daBitonto - n.349

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MARZO 2020

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ANNO 39/III - N. 349

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WEB PROJECT MANAGER ALESSANDRO INTINI

L'Inchiesta

Servizi di Viviana Minervini, Mario Sicolo, Donato Rossiello, Nico Fano, Michele Cotugno, alle pagine 14 e 15

IL PRIMO GIORNALE CITTADINO FONDATO NEL 1982 DA FRANCO AMENDOLAGINE Spedizione in abbonamento postale pubblicità inferiore 70% - Autorizzazione S1/BA 31164423-002 – REGISTRAZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI N. 697 DEL 23 DICEMBRE 1982

Come cambierà la città dopo l'emergenza Coronavirus

Pandemia Covid-19, Fase 2. Cosa si può fare e cosa no

L'UTILIZZO DELLA MASCHERINA È obbligatorio usare protezioni delle vie respiratorie nei luoghi chiusi accessibili al pubblico. Anche nei mezzi di trasporto. Non sono obbligatorie per: • Bambini al di sotto dei sei anni; • Persone con forme di disabilità non compatibili con l’uso continuativo della mascherina. Possono essere utilizzate mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera.

SPOSTAMENTI Consentiti SOLO quelli comprovati da motivate esigenze di lavoro, salute e urgenze. Andare a trovare un congiunto è considerato necessario: ora si può, A PATTO CHE: • Non ci sia assembramento; • Distanziamento di 1 metro; • Utilizzo delle mascherine.

Ci si può spostare da Regione a Regione SOLO SE: • Torni a casa; • Motivi di lavoro; • Motivi di salute; • Motivi di assoluta urgenza; • No per tutti gli altri motivi. Persone con sintomatologia respiratoria o febbre a 37.5 gradi DEVONO restare a casa e contattare il proprio medico. Chi è sottoposto a quarantena (positivo al virus) NON può spostarsi da casa. ATTIVITÀ E LUOGHI ALL'APERTO Vietato l'assembramento in luoghi pubblici e privati. No ad attività ludica o ricreativa all'aperto. Consentita attività motoria individuale, oppure in accompagnamento di minori o persone non autosufficienti. Ma rispettate la distanza di sicurezza Aree verdi e parchi possono tenersi aperti se è garantito il NON assembramento, la decisione è comunque a discrezione dei sindaci.

Chiuse aree gioco per i bimbi.

ATTIVITÀ COMMERCIALI AL DETTAGLIO Le attività produttive sospese POSSONO proseguire SE organizzate in modalità a distanza o lavoro agile. Le imprese che riprendono la loro attività a partire dal 4 maggio 2020 possono svolgere tutte le attività propedeutiche alla riapertura a partire dalla data del 27 aprile 2020. Consentite attività di servizi alla persona come:• Lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia; • Attività delle lavanderie industriali; • Altre lavanderie, tintorie. Chiuse tutte le altre (come parrucchieri, barbieri, estetisti etc.). Sì sempre consegne a domicilio. Sì consegne da asporto (bisogna prenotare e ritirare, no assembramenti). No a consumazione interna nei locali o immediatamente fuori.

La morte di Matteo Masiello, pittore internazionale Lascia una eredità umana di straordinaria dimensione: il suo sogno metafisico di Michele Giorgio

i Matteo Masiello conD servo il ricordo di un amico fraterno nel tratto, genuino

negli affetti, cordiale nei rapporti. Incontrandolo a casa, per strada a Bitonto, o a Santo Spirito, era solito accompagnare il saluto con un caldo abbraccio. E volentieri si intratteneva, compiaciuto, a discutere dei problemi del momento, a scambiare idee, a fare il punto sullo stato di salute. L’ultima volta, qualche mese fa, ci siamo incontrati

nell’ambulatorio del comune medico curante. Ci siamo salutati con la solita cordialità e con l’immancabile abbraccio. Si esprimeva con un sorriso che nascondeva un sottile velo di sofferenza. Poi il turno di ingresso nello studio medico. Infine il vuoto di relazioni fino al giorno dell’addio. Di Matteo ho sempre apprezzato la semplicità e la generosità. Era un uomo semplice nel modo di proporsi. Pur occupando un grado di rilievo nel Ministero delle Finanze, non esprimeva alterigia; rimaneva

semplice nel modo di porsi; si comportava da buon compagnone a cui non mancava il sorriso sornione sempre stampato sul volto. Appariva compiaciuto quando accoglieva me e mia moglie in visita ad una sua mostra e, appagato, ci donava il catalogo e la stampa di un quadro che firmava con una dedica con cui confermava la stima e l’affetto che nutriva per noi.

Segue a pagina 23 E a pagina 17 un ricordo di Antonio Castellano

Addio a Vincenzo Schiraldi, il Presidente galantuomo

Il professore ha scritto una delle pagine più belle dello sport bitontino

di Franco Marino

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e n’è andato in punta di piedi lasciando, in tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e apprezzarne le qualità umane, un insopportabile senso di tristezza e smarrimento. Vincenzo Schiraldi, stimato docente e vice preside della scuola media “Sylos” a riposo, ha perso la partita più importante di uomo di sport a tutto tondo e di massimo dirigente di lungo corso del più antico e prestigioso movimento pallavolistico cittadino: la Volley Ball Bitonto. Se n’è andato in punta di piedi, dicevamo, un giorno di festa per la Chiesa Cattolica, il lunedì Dell’Angelo, strappato all’affetto dei suoi cari non dal solito morbo incurabile, ma ghermito dalla gelida furia di un nemico subdolo e spietato, il Covid 19, che tante vite umane si è portato via. Molto stimato per la signorilità del tratto, per il garbo, l’affabilità e disponibilità con tutti, Vincenzo è stato per quarantacinque anni il presidente per antonomasia, perchè ha saputo incarnare passione e amore viscerale per la pratica sportiva nonché encomia-

DIRETTORE MARIO SICOLO

Sommario CRONACA Violazioni del Dpcm: millepersonecontrollate, 64 sanzionate. Sette i locali chiusi temporaneamente

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POLITICA Sanb. Nonostante il Covid 19, si parte prima dell’estate. E addio all'Asv

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TERRITORIO Il contributo del Fablab per superare l’emergenza sanitaria: ventilatori all'ospedale di Barletta

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bile dedizione e spirito di abnegazione, al servizio di intere generazioni. Sempre a piedi e in compagnia dell’inseparabile borsa, quante volte capitava di incontrarlo al centro della città, proveniente dalla sede sociale di via Garibaldi e diretto, sempre con passo spedito, alla palestra di un istituto scolastico, per seguire gli allenamenti dei suoi ragazzi. Con la scomparsa di Vincenzo Schiraldi cala il sipario su una delle pagine più belle e significative dello sport bitontino, con l’auspicio che del suo fulgido esempio faccia tesoro chi, idealmente, ne raccoglierà il testimone, per ricalcare le sue orme con lo stesso impegno ed il medesimo entusiasmo. Lassù, il Presidente ne sarà certamente felice.

Nello sport ampio servizio di Loredana Schiraldi

CULTURAETRADIZIONI La Settimana Santa ai tempi del Coronavirus: annullate le processioni, messe via web

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FRAZIONI Storia di Angela Maria, la signora di Mariotto che è riuscita a battere il virus

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SPORT Dalla Gùglie al “Città degli Ulivi”, l'affascinante storia del campo di Bitonto SPECIALE L’Europa, oggi: temi e problemi d'un dibattito perto e scottante

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Dpcm violato: 1000 persone L’ex Palazzetto in fiamme: danni alla struttura controllate, 64 sanzionate, Cronaca

di Pasquale Scivittaro

cronaca@dabitonto.com

I residenti abusivi: “Lo stabile è stato più volte vandalizzato” 7 locali chiusi

Non sono mancati furti vari e assalti ai tir

di La Redazione

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iamme e una colonna di fumo nero dall’ex Palazzetto dello Sport dell’Istituto Maria Cristina di Savoia. E poi subito l’arrivo dei Vigili del Fuoco, della Polizia di Stato e della Polizia Locale che procederà con le indagini. È accaduto il 16 aprile scorso alle 13.45 circa. Sin da subito si è visto che il fumo proveniva dall’interno della struttura. Dai primi rilievi, infatti, l’incendio sarebbe divampato a partire da un locale all’ingresso adiacente all’area bagni. Il cancello era chiuso, ma la porta potrebbe essere stata manomessa anche in un momento precedente al rogo. Il Palazzetto, già preda di furti e di atti di vandalismo, avrebbe riportato danni strutturali nella zona d’ingresso, cioè, dove si sarebbero levate le fiamme. Risultano compromessi il solaio di mattonelle e le murature, a causa della fitta colonna di fumo che si è levata. Da subito sono partite anche le ipotesi sulle possibili

di La Redazione

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cause e sono proprio le famiglie che dal 2017 occupano abusivamente la struttura adiacente al Palazzetto a spiegarci che sono stati loro ad allertare le forze dell’ordine: «Questo

incendio è solo la punta dell’iceberg – denunciano – la struttura è stata più volte vandalizzata e usata dai ragazzi come ritrovo per bere o far uso di droga». E le tracce non mancano.

el periodo di rigida applicazione delle misure di contenimento della pandemia di SARS-COV-2, abbiamo appreso dagli utenti dei SerD della provincia di Bari che l’approvvigionamento di droghe cosiddette “di strada” è stato difficilissimo se non impossibile». A comunicare questi dati la Asl di Bari con una nota. Pertanto ci sono numerose persone che, grazie alle misure di contenimento, hanno temporaneamente cessato l’uso delle sostanze. «Va detto che questa cessazione non rappresenta assolutamente una guarigione e rappresenta un grave rischio per chi, essendo nuovamente capace di procurarsi le sostanze, voglia riprenderne l’uso». Per motivi strettamente biologici e indipendenti dalla volontà di chicchessia e dalla “qualità” delle sostanze, chi ne ha cessato l’uso per un periodo significativo ha certamente ridotto il livello di tolleranza. “Pertanto tornare ad usare droghe nella stessa quantità utilizzata prima della sospensione comporterebbe altissima probabilità di morire per overdose – avverte la Asl –. Riteniamo opportuno avvisare in particolare i genitori di adolescenti che potrebbero interpretare l’alleggerimento delle misure di contenimento della pandemia di SARSCOV-2 come un’occasione per “festeggiare” in modo inappropriato».

giungono anche i controlli stradali in entrata e in uscita dalla città. 64 le persone, invece, che sono state sanzionate: c’è chi violando le prescrizioni del Dpcm ha provato ad incontrarsi in locali, seminterrati o garage per fumare o per giocare a carte, specie in concomitanza delle festività. Non sono mancate le sanzioni amministrative per l’art.75 del DPR 309/90 per la detenzione di alcuni grammi di marijuana. A questo si aggiun-

Decreto ministeriale o l’ordinanza sindacale in merito alla vendita d’asporto (quando ancora non era consentita) o alla mancata chiusura nelle giornate festive. L’occhio della Polizia Locale, guidata dal Comandante, Gaetano Paciullo, poi, è arrivato anche per i titolari di cinque bancarelle tra via Matteotti, via Ricapito e via Crocifisso: alcuni sono stati allontanati, proprio perché nei dintorni si creavano veri e propri assembramenti. All’attività della Locale, coadiuvata dal Nucleo Protezione Civile Puglia, si ag-

gono reati ben più gravi, cominciati l’8 aprile con il furto al Liceo Classico “Sylos” di computer custoditi negli armadietti a piano terra e continuati con quelli ancor più pericoloso di un assalto ad un furgone che trasportava 40 agnelli destinati alle macellerie bitontine (proprio qualche giorno prima di Pasqua), compiuto da quattro persone con il volto travisato e armate. Il conducente del tir è stato sequestrato, derubato dei documenti, e abbandonato delle campagne tra Bitonto e Palo del Colle.

Sono stati tanti, nel tempo, anche i furti di ferro e fili elettrici: potrebbero essere proprio questi ultimi che, mentre venivano sfilati e sottratti, potrebbero aver scatenato l’incendio.

La Asl avverte: “Pericolo overdose Pensioni a casa coi Carabinieri per ripresa della droga" G «N

olizia di Stato, Polizia Locale, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno unito le forze per controllare il territorio, ciascuna per il suo ruolo e compito in maniera coordinata, grazie all’impegno del dirigente Vittorio Di Lalla. Oltre mille le persone controllate, specie durante la Settimana Santa e in prossimità del 25 aprile e del 1 maggio. Sette i locali chiusi per cinque giorni e sanzionati, perché violavano le disposizioni del

razie ad una collaborazione stretta tra Poste Italiane e l’Arma dei Carabinieri gli anziani pugliesi di età pari o superiore a 75 anni possono chiedere la consegna della pensione a domicilio per tutta la durata dell’emergenza Covid-19, evitando così di doversi recare presso gli uffici Postali, delegando al ritiro i Carabinieri. Tra i requisiti necessari, bisogna non aver designato altre persone alla riscossione, non convivere con altri famigliari e non possedere un libretto o un conto postale. L’iniziativa permette anche di tutelare i soggetti beneficiari dalla commissione di reati a loro danno, quali, truffe, rapine e “scippi”. Si invita, dunque, a diffidare da malintenzionati che potrebbero presentarsi a domicilio – continua il comunicato – senza uniforme e sotto mentite spoglie chiedendo di entrare nelle abitazioni. Qualora dovessero verificarsi casi simili, il cittadino deve chiamare le forze dell’ordine. I pensionati potranno contattare il numero verde 800 55 66 70 messo a disposizione da Poste o chiamare la più vicina Stazione dei Carabinieri per richiedere maggiori informazioni.


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Il Papa e il problema ecologico in Amazzonia

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Terza Pagina

di Michele Giorgio

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UN SOGNO SOCIALE

uesto sogno vuole consolidare il “buon vivere” degli abitanti dell’Amazzonia. Questo buon vivere è oggi minacciato dagli interessi dei colonizzatori vecchi e nuovi “che hanno esteso ed estendono – legalmente o illegalmente – il taglio di legname e l’industria mineraria che sono andati scacciando ed assediando i popoli indigeni”. Gli indigeni cacciati dalle loro terre sono andati ad abitare le periferie delle grandi città dove predominano ingiustizie e criminalità. Infatti, aziende as-

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Direttore Cronaca re le grida dei popoli dell’Amazzonia per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico”. Allora deve impegnarsi a sviluppare la “capacità di fraternità” e lo spirito di comunione umana assecondando il forte senso comunitario che hanno i popoli dell’Amazzonia. I quali percepiscono anche la materia circostante come “realtà che integra la loro società e la loro cultura, come un prolungamento del loro corpo personale, familiare e di gruppo sociale”. D’altre parte la Chiesa deve richiama-

re il criterio con cui Cristo ha redento il genere umano ristabilendo in ciascuno “la capacità di entrare in relazione con gli altri”. Dunque, l’Amazzonia “dovrebbe essere... un luogo di dialogo sociale, specialmente tra i diversi popoli originari per trovare forme di comunione e di lotta congiunta…” In sostanza bisogna riconoscere l’altro e apprezzarlo come altro, con la sua sensibilità, le sue scelte personali, il suo modo di vivere e di lavorare.

nei tempi antichi hanno avuto notevole sviluppo. La colonizzazione selvaggia ha cacciato via questi popoli dalle rive dei fiumi e dalle zone costiere e li ha costretti a trovare rifugio nella Foresta amazzonica. Con il disboscamento di questa Foresta questi popoli sono stati costretti ad emigrare nelle periferie delle città ed a perdere le loro identità e le loro radici culturali. Ciò che oggi bisogna fare è aiutare questi popoli a riscoprire, ad amare ed a custodire queste radici. Se-

condo il Papa, questa operazione dovrebbe spettare ai giovani. Donde il suo invito: “Invito i giovani dell’Amazzonia, specialmente gli indigeni, a farsi carico delle radici, perché dalle radici viene la forza che vi fa crescere, fiorire, fruttificare”. Specialmente i giovani battezzati sappiano che queste radici comprendono la storia del popolo di Israele e della Chiesa, fino al giorno d’oggi. Non va dimenticato anche che per secoli i cantastorie hanno trasmesso a memoria la loro storia culturale girando per le tribù e raccontando storie ai giovani i quali le hanno imparate e le hanno tramandate.

Sono segni positivi che oggi si raccolgono in scritti questi racconti che consentono di conservare le proprie identità culturali che si esprimono nelle varie forme di arte letteraria, musicale e figurativa. Raccogliere queste loro esperienze farà bene anche ai popoli più evoluti. Donde l’appello del Papa a sedersi intorno ad un tavolo comune ed a dialogare partendo dalle proprie diversità per arrivare a forme di “interculturalismo” che consenta di armonizzare le diversità “a partire da visioni culturali differenti fatte di celebrazioni, di interrelazioni, di rivitalizzazione della speran-

za”. Pertanto occorre evitare le emigrazioni forzate che intaccano la trasmissione dei valori e fare in modo che si eviti “la colonizzazione dei mezzi di diffusione di massa” promuovendo i popoli originari attraverso “comunicazioni alternative a partire dalle loro proprie lingue e culture e che gli stessi soggetti indigeni siano presenti nei mezzi di comunicazione già esistenti”. E, se le culture ancestrali dei popoli originari sono nate e si sono sviluppate in intimo contatto con l’ambiente naturale circostante, bisogna cercare di mantenerle indenni senza farle deteriorare.

le, della creazione del creatore, ipotecando il futuro”. L’amazzonia dipende dal suo fiume principale, il Rio delle Amazzoni, il quale, come scrive Pablo Neruda, “non ci separa, ci unisce, ci aiuta a convivere tra diverse culture”. I poeti popolari hanno scritto pagine esemplari sulla bellezza dell’Amazzonia del suo fiume. Ma non hanno tralasciato di deplorare i pericoli che la minacciano. Con il loro grido “ci aiutano a librarci dal paradigma tecnocratico e consumista che soffoca la natura e ci priva di una esistenza dignitosa”. Bisogna convincersi, allora, che l’equilibrio planetario dipende dalla salute del-

l’Amazzonia. L’ecosistema della terra ha bisogno i questo immenso polmone verde che ha bisogno di questo immenso polmone verde che ha nelle sue viscere immense risorse utili ad alimentarlo con quanto essa produce ed a purificarla dal diossido di carbonio che aiuta ad evitare il surriscaldamento dell’atmosfera. Questa armonia legata all’ecosistema viene ignorata nella valutazione dell’impatto ambientale dei progetti economici di industrie estrattive, energetiche, del legname. Sono questi gli interessi di imprenditori e politici locali che si sommano agli enormi interessi economici internazionali. Pertanto è degna di apprezzamento l’opera che svolgono organismi nazionali ed internazionali per frenare gli abu-

si e sventare le vendite ad ambigui interessi nazionali ed internazionali. Il Papa non manca, allora, di offrire alcuni suggerimenti a cui attenersi per avere cura dell’Amazzonia: 1) intervenire sul territorio in modo sostenibile preservando allo stesso tempo stili di vita e sistemi di valori degli abitanti; 2) offrire alle popolazioni formazione e informazione completa circa i progetti ed i lori rischi e benefici; 3) coniugare gli interessi delle popolazioni con la loro conoscenza del luogo per renderle capaci di dare il loro consenso o di opporsi; 4) creare un sistema normativo che assicuri la protezione dell’ecosistema. Pertanto i battezzati, in particolare, è bene che levino il proprio grido per l’Amazzonia simile al grido del popolo di

Dio in Egitto: “È un grido di schiavitù e di abbandono che invoca la libertà”. Dobbiamo imparare dai popoli indigeni a contemplare l’Amazzonia, ad amarla e non solo ad utilizzarla; a sentirci intimamente uniti ad essa e non solo a difenderla. Solo allora l’Amazzonia diventerà come nostra madre. Concludendo il Papa sottolinea che la grande ecologia comprende sempre un aspetto educativo che sollecita l’acquisizione di nuove abitudini nelle persone e nei gruppi umani. Allora, “non ci sarà ecologia sana e sostenibile in grado di cambiare qualcosa se non cambiano le persone e se non le si sollecita ad adottare un altro stile di vita, meno vorace, più sereno, più rispettoso, meno ansioso, più fraterno”.

agli anziani; riconoscere i valori presenti nello stile di vita delle comunità originarie; recuperare le loro narrazioni. Questo comporta l’apprezzamento delle culture precolombiane che aprono all’azione di Dio, praticano la gratitudine per i prodotti della terra, considerano sacra la vita umana, conservano la stima per la famiglia, coltivano la solidarietà, hanno una solida fede nell’Aldilà. Tutto questo caratterizza il famoso “buon vivere” che implica un’armonia personale, familiare, comunitaria e cosmica. Pure gli aborigeni possono impartirci lezioni di sobrietà, di godimento con il poco, di apprezzamento dei doni di Dio, di custodia degli ecosistemi, di amore per la terra. Allora anche noi possiamo “lasciarci rieducare da loro”. L’interculturazione deve avere un forte timbro sociale ed essere caratterizzata dalla ferma difesa dei diritti umani. Deve, allora, partire dalla intima “connessio-

ne tra evangelizzazione e promozione umana” e mirare ad integrare dimensione morale e dimensione spirituale. Questa operazione comporta un tipo di santità fatta di “incontro, e dedizione, di contemplazione e di servizio, di solitudine accogliente e di vita comune, di gioiosa sobrietà e di lotta per la giustizia”. Soprattutto comporta una spiritualità incentrata sull’unico Dio, ma, ad un tempo capace di entrare in contatto con i bisogni quotidiani. Una spiritualità incentrata anche sui Sacramenti che devono essere accessibili soprattutto ai poveri. Per garantire una educazione a questo tipo di spiritualità occorrono sacerdoti, diaconi e laici consacrati. Ai sacerdoti deve essere lasciata l’esclusiva di celebrare l’Eucarestia e amministrare la Confessione, senza delegare. Ai diaconi permanenti deve essere ampliata la possibilità di amministrare gli altri Sacramenti; ai laici consacrati ed ai laici maturi deve essere affidata l’educazione religiosa. Per questo il Papa raccomanda la formazione di nuovi sacerdoti missio-

nari che abbiano conoscenza specifica delle lingue, delle abitudini, degli stili di vita e delle tradizioni. Inoltre sottolinea che i diaconi e laici sappiano dialogare e fare sintesi promuovendo per le popolazioni amazzoniche “una cultura ecclesiale propria” lasciando spazio ai canti tipici, alle danze e ad altre forme di partecipazione autoctona durante le celebrazioni liturgiche. Papa Francesco raccomanda anche di dare ampio spazio alle donne nella Chiesa amazzonica. Già alcune di esse, in assenza di ministri della liturgia, hanno, per decenni, battezzato, catechizzato e insegnato a pregare. Ora è giunto il momento di valorizzarle promuovendo una partecipazione attiva nella Chiesa consentendo l’accesso a funzioni ed anche a servizi ecclesiali che non richiedano l’ordine sacro. Tali incarichi devono essere resi pubblici e ricevere il mandato del Vescovo e devono riguardare una reale incidenza nell’organizzazione, nelle decisioni importanti nella guida della comunità. Una raccomandazione finale il

Papa rivolge a quanti già operano nella pastorale della Chiesa amazzonica: quando dal confronto sull’organizzazione emergono posizioni molto diverse per i problemi che affrontano, è bene trovare la via d’uscita nel traboccamento che trascende “la dialettica che limita la visione per poter riconoscere un dono più grande che Dio sta offrendo”. In questo dono sarà possibile trovare le risposte che la dialettica non sa intravvedere. Come cristiani, conclude il Papa, siamo uniti tutti dalla fede in Dio e in Gesù Cristo. Ci unisce il fuoco dello Spirito Santo, il comandamento della ricerca dell’amore, la lotta per la pace e per la giustizia. Ci unisce la convinzione che non finisce tutto in questa vita e ci sarà chi asciugherà ogni lacrima e raccoglierà quanto abbiamo fatto per coloro che soffrono. Allora, se tutto questo ci unisce, perché non lottare insieme? Infine una sentita invocazione alla Madonna chiude l’Esortazione apostolica. “O Maria, regna nel cuore palpitante dell’Amazzonia”.

UN SOGNO ECLESIALE

a Chiesa è chiamata a camminare insieme con i popoli dell’Amazzonia. Occorre sviluppare una Chiesa dal volto amazzonico. I popoli che la abitano hanno diritto al primo annuncio che si chiama “Kerygma”. Questo annuncio deve risuonare, anche se espresso in modalità diverse. Tutto questo richiede dialogo con le persone e apprezzamento delle storie del loro territorio. Questo processo ha una definizione specifica: “interculturazione”. E, con Giovanni Paolo II, Francesco sottolinea che “non pretende negare l’autonomia della cultura. Anzi al contrario, nutre per essa il maggior rispetto”. Dunque la cultura è soggetto di redenzione e fautrice di mediazione. Il cristiano non dispone di un unico modello culturale. Pertanto deve relazionarsi con le culture dei popoli amazzonici. Perché questo avvenga, occorre ascoltare la loro “saggezza ancestrale”, tornare a dare voce

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perare la mentalità coloniale assicurando una globalizzazione nella solidarietà e senza marginalizzazione, creando alternative di allevamento che non inquinino; predisponendo risorse lavorative che non comportino la distruzione dell’ambiente e delle culture; assicurando agli indigeni ed ai più poveri una educazione adeguata che sviluppi le loro capacità e le valorizzi. Insomma bisogna cercare di essere “realmente umani”. La Chiesa, soprattutto, deve sentirsi “chiamata ad ascolta-

UN SOGNO ECOLOGICO

ell’Amazzonia esiste una correlazione diretta tra l’essere umano e la natura. Per cui si può dire che l’esistenza umana è cosmica. In Amazzonia secondo il Papa, “tutto è connesso” pertanto ripete con il suo predecessore Benedetto XVI che, accanto alla ecologia della natura, c’è una ecologia umana, la quale, a sua volta, richiede una ecologia sociale. Allora, va detto che la foresta non è una risorsa da sfruttare. La saggezza dei popoli dell’Amazzonia richiama la consapevolezza che va proibito l’abuso. Perché “abusare della natura significa abusare degli antenati, dei fratelli e delle sorel-

aveva già manifestato nei documenti precedenti. Sono quattro i sogni che egli accarezza in questa Esortazione: Un sogno sociale; un sogno culturale; un sogno ecologico; un sogno ecclesiale.

setate di facili guadagni usurpano terreni, privatizzano l’acqua potabile, impiantano industrie del legname, costruiscono progetti minerari o petroliferi ed organizzano altre attività che devastano l’ambiente. Tutte queste attività vengono organizzate con la convivenza palese o tacita degli organismi di governo e, talvolta, anche degli uomini di Chiesa, specialmente missionari, che il Papa condanna e per i quali chiede esplicitamente perdono alle popolazioni indigene. Cosa fare? Occorre su-

UN SOGNO CULTURALE

a promozione dell’Amazzonia deve evitare la “colonizzazione culturale” e fare in modo che le popolazioni che la abitano traggano da sé il meglio. Questo è il senso della migliore opera educativa: “coltivare senza sradicare; far conoscere senza indebolire l’identità; promuovere senza invadere”. In Amazzonia vivono diverse nazionalità e più di 110 popoli indigeni. Bisogna evitare di considerarli “selvaggi non civilizzati”. Essi hanno dato vita a culture diverse che

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Dio e a tutte le persone di buona volontà”. Ha precisato che questa Esortazione non sostituisce il Documento finale del Sinodo, ma vuole offrire un breve quadro di riflessione che incarni nella realtà amazzonica una sintesi di alcune grandi preoccupazioni che

Numero 349 N. 3/2020 - Anno 39/III Marzo 2020

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UN SOGNO SOCIALE PER L’AMAZZONIA

apa Francesco ha deciso di dare seguito al Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia pubblicando in data 2 febbraio 2020 una Esortazione apostolica a cui ha dato un titolo significativo: “Querida Amazzonia”. Ha destinato questo documento “Al Popolo di

IL PRIMO GIORNALE CITTADINO FONDATO NEL 1982 DA FRANCO AMENDOLAGINE

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Presto l’addio all’Asv, una realtà nata mezzo secolo fa Politica

di Viviana Minervini

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Era il 1 luglio 1967 quando partì la missione lavorativa dell’Azienda Servizi Vari di Michele Cotugno

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i avvicina sempre più la data del cambio nella gestione dell’igiene urbana a Bitonto, la data in cui la Società Ambientale del Nord Barese prenderà il ruolo che, per oltre 50 anni ha svolto l’Azienda Servizi Vari. Certo, l’emergenza sanitaria in corso sta facendo, inevitabilmente, allungare i tempi, ma ormai non sembra mancare molto. A fine marzo l’ultimo tassello di una storia, quella della Sanb, che tra tanti punti oscuri, sembra aver trovato finalmente la strada verso la sua definitiva entrata in scena. Il 25 marzo, il commissario straordinario dell’Aro Ba1, Gianfranco Grandaliano, ha dato il via libera al nuovo soggetto di effettuare la raccolta

e lo smaltimento dei rifiuti. Una raccolta che, secondo la delibera, dovrà avvenire in modalità domiciliare con il sistema del porta a porta, in coerenza con gli atti della pianificazione regionale. Si avvicina, dunque, sempre più la data di addio all’Asv, dopo, ribadiamo, 50 anni di servizio. Era il 1 luglio 1967, infatti, quando partì la missione lavorativa dell’Azienda Servizi Vari S.p.A. di Bitonto, ma la sua istituzione risale a quattro anni prima, quando, con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 73 del 25 marzo 1963, si individuò un soggetto che si occupasse della gestione dei servizi di Igiene Urbana, Pubbliche Affissioni, Tra-

sporto Carni Macellate, assumendo alle dipendenze aziendali 60 addetti, tutti operai, salvo un vigilatore, e nessun dipendente amministrativo. L’amministrazione che vide nascere l’Asv fu quella democristiana guidata da Domenico Saracino. Fu costituita come azienda municipalizza-

ta del Comune di Bitonto ed iniziò a lavorare nel ’67, evolvendosi sempre più con la formazione, negli anni successivi, dei primi nuclei amministrativi e dotandosi di un’officina aziendale per riparare i mezzi. Negli anni, ha conosciuto diverse novità, specialmente negli ulti-

mi anni, nel mercato regionale e non solo. L'azienda ha spesso subito cambiamenti a causa delle normative nazionali e regionali. Da azienda totalmente in mano al Comune, è diventata, poi, partecipata dall’ente di Palazzo Gentile, guidata prima da un amministratore delegato e poi da un coniglio di amministrazione. Nel settembre 2017, festeggiò il suo cinquantesimo compleanno, con una manifestazione che si tenne nella Sala degli Specchi del Comune. Un evento in cui si ricordò la lunga storia di un’azienda che, in più di un’occasione, negli anni recenti, è stata definita fiore all’occhiello della città di Bitonto. «L’avventura è incominciata quattro anni dopo dall’istituzione dell’azienda con il

servizio di affissione e distribuzione, senza alcuna amministrativa e direttore, con molta difficoltà e con sessanta dipendenti. Nel ’69 è incominciata la distribuzione anche delle carni macellarie, nel ’74 è toccato al servizio trasporto pubblico urbano» fu il ricordo di un suo ex dipendente, che sottolineò l’evoluzione non solo dell’Asv, ma anche delle modalità di raccolta rifiuti nel corso degli anni: «Inizialmente, la raccolta e lo spazzamento sono avvenuti con mezzi abbastanza rudi perché c’era un riversamento indecoroso di rifiuti per strada. Solo negli anni ’80 sono stati introdotti i cassonetti. Si è passati da quelli più funzionali in vetroresina a quelli in lamiera zincata, utilizzati fino a qualche anno fa».

cordarlo – di operazioni complesse ma necessarie per realizzare questa importante scelta di gestione totalmente pubblica di un servizio in grado di realizzare economie di

scala, e quindi risparmi a favore dei cittadini, e che mette insieme le migliori esperienze di ciascun Comune per un servizio trasparente, più controllabile e più efficiente.

Sanb. Nonostante il Covid 19, si parte prima dell’estate

Anche con l’emergenza, il nuovo soggetto della raccolta rifiuti si sta avvicinando all’avvio del servizio. Dopo anni di attesa di Michele Cotugno Depalma

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er spiegare quello che succede alla Società ambientale nord barese (Sanb), possiamo scomodare un illustre personaggio della nostra cultura di tanti secoli fa. Galileo Galilei: “E pur si muove!”. Il nuovo gestore che si occuperà della gestione dei rifiuti a Bitonto, Corato, Molfetta, Ruvo e Terlizzi, infatti, nonostante l’emergenza Coronavirus e le difficoltà che questa comporta, si muove e lo fa con passi tardi (doveva già essere realtà da tantissimo tempo) e lenti. Ma

importanti, perché tutto questa volta sembra procedere per il verso giusto. Una prima novità da segnare, in questo lungo percorso di avvicinamento allo start del servizio, è stato il 25 marzo, il dì in cui il commissario straordinario dell’Aro Ba1, Gianfranco Grandaliano, ha dato il via libera al nuovo soggetto di effettuare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e di igiene urbana perché, tra le tante motivazioni positive a supporto di tale decisione, c’è soprattutto quella che “tutti i Con-

sigli comunali di Bitonto, Corato, Molfetta, Ruvo di Puglia e Terlizzi esprimono, confermano e ribadiscono la scelta della modalità di affidamento del servizio, in regime di house providing in favore di S.A.N.B. Spa, ricorrendone tutti i presupposti indicati dalle disposizioni legislative e dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale”. Non è tutto, perché si ricorda anche che “la raccolta dei rifiuti avvenga in modalità domiciliare con il sistema del porta a porta coerente con gli atti della pianificazione regionale e secondo le tempistiche riportate

nei contratti di servizio” e che la stessa durerà 15 anni. Dopo questo passaggio, allora, ne deriveranno altri in breve tempo. Si sta perfezionando, secondo quanto previsto dalla legge regionale, le operazioni di passaggio (dagli attuali gestori) di mezzi e personale per l’acquisizione di una licenza per il trasporto conto terzi, ed è stata già avviata la pratica di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali per essere operativi prima dell’estate e possibilmente già da giugno. Si tratta – è bene ri-


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Regolazioni Tari, ok in consiglio per slittamento scadenza Politica

Al vaglio anche altre agevolazioni per aiutare cittadini e imprese in emergenza Covid 19 di Loredana Schiraldi

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mart, non perché “da remoto”, soluzione su cui si è chiesto di lavorare, ma per rapidità ed eleganza. Il 27 marzo, il Consiglio comunale ha rinunciato a strali e polemiche per poter lavorare in sinergia per il bene di Bitonto, Palombaio e Mariotto. Dopo il minuto di silenzio dedicato alle vittime italiane del Covid 19, la massima assise ha discusso e approvato all’unanimità la proposta di portare al 30 giugno la scadenza delle regolazioni Tari, prevista per il 31 marzo.

La nuova data, scelta in base alla norma, serve a dare più tempo ai cittadini, nella speranza che, nel frattempo, data l’impossibilità di recarsi a Caf e Patronati, siano potenziate le modalità online per richiedere ISEE e sponsorizzato l’uso di “Bitonto digitale”, strumento che potrebbe evitare lungaggini e assembramenti. Oltre alla modifica del regolamento IUC, l’amministrazione starebbe studiando altre possibili agevolazioni per cittadini e imprese in materia di TARI, COSAP e IMU, tributi locali su

cui il Comune può agire. Al vaglio anche la possibilità di destinare all’emergenza Coronavirus somme del bilancio di previsione da risparmiare. Palazzo Gentile è inoltre al lavoro per congelare i canoni di occupazione per i

mercati non svolti. Il provvedimento si aggiungerà al blocco degli oneri di concessione per aziende edili, diventato già realtà grazie al dirigente del settore Urbanistica che ha fatto propria la richiesta di Natilla e Scauro. Nella stessa seduta, è

stata inoltre annunciata la proposta di erogare anticipatamente il contributo per canoni locativi, anche in assenza del versamento da parte della Regione. Possibilità avanzata dall’’assessore al Welfare, Gaetano De Palma e già avviata nei giorni scorsi. Stesso destino è capitato anche all’idea portata in Consiglio da Giuseppe Maiorano. Rispondendo alla proposta rivolta a consiglieri e assessori da Franco Natilla (Bitonto Riformista) di rinunciare all’indennità di marzo, il consigliere di Italia in Comune aveva promosso la creazione di un conto corrente comunale affinché tut-

ti potessero donare somme di denaro da destinare ai cittadini più bisognosi. L’assessore al Bilancio si è detto comunque pronto ad accogliere proposte anche dall’opposizione, come quella della forzista Carmela Rossiello di ritenere esentasse il periodo dominato dall’emergenza Covid 19. L’ideale, secondo Domenico Nacci, sarebbe creare una commissione ad hoc con i consiglieri esperti del settore, per poter studiare ogni possibilità, o, come richiesto da Michele Daucelli (Iniziativa Democratica), fare un “pre-Consiglio” prima dell’approvazione del bilancio di previsione.

Il Comune di Bitonto celebra l'anniversario della Liberazione Anpi: “Ricordiamo anche tutte le donne che si sono spese per la causa” di Michele Cotugno

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a pandemia non ferma la Festa della Liberazione. Anche a Bitonto. Il Comune, insieme all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, in occasione del 75° anniversario dalla liberazione del nazifascismo, ha partecipato, il 25 aprile scorso, al tradizionale corteo che si conclude con l’omaggio al cippo commemorativo in Villa Comunale. Quel cippo che reca, sulla sua pietra, le parole della partigiana fiorentina Irma Marchiani, nome di battaglia Anty, alla

sorella, poco prima di essere fucilata a Bologna dai tedeschi, il 26 novembre 1944: «Fra poco non sarò più, muoio sicura di aver fatto quanto mi era possibile, affinché la libertà trionfasse». «L’Anpi è presente sul territorio anche per portare un punto fermo sui valori della Costituzione e della Resistenza, che ci hanno portati ad avere libertà e democrazia – commenta Antonella De Napoli, presidente della sezione cittadina dell’Anpi –. È emo-

zionante essere davanti ad un cippo che ricorda una donna che fu uccisa dalle truppe tedesche e dai fascisti. Ricordiamo, dunque, anche tutte le donne che si sono spese per la causa e che spesso non vengono ricordate a sufficienza». Come da tradizione, ha partecipato al corteo anche il sindaco Michele Abbaticchio, che ha guidato il piccolo corteo fino al monumento: «Non è una festa di una parte politica o sociale dell’Italia, ma è una festa che ricorda un momento molto buio che, inevitabilmente, ricorda molto il periodo che oggi stiamo vi-

vendo, per le ricadute economiche e sociali. Deve essere vissuta, dunque, non soltanto ricordando la vittoria contro il nazifascismo, ma anche ricordando le tante perdite che abbiamo subito, anche tra noi bitontini. Tanti sono i partigiani morti. Spero che la Liberazione sia soprattutto nelle nostre teste, perché si tratterà di avere tanta coesione per ricominciare da capo. Perché è come se Bitonto, insieme a tanti altri Comuni, sia stata abbattuta e travolta e sia necessario ricostruirla, non fisicamente, ma spiritualmente, socialmente ed economicamente».


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Emergenza, gli interventi messi in campo per sostenere l’economia Politica

La Puglia è la terza regione per fondi stanziati, dopo Lombardia e Veneto di Michele Cotugno

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on lo stanziamento dei primi 106 milioni di euro destinati alla cassa integrazione in deroga, varati tramite accordi tra Regione Puglia e parti sociali, sulla base del decreto legge 18, chiamato dalla stampa “Cura Italia”, la Puglia è la terza regione italiana per numero di fondi ottenuti, dopo le due più colpite dall’emergenza Covid-19: Lombardia e Veneto. Fondi che l’esecutivo Conte ha messo in campo per aiutare imprese e lavoratori ad affrontare le difficoltà che si stanno vivendo. Difficoltà che gravano anche sul tessuto economico del nostro territorio, dato che anche nella zona industriale che si estenda tra Bitonto, Modu-

gno e Bari, molte delle aziende che vi sorgono, in cui lavorano tantissime persone, anche nostre concittadine, hanno deciso, per evitare il diffondersi del contagio, di sospendere ogni attività produttiva, nonostante all’interno di alcune di esse ci fosse già aria di crisi. Hanno deciso di fermarsi aziende come Bosch, Magneti Marelli, Oerlikon Graziano, Skf, Magna International, come riferisce l’intervistato. Una scelta certamente saggia, ma difficile, dato che comporta pesanti ripercussioni nella vita di migliaia di lavoratori che, da diversi giorni, non lavorano e non percepiscono reddito. Primo degli interventi attuati è, appunto, la Cassa In-

tegrazione in Deroga che, come ci spiega Domenico De Santis, Consigliere del Presidente della Regione Puglia (per Rapporti con il Parlamento, gli enti e locali OO.SS.), è «quello strumento che riguarda quelle aziende sotto i 15 dipendenti, le piccole e piccolissime imprese italiane, e le aziende che non possono accedere alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Ci abbiamo messo qualche giorno in più rispetto ad altre regioni Abbiamo aspettato qualche giorno per studiare il Cura Italia, per provare ad allargare quanto più possibile l’accesso

alla cassa in deroga per i cittadini e lavoratori pugliesi». La piattaforma online per richiederla è attiva dal 26 marzo e il termine di presentazione delle domande è il 23 agosto. È prevista per tutta la durata della sospensione del rapporto di lavoro e, comunque, per non più di nove settimane per le aziende che non rientrano nelle prestazioni ordinarie. Stanziati anche fondi per le scuole, chiuse, ma impegnate nel garantire l’istruzione dei ragazzi attraverso la didattica a distanza. Come si legge in un comunicato diffuso dalla sezione bitontina del

Movimento 5 Stelle, «circa 115 mila euro alle scuole di Bitonto destinati alla dotazione e al miglioramento di strumenti digitali, oltre che alla formazione del personale scolastico. Il tutto con un principale obiettivo: migliorare la didattica a distanza per garantire una maggiore fruibilità del servizio scolastico in questa fase di emergenza». Risorse che fanno parte dei 6,8 milioni di euro destinati dal Ministero dell’Istruzione alle scuole pugliesi. Il governo centrale, inoltre, nell'ambito delle risorse destinate alla solidarietà ali-

mentare ha individuato altri 400 milioni di euro, di cui al Comune di Bitonto spettano 480.842,82 euro. Soldi da distribuire in favore delle persone più bisognose di Bitonto, Palombaio e Mariotto. Misure e risorse previste nello schema di ordinanza di protezione civile predisposto in conformità a quanto previsto dall’art. 25 del decreto legge n. 1 del 2 gennaio 2018, relativo agli “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile, in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.

Ma cosa prevedono, categoria per categoria, i decreti del governo? Cerchiamo di capire come l’esecutivo nazionale intenda aiutare chi è stato penalizzato dal Covid-19 di Michele Cotugno Depalma

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eppur non incidente su una larghissima fascia di popolazione (colf, badanti, chi è senza lavoro ne resta tagliato fuori, per esempio), il decreto “Cura Italia” è pieno di bonus e agevolazioni per gli autonomi che hanno dovuto chiudere o ridurre l’attività, i lavoratori dipendenti e le imprese, alle prese con carenza di liquidità. Il mantra del Governo, fin dall’inizio della crisi più sconvolgente dai tempi della Seconda guerra mondiale, è stato uno solo: dare un po' di ossigeno a famiglie, dipendenti, autonomi e imprese travolti dal Coronavirus con interventi “poderosi”. Iniziamo dai lavoratori dipendenti, leggendo il provvedimento governativo: «con lo scopo di dare ristoro a coloro che hanno continuato a lavorare nel mese di marzo senza poter adottare, quale misura di prevenzione, quella del lavoro agile o da re-

moto, ai dipendenti pubblici e privati che, nel 2019, hanno conseguito un reddito complessivo da lavoro non superiore a 40mila euro, spetta un premio per il mese di marzo, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede lavorativa». Questo premio sarà dato direttamente nella busta paga di aprile o comunque entro il termine delle operazioni di conguaglio di fine anno. Non è tutto, perché c’è anche la possibilità, per i possessori di autorizzazione e legge 104 (legge 104/92, art. 3 comma 3) di poter incrementare di ulteriori 12 giorni (quindi, saranno 15 in totale per mese) i permessi per poter assistere un familiare disabile per marzo e aprile. I lavoratori dipendenti, inoltre, ma anche quelli iscritti alla Gestione separata INPS e persino gli au-

tonomi, hanno il diritto di fruire di un congedo parentale straordinario per un massimo di 15 giorni, riconosciuto a entrambi i genitori, per i figli di età non superiore a 12 anni, a decorrere dal 5 marzo e fino al 3 maggio. In alternativa possono attivare il bonus baby sitting. Passiamo agli autonomi, per cui il decreto d’emergenza ha individuato le fasce di accesso al bonus di 600 euro erogato direttamente dall’Istituto di previdenza.

Possono richiederlo i liberi professionisti; titolari di partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020, i “co.co.co.”, attivi alla stessa data, iscritti alla gestione separata, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria; gli iscritti alle gestioni speciali dell’Ago (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri, agenti di commercio), non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie; lavora-

tori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato non volontariamente il rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020; gli operai agricoli a tempo determinato, non titolari di pensione, che nel 2019 abbiano effettuato almeno 50 giornate di lavoro in agricoltura; iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, con almeno 30 contributi giornalieri versati nel 2019 al suddetto Fondo, da cui è derivato un reddito non superiore a 50mila euro. Il bonus, seppur in ma-

niera ridotta, spetta anche agli iscritti in via esclusiva alle casse di riferimento private (avvocati, commercialisti, geometri, ecc). Per quanto riguarda, invece, la liquidità alle aziende, l’8 aprile, invece, l’esecutivo Conte ha varato il cosiddetto “decreto liquidità”, meccanismo di leva per la concessione di prestiti, micro o grandi che siano, alle piccole e medie imprese. Soldi che però, secondo gli studi di alcuni esperti, saranno rapidi fino a un massimo di 25mila euro, in quanto garantiti al 100 per cento dallo Stato.


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Cervelli in fuga, il progetto di giornalismo del BFI

CERVELLI IN FUGA • CERVELLI IN FUGA • CERVELLI IN FUGA • CERVELLI IN FUGA • CERVELLI IN FUGA • CERVELLI IN FUGA • CERVELLI IN

di Lara Carbonara

Diario dell’irrequietezza

Parte 2ª

“L

a casa? È castello e isola, torre e caverna, miracolo e quotidianità, ordine e calore, e la voce delle cose che ci aspettano ogni giorno al nostro rientro” (Fabrizio Caramagna). Ispirati dalle parole di Fabrizio Caramagna ho chiesto ai ragazzi di creare una nuova definizione di casa, come può sembrare una casa in questo momento, casa coperta, casa albero, casa foresta, casa fatata, casa aperta, casa socchiusa, casa colorata, casa che nasconde segreti, casa appesa a palloncini, casa con quadri... Lara Carbonara

L

a casa? È dove trovi le persone che ami che ti fanno sentire a casa. È dove c’è il cuore. È dove di notte ti sposti al buio e non inciampi. È il salone con due divani che sembrano vogliano dire accomodati e mettiti comodo tanto ne avremo per le lunghe. È il tappeto sul quale scivoliamo e ci sediamo a giocare, e dove ormai passiamo tante ore che conosciamo ogni piccolo particolare. È la cassettiera da 4 cassetti della bisnonna materna, chissà quante ne ha visti di periodi bui, come questo.

È la cucina, in legno color caffè, una di quelle moderne, e sembra dire la cucina trasmette serenità ma anche energia. Infatti, mia madre, è sempre lì che prepara piatti dolci e salati, e non si stanca mai, con allegria e tutti gli diamo una mano. Sono gli elettrodomestici che, sono i protagonisti della nostra cucina, appaiono stanchi perché usati tante volte durante questo periodo. È un tavolo grande, che si apre, quando mangiamo con tutti i parenti, con sedie dello stesso colore, pronte a farci accomodare, ma adesso Casa Cataldi

La casa è un luogo magico che ti fa sentire al sicuro. Andrea I A * * * La casa è come un castello, noi la abbelliamo e lei ci accoglie in un abbraccio caloroso. Angelica I A * * * La casa è il luogo sacro. Cristopher I A * * * La casa è un dolce di marzapane. Eulalia I A

il tavolo è sempre chiuso perché non viene nessuno a casa, quel tavolo non vede l'ora, che tutto riprendi come prima, anche per iniziare l’attività apri e chiudi per mantenersi in forma. Adesso una parte del tavolo è occupato dal computer, dai libri e dove faccio lezione, mio padre ha subito sistemato le postazioni per la didattica a distanza per me e mio fratello. È il frigorifero che ormai sembra urlare “basta”, visto quante volte durante la giornata viene aperto e chiuso. Sono le mensole dove, ci sono cornici con le foto mie e

di mio fratello, ma anche quelle del viaggio di nozze dei miei genitori, mi emozionano. È il televisore della cucina, che ci fa compagnia mentre mangiamo e durante l’intera giornata visto che è quasi sempre acceso, pronto ad essere sballottato di canale in canale. È il mobile grande in legno, che in parte è una vetrina, dove ci sono le varie bomboniere che mi ricordano le varie ricorrenze a cui abbiamo partecipato, oltre a libri che sono un conforto e svago in questo momento e varie fotografie di famiglia,

che mi fanno grande compagnia. È la camera da letto dei miei genitori ha lo stesso colore del legno della cucina, stile esotico ed etnico, quella camera richiama a essenze, spezie, sapori e profumi di origine esotica, infatti entro spesso e chiudo gli occhi e penso ad un’isola nell’Oceano Pacifico, con spiagge incontaminate e acque cristalline. È un comò con sopra il televisione, ormai anche lui sempre acceso, per sentire gli ultimi aggiornamenti sulla pandemia. È il letto grande, non so

Casa Lovascio

La casa è un cartello stradale. Luca I A * * * La casa è un lusso. Maira I A * * * Casa è la tua famiglia. Serena I A * * * Ci sono case lussuose, case vecchie, moderne e rovinate. Ogni casa ha il suo posto nascosto. Le case sono più belle con gli occhi del padrone. È un luogo

perché ma quando entro in quel letto mi addormento in un sonno profondo e non voglio più alzarmi. Sono i comodini in legno, con sopra le lampade, rosari e libri di preghiere. È la stanzetta mia e di mio fratello, in ciliegio con dettagli in verde chiaro, dove nei nostri letti ci sentiamo sicuri e protetti e ci addormentiamo con la speranza che tutto torni alla normalità il più presto possibile. Èil focolare domestico dove ci si aiuta in tutto, si impara insieme e si fanno cose divertenti. Matteo IA Casa Matteo

Casa Antonino

dove dici addio e benvenuto.

Francesco Lovascio I A * * * La casa è il posto dove puoi mostrare la parte più nascosta di te.

Giuseppe Antonino II A * * * La casa è il luogo della pace. Noemi II A * * * La casa è come un ombrello che ti ripara dalla pioggia. Camilla II A

Casa Gabriele

La mia casa è una nuvola sospesa in cielo, una corrente di accoglienza.

Sofia II A * * * Per me la casa è come uno scudo.

Annamaria II A * * * La casa è una navicella spaziale.

Nicolò II A * * * La casa sono dei palloncini che volano leggeri in aria. Francesca II A


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Coronavirus. Tutte le iniziative di solidarietà dei bitontini Territorio

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di Michele Cotugno

territorio@dabitonto.com

Numerose le iniziative di solidarietà: dalla consegna di pasti caldi a domicilio alle numerose donazioni monetarie e di ventilatori, maschere e tute agli ospedali di Maria Carmela Toscano

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urante l’emergenza Coronavirus, a Bitonto, diverse sono state le iniziative di solidarietà che hanno riscaldato i cuori di tutta la comunità, soprattutto dei più bisognosi. È difficile raccontarle nel dettaglio tutte quante perché molte spesso sono anche svolte in silenzio e con amore, rispondendo a un’azione quotidiana che esula dalla pandemia. Il Comune ha aperto una piattaforma chiamata “Food2me”, per esempio, con la quale è possibile ricevere del cibo a domicilio e di egual natura è l’iniziativa “Ristoacasa”, promossa durante le festività di Pasqua, rivolta agli utenti dei servizi sociali comu-

nali, individuati, principalmente, tra anziani, disabili e adulti non autosufficienti e/o soli, fruitori dei servizi di assistenza domiciliare ADI e SAD, che attualmente sono sospesi proprio a causa dell'emergenza Covid-19. L'Assessorato al Welfare ha, quindi, provveduto a lanciare un avviso pubblico per la creazione di un elenco aperto di pubblici esercizi della ristorazione e somministrazione di alimenti intenti a collaborare alla realizzazione del progetto di solidarietà alimentare. Continua ad esserci la possibilità di richiesta di buoni spesa da consumare in alcuni esercizi commerciali della città e ad essere attivo il

conto corrente del Comune per le donazioni, le cui coordinate bancarie sono: Codice IBAN: IT 44 K 05262 41380 CC0461300495 Intestatario: Tesoreria Comune di Bitonto – Banca Popolare Pugliese (agenzia di Bitonto) Causale: Emer-

genza sanitaria da Covid-19 (per donazioni dall’estero in euro o in altre valute Codice BIC SWIFT: BPPUIT33). Per i contributi versati sul conto corrente solidale, riportando in bonifico la causale “Emergenza sanitaria da Covid-19”, il

Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 ha previsto una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30% per le persone fisiche e gli enti non commerciali e la deducibilità dal reddito d’impresa per i soggetti titolari di reddito d’impresa (art. 66). Diverse sono state le donazioni, da quelle degli agricoltori pugliesi che hanno donato ventilatori, maschere e tute al Policlinico di Bari e la loro disponibilità a sanificare le strade della città, ai 3 mila euro elargiti tra Banco Opera di Carità e la Parrocchia del Crocifisso. O ancora, bancali stracolmi di delizie alimentari da parte dell’associazione “Angeli senza frontiere” e la Parrocchia di San Leo-

ne, i 250 litri di olio donati alla Fondazione Opera Santi Medici dalla Cooperativa Produttori Olivicoli, il contributo del Nucleo Compatto Ultras di Bitonto per la raccolta alimentare presso la Casa della Musica, i 300 gambali al all’ospedale Miulli da parte dell’Unitalsi Bitonto, le mascherine per la Polizia Locale e la Polizia di Stato prodotte da un gruppo di sarte bitontine tra cui Beatrice Pica e Assunta Palladino. Anche le confraternite cittadine si sono date d fare, donando all’ospedale Miulli un ventilatore polmonare. Parlare di solidarietà significa diffondere la speranza che permette di continuare a seguire il monito “Restare uniti, ma distanti” e di credere che tutto andrà bene.

Il contributo del Fablab per superare l’emergenza sanitaria

“Al Dimiccoli di Barletta i raccordi per ventilatori polmonari per far respirare due persone” di Michele Cotugno

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n questo periodo di crisi sanitaria, anche il mondo della tecnologia si è spesso messo al servizio dei medici e della sanità italiana, da ormai un mese impegnati ad affrontare l'emergenza Covid-19. Anche i cosiddetti “maker”, quelli che al Fablab vengono definiti “artigiani digitali”. In tanti, infatti, in Italia, hanno attivato le loro stampanti 3d per provare a dare il proprio contributo realizzando mascherine, visiere o valvole per ventilatori polmonari. A questa chiamata non si è tirato indietro il Centro Tecnologico di Fabbricazione Digitale Fablab, che già all’inizio dell’emergenza aveva disegnato e messo online, scaricabile gratuitamente, un modello di mascherina stampabile da chiunque abbia una stampante 3d. Non solo. Il Centro Tecnologico ha messo a disposizione la sua strumentazione anche per realizzare raccordi per i ventilatori polmonari utilizzati negli ospedali italiani, nell’am-

bito di un progetto nato in collaborazione con il Politecnico di Bari, proprio per aiutare le strutture sanitarie alle prese con le difficoltà dettate dall’emergenza. Si tratta di un banale raccordo che serve a dare la possibilità di collegare due respiratori e, quindi, far respirare due persone, raddoppiando la capacità di ospitare pazienti e di curarli. «Il FabLab Poliba si unisce alle reti di solidarietà e supporto tecnico per affrontare la pandemia. Ognuno deve fare la propria parte. In questi giorni non siamo spariti, ma ci siamo impegnati per combattere anche noi (a nostro modo) questo virus – è l’annuncio che si legge sulla pagina Facebook della struttura sorta due anni fa nella zona artigianale –. Il nostro Fablab ha messo a disposizione il parco macchine ed il proprio know-how in diverse iniziative pubbliche e private per combattere questa battaglia. Ancora una volta rispondiamo ad una chiamata. Realizzeremo altri pezzi di connettori progettati dall'equipe del Politecnico di Bari guidata dal Prof. Giuseppe Carbone, aventi la funzione di

sdoppiare i ventilatori polmonari». Un’iniziativa che vede il Fablab non da solo: «Il Comitato Zona Artigianale di Bitonto si è, infatti, fatto carico del costo di approvvigionamento del TPU termoplastico per la produzione». 500 euro è il contributo del comitato. D’altronde, come ha spiegato Domenico Ruggiero, uno dei cofondatori del Fablab, in una videoconferenza organizzata dal circolo bitontino dei Giovani Democratici, per comprendere meglio il mondo della stampa tridimensionale, le sue applicazioni e il suo futuro, «stiamo all’interno della zona artigianale proprio per fare squadra con le realtà produttive della nostra città e della nostra provincia». I raccordi, prima di essere inviati all’ospedale Dimiccoli di Barletta, sono stati testati sulle macchine grazie all’ausilio del personale medico della struttura barlettana, come ci ha spiegato il prof. Nicola Parisi: «Quando si sono resi conto che il prototipo era funzionante, ci hanno chiesto di produrne in una quantità utile alla fornitura su questi ospedali. Abbiamo prodotto delle visiere e le ab-

biamo distribuite a chi si è fatto attore sul territorio per una distribuzione gratuita delle stesse. In più stiamo ospitando la produzione di alti soggetti che, attraverso campagne di crowdfunding, stanno proponendo la produzione di mascherine con filtro intercambiabile».


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Difficoltà di insegnanti e alunni: “Questa didattica non è insegnamento” © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Paura per l’inizio dell’anno: “Saremo in grado di garantire il distanziamento sociale in aula?” di Viviana Minervini

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ome affronteranno e come ripartirà il mondo della scuola? Ce lo siamo chiesti assieme a 42 insegnanti che hanno risposto al nostro sondaggio online. Hanno risposto cinque insegnanti dell’IC “Cassano - De Renzio”, 20 dell’IC “Modugno - Rutigliano - Rogadeo”, undici dell’IC “Sylos”, quattro del Circolo didattico “Fornelli”, uno del Circolo didattico “Caiati” e uno del IC “don Tonino Bello”. Un solo insegnante nella scuola dell’infanzia ha risposto al sondaggio, 29 di questi insegnano nella scuola primaria, dodici nella scuola secondaria di primo grado. Nel 64,5% dei casi le scuole d’appartenenza hanno fornito agli insegnanti gli

strumenti didattici informatici per poter sopperire a questo momento di emergenza. In difficoltà il restante 37,7%. Diciotto di loro hanno attivato la teledidattica in diretta (42,9%) utilizzando soprattutto programmi come Google Classroom, Zoom e la Piattaforma Collabora; la maggior parte di loro, invece, (24 insegnanti, pari al 57,1%) hanno inviato tracce e compiti tramite video, file o immagini su whatsapp o altri supporti social. La maggior parte degli insegnanti, infatti, ha ammesso la propria “incompetenza” o “mancata formazione” tra le maggiori difficoltà. A ciò si aggiunge la difficoltà di

dover organizzare delle videolezioni con “alunni così piccoli”, l’assenza “dell’interazione in presenza, l’empatia, l’osmosi tra me e i ragazzi” e l’impossibilità di “rispondere a dubbi, perplessità”. La didattica “di emergenza, non è insegnamento”. In alcuni casi “anche le

famiglie non sono state d’aiuto, che poco si interfacciano con i figli e, di conseguenza, con i docenti”. Tra i piccoli studenti, c’è anche da rilevare che molti (il 78% degli studenti dei docenti che hanno risposto) erano sprovvisti di supporti come tablet, computer, peri-

feriche come webcam e microfoni, o connessioni Wi-Fi domestiche. Gli insegnanti, inoltre, hanno rilevato una forte mancanza nei bambini del “contatto fisico e del tempo condiviso con i compagni”, ma anche “dell’assiduità nello studio e nelle consegne”. 34 su 42 insegnanti nelle loro classi hanno anche studenti con disabilità o difficoltà per cui hanno adottato, assieme alle insegnanti di sostegno, una “personalizzazione con semplificazione e riduzione di attività” ma c’è anche chi ha attivato sin dal 9 marzo la teledidattica “perché ho creduto che la prima cosa da tutelare fosse la relazione, seppur a distanza; i bambini ed io avevamo bisogno di continuare il nostro ‘gioco di sguardi’ che abitualmente avevamo in classe nella quotidianità. Tutto questo

mi è servito sino ad oggi a mantenere viva una comunità educativa”. La più grande paura per la ripresa della scuola? “Che si ricominci con la didattica a distanza”, è il timore comune che si aggiunge al “non avere strutture adeguate a contenere le distanze” “considerando che abbiamo classi pollaio” e, quindi, “ad organizzare in modo efficace il distanziamento sociale” per evitare il contagio. “Ricominciare come se niente fosse successo sarà impossibile, soprattutto per i bambini – concludono in ultimo –. Bisognerà lavorare molto sulle emozioni (in assenza di baci e abbracci), garantire ambienti idonei, affinché i genitori, i bambini, noi stessi, possiamo considerare la scuola un luogo sicuro”.

La maturità ai tempi del Coronavirus. Incertezza tra gli studenti

All’orizzonte un probabile orale da svolgere online, come le lezioni a cui hanno dovuto abituarsi di Loredana Schiraldi

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a campanella ha smesso di suonare il 4 marzo. Da allora nessun ingresso a scuola, basta chiacchiere con i compagni tra i banchi o ai distributori, nessuna fuga al bagno per evitare interrogazioni ed essere colti impreparati. Il Coronavirus ha cambiato le abitudini degli studenti, costretti ora alla didattica a distanza. Pc, tablet e cellulari, un tempo usati di nascosto durante le lezioni, sono invece ora gli strumenti per seguirle. E attraverso gli stessi mezzi, probabilmente, i ragazzi dovranno sostenere anche gli esami di maturità. Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha infatti avanzato l’ipotesi di un esame orale con una commis-

sione ristretta, composta da sei membri interni e dal presidente esterno. Ancora da definire anche la modalità in cui sarà svolto. Se nelle scorse ore la via telematica era la più accreditata, ora s’affaccia la possibilità di un esame in presenza qualora la regione sia “a contagio zero” entro il 17 giugno. Gli alunni delle classi quinte di licei e istituti tecnici e professionali vivono, dunque, giorni di profonda incertezza. «A pochi mesi dalla maturità, non sappiamo ancora nulla di ciò che saremo chiamati a fare e questo ci intimorisce molto» rivela il giovane Danilo. Come tutti i suoi coetanei, anche lui segue attentamente e quotidiana-

mente le indiscrezioni e le news che si rincorrono sui media. «Non sappiamo come sarà strutturato l’esame, come si farà e come affrontarlo – ci spiega –. Anche i prof sono molto confusi». Gli stessi docenti a cui va riconosciuta la voglia di adattarsi ad una didattica del tutto nuova e senza contatto umano. «Si stanno impegnando molto – dichiara colmo di gratitudine Danilo –. Anche i meno tecnologici, si stanno attrezzando tra mille difficoltà e ci stanno riuscendo». «La didattica a distanza non piace a nessuno, neanche a noi. Soprattutto i primi giorni, non credevamo che potesse portare risultati» confessa invece la maturanda bitontina Alessia. Quando la speranza di tornare tra i banchi è svani-

ta del tutto, è stato però inevitabile impegnarsi e convincersi «che solo così la scuola poteva vivere tra di noi». I problemi comunque non mancano, soprattutto per chi non ha dispositivi performanti. Alcuni ragazzi, infatti, sono stati costretti a seguire le lezioni e a svolgere i compiti tramite smartphone, essendo sprovvisti di computer. Mancanza a cui le scuole hanno provato a sopperire nell’ultimo mese. Gli istituti hanno fornito anche connessioni ad internet o cercato di convincere cittadini e professionisti a condividere la password wifi con gli studenti più vicini alla loro abitazione o al loro ufficio. «Purtroppo non tutti hanno un modem in casa o comunque una connessione

stabile» ci racconta Alessia. Inoltre, per via della quarantena, le reti sono risultate spesso congestionate e frequenti sono stati i tilt subiti da alcune utenze. «Spesso capita che si sia costretti a chiudere la videolezione e al rientro ormai si sono persi

passaggi importanti della spiegazione». Ora tocca affrontare il rush finale. Nell’attesa che siano svelate quanto prima le modalità di svolgimento degli esami, a tutti loro va il nostro più grande in bocca al lupo.


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“Ringraziamo anche i ragazzi alle prese con questa scuola online” © RIPRODUZIONE RISERVATA

Territorio

È l’invito di uno dei tanti genitori che si sono impegnati per garantire l’istruzione dei figli di Michele Cotugno

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AD, una sigla che, in questi giorni, vediamo sempre più spesso. È l’acronimo di “Didattica a distanza”, attraverso la quale, nell’impossibilità di recarsi a scuola, i docenti possono continuare a garantire l’istruzione agli alunni, evitando lo spreco degli ultimi mesi dell’anno scolastico. Un’esigenza che si è fatta sempre più pressante quando ci si è resi conto che la lotta al Covid-19 non sarebbe stata certo una guerra lampo, ma avrebbe richiesto sacrifici maggiori. «All’inizio, anche nella speranza si trattasse di un periodo breve, la chiusura delle scuole è passata come un periodo di va-

canza. Man mano che il tempo passava, che le notizie sul “nemico invisibile” si rincorrevano, che i decreti governativi allungavano il periodo di sospensione delle lezioni e, soprattutto, man mano che si comprendeva, davvero, la necessità di rimanere a casa, la didattica a distanza è diventato l’unico strumento per consentire la “normale” prosecuzione dell’anno scolastico» ci scrive un genitore in una lettera, per ringraziare docenti e personale scolastico per essersi attivati tempestivamente per consentire l’accesso alle varie piattaforme. Ed, in effetti, all’improvviso, in pochi giorni, le scuole hanno dovuto attivarsi per l’utilizzo di

piattaforme per garantire lezioni e riunioni online e scambio di materiale con gli alunni e tra i docenti stessi. Tutte cose che, in molti, non conoscevano neanche, non avendo, finora, mai avuto esigenze del genere: «Dirigenti, docenti, personale ATA e di segreteria non hanno, cer-

tamente, fatto mancare il loro apporto. A loro, in questo periodo, più volte è stato tributato il giusto elogio per quanto stanno facendo e continueranno, certamente, a fare. Ma è giusto tributare lo stesso apprezzamento agli studenti, soprattutto quelli più giovani, quelli della

Se la Didattica a Di-Stanza è un oscuro presagio

scuola media inferiore. I ragazzi (che, forse, a differenza di qualche adulto non hanno mai perso il sorriso e la speranza, tanto da “caricare” i genitori con quel “andrà tutto bene”) sono stati catapultati, di botto, nell’utilizzo di strumenti informatici e, di più, ad un’autogestione ed autodisciplina scolastica su cui, forse, in pochi avrebbero scommesso». «Tutto questo senza poter uscire di casa. Tutto questo sempre se, in casa, fosse presente un pc, una stampante, uno scanner, una webcam, una cuffia con microfono. Tutto questo se avessero genitori in grado di rispondere alle loro legittime domande» continua il genitore nella lettera, evidenziando come in tanti hanno dovuto correre ai

ripari acquistando qualche strumento informatico mancante: «E, forse, ancora oggi la “postazione studio” non è completa. Ma i ragazzi stanno dando il massimo, stanno reagendo bene. È a loro, quindi, (non me ne vogliano docenti e dirigenti) che va il mio più commosso plauso e un sentito ringraziamento. Perché in questo periodo in cui gli adulti, giustamente, stanno combattendo altri tipi di “battaglie” (condite di ansie e paure), loro stanno facendo la loro parte, magari non in corsia, non per le strade, ma è pur sempre un valido contributo. Non si stanno fermando, non si stanno arrendendo e lo stanno facendo con il sorriso e la serenità dando forza, in tanti casi, agli adulti. Bravi ragazzi!».

gno – che siano in vacanza e, invece, cuffie negli orecchi, riempiono di musica l'abisso attonito del cuore, sfogliano libri e non riescono a leggere senza vedere un domani all'orizzonte, sognano di tornare ad abbracciare chi amano, di ridere e scherzare con gli amici, di proseguire i dialoghi eterni con i distributori di bevande, di correre in toi-

lette per colpa di una vescica sempre troppo lasca, finanche di buggerare il professore spietato al momento dell'interrogazione. Ma il tempo cotidie passa amletico e, soprattutto, passiamo noi. Senza volerlo, ci stiamo svuotando d'anima per diventare robot. Chissà quale uomo abiterà il mondo che ci attende...

Non vorrei che il futuro fosse fatto di app e video, ma senz’anima di Mario Sicolo

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ono giorni che mi sento braccato da un oscuro presagio. La malefica Didattica a Di-Stanza – sì, scritto proprio così, perché alla cattedra, ai banchi e alla lavagna in un’aula, si sono sostituiti monitor, mouse e videolezioni in una camera – ci sta facendo scollare sempre più umanamente dai nostri ragazzi. Sta solcando una lontananza incolmabile, altroché. La connessione non regge, “seguite chiudendo telecamera e microfo-

no”, ci si raccomanda onde evitare di sovraccaricare la linea. Cancellate cioè volti e voci, occhi e parole, visione del mondo e pensiero. E, comunque, presto, fioccheranno provvidenziali corsi di formazione per l'uso di tecnologie multimediali. Persino la tv di Stato ha riscoperto – toh, guarda caso, vien da esclamare sconsolati – la sua funzione pedagogica, dopo aver inseguito per decenni, vertiginosamente e follemente, le televisioni private, tutte

trash&profitto. Qualcuno ha riesumato persino la buonanima del maestro Manzi, che teneva lezioni in un’Italia diversa. Insomma, la sensazione nitida è questa: che, di qui a poco, scomparirà la figura del docente. Tacitamente. Mestamente. Inesorabilmente. In fondo, una volta spazzata via (strategicamente?) una generazione – ma potremmo anche azzardare due – di vegliardi, che rappresentavano un problema per l'economia, un "peso morto" è proprio il caso di scrivere, nella piramide sociale dell'utilità, stilata severa-

mente da un'opinione pubblica prevenuta, al penultimo gradino ci sono proprio i prof. Un video, un audio, un tutorial basteranno e avanzeranno per donare la fasulla, ingannevole, delittuosa onniscienza – che, prima, circolava solo sui social, quasi alla stregua di un gioco – ai ragazzi. Che, peraltro, misureranno questo tempo dilatato, deserto e infinito, imbozzolati in una guaina ripetitiva di nulla ed avranno sempre meno contezza della formazione della loro identità. Si pensa (persino qualche professore mali-


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Il Bitonto Blues festival entra in ogni casa con “BBf 2020 Pandemusic edition” Cultura e Tradizioni

di Loredana Schiraldi

cultura@dabitonto.com

La rassegna internazionale prepara un ricco calendario di musica in streaming di ?????????????????????

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a musica unisce, non divide! Da qui l’idea di un palco virtuale per portare il blues nelle case di tutti. Dopo aver annunciato la sospensione dell’edizione 2020, il Bitonto Blues Festival e il direttore artistico Beppe Granieri lanciano il format online “Bitonto Blues Festival 2020 - Pandemusic Edition” che parte ufficialmente venerdì 1 maggio 2020, una data da sempre importante per il mondo della musica italiana. “Pandemusic” è un format web tv, una trasmissione musicale in streaming sui canali social Facebook e Youtube del festival, a partire dalle 18:30, che si sviluppa nell’arco di cinque puntate, a cadenza settimanale, e che coinvolge oltre cinquanta tra artisti e band che hanno fatto parte delle line up ufficiali del Bitonto Blues Festival (compresi gli artisti dell’edizione 2020 rinviata). Artisti italiani, francesi, statunitensi, argentini che si esibiranno in streaming, riuniti sotto il motto #staywithus.

In ogni puntata, il Bitonto Blues Festival ospita otto artisti in collegamento video direttamente da casa, introdotti dallo storico presentatore della kermesse, Pierluigi Morizio. Ad ogni band e musicista è dedicato uno spazio di 10 minuti. Tra le esibizioni, numerosi collegamenti esterni con alcune delle voci più autorevoli del blues e personalità importanti del panorama artistico, culturale e sociale italiano. Per l’occasione il Bitonto Blues Festival ha aggiornato il proprio concept grafico, sviluppato egregiamente dal creativo Marco Vacca, insistendo sul valore della condivisione e della speranza. «La musica aggrega, non separa – spiega il designer del BBf – la musica parla una sola lingua universale, si tinge dei colori di un popolo, si mescola e dà vita ad altre sfumature. Si contagia per via multisensoriale, si riproduce e fa il giro del pianeta, lasciando dietro di sé un'unica immensa scia benefica che ho chiamato pandemusic. E allora mi sono

Il presentatore Pierluigi Morizio e l'organizzatore Beppe Granieri

fatto contagiare dall'idea di un mondo in cui dobbiamo essere #divisimauniti, un mondo di tanti tassellini quadrati, distanziati tra loro, come texture sgranata, ma che rende l'idea del nostro mappamondo. Mi sono preso il lusso di smembrare il nostro logo e il suo lettering, distanziando gli elementi tra loro, ligio ai doveri sociali a cui siamo chiamati. Ecco l'idea di pandemusic; la

parola pandemic si dilata, lasciando spazio ad US, unendosi e dando vita alla nostra accezione positiva, al nostro virus senza il quale non riusciamo a stare: la musica pandemica. Sarà la vetrina più internazionale di sempre, questa “pandemusic edition”, contenuta/sostenuta dalle due B del logo ai suoi lati, ma con il solito epicentro, questa volta virtuale, segnalato con la stellina

nera della i di “festival”: Bitonto - Puglia - Italia Centro Europa, identificatelo con la scala che più vi aggrada, ma questa “pandemusic” parte da qui. Questo sarà il nostro modo di stare con voi, ecco lo “stay with US”: seguite questo evento insieme a noi». Crediamo che in un momento così difficile, la musica sia il linguaggio più potente per continua-

re a fare comunità e sostenere quanti stanno combattendo la battaglia contro l’epidemia di Codid-19. Perciò la Blu & Soci ha deciso di unire al format una raccolta fondi per la struttura ospedaliera pugliese “Policlinico di Bari - Ospedale Giovanni XXIII”. «L’emergenza ha stravolto i nostri piani e ci ha costretto a sospendere l’edizione live di quest’anno – spiega il Patron Beppe Granieri – ma nelle crisi bisogna sempre intravedere le opportunità: con la “Pandemusic Edition” proveremo a portare un po’ di gioia nelle case del nostro pubblico. È il nostro modo per ringraziare quanti ci sono stati fedeli sin dalla primissima edizione, nonché dare un contributo e sostegno alle strutture ospedaliere attive sul territorio». “Bitonto Blues Festival 2020 - Pandemusic Edition” è un progetto dell’associazione Blu & Soci in partnership con da BITONTO, Comma 3 Web Agency, Radio 00, Radio Selene, Love FM, Radio Ritmo 80 e il portale web italoamericano: lideamagazine.com (NY).


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La Settimana Santa ai tempi del Coronavirus MARZO 2020 - N. 349

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Cultura e Tradizioni

Il Covid-19 come la guerra: annullate le processioni del Venerdì Santo I riti pasquali del 2020 sono stati vissuti in silenzio e devozione tra le mura domestiche di Maria Carmela Toscano

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’Arciconfraternita Santa Maria del Suffragio ha annullato tutti i riti della Settimana Santa in osservanza del Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del 25 marzo 2020, emanato per il rapido evolversi della pandemia da Coronavirus. I bitontini, ma non solo, pertanto hanno vissuto diversamente i riti della Settimana Santa, dal Settenario dell’Addolorata del giovedì sera alla pro-

cessione del Venerdì Santo. A tal proposito, come ricorda il libro "L'arcano della perpetuità" del dottor Fisico Bartolomeo Maiullari del 1628, le statue venivano portate processionalmente non solo il venerdì santo ma anche in occasione di gravi sciagure o momenti in cui tutta la popolazione voleva rivolgersi in modo particolare al Signore. La processione così come la vediamo oggi acquista le sue caratteristiche tra la fine del

Settecento e gli inizi dell'Ottocento, soprattutto con l'aggiunta del Legno Santo. «Come ricorda Pasquale Procacci nel suo libro dal titolo “L’Arciconfraternita del Suffragio o del Purgatorio nella Storia religiosa e civile di Bitonto” – racconta lo studioso e On. Giovanni Procacci –, la processione del Venerdì Santo non si tenne negli anni della Grande Guerra. Precisamente si tenne nel 1915 e non negli anni dal 1916 al 1918». «La stessa cosa è avvenuta in modo diverso nel Secondo conflitto mondiale quando negli

anni dal ‘41 al ‘45, per poter fare la processione, si dovette chiedere un permesso eccezionale. Il prefetto lo consentì a patto che la processione uscisse alle ore 12 e rientrasse prima del tramonto. Questo per evitare che le luci potessero violare il coprifuoco che per i bombardamenti aerei era assolutamente necessario». Inoltre, «gli anziani portatori, che adesso non ci sono più, ricordavano come la cera in quegli anni era impossibile da trovare. La statua della Madonna non fu circondata dalle tradizionali torce, bensì da fiacco-

le a gas». Quest'anno sembra di essere tornati a questi terribili eventi. Per ragionevoli motivazioni, i riti della Settimana Santa sono stati rinviati, ma sono stati vissuti in devozione nelle mura domestiche. «Stiamo vivendo – ha concluso l’onorevole – una situazione assolutamente emergenziale come quella delle due guerre mondiali del secolo scorso. Vuol dire che quest'anno stiamo vivendo i riti della settimana Santa nel silenzio della nostra anima e affidando la nostra preghiera a Maria e a Gesù morto».

Il “giro della notte” delle bande Il Giovedì Santo si celebra in E Bitontinarte rende social cittadine si snoda online casa con i sepolcri domestici i riti pasquali

Il Trofeo del Legno Santo 2019 - Foto di Vincenzo Diliso

L’iniziativa dell’associazione “delle Cese” A realizzarli ormai da anni sono la Il gruppo facebook ha realizzato sposata anche dalla “Tommaso Traetta" famiglia Turturro ed Emanuele Latilla una mostra fotografica virtuale di Viviana Minervini

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uaranta strumentisti, armati di flauti, clarinetti, sassofoni, tromboni, percussioni e non solo, hanno fatto risuonare su pc, tablet e smartphone la marcia funebre n. 5 del maestro bitontino Michele Carelli. Un omaggio digitale, nella Settimana Santa ai tempi del Coronavirus, alla tradizione del “giro della notte” che veniva effettuato nella tra il Giovedì e il Venerdì Santo a Bitonto, a cura delle bande musicali cittadine. Da una parte l’associazione Musicale Culturale “Davide delle Cese”, diretta dal maestro Vito Vittorio Desantis, che ha lanciato l’iniziativa, dall’altra la Banda Cittadina “Tommaso Traetta”, diretta dal maestro Simone Mezzapesa, che ha sposato subito l’idea per abbattere ogni steccato.

Originariamente, il cosiddetto “giro della notte”, che viene effettuato solo a Bitonto in tutta la Puglia, fu istituito dai portatori delle Sacre Immagini della Processione dei Misteri al fine di annunciare – attraverso le struggenti note delle tradizionali marce funebri –, l’imminente uscita della processione. Dalle proprie abitazioni i portatori udivano il suono della banda propagarsi nel silenzio della notte. Il giro quest’anno – a causa dell’emergenza Covid 19 – non si è potuto svolgere, ma le bande cittadine hanno deciso di farlo rivivere online, grazie anche all’impegno dei maestri Nicola Cozzella – per l’editing audio – e Benito Vitariello per il montaggio, con l’ausilio del maestro Antonio Frascella.

di Maria Carmela Toscano

di Loredana Schiraldi

tenere uniti i nostri bitontini, meditazione nell’orto degli ulivi, la fede e le tradizioni. Nel la flagellazione, l’incoronazione corso dell’insolita Settimana di spine, il cammino della croce, Santa 2020, molti cittadini han- l’incontro sul Calvario, la depono allestito nelle loro case un sizione di Gesù Cristo e il dolore Sepolcro, con la riproduzione di Maria. A questi, si aggiunge delle statue che avrebbero sfila- poi anche il trofeo floreale con i to tradizionalmente per le vie frammenti del Legno Santo, oridella città il Venerdì Santo. ginale e immancabile testimoEmanuele Latilla è uno dei nianza della tradizione bitontibitontini che crea un Sepolcro na. domestico sin da Il sepolcro realizzato da Emanuele Latilla bambino, quando lo realizzava con le figure dei Misteri della Chiesa di San Domenico. Quest’anno, invece, ha deciso di farlo ancora più grande, impreziosendolo con le statue realizzate da Vito Pazienza. La stessa tradizione è tramandata di generazione in geIl sepolcro di casa Turturro nerazione anche a casa Turturro. Ogni anno, in occasione del Giovedì Santo, la famiglia allestisce il Sepolcro con delle statue in miniatura, realizzate in carta pesta e a mano, che si ispirano ai misteri dolorosi della Via Crucis: la

er le strade, illuminate dalle prime luci dell’alba e dalle candele dei fedeli, risuonano le note delle bande cittadine. La musica accompagna l’incedere delle statue dei Misteri e segna l’inizio del Venerdì Santo, giornata interamente dedicata alla fede e alla tradizione. Dopo il rito mattutino, infatti, il momento di devozione continua con la Processione di Gala serale. La Madre di Cristo, con il suo eloquente silenzio doloroso, sfila per le vie bitontine e, insieme a lei, la Culla del Figlio morto, la Sindone e il Trofeo con la reliquia del Santo Legno della Croce. Quest’ anno, però, nulla di tutto questo è avvenuto. Il Coronavirus è riuscito a spezzare la nostra tradizione, ma non la fede e la voglia di emozionarsi di tutti noi.

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P

La foto di Viviana Minervini in mostra

Grazie a “Bitontinarte”, infatti, è stato possibile godere comunque della bellezza dei riti della Settimana Santa. Il gruppo facebook, creato da Francesco Parisi e Carmela Bitritto con l’intento di dare visibilità agli artisti bitontini di ogni disciplina, ha realizzato sulla propria pagina una mostra virtuale sul tema. L’idea, nata da Vincenzo Diliso e dai fondatori del gruppo, è stata quella di far rivivere sui social i riti bitontini e non, attraverso gli scatti di fotografi e amatori. A partecipare all’insolita esposizione sono stato gli artisti: Vincenzo Diliso, Francesco Parisi, Carmela Bitritto, Viviana Minervini, Domenico Tangro, Enzo Depalo, Francesco Paolo Cosola, Valentina Pazienza e Giacinto De Palo.


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L'Inchiesta

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Come cambierà la città d

Colpo tremendo all’economia. E si teme la criminalità

Abbiano interpellato con un sondaggio le forze positive del territorio. Questo l’esito di Viviana Minervini

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ome ripartirà la città dopo il quattro maggio? Quali sono le maggiori preoccupazioni dei commercianti bitontini? Abbiamo provato a fare un sondaggio tra loro. Venti commercianti ci hanno risposto: 12 uomini (60%) e 8 donne (40%), tutti d’età compresa tra i 26 e i 66 anni. Tra loro ristoratori, proprietari di b&b, titolari di negozi di abbigliamento, dettaglio casalinghi e oggettistica; professionisti come fotografi, artigiani, studi professionali e commercianti ambulanti. Undici di questi svolgono la loro attività nella zona “nuova” della città, sette nel centro storico, uno nella zona artigianale e uno solo sul web. L’85% di loro durante il periodo della quarantena han-

no tenuto giù la serranda – due hanno fatto consegna a domicilio, uno è stato chiuso – e hanno avuto un assoluto azzeramento delle entrate economiche. Nessuno di loro ha rilevato problemi di natura economica prima della pandemia, ma si è sottolineata l’assenza di turismo, crisi della domanda, alta tassazione e lavoro e paghe in nero. «Nella mia attività – spiega meglio un commerciante –, nonostante si combatta giornalmente per l'eccessiva pressione fiscale ed i furbetti di quartiere, non avevamo problemi di natura economica. La grande mole di lavoro, seppur non corrispondente ad un adeguato ritorno economico, ci permetteva di avere un'azienda tranquillamente in attivo». Per la ripresa delle attività

tre attività hanno valutato l’opzione di chiudere o di chiudere per investire all’estero. Sei, delle venti risposte, valutano l’opzione di chiedere un prestito bancario o a famigliari. C’è chi non avrà bisogno di prestiti e probabilmente farà “domanda per il ristoro da parte dello Stato, grazie al decreto ‘Cura Italia’”; chi spera di “riuscire a lavorare nel periodo estivo,

perché dietro ogni lavoro ci sono delle spese”; chi insiste e assicura di continuare “a dare prodotti alimentari qualitativamente alti e, nello stesso tempo, valutare le eventuali metamorfosi commerciali post – covid”. Tranne per due attività che hanno dichiarato di non avere dipendenti, le restanti diciotto risposte prevedono un taglio o un decremento

(condito da tanti “spero che non sia necessario”) dei collaboratori, salvo un supporto da parte dello Stato. C’è anche chi risponde: “Prima i dipendenti, poi le tasse”. I timori al momento della riapertura, comunque, riguardano soprattutto le regole di distanziamento sociale, soprattutto si spera “che i clienti capiscano che devono mantenere le distanze di sicurezza”. Tutti hanno provveduto all’ “acquisto di guanti e gel disinfettante” e chi afferma che “all’apertura i clienti troveranno dispenser di gel all’ingresso: la prevenzione prima di tutto”. In ultimo non mancano nemmeno i timori di una più forte presenza della criminalità organizzata sulle attività commerciali: “Bisognerà stare molto attenti, perché potrebbe esserci un aumento della microcriminalità e delle rapine”. C’è chi spera “Interventi

incisivi delle nostre forze dell’ordine”. Proprio in tal senso, infatti, la Prefettura di Bari assieme ai vertici delle Forze dell’Ordine e alla DDA, ha già messo le basi per diversi incontri al fine di comprendere – si legge in una nota – “i rischi connessi all'interesse della criminalità a rilevare le attività commerciali in crisi, a fini di riciclaggio, a prestare denaro a famiglie per avere consenso sociale e a utilizzare le imprese colluse con la criminalità per entrare nel circuito dei finanziamenti messi a disposizione dallo Stato e dalla Regione Puglia e non ultimo per alimentare la loro attività di usura". Negozianti, commercianti e professionisti bitontini attendono sempre la riapertura di un posto fisico per la sede dell’antiracket cittadino. Necessario, in questo momento più che mai.

Gli psicologi: "Ecco il vademecum per superare la crisi" Il presidente Gesualdo: "Dobbiamo imparare a convivere con le novità" di Mario Sicolo

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no stravolgimento così netto del nostro stile di vita non si era mai visto prima. Una decelerazione violenta di usi e costumi quotidiani che ha riguardato tutti e, per giunta, contemporaneamente. Una rivoluzione epocale, dentro e fuori d'ognuno di noi. L'Ordine degli Psicologi della Regione Puglia, sin dai primi giorni dell'emergenza, ha preso a diramare comunicati che puntassero a rasserenare tutti, dando suggerimenti utili per affrontare questa situazione d'inedita crisi, attivando una task force con proprie risorse, che coinvolge le associazioni Sipem, Emdr e i professionisti iscritti all’albo, e un numero verde (800.010240).

«L'assoluta singolarità del momento che stiamo vivendo sta mettendo tutti di fronte a nuovi contesti e nuove sensazioni con i quali dover convivere», ha sottolineato il presidente Vincenzo Gesualdo. Per questo, il Consiglio dell’Ordine ha voluto dare un contributo per far fronte alle problematiche emerse dall’emergenza Covid-19 e, attraverso le psicologhe Anna Palumbo e Laura Corvaglia, ha stilato una sorta di dodecalogo dell'anima, un vademecum contenente le indicazioni per orientare al meglio i pensieri, gli atteggiamenti e i comportamenti dell’intera comunità. Ecco i 12 consigli degli psicologi: 1. Può capitare in questo

periodo di provare diverse emozioni: ansia, paura, agitazione, rabbia. In questi casi è opportuno fermarsi, riconoscere quale stato emotivo si sta provando ed accettarlo come una reazione normale ad un evento anormale; 2. Spesso l’intensità delle emozioni negative dipende dalla percezione che abbiamo delle cose. Tanto più è elevata la percezione del rischio, tanto più af-

frontiamo la situazione con un enorme carico di stress. È bene riconoscere che adottando le misure di sicurezza che ci sono state suggerite dalle istituzioni, non solo ci si protegge da un eventuale contagio, ma anche dallo stress causato da una percezione del rischio sopraelevata; 3. Può accadere di utilizzare i mezzi di comunicazione in maniera eccessiva o errata, al fine di essere sempre informati sui nuovi sviluppi della pandemia in atto. Evitare la “bulimia di informazioni” ci aiuta a ridurre il sovraccarico emotivo, informandosi solo attraverso canali istituzionali; 4. Utilizzare i canali social per mantenere rapporti piacevoli con familiari ed amici. Il supporto sociale, infatti, è uno dei maggiori fattori che acquie-

tano lo stato di stress; 5. Darsi delle regole quotidiane, mantenendo il più possibile quelle ordinarie e imparando, laddove si lavori da casa, a delimitare spazi e tempi da dedicare al lavoro; 6. Dedicare il tempo ad attività che prima non riuscivamo a svolgere e dare dignità e valore ad ogni momento della giornata, ad ogni gesto o abitudine, dedicando a ciascuno spazio e tempo; 7. Dedicare un momento della giornata all’attività fisica, in quanto questa migliora la capacità di concentrazione, l’umore, il sonno ed il benessere psicologico in generale, determinando la naturale liberazione di endorfine, definite come ormoni del benessere; 8. Utilizzare questo periodo per acquisire maggiori risorse

personali, imparando a tollerare la noia e la frustrazione; 9. Favorire, a fine giornata, la decompressione emotiva dedicandosi ad attività rilassanti quali un bagno caldo o la lettura di un libro, al fine di facilitare il sonno; 10. Spiegare ai bambini la situazione che stiamo vivendo, in maniera chiara e attraverso un linguaggio semplice fatto di immagini e giochi; 11. Organizzare la giornata dei bambini, dedicando il tempo alle attività scolastiche, di svago e creative, ma anche alla noia, dando opportunità di crescita alla creatività e alla fantasia; 12. Sostenere il più possibile gli anziani con chiamate, al fine di evitare il senso di isolamento e solitudine che questi vivono.


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dopo l'emergenza Coronavirus E se la crisi fosse un’opportunità da sfruttare?

Le Torri Gemelle, la Lehman Brothers, il Covid-19: tre eventi con tante analogie di Donato Rossiello e Nico Fano

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ttentato alle Torri Gemelle, settembre 2001. Fallimento della banca Lehman Brothers, settembre 2008. Pandemia da Covid19, febbraio 2020. Sembrano crisi finanziarie molto diverse tra loro ma presentano diversi fattori che le accomunano. Primo: la paura. Nel 2001, la paura che il mondo potesse cambiare a causa degli attentati e non andare avanti come prima. Nel 2008, la paura che il mondo potesse fermarsi a causa della crisi finanziaria dell’epoca e non andare avanti come prima. Ora, la paura che il mondo possa fermarsi a causa della crisi sanitaria in atto e non andare avanti come prima.

Timori del tutto fondati. Nella vita reale gli attentati purtroppo minacciano costantemente la nostra quotidianità e le crisi finanziarie sono sempre dietro l’angolo, in ogni nazione ed in ogni settore. Sull’attuale crisi sanitaria è inutile aggiungere altro. Ma la paura è un sentimento positivo che porta l’uomo al progresso, ad ingegnarsi e ad evolversi. Analizzando ciò che succede nei mercati finanziari, la paura genera il cosiddetto panic selling, il quale porta a ribassi forti e repentini. Durante queste crisi se hai temuto, anche per un solo attimo, che potesse succedere qualcosa di negativo a livello finanziario, significa che la tua pianificazione finanziaria presenta delle fal-

le assolutamente evitabili e, forse, non più rimediabili. Secondo: potevano essere evitate. L’attentato alle Torri Gemelle e il fallimento della Lehman Brothers sono avvenuti con i mercati finanziari in continua discesa da un anno, mentre la pandemia da Covid-19 è scoppiata con i mercati ai massimi storici, quando solo l’avidità

può portare l’investitore a pretendere profitti maggiori. Chi imputa a questi tre eventi la causa delle proprie perdite finanziarie cerca solo delle scusanti per le proprie scelte sbagliate. Terzo: opportunità. Le crisi nascondono rarissime opportunità per chi ha saputo pianificare saggiamente le proprie strategie d’investimento. Per dare

un valore a queste opportunità, dal giorno dell’attentato alle Torri Gemelle ai giorni pre Covid-19 i mercati finanziari mondiali hanno guadagnato circa il 200%, invece dopo il fallimento della Lehman Brothers circa il 170%; lo stesso succederà a seguito dell’attuale crisi sanitaria, perché il progresso mondiale è inarrestabile. Durante le crisi, così come nei periodi tranquilli, ci saranno sempre delle aziende che emergeranno ed altre che falliranno a livello globale. Vorrei sottolineare due aspetti: mai investire su singoli Stati o settori (per esempio l’Italia al massimo è arrivata al 50% circa dei prezzi pre crisi 2008, altro che 170% o 200%… ) ma questo non significa che bisogna investire tutto e subito, piuttosto rimarca quanto

sia necessaria una corretta e lungimirante pianificazione finanziaria. Quali sono state le ultime opportunità nei mercati finanziari? Esattamente il post attentato alle Torri Gemelle e il post fallimento della Lehman Brothers, quasi come se il mercato (o chi lo comanda) non aspettasse altro! Inoltre, il picco dei casi in Cina non ha creato nessun panico sui mercati finanziari mondiali, mentre i primi contagi in Italia hanno dato vita ad una volatilità che non si era mai vista prima. Senza alcuna logica, dato che l’economia cinese pesa sette volte quella italiana. Sono state create le basi per approfittare di un’ennesima ghiotta occasione. Ad ogni modo non dimentichiamoci che il bene trionfa sempre sul male.

Gigia Bucci, Cgil Bari: “Il rapporto col mercato non sarà più lo stesso”

“Occorrerà un confronto serio e costante tra sindacati, imprese e istituzioni” di Michele Cotugno

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er il tessuto economico italiano, quelli odierni non sono certamente tempi facili. Sono in tante le aziende che non stanno lavorando, non stanno producendo e, dunque, non stanno guadagnando quei soldi con cui pagare i lavoratori. Certo, ci sono le agevolazioni come la Cassa Integrazione in Deroga e gli altri interventi decisi dal governo e, poi, dalle Regioni. Ma, comunque, tante saranno le difficoltà, quando sarà il momento di ripartire. Quando inizierà, finalmente, la cosiddetta Fase 2. Quanto sarà difficile ripartire per le aziende e, in generale, per il mondo del la-

voro, considerando che molte delle aziende nella zona industriale di Bari versava o già in una situazione di crisi? Quanto sarà complicato assicurare garanzie ai lavoratori, dato che forte è il rischio di licenziamento? C'è il rischio che qualche azienda non riapra affatto e che ci sia una "strage" di lavoratori? Ne abbiamo parlato con Gigia Bucci, segretario generale della Cgil di Bari, anche per comprendere che ruolo possono e devono avere i sindacati nella soluzione di questa crisi che non ha precedenti nella storia recente: «L’area industriale di Bari e, nel complesso, l’intero siste-

ma delle imprese che gravitano nella zona metropolitana del capoluogo pugliese, manifestano una situazione variegata poiché coesistono aziende in difficoltà insieme ad industrie altamente innovative e proiettate verso il futuro. Ed è proprio da lì che bisogna

partire. Certo gli effetti sul sistema economico e sociale che la pandemia avrà non sono prevedibili e immaginabili. Va detto, tuttavia, che le misure messe in campo dal governo necessitano di uno snellimento burocratico notevole perché alle imprese ser-

vono liquidità immediate. La Regione Puglia ha fatto la sua parte introducendo strumenti finanziari per 450 milioni di euro. Ma servono procedure molto semplificate di sostegno soprattutto alle piccolissime e piccole imprese con la garanzia del 100 per cento della copertura degli interessi bancari. Sono tutti elementi questi che ci permettono di guardare al post pandemia con un quadro di relativa fiducia». Certamente non tutto potrà tornare ad essere come prima, specialmente in ambito economico, come conferma Bucci: «C’è bisogno di ripensare l’organizzazione delle imprese, il rapporto con il mercato che non sarà più lo stesso, cambieranno le priori-

tà dei cittadini e occorrerà costruire un confronto molto ma molto serio tra organizzazioni sindacali, imprese e istituzioni. Noi lo abbiamo già dimostrato e non abbiamo affrontato questa crisi ideologicamente La fase di ripresa dovrà vedere il tema della sicurezza e quindi della vigilanza senza sconti per nessuno. Sicuramente sarà una fase complicata, ma non per questo negativa. Può essere l’occasione anche per riconvertire pezzi importanti del sistema industriale. Dipenderà da tutti noi. Dobbiamo avere l’intelligenza di uscire gradualmente mettendo in sicurezza tutti, ma soprattutto avendo una visione di quello che sarà il mondo e quindi pronti a metterci in discussione».


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17 Ci lascia Matteo Masiello (1933-2020) Pestilenze e pandemie in alcune Un gigante della cultura e dell’arte fonti letterarie ed artistiche MARZO 2020 - N. 349

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di Antonio Castellano

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ono stato grande amico di Matteo Masiello sin dagli anni cinquanta. Sono grato a lui per il nostro indistruttibile sodalizio culturale-artistico, per aver prestato la sua arte nella elaborazione dei disegni che compongono la guida alla Città di Bitonto (1991), e soprattutto per aver creato i frontespizi di ognuno dei volumi della Storia di Bitonto narrata e illustrata (curata da me e dall’amico Michele Muschitiello a partire dal 1994), nonché per alcuni ritratti dal vero. Non bastano poche righe per narrare la vicenda umana ed artistica di Matteo, ma io non voglio ricostruire il profilo biografico dell’artista Masiello, del resto già abbastanza noto a tutti tramite le sue opere, le mostre, nonché i cataloghi, gli articoli passati e recenti, ma ricostruire il profilo del mio ricordo di Matteo, amico e pittore. Per questo, voglio qui riportare un breve saggio da me scritto nella Collana di Monografie (Ed. Raffaello, 1994) dal titolo Il mio Matteo Masiello. «Abituato a vedere i manufatti umani secondo l’occhio critico di storico dell’arte, l’approccio alla pittura di Matteo Masiello immediatamente ha evocato nel mio animo echi e suggestioni antiche riproposte, in termini nuovi, con una commistione che ha del fantastico. È proprio vero! Prima di soffermarci a parlare della pittura del Masiello, prima di comprenderla, occorre conoscere la sua forte personalità. Cresciuto nella paleopoli bitontina, tra la Sua casa e quella dell’indimenticabile Francesco Speranza, sin dall’infanzia mi è rimasta impressa quell’aitante figura di ascendenza nordica che dominava i corridoi dell’esternato dell’Istituto Maria Cristina di Savoia, e che si stagliava, come un condottiero normanno, fra le fabbriche del Centro Antico quando via Planelli s’immetteva nella brulicante piazza della Cattedrale. Ancora oggi, dopo decenni, quando Lo rivedo, appare sempre lo stesso: sembra che emer-

ga, tra le membrature architettoniche degli arconi e dell’esaforato, un eccezionale personaggio consono alla monumentalità del luogo. Rivedendo, dopo tanti anni, i suoi quadri, sono ritornati alla mente i ricordi che, nell’adolescenza, mi rendevano piccolo, estatico, nell’ammirare le grandi pale, gli enormi lacunari che controsoffittano le chiese postcontroriformistiche, i grotteschi dei cieli delle ville e delle case patrizie (Ilderis, Gentile, Regna a Bitonto, Scurra a Modugno). Certamente vi è un nesso tra le grandi tele di Masiello e le grandi opere dei maestri di ogni tempo. Volutamente approdato tardi alla critica e al pubblico, Matteo Masiello non poteva non essere che un deflagrante ordigno il quale, repentinamente, ha dissolto il turgido mondo dell’arte in Puglia dove il “nuovo” era già vecchio, dove, da oltre un secolo, si viveva una stanca moda di provincia culturalmente ricettiva e non creativa. Dopo lo stupore, vi è stato in Puglia un gran parlare e quindi si son mossi i nostri maggiori critici (Michele Campione, Pietro Marino, Anna D’Elia). Ho letto tutte le critiche, e ci ho molto riflettuto. Si è parlato molto di “Nuova Maniera” (Gatt, Mongelli). Ma…quale maniera? Certamente non si tratta di “maniere de”. Così dipingevano i continuatori di uno stile, i giovani delle grandi botteghe e scuole. E’ questo, invece, un nuovo modo di fare pittura, un nuovo prodotto “solo idealmente” collegabile ad un passato prossimo o remoto. La pittura di Masiello è riconducibile quindi soltanto culturalmente e spiritualmente alla cosiddetta “grande maniera”, dal tardo Rinascimento al Neoclassicismo, dai Nazareni ai Preraffaelliti. Morfologicamente le sue tele hanno un “respiro ampio”, hanno bisogno di una spazialità non comune, sono di un forte “taglio classico”. Il cromatismo è violento, palpitante, abbagliante; una

Il volume storia di bitonto

pittura nuova, ma pregna di antiche, magiche essenze, a volte ermetiche e addirittura grottesche. In queste opere, davvero monumentali, tra fulgenti bagliori ove le immagini rimangono compatte e non si sgranano nell’atmosfera luminosa, si muovono veri e propri mostri sacri i quali richiamano un filone storico – artistico che non si è mai spento e che, nei tempi antichi, trovò in Puglia e nella Magna Grecia il terreno più fertile.

artista, con fantasia descrittiva, didascalica, li esplicita in forme allegoriche ed enigmatiche. Secondo me Matteo Masiello, in termini moderni, si muove nell’ambito di questo straordinario filone storico-artistico dove, a volte, è presente una forte personalità, testimone e nello stesso tempo narratore del fantastico che accade nelle sue tele». Allego al mio scritto una foto di Masiello assieme al grande Michele Campione, giornalista e critico d’arte, scattata durante una splendida mostra di opere (in piccolo formato) di Masiello, curata dall’associazione “Terre degli Ulivi” presso il Sedile S. Anna, via Rogadeo (settembre 2002 ottobre 2002). Campione è stato quello che più di ogni altra persona ci ha fatto capire il valore dell’arte del nostro Masiello. Ricordo con piacere le altre mostre delle sue opere organizzate sempre con l’Associazione “Terre degli Ulivi”: dicembre 2002 - gennaio 2003 presso l’Istituto Maria Cristina di Savoia (in occasione del 250° an-

Matteo Masiello con Michele Campione

Trasformare le tragedie antropiche in farse grottesche è una costante tipica della migliore pittura di ogni tempo: dai vasi fliacici italioti ed apuli del V-IV sec. a.C., alla plastica e all’ornato musivo medioevale, ai fiamminghi dei secc. XV-XVI (Bosch, Van Orley, Brughel), ai Bamboccianti romani del ‘600 e ai Manieristi di casa nostra (Gaspar Hovic, Francesco De Corduba). Pure gli aspetti positivi della vita, in ogni tempo, specialmente nei partiti plastici, il vero

niversario dell’Istituto Maria Cristina di Savoia); ottobre 2003 - novembre 2003, presso l’Ospedale dei Crociati a Molfetta. Matteo ci mancherai! A me restano i ricordi delle nostre discussioni sull’arte e sulla storia di Bitonto, degli eventi organizzati insieme. A tutti noi restano le tue opere, la forza della tua pittura: un gigante della cultura e dell’arte a Bitonto, in Puglia e anche fuori la nostra stessa Italia.

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entre nel mondo infuria il COVID 19 (Coronavirus) è opportuno leggere un passo del Manzoni al cap. XXXI de “I promessi sposi”: “La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia”. Siamo nel 1629. Nell’intero XVII secolo si svilupparono nella penisola ben tre epidemie. Fra queste fatali furono la peste del 1656 e del 1690-91. Con riferimento a quest’ultimo evento si ricorda l’episodio avvenuto a Castellana Grotte, dove due sacerdoti pregarono la Madonna della Veterana per la liberazione del popolo dal morbo della peste e “parve ad uno di essi di udire una voce interna che comandasse alla peste in nome della Vergine a partire da quella Terra… e sarebbe cessato il flagello”. Gli stessi affermarono che chiunque si fosse unto con l’olio della lampada che ardeva davanti all’immagine della Madonna della Vetrana sarebbe guarito. E così fu. Della peste di metà Seicento rimane una relazione dettagliata di Anonimo Napoletano e la bella tavola del pittore Carlo Rosa che ora si ammira nel Museo Diocesano sito nel Centro Storico a via Ferrante Aporti. Oltre ai Santi Patroni nel dipinto è raffigurata la città (vista da Porta Baresana) e l’iscrizione: “Qui transit peste spectator, siste viator, incolumes cives omnes, populunque videbis…”. Sempre nello stesso Museo vi è la vasta tela (180x205) firmata dal pittore Francesco Antonio Altobello nel 1691 con la scritta “Ingressam pestem purissima Virgo fugavit MDCXXXXI”. Al centro del dipinto la Vergine Madre circondata dagli angeli. In basso la prospettiva di Bitonto. La più antica relazione riguardante una pestilenza risale al 1348-51. Nel 1348 ci fu una spaventosa pandemia pestifera narrata nel Chronicon di Notar Domenico da Gravina di Puglia che pone Bitonto al centro del contagio quando gli Ungheresi valicarono le Alpi. La pandemia ispirò a Giovanni Boccaccio la scrittura del libro di dieci giorni ossia il Decameron edito nel 1351. Bitonto con la Badia di San Leone e la fiera degli animali di Aprile è citata nella novella X della IX giornata: “Non avendo adunque più modo a dover fare della giovane cavalla, per le parole che dette avea compar Pietro, ella dolente e malinco-

nosa si rivestì, e compar Pietro con uno asino, come usato era, attese a fare il suo mestiere antico, e con donno Gianni insieme n'andò alla fiera di Bitonto, né mai più di tal servigio il richiese”. Il narratore della novella, che visse a Firenze, era probabilmente di origine pugliese. Nel XIV secolo nasce il culto per il Santo di Montpellier, San Rocco pellegrino in Italia morto per il morbo. Nel 1482 l’epidemia pestifera colpisce anche Bitonto. Nel corso del XVI secolo la Città conosce un lungo periodo di virulenza. Nel 1528 in segno di ringraziamento l’Universitas Civium ossia l’in-

Quadro di Carlo Rosa

tera cittadinanza bitontina elegge patrono San Rocco e i procuratori del Comune fanno costruire la chiesetta collegata con la Regia Corte (attuali “Officine Culturali”) sita a Piazza Gramsci. Il culto verso S. Rocco col tempo si affievolisce specie quando nel 1703 venne proclamata patrona Maria SS. Immacolata la cui statua troneggia su Porta Baresana (“Posuerunt Me Custodem”) e sulla stele di Piazza Cattedrale. Tra il 1886 e il 1893 si ricompone nella Chiesa di San Domenico la Confraternita di San Rocco dove si ammira la bella statua lignea del Santo con la scritta “Eris in peste patronus”. Una delle ultime epidemie risale agli inizi del XX secolo, la nota “grande influenza” o cosiddetta “la Spagnola” che dal 1918 al 1920 imperversò in tutta Europa causando decine di milioni di vittime, ovvero più morti della terribile “peste nera” del XIV secolo.


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Storia di Angela Maria, guarita dal Coronavirus Frazioni

di Felice de Sario

frazioni@dabitonto.com

La signora: “Fiducia nei medici e in Nostro Signore, sempre” di Felice de Sario

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ra le tante, alterne vicende legate alla pandemia da Coronavirus, arriva da Mariotto la storia a lieto fine di Angela Maria, paziente guarita dopo quaranta, duri giorni di ricovero ospedaliero. Il tampone negativo che ha sancito la sua “negativizzazione” e le relative dimissioni dalla struttura biscegliese dov’era in cura, è arrivato la Domenica della Santa Pasqua. Il respiro è tornato regolare e i sintomi patologici sono regrediti, fino a sparire. Al ritorno a casa, ad accoglierla, i sentiti applausi e gli occhi umidi dei vicini, e l’abbraccio di suo marito, Pasquale, in quarantena pure lui per positività asintomatica e tornato ad essere “negativo”, dopo aver vissuto l’isolamento domiciliare nello sconforto di una forzata lontananza da

sua moglie. Per la coppia di coniugi mariottani, il virus che tanto ha scompaginato il libro della loro esistenza, comincia ad essere ormai solo un brutto ricordo. Nel piccolo borgo di Mariotto, le prime notizie della positività di Angela Maria hanno fatto presto a correre sul filo della diceria più incontrollata (che qui non teme la velocità della fibra ottica), ed avevano ingenerato reazioni di incredulità e ansia: il Coronavirus è entrato senza bussare alla porta di un paesino che, a tre respiri dall’Alta Murgia, sente il privilegio della salubrità della natura circostante. È Angela Maria stessa a fare il resoconto della sua ora più buia, quella della malattia, dell’assenza, della sospensione e poi dell’attesa, durante la quale ha cercato in tutti i modi di tenersi aggrappata al mondo.

Quando ha scoperto di essere positiva al Coronavirus? «Ho saputo di essere positiva al Covid 19 presso il Pronto Soccorso dell’ospedale del San Paolo, dove sono andata dopo otto giorni di febbre alta, un tremendo mal di testa e un dolore lancinante alla gola, seguìto da problemi di respirazione. Il mal di testa era così forte che ho chiesto a mio marito di non lasciarmi sola perché credevo di morire. Naturalmente in questi otto giorni siamo stati sempre in stretto contatto con il nostro medico di famiglia Dott. Graziello Schiraldi, e infatti il dottore, venuto a conoscenza dei problemi respiratori, si è attivato prontamente per farmi ricoverare presso il triage Covid 19 del San Paolo, dove sono rimasta per un giorno». Vuol parlarci dei giorni del ricovero in ospedale? Chi le ha dato la forza di lottare? «Dopo aver saputo del ri-

sultato del tampone, mi è stato suggerito il ricovero al U.O.C Malattie infettive dell’Ospedale di Bisceglie. La mattina seguente ero già presso quella struttura. Lì mi sono sentita tranquillizzata per come i medici hanno preso a cuore la mia situazione, intervenendo presto con tutti gli esami e controlli possibili, così da averne il quadro completo. Ho riposto tutta la mia fiducia in loro e mi sono abbandonata alle mani di Dio». Che tipo di assistenza ha ricevuto in ospedale? «Sono stata sùbito attaccata all’ossigeno e poi monitorata costantemente tramite un sensore che rilevava nelle 24 ore battiti, pressione e saturazione dell’ossigeno nel sangue. Per settimane sono stata sotto stretta osservazione dei medici, e non mi sono mai sentita sola, benché negli occhi di mio marito e dei miei figli leggessi la loro paura. Ho sentito

Mariotto e il “Campo dei Missili”: geopolitica e testate atomiche tra pastori e masserie

Decimo ed ultimo appuntamento con i “Frammenti di storia mariottana” dello storico Damiano Pasculli

L

a Murgia del Ceraso, spicchio della bontà creatrice immerso nella quiete più avvolgente, in quel continuo “dialogo” con la natura di contadini e pastori, tra una trasvolata di Mig bulgari, e l’ineffabile andirivieni di militari stelle-e-strisce. Felice de Sario

Mariotto: frammenti di storia del XX Secolo

di Damiano Pasculli

MISSILI E TESTATE ATOMICHE: C’ERANO PER DAVVERO? (Seconda parte)

Un Generale dell’Aeronautica con incarichi speciali, che vedevo nei giorni di lavoro, nel 1968 mi riferì che un paio di basi, compresa quella di Ceraso, avevano la funzione di “specchietti per le allodole” con finti missili per confondere e ingannare il prevedibile spionaggio sovietico. Anche di recente, un Generale dell’Esercito mi ha ribadito la stessa informazione. Considerato che i “militari” in servizio o in pensione restano soldati per tutta la vita, e quindi legati alla riservatezza e al segreto, sovente mi son chiesto se le confidenze corrispondessero alla verità. La seconda ipotesi si concretizzerebbe solo nel momento in cui si dovesse effettuare un’indagine indiretta geologica ovvero georadar e rimozione di terreno, che possano confermare o meno l’eventuale presenza di un ricovero sotterraneo di protezione, dotato di strumenti atti a posizionare gli armamenti per il lancio. In tal caso, è probabile che missili e atomiche fossero protetti nel sottosuolo e, ad intervalli prestabiliti, venissero riportati sulle piazzole e messi in posizione di lancio. Queste operazioni potrebbero aver costituito delle periodiche esercitazioni che avvenivano quando la Murgia era meno frequentata e ciò spiegherebbe perché le persone che andavano alla semina, alla mietitura e trebbiatura, e alla ricerca di funghi, non abbiano mai visto i missili. Questi ultimi, di altezza di oltre mt. 18, avrebbero dovu-

to essere visibili anche da notevole distanza, e persino di notte, a causa del grande chiarore necessario ad illuminare tutta la base per questioni di doverosa sicurezza. Le disposizioni operative prevedevano il lancio dei missili entro 15 minuti dall’ordine. Le indagini concernenti l’atterraggio fortunoso presso Acquaviva delle Fonti, nel 1962, di un MIG 17 bulgaro non fecero che creare ulteriori dubbi e incertezze sulla natura dello stesso volo. Si accertò che il pilota fosse fuggito in Occidente e che una cartina, che aveva allarmato i responsabili del servizio italiano di sicurezza, rappresentava la mappa del campo di calcio del suo paese. Veramente incredibile, comunque, appare la facilità con la quale il nemico avrebbe potuto sorvolare e provocare un attacco devastante. Il pilota, inoltre, per non essere stato intercettato da caccia bulgari, né rilevato dal sistema radar di controllo presente nel brindisino,

certamente volò in VFR anche sull’Adriatico e sul territorio pugliese, con consumo eccessivo di carburante, grande perizia di guida e perfetta conoscenza morfologica del territorio sorvolato. Alla luce delle attuali, discordanti e lacunose conoscenze, quindi, permane il dilemma, che potrà essere sciolto o dall’accesso a documenti militari alla scadenza di eventuali vincoli di segretezza, oppure da un reale accertamento nel sottosuolo a sèguito di ispezione georadar. La destinazione a missili e atomiche era ignorata completamente dagli abitanti delle masse-

RINGRAZIAMENTI

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rie, dai pastori e dai contadini presenti nei diversi periodi dell’anno, poiché era stata fatta circolare la voce che si trattasse di una polveriera, deposito e lancio di armi convenzionali di difesa. È doveroso concludere ricordando il deprecabile comportamento governativo nel tenere all’oscuro i cittadini italiani dei gravi rischi. Comunque i nostri pastori e contadini, continuando nel loro tradizionale lavoro, contribuirono a salvaguardare e conservare immutato l’ambiente della Murgia e delle contrade limitrofe. La flora proseguì a vegetare e germogliare regolarmente con la sua preziosa utilità, la fauna continuò nel dominio incontrastato di volpi, lepri, ricci, donnole (la presenza di lupi era stata debellata nel secolo precedente), volatili, ecc. Le attività lavorative proseguirono, tanto che nelle masserie presenti si svolse tranquillamente la vita com’era stata per secoli, e la Murgia continuò ad essere quel godibile ed incontaminato frammento del Creato in cui regnano sovrani i colori, la pace, la rilassatezza e la tranquillità.

onsiderato il lungo periodo trascorso dagli ultimi eventi, circa cinquanta anni, che rende ardua la memoria cronologica, il presente documento è stato redatto con la collaborazione e/o condivisione dei signori Franchino De Palma, Francesco Iuso, Franchino Nardò, Pinuccio Pischetola, Felice Saltarella, Giovanni Zaza e della gentile docente Giuseppina Coletto; sentitamente ringrazio tutti. Damiano Pasculli

vicini tanti parenti e amici, che poi ho saputo essersi stretti in preghiera per me, sia a Mariotto, sia in altri paesi vicini, gruppi di condomini ed il gruppo di catechesi di Mariotto di cui faccio parte. Non finirò mai di ringraziarli, tutti. Le molteplici videochiamate e messaggi dei familiari più stretti e degli amici più cari hanno alleviato molto le tristi giornate, in cui però è stato molto confortante ascoltare al telefono le voci di chi ti chiamava “mamma” o “nonna”, in un momento in cui temevo di non poterle mai più ascoltare». Quando ha cominciato a intravvedere i primi spiragli di guarigione? «É stato solo dopo diversi giorni, molto altalenanti, con le prime stabilizzazioni dei dati clinici e la certezza, poi, che sarei stata spostata in un’altra stanza, dove generalmente si va per verificare, tramite tampone, la negatività. Dopo l’esito favorevole, ho sentito, forte, il desiderio di ringraziare tutto il personale sanitario, quegli “ANGELI IN TUTA SPAZIALE”,

come li ho chiamati, che così amorevolmente mi hanno assistita. Ho scritto su di un foglio tutto il mio riconoscimento per loro, per l’umanità, la responsabilità e l’attaccamento al lavoro, mostrato nei miei confronti. Ricordandomi, infine, di avere con me una coroncina del Rosario che avevo portata da Lourdes insieme al foglio, l’ho attaccata al muro della stanza, poiché lì mancava un segno tangibile di fede». Nel difficile frangente che l’umanità attraversa, in cui le interazioni fisiche e i contatti sociali si sono quasi azzerati, l’abbraccio assume un più grande valore: quello di Angela a Pasquale, e delle tante Angela ai tanti Pasquale, ne ha uno inestimabile…


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di Valentino Garofalo

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l libro che vado a presentare ha l’intento di sviluppare un percorso di approfondimento e riflessione sugli scenari futuri, ovvero di “capire oggi il mondo di domani”. È un progetto che nasce dalla collaborazione tra Eni e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ed è finalizzato a “porsi oggi le domande giuste”. Quelle che consentono di mettere a fuoco i grandi quesiti del presente alla luce dello sviluppo tecnologico e umano dei prossimi decenni. Nella convinzione che la visione di lungo periodo e l’attenzione al futuro ci permettono di affrontare con efficacia i cambiamenti che ne deriveranno, le “conseguenze”. Per guidarli. Anziché subirli, fino ad esserne travolti. Citando Gunther Anders: “Cambiare il mondo non basta. In larga misura, questo cambiamento avviene persino senza la nostra collaborazione. Nostro compito è anche d’interpretarlo. E ciò, precisamente, per cambiare il cambiamento. Affinché il mondo non continui a cambiare senza di noi.” Elena Pulcini nell’introduzione parte proprio da quest’autore: “In quel testo profetico che è L’uomo è antiquato di Gunther Anders c’è un passaggio illuminante relativo al cambiamento radicale che, già nella seconda metà del Novecento, investe l’idea di futuro. Si può dire infatti… che l’illuminista, con la sua fede nel progresso “non avesse bisogno di guardare al futuro, perché questo veniva da sé… Ma quei bei giorni sono ormai passati. Perché il futuro non viene più. Non lo consideriamo più come qualcosa che viene; lo facciamo. E lo facciamo in un modo che contiene in sé la sua propria alternativa: la possibilità della sua cessazione, la possibile assenza di futuro”. Dopo Hiroshima e le atroci conseguenze della bomba nucleare, ci ammonisce Anders, non solo diventa vana la fiducia in un inarrestabile progresso, ma non possiamo neppure contare sulla certezza che un futuro ci sarà. E questo non dipende da ingovernabili fenomeni naturali o da un apocalittico disegno divino, bensì paradossalmente da noi: da noi esseri umani, che possediamo ormai l’illimitato potere di costruire, plasmare il nostro futuro, ma che allo stesso tempo produciamo le condizioni della sua fine… L’individuo sovrano, all’origine fiore all’occhiello della modernità, subisce un processo di degenerazione che sfocia nelle secche dell’individualismo illimitato… Di qui la perdita della coesione sociale, la scomparsa progressiva delle passioni pubbliche… Il Noi, che ancora animava le lotte e le utopie del Novecento… subisce, insieme all’obsolescenza dell’idea di “classe”, un processo di frammentazione… È scomparso in altre parole sia il futuro progressista dell’individuo fiducioso nelle “magnifiche sorti e progressive dell’umanità”, sia il futuro utopico di soggetti collettivi entusiasticamente convinti della forza propulsiva e virtuosa del Noi… Non che manchino passioni antagoniste e aggregazioni ispirate dal desiderio di cambiare il presente, ma non riescono ad accumularsi… in un patrimonio coeso di spinte emancipative capace di incidere efficacemente sul presente. Sembra dunque definitivamente tramontato… il mito del futuro… irresistibile traguardo di un ottimismo acritico e senza ombre. Un ottimismo destinato a cadere… di fronte alle sfide dell’età globale… enorme crescita delle disuguaglianze… aumento planetario della povertà… minacce demografiche e migrazioni forzate… endemica crisi economica… crisi ecologica… È finito… il futuro come promessa… granitica convinzione che il meglio deve ancora venire… palesemente smentita da una realtà, come quella attua-

Le conseguenze del futuro

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di Autori Vari, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2019, € 14,00

le, che non solo mina alla radice l’idea di un futuro migliore, ma lascia presagire scenari catastrofici rubricabili come fine del mondo… una concreta, e non più tanto remota, possibilità… Al futuro come promessa si è sostituito… il futuro come minaccia… Una condizione per la verità paradossale che ci vede allo stesso tempo dominatori e vittime, onnipotenti e impotenti; e forse, proprio a causa di questa ambivalenza, incapaci di capire la radicale novità e gravità della situazione… Diventa dunque di vitale importanza conoscere, comprendere, essere consapevoli. Ma di quale conoscenza abbiamo bisogno? È questa la domanda che si pongono sia Benasayag che Bencivenga, convergendo entrambi nella critica della forma di conoscenza oggi egemone, il know that, che è mirata sull’informazione e si trasmette facilmente, ma che non rende affatto più consapevoli né più liberi. È la conoscenza asettica ed astratta, che tende unicamente all’efficienza e privilegia il puro dato, o meglio la raccolta di dati, a fini, nel migliore dei casi, utilitaristici e, nel peggiore, manipolatori. Basti pensare, potremmo aggiungere, alle fake news, o anche solo alle distorsioni involontarie prodotte dal dialogo virtuale, dove vince l’identificazione con i propri profili e l’ossessione omologante dei like. Sia nell’ambito dell’educazione che della politica – ci suggeriscono i due autori – la conoscenza di cui abbiamo bisogno è quella che valorizza i contenuti partendo dal contatto con l’interiorità e dalla pratica dell’esperienza; che dunque coinvolge il corpo e le emozioni. È la conoscenza operativa del know how, come precisa Bentivenga, che si traduce in una pratica, si trasmette a fatica e si acquisisce per imitazione (come quando imparo a ballare il tango, non consultando il libretto delle informazioni tecniche, ma guardando chi lo sa fare). È quella che ci avvicina, ci mette fisicamente in contatto, che crea reciproca empatia educando alla relazione tra diversi. Ed è dunque quella su cui si può fondare la politica, o meglio la buona politica, se quest’ultima vuol essere ciò che dovrebbe essere, cioè l’arte o scienza della convivenza fra diversi. Insomma, in sintesi, abbiamo bisogno di una conoscenza non scissa dal sentire e dallo sperimentare: la sola che può fornirci gli strumenti per non cedere all’omologazione e per resistere alla manipolazione. Ed è anche la sola, mi preme sottolineare, che ci consente di orientarci nella complessità del reale, di conoscere e interpretare quel fenomeno peculiare dell’età globale che è dato dalle connessioni tra gli eventi: connessioni rizomatiche, per riprendere la fortunata metafora del rizoma di Deleuze e Guattari, che mi appare ancora più efficace di quella pur eloquente della “rete”, in quanto sottolinea non solo la molteplicità anarchica e imprevedibile di queste connessioni, ma anche l’invisibilità, le trame sotterranee che non riusciamo facilmente ad intravvedere. Abbiamo imparato infatti che l’età globale è caratterizzata dall’interdipendenza degli eventi, che un evento locale può avere ripercussioni a livello globale e viceversa (come l’incendio che sta bruciando l’Amazzonia o la crisi dei subprime scoppiata nel 2007, per fare due esempi apparentemente incommensurabili), ma siamo ancora ben lontani dal capire la molteplicità di connessioni invisibili che intrecciano le nostre vite e il destino dell’umanità e del pianeta in modi spesso sorprendenti.” I contributi qui raccolti, “sei voci di futuro declinate al presente”, si sforzano di

coglierle facendo riferimento alla formazione, alla conoscenza, al cibo, alla salute, alla comunità e allo spazio nell’era dell’Antropocene, che meglio sarebbe definire del “Capitalocene”. Mi soffermo su quello di Miguel Benasayag sulla formazione, perché propedeutico agli altri. “Per capire che cosa può accadere oggi e che cosa ci possiamo aspettare dalla formazione – scolastica e accademica, così come dalla formazione permanente rivolta ai giovani – dobbiamo contestualizzare il periodo che stiamo vivendo e i grandi assi principali che lo caratterizzano… siamo in un’epoca che ha cambiato “senso”, in quanto il futuro ha invertito la direzione di marcia. Questo vuol dire che per circa sette secoli l’Occidente e poi il mondo si sono strutturati intorno al mito di un futuro… liberazione, emancipazione, evoluzione, giustizia, doveva vincere le malattie e superare i fallimenti… strutturava la vita sociale attorno all’affermazione “domani sarà meglio”… la fede in un futuro. Un mito antropologico… Noi siamo fatti di questo mito. Tuttavia questa credenza… a un certo punto è destinata a convergere verso un punto di rottura… Possiamo affermare che, parlando di scienza e arte, questa rottura data intorno al 1900. Dal punto di vista sociale e politico, invece, la rottura perdura per un secolo, all’incirca fino al 1980, momento in cui viene meno quest’asse centrale della nostra vita sociale e individuale. Questo non vuol dire che la scienza non abbia poi progredito, anzi, si è sviluppata ulteriormente, per non parlare della tecnologia! Semplicemente, dal punto di vista tecnologico, non si parla più di progresso, ma di innovazione. L’innovazione non è il progresso… perché progresso vuol dire produrre senso, procedere verso un punto di arrivo. Al momento attuale non c’è più un punto di arrivo. All’interno del mito del progresso, ogni innovazione… era profondamente marcata da questa convinzione: “Il meglio di tutto per tutti”. Oggi questa prospettiva non è più sostenibile. Un’innovazione può essere utilizzata per il peggio, come anche per il meglio, o per niente. L’innovazione, che è arrivata dopo il progresso, è asemantica, senza senso… Questo è il punto fondamentale… Ormai è instillato in noi, anche inconsciamente, il pensiero che il futuro sarà peggio del presente e ancora peggio del passato… La nostra umanità sta vivendo una perdita assoluta di senso, e la paura, il principale tratto della nostra epoca, ha conseguenze enormi. La prima, per ciò che ci riguarda, è la rottura del legame. Quando abbiamo paura, la nostra prima reazione è chiuderci. Questa chiusura può essere familiare, individuale o identitaria. Questa rottura del legame può provocare una diffidenza anche verso noi stessi, spingendoci a vivere in una situazione di dubbio perenne: “Non valgo niente, non so che cosa fare, non so dove andare, non so che cosa succederà”. E’ una rottura con tutto, anche con la società, con gli altri, con l’ecosistema. Era una premessa importante per affrontare il tema dell’educazione. Questa sfiducia nel futuro ha, tra le altre, una conseguenza particolare: la diffidenza verso ogni forma di avanguardia. Perché avanguardia vuol dire questo: coloro che hanno maggiore consapevolezza rispetto al futuro possono organizzare e dirigere coloro che conoscono meno, non soltanto dal punto di vista politico. Uso qui il termine “avanguardia” nel senso più ampio, applicabile a qualsiasi forma di legittima

autorità. Per esempio, il medico, il professore, lo scienziato, il leader, i genitori: queste figure avevano come fondamento della loro autorità la legittimità data dal fatto che se dicevano una cosa era perché capivano la direzione da cui transitava questa via verso il futuro, cioè verso il meglio. Chi aveva esperienza del passato e una visione orientata al futuro aveva autorità, da intendersi non come autoritarismo, ma come autorevolezza legittimata dal fatto di conoscere la direzione, il senso. Con la rottura del mito del futuro “promessa” nasce quindi una diffidenza che si riflette in ogni ambito: per esempio, ormai le persone dubitano del parere del medico, o arrivano in ambulatorio con la diagnosi già fatta, perché si sono già documentate su internet. La stessa cosa vale per gli insegnanti, i pedagoghi, i genitori. Sono loro gli adulti che ora rappresentano questa generazione colpevole del fallimento. Le nuove generazioni trovano un mondo minaccioso, in parte distrutto, con un ecosistema morente e minacce demografiche, epidemiologiche, economiche… Quindi, agli occhi delle nuove generazioni, gli adulti di oggi sono responsabili di aver provocato un disastro. Noi dobbiamo considerare questo elemento come fondamentale. Tale cambiamento antropologico… dà adito alla perdita di fiducia nei confronti di qualsiasi autorità… Questo è un grande problema per l’educazione… Si è perso il senso del comune e del sociale, che non è più il motore dell’apprendimento. L’educazione di per sé non ha come obiettivo “formare un individuo affinché lavori e guadagni dei soldi”: l’educazione ha come obiettivo la società, la sua formazione e il suo sviluppo. Tutto questo oggi si è perso, sia detto senza che questa constatazione ci spinga a una semplicistica nostalgia per un passato illusorio. Un punto sostanziale in questo contesto è che un asse principale dell’intera modernità è sempre stato costituito dalla costruzione di quella fiducia profonda basata sull’affermazione “chi pensa bene, pensa il bene”. Questo dava un senso al corretto modo di agire… Questo pensiero oggi fa acqua da tutte le parti. Ma soprattutto è stato messo in discussione storicamente dalla Germania nazista… [che] ci ha fornito la prova del fatto che è possibile che qualcuno che pensa bene pensi il male… Dunque, come fare se l’educazione non “vaccina” contro la malvagità?... In questa società che ha paura, che si sente in trappola, un po’ terrorizzata per la minaccia di un futuro incerto, si è compiuta una scelta grave che non fa altro che aumentare la paura: si è scelto di trasformare la trasmissione pedagogica in un’educazione che passa attraverso l’informazione, per competenze… Ai giovani si insegnano tutte le cose “utili”, senza tenere in alcun conto le singolarità territorializzate: devono dimenticare le cose che non sono più “utili”, per impararne di nuove. Vediamo all’opera il modello dominante, nel quale il funzionamento del cervello umano è assimilato a quello del computer: programmarsi, sprogrammarsi, imparare un’altra cosa, è il funzionamento del computer. Ma il cervello umano non funziona così. C’è dunque un conflitto quando parliamo di formazione come palestra della responsabilità, dell’educazione dei cittadini e così via. Noi dobbiamo sapere di quale educazione stiamo parlando, perché sicuramente il tipo di formazione che oggi è

sempre più dominante e che invade il campo dell’educazione è una formazione per così dire “di guerra”, per “armare” i bambini e renderli pronti ad affrontare il duro mondo. Ma questo armare i bambini ingrandisce la minaccia in due modi. Primo: taglia ancora di più il legame tra loro, e tra loro e la società. Questa è la nuova apartheid in cui la società si è divisa oggi: tra winner e loser. Ognuno vuole che il proprio figlio sia un winner, non perché sia un lupo, ma perché si crede che esista solo questa alternativa. Questa rottura del legame fa sì che noi non educhiamo più una società: formiamo gli individui che vivono isolati gli uni dagli altri e dal loro ambiente. Secondo: questa modalità recide il legame dell’allievo con se stesso, le sue affinità, le sue caratteristiche, che sono quelle che possono strutturarlo… un bambino strutturato è un bambino che può imparare cose utili, ma un bambino la cui struttura sia schiacciata e la cui costruzione sia ostacolata diventa un essere fragile. Il paradosso è che in questa economia pedagogica “di guerra” facciamo tutto il contrario di ciò che andrebbe fatto. Diventa qui centrale la differenza tra formazione ed educazione. La formazione si rivolge a un singolo individuo. L’educazione, invece, riguarda un individuo insieme agli altri… Con la formazione di competenze, che è formazione individualista, rompiamo questi due assi. Tagliamo il legame con gli altri, con la società, con l’ecosistema, e tagliamo il legame degli allievi con se stessi. Quindi, quando parliamo di educazione come palestra per allenare gli allievi e i cittadini alla responsabilità, dobbiamo sempre tener presente la relazione conflittuale che questa intrattiene con le tendenze dominanti della pedagogia delle competenze, l’utilitarismo e l’individualismo. Da un lato troviamo l’idea dell’allievo come cliente da sedurre. Dall’altro l’idea che educare è un processo culturale, sociale, dove tutti coloro che esistono fanno la società, e la società sono tutti. La società non può essere solo per i winner… La società si fa con tutti, altrimenti non si fa società. In caso contrario è un insieme di individui serializzati e sconnessi tra loro. Quindi, anche parlando di palestra, di quale parliamo? Una palestra per i winner o una palestra per tutti? La pedagogia di competenze è il riflesso, il sintomo, di un processo antropologico epocale fondamentale, che è quello dell’ibridazione tra il mondo digitale e il mondo della vita reale… Questa ibridazione è una miscela di nature. Due entità diverse si mescolano per crearne una terza, dove non si riesce più a distinguere

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l’una dall’altra… Questa ibridazione non funziona davvero come tale, ma come una colonizzazione del mondo digitale su quello vivente. Una causa fondamentale di ciò… sta nel fatto che ad affermare che esiste una differenza sostanziale tra la macchina digitale e il cervello siamo solo una minoranza di ricercatori. La maggioranza è invece convinta che tra computer e cervello ci sia semplicemente una differenza quantitativa, non qualitativa… Sicuramente questa ibridazione, che esiste… per delega di funzione verso la macchina, non deve travalicare il punto in cui l’individuo rischia di perdere la sua singolarità. Dobbiamo trovare dei limiti nell’ibridazione… Trovare il punto fino a cui si può arrivare, senza arrivare a distruggere l’essere umano… dobbiamo tener presente la minaccia di una colonizzazione. Stiamo vivendo un processo di svuotamento dell’interiorità dell’individuo a favore di questo nuovo modo di esistere, come fossimo solo dei “profili”. Diventiamo sempre di più dei profili. Che cosa vuol dire? E’ un rapporto con se stessi e con il mondo in cui risulta primario essere visibili, funzionare in termini di pura esteriorità, che si verifica innanzitutto in tutte le reti sociali… Tutto questo significa svuotarsi, per andare fuori da sé, identificarsi solo con un’immagine esteriore. È una conseguenza della colonizzazione, non dell’ibridazione… Questo individuo, diventato profilo, è assolutamente irresponsabile, perché pensa solo alla quantità di like o dislike e tutta la sua vita e le sue scelte sociali e politiche saranno quantitative in rapporto a un principio narcisista: il piacere o non piacere agli altri, senza mai porsi troppe tante domande… dobbiamo cercare di resistere a questa tendenza… L’ultra relativismo e l’ultra individualismo di oggi… sono molto pericolosi, non solo per la persona stessa, ma per la nostra epoca e la nostra società, che si trova di fronte a una serie di sfide molto complesse… Esistere nella complessità richiede di non identificarsi con il proprio profilo…” Non vado oltre. Invito però il lettore a recuperare i contributi che non ho esaminato. Tutti meritano la sua attenzione. Se vuole arrivare a “pensare globalmente e agire localmente” nel modo migliore.

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L’Europa, oggi: temi e problemi d'un dibattito MARZO 2020 - N. 349

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Argomento sempre più scottante, soprattutto in questo momento del prof. Francesco Tampoia

“T

utti sconfitti dalla Brexit” ha scritto Tomas Piketty (lunedì 17 Febbraio 2020, la Repubblica), ennesima prova che la stabilità dell’Eurolandia non può dipendere da elezioni nazionali e o da istituzioni Nazionali. L’Unione deve implicare soprattutto una efficiente e chiara democrazia. L’Unione per reggere a lungo ha bisogno di sue elezioni e sue istituzioni; i cittadini Europei hanno bisogno di un proprio parlamento che controlli il governo della comunità; la responsabilità di governo deve ricadere su una struttura comune degli Europei, indipendente da strutture nazionali. “Con un parlamento e un governo proprio, l’Unione sarà in condizione di agire efficacemente e assicurare l’attuazione degli interessi dei cittadini sia a livello nazionale sia internazio-

nale. Ogni atto politico della comunità produrrà la certezza che gli interessi di tutti i membri dell’Unione saranno trattati con opportune misure per affrontare le varie difficoltà economiche, sociali, politiche”. Così si esprimeva venti anni or sono Franck Biancheri, fondatore e presidente onorario del Magazine Newropeans, magazine cui ho collaborato sin dalla fondazione. Di recente ho letto il ponderoso volume Europolis (Un’idea controcorrente di integrazione politica) un vero e proprio trattato nel quale l’autrice Patricia Nanz cerca di affrontare temi e problemi della UE. Nell’Introduzione Nanz si chiede: “È possibile concepire un patriottismo costituzionale europeo che abbia la necessaria forza integrativa della mutua solidarietà senza per questo

trascendere le diversità culturali/etiche attraverso l’idea di una cultura politica europea o di demos sovraordinata? Un patriottismo costituzionale contestualizzato oltre i confini dello statonazione?”. (23) La sfera pubblica come fonte di legittimità Che cos’è lo spazio pubblico europeo? the pan-European public space? die Öffentlichkeit? “Per sfera pubblica europea intendiamo in primo luogo il mondo della nostra vita sociale. L’accesso è garantito a tutti i cittadini. Una parte della pubblica sfera entra in ogni conversazione in cui privati cittadini si riuniscono per costituire un corpo pubblico. Oggi newspapers and magazines, radio e televisione sono i media della sfera pubblica.Ogni tipo di dibattito in ambito europeo entra nella sfera pubblica europea. I modelli classici di geopolitica sono ormai fuori discussione, allo

stesso modo dello stato nazionale, della confederazione, o del tradizionale concetto di federazione, il tradizionale modo di pensare e fare politica. Senza sfera pubblica, niente costituzione europea. Una riflessione sulla legittimità o meno dell'Unione politica europea. L'idea fondamentale della legittimità democratica, scrive la Nanz, “è che l’autorizzazione a esercitare il potere statale deve sorgere dalle decisioni collettive dei membri di una società che da quel potere sono governati. Più semplicemente, la legittimità converte il potere in autorità e, simultaneamente, stabilisce l'obbligo di obbedire e il diritto di governare. La sua funzione è quella di assicurare un efficace governo democratico nelle organizzazioni politiche liberali”. Con essa ‘i cittadini sono obbligati a conformarsi alle politiche del governo anche se queste violano i loro interes-

si o le loro preferenze. Il governo è obbligato a servire il "bene comune" dei propri elettori, che devono essere protetti sia dal tornaconto personale dei governanti sia dalle strategie di particolari interessi interni alla società o dalla potenziale tirannide della maggioranza. La legittimità, così intesa, dipende sia dalle istituzioni politiche che proteggono l'azione politica pubblica da entrambi i pericoli (responsabilità di fronte agli elettori, indipendenza del potere giudiziario, complessa interdipendenza tra gli attori politici, ecc…), sia dalla fiducia dei cittadini in tali istituzioni. La legittimità costituisce un fondamentale elemento dell'identità (politica) dei cittadini.

La morte di Matteo Masiello, pittore internazionale

Lascia una eredità umana di straordinaria dimensione: il suo sogno metafisico E

Segue da pagina 1

ra un uomo generoso. Ha fatto dono di alcune sue opere ad Enti pubblici, ad Università ed a chiese perché fossero perennemente esposte alla fruizione di un vasto pubblico. Nel 1998 donò al Comune di Bitonto un quadro che potesse adornare la nuova aula consiliare. In quel periodo era Sindaco Umberto Khutz ed io assessore alla cultura. Insieme ci adoperammo per organizzare una apposita cerimonia che evidenzias-

di Michele Giorgio

se la preziosità dell’opera e il significato del suo generoso gesto. Invitammo a tenere la relazione inaugurale il critico d’arte Michele Campione che espresse giudizi lusinghieri sulla sua pittura. Peccato che una controversia giudiziaria con il Comune di Bitonto abbia privato la città di una collezione di suoi quadri già in mostra nel Torrione Angioino poi donati ad un altro Comune. Di quella controversia, da cui uscì vincitore, mi rivelò la sua

profonda amarezza. Nel 2002 gli chiesi di illustrare alcune poesie per il mio libro “Realtà e Utopia tra Storia e Poesia”. Accolse volentieri l’invito e produsse cinque illustrazioni per altrettante poesie che furono pubblicate unitamente al libro. Quando fu organizzata la presentazione al pubblico egli fece un intervento ampio in cui spaziò dalla letteratura, alla storia, all’arte. Di Matteo Masiello non cesserò mai di apprezzare il genio creativo. Egli ha saputo fare della pittura una delle attività più significative della sua vita. Come egli

stesso narra nel suo “Autoritratto scritto”, l’incontro con quella che definiva la “magia della pittura” avvenne in concomitanza con la visita ad un museo. Così confessa: «Passò la mia infanzia. E smisi di sognare. Conobbi la realtà con la guerra e con il lavoro. Diversi anni dopo visitai un museo. La magia della pittura produsse in me una profonda emozione e ne subii il fascino. Da allora ripresi a sognare». Matteo iniziò allora a percepire le emozioni della pittura e confessò che, emozionandosi, si sentiva proiettato in avanti da una poderosa molla che avvertiva

in sé “per fare di più… di più”. La pittura divenne, allora, la passione che coltivava ogni giorno. Da una sua testimonianza scritta si evince che ogni mattina si svegliava per sedersi davanti al cavalletto. Alle otto prendeva il caffè e la borsa e si recava al lavoro. La pittura riempiva, così, di senso e di significato la sua vita. Specialmente il periodo di vacanze. «Le vacanze più belle sono state un dono della pittura. Ogni attimo vissuto nella magia dei colori rende libero lo spirito come nel sogno». Sfogliando uno degli ultimi

È contestuale o "localizzata" in quanto basata sulle “norme condivise di una particolare comunità che le conferiscono autorità” (p. 134) Gli Europei, insomma, rendono eo ipso legittima l’Unione. Data la smisurata diversità culturale ed etica all'interno della realtà politica europea, è possibile immaginare il potere delle istituzioni dell'Ue (e in particolare il predominio e l'efficacia diretta della legge dell'Ue sulla legislazione nazionale) come la volontà politica del pubblico - cioè dei cittadini liberi e uguali che agiscono come un corpo collettivo? (p. 136)

Fine Prima parte

cataloghi da lui donatomi nel 2009, ho potuto leggere citazioni di eminentissimi studiosi che lo hanno considerato “uno dei più rari casi pittorici” degli ultimi anni. L’originalità con cui Matteo Masiello ha saputo proporsi alla critica gli ha meritato un posto di rilievo nella storia dell’arte del novecento con la precisa definizione di “pittore dell’Estasi Dubitante” (Lorenzo Ostuni); o di pittore dal “forte intento metafisico e meditativo” (Raffaele Nigro). Al di là di tutto, comunque, rimarrà di lui una eredità umana di straordinaria dimensione trasmessa a noi attraverso valori significativi come l’amore per la vita, la creatività geniale, la passione per il bello, il culto per la libertà, il legame con la natura, l’affetto per la famiglia. Valori, questi, divenuti patrimonio del suo “sogno metafisico”.


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Dio castiga? N0, Dio è Amore! La Parola dell’Anima

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l tempo che stiamo vivendo, oltre a chiudere le Chiese per le celebrazioni liturgiche, ha prodotto anche un moltiplicarsi di sentimenti che i più definirebbero religiosi ma che assomigliano di fatto più a credenze pagane. La più importante tra queste è la teoria di una nutrita parte del cattolicesimo che proprio all’inizio della pandemia riteneva che questo virus fosse il risultato di una scelta divina. Insomma, pare che, per questi fratelli nella religione ma forse non nella fede, mentre si concludeva l’anno del Signore 2019 e mentre ci accingevamo ad iniziare il 2020 (anno bisesto, anno funesto), Dio si sarebbe stancato di concedere fiducia nell’umanità e abbia deciso di punirla con un castigo violento come quello del coronavirus. La sua crudeltà, il suo operare subdolamente, il suo essere invisibile, doveva per forza di cosa, secondo questa teologia, avere a che fare con una decisione di un dio capriccioso, svegliatosi con la luna storta in un freddo giorno di fine dicembre. Una teoria stramba, mi direte, amici lettori.

Forse! Se non fosse per il fatto che è stata (e forse lo è ancora in questi giorni) una teoria seguitissima e caldeggiata dalla più seguita emittente radiofonica del pianeta: Radio Maria. Il suo direttore, il reverendissimo padre Livio, un comunicatore eccezionale (lo dico senza retorica), alla vigilia della scoperta del primo caso in Italia, il 17 febbraio così dichiarava in un suo seguitissimo editoriale: “Questa pandemia avviene in un contesto anticristico. Nella Cina in particolare, ma anche nel resto del mondo. Dunque, si tratta di un ammonimento del cielo”. Ora il nostro padre Livio, un sacerdote della Chiesa Cattolica, non è nuovo a questo tipo di comunicazione del terrore. Il 6 aprile 2009, quando la terra tremò in Abruzzo causando molte vittime, lo stesso direttore di Radio Maria così dichiarò: «Il Signore ha voluto che, in questa settimana santa (era il lunedì santo, ndr), in qualche modo, anche gli abruzzesi partecipassero... così, alle sofferenze della sua passione». Questa visione della fede, per la verità molto legata all’esperienza israeli-

tica dell’Antica Alleanza, genera un’immagine di un dio vendicativo, sadico, che si compiace del male inflitto agli uomini. Ora io che pure sono un battezzato, un credente inquieto, uno che si sforza con tantissimi limiti di leggere il Vangelo, non contesto che si possa credere in un dio simile anche perché se lo facessi, cadrei nella tentazione di voler imporre il mio credo, ma non posso esimermi dall’evidenziare che questo dio non ha niente a che vedere con il Dio di Gesù Cristo. Nella sua prima lettera, l’apostolo Giovanni così scrive alle sue comunità: “Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (1Gv 1,18). Ora questa visione analogica, ci chiede di credere a Dio guardando la vita di suo Figlio Gesù. Giovanni stesso, sempre nella stessa lettera al capitolo 4 afferma senza timore di smentita: DEUS CHARITAS EST. Dio è Amore. E d’altronde l’intera vita di Gesù raccontata dai Vangeli, è una vita di continuo amore per tutti. Per coloro che sono più disgraziati, soprattutto. È

di Giovanni Vacca

amore per l’adultera; è amore per Levi, è amore per il figlio minore, è amore per il ladrone; è amore per tutti! Deus Charitas est! Ma se non bastasse, questo Amore nel testo della lavanda dei piedi, viene “quantificato”: “Li amò fino alla fine”. Un autore latino ha tradotto questa pericope con Charitas sine modo. E don Tonino Bello così commenta quel brano «Charitas sine modo è un latino semplice, che vuol dire: amore senza limite. Anzi, per essere più fedeli alle parole, bisognerebbe tradurre così: amore senza moderazione. Smodato, sregolato. Amore senza freni, senza misura, senza ritegno...». Un amore smodato che ha trovato il suo culmine nella richiesta di Gesù al Padre di perdonare i suoi assassini perché non sapevano quello che stavano facendo. Questo Dio mi convince di più. Questo Dio cerco di seguire nonostante le mie bassezze e le mie incoerenze. Anzi proprio nelle incoerenze e nel mio peccato che trovo bellissimo il suo volto di misericordia. Ora come potrebbe un Dio che ama l’uomo in que-

FRANCESCO CIOCIA 1-5-1924

A CURA DELLE ONORANZE FUNEBRI ABBONDANZA E LUCARELLI

TINA RUCCI PASCULLI PITTRICE

Ne danno il triste annuncio il marito, i figli e i nipoti tutti. SI DISPENSA DALLE VISITE. Da un’idea di Mons. CARMINE FALLACARA

MESSAGGIO DELLA

REGINA DELLA PACE

Centro Ricerche Storia e Arte bitontina

ELENCO NECROLOGI MESE DI MARZO 2020

25 Marzo 2020 MEDJUGORIE

«Cari figli! Tutti questi anni Io sono con voi per guidarvi sulla via della salvezza. Ritornate a mio Figlio, ritornate alla preghiera e al digiuno. Figlioli, permettete che Dio parli al vostro cuore perché satana regna e desidera distruggere le vostre vite e il pianeta sul quale camminate. Siate coraggiosi e decidetevi per la santità. Vedrete la conversione nei vostri cuori e nelle vostre famiglie, la preghiera sarà ascoltata, Dio esaudirà le vostre suppliche e vi darà la pace. Io sono con voi e vi benedico tutti con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata». TEMPO DI GRAZIA

NELLA FALLACARA in LEPORE FELICE MUMMOLO PIETRO CARIELLO GRAZIA SGARAMELLA ved. LEO ANNA AMBRUOSO in CICCINATI ANNA BARONE ved. MEMOLI FRANCESCO PAPAPICCO ANTONIA ANTONACCI in POMPONIO MICHELE IGNOMERIELLO ANGELA LEGROTTAGLIE in CAPPIELLO MICHELE RICATTI FRANCESCA SIVO in VITALE ANNA PASQUA NICOLETTA ABBATANTUONO in MARINELLI MARIA GAETANA GAROFALO in VITARIELLO MARIA NICOLAIO COVIELLO MARIA SANNICANDRO in LAUTA VITO PAZIENZA MICHELE COTUGNO DEPALMA FRANCESCO MUNDO Ins. MARIA CARMELA MODUGNO in SCIVITTARO ROSA MINARDI ved. MOREA MARTA SARACINO in RANOCCHIO RAFFAELLA DESANTIS ANTONIO BERARDI LORENZO PICCIARIELLO VINCENZO MARRONE MATTEO MASIELLO Prof. GAETANO LAURENTACI LUCREZIA LISI in BELLOMO FRANCO DEMICHELE ANTONIO MARRANO CHIARA VASILE in VACCA VITO RUGGIERO

osò chiedergli: “Maestro, mostraci il Padre e ci basta”. E lui ancora una volta, con molta pazienza, prova a spiegarmi: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?”. Che è come dire: “Giovanni sei così un bravo cattolico, e credi ancora alla favoletta che il coronavirus sia un mio castigo?”. E io non posso far altro che rispondergli, arreso al suo amore: “Mio Signore e Mio Dio”.

Marito, padre e nonno adorato, fratello amatissimo, uomo stimato da tutti per la sua onestà e la sua instancabile dedizione alla famiglia, al lavoro e al Centro Ricerche e Studi di storia e arte bitontina. Il ricordo della tua allegria resterà per sempre nei nostri cuori.

28-4-2000

Il giorno 24 Aprile 2020, è venuta a mancare la Sig.ra

sto modo, volere il suo male, la sua morte? No, amici! Il Corona virus non è un flagello di Dio. Non è un suo avvertimento! Non può essere un suo capriccio! Non saprei dirvi e raccontarvi cosa è scientificamente. Lascio che siano gli scienziati a farlo. Ma una cosa la so: in questo momento di difficoltà, Dio mi è accanto, sta soffrendo con me e per me! Perché mi ama. Da morire. E mentre mi cammina accanto, provo a chiedergli come Filippo, l’apostolo, un giorno

Dott. FRANCESCO STELLACCI

Caro Papà, anche se sono trascorsi 20 anni dalla Tua scomparsa, resterai sempre nel mio cuore e so che non mi abbandonerai mai.

L’angolo dello Spirito

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anni 82 anni 61 anni 41 anni 91 anni 75 anni 99 anni 91 anni 74 anni 64 anni 66 anni 85 anni 85 anni 78 anni 84 anni 74 anni 80 anni 88 anni 90 anni 84 anni 82 anni 76 anni 88 anni 71 anni 82 anni 86 anni 92 anni 72 anni 88 anni 63 anni 81

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MARIA CRISTINA BERARDI in PICCIOTTI 28-1-1937

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«Cara Mamma, cara Nonna, nel ventesimo anniversario della tua scomparsa il ricordo di te è ancora vivo, più forte. In fondo, nessuno muore davvero sulla terra se continua a vivere nel cuore di chi lo ama e per noi sarà così per sempre. Non c’è momento nelle nostre vite che non ci riporti indietro nel tempo, facendoci avvertire la tua presenza e risuonare la tua voce. Ad ogni ricorrenza, il ricordo delle feste trascorse insieme, dei dolci che preparavi per noi, ancora ci unisce. I tuoi abbracci, le risate, le coccole e i baci senza fine sono il luogo in cui ci rifugiamo nei momenti bui, quando abbiamo bisogno di essere confortati e sorretti. Continua a illuminare la nostra vita e guidaci sempre, nel presente e nei nostri passi futuri. Il tuo ricordo ci protegge ancora in un modo unico, non sempre comprensibile e descrivibile. Ti vogliamo bene».

La tua famiglia


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La città rende onore al prof. Vincenzo Schiraldi Sport

di Carlo Sblendorio

sport@dabitonto.com

La "sua" Volley Ball, la Fipav, lo sport, la politica, il fiduciario Coni lo ricordano con affetto di Loredana Schiraldi

U

n presidente galantuomo. Questa è la definizione unanime che è sta-

La sua famiglia sportiva, la Volley Ball Bitonto La morte del professor Vincenzo Schiraldi lascia un vuoto incolmabile nella Volley Ball Bitonto. La società, sua creatura, si affida alle parole di Vito Sasanelli per raccontare il dolore. «Provo tanta amarezza e tristezza. Se ne va un fratello, una persona saggia, pilastro del movimento sportivo e non solo. Una persona sincera, onesta, sempre disponibile e vicina a chi ne aveva bisogno. Una fonte di ricchezza umana che porterò con me sempre». Le sue qualità sono state evidenziate anche da Francesco Ricci, a lungo collaboratore e suo vice. «Hai sempre privilegiato all’attività agonistica, che pure Ti ha dato mille soddisfazioni, la crescita morale e umana di ogni singolo ragazzo – si legge nella lettera da lui scritta a nome di tutta la famiglia Volley –. Non Ti è mai piaciuto apparire, ergerTi a protagonista, rimanevi spesso dietro le quinte. Ma tutti noi sapevamo che non potevamo fare a meno

ta dedicata al caro professor Vincenzo Schiraldi, storico timoniere della Volley Ball Bitonto. Alla tolda di comando dal lontano 1976, ha guidato la società fino allo scorso anno con

di Te, della Tua serenità d’animo, del Tuo sorriso, del Tuo ottimismo». «Per cinque indimenticabili anni ho avuto l'onore e il piacere di frequentare il presidente Schiraldi, autentico galantuomo, che affrontava ogni difficoltà col suo inconfondibile sorriso» è infine il ritratto offerto dal dottor Franco Illuzzi, già medico sociale della Volley. La politica Commosso anche il ricordo del-

passione e saggezza. Ricoverato dallo scorso marzo nel reparto infettivi dell'ospedale "Miulli" di Acquaviva delle fonti per contagio da Coronavirus, è spirato il lunedì dell'Angelo. Amato e

la politica. A cominciare dall’amministrazione comunale che ha pensato di istituire il lutto cittadino proprio per onorare la sua memoria. «Questa infame epidemia ci priva di un autentico galantuomo, che per i giovani e lo sport della nostra città ha fatto davvero tanto, senza mai cedere a personalismi e lavorando sempre nell’unica direzione di far crescere il movimento sportivo a tutti i livelli» ha dichiarato il sindaco Michele Abbaticchio. «Ne ricordo il garbo, la simpatia, lo spirito di servizio alla nostra comunità. Ha lottato contro la malattia con tutta la sua determinazione di uomo di sport, ma purtroppo non è bastato. Umano, sempre disponibile, ottimista» ha commentato invece il consigliere regionale Domenico Damascelli. Il mondo dello sport Il prof ha lasciato un ricordo indelebile anche tra i membri del direttivo e gli atleti di altre società. A manifestare cordoglio e vicinanza alla famiglia, oltre che a rimarcarne le doti morali, sono state Usd Bitonto Calcio, Olimpia Bitonto, Bitonto Calcio Bellavista, Futsal Bitonto, Polisportiva Five Bitonto, Amatori Rugby Bitonto, Bitonto Sportiva, Omnia Golf, Asd La Perla, Asd Virtus, Asd Sporting Club, Asd Tennis Tavolo Seven Club Bitonto, New Athletic Club Bitonto e Volley & Fun Bitonto. Un abbraccio caloroso è arrivato anche dalla ex società Robur. «Martino Longo, Vincenzo Barile, Antonio Cardiello e Raffaele Picciotti, affranti per la scomparsa di Vincenzo Schiraldi, storico presidente della Volley Ball Bitonto, pietra mi-

stimato da tutti, non poteva non essere dichiarato in suo onore il lutto cittadino. Ecco le testimonianze di cordoglio di tutti coloro che hanno avuto l'onore di conoscerlo.

liare dello sport bitontino, monumento della storia della pallavolo cittadina e regionale, si associano al dolore della società Volley Ball Bitonto ed esprimono sentite condoglianze alla famiglia tutta».

La Fipav La stima per Vincenzo Schiraldi valica i confini comunali. Grande il dolore provato anche nella Fipav. «Il Galantuomo della Pallavolo, una splendida persona che accettava sempre il risultato del campo, che ti faceva conoscere il suo pensiero sempre con modi gentili ed educati, oltre che con il sorriso sulle labbra. Una perdita dolorosa. Troveremo di certo il modo per renderne il ricordo imperituro» ha dichiarato in una nota Paolo Indiveri, presidente del CR Puglia. Commosso anche il ricordo di Danilo Piscopo, a capo del Comi-

tato Territoriale Bari-Foggia. «Ricordare il garbo, educazione e la pacatezza dei modi di Vincenzo è superfluo, perché sono sicuro che sia noto a chiunque abbia avuto il piacere di conoscerlo o anche solo di incontrarlo. Verrà il tempo per onorare il Padre della pallavolo bitontina e rendergli il giusto tributo».

Il Fiduciario Coni «Il professor Vincenzo Schiraldi è stato per oltre 40 anni il punto di riferimento della pallavolo cittadina e dello sport bitontino. Un presidente gentiluomo che con passione, tenacia, spirito di abnegazione si è speso molto per la crescita educativa e tecnica di tanti ragazzi e giovani che poi sono diventati protagonisti dei successi e dei trionfi della Volley Ball e non solo» ricorda il fiduciario Coni e giornalista, Nicola Lavacca. Il cronista della Gazzetta dello

sport e del Corriere del Mezzogiorno ha seguito le gesta del sodalizio sin dalla fine degli anni ’70. «In occasione dell'atto conclusivo della stagione 1984, Schiraldi mi premiò con un trofeo per il mio impegno giornalistico al seguito della sua società. Fu il primo premio che ricevetti allora, all'inizio della mia carriera professionale». Un omaggio che ora vuole ricambiare. Sua l’idea di intitolare, magari in abbinamento col dottor Franco Nacci, alla memoria del presidente il Palazzetto dello Sport, per la cui riapertura si sta personalmente impegnando da tempo. L’Accademia della Battaglia Non solo sport nella vita di Vincenzo. Il prof era infatti impegnato anche nel sociale e nella promozione culturale della nostra città. In particolare, era socio attivo della fondazione dell’Accademia della Battaglia e ha lavorato per la crescita del Corteo Storico anche nei momenti meno felici dell’istituzione. «Hai creduto fermamente che la “bellezza” sia la forza propulsiva della crescita umana, sociale, etica di un popolo. Per te il Corteo e tutte le manifestazioni collaterali avrebbero dovuto avere come fine l’integrazione socio-culturale di tutte le fasce sociali e il rilancio turistico di Bitonto» ha scritto in una lettera la professoressa Tina Tota, presidentessa dell’Accademia. «Ti abbiamo seguito con trepidazione durante tutta la sofferenza e pregato per te, convinti che la forza e il carattere leonino avrebbero avuto la meglio. Ci mancherai, caro Vincenzo!».

Bitonto, il ds Rubini: “È crisi economica, difficile tornare in campo”

Il direttore della capolista del girone H di Serie D analizza lo scenario attuale del calcio di Nicolangelo Biscardi

C

’è ancora mistero sul futuro del calcio dilettantistico una volta messa alle spalle l’emergenza Covid-19. Il Bitonto capolista nel girone H di Serie D dopo 26 giornate resta in attesa di conoscere quel che ne sarà di questa stagione: si rincorrono voci ed ipotesi, ma col calcio ormai fermo praticamente dal 1 marzo tornare in campo diventa sempre più difficile, nonostante la voglia e le intenzioni portino su questa strada. Ed è per questo che ci si pone l’interrogativo, qualora non dovessero riprendere le partite, se varrà fatta valere la classifica al momento della sospensione, con la promozione in C delle prime in classifica dei novi gironi della quarta serie, o verranno prese altre decisioni. Il Bitonto è ovviamente particolarmente interessato anche perché si potrebbe prospettare una storica promozione tra i professionisti, prima volta per la città dell’olio. Il direttore sportivo Leonardo Rubini ha analizzato questa situazione in continuo divenire. «Riprendere il campionato sarebbe la cosa più giusta, perché il campo dovrebbe sempre stabilire i giusti valori – analizza il diesse neroverde –. Oggi il problema è soprattutto economico. Non so quante società potrebbero rispettare i protocolli sanitari individuati dalla FIGC, oppure permettersi un nuovo ritiro precampionato di tre settimane, o ancora affrontare le gare tenendo tutti i giocatori per due mesi in ritiro senza

che possano tornare a casa per motivi di sicurezza. Se la Federazione dovesse finanziare tutto questo dalla prima all’ultima in classifica, ben venga, ma in Serie C e in Serie D la vedo dura. La nostra idea è quella di voler tornare a giocare, siamo disposti a tutto ma significa correre dei rischi. E reputo ingiusta l’ipotesi di un annullamento del campionato». Ha fatto discutere nei giorni scorsi la proposta della Lega Pro che non verrebbe completamente incontro alle esigenze della Serie D, anche se nei giorni a seguire si è registrata una ampia apertura di Girelli (presidente Lega Serie C) verso il capo della LND, Sibilia. «La Lega Pro dovrebbe lasciare i nove posti alle vincenti dei nove gironi di Serie D – sottolinea Rubini –. Chiudere alle retrocessioni dalla Serie C alla D significa premiare soprattutto le squadre che dovrebbero scendere di categoria e verrebbero salvaguardate. E vietare i ripescaggi dalla D la trovo una soluzione improponibile

per squadre, come il Foggia, che meriterebbero perlomeno di entrare in graduatoria per essere ripescati». Nonostante la crisi e le difficoltà, la società neroverde continua a distinguersi per professionalità e correttezza. E Rubini traccia un bilancio del lavoro dello staff in questa stagione. «Da un punto di vista burocratico e amministrativo, le scadenze ed i pagamenti non si sono fermati ed il presidente continua a rispettarli ancora oggi senza tirarsi indietro – osserva –. La figura del presidente Rossiello è il traino al nostro progetto: quest’anno ad esempio, oltre al prezioso affiancamento di Nicola De Santis, devo dire che la chiave di volta è nel fatto che il presidente sia sceso in prima linea sin da subito, già da questa estate è stato molto determinato ed in più di una trattativa sono stati decisivi il suo ruolo ed il suo zampino. Ha messo molto della sua esperienza imprenditoriale, della sua disponibilità e del suo fare

Una formazione del Bitonto

Il direttore sportivo del Bitonto, Leonardo Rubini (Foto Anna Verriello)

costruttivo in questo progetto». Un futuro sospeso tra Serie D e promozione in C. Ma una questione resta viva a prescindere: l’ammodernamento dello stadio “Città degli Ulivi”. «Sia per la Serie D che per una eventuale Serie C, è necessaria la struttura, è fondamentale sistemare lo stadio perché noi giochiamo in deroga anche in D, ogni domenica il presidente firma ed è responsabile di ciò che accade allo stadio per l’assenza dei cordoli – spiega Rubini –. Se dovessero cristalizzare le classifiche e promuovere squadre solo attraverso il ripescaggio, noi non potremmo fare richiesta proprio per le carenze strutturali dell’impianto di via Megra. Lo stadio pertanto rappresenta un problema reale, che va affrontato in maniera rapida. In quella struttura oggi sarebbe un problema giocare anche nuovamente in Serie D. Non voglio far polemica ma è giusto tenere a mente questo problema, che non va più bypassato assolutamente».


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Dalla Gùglie al “Città degli Ulivi”, storia del campo di Bitonto MARZO 2020 - N. 349

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Sport

Dopo anni di vicissitudini, ci ritroviamo ancora una struttura vecchia e incompleta di Gianvito Rubino

D

Campo sportivo del littorio 1928

a quando il campionato di Serie D è stato sospeso e fintanto che gli Organi Federali prendano decisioni definitive sul da farsi, gli sportivi bitontini si domandano con grande interesse se c’è una progettualità dominante e distintiva nella competizione calcistica per la propria squadra: il Bitonto, dunque, nella prossima stagione calcistica, disputerà finalmente per la prima volta nella sua storia la Serie C (Lega Pro)? Tante sono le ipotesi al vaglio della FIGC e Lega Dilettanti; ragionevolmente, la più accreditata come tutela nei confronti degli addetti ai lavori dalla pandemia in corso prevede la sospensione del campionato, la cristallizzazione delle classifiche, la promozione diretta delle prime dei nove gironi, il blocco delle retrocessioni e il via libera ai ripescaggi che si prevedono numerosi e abbondanti vista la moria per fallimento delle società calcistiche, le cui aziende proprietarie non riusciranno più a sostenere economicamente. E se non fosse così? Se fosse, invece, preso in considerazione il criterio dell'annullamento dell'intero campionato? Se fosse data come unica possibilità ai club della quarta serie di partecipare ai ripescaggi per le ragioni di cui sopra? Se così fosse, uno dei requisiti di ammissione per ripescaggio al terzo campionato professionistico nazionale sarebbe

Anno 1910 Viene costruito il primo campo sportivo, laddove oggi sorgono i portici "Chiddo" e la Scuola Elementare "Fornelli", da cui si intravedeva la Chiesetta della Pietà. Era il "Campo dell'Obelisco", una spianata di terra battuta dove finalmente i giovani bitontini potevano praticare diverse attività sportive, tra le quali anche il "foot-ball", e organizzarsi in quella prima sede una squadra nostrana, la "Vis Nova Bitonto".

Anno 1921 L'Unione Sportiva Bitontina chiede al Municipio di Bitonto "un appezzamento di terreno per campo sportivo e un sussidio per lo sviluppo dell'istituzione" (Deliberazione della Giunta Municipale del 3 maggio 1921). Difatti, da numerosi articoli dell'epoca de La Gazzetta del Mezzogiorno si apprende che le manifestazioni calcistiche del Bitonto contro squadre di città viciniori (Tranese, De Pinedo Andria, Biscegliese, Liberty Bari, Ideale Bari, Fulgor Molfetta) sono spesso seguite da un numero importante di appassionati: in media 2000 spettatori.

28 luglio 1927 Il Prof. Antonio Amendolagine, dirigente della S.S.F. Ventafridda Bitonto, scrive al Presidente Miguel Ventafridda residente in Argentina: "... abbiamo individuato il suolo adatto a divenire campo sportivo...". È di proprietà della famiglia Ferrara che decide di donarlo alla città tramite l'intermediazione dello stesso Amendolagine e di Arcangelo Pastoressa, amministratore dei beni della famiglia e successivamente Sindaco di Bitonto.

11 novembre 1928 Inaugurazione del "Campo Sportivo del Littorio" progettato dall'Ingegnere Comunale Salvatore Ambrosi, coadiuvato dal geometra Francesco Piepoli: una folla strabocchevole, alla presenza dell’allora Podestà, Cav. Lorenzo Achille, e del Segretario Politico, Avv. Luigi Ranieri, partecipa alla benedizione del terreno di gioco da parte del parroco, Don Gaetano Cuonzo. Nell’occasione, il Commissario alla Provincia di Bari, prof. Michele Viterbo, insieme alla madrina dell'evento, signorina Delle Cese, provvede alla classica e fortunata rottura della bottiglia di champagne su di un palo della porta. A seguire, il fischio d'inizio del Torneo di calcio tra le squadre del Dopolavoro di Bitonto, Castellana, Toritto e Bari. Durante gli anni '30 del secolo scorso il campo sportivo sarà comple-

tato da una cinta muraria, ma già a giugno 1939 forti saranno le richieste di sistemazione del campo che risultava privo finanche di una "modestissima" gradinata-tribuna in tubi metallici. Le centinaia di spettatori erano assiepati intorno al rettangolo di gioco.

Anno 1945 Il campo sportivo viene occupato dai militari inglesi e dai loro mezzi militari durante la seconda guerra mondiale. Gli Inglesi, tuttavia, costruiscono, per loro uso, un altro campo sportivo su via Santo Spirito, attuale viale Giovanni XXIII, precisamente dove oggi sorge la stazione di servizio ENI (precedentemente AGIP). I calciatori bitontini decidono così di sfidare in una partita secca i militari occupanti al fine di decretare una volta per tutte chi realmente dovesse essere il proprietario del "nuovo" terreno di gioco: saranno i neroverdi a vincere 2 a 0 e a dar vita al mito della Serenissima Bitonto, la quale per un punto nelle fasi finali della Prima Divisione '45-'46 non raggiunse la promozione diretta in Serie C.

Settembre 1946 La Dea Bendata sembra sorridere ai Bitontini: la FIGC sollecita più volte la Serenissima Bitonto ad inoltrare domanda di iscrizione per il ripescaggio al Campionato di Serie C in quanto, a causa dell'evento bellico, molte società aventi diritto vi avevano rinunziato e per questo c’era l’ opportunità di accedere alla categoria successiva. Purtroppo, il campo di via Santo Spirito non rispondeva "alle esigenze tecniche e di sicurezza" previste dai regolamenti mentre il campo di via Megra, precedentemente donato dalla famiglia Ferrara, era stato requisito dall'ARAR, l'ente al quale il Governo di Unità Nazionale Italiano aveva affidato il compito di vendere i beni e i materiali bellici confiscati al nemico o abbandonati dall'esercito alleato. In tutto questo il Comune di Bitonto risultava colpevolmente assente; fa specie, tuttavia, pensare che a quella serie C parteciperanno formazioni di paesi di piccole dimensioni come San Ferdinando di Puglia, Carbonara di Bari, San Pietro Vernotico o Castellana Grotte che evidentemente presentavano un impianto per il gioco del calcio decisamente migliore del nostro. 1° Dicembre 1947 Il Sindaco Ing. Calamita e la madrina Maria Chiddo inaugurano la ristrutturazione del Campo Comu-

l'avere uno stadio in regola rispetto alle normative vigenti per la categoria. Nel caso in cui si verificasse questa specifica situazione, il "Città degli Ulivi" ad oggi non sarebbe a norma, nonostante, da oltre un decennio, la cittadinanza e la tifoseria chiedono a gran voce all'Amministrazione Comunale un intervento deciso finalizzato al completamento, ristrutturazione e riammodernanale di via Megra che in seguito alla requisizione alleata aveva subìto ingenti danni. Alla metà degli anni '60, il Comune di Bitonto, visto il successo e l'entusiasmo che il gioco del calcio infondeva nella popolazione e ritenuto il Campo Sportivo Comunale non più adatto all'enorme flusso di persone che partecipavano alle partite di calcio, chiese e ottenne di accedere al "Piano per l'incremento degli impianti sportivi". Lo apprendiamo da una lettera del 25 agosto 1965 inviata al nostro Comune da parte del Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Veniva così progettato un nuovo impianto sportivo su via Generale Planelli, già via dell'Annunziata, che però non vedrà mai la luce. Non se ne conoscono le ragioni.

Maggio 1988 Il Sindaco di Bitonto, Avv. Michele Coletti, e l'Assessore allo Sport, dott. Franco Natilla, sono gli artefici dell'approvazione del progetto per il nuovo Stadio Comunale, cogliendo l'occasione dei finanziamenti dei Mondiali di Calcio di "Italia 90". I giornali scriveranno: "… Si è dovuto aspettare un grosso successo sportivo, quale la promozione in Interregionale (ex Serie D), per trovare qualcuno più aperto e malleabile ad un discorso innovativo senza dubbio necessario e terapeutico per perseguire quella crescita sportiva che tutti si auspicano".

11 aprile 1990 Inaugurazione del nuovo stadio comunale costruito ad opera dell'impresa "Persbeton srl" della famiglia Persia di Bitonto su progetto dell'Ing. Antonio Resta di Bari e con la direzione dell'Ing. Beniamino Spera, allora capo dell'Ufficio Tecnico Comunale. Impianto di illuminazione progettato dall'Ing. Domenico Persia e dall'Ing. Vincenzo Cuoccio. La manifestazione sarà condotta dal presentatore e attore Gianni Roman e allietata dalle esibizioni della banda militare "Fagarè" di Persano (Sa) e dei famosi Sbandieratori di Oria (Br). A conclusione della cerimonia, l'amichevole U.S. Bitonto – A.S. Bari diretta dall'arbitro bitontino Giovanni Santoruvo. "Gli sportivi di Bitonto hanno il loro stadio – gioiello" titolerà così "La Gazzetta del Mezzogiorno" a firma di Franco Amendolagine. Finalmente ad ovest è stata costruita la tribuna per una capienza di 1100 posti a sedere e, sul lato est, la gradinata con altri 900 posti. Prima e dopo l'inaugurazione, l'Amministrazione Comunale affronta la questione relativa alla intitolazione

del nuovo impianto sportivo. C’era chi suggeriva di dedicarlo alla memoria di Nicola Rossiello, distintosi per spirito di servizio per il sostegno ai giovani e promozione del gioco del calcio; c’era chi, invece, sollecitava di dedicarlo alla famiglia Ferrara per l’atto di generosità mostrato verso la Città nel 1928; altri ancora proponevano di intitolare “Degli Ulivi” lo stadio, ricordando e valorizzando così la peculiarità del nostro territorio, ossia l’ulivo. La decisione finale ricadde tardivamente su quest'ultima soluzione che non poté essere presa più in considerazione perché, nel frattempo, la città di Andria aveva provveduto a denominare il suo stadio proprio "Degli Ulivi". Così per molti anni Bitonto ebbe semplicemente il suo "Comunale". Sarà il Sindaco Nicola Pice, negli anni 2000, a suggerire intelligentemente l’attribuzione del nome più bello e rispettoso dell'identità bitontina: "Città degli Ulivi" (intitolazione peraltro negata per il nuovo Stadio di Bari che alla fine si chiamerà “San Nicola”).

10 settembre 2008 La gara tra Bitonto e Matera, valevole per l’andata del secondo turno di Coppa Italia Dilettanti, viene sospesa al 12’ del secondo tempo per un black out all’impianto di illuminazione dello stadio bitontino. Il punteggio era fermo sull’1-0 per i padroni di casa con rete siglata da Persia. La gara non più ripresa per l'impossibilità di continuare l'incontro sarà data vinta 3 a 0 a tavolino ai lucani. 25 agosto 2015 Amichevole in notturna Bitonto – Bari viene sospesa dopo appena un giro di lancette a causa dello spegnimento dell'impianto di illuminazione della struttura bitontina. C’è chi ancora ricorda quella brutta figura dinanzi a circa 3000 spettatori paganti e festosi tra le tifoserie bitontina e barese, con ulteriore e chiaro ennesimo segnale di incuria e mancanza di attenta manutenzione della struttura sportiva. Sono passati ormai 30 anni da quando il nostro "gioiellino" ha ricevuto l'ultimo restyling: Bitonto dopo anni di sacrifici e vicissitudini non può ancora vantare uno Stadio efficiente ma si ritrova ad accudire una struttura vecchia e incompleta, monca di due curve, non ancora adeguata alle norme per la serie D (secondo anno di deroga), priva quindi anche dei requisiti normativi, vedasi ad es. l’assenza di un locale per il controllo antidoping, necessari per fare il salto di qualità nei "Professionisti" e partecipare alla Serie C.

mento dell'impianto di via Megra, proprio per non farsi trovare impreparati in simili ghiotte occasioni, uniche e storiche per tutta la città di Bitonto. E allora, sic stantibus rebus, oggi dunque è opportuno riportare alla memoria, degli appassionati e non, la storia della struttura sportiva cittadina, successivamente intitolata “Città degli Ulivi”. Ordunque, se la Storia ha in sé un insegnamento senza tempo, e la memoria storica di un Bene della propria Città ci dà l’idea di “cosa siamo e dove siamo”, aver ricostruito i momenti più salienti dello stadio della nostra amata Città può portare a riflettere con consapevolezza e a ricordare la valenza culturale e il senso di

appartenenza e di identità collettiva che ogni investimento e ogni operazione ci lasciano in eredità. Quale miglior auspicio potrebbe esserci, quindi, se non quello di pensare lo stadio urbano nel suo dialogo con la Città, proprio nel centenario dalla nascita della U.S. Bitonto 1921?


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IL PRIMO GIORNALE CITTADINO FONDATO NEL 1982 DA FRANCO AMENDOLAGINE

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