Zero rifiuti - anteprima

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JULIE BERNIER

di

a m a n ua l e ian e c i se o l d t i t t o mp u o g u i t a q l a ice ,

pratico, adatto

Prefazione di Gianfranco Bologna Edizione italiana a cura di Fabrizio Piemontese Traduzione dal francese di Fiammetta Paolantonio

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LA SOSTENIBILITÀ NON È UNO SPORT CHE AMMETTE SPETTATORI Prefazione di Gianfranco Bologna Possiamo aspettare che la generazione dei giovani di Greta Thunberg diventi adulta e raggiunga i posti centrali di gestione delle economie del mondo, dirigendole concretamente e non solo a parole verso la sostenibilità? Temo proprio di no. Lo stato di salute, di vitalità e di resilienza dei sistemi naturali della Terra è ormai veramente in gravi condizioni. Con la nostra azione abbiamo profondamente modificato l’intera evoluzione della vita sul nostro pianeta impattando in maniera molto significativa sui grandi cicli biogeochimici del Sistema Terra. Gli effetti delle attività umane sul nostro pianeta, in particolare negli ultimi 70 anni, sono oggi ritenuti equivalenti a quelli prodotti dalle grandi forze della natura che hanno causato significativi mutamenti nel Sistema Terra nell’arco dei suoi 4,6 miliardi di anni di vita, tanto da far proporre alla comunità scientifica che si occupa di scienze del Sistema Terra e dei suoi cambiamenti globali, l’indicazione di un nuovo periodo geologico, che è appunto definito Antropocene1. Una recentissima e importante ricerca ha reso noto che la massa globale dei materiali prodotti dall’uomo ammonta attualmente a circa 1100 miliardi di tonnellate e ha superato quella della biomassa vivente (costituita cioè da tutta la massa vivente nella biosfera) che viene calcolata in 1000 miliardi di tonnellate. Nonostante la biomassa umana costituisca circa solo lo 0,01% della biomassa globale vivente Ellis E., 2020, Antropocene. Esiste un futuro per la Terra dell’uomo?, Giunti; Zalasiewicz J., Waters C.N., Williams M. e Summerhayes C., 2019, The Anthropocene as a Geological Time Unit, Cambridge University Press. 1

sulla Terra, la massa globale dei prodotti umani, a partire dal 1900, è andata crescendo in maniera incredibile giungendo a superare oggi quella vivente, con un accumulo della massa antropogenica che ha raggiunto una crescita di circa 30 miliardi di tonnellate l’anno. Ciò vuol dire che, per ogni abitante del pianeta, ogni settimana che passa viene globalmente prodotto dalle azioni umane un peso superiore a quello del suo corpo. Se le tendenze attuali dovessero continuare a questi ritmi, la massa generata dall’uomo dovrebbe superare i 3000 miliardi di tonnellate entro il 20402. Quanto al totale della biomassa sulla Terra della sola classe dei mammiferi cui apparteniamo, il 66% di questa è costituita da tutti gli animali domestici utilizzati dall’uomo (bovini, suini, caprini, ovini, ecc.), il 30% dagli stessi esseri umani e solo il 4% dalle specie selvatiche (dagli elefanti ai toporagni)3. Dalla Rivoluzione Industriale a oggi, abbiamo rilasciato nell’atmosfera oltre 2200 miliardi di tonnellate metriche di anidride carbonica, incrementandone il livello del 44%, l’ammontare totale del cemento prodotto dagli esseri umani è tale da poter coprire l’intera superficie terrestre con un spessore di due millimetri, e se all’inizio della Rivoluzione Agricola si stima che sulla TerElhacham E. et al., 2020, Global Human-Made Mass Exceeds All Living Biomass, «Nature», https://doi.org/10.1038/s41586020-3010-5. 3 Smil V., 2012, Harvesting the Biosphere: What We Have Taken from Nature, MIT Press; Bar On Y., Phillips R e Milo R., 2018, The Biomass Distribution on Earth, Proc. Nat. Acad. Scien., 115, 15: 6506-6511. 2

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ra vi fossero 6000 miliardi di alberi, oggi ve ne sono circa 3000 miliardi4. Oggi ci stiamo appropriando del 25% della produttività primaria netta (definita Human Appropriation of Net Primary Production, HANPP), cioè dell’energia raggiante solare utilizzata dalla vegetazione terrestre e trasformata in materia organica per renderla disponibile al resto della vita sulla Terra. Questa percentuale si ritiene possa raggiungere il 27-29% entro il 2050 se il nostro livello di impatto sui metabolismi naturali dovesse proseguire con i ritmi attuali, giungendo al 44% nel caso di un massiccio utilizzo di bioenergie prodotte dai suoli coltivati5. L’umanità, grazie alle straordinarie capacità della sua evoluzione culturale è andata progressivamente allontanandosi dalla natura, cioè dall’insieme dei sistemi naturali dai quali deriva e proviene, frutto degli straordinari processi evolutivi del fenomeno vita sulla nostra Terra, senza i quali non può sopravvivere. Si è trattato di un processo lungo e complesso che si è particolarmente rafforzato dall’inizio della Rivoluzione Industriale, intorno al 1750. Nell’ambito di un arco temporale di un paio di secoli e mezzo, la maggioranza dell’umanità vive ormai in una dimensione culturale che considera la natura sempre di più come una fonte inesauribile di risorse da utilizzare e come un ricettacolo, ritenuto altrettanto inesauribile, capace di metabolizzare qualsiasi rifiuto e scarto prodotto dai nostri metabolismi. È bene sottolineare un concetto chiave di questa situazione: la Terra non è in pericolo. Invece sono in pericolo l’umanità intera e la civiltà che essa ha creato in questi ultimi secoli, poiché questa è stata possibile solo grazie ai beni e ai servizi che la natura e la biodiversità ci hanno sempre fornito, e ovviamente è in pericolo la straordinaria biosfera che sta condividendo con noi questa Crowther T.W. et al., 2015, Mapping Tree Density at a Global Scale, «Nature», 525, 201-205; Lewis S.L. e Maslin M.A., 2019, Il pianeta umano. Come abbiamo creato l’Antropocene, Einaudi. 5 Krausmann F. et al., 2013, Global Human Appropriation of Net Primary Production Doubled in the 20th Century, Proc. Nat. Acad. Scienc, 110, 25: 10324-10329. 4

fase della vita sul pianeta e gli attuali equilibri dinamici del Sistema Terra nel suo complesso. Come scrive il noto geologo Robert Hazen: «Ci stiamo insomma avventurando su un terreno sconosciuto, mentre sulla Terra stiamo svolgendo un esperimento su scala globale, mal congegnato e forse diverso da tutto ciò che è accaduto prima. […] Insomma se decidiamo di preoccuparci, dovremo farlo in prima istanza e soprattutto per la nostra famiglia umana, perché siamo noi quelli più a rischio. La vita andrà avanti nella sua grandiosità, ma la società umana, perlomeno con la sua attività sregolata attuale, potrebbe non farcela»6. Possiamo andare avanti così ? È di tutta evidenza che la risposta è no. Dobbiamo urgentemente cambiare i nostri modelli di sviluppo economico, sin qui basati sulla crescita continua e indefinita, e dirigerci con forza verso un percorso di sostenibilità fortemente trasformativo e rivoluzionario. L’evoluzione e l’applicazione del pensiero economico nella vita reale di tutti i giorni ha invece costantemente messo al centro una sorta di figura “ideale” dell’essere umano, l’Homo economicus, cui la stessa dottrina economica attribuisce, come obiettivo dell’esistenza, la soddisfazione della continua esigenza di acquisizione di beni materiali. Questa “visione” ha profondamente plasmato la cultura umana negli ultimi secoli. Ha scritto il noto economista Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia: «La maggior parte di noi non vorrebbe pensare di corrispondere all’idea di uomo che sta alla base dei modelli di economia prevalenti, ossia un individuo calcolatore, razionale, egoista che pensa solo a se stesso e non lascia spazio alcuno all’empatia, al senso civico e all’altruismo. Un aspetto interessante dell’economia è che il modello descrive più gli economisti che non le altre persone e quanto più a lungo gli universitari studiano economia tanto più tendono ad assomigliare al modello»7. Hazen R.M., 2017, Breve storia della Terra. Dalla polvere di stelle all’evoluzione della vita. I primi 4.5 miliardi di anni, Il Saggiatore. 7 Stiglitz J., 2010, Bancarotta. L’economia globale in caduta libera, Einaudi. 6

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Il noto economista ecologico Herman Daly ha fatto presente che gli economisti che rivestono ruoli importanti in ambiti politici, istituzionali, finanziari (come quelli, ad esempio della World Bank o del Fondo Monetario Internazionale) ecc. vengono generalmente formati tutti in una manciata di dipartimenti di economia e imparano tutti quella che egli definisce la stessa “teologia economica”. E scrive: «Ho suggerito ad amici di Greenpeace che, oltre a protestare contro i progetti della Banca Mondiale, dovrebbero andare, almeno una volta all’anno, ad appendere un lenzuolo nero sull’edificio che ospita i dipartimenti economici del MIT, o quelli di Chicago, Stanford, Oxford, Cambridge...»8. La nostra cultura costituisce l’accumulo globale di conoscenze e di innovazioni, derivante dalla somma dei contributi individuali trasmessi attraverso le generazioni e diffusi al nostro gruppo sociale, che influenza e cambia continuamente la nostra vita. La cultura, non seguendo i tempi classici dell’evoluzione biologica, si diffonde con grande rapidità e influenza le percezioni individuali, il nostro modo di “vedere” e “concepire” il mondo e la realtà che ci circonda, condiziona ciò che ciascuno di noi considera “importante” e suggerisce i comportamenti che possono essere ritenuti appropriati o inappropriati a seconda delle situazioni. Con un’impostazione culturale dominata dalla dimensione economica, abbiamo costruito un modello di funzionamento del metabolismo delle nostre società che di fatto vive sfruttando gli stock e i flussi di materia ed energia provenienti Daly H. , 2001, Oltre la crescita. L’economia dello sviluppo sostenibile, Edizioni di Comunità. Herman Daly, insieme a Joshua Farley, è autore del testo universitario più noto di economia ecologica, pubblicato in seconda edizione nel 2010 con il titolo Ecological Economics. Principles and Applications, Island Press. 8

dai sistemi naturali, i quali però hanno capacità rigenerative e ricettive limitate. Non possono cioè essere sfruttati al di sopra delle loro possibilità di rigenerare processi, funzioni, risorse e servizi e al di sopra delle loro reali possibilità di ricevere e metabolizzare gli scarti e i rifiuti da noi stessi prodotti. Il processo del continuo deterioramento dei sistemi naturali prodotto dai metabolismi sociali sempre più invadenti e ingombranti, con la continua crescita della popolazione e dei livelli di consumo, ha trovato un’ampia giustificazione culturale nella disciplina dell’economia che, non a caso, è nata proprio nel periodo dell’avvio della Rivoluzione Industriale. Oggi è venuto il tempo di un grande e radicale cambiamento: dalla crescita materiale indefinita alla sostenibilità, al far rientrare l’azione umana nei processi circolari della natura, evitando quindi di renderli, come abbiamo fatto sino ad ora, lineari, producendo alla fine inquinamenti, scarti, rifiuti solidi, liquidi e gassosi. È necessario e urgente cambiare strada. La sostenibilità non è una passeggiata e, certamente, non è uno sport che contempla spettatori. Questo libro, volutamente scritto in una maniera divulgativa e coinvolgente per attrarre il maggior numero di persone alla sua lettura, fornisce uno strumento importante per acquisire stimoli concreti mirati a stimolare il cambiamento. Siamo chiamati tutti a essere attori del cambiamento, un cambiamento epocale e profondo che deve farci considerare la tutela, la cura e il ripristino del mondo della natura, dal quale deriviamo e senza il quale non possiamo vivere, come un obiettivo prioritario del nostro immediato futuro.

Gianfranco Bologna

Naturalista e ambientalista, Gianfranco Bologna è presidente onorario della Comunità Scientifica del WWF, Full member Club of Rome, nonché segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei. Da oltre 45 anni opera nel campo culturale, divulgativo, didattico, formativo, progettuale della sostenibilità e della conservazione della natura. Per il WWF, è tra i promotori della piattaforma web di formazione permanente “One Planet School”, presentata da Piero Angela (https://oneplanetschool.wwf.it). 5

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INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA di Fabrizio Piemontese

Con l’espressione “Zero Rifiuti” (in inglese Zero Waste) si intende un percorso di gestione dei rifiuti che li considera come risorse da reimpiegare in processi ciclici di produzione. Il modello “imita” il riutilizzo degli scarti di alcuni processi naturali da parte di ecosistemi o organismi presenti in natura. Un concetto attualmente ripreso anche dalla cosiddetta “economia circolare”. Trattandosi di un percorso, si deve considerare un periodo transitorio – più o meno lungo a seconda della capacità del decisore politico di potenziare la gestione sostenibile – durante il quale le operazioni di smaltimento continueranno a essere temporaneamente presenti nella forma sia di discarica sia di inceneritore (con o senza recupero energetico). Nel breve periodo, la sfida è quella di cessare la realizzazione di ulteriori impianti di smaltimento, magari ricorrendo a quelli già costruiti e non pienamente utilizzati. Nel medio-lungo periodo, tali impianti dovrebbero essere gradualmente dismessi e/o sostituiti da modalità di trattamento alternative. A livello internazionale, il precursore di questa strategia può essere considerato Paul Connett, professore emerito della St. Lawrence University, negli Stati Uniti. Connett è stato moltissime volte in Italia, invitato e coinvolto in convegni e conferenze. Lo incontrai personalmente nel 2003, in occasione della giornata di studi “La gestione dei rifiuti al tempo della sostenibilità” organizzata per il WWF nella sala Gonzaga del Comune di Roma. A quell’evento collaboravo insieme ad altri volontari, tra cui l’amico Giovanni Iudicone, purtroppo scomparso all’inizio del lockdown nel marzo 2020. Con Giovanni, tra le altre cose, nel 2007 scrivemmo insieme le “linee guida WWF

per un piano regionale rifiuti del Lazio”, basandole sulla strategia dello Zero Rifiuti. Incentrato sullo stesso concetto, questo volume traccia un’interessante panoramica della situazione globale, ma ai dati e alle cifre accompagna soprattutto una messe di consigli pratici attuabili nella vita di tutti i giorni. Il target di lettori a cui l’Autrice si riferisce è quello delle persone sensibili all’argomento ma non specificamente documentate, persone animate dal desiderio di dare il loro contributo ma incerte sul da farsi, che magari sentono il problema dell’ecologia e della sostenibilità più grande di loro, più forte di loro. Ebbene, in realtà, come l’Autrice ci spiega, c’è moltissimo che ognuno può fare nel suo piccolo, modificando un po’ per volta le proprie abitudini quotidiane. La raccolta differenziata dei rifiuti a cui siamo tenuti è solo un primo passo, poiché la vera scommessa è quella di limitare al massimo la produzione stessa di rifiuti. Naturalmente, il testo è stato rivisto e adattato alla situazione italiana. Mentre per la sezione riguardante i rifiuti la conversione dei dati dalla realtà francese a quella nostrana è stata realizzata con relativa semplicità, per il resto l’adattamento ha richiesto un’analisi caso per caso, per decidere cosa riportare e come riportarlo. Così, se molti dati generali sono stati lasciati nella loro formulazione originale oppure semplicemente aggiornati a fonti più recenti, altri ambiti come gli OGM (organismi geneticamente modificati) o le FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) sono stati sottoposti a una revisione più approfondita. Certo, non sappiamo come sarà il mondo a venire, in un prossimo futuro anche il settore dell’ecologia sarà certamente interessato da consi-

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stenti cambiamenti. Pertanto, quanto suggerito in questo manuale non va inteso in senso statico: tutto si evolve e molte informazioni potrebbero non essere più attuali nel giro di pochi anni. Ma l’obiettivo del volume è piuttosto quello di stimolare nei lettori il desiderio di intraprendere un cammino, di attivarsi per ricercare la miglior soluzione a “impatto zero”, a seconda delle opzioni disponibili ora e in futuro. In tal senso, dunque, questo di Julie Bernier è un manuale da intendersi in senso “dinamico”. L’Italia, dal canto suo, ha già fatto qualcosa per la causa ecologica, ma molto rimane da fare. La notizia buona è che abbiamo tutte le competenze che servono per intraprendere con più decisione il cammino della sostenibilità. E qui mi permetto di ricordare alcuni nomi di spicco del nostro panorama, molti dei quali (insieme ad altri) invitati nel giugno 2018 in Brasile al primo “Congresso Mondiale Città Rifiuti Zero”: Alessio Ciacci, uno dei precursori, che a Capannori (LU) come assessore dal 2007 ha aderito politicamente alla vision ecologica e per primo l’ha declinata operativamente in Italia; Rossano Ercolini, responsabile del progetto “Passi concreti verso Rifiuti Zero” e coordinatore del Centro di Ricerca Rifiuti Zero; Enzo Favoino, tecnico della Scuola Agraria del Parco di Monza e importante referente europeo sui temi dello Zero Waste fin dall’inizio della sua carriera; Raphael Rossi, che ha progettato, avviato e amministrato sistemi avanzati di gestione dei rifiuti in numerose e complesse realtà urbane di tutta Italia; Attilio Tornavacca, fondatore e direttore di una delle più importanti società italiane di consulenza per la pianificazione ecosostenibile dei rifiuti, da sempre ispirata ai criteri dello Zero Waste; e infine Andrea Masullo, tra i veri ideologi del concetto di sostenibilità, autore nel 2002 per conto del WWF di una delle primissime pubblicazioni tecniche sull’argomento, “Obiettivo Rifiuti Zero”. Tra il maggio 2017 e il febbraio 2019, durante la sua troppo breve esperienza presso l’AMA – l’azienda che a Roma si occupa di raccogliere e trattare i rifiuti solidi urbani –, Masullo ha curato la redazione di un nuovo piano industriale

aziendale, concentrato sulle strategie di marginalizzazione delle discariche e degli inceneritori e sulla massimizzazione del recupero di materia da tutte le possibili filiere. Nel testo, indicato in bibliografia, sono descritte le impostazioni di quel lavoro, che potrebbe essere considerato un manuale di riferimento nel settore dell’igiene urbana, su scala nazionale ed europea. Non va dimenticato, poi, il contributo offerto anche qui in Italia dalle associazioni private, che da molti anni svolgono importanti iniziative di sensibilizzazione e di proposta. Ricordo l’esperienza vissuta personalmente, tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, nella Casa EcoLogica itinerante insieme al gruppo dei giovani collaboratori dell’associazione PAEA (Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente). Tra i tanti giovani visionari di quel periodo, anche Elisa Nicoli, che ha poi proseguito il suo percorso diventando un’importante scrittrice su temi ecologici. Su questa base fortemente orientata all’ambientalismo, negli ultimi anni si è innestata una particolare attenzione alle tematiche sociali, grazie soprattutto al gruppo dell’associazione UNIAT (Unione Nazionale Inquilini Ambiente e Territorio), a cominciare dal suo presidente Augusto Pascucci e dall’amico Alfonso Pascale. Naturalmente l’auspicio è che, al netto di tutte le considerazioni di carattere sanitario, sociale ed economico, venga accelerato lo sviluppo di una vera “economica circolare”. Un modello del quale la gestione dei rifiuti rappresenta un pilastro portante, ma che funziona solo se si effettua una buona raccolta differenziata, prevedendo il ri-utilizzo di ciò che prima era solo “rifiuto” (cosiddetto End of Waste). Soprattutto per la plastica: grandi speranze sono riposte nel settore della chimica “verde” in grado di fornire polimeri a base vegetale (es. il PEF, polietilenefluoronato) e di elaborare tecniche innovative di recupero (es. il riciclaggio chimico) principalmente per il contenimento della dispersione incontrollata della plastica nell’ambiente. Tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, in base alle nuove direttive europee del pacchetto sull’Economia Circolare, 7

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sono chiamati a disciplinare i regimi di responsabilità dei produttori. Per gli imballaggi, i nuovi criteri dovranno trovare concreta applicazione entro la fine del 2024. Il modo con cui tali criteri saranno recepiti nell’ordinamento nazionale avrà importanti ricadute lungo tutta la filiera, dalla progettazione degli imballaggi alla gestione e all’intercettazione dei rifiuti a fine vita. Sempre più numerose si levano, negli ultimi anni, voci autorevoli che ci risvegliano al nostro senso di responsabilità ambientale. Lo stesso Papa Francesco, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente 2020, ha affermato: «Non possiamo pretendere di essere sani in un mondo malato», e nel 2015 la sua enciclica “Laudato sii” si è soffermata sulla profonda interconnessione tra crisi ambientale della Terra e crisi sociale dell’umanità. Per la prima volta, l’autorità ecclesiastica ha riconosciuto quello per cui si battono da decenni numerose associazioni e organizza-

zioni della società civile. Al monito del Pontefice si aggiunge quello lanciato da una moltitudine di altri paladini dell’ecosostenibilità, tra i quali moltissime donne, come la stessa giovane Autrice di questo manuale. Ma come non ricordare anche Severn Cullis-Suzuki, che a tredici anni zittì il mondo con il suo discorso al Vertice della Terra ONU del 1992 a Rio de Janeiro? O Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese che a partire dal vertice COP 24 del 2018 in Polonia non perde occasione per cercare di svegliare le nostre coscienze rispetto al problema dei cambiamenti climatici e della tutela ambientale? Greta stessa ci ricorda che «non sei mai troppo piccolo per fare la differenza».

Fabrizio Piemontese

Classe 1970, ingegnere aeronautico con la passione per i temi ecologici, Fabrizio Piemontese ha collaborato con il WWF e altre associazioni del terzo settore, specializzandosi poi nella gestione sostenibile dei rifiuti. Opera attualmente nel Dipartimento Ambiente della Città Metropolitana di Roma Capitale, come dipendente di società in house; si occupa di raccolta porta a porta, tariffazione puntuale, compostaggio domestico e di comunità per i Comuni dell’hinterland romano. Recentemente si è interessato alla sostenibilità sociale in materia di abitazione, con la realizzazione di un breve saggio dal titolo Habitare, liberamente disponibile come e-book nel portale delle biblioteche comunali di Roma. 8

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PREMESSA DELL’AUTRICE Ho esitato a lungo pensando a come cominciare questo libro. Era opportuno che avessi uno sguardo ottimista sul mondo? La mia percezione è pregiudicata o pessimista per via di tutte le informazioni di cui dispongo? Ma alla fine la mia visione delle cose è poco rilevante. Ciò che conta sono i fatti, no? Certo, mi piacerebbe essere in grado di descrivere una società giusta, sostenibile e resiliente, capace di arginare la propria deriva per il bene comune, ma se così fosse non saremmo qui a parlarne. Vorrei potervi dire che la biodiversità prospera, ma negli ultimi quarant’anni si è estinto oltre il 60% dei vertebrati (fonte: Indice del Pianeta Vivente del WWF).

mata, che le catastrofi naturali non si intensificano, che il rialzo delle temperature non è allarmante, che i nostri stili di vita e di consumo non impattano negativamente sull’ambiente. Vorrei, ma non posso.

Per una presa di coscienza ecocittadina Per quanto gli squilibri del nostro Sistema Terra di primo acchito siano poco appariscenti al nostro sguardo, essi sono ben presenti e sempre più devastanti.

Eppure, di fronte ai pericoli che minacciano i nostri ecosistemi e l’umanità intera, alcuni vi diranno che non tocca a noi agire, ma che sono le Vorrei potervi assicurare che nei nostri oceani i industrie a dover modificare le loro pratiche e lo coralli abbondano e che i fondali marini pullulano Stato a delineare i contorni di un futuro sostenidi vita… Ma se andiamo avanti di questo passo, nel bile. In effetti potremmo passare la vita intera a 2050 ospiteranno più rifiuti di plastica che pesci cercare i responsabili della situazione attuale… (fonte: rapporto della Fondazione Ellen MacArthur). oppure ciascuno di noi può assumersi parte della Vorrei tanto annunresponsabilità, agire ciarvi che le frontiere e cominciare a imsono state abbattute, Dare l’esempio non è il modo migliore maginare la società ma invece si innalzadi domani, sperando no ovunque, e i nostri di persuadere gli altri, è l’unico. di ispirare gli altri a nuovi continenti di pla- Gandhi fare lo stesso. stica1 non saranno in grado di accogliere i circa 143 milioni2 di rifugiati climatici che cercheranno un tetto da qui al 2050.

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Vorrei raccontarvi che la desertificazione si è fer-

Queste enormi isole di plastica hanno origine dai vortici prodotti dalle correnti marine, che riuniscono i rifiuti plastici versati negli oceani in determinate aree. Non si tratta di veri e propri continenti, ma piuttosto di miliardi di frammenti di plastica raccolti su aree gigantesche a diverse decine di metri di profondità. 1

Secondo le stime, tra i 143 milioni e il miliardo di persone potrebbero essere costrette a migrare a seguito dei cambiamenti climatici. Un rapporto della Banca Mondiale parla di 143 milioni, ma l’ONU è molto meno “ottimista”. 2

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tutti sulla stessa barca

spingiamoci oltre, invertiamo la priorità

Siamo talmente preoccupati a innalzare frontiere, a creare entità sempre più piccole (comunità, paesi, regioni, dipartimenti, città, a volte perfino quartieri…), che tutto appare segmentato. Ma siamo completamente fuori strada. Smettiamo di pensare ai nostri territori come entità autonome. Lo squilibrio del Sistema Terra è una faccenda globale, non specifica. Ogni spazio, ogni creatura, sta al pianeta come un organo vitale a un corpo animato: un sottosistema essenziale in un insieme di relazioni strettamente interconnesse.

Negli ultimi decenni abbiamo avuto l’impressione che per cambiare le cose fosse sufficiente chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti e spegnere la luce uscendo da una stanza. Che il “progresso” e la tecnologia ci avrebbero permesso di uscire dal baratro che avevamo creato con le nostre stesse mani, mentre invece non sono serviti che a scavarlo ancora più in fretta e in profondità. Ci hanno fatto credere che la felicità derivasse dal possesso e non dall’espressione. Che il nostro valore dipendesse dai nostri beni e non dal nostro “benessere”. Che a furia di apparire avremmo finito per essere. Invece io sono convinta che se le nostre esistenze hanno un senso, è quello di preservare la vita e di dare prova di umanità, di gentilezza e di altruismo.

siamo ancora in tempo

Viviamo nel periodo storico della transizione. Via via che i limiti del nostro sistema economico si Poiché gli ultimi quarant’anni di “ecologia” non fanno più evidenti, sorgono innumerevoli iniziative hanno fatto altro che accrescere le sfide ambienin favore di una giustizia sociale e climatica tali, è giunto il momento di cambiare. Abbiamo la convergenti, per proteggere gli ecosistemi e le forza del numero, della cooperazione e dell’impepopolazioni più minacciate, per contenere la deriva gno. L’unione delle nostre volontà individuali è in della nostra società grado di influenzare votata al profitto a l’ambizione politica Fare le stesse cose tutti i giorni e sperare e industriale molto breve termine...

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più di quanto non Migliaia di scien- in risultati diversi è pura follia. crediamo. Non lo ziati si tengono per Albert Einstein dico per colpevolizmano affinché il loro zarvi, lungi da me, grido d’allarme risuoni più forte: siamo ancora in ma affinché prendiate coscienza del potere dei grado di rallentare l’impatto distruttore, ma non vostri consumi quotidiani e lo utilizziate per una abbiamo molto tempo. Quindi apriamo gli occhi buona causa. e muoviamoci insieme: smettiamo di considerare i problemi climatici e sociali come fossero semplici crisi la cui natura effimera lascia sperare in un facile ritorno alla normalità.

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un manuale di ecologia quotidiana Il libro che state sfogliando è nato per accompagnarvi in questa impresa e per affrontare insieme la fonte del problema: il sovraconsumo, lo spreco e i rifiuti che tutto ciò genera. Ecco perché ho voluto che contenesse una solida base di dati sull’ecologia, con la situazione del pianeta e dello spreco in ogni ambito: la casa, il giardino, la scuola, la vita professionale, i viaggi, ecc. Partendo da una serie di fatti, ho proposto strumenti semplici e accessibili per alleggerire il peso della spazzatura, consigli per consumare in modo diverso, alcuni DIY (Do it yourself / fai-da-te) per fabbricare anziché acquistare e raccomandazioni per una vita più responsabile. Ce n’è per tutti, e ognuno vi troverà ciò che gli è utile in funzione delle proprie aspettative, preferenze, valori e stile di vita. A casa e fuori, lungo tutti i percorsi della vostra vita familiare, professionale, culturale e sociale,

avrete la possibilità di impegnarvi nel quotidiano, di migliorare la vostra salute, di risparmiare, di preservare le risorse e di prendere coscienza del vostro stile di consumo e delle vostre azioni. L’obiettivo? Tendere verso una quotidianità a Zero Rifiuti, a Zero Sprechi, vivere in accordo con i vostri valori e avviare azioni concrete per far evolvere la società e voi stessi! E poiché il futuro risiede anche nella cooperazione, ho voluto fare di quest’opera un luogo di parola aperto a quegli attori del cambiamento che sono stati fonte di ispirazione per il mio proposito, ognuno nel proprio ambito di elezione. Augurandomi di riuscire a offrire a tutti noi la chiave per un’azione coerente e duratura, e la voglia di affrontare questa grande sfida!

Julie Bernier è la creatrice del blog francese “Sortez Tout Vert”, dedicato ai temi dell’ecologia e della sostenibilità ambientale. Impegnata in prima persona sul fronte della riduzione degli sprechi e dei rifiuti, Julie condivide le sue esperienze quotidiane sul suo blog e sui social – dove è seguita da quasi 100.000 persone – nonché attraverso conferenze e incontri tenuti in tutta la Francia. Dal 2019 risiede in una fattoria di Capbreton, in Nuova Aquitania, dove pratica la “permacoltura”, insieme di tecniche agricole condotte nel rispetto degli ecosistemi naturali.

Salva diversa indicazione, i dati forniti in questo volume sono aggiornati al 31/12/2018.

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tico, adatt

Sommario Prefazione di Gianfranco Bologna p. 3 Introduzione all’edizione italiana p. 6

premessa dell’autrice P. 9 il pianeta e i nostri rifiuti p. 14 La situazione

la nostra cucina p. 44 Alimentazione e agricoltura

il nostro bagno p. 82 Igiene e intimità

il nostro guardaroba p. 108 Moda e industria tessile

la nostra casa e il nostr0 giardino p. 128 Acqua ed energia

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la nostra casa e la sua manutenzione p. 152 Aria e inquinamento domestico

la nostra vita attiva p. 166 Lavoro, scuola e spostamenti

la nostra vita sociale p. 180 Viaggi e svaghi

le nostre azioni collettive p. 204 Tutti insieme!

il mondo in transizione verso lo zero rifiuti p. 224 conclusione p. 226 appendici p. 229 13

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