsi di un testo estrapolato da altri contesti avulsi dal luogo in cui è stato steso. Non si tratta, infatti, dell’unico graffito presente sulle pareti della villa in generale e del sottotetto in particolare: molte altre frasi e disegni sono riportati sulle membrature del corpo centrale del complesso e delle pertinenze limitrofe. Si vedano ad esempio i brani riportati sul prospetto meridionale della sala di sud-ovest al pianterreno; i calcoli di derrate alimentari sui muri del corridoio di collegamento delle sale orientali sempre al piano terra;

Villa Correr Dolfin, angolo sud-occidentale del salone centrale del sottotetto, scritta collegata al possibile incendio dell'antica copertura della villa.

Villa Correr Dolfin, dettaglio del fusto di una delle colonne della barchessa est, con evidenziato uno schizzo di studio per delle rampe di scale.

Villa Correr Dolfin, dettaglio della parete esterna della barchessa est con evidenziato uno schizzo di studio per le modanature di alcuni elementi architettonici.

gli ampi schizzi architettonici tutt’ora visibili sulle colonne e sulla parete della barchessa est, alcuni dei quali parzialmente cancellati dopo l’ultimo recente intervento di restauro. Se tali segni avessero davvero un valore storico rilevante, allora sarebbe necessario censirli tutti ed analizzarli in dettaglio – vagliandone la pertinenza e l’importanza ai fini di una ricostruzione il più documentata possibile del complesso. Solo in tal modo sarebbe possibile capire quali testimonianze mantenere e quali escludere dalla loro conservazione. Tuttavia, anche se nessun altro documento è giunto fino ad oggi per confermare l’attestazione epigrafica relativa all’incendio del sottotetto, essa può essere comunque considerata come un elemento indiziario. In ogni caso non sarebbero note le cause del rogo, che potrebbero essere di origine naturale – come, ad esempio, un fulmine – o di origine antropica – dolosa o accidentale. A supporto di quest’ultima ipotesi è interessante notare come i caminetti della villa – ad esclusione di quello nella sala di sud-est al pianterreno – siano stati murati ed alcuni addirittura smantellati, come quello della sala nordorientale al pianterreno. Che i caminetti fossero stati usati anche in tempi recenti sembrerebbe confermato dalle colature di cresoto dal focolare murato della sala sudorientale al piano primo: tale sostanza, simile al catrame liquido, sarebbe data dall’unione della fuliggine con l’umidità da condensa (anche per uso di legna umida) ed è un prodotto che nel tempo si asciuga, diventando a sua volta infiammabile. Il deposito eccessivo di fuliggine e cresoto, oltre a ridurre il lume ed il tiraggio della canna fumaria, può essere la sorgente primaria di possibili incendi che dai fumaioli si propagano alle strutture lignee dei solai.

Villa Correr Dolfin, parete meridionale della sala di sud-est al piano nobile. Si possono osservare la chiusura del caminetto, l’apertura di fori per l'inserimento di canne fumarie di stufe a legna, le colature di cresoto e gli annerimenti sulle superfici degli affreschi.

La chiusura dei focolari rende dunque evidente la volontà di non volerli più utilizzare, al punto tale da impedire a chiunque di potervi accendere fiamme libere – segno che, se un incendio fosse davvero divampato secondo tali condizioni, si sarebbe generato dall’ostruzione di uno dei vecchi camini. Se così fosse si potrebbero trovare ancora tracce del rogo originario nelle murature più antiche vicine al tetto, in prossimità di uno dei quattro comignoli. Nelle porzioni più alte delle facciate esterne si possono infatti osservare diverse aree di intonaco a base cementizia, stese sopra lo strato di marmorino della fase costruttiva più antica. Questo ulteriore spessore coprirebbe ampie superfici soprattutto nei fronti meridionale, occidentale ed orientale. Nel primo caso, tali zone si distribuirebbero su tutta la fascia sopra le finestre del piano nobile, fino a scendere sotto il marcapiano tra piano primo e pianterreno – nelle pareti dove internamente sono allocati i caminetti. Nel secondo caso, i rifacimenti di intonaco si riscontrerebbero nella medesima fascia superiore, ma senza arrivare all’angolo con il fronte settentrionale. Anche in questa circostanza, le aggiunte si collocherebbero in prossimità delle porzioni murarie corrispondenti ai caminetti, ma in modo ridotto, e nelle zone di risarcimento di preesistenti crepe delle pareti. Nel terzo caso, le stesure partirebbero dall’angolo settentrionale e giungerebbero fino al pianterreno. L’insieme di tutte queste caratteristiche dimostrerebbe così che l’area meridionale del tetto della villa potrebbe esser stata maggiormente esposta al fuoco, indicando la zona in cui l’incendio sarebbe iniziato. Ulteriori indagini sulle membrature potranno far luce su questo episodio e confermare o smentire tale ipotesi. La costruzione della nuova copertura dopo il 1862 fu diversa rispetto all’assetto originale. Tale ipotesi sarebbe dimostrata da un confronto tra lo stato di fatto odierno e quello descritto dal disegno della mappa Pasiani. Il vecchio tetto presentava un abbaino centrale, collocato direttamente sopra il cordolo di sommità. Tale belvedere, presumibilmente distrutto dall’incendio, si sarebbe trovato in posizione ben più ribassata rispetto al lucernario attuale. Quest’ultimo è posto sulle nuove falde, sopra il piano attico di rialzo, ed avrebbe dimensioni più modeste. Inoltre, sarebbero andate perdute anche le volute delle cimase di rinfianco, ai cui lati si ergevano i vecchi comignoli con spioventi – diversi quindi da quelli attuali. Alla luce di tutte queste analisi, non si può pertanto ritenere legittima una lettura degli inventari documentari del 1768, del 1750 e del 1715 sulla base dell’attuale planimetria del sottotetto. Tale operazione si sarebbe dovuta compiere sul confronto con la pianta della struttura originaria, che tuttavia resta, se non ignota, quantomeno indeterminata. La modifica della copertura fu pertanto sostanziale, come dimostrato dalle tracce murarie ancora visibili: ad esempio, il numero di porte di accesso alle sale angolari del sottotetto, insieme alla loro collocazione originariamente centrale alle pareti, sarebbe sensibilmente diversa da quella attuale. Si presume inoltre che una nuova scala sia stata posta in opera per raggiungere gli ambienti della soffitta: ciò è testimoniato dalle rampe orientali che oggi si sviluppano dalle porte centrali del piano nobile, con il nuovo pianerottolo intermedio che si colloca in maniera ribassata rispetto all’altezza delle finestre esistenti (in una collocazione di evidente compromesso con i dettami di una logica compositiva precedente). L’ipotesi di una diversa struttura originaria dei gradini, invece, chiarirebbe le incongruenze compositive e potrebbe anche gettare luce sulla necessità funzionale degli abbaini del tetto, giustificabili per ottenere la sufficiente altezza sul pianerottolo d’arrivo in sommità (si veda una possibile ricostruzione tridimensionale qui proposta).

Villa Correr Dolfin, sezione prospettica dello stato di fatto eseguita sugli scaloni di collegamento verticale. Si osservi il pianerottolo intermedio della scala orientale, che si colloca a metà dell’altezza delle finestre, occludendone in parte le aperture.

Villa Correr Dolfin, sezione prospettica dell’ipotesi ricostruttiva delle scale originarie. In trasparenza si possono notare gli sviluppi delle possibili rampe di marcia, studiate sulle altezze minime rispettabili e su una plausibile disposizione delle antiche finestre

È dunque necessaria ed urgente una rilettura degli inventari testamentari originari per come essi furono redatti, non per come sono stati riordinati e pubblicati a posteriori nella storiografia recente. La vecchia distribuzione delle rampe di marcia resta pertanto indefinita. Nel rifacimento del tetto, si presume che i nuovi comignoli siano stati rifatti e sopraelevati – segno che rimase comunque l’intenzione di adoperarli. In effetti essi tornarono in uso in epoca piuttosto recente, come confermato dai fori circolari effettuati nella muratura affrescata: il riscaldamento delle sale dovette essere affidato all’uso di stufe a legna, a combustione controllata, dotate forse di tubi metallici per lo scarico dei fumi, inserite dentro il vuoto dei condotti esistenti. In corrispondenza delle canne fumarie, quasi tutti gli affreschi delle sale angolari presentano delle perforazioni nelle pareti perimetrali – con alcune di queste cementate e chiuse da poco con l’uso di malte cementizie. Le stufe seguirono la chiusura dei focolari, altrimenti la canna si sarebbe potuta inserire dal focolare senza danneggiare gli affreschi (sembrerebbe anche che nessuna di esse venne mai menzionata negli inventari Settecenteschi della villa). Questi tamponamenti potrebbero anche testimoniare un cattivo tiraggio dei camini, con il fumo che altrimenti si sarebbe propagato negli ambienti delle camere. La combustione per il riscaldamento della villa dovette così avvenire in maniera più controllata e forse efficace, ma non per questo più sicura: una stufetta ancora superstite nella sala sudorientale al pianterreno, fotografata durante i sopralluoghi alla villa effettuati nel Gennaio del 2008, dimostra il rischio di incendio delle strutture lignee con gli annerimenti delle travature del solaio e delle murature.

Villa Correr Dolfin, parete meridionale della di sud-est al piano terra. Si possono osservare la canna fumaria della stufa a legna inserita nel vuoto del camino dentro la muratura e gli annerimenti sulle pareti e sulle travi del solaio.

Villa Correr Dolfin, parete meridionale della di sud-est al piano terra. Particolare della stufetta a legna ancora in opera durante i rilievi effettuati nel gennaio 2008.

La caldaietta a legna in questione non fu la prima ad esser installata in quella stanza, almeno a giudicare dai precedenti fori chiusi con malta cementizia già presenti. Essa sarebbe anche responsabile dell’incremento delle colature prima accennate e degli annerimenti sulle decorazioni nella sala soprastante – testimonianza anche di fessurazioni della muratura delle canne e del conseguente passaggio dei fumi negli ambienti della villa. Queste situazioni, che incrementavano un rischio di intossicamento, unite alle conseguenti dismissioni dei bruciatori di tutti gli altri ambienti, giustificherebbero quindi il recente parziale disuso del palazzo, specie delle camere superiori. I diffusi percolamenti visibili sulle pareti affrescate, che in diversi punti hanno asportato le rifiniture dipinte a secco sopra gli intonaci, dimostrano in maniera inconfutabile che il tetto della villa ebbe seri problemi di tenuta all’acqua. Non è noto se l’edificio rimase addirittura senza tetto, né per quanto tempo tale situazione si protrasse prima dell’intervento di ripristino. Lo scolo delle acque dall’interno delle sale rimase da allora un serio problema per la capacità dell’intero sistema strutturale, soprattutto per le travature lignee dei solai. Quest’ultime, infatti, dovevano un tempo essere decorate – come intuibile dalle poche tracce di pitture rimaste e non asportate dagli agenti degradanti. Anche il cattivo stato di conservazione del tavolato ligneo, danneggiato in diversi punti dall’umidità, confermerebbe un’esposizione all’acqua che può essere giustificata da periodici allagamenti del livello superiore. Gli elevati gradi di umidità raggiunti resero necessari quei fori tutt’ora visibili sulle pareti del piano nobile a livello del pavimento, per garantire sia una ventilazione continua, sia un sistema di scolo efficace. Alcuni di questi fori sembrano esser stati chiusi di recente con tavelle laterizie successivamente intonacate. Il ristagno prolungato di acqua piovana – forse acidificata dai residui delle granaglie depositate nel sottotetto – e l’alternanza dei cicli di gelo e disgelo furono con buona probabilità i responsabili del diffuso degrado delle pavimentazioni in terrazzo alla veneziana. Ampie tracce di questi dilavamenti sono localizzate sia al primo piano che al piano terra, lungo le pareti perimetrali esterne ed in corrispondenza delle finestre – a dimostrazione di un ristagno d’acqua piovana al piano superiore. L’indebolimento delle strutture dei solai e la preoccupazione per tale stato di dissesto sono infine testimoniati dalle sostituzioni di alcuni elementi strutturali e dall’aggiunta di travi rompi-tratta a supporto di quelle esistenti nelle diverse stanze. Alcuni di questi rinforzi, addossati alle pareti perimetrali, sono sorretti da mensole lapidee inserite tramite scasso della muratura – i cui risarcimenti ed intonacature sono ancora visibili sopra lo strato di affreschi, ad esempio nelle pareti est ed ovest delle sale orientali e occidentali. Le finestre del piano nobile subirono notevoli rimaneggiamenti: la volta semicircolare di ciascuna apertura fu chiusa con mattoni e stuccata internamente per permettervi l’inserimento di infissi lignei squadrati (si veda la Fase edilizia B, 1686-1783). Esternamente gli oscuranti in legno furono adattati alle nuove aperture, con la parte superiore dell’emiciclo fissata davanti la nuova tamponatura: essi sarebbero dunque piuttosto recenti sebbene fortemente degradati. L’analisi del tipo di mattone impiegato per queste chiusure – dimensione, colore e composizione – potrebbe rivelare sia il periodo di realizzazione di queste modifiche, sia la fornace dalla quale essi provenivano. Le finestre laterali delle trifore del salone centrale, prima parzialmente tamponate, furono poi definitivamente chiuse; su questi tamponamenti furono aperti i fori di ventilazione prima descritti. Ciò è intuibile dalla differente composizione degli intonaci e dalla sovrapposizione di quello recente sullo strato più antico ancora visibile nella porzione superiore. Si presume che alcune di queste tamponature, evidentemente mal apparecchiate, non ressero il proprio peso e franarono all’interno delle stanze, spaccando l’intonacatura ricevuta e trascinando con sé anche parte del più antico supporto degli affreschi – come osservabile nella finestra orientale della sala di nord-ovest al primo piano. Ulteriori analisi di dettaglio del bordo di rottura di tali superfici potrebbero fare luce sulla corretta sequenza di queste azioni.

III.IV – Fase edilizia C, 1783-1848

Villa Correr Dolfin, ricostruzione digitale dell'assetto del corpo centrale della fabbrica tra il 1850 - anno del matrimonio tra le famiglie Correr e Dolfin - ed il 1862 - anno dell'incendio del sottotetto. Assonometria generale con vista dall'angolo di sud-est.

I termini temporali per datare questa fase edilizia vengono stabiliti dalla mappa Pasiani del 1783 e dal matrimonio tra le famiglie Correr e Dolfin nel 1848, anno in cui la villa passò di mano ai nuovi proprietari. Il primo termine stabilisce la fine del periodo entro il quale vennero effettuate le modifiche che portarono all’aspetto raffigurato nella mappa Settecentesca (terminus post quem). Il secondo, invece, indica la conclusione della fase costruttiva qui in oggetto, dato che – come si vedrà di seguito – i cambiamenti della villa sarebbero stati effettuati dalla sola famiglia Correr (terminus ante quem). Prestando fede all’illustrazione della mappa Pasiani del 1783, si ritiene che a questa importante fase costruttiva si debba molto dell’attuale carattere classico della villa, in quanto le conformazioni delle finestre del primo piano, assieme ai portali di ingresso all’edificio rappresentati nel disegno, (e dello scalone principale, come di vedrà di seguito) non corrisponderebbero a quelle visibili nello stato di fatto odierno. Riguardo gli interventi esterni, al 1783 le finestre della villa non avrebbero avuto le specchiature di coronamento, né la chiave di volta scanalata e nemmeno l’attuale cornice orizzontale. Come illustrato nel disegno della mappa Pasiani, le aperture dovevano essere a tutto sesto con semplici profili di pietra. Anche il podio di accesso alla villa, con annesse balaustre e statue, non doveva essere presumibilmente in opera, dato che tutti questi elementi risultano assenti nel prospetto della mappa. Dunque, i due podi posti davanti gli ingressi della fabbrica – sia sul fronte meridionale che su quello settentrionale – sarebbero stati realizzati dopo il 1783.

Villa Correr Dolfin, rappresentazione del fronte meridionale presente nella mappa Pasiani del 1783.

Villa Correr Dolfin, foto del frontemeridionale del corpo centrale, 17 Dicembre 2007.

A dimostrazione di tale tesi, si osservino i dettagli delle loro balaustre con quelli delle colonnine delle balconate al piano nobile: le prime non presentano le medesime modanature, proporzioni e specchiature delle seconde. Le colonnine del pianterreno, di epoca più recente, sarebbero geometricamente ricavate per rivoluzione di un profilo attorno al proprio asse centrale e presentano un aspetto circolare. Quelle del piano nobile, invece, sono squadrate ed ottenute per estrusione secondo un percorso lineare chiuso. Ciò costituirebbe un indizio dell’incongruenza del loro accostamento, che non potrebbe essere giustificato da una sovrapposizione degli ordini architettonici.

Villa Correr Dolfin, particolare della colonnina e del dado del della balaustra al pianterreno.

Villa Correr Dolfin, particolare della colonnina e del dado della balaustra del loggiato al piano nobile.

Se si assumesse che il sistema al pianterreno si avvicini ad un lessico tuscanico-dorico o astratto – deducibile dalle basi e dai capitelli del portone centrale – non si spiegherebbe come mai le colonnine dell’ordine superiore non seguano una configurazione maggiormente adatta ad un ordine ionico. Se invece si riconoscesse che non sia presente alcuna sovrapposizione di ordini architettonici – dato che i portoni e le finestre adottano lo stesso linguaggio nei capitelli e nei conci di chiave – non si comprenderebbe allora la ragione per la quale il profilo delle colonnine delle balaustre sia tra loro differente. Tale incongruenza non sarebbe quindi molto logica per un’opera nata in un’unica fase costruttiva sulla base di un progetto unitario. Peraltro, si può osservare che la balaustra del podio di ingresso si arresta prima di toccare la muratura perimetrale della villa: altro indizio che farebbe supporre ad un addossamento successivo alla edificazione del corpo di fabbrica principale. Persino il portale meridionale di accesso alla villa, infine, si presentava differente al 1783: esso aveva in precedenza un semplice architrave orizzontale, in linea con quelli delle finestre del piano terra, assieme ad una intelaiatura che contraddistingueva gli stipiti. Questi elementi caratterizzavano dunque un accesso privo dell’odierno aspetto monumentale conferito dall’importante struttura lapidea successiva, evidentemente realizzata dopo la stesura della mappa Pasiani. La somiglianza stilistica tra le nuove finestre, i portali di ingresso e quelli dello scalone interno principale fa pensare che anche questi ultimi siano parte della medesima fase costruttiva. Ciò è dimostrato da almeno tre indizi.

- Il primo indizio è suggerito dalla cornice di pietra del doppio portale di accesso alle scale al primo piano, la quale si sovrappone agli affreschi in modo non coerente alla loro partitura. Una decorazione floreale dipinta sugli intonaci – forse rappresentante un cartouche fittizio – è ancora parzialmente visibile oltre la cornice di sommità. Tale iconografia si ripeterebbe nelle pitture sovra-porta della parete antistante, più in alto rispetto allo stemma della famiglia Correr; comparando i due motivi tra loro si può dedurre che il cartouche dal lato dei portali monumentali avrebbe fatto pendant con le altre figure ancora osservabili. Esso sarebbe stato quindi manomesso dallo scasso di inserimento dei blocchi lapidei, oltre che parzialmente coperto dal loro addossamento.

Villa Correr Dolfin, fotografia del doppio portale lapideo dello scalone di rappresentanza al piano nobile. Si notino i resti delle originarie decorazioni sovra-porta affrescati sulla parete occidentale del salone al piano nobile, su cui si sono successivamente addossati gli elementi architettonici in pietra.

Villa Correr Dolfin, fotografia del doppio portale di accesso alle scale del sottotetto nella parete orientale del salone centrale al piano nobile. Si osservino le decorazioni sovra-porta ed il cartouche decorativo danneggiato per caduta dello strato sottostante. Si suppone che una simile decorazione fosse stata realizzata anche per i sovra-porta dello scalone di rappresentanza, prima della sua risistemazione.

- Il secondo indizio può essere ricavato dall’analisi delle pareti dello scalone e delle volte del pianerottolo, che sono prive di decorazioni a fresco visibili: segno, dunque, che non solo il portale ma tutta la scala principale sarebbero stati oggetto di rifacimento tra il 1783 ed il 1848.

Villa Correr Dolfin, spaccato assonometrico dello scalone di rappresentanza del corpo centrale della fabbrica, relazione tra affreschi e strutture architettoniche interne.

Villa Correr Dolfin, spaccato assonometrico dello scalone di rappresentanza del corpo centrale della fabbrica, relazione tra affreschi e strutture architettoniche esterne.

Senza test diretti sulla villa finalizzati al restauro, non si può comunque escludere che esistano ancora le precedenti decorazioni pittoriche delle pareti laterali, nascoste sotto le scialbature successive. Se le imbotti furono rifatte ex novo non vi si dovrebbero trovare tracce di affreschi. Se, al contrario, queste ultime fossero state dipinte, non sussisterebbero molti dubbi su come esse sarebbero potute apparire: si faccia riferimento agli apparati decorativi dello scalone di Palazzo Lantieri a Vipacco, in Slovenia, dove sia la volta che le crociere e le pareti sono state fittamente dipinte dalla medesima bottega affrescante.

Palazzo Lantieri a Vipacco, fotografia delle pareti dello scalone di collegamento tra piano terra e piano nobile, 31 Marzo 2011,

Palazzo Lantieri a Vipacco, fotografia della volta a botte dello scalone di collegamento tra piano terra e piano nobile, 31 Marzo 2011.

- Il terzo indizio è infine deducibile dai portali di accesso alla villa, che sembra possano aver rotto la superficie dell’affresco per poter essere inseriti, come si spiegherà di seguito nella fase costruttiva in cui vennero realizzati gli intonaci dipinti (Fase B, 1686-1783).

Riguardo la nuova scala di rappresentanza, si può notare che il suo rifacimento ebbe effetti visibili all’esterno, sul prospetto occidentale della villa. La costruzione del pianerottolo intermedio avrebbe reso necessaria la riduzione delle finestre sottoscala al pianterreno, situate nel corridoio che collega le sale settentrionale e meridionale dell’ala ovest: diminuendone l’altezza si sarebbe fornito il punto di appoggio per le strutture di impalcato del ballatoio. Per avere un’illuminazione sufficiente del vano scale, si aprirono probabilmente le due finestre mediane, soprastanti quelle ridotte appena citate. Queste aperture, osservate dall’esterno, sono le uniche collocate nell’ampia porzione muraria tra il piano terra e il piano nobile. Esaminate dall’interno, invece, mostrano il davanzale quasi al livello del pavimento. La loro presenza – con il marcato disallineamento rispetto a tutti gli altri varchi del palazzo – non è testimoniata nella mappa Cuman del 1686, a dimostrazione che non si tratta di elementi del progetto di prima fondazione. L’altezza degli architravi di tali aperture non riuscì tuttavia a raggiungere la nuova fascia marcapiano – corrispondente al solaio del primo piano – benché si possa pensare che questa fosse la soluzione auspicata da chi riprogettò il blocco delle scale. Forse l’intenzione doveva essere quella di farle apparire coerenti e perfettamente integrate con la partitura esterna originaria e le aggiunte necessarie del nuovo progetto: la fascia marcapiano non comparirebbe infatti nella mappa Pasiani del 1783 e si suppone che sia stata inserita tramite scuci-cuci della muratura. Questo dettaglio mostrerebbe la principale difficoltà incontrata per la costruzione delle crociere al pianerottolo intermedio, che addirittura richiese la sopraelevazione del pavimento dell’andito al piano superiore: posizionando la crociera al livello più alto possibile si cercò di allungare al massimo le finestre sottostanti, verso le fasce marcapiano. Da qui la necessità di alzare solo il corridoio del piano nobile: ancora oggi si accede a questo passaggio salendo due gradini di differenza – il cui profilo modanato corrisponde a quello degli altri dello scalone principale. La soluzione adottata non dovette comunque essere priva di problemi: si noti ad esempio la transizione tra il corridoio di arrivo dello scalone ed il salone centrale, dove è tuttora visibile l’estradosso della volta sottostante al posto dei gradini di collegamento. Resta la domanda su come si passasse da questi ambienti: l’ipotesi più plausibile potrebbe essere la presenza di gradini lignei oggi rimossi – si vedano gli scassi ancora visibili negli stipiti d’ingresso – i quali nascondevano alla vista la struttura arcuata sottostante.

Villa Correr Dolfin, corridoio di collegamento al salone centrale al piano nobile. Si osservi l'estradosso della volta inferiore che supera il livello del pavimento.

Non è noto se la volta che dal pianterreno si collega col pianerottolo intermedio abbia dei rinfianchi di riempimento con materiali inerti, dato che questi si sarebbero potuti inserire soltanto con lo smontaggio del solaio del piano superiore. Di sicuro ne è priva la seconda volta che dal pianerottolo intermedio giunge al portale lapideo al piano nobile, poiché la sua struttura è facilmente ispezionabile da una delle due soglie del corridoio rialzato sopra le crociere. Questa porta, che conduce alla vista dell’estradosso della struttura voltata, costituisce un’incongruenza che non può essere il risultato di una progettazione unitaria coerente: infatti non avrebbe avuto senso realizzare un’entrata su un ambiente inutilizzabile, quasi del tutto occupato dall’imbotte delle scale sottostanti. L’incongruenza è quindi un indizio che dimostra come la copertura originaria dello scalone fosse diversa da quella odierna. In tal senso, le tracce superstiti sulle pareti laterali della sala occupata dall’imbotte forniscono un ulteriore indizio prezioso per affermare come un tempo sia esistita un’altra rampa di risalita: ancora oggi si possono osservare i profili di quei gradini che dovettero essere infissi nelle murature. Alcuni travicelli di legno tutt’ora in opera – di dimensione ridotta rispetto alle travi dei solai e forse posizionati sotto tali gradini – servirono forse da ancoraggio per dei listelli di legno su cui potrebbe esser stato steso l’intonaco per l’antico controsoffitto dello scalone, secondo una soluzione simile a quella visibile nel sottoscala occidentale al pianterreno.

Villa Correr Dolfin, volta della seconda rampa dello scalone di rappresentanza vista dal corriodio di collegamento al piano nobile, 17 Agosto 2021. Si possono osservare le tracce dei gradini di una più antica rampa di scale sulla muratura laterale, assieme al travetto di ancoraggio per le perline lignee su cui stendere l'intonaco del controsoffitto.

Villa Correr Dolfin, dettaglio delle perline lignee su cui è stato steso l'intonaco del controsoffitto (parzialmente caduto) del sottoscala dello scalone occidentale, 17 Agosto 2021.

In base a questa ricostruzione, dunque, dal piano primo si sarebbe potuto salire fino ad un livello ammezzato dietro l’attuale portale lapideo e forse (ma non è stato possibile rilevare altre tracce in ambienti non praticabili) da quest’ultimo poteva essere raggiunto perfino il sottotetto, a dimostrazione ulteriore di quanto l’antica soffitta fosse in realtà diversa da quella dallo stato attuale. Porte e affreschi del corridoio di collegamento al piano nobile sarebbero quindi preesistenti alla fase costruttiva in oggetto, ma sembrerebbero essere di fattura più recente rispetto quelli del ciclo teatrale principale e pertanto potrebbero essere ricondotti al periodo di cambiamenti che condussero alla configurazione della mappa Pasiani (Fase edilizia B, 1686-1783). Il fatto che i portali lapidei e lo scalone siano di pietra siano di epoca recente è provato anche da un’altra considerazione. Secondo l’attuale configurazione del doppio portale del piano nobile, l’ingresso meridionale (quello di sinistra, osservando dal salone), con il suo archivolto, avrebbe avuto un’altezza eccessiva che avrebbe reso visibile il mezzanino sopra il corridoio di collegamento. Per occultare tale vista, entrambi gli archi furono dotati di sovra-porta lignei, decorati in maniera simile a quelli dei portali di accesso alla villa: questi infissi sembrerebbero essere stati stoccati all’interno della sala di sud-est, come visibile nella foto del rilievo effettuato nel gennaio 2008.

Villa Correr Dolfin, sovra-porte del doppio portale dello scalone depositate nella sala di sud-est al pianterreno al 17 Gennaio 2008.

Villa Correr Dolfin, dettaglio del blasone della famiglia Correr intagliato al centro della sovra-porta del doppio portale dello scalone.

Tutte le piccole incongruenze finora analizzate sembrerebbero dimostrare che la scalinata, un tempo forse più modesta, sia stata trasformata in uno scalone di rappresentanza. Essa concorse, assieme alle altre modifiche dei portali di accesso alla villa e delle finestre, a conferire una maggiore pompa e maestosità all’intera architettura. Si ipotizza quindi che questa fase edilizia fosse stata approntata da un architetto che all’interno cercò di conferire monumentalità ai saloni principali. All’esterno, invece, tentò di mascherare il più possibile la sproporzione dovuta all’altezza del primo piano – ancora oggi percepibile nella muratura senza aperture tra le fasce marcapiano del pianterreno e del livello superiore. Inoltre, lo strato di marmorino finale, forse anch’esso di fattura ottocentesca, potrebbe aver nascosto tutte le tracce delle operazioni di rottura della muratura più interna, conferendo l’impressione di un edificio coerente – pianificato in un’unica azione costruttiva. Non sono noti gli anni esatti in cui si realizzarono tali modifiche, né documentazione alcuna sembrerebbe esser stata finora trovata. Tuttavia, è possibile stabilire il termine massimo oltre il quale si possono escludere ulteriori azioni costruttive. Dato che gli archivolti dei portali principali di accesso sono decorati da inferriate in ferro battuto, recanti lo stemma della famiglia Correr, si può dedurre che fu questo casato ad organizzare tutte le modifiche osservate e non i membri dei Dolfin, a cui la villa passò successivamente. Si potrebbe solo congetturare, ma senza alcuna fonte di supporto, che l’operazione fosse destinata ad una generale rivalutazione dell’immobile in vista di un matrimonio e della relativa preparazione dotale. Lo sposalizio potrebbe forse essere rintracciato in quello tra Elena Correr e Carlo Dolfin: la data del 1848 risulta quindi il termine ultimo entro il quale i Correr potrebbero essere intervenuti sull’architettura di Rorai.

Villa Correr Dolfin, dettaglio del sovra-porta del portale di accesso meridionale alla residenza, 17 Dicembre 2007.

III.V – Fase edilizia B, 1686-1783

Villa Correr Dolfin, ricostruzione dell'assetto del corpo centrale della fabbrica tra il 1783 - anno della realizzazione della mappa Pasiani - ed il 1848 - anno del matrimonio tra le famiglie Correr e Dolfin. Assonometria generale con vista dall'angolo di sud-est.

Questa fase edilizia è compresa tra i periodi in cui vennero realizzate le rappresentazioni della villa nella mappa di Iseppo Cuman del 1686 (terminus post quem) e della già citata mappa Pasiani del 1783 (terminus ante quem). Nel precedente periodo si è giunti a definire la configurazione Settecentesca della villa. In questo arco di tempo si studieranno invece le trasformazioni avvenute fino a descrivere l’aspetto tardo Seicentesco dell’architettura. In prima istanza si può notare come anche nella mappa Cuman non ci sia alcun riferimento al podio prospicente l’ingresso alla villa, a conferma di come questo non sia un elemento originario delle prime fasi di costruzione della fabbrica.

Villa Correr Dolfin, rappresentazione del corpo centrale del complesso nella mappa del perito Iseppo Cuma redatta nel 1686.

Entrambi i documenti sembrano però confermare la presenza del basamento bugnato che stacca il livello del pianterreno del palazzo dal piano di campagna. Nella mappa Cuman, tale basamento sembra essere abbozzato con tratti di inchiostro evidenziati da un passaggio di acquarello sotto il corpo della villa; nessuna scala di accesso verrebbe tuttavia riportata. Viceversa, il basamento illustrato nella mappa Pasiani appare netto, addirittura sporgente (a schematizzare quello reale rastremato), con una scalinata di fronte il portale d’ingresso all’abitazione senza alcuna balaustra. Nella mappa Cuman, il portale meridionale d’accesso si presenta squadrato, così come tutte le aperture dell’edificio – al pianterreno come al piano nobile. Nessuna balconata è evidenziata – nemmeno le tre finestre del salone centrale – mentre le fasce marcapiano sembrerebbero solo abbozzate agli angoli della villa. Secondo queste osservazioni, quindi, si suppone che i loggiati – con relative mensole di supporto – siano stati costruiti nell’intervallo tra il 1686 ed il 1783, aggiunti come un nuovo elemento nella composizione architettonica. Sulla base di quanto osservato nella fase edilizia precedente, le colonnine ed i dadi intermedi dei balconi hanno un disegno differente da quelli dei parapetti degli ingressi al pianterreno. Per le restanti analisi, vista la scarsità di prove documentarie, gli apparati decorativi interni e la mappa Cuman pongono almeno tre quesiti sulla struttura della villa:

a - La forma delle finestre

b - Il numero delle finestre

c - Il numero di piani della villa

Villa Correr Dolfin, finestra occidentale nella parete meridionale della sala di sud-ovest al pianterreno, particolare della decorazione sovra-finestra ancora visibile.

a - La forma delle finestre

Si presume che la forma delle finestre sia cambiata tra il 1686 ed il 1783. La mappa Pasiani illustra ogni apertura al piano nobile con un arco a tutto sesto in sommità, mentre la mappa Cuman non registra alcuna differenza tra esse. Se così fosse, si dovrebbe pensare che tutti i varchi fossero squadrati, senza coronamenti circolari. Gli affreschi interni sembrerebbero confermare tale ipotesi: è probabile che l’inserimento degli emicicli lapidei abbia comportato la rottura della porzione di muratura gravante sui precedenti architravi. Nella generale partitura degli affreschi, infatti, tutti i varchi nelle pareti sarebbero stati dotati di decorazioni sovra-porta o sovra-finestra. Laddove queste sono mancanti significa che è intervenuta un’azione di rimozione del supporto murario. Le cornici dipinte ancora superstiti – alcune ridipinte sopra gli affreschi dopo questa operazione demolitrice, come dimostrabile dalle tracce sottostanti oggi riemerse – riquadravano così le aperture e le loro relative decorazioni soprastanti.

Villa Correr Dofin, dettaglio della cornice dipinta sopragli affreschi nella parete occidentale della sala di sudovest al piano primo: si possono ancora osservare le tracce delle antiche decorazioni sottostanti.

L’eliminazione di quest’ultime non avrebbe dunque intaccato in modo evidente la partitura decorativa: la loro asportazione sarebbe stata, per così dire, “chirurgica” – quasi a dimostrare la volontà di non alterare pesantemente l’antico ciclo pittorico. Questo principio è valido per tutte le finestre al piano nobile, modificate in questa fase edilizia, ed è dimostrato ad esempio nelle pareti settentrionali delle camere a nord, dove la successiva intonacatura – realizzata per livellare le tamponature tardo Ottocentesche per i nuovi infissi (post 1862) – non sembra esser stata fatta o è andata perduta: in tali contesti – specie nella sala di nord-ovest – sono dunque ben visibili il bordo di rottura della superficie decorata e quello che parrebbe essere un secondo architrave superiore in legno per i vecchi infissi.

Villa Correr Dolfin, parete settentrionale della sala di nord-ovest al piano nobile, con visibili le rotture delle superfici murarie attorno le aperture esistenti e la rimozione delle più antiche decorazioni sovra-finestra

La stessa dimostrazione sarebbe valida per i portali monumentali di ingresso, realizzati non in questa fase, ma in quella precedentemente analizzata (Fase edlilizia C, 1783-1848): come documentato dalla mappa Pasiani, l’ampliamento di queste forometrie avrebbe per forza comportato la demolizione della parete sopra i vecchi accessi, quindi la distruzione delle pitture in quella zona. Sempre per le entrate al palazzo, un ulteriore indizio in tal senso è fornito dagli elaborati sovra-porta Ottocenteschi in ferro battuto, i cui ancoraggi con zanche metalliche – ammorsati agli elementi lapidei del portale – sono ben distinguibili dall’interno del salone al pianterreno: un elemento costruttivo che dovrebbe solitamente essere occultato alla vista in una costruzione originaria, ma che in questo caso rimase visibile per permetterne il loro accomodamento dall’interno.

Villa Correr Dolfin, emiciclo del portale meridionale di accesso alla villa visto dall'interno del salone al pianterreno, particolare delle zanche di ancoraggio del sovra-porta decorativo.

b - Il numero delle finestre

L’analisi delle cornici attorno alle finestre al piano nobile apre quindi il quesito sul numero di aperture della villa, specialmente di quelle del salone centrale. I riquadri decorati attorno ad esse sono infatti osservabili nelle pareti settentrionale e meridionale di questo ambiente: ciò potrebbe dimostrare che i varchi sui fronti principali fossero già configurati come una trifora centrale e che dunque gli affreschi fossero stati dipinti dopo la stesura della mappa Cuman, ossia dopo il 1686: il disegno riportato in tale documento, infatti, illustra una sola finestra centrale. Questa considerazione evidenzierebbe un dettaglio cruciale: se il disegnatore del documento ha illustrato fedelmente la situazione dell’epoca, significa che, dopo tale data, la porzione di muro sotto la finestra di centro sarebbe stata stamponata contemporaneamente alla creazione dei due sfondamenti laterali. Pertanto, gli affreschi di villa Correr-Dolfin potrebbero esser stati realizzati dopo il 1686: è noto che le decorazioni del palazzo sarebbero state effettuate da una bottega di artisti che lavorò anche alle pitture delle proprietà del casato dei Lantieri a Gorizia (Shoenhaus), a Zemono ed a Vipacco.

Villa Correr Dolfin, decorazione della parete meridionale della sala di sud-ovest al piano nobile, dettaglio della cornice simile a quello della sala si sud-ovest della villa Lantieri Belvedere a Zemono, Vipava (Slovenia).

Villa Lantieri Belvedere a Zemono, Vipava (Slovenia), decorazione della parete meridionale della sala di sudovest detta "dei palcoscenici", dettaglio della cornice simile a quello della sala di sud-ovest al piano nobile di villa Correr Dolfin a Porcia.

La datazione di questi cicli decorativi risale ad un periodo compreso tra il 1683 ed il 1689. Viceversa, se il perito veneziano Iseppo Cuman non fosse stato fedele nella riproduzione delle aperture della villa, gli affreschi potrebbero anche essere retrodatati a prima del 1686. Non di troppi anni, però: non si potrebbe andare più indietro del 1676 in quanto, tra le figure rappresentate sugli intonaci della parete settentrionale della sala di nord-ovest al pianterreno, si riportano le parole dell’opera «Germanico sul Reno» del librettista Giulio Cesare Corradi (ca.1645-1702) e del compositore Giovanni Legrenzi (1626-1690) – pubblicata e messa in scena in tale anno.

Villa Correr Dolfin, dettaglio della decorazione della parete meridionale della sala di nord-ovest al pianterreno, in cui si possono leggere le parole «VENITE SI D’AMOR DOLCI CATENE IN BRACIO DEL [mio bene]» tratte dall'opera «Germanico sul Reno» del 1676 (Atto II, Scena diciottesima).

È bene sottolineare che la trasformazione delle trifore centrali, da finestroni a portali di accesso ai loggiati, fu forse fatta nella successiva epoca Settecentesca: solo in un secondo momento si stamponarono le sotto-finestre fino al livello del pavimento. Questo passaggio edilizio sembrerebbe dimostrato dagli affreschi della parete meridionale del fronte centrale, ancora visibili: i grandi girali vegetali che decoravano il piedistallo del basamento fittizio parrebbero bruscamente interrotti dagli stipiti del portone centrale, a dimostrazione che le pitture sarebbero dovute proseguire sotto quella che una volta doveva essere l’antica finestra.

Villa Correr Dolfin, parete meridionale del salone passante al piano nobile, con visibili le rotture delle superfici murarie, decorate a girali vegetali, in corrispondenza del portale centrale.

All’interno di questa fase di rinnovamento della villa devono anche essere annoverate le pitture del corridoio di collegamento orientale delle sale angolari al piano nobile. Rispetto al ciclo teatrale, gli affreschi di questo ambiente sono caratterizzati da due differenze: da un lato, dall’assenza di colonne e di ordini architettonici chiaramente distinguibili; dall’altro, da una astratta intelaiatura composta da cornici squadrate, mascheroni e girali vegetali in cui vengono meno sia l’ossessivo riempimento dei vuoti che la restituzione delle grane marmoree (limitata solo alle trabeazioni fittizie dei sovra-porta). La palette di colori vira inoltre su tinte ocra e turchese (insolite rispetto le altre stanze) e le forme vegetali sono più piene e tondeggianti a confronto con quelle delle altre del salone al piano nobile, dal tratto più preciso e dal contorno più netto e nitido. Le pitture di questo periodo rimasero inoltre incomplete, dato che alcune porzioni presentano la traccia sottostante non ancora coperta dal colore finale. Esse ebbero quindi lo scopo di nobilitare un locale di collegamento quando la configurazione dello scalone era meno imponente ed era ancora impostata per poter raggiungere gli ambienti superiori del mezzanino (e forse del sottotetto della villa).

Villa Correr Dolfin, corridoio di collegamento delle sale occidentali al piano nobile, parete sud, decorazioni con impianto compositivo differente rispetto agli affreschi teatrali degli altri ambienti.

c - Il numero dei piani della villa

La quantità delle finestre ed il numero di piani della villa è una questione già dibattuta nella recente storiografia. Il fronte meridionale illustrato nella mappa Cuman si presenta differente da quello della mappa Pasiani: se in quest’ultima si contano due soli livelli sotto il cornicione di imposta del tetto, nella mappa del 1686 sono ben visibili invece tre livelli distinti. Nel disegno redatto dal perito Cuman non si vedono nemmeno le volute della cimasa di coronamento, a dimostrazione che queste vennero edificate in epoca successiva. Nel caso in cui il rilievo del documento corrisponda all’effettiva consistenza dell’epoca, si potrebbe congetturare che la più alta serie di aperture fosse collocata immediatamente sotto la fascia marcapiano del cornicione dentellato dove, in tempi recenti, si registravano i fori di ventilazione del sottotetto, poi chiusi dopo gli anni Sessanta del Novecento (si veda Fase E, post1945). L’altezza dell’attuale solaio del sottotetto non sembra esser stata cambiata. Ancora una volta, le pitture decorative possono essere di aiuto alla comprensione degli avvenimenti. Nell’eventualità in cui gli affreschi fossero stati realizzati prima della mappa Cuman, si può affermare che quelli del piano nobile non sarebbero stati tagliati da un ribassamento del piano superiore; essi non mostrerebbero nemmeno un rialzo di tale livello, dato che altrimenti la porzione più elevata delle pareti sarebbe rimasta priva di intonaco decorato. Le travi, inoltre, sembrano essere coeve agli apparati decorativi, con lacerti delle vecchie pitture ancora riscontrabili in qualche punto, indicando che il solaio forse non fu smontato.

Villa Correr Dolfin, sala di sud-est al piano nobile, dettaglio delle tracce di decorazioni sulle travature del solaio superiore, fondo bianco con cornice rossa.

Dunque, tra il livello del pavimento della soffitta e l’altezza dell’ultima fascia marcapiano esterna si rileva un’altezza sufficiente per ipotizzare la presenza di antiche aperture che furono successivamente chiuse. Questi lucernari dovevano essere comunque più piccoli e stretti in confronto con i vuoti dei finestroni sottostanti. Essi furono poi chiusi, forse durante il corso del Settecento, per non comparire nel rilievo del prospetto meridionale del 1783. Nelle stesse posizioni, le finestre tamponate furono in seguito sottoposte al recente carotaggio per l’areazione dei locali della soffitta – come visibile nella foto degli anni Sessanta del Novecento. Tali aperture sarebbero ancora visibili dall’interno della soffitta e funsero forse da traccia per effettuare le perforazioni posteriori. Soltanto un rilievo interno della soffitta e dei test d’indagine della muratura sotto gli strati più esterni esistenti potranno confermare o smentire tale ipotesi.

Villa Correr Dolfin, particolare delle aperture nella muratura del sottotetto, tracce di quelle che si presume siano state le antiche finestre del terzo livello della mappa Cuman del 1686, tamponate prima del 1783 e nuovamente forate in epoca recente, come osservabile dalla foto degli anni Sessanta del Novecento.

Un’ipotesi alternativa per la ricostruzione delle facciate e delle aperture è suggerita nell’articolo redatto dal prof. Romolo Continenza, in cui si illustra il rilievo della villa effettuato nel 2004 e si presenta un’analisi dello stato di degrado dell’epoca per il prospetto settentrionale. Il ricercatore, affermando di aver riscontrato delle eterogeneità delle apparecchiature murarie, riterrebbe che l’umidità avrebbe messo in evidenza tracce di un altro ordine di bucature nella parete originaria. Esse sarebbero attualmente tagliate dal cornicione che separa oggi il piano attico dalla restante facciata sottostante e corrisponderebbero, per posizione, a quelle sopra descritte. Tuttavia, sulla base di uno studio proporzionale geometrico, Continenza avrebbe ricostruito un piano attico a partire da tali finestre, identificando quindi il cornicione come un elemento di una fase costruttiva successiva in una ricomposizione dei periodi edilizi differente da quella fin qui riportata. Per Continenza, l’incendio del sottotetto – registrato da Baccichet all’anno 1762 poi corretto al 1862 – potrebbe anche non essere esistito, in quanto finora non documentato. Non è quindi noto se il tetto della mappa Cuman fosse lo stesso illustrato nella mappa Pasiani: di certo si può affermare che esistettero due abbaini belvedere sopra il cornicione dentellato di pietra, uno sul fronte meridionale e l’altro su quello occidentale. Questi elementi sono anche stati utilizzati come argomenti per riconoscere nella soffitta una sala a forma di lettera “T” detta crozzola, citata negli inventari testamentari del 1715, 1750 e 1768.

III.VI – Fase edilizia A, pre1686

Villa Correr Dolfin, ricostruzione dell'assetto del corpo centrale della fabbrica al 1686 - anno della realizzazione della mappa Cuman. Assonometria generale con vista dall'angolo di sud-est.

A questo periodo risalirebbe la fondazione originaria della villa. Dopo questa fase, l’architettura dovette prendere delle sembianze simili a quelle illustrate nella mappa Cuman del 1686. I documenti dimostrano che, a tale data, corpo centrale della villa, barchessa orientale e chiesetta erano già costruiti. Come precedentemente analizzato, il palazzo sembra essere organizzato su tre livelli, ciascuno dotato di un proprio ordine orizzontale di finestre: piano terra, piano nobile e sottotetto con almeno due belvedere. Le strutture originarie della copertura e della scala di accesso alla soffitta restano tuttavia indeterminate. Lo scalone principale interno doveva presentarsi diversamente da quello attuale, come confermato dalla scansione delle aperture sul fronte occidentale: testimonianza del fatto che le finestre del pianerottolo non erano ancora esistenti. La struttura primitiva di questo scalone resta anch’essa indeterminata. I podi di accesso esterni, oggi collocati di fronte agli ingressi principali, non erano stati ancora costruiti.

Villa Correr Dolfin, foto del podio di accesso prospiciente l'ingresso meridionale del palazzo, 17 Dicembre 2007.

Villa Correr Dolfin, dettaglio dell'addossamento del podio di accesso alla parete meridionale del palazzo. Si può notare come i blocchi lapidei del podio non entrino nella muratura e non si incastrino con gli altri del basamento.

I portali dovevano presumibilmente essere delle semplici aperture riquadrate da cornici lapidee: i loro architravi erano in linea con quelli delle altre finestre del pianterreno. Non esistevano nemmeno i balconi al piano nobile e forse neanche le trifore centrali, ma soltanto un finestrone allineato con l’ingresso sottostante.

Villa Correr Dolfin, dettaglio dell'addossamento delle strutture della balaustra del loggiato meridionale alla parete. Si può notare la discontinuità degli stipiti lapidei delle porte-finestre.

Villa Correr Dolfin, fotografia della balaustra del fronte settentrionale, in cui si possono osservare le discontinuità degli stipiti lapidei delle porte-finestre, 09 Agosto 2021.

Le fasce marcapiano erano già in opera, ad esclusione di quella sotto la linea dei davanzali del piano nobile, allineata al pavimento delle balconate, forse aggiunta in epoca successiva. Si presume che gli affreschi siano stati realizzati dopo il 1686, ma potrebbero anche essere retrodatati fino al 1676: come citato precedentemente, nella sala di nord-ovest al pianterreno sono riportati i testi dell’opera «Germanico sul Reno», pubblicata in quel medesimo anno. La bottega affrescante fu la stessa che tra il 1683 ed il 1689 operò a Vipacco nella villa e nel palazzo dei nobili Lantieri di Gorizia. Tale arco temporale è dettato dallo studio di queste ultime decorazioni e confermato dalla presenza dei blasoni di nobili vissuti in quel periodo.

Villa Correr Dolfin, dettaglio dell'angolo della fascia marcapiano sotto le finestre del piano nobile nella prospetto meridionale della fabbricaianterreno, 05 Novembre 2007.

La sala di nord-est al pianterreno presenta affreschi che sembrerebbero esser stati rifatti in epoca più recente: non si è ancora stabilito il periodo di rielaborazione, se nella Fase edilizia B (1686-1783) o nella Fase edilizia C (1783-1848). Si suppone che un antico caminetto, un tempo presente nella sala, sia stato rimosso – forse nella Fase edilizia D (1862-1945) – come riscontrabile dalla traccia del profilo sulla nuova tamponatura di chiusura realizzata sulla parete. Date le dimensioni del contorno rimasto, non si esclude che tale caminetto sia quello tutt’ora presente nella sala di sud-ovest, sempre al pianterreno, smontato e ricollocato in una posizione differente. Si ipotizza inoltre che il focolare non facesse parte della fondazione originaria: le sue forme sembrano troppo grandi rispetto lo spazio che le contenevano – tra le due finestre della sala, come nella sua sistemazione attuale – e la cappa copriva parte delle decorazioni sovra-camino. Si presume quindi che la sala di nord-est fosse in origine affrescata come gli altri ambienti del palazzo: i temi originari, che forse imposero la scansione della partitura oggi visibile – potrebbero ancora trovarsi sotto lo strato successivo di intonaco dei nuovi dipinti.

Villa Correr Dolfin, parete settentrionale della sala di nord-est al pianterreno, con evidenziata la traccia di un precedente camino oggi smontanto.

IV - SINTESI DELLE FASI EDILIZIE

Si può affermare con discreta certezza che la villa Correr Dolfin a Rorai Piccolo di Porcia non sia il frutto di un progetto unitario coerente, sviluppato e costruito in una unica fase edilizia; bensì, essa è il risultato di cambiamenti, aggiustamenti e manomissioni succedutesi nel tempo. Contrariamente a quanto ritenuto finora dalla più recente storiografia, elementi che venivano considerati tipicamente barocchi dimostrano di essere – ad una analisi più approfondita – di epoca successiva, forse risalenti al periodo Ottocentesco. Trattandosi dunque di un edificio modificato nel tempo, l’opera di ideazione e sviluppo non può essere attribuita ad un unico architetto, né l’attuale stato di fatto può essere oggetto di indagine tipologica con edifici tardo seicenteschi: sarebbero stati diversi i progettisti che si susseguirono nel corso dei secoli. Non essendoci alcuna documentazione disponibile, i nomi di questi autori sono tutt’ora ignoti. La villa resta così un unicum di difficile comparazione, dato che qualsiasi analisi stilistica risulterebbe fuorviante, come evidenziato dallo studio delle testimonianze fin qui effettuato e di seguito riassunto secondo criterio cronologico.

Fase edilizia A (pre 1686)

pre 1686

L’anno esatto di prima fondazione del corpo centrale non è conosciuto e resta indeterminato. Si potrebbe solo suppore che questo risalga a dopo il 1661, anno in cui i fratelli Antonio, Lorenzo e Marc’Antonio di Zuanne dichiararono di possedere in Friuli circa un ettaro di terreno – che si ipotizza sia lo stesso denunciato dal padre di questi ancora nel 1638. Il palazzo dei Correr fu schizzato nel documento di una supplica presentata dai proprietari alla magistratura veneziana dei Beni Inculti nel 1686. La villa era presumibilmente rialzata dal piano di campagna, grazie ad un basamento ancora oggi esistente, e presentava forse delle semplici scalinate di accesso ai portali squadrati principali. Tutte le finestre della villa furono caratterizzate da semplici aperture rettangolari. Non esistevano balconi e la trifora centrale era forse costituita da uno o tre finestroni. Lo schizzo della mappa Cuman illustra quindi dei brevi tratti d’inchiostro agli angoli dell’edificio: si presume che la villa avesse delle fasce marcapiano già in opera. Lo scalone interno doveva avere una configurazione diversa da quella attuale, dato che le finestre del pianerottolo intermedio non sono visibili nella rappresentazione del 1686. La loro antica struttura resta pertanto indeterminata. Gli affreschi interni non possono esser stati stesi prima del 1676 e forse furono realizzati dopo il 1686. La bottega affrescante fu la stessa attiva nell’Isontino nel periodo tra il 1683 ed il 1689.

Fase edilizia B (1686-1783)

1686-1783

Le successive modifiche edilizie sono rilevabili dal confronto dello schizzo del disegno Cuman del 1686 con il prospetto della villa riportato nella mappa Pasiani del 1783. Tra queste due date vennero modificate le finestre al primo piano, con la costruzione del loro profilo arcuato, forse sottolineato da semplici cornici lapidee. Il corridoio tra lo scalone e le sale occidentali al primo piano fu decorato con nuove pitture a fresco, che tuttavia rimasero incomplete (da questo corridoio si poteva accedere ad un mezzanino e forse al sottotetto). Furono realizzati i portali delle trifore del salone al piano nobile con i balconi centrali e relative mensole di supporto; le finestre del sottotetto furono tamponate ed infine vennero apposte le volute della cimasa a coronamento dell’edificio.

Fase edilizia C (1783-1848)

1783-1848

Tra il 1783 ed il 1848 la villa fu trasformata in uno stile neoclassico, con la costruzione dei più sontuosi portali di accesso, dello scalone centrale voltato a botte (con annessi fronti lapidei) e delle specchiature con chiave di volta e cornice a tutte le finestre del primo piano. Dallo scalone occidentale furono anche rimosse le vecchie rampe che conducevano al mezzanino e forse al sottotetto. Alcune parti degli affreschi originari furono parzialmente distrutte o nascoste dall’inserimento dei blocchi di pietra del rinnovato scalone di rappresentanza. Al contempo, diverse porzioni dei vecchi intonaci furono riparate, mentre mirate ridipinture furono stese sui vecchi affreschi per celare le manomissioni, specie in prossimità dei fianchi dei portali in pietra.

Villa Correr Dolfin, lato sinistro del portale dello scalone al pianterreno, si possono osservare ridipinture color porpora a ridosso del capitello (con vernice apposta anche sopra la pietra) e color ocra lungo il fianco lapideo dell'accesso allo scalone principale.

Nuove finestre si aprirono sul prospetto occidentale per dare luce al vano scala. In questo periodo furono anche rifatti gli affreschi della sala di nord-est al pianterreno. All’esterno furono addossati i podi di accesso – con balaustrate e statue – e venne steso l’intonaco a marmorino su tutte le pareti perimetrali. Sugli emicicli dei portali di accesso e dello scalone si inserirono degli elaborati sovra-porta recanti il blasone dei Santa Fosca: i cambiamenti furono tutti fatti dalla famiglia Correr. Anche le statue del cortile sembrano tra loro coerenti e portano l’arma di questo casato. I lavori furono eseguiti per dare un aspetto coerente all’intero complesso ed ebbero forse lo scopo di aumentare il valore immobiliare dell’architettura in vista della dote da fornire per il matrimonio tra le famiglie Correr e Dolfin, quando la villa passò in mano ai nuovi proprietari.

Fase edilizia D (1862-1945)

1862-1945

Nel periodo intermedio tra il 1848 ed il 1867 l’architettura rimase in una configurazione stabile dopo la fine dei rinnovamenti, prima che sopraggiungessero le modifiche al tetto. Dopo il 1862, forse a causa di un incendio, si perse la copertura precedente, assieme agli abbaini ed alle volute delle cimase di coronamento della villa. Si presume che il palazzo restò con il tetto danneggiato – se non addirittura senza alcuna copertura – per un certo periodo di tempo: da questo momento iniziò il diffuso degrado dell’edificio. Con la costruzione del nuovo tetto, una recente scalinata – a giro con piede d’oca – venne posta in opera per accedere alla rinnovata soffitta. Il pianerottolo intermedio tagliò l’apertura delle finestre più antiche ed è quello ancora oggi osservabile (con affreschi minimi fatti per tentare un’integrazione decorativa con il ciclo pittorico principale). La struttura della vecchia scala resta pertanto indeterminata. Nel nuovo sottotetto si sopraelevarono i muri esistenti per realizzare le finestre dell’ultimo piano, localizzate all’esterno nel piano attico dello stato di fatto attuale. Si mise in opera un’altra copertura, si alzarono i comignoli, si rimossero e si chiusero i caminetti interni. Successivamente si costruirono dei nuovi infissi squadrati, tamponando gli emicicli delle finestre al piano nobile e stuccando questa nuova muratura. Si fecero quindi i buchi nelle pareti delle sale affrescate per inserire le canne metalliche delle stufe a carbone. Infine, si aprirono i diversi fori di ventilazione e di deiezione delle acque piovane. Queste ultime, acidificate dalle granaglie depositate nel sottotetto, avrebbero corroso il terrazzo alla veneziana delle pavimentazioni.

Fase edilizia E (post 1945)

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la villa divenne sede del comando nazista locale. Furono elettrificate le camere e si inserirono dei supporti lignei nella muratura degli affreschi per sorreggere delle mensole oggi non più esistenti. La rimozione a strappo di alcuni di questi supporti ha causato un distacco degli intonaci dal supporto sottostante nell’intorno del foro di alloggiamento. I dipinti delle sale del palazzo furono poi sfregiati da graffiti, scritture e atti vandalici. Una foto degli anni Sessanta del Novecento mostra infine una fabbrica simile alla configurazione attuale, a differenza di alcuni fori di ventilazione del sottotetto – posti al livello del pavimento – che furono successivamente chiusi e rifiniti con intonaco cementizio.

Villa Correr Dolfin, sezione prospettica delle sale meridionali del corpo centrale del complesso.

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