OGM: “NO GRAZIE”

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OGM:

NON BASTA CHE I SINGOLI STATI MEMBRI SIANO LIBERI DI DIRE “NO GRAZIE’’


OGM: NON BASTA CHE I SINGOLI STATI MEMBRI SIANO LIBERI DI DIRE “NO GRAZIE”

Monica Frassoni Co-Presidente del Partito Verde Europeo e Coordinatrice di Green Italia 27/06/2014

Nel semestre di Presidenza italiana il governo Renzi si troverà ad affrontare importanti sfide, tra queste la decisione sulla regolamentazione delle autorizzazioni per le coltivazioni OGM nella Ue. Gli obiettivi ai quali puntare sono: che venga adottata una base legale più solida per le autorizzazioni per nuovi OGM, ossia basata sull’art. 192 del TFUE relativo ad azioni di materia ambientale; assicurare che ragioni socio-economiche ed impatti negativi su agricoltura ed ambiente siano riconosciuti come legittimi motivi per un divieto nazionale di coltivazione; e che venga instaurato un sistema di autorizzazione basato su un lavoro dell’Agenzia per la sicurezza alimentare al sicuro da conflitti di interessi. Il Consiglio dei ministri dell’ambiente è giunto il 12 giugno ad un accordo che concede la possibilità ai singoli Stati membri di vietare sul proprio territorio anche coltivazioni già autorizzate a livello Ue; una decisione attesa da anni e nata dalla proposta del 2010 della Commissione Ue di revisione della direttiva 2001/18/EC sull’emissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati. Nel seguente articolo si ripercorrono le tappe, da una debole proposta della Commissione, la quale, pur volendo concedere maggiore autonomia agli Stati membri, non specifica le motivazioni in base alle quali questi possono imporre il divieto; attraverso gli emendamenti del Parlamento, impegnatosi nella richiesta di una base legale più solida, e dell’inclusione di motivazioni socio-economiche e di salvaguardia dell’ambiente tra le ragioni per un divieto di coltivazione nazionale; fino alla situazione attuale che vedrà il Parlamento e il Consiglio (e quindi la Presidenza italiana) impegnati nella conclusione della procedura. «« »» Tra le questioni più rilevanti che il governo italiano si troverà ad affrontare nel suo semestre di Presidenza Ue, c’è quella riguardante le regole per l’autorizzazione degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM). Il 12 giugno, i Ministri per l’ambiente, riuniti a Lussemburgo, hanno trovato un accordo che permette ad ogni Stato membro di vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul proprio territorio, anche quando previamente autorizzati a livello Ue1. È stato questo un momento importante nella ormai annosa procedura di revisione della direttiva 2001/18/EC2 per l’autorizzazione di coltivazioni OGM; si è trattato di un compromesso,

raggiunto attraverso la mediazione della Presidenza greca, che presenta, però, luci ed ombre. La possibilità di un divieto nazionale di coltivazione può senz’altro essere considerata una misura positiva, in particolare nelle circostanze attuali di totale indisponibilità da parte della Commissione a modificare il proprio atteggiamento sempre e comunque pro-OGM e tenendo anche conto della discutibile credibilità dei giudizi dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con sede a Parma); ma contiene ancora dei punti fortemente critici, in particolare per quanto riguarda la base giuridica3 e la revisione della procedura di autorizzazione4.

1 Council reaches agreement on the cultivation of genetically modified organisms http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/envir/143178.pdf 2 http://europa.eu/legislation_summaries/agriculture/food/l28130_it.htm 3 Una base legale più solida si avrebbe con il passaggio dall’art. 114 del TFUE (ex art. 95 CE), che disciplina il mercato interno, al 192 del TFUE, base giuridica per azioni in materia di ambiente. Questo cambiamento, già proposto dal PE in prima lettura, eviterebbe, innanzitutto, possibili difficoltà poste da parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio davanti a divieti di coltivazione nazionali. 4 È necessaria l’introduzione di una clausola che chieda la revisione della procedura


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La partita comunque non è ancora chiusa: i sei mesi di presidenza Ue dell’Italia saranno importanti per la definizione finale della nuova regolamentazione, che deve essere accordata con il Parlamento europeo, trattandosi di una materia che prevede la co-decisione fra PE e Consiglio dei Ministri. Vediamo di ripercorrere le tappe di questo provvedimento, per capire che cosa si può fare affinché le cose vadano nella giusta direzione. Il primo atto della revisione della direttiva 2001/18/CE - una delle normative più controverse della Ue e che ha visto a suo tempo una fiera battaglia dei fronti contrapposti pro e contro OGM - è stata la proposta pubblicata dalla Commissione nel luglio 2010. L’obiettivo era di combinare un sistema più semplice di autorizzazione Ue in materia di OGM, con il diritto degli Stati membri di scegliere autonomamente se vietare le coltivazioni geneticamente modificate sui propri territori. La proposta voleva consentire agli Stati membri di vietare determinate colture, “su basi diverse da quelle fondate sulla valutazione scientifica dei rischi sanitari e ambientali”, anche se già autorizzate a livello Ue. Il nuovo approccio era “teso a raggiungere il giusto equilibrio tra il mantenimento del sistema di autorizzazione Ue e la libertà di decisione degli Stati membri” si legge sul sito della Commissione Ue5. Si trattava, però, di una proposta debole, come riconosciuto in seguito dal Parlamento europeo, nel quadro dell’approvazione della propria posizione in prima lettura del luglio 2011. Il Parlamento ha, così, modificato il testo della Commissione, specificando i casi nei quali sarebbe stato possibile per i singoli paesi membri vietare la coltivazione degli OGM. La base di partenza era la legislazione comunitaria, vigente allora come oggi, e che prevede per tutti gli Stati membri allo stesso modo la possibilità di vietare la coltivazione di OGM sulla base di motivazioni legate al rischio per la salute ambientale e umana. Nella propria proposta di revisione il PE aveva ampliato lo spettro delle motivazioni sulla base delle quali gli Stati possono vietare la coltivazione di OGM

autorizzati, includendo ragioni socio-economiche ed ambientali, anche al di là della valutazione di rischio6. Queste ultime, sono per così dire, di “secondo livello”: se la salvaguardia dell’ambiente è già alla base della valutazione scientifica del rischio effettuata dall’EFSA, il Parlamento ha voluto lasciare spazio anche a quelle ragioni non necessariamente legate al “rischio”, ma che si possono considerare “complementari alla valutazione delle conseguenze esaminate nel corso della valutazione scientifica” in termini di sicurezza ambientale. Quanto al Consiglio, non era stato in grado di approvare una posizione comune per passare alla fase successiva della procedura legislativa, fino appunto alla riunione del 12 giugno scorso. Si passa ora alla seconda lettura in Parlamento e, se ci sarà accordo fra le parti, si potrà eventualmente arrivare ad una decisione finale, auspicabilmente durante il semestre di Presidenza italiano. Che forma bisognerà dare a questo accordo? È necessario innanzitutto assicurare che anche gli eventuali impatti negativi su agricoltura ed ambiente, quali ad esempio i problemi legati allo sviluppo di erbe infestanti resistenti agli erbicidi, l’invasività delle colture geneticamente modificate o la necessità di preservare la biodiversità – proprio in conformità con gli emendamenti approvati in prima lettura dal Parlamento – siano riconosciuti come legittimi motivi per giustificare un divieto nazionale di coltivazione. Questo permetterebbe ai singoli Stati di andare anche al di là della sola valutazione comunitaria del rischio effettuata dall’EFSA e, così, di integrarla. Centrale sarà, infine, la scelta su chi avrà il potere di decidere sull’autorizzazione. È fondamentale che venga applicato un sistema capace di garantire meglio di adesso che le valutazioni di impatto su ambiente e salute non siano basate in modo predominante sui dati forniti dalle aziende biotech, per ovvi motivi di conflitto di interesse. Come ha rivelato in modo dettagliato

5 Comunicato stampa della Commissione Ue “OGM: gli Stati membri avranno la totale responsabilità per quanto riguarda la coltivazione nei loro territori” http:// europa.eu/rapid/press-release_IP-10-921_it.htm 6 Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 5 luglio 2011 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE


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Jose Bové nel suo libro, Hold-up à Bruxelles, Les lobbies au coeur de l’Europe, questa è stata la pratica normale dell’Autorità per la Sicurezza Alimentare, che nel corso della passata legislatura è stata oggetto di dure critiche per il proprio ruolo di “passacarte” fra le industrie bio-tech e la Commissione; critiche che hanno poi portato alla sostituzione della Direttrice, Diana Banati. Nonostante i miglioramenti delle linee guida sulla valutazione del rischio ambientale degli OGM pubblicate dall’EFSA, permangono dei punti deboli. Ad esempio, nel redigere i propri pareri l’Agenzia deve applicare standard uguali sia per i dati di settore che per quelli provenienti dalla letteratura scientifica indipendente. In altre parole, servono anche nuove regole sulle norme da applicare per la valutazione del rischio ambientale. L’Italia ha una posizione tradizionalmente critica sugli OGM e, nonostante alcuni tentativi di imporli, anche la Magistratura ha seguito lo stesso orientamento: il Tar del Lazio, con una storica sentenza depositata il 24 aprile scorso, ha respinto il ricorso presentato dall’agricoltore friulano Fidenato, contro il decreto interministeriale secondo il quale “la coltivazione di varietà di MAIS MON 810, proveniente da sementi geneticamente modificate è vietata nel territorio nazionale fino all’adozione di misure comunitarie di cui all’art. 54, comma 3, del Regolamento CE 178/2002 e comunque non oltre diciotto mesi dalla data del presente provvedimento”7. Una decisione che ha rimesso al centro della questione OGM il principio invalicabile di precauzione: “quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di

rischi per la salute delle persone” – si legge nella sentenza – “possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi”. Gli italiani non vogliono gli Ogm, “quasi otto italiani su dieci (il 76%), - rivela uno studio di Coldiretti8 sono contrari all’utilizzo di organismi geneticamente modificati nell’agricoltura in Italia”, e in Europa la situazione non è molto diversa. Secondo i sondaggi ufficiali dell’Unione europea, il 61% degli europei sono contrari alla diffusione di alimenti OGM, un trend che è in aumento da anni. I primi organismi geneticamente modificati sono stati creati circa 30 anni fa: mentre lo sviluppo commerciale negli Stati Uniti è in corso da oltre 20 anni, in Europa solo nel marzo 2010, e dopo dure polemiche, la Commissione europea ha approvato la coltivazione di OGM, resistenti agli antibiotici: la patata Amflora, o “SuperPatata” come è stata ribattezzata. Ora più di 20 altre colture geneticamente modificate sono in attesa di autorizzazione. Nonostante le tecnologie continuino ad avanzare, l’Unione Europea si mantiene giustamente cauta nelle scelte di introduzione di nuovi prodotti OGM sul mercato, sia per quanto riguarda la coltivazione che per l’importazione di alimenti. La Presidenza italiana potrà quindi giocare un ruolo importante nella definizione di regole più chiare e stringenti sia sulle autorizzazioni che sui criteri per i divieti nazionali, affinché i cittadini europei possano, essere se non proprio totalmente liberi da OGM, almeno fiduciosi su qualità e modo di produzione di quello che hanno nel piatto.

7 Stop agli Ogm, il Tar boccia il ricorso http://www.repubblica.it/ambiente/2014/04/24/news/stop_agli_ogm_il_tar_boccia_il_ricorso-84358499/ 8 OGM: Coldiretti, no violenza, il 76% italiani non li vuole nei campi http://www.coldiretti.it/News/Pagine/223-–-30-Marzo-2014.aspx Cover photo credit: <a href=”https://www.flickr.com/photos/73295603@N00/4837267013/”>BASF - The Chemical Company</a> via <a href=”http://compfight. com”>Compfight</a> <a href=”https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/”>cc</a>


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