Master's thesis_Giulia Nardò_Polimi

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UN PARCO LINEARE TRA ACQUA E TERRA Mobilita’ dolce e progetto di spazi aperti lungo il canale Vacchelli: proposta di riqualificazione leggera di aree rurali abbandonate

Giulia Nardo’



POLITECNICO DI MILANO

Scuola di architettura urbanistica ingegneria delle costruzioni

Tesi di Laurea Magistrale in Architettura

UN PARCO LINEARE TRA ACQUA E TERRA Mobilita’ dolce e progetto di spazi aperti: proposta di riqualificazione leggera di aree rurali abbandonate

Laureando: Giulia Nardo’_833146 Corso di Laurea Magistrale in Architettura

Relatore:

Progettazione Tecnologica e Ambientale

Prof. Ing. Paolo Pileri

A.A. 2015/2016 Sessione di Laurea Dicembre 2016

Correlatore: Arch. Rossella Moscarelli 1


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Para a Tia Lu, que continua vivendo no esplendor da natureza, nos pores do sol, no sussurro das árvores, no sopro do vento, em cada pessoa que amou.

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ABSTRACT Il progetto di tesi affronta il tema della dismissione in ambito rurale. Questo fenomeno, solitamente trattato in relazione alla città e ai grandi complessi abbandonati, si estende ben oltre i limiti dell’urbano, interessando spesso edifici di modeste dimensioni considerati anonimi e non degni di interesse. Attraverso interventi minimi sugli spazi aperti si vuole proporre una rigenerazione leggera che si ponga come punto di partenza per una riqualificazione degli stessi manufatti abbandonati, come leva di attivazione di una trasformazione più complessa. Sono state individuate sedici aree dismesse disposte lungo il Vacchelli, canale irriguo che taglia orizzontalmente la campagna cremasca per 35 km dall’Adda al fiume Oglio. Il canale diventa elemento di sintesi di criticità, quali la dismissione e l’abbandono, e di potenzialità quali la collocazione in ambito agricolo e la fruizione ciclabile e pedonale. Rappresenta quindi un’opportunità per dar vita a una rigenerazione lineare: il disegno del “vuoto” diventa l’occasione per proporre un itinerario improntato sulla dimensione dell’esperienza. Il nuovo percorso ciclabile intercetta e mette a sistema realtà dimenticate, disvelando ciò che ora risulta invisibile. Si tratta di ricostruire un filo interrotto, del riscatto del paesaggio e della bellezza ordinaria.

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«L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi». Marcel Proust

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INDICE La dismissione in ambito rurale 11 Inquadramento territoriale 55 Riscoprire la bellezza ordinaria 71 Il canale Vacchelli, patrimonio ambientale e culturale 104 Ricreare legami 136 Un parco lineare tra acqua e terra 153

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La dismissione in ambito rurale scala 1: 10’000

Inquadramento territoriale scala 1: 350’000 scala 1: 10’000

Riscoprire la bellezza ordinaria scala 1: 10’000

Ricreare legami scala 1: 10’000

Un parco lineare tra acqua e terra scala 1: 10’000

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INDICE DELLE TAVOLE 01_CENSIMENTO AREE DISMESSE DELLA REGIONE LOMBARDIA 20 02_REALTA’ A CONFRONTO 22 03_LE AREE DISMESSE LUNGO IL CANALE VACCHELLI 34 04_ACCESSIBILITA’ ALL’AREA 58 05_FRUIBILITA’ LEGGERA 62 06_INFRASTRUTTURE 66 07_PISTE CICLABILI 68 08_ACQUA E AGRICOLTURA 82 09_IL SISTEMA NATURALISTICO 86 10_STRATEGIA: CONNETTERE, ORDINARE, INTERSECARE 148 11_STRATEGIA: ALLA SCOPERTA DEL TERRITORIO 150 12_PARCO LINEARE DEL CREMASCO 154 9


1.

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LA DISMISSIONE IN AMBITO RURALE 11


12


Dove siamo Il territorio analizzato si distingue con il nome di Cremasco. Si tratta di un’area geografica situata nel cuore della Lombardia, corrispondente alla parte settentrionale della Provincia di Cremona. Più che una porzione della Provincia di Cremona, con il termine territorio Cremasco si vuole intendere quella parte di territorio in cui i cremaschi si riconoscono nella loro origine, nella loro lingua, nelle loro tradizioni. Questo viene paragonato a un’isola: un tempo circondato dal lago Gerundo, oggi è delimitato dai fiumi Adda a ovest e Oglio a est. Il fiume Serio costeggia la città di Crema sul confine orientale. Un quarto elemento idrico, il Vacchelli, si sviluppa in direzione ortogonale rispetto al corso dei fiumi. Si tratta di un canale artificiale costruito a fine ‘800 al fine di permettere l’irrigazione del Cremasco e del Cremonese. In particolare, sono stati presi in esame 16 comuni attraversati dal canale Vacchelli: Spino d’Adda, Pandino, Dovera, Palazzo Pignano, Monte Cremasco, Vaiano Cremasco, Bagnolo Cremasco, Trescore Cremasco, Cremosano, Crema, Izano, Salvirola, Trigolo, Fiesco, Cumignano sul Naviglio e Genivolta.

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Identità, connessioni e occasioni urbane. Città esistente, eredità industriali, rinnovamento del tessuto consolidato. Questi sono i termini che più frequentemente accompagnano il tema delle aree dismesse. Il più delle volte, quando si parla di aree abbandonate, si fa riferimento a manufatti di tipo industriale. A partire dalla fine degli anni ’70, diversi fattori, tra i quali i cambiamenti della produzione industriale e ragioni economiche legate alla localizzazione degli stabilimenti, portarono alla dismissione di enormi complessi e alla conseguente formazione di “vuoti” urbani. Negli ultimi decenni le grandi metropoli si sono impegnate a riempire questi “vuoti”, chiamando a raccolta archistar da ogni angolo del mondo, cercando di trasformare questi spazi in occasioni per un rilancio –soprattutto economico- delle aree inutilizzate che riflettesse il suo successo sull’intera città. Ma cosa succede all’esterno del perimetro urbano? Il fenomeno della dismissione non si restringe solamente ai grandi complessi industriali e alle grandi città. Al di fuori delle aree metropolitane, nelle campagne lombarde, è assai frequente trovare edifici, anche di proprietà pubblica, inutilizzati e in evidente stato di abbandono. Ma di questi, chi se ne occupa? Spesso la risposta a questa domanda è: nessuno. La diffusione del fenomeno della dismissione nelle aree rurali difficilmente viene presa in considerazione quando si parla di manufatti abbandonati. Edifici di tipo industriale, complessi agricoli o residenziali, manufatti abbandonati di ogni tipo si inseriscono nel fitto tessuto urbano dei piccoli centri abitati o emergono solitari nella campagna come cattedrali nel deserto. Il cambiamento delle modalità di produzione agricola, che non vede più necessaria la presenza costante dei contadini e degli operatori sul campo, ha portato all’abbandono di numerosi complessi agricoli e cascine storiche. Nonostante il consumo di suolo sia sempre più inarrestabile, nella maggior parte dei casi le amministrazioni locali individuano come ambiti di trasformazione gli unici spazi verdi rimasti all’interno del tessuto o ai limiti dell’urbanizzato, ignorando completamente la possibilità di ridurre questo fenomeno riqualificando il patrimonio edilizio esistente. Oltre a rappresentare una possibilità per ridurre il consumo di suolo, le aree dismesse rappresentano un danno per il contesto ambientale e urbanistico nel quale sono inserite e un pericolo per la salute e per la sicurezza urbana e sociale. 15


DICONO DI NOI REGIONE LOMBARDIA La Legge per il governo del territorio «La legge regionale n. 12 del 11 marzo 2005, […] detta le norme di governo del territorio lombardo, definendo forme e modalità di esercizio delle competenze spettanti alla Regione e agli Enti locali, nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento statale e comunitario, nonché delle peculiarità storiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche che connotano la Lombardia»1. La legge asserisce che «il governo del territorio si attua mediante una pluralità di piani, fra loro coordinati e differenziati, i quali, nel loro insieme, costituiscono la pianificazione del territorio stesso»2. Questa introduce la valutazione ambientale dei piani al fine di garantirne la sostenibilità. La l.r. 12/2005 si occupa principalmente delle disposizioni che riguardano gli interventi di nuova costruzione, rimandando al Piano Territoriale Regionale e al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale le direttive in merito ai temi ambientali. Nel breve articolo relativo al governo delle acque e alla difesa del suolo, la legge delinea come obbiettivo la promozione di «un’efficace attività di regolazione e orientamento degli usi e della gestione del territorio per l’equilibrata composizione della molteplicità degli interessi presenti»3. Il tema del consumo di suolo è stato affrontato solo nove anni dopo con la legge regionale 31/2014, Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato: «gli strumenti comunali di governo del territorio prevedono consumo di suolo esclusivamente nei casi in cui il documento di piano abbia dimostrato l’insostenibilità tecnica ed economica di riqualificare e rigenerare aree già edificate, prioritariamente mediante l’utilizzo di edilizia esistente inutilizzata o il recupero di aree dismesse nell’ambito del tessuto urbano consolidato o su aree libere interstiziali. Sono comunque garantite le misure compensative di riqualificazione urbana previste dal piano dei servizi. In ogni caso, gli strumenti comunali di governo del territorio non possono disporre nuove previsioni comportanti ulteriore consumo del suolo sino a che non siano state del tutto attuate le previsioni di espansione e trasformazione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge»4. Inoltre si rende obbligatorio redigere la Carta del consumo di suolo, nella quale devono essere indicate le aree dismesse «da bonificare, degradate, inutilizzate e sottoutilizzate»5. 16


Il PTR - Piano Territoriale Regionale Il Piano Territoriale Regionale «si propone di rendere coerente la “visione strategica” della programmazione generale e di settore con il contesto, fisico, ambientale, economico e sociale»6. Tra gli obiettivi dichiarati nel Documento di Piano vi è il «recupero e il riutilizzo dei territori degradati e delle aree dismesse»7 al fine di tutelare le «risorse scarse» quali acqua, suolo e fonti energetiche. La riqualificazione di tali aree non deve limitarsi a una rifunzionalizzazione per uso residenziale: per migliorare l’ambito urbano nel suo complesso sarà necessario prendere in considerazione l’insediamento di servizi e verde pubblico. Sarà poi compito dei Comuni concentrare le trasformazioni in spazi inutilizzati per limitare il consumo di suolo legato alla costruzione di edilizia residenziale, spesso non necessaria visto l’alto numero di immobili invenduti. Nel Piano Paesaggistico Regionale e nella sezione del PTR dedicata agli strumenti operativi non si fa riferimento al recupero delle aree dismesse in merito alla difesa del suolo, ma solo alla previsione di infrastrutture quali vasche di laminazione e aree di esondazione in prossimità di alcuni corsi d’acqua.

Il censimento delle aree dismesse «Le aree dismesse non residenziali rappresentano un potenziale danno territoriale, sociale ed economico e possono costituire un pericolo per la salute, per la sicurezza urbana e sociale e per il contesto ambientale e urbanistico. Il recupero delle stesse pertanto è attività di pubblica utilità e di interesse generale. La Legge di governo del territorio attribuisce infatti alle aree compromesse un ruolo chiave per la rivalorizzazione del territorio lombardo, rivolgendo l’attenzione all’utilizzazione ottimale delle risorse territoriali e alla conseguente minimizzazione di consumo di suolo libero attraverso l’individuazione delle parti di città o di territorio urbano caratterizzate da dismissioni in atto, abbandono o degrado urbanistico e/o paesaggistico»8. Questo è quanto si legge nella sezione dedicata alle aree dismesse nel sito della Regione Lombardia nella quale si enfatizza l’impegno della Regione nel recupero di tali aree. In realtà la legge di governo del territorio dedica poche righe al tema, delegando ai Comuni la facoltà di intervenire al riguardo sollecitando direttamente i proprietari a presentare progetti per il recupero 17


e, in caso di mancato riscontro, di intervenire sull’area in oggetto mediante l’avvio di una variante urbanistica finalizzata al recupero dell’area. Tra il 2008 e il 2010, la Direzione Generale Territorio e Urbanistica si è occupata, congiuntamente a AssimpredilAnce e alle Province, del censimento delle aree dismesse presenti in Lombardia. I dati raccolti sono stati organizzati nella banca dati geografica per il censimento e il marketing territoriale delle aree dismesse dalla quale sono state successivamente generate delle schede descrittive relative ad ogni singola area. La definizione delle aree industriali dismesse alla base del censimento è quella dell’allora vigente l.r. 1/2007 il cui art. 7, comma 1, recitava: 1. La dismissione di aree industriali costituisce grave pregiudizio territoriale, sociale ed economicooccupazionale. Si intendono per aree industriali dismesse, ai fini del presente articolo, le aree: a) Che comprendano superficie coperta superiore a duemila metri quadrati; b) Nelle quali la condizione dismissiva, caratterizzata dalla cessazione delle attività economiche su oltre il cinquanta percento delle superfici coperte […] da oltre quattro anni9. Le aree dismesse censite rappresentano quindi una piccolissima parte della realtà, assai più variegata e complessa, in quanto si escludono le aree con superficie coperta inferiore ai duemila metri quadrati e quelle che sono dismesse da meno di quattro anni. (TAVOLA_02) In ogni scheda si trovano le seguenti informazioni: • dati identificativi dell’area • estensione dell’’area (superficie fondiaria, coperta, lorda pavimentata); • accessibilità all’area (distanza da aeroporti, ferrovie, autostrade, strade, idrovie, ecc.); • informazioni specifiche relative allo stato e alle previsioni di riutilizzo futuro • eventuali vincoli (valore architettonico, appartenenza ad aree protette, vincolo paesistico, ecc.); • eventuale stato di contaminazione e bonifica dell’area. Solamente le Province di Cremona e Varese hanno fornito immagini fotografiche che corredano le schede delle aree dismesse ubicate nel territorio. Nel territorio della Provincia di Cremona sono state censite 40 aree dismesse. Nei 16 Comuni analizzati sono solo 4 le aree censite. (TAVOLA_01) Ad oggi, l’attività di censimento è da considerarsi conclusa e non oggetto di aggiornamento. 18


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LA PROVINCIA DI CREMONA

Il PTCP - Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale «Con il piano territoriale di coordinamento provinciale la provincia definisce […] gli obiettivi generali relativi all’assetto e alla tutela del proprio territorio connessi ad interessi di rango provinciale o sovracomunale o costituenti attuazione della pianificazione regionale; sono interessi di rango provinciale e sovracomunale quelli riguardanti l’intero territorio provinciale o comunque quello di più comuni. Il PTCP è atto di indirizzo della programmazione socio-economica della provincia ed ha efficacia paesaggistico-ambientale»10. Il PTCP afferma che la riduzione del consumo di suolo è da considerarsi come base condivisa dai differenti strumenti urbanistici e alle varie scale: «gli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo del PGT devono essere messi in relazione con la minimizzazione del consumo di suolo tenendo conto dell’esigenza di ottimizzare l’utilizzazione delle risorse territoriali nel loro complesso»11. Tuttavia quando nel piano si parla di «difesa del suolo» si fa riferimento esclusivamente al contenimento dei rischi alluvionali, industriali e sismici. La tematica del recupero delle aree dismesse o sottoutilizzate, al fine di ridurre ulteriore consumo di suolo, non viene approfondita nel PTCP. All’interno del piano possiamo trovare un censimento delle cascine lombarde: di ogni Comune viene riportata una scheda che include un elenco delle cascine presenti sul territorio. Questa indica se l’edificio è attualmente abitato o attivo economicamente. Il documento risulta utile al fine di censire le innumerevoli cascine dismesse dislocate nella campagna cremonese.

I piani d’area vasta Il Piano Territoriale d’Area è «il “ponte” tra il livello di pianificazione a scala provinciale e quello comunale per affrontare problematiche che altrimenti non troverebbero efficaci risposte. Costituisce di fatto un Documento di Piano Intercomunale sia per la scala che per i contenuti sviluppati che i Comuni potranno recepire e sviluppare nei rispettivi Piani di Governo del Territorio»12. La Provincia Di Cremona giustifica così la scelta di istituire Piani Territoriali d’Area per il territorio 26


provinciale che ormai costituisce un unico sistema di relazioni e funzioni con la città di Crema pur non coincidendo con i confini amministrativi del medesimo Comune e che anzi si caratterizza a livello locale per un forte orgoglio identitario intorno ad ogni municipio. L’obiettivo principale del PTdA è infatti quello di favorire strategie di cooperazione al fine di ottimizzare l’uso e la gestione delle risorse territoriali, ambientali ed economiche, di migliorare la qualità insediativa e di accrescere la competitività territoriale con le aree esterne. La porzione di territorio presa in analisi è interessata dal PTdA Crema e Cremasco. Vi è poi il PTdA Alto Cremasco che comprende nove Comuni a nord di Crema, confinanti con la provincia di Bergamo. Ulteriori piani d’area vasta riguardano il cremonese e il casalasco. I Comuni che si trovano ad est di Trescore e Vaiano Cremasco, quali Spino d’Adda, Rivolta d’Adda, Pandino, Dovera, Palazzo Pignano, Torlino Vimercati e Agnadello, non sono interessati da nessun PTdA. Il PTdA Cremasco include 18 Comuni tra cui Crema, Bagnolo Cremasco, Cremosano, Izano, Monte Cremasco, Trescore Cremasco e Vaiano Cremasco, per un totale di circa 75’000 abitanti. Tra gli elaborati grafici presentati vi sono la carta del paesaggio, l’analisi dei servizi e degli ambiti per il commercio, la carta dei vincoli e delle tutele, l’individuazione degli ambiti di trasformazione e del degrado paesistico. Quest’ultima tavola si limita a mappare le infrastrutture esistenti e in previsione e a proporre l’insediamento di aree produttive a interesse sovracomunale. Per quanto riguarda gli ambiti di trasformazione, sono evidenziati gli «ambiti di compattazione dell’edificato» tracciando indifferentemente una circonferenza ai limiti dell’edificato (fig. sotto). Non vi è alcun riferimento alla riduzione del consumo di suolo o al riutilizzo di aree dismesse a questo fine.

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I COMUNI

I PGT integrati Il Piano di Governo del Territorio Terre dei Navigli è un progetto di pianificazione integrata che ha coinvolto 11 Comuni tra cui Trigolo, Cumignano sul Naviglio e Genivolta. Il piano pone particolare attenzione alla qualità urbana e territoriale e al sistema ambientale: tra gli obiettivi principali vi sono appunto «minimizzare l’impatto sull’ambiente di attività esistenti e di progetto e promuovere il miglioramento della qualità ambientale»13 e contenere l’uso del suolo. Particolare attenzione è posta alla tutela e alla valorizzazione del PLISS Terre dei Navigli, della rete ecologica e degli elementi che compongono il territorio rurale quali le cascine e la rete idrografica. Il PGT sottolinea che l’individuazione di ambiti di espansione residenziale e produttiva deve essere giustificata da diversi fattori, quali ad esempio l’analisi dell’evoluzione demografica, della domanda sociale e dell’offerta. Si evidenzia inoltre che la presenza di aree dismesse è «occasione di interventi di trasformazione urbana che possono indurre progressivi processi di qualificazione del loro intorno»14. TIPOLOGIE DI INTERVENTO sugli ATU

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I PGT - Piani di Governo del territorio Il Piano Territoriale Regionale delega ai Comuni il compito di individuare gli ambiti di trasformazione e indirizzare tali trasformazioni verso interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente piuttosto che consumare ulteriormente il suolo. I 16 Comuni presi in esame individuano nei rispettivi PGT un totale di 136 ambiti di trasformazione. Per il 71% dei casi si tratta di interventi di nuova costruzione su aree libere, per il 13% di interventi di restauro e valorizzazione del costruito e per il 16% di riqualificazione di aree dismesse e abbandonate. Il 65% degli ambiti avrà funzione residenziale, il 17% produttiva, il 13% è destinato a ospitare altre funzioni (servizi, “mix funzionale” o altro). Per la restante percentuale non è specificata alcuna destinazione d’uso. Sei Comuni non hanno allegato le schede relative all’intervento su ciascun ambito di trasformazione.

DESTINAZIONI D’USO PREVISTE per gli ATU

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COMUNI

Abitanti

1. Spino d’Adda

6’094

Numero aree dismesse

COMUNE

Sup. coperta > 2’000 mq

Sup. fondiaria > 2’000 mq

Aree incluse tra gli ATU

3

4

7

-

4

-

4

14

9

1

6

-

-

-

-

-

9

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE 2. Pandino

9’024

3. Dovera

3’885

4.Ortofoto Palazzo Pignano

3’800

5. Monte Cremasco

2’294

9

DESTINAZIONE D’USO 19 PROPRIETÀ

6

SUP. COPERTA (Mq) VOLUME (Mc)

6. Vaiano Cremasco

3’755

5

-

2

-

7. Bagnolo Cremasco

4’798

10

1

8

-

8. Trescore Cremasco

2’883

5

1

2

-

9. Cremosano

1’719

6

-

2

-

10. Crema

34’371

21

11

12

4

11. Izano

2’014 ACCESSIBILITÀ 1

-

1

1

12. Salvirola

1’160

5

-

2

-

13. Fiesco

DESCRIZIONE 7 1’229

1

2

-

14. Trigolo

1’746

4

2

3

-

15. Cumignano sul Naviglio

444

5

1

2

-

16. Genivolta

1’248

8

3

6

6

28

70 (60%)

22%

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA STATO DI CONSERVAZIONE

PREVISIONI PGT

30

120


Solo due Comuni su sedici, Dovera e Izano, hanno indicato come prioritario il recupero degli edifici dismessi presentando delle schede specifiche dedicate alla riqualificazione delle aree degradate presenti nel Comune. Il PGT differenzia questi ambiti da quelli di trasformazione denominandoli ambiti di riqualificazione. Solo tre delle 16 aree dismesse dislocate lungo il Canale Vacchelli sono riportate nei rispettivi PGT: 1C. Cascina Cascinetto: «Piccola cascina nel settore nord del paese in fregio alla S.P. per Rivolta, in significativo stato di degrado; è oggi utilizzata prevalentemente come deposito di attrezzature agricole. Il suo recupero sarebbe auspicabile fosse contestuale a quello dell’antistante Mulino Lombardo»15. 1D. Molino Lombardo: «Importante edificio della storia dell’architettura rurale spinese, in stato di completo abbandono. È auspicabile un recupero del fabbricato con sua rifunzionalizzazione, ma nel rigoroso rispetto degli elementi architettonici e morfotipologici di rilievo. L’ampia area a corredo del comparto e di sua pertinenza, dovrà rimanere tutelata ed equipaggiata. Sarebbe auspicabile che il recupero avvenisse contestualmente alla rifunzionalizzazione dell’area antistante Cascina Cascinetto»16 10B. Ex Ferriera – Ex Everest/Olivetti: «Riqualificazione dell’intero ambito attraverso un mix variegato di qualità urbanistica ed architettonica. Realizzazione di un parco unitario di dimensioni significative con direzione est-ovest lungo il canale Vacchelli che permetta la connesione tra il parco del Moso e il parco del fiume Serio. Realizzazione di uno spazio urbano lineare continuo e di dimensioni significative, con direzione nord-sud, di connessione tra l’area ex-Olivetti e il centro storico su cui attestare le funzioni di servizio all’Università»17. Alcuni Comuni non accennano minimamente al tema del recupero, individuando come ambito di trasformazione di tipo residenziale qualsiasi area “vuota” presente entro i limiti dell’edificato. La maggior parte delle aree di espansione residenziale è collocata a ridosso del tessuto urbano consolidato. L’obbiettivo dichiarato in molti PGT, “copiato e incollato”, è spesso quello di «completare il tessuto edificato al fine di qualificare le aree di frangia e ridurre la frammentazione dei margini urbani»18. Con lo scopo di “regolarizzare” i margini dell’edificato, si propongono interventi di espansione edilizia, quasi sempre ingiustificata, a scapito di aree agricole o di spazi verdi.

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PGT integrato Terre dei Navigli

COMUNI

Abitanti

Anno PGT

Variante

Numero ATU

1. Spino d’Adda

6’094

2010

2013

16

2. Pandino

9’024

2010

2015

19

3. Dovera

3’885

2010

-

22

4. Palazzo Pignano

3’800

2010

-

3

5. Monte Cremasco

2’294

2010

-

1

6. Vaiano Cremasco

3’755

2010

-

4

7. Bagnolo Cremasco

7’789

2010

-

6

8. Trescore Cremasco

2’883

2010

-

6

9. Cremosano

1’719

2010

2015

2

10. Crema

34’371

2010

2015

12

11. Izano

2’014

2009

2015

22

12. Salvirola

1’160

2011

-

7

13. Fiesco

1’229

2010

-

9

14. Trigolo

1’746

2010

2013

2

15. Cumignano sul Naviglio

444

2010

2013

1

16. Genivolta

1’248

2010

-

4

136


Esistente

Residenziale

Produttivo

Altro

Schede aree dismesse

Schede ATU

7

6

10

3

3

-

X

19

-

-

13

4

2

-

-

13

9

7

18

2

2

X

X

3

-

-

2

1

-

-

X

1

-

-

1

-

-

-

-

4

-

-

2

1

1

-

X

6

-

-

-

X

6

-

-

3

3

-

-

-

2

-

-

2

-

9

-

-

6

4

2

3

9

-

-

X

14

1

7

20

2

-

X

X

7

-

-

6

1

-

-

-

8

-

1

7

2

-

-

-

2

-

-

1

1

-

-

X

1

-

-

1

-

-

-

X

2

1

1

-

3

-

-

X

71%

16%

13%

65%

17%

13%

Nuova

Dismesso

3

costruzione

non dismesso

Non specificato


03_AREE DISMESSE LUNGO IL CANALE VACCHELLI

34


35


36


ABACO

DELLE AREE DISMESSE L’abaco contiene una scheda per ognuna delle 16 aree dismesse individuate lungo il canale Vacchelli. Ciascuna è identificata da un codice. Il numero contenuto nel codice stesso fa riferimento al Comune nel quale si trova ed è lo stesso utilizzato nelle tabelle precedenti. Ogni scheda contiene una descrizione dell’area e informazioni riguardo a: La localizzazione La destinazione d’uso originaria La proprietà (pubblica o privata) La superficie coperta e la superficie fondiaria La tipologia costruttiva Lo stato di conservazione Le eventuali previsioni del PGT per quell’area La scheda riporta alcune informazioni relative agli spazi aperti di pertinenza dei manufatti, come ad esempio la percentuale di superficie pavimentata e di superficie impermeabile, la presenza o meno di spazi aperti coperti e di recinzioni. Ogni descrizione è affiancata da uno schema dell’area in cui sono indicati i volumi, gli spazi esterni coperti, gli accessi, la presenza di piste ciclabili o di strade veicolare e la vicinanza al canale Vacchelli.

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1A

DESCRIZIONE

Spino d’Adda

COMUNE

Il manufatto si trova all’interno del parco Adda Sud. E’ possibile accedervi percorrendo le sponde del Canale Vacchelli, a piedi o in bicicletta, partendo dall’abitato di Spino d’Adda oppure seguendo la riva sinistra del fiume Adda.

Chiuse di regolazione

L’edificio risale al 1890. La facciata est accoglie un busto bronzeo del senatore Vacchelli e delle targhe commemorative. Lo spazio esterno adiacente all’edificio, coperto in ghiaia e protetto da un parapetto metallico, consente il passaggio da un lato all’altro del Canale. Sulla parte retrostante vi sono le opere di presa delle acque.

160 mq

SUP. COPERTA (Mq)

304 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

Laterizi

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

L’edificio si presenta in ottimo stato di conservazione in quanto ha subito dei restauri in epoca recente.

STATO DI CONSERVAZIONE

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

Opera idraulica

DESTINAZIONE D’USO

Pubblica - Regione Lombardia

PROPRIETÀ

PREVISIONI PGT -

Ortofoto

SUPERFICIE ESTERNA Superficie pavimentata: Superficie permeabile:

Edificato Area esterna di pertinenza

144 mq 100% 0%

Spazi aperti coperti: NO Recinzioni: NO

Accesso Canale Vacchelli Tracciato ciclabile

Vista esterno


COMUNE

Spino d’Adda

DESCRIZIONE

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

via Sudati 11

Edificio dismesso adibito precedentemente a stalla adiacente a un complesso agricolo in parte in attività. Altri manufatti sono parzialmente inutilizzati.

Agricolo

DESTINAZIONE D’USO PROPRIETÀ

Privata

SUP. COPERTA (Mq)

996 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

1’456 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Acciaio + blocchi in cls

STATO DI CONSERVAZIONE

Struttura ben conservata, chiusure vetrate degradate.

Lo spazio esterno di pertinenza del manufatto si presenta cementificato. Corrisponde a circa 400 mq. Una tettoia il lamiera, poggiata su pilastri e travi in acciaio, copre un’area di circa 60 mq. Lo spazio è diviso in due parti da una recinzione metallica. Il manufatto dista circa 300 m dal canale.

PREVISIONI PGT SUPERFICIE ESTERNA 460 mq Superficie pavimentata: 100% Superficie permeabile: 0%

Spazi aperti coperti: Recinzioni:

SI SI

Ortofoto

Canale Vacchelli

Tettoia Area esterna di pertinenza

Tracciato ciclabile Edificato Accesso

Vista esterno

1B


1C

DESCRIZIONE

Spino d’Adda

COMUNE

Piccola cascina nel settore nord del paese, che si affaccia sulla S.P. per Rivolta, in significativo stato di degrado. Oggi è utilizzata prevalentemente come deposito di attrezzature agricole.

Cascina Cascinetto via Manzoni 84 A

Il complesso dista meno di 200 metri dal Vacchelli, raggiungibile tramite una strada asfaltata. Tra la cascina e il Canale troviamo un prato da sfalcio e dei piccoli orti privati. Nella parte retrostante vi è un cortile cementato non recintato. Il primo piano, adibito a deposito, risulta aperto e raggiungibile dall’esterno.

1’009 mq

SUP. COPERTA (Mq)

2’350 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

Agricolo

DESTINAZIONE D’USO

Privata

PROPRIETÀ

Laterizi

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Struttura ben conservata, rivestimento degradato e copertura lignea pericolante

STATO DI CONSERVAZIONE

Ristrutturazione e restauro al fine di adibire il complesso ad uso residenziale

Ortofoto

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

SUPERFICIE ESTERNA 1’341 mq Superficie pavimentata: 50% Superficie permeabile: 50%

PREVISIONI PGT

Spazi aperti coperti: SI Recinzioni: NO

Canale Vacchelli Tracciato ciclabile Accesso Edificato

Vista esterno

Primo piano aperto Area esterna di pertinenza


Spino d’Adda

COMUNE TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

Mulino Lombardo via Manzoni 92

DESTINAZIONE D’USO

Agricolo

PROPRIETÀ

Privato

SUP. COPERTA (Mq)

482 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

2’021 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Laterizi

STATO DI CONSERVAZIONE

Struttura in laterizi e copertura lignea parzialmente crollati; presenza di vegetazione infestante

PREVISIONI PGT

Istituzione del Museo Contadino

SUPERFICIE ESTERNA 1’539 mq Superficie pavimentata: 10% Superficie permeabile: 90%

Spazi aperti coperti: Recinzioni:

SI SI

DESCRIZIONE Ex mulino in stato di abbandono. Si trova tra la SP per Rivolta e una strada asfaltata che conduce al Canale, dal quale dista 150 metri. Il fronte strada, che include la ruota in ferro, è quello che si presenta meglio conservato. La pianta a T si dispone nel lotto individuando due corti, una nord e una a sud del blocco centrale. Lo spazio aperto è quasi interamente coperto a verde. Una cortina in laterizi separa l’interno dalla strada principale, molto trafficata. Il complesso risulta recintato sugli altri tre lati tramite una rete metallica.

Ortofoto

Canale Vacchelli Area esterna di pertinenza

Strada provinciale

Edificato Accesso Tracciato ciclabile

Spazio scoperto

Vista esterno

1D


3A

DESCRIZIONE Si tratta di un complesso agricolo utilizzato principalalmente come deposito, distante 330 metri dal Vacchelli. Per raggiungerlo è necessario percorrere la strada provinciale che collega gli abitati di Dovera e Pandino. L’edificio presenta una corte interna (800 mq) e un’area adibita a deposito (400 mq) posta tra la cascina e la strada. I due ambiti, entrambi cementati, sono collegati tramite uno spazio porticato. L’ingresso alla cascina è preceduto da un’area verde a forma triangolare di circa 1’500 mq. Il complesso risulta recintato tramite una rete metallica.

Dovera

COMUNE

SP 472, 81

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

Agricolo

DESTINAZIONE D’USO

Privato

PROPRIETÀ

2’318 mq

SUP. COPERTA (Mq)

5’018

SUP. FONDIARIA (Mq)

Laterizi

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Struttura in laterizi ben conservata, copertura lignea in parte crollata; presenza di vegetazione.

STATO DI CONSERVAZIONE

PREVISIONI PGT -

Ortofoto

SUPERFICIE ESTERNA 2’700 mq Superficie pavimentata: 45% Superficie permeabile: 55%

Spazi aperti coperti: Recinzioni: Canale Vacchelli

Accesso Strada provinciale Portico

Vista esterno

Area esterna di pertinenza Edificato

SI SI


COMUNE

Vaiano Cremasco SP 71

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

DESTINAZIONE D’USO

Agricolo - Residenziale

PROPRIETÀ

Privato

SUP. COPERTA (Mq)

872 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

3’372 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Laterizi

STATO DI CONSERVAZIONE

Struttura ben conservata, copertura lignea in parte crollata; rivestimento esterno degradato

Il complesso è composto da un blocco residenziale posto a ovest e un blocco ad “L” a uso agricolo. Oggi risulta abbandonato. Il complesso si trova a a una quota differente rispetto al Canale, sul quale si affaccia. Al momento non è possibile raggiungerlo direttamente dall’alzaia: l’accesso avviene dalla strada provinciale adiacente. Il retro dell’edificio racchiude due corti, in parte cementate, di circa 300 mq ciascuna. Tra il blocco residenziale e la strada vi è un giardino alberato di 1’900 mq delimitato da un alto muro.

-

PREVISIONI PGT

SUPERFICIE ESTERNA 2’500 mq Superficie pavimentata: 20% Superficie permeabile: 80%

DESCRIZIONE

Spazi aperti coperti: Recinzioni:

SI SI

Ortofoto

Canale Vacchelli Strada provinciale Area esterna di pertinenza

Edificato Tracciato ciclabile

Vista esterno

6A


7A

DESCRIZIONE

Vaiano Cremasco

COMUNE

Il complesso, con affaccio sul Canale, è composto da un blocco residenziale ad est e da due blocchi paralleli, ad ovest, adibiti ad uso agricolo. Questi ultimi risultano maggiormente degradati. E’ possibile accedervi esclusivamente dal Vacchelli.

strada senza nome

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

452 mq+ 270 mq + 270 mq

SUP. COPERTA (Mq)

I tre blocchi sono immersi in uno spazio verde ad uso prativo non delimitato. Tant’è che risulta complesso identificare i limiti della proprietà. L’edificio residenziale presenta un terrazzo scoperto.

7’600 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

Agricolo - Residenziale

DESTINAZIONE D’USO

Privato

PROPRIETÀ

Pilastri in laterizi, chiusura cls

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Struttura ben conservata, copertura lignea in parte crollata; rivestimento esterno degradato

STATO DI CONSERVAZIONE

-

Ortofoto

PREVISIONI PGT

SUPERFICIE ESTERNA 6’608 mq Superficie pavimentata: 0% Superficie permeabile: 100%

Spazi aperti coperti: SI Recinzioni: NO

Area esterna di pertinenza Tracciato ciclabile

Canale Vacchelli Accesso

Volumi scoperti Edificato

Vista esterno


Vaiano Cremasco

COMUNE

Chiesa degli Alpini, strada senza nome

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

DESTINAZIONE D’USO

Chiesa

PROPRIETÀ

Privato

SUP. COPERTA (Mq)

195 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

5’700 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Laterizi

STATO DI CONSERVAZIONE

Buono stato di conservazione; presenza di vegetazione.

DESCRIZIONE Chiesa in stile neoclassico, con la facciata scandita da quattro lesene che racchiudono un rosone e due state. Il tutto è sormontato da un timpano triangolare e preceduto da un portico. La chiesa si affaccia sul Canale Vacchelli, unica via di accesso all’edificio. Il lotto sul quale si colloca è ad uso prativo e presenta numerosi alberi e arbusti, tant’è che è impossibile distinguere l’ingresso, sormontato da un portico, se non avvicinandosi molto.

PREVISIONI PGT SUPERFICIE ESTERNA 5’505 mq Superficie pavimentata: 0% Superficie permeabile: 100%

Tracciato ciclabile

Spazi aperti coperti: SI Recinzioni: NO

Ortofoto

Canale Vacchelli

Accesso

Edificato Area esterna di pertinenza

Vista esterno

7B


10A

DESCRIZIONE Si tratta di un complesso agricolo costituito da un blocco principale, più antico, e da diversi volumi aggiunti. Si affaccia su una strada asfaltata che conduce dal centro sportivo al Canale, distante 300 metri. Il complesso è circondato da campi ad uso agricolo. Alberi e arbusti delimitano il lotto su tre lati, rendendo inacessibile alla vista lo spazio aperto di pertinenza. Dalle immagini aeree si nota che la parte retrostante al fabbricato, delimitata parzialmente da portici, si compone di due aree verdi in parte alberate.

Crema Cascina Il Fante, via del Fante Agricolo Privata

COMUNE TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

DESTINAZIONE D’USO PROPRIETÀ

3’029 mq

SUP. COPERTA (Mq)

10’666 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

Laterizi

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

La struttura si presenta ben conservata.

STATO DI CONSERVAZIONE

PREVISIONI PGT -

Ortofoto

SUPERFICIE ESTERNA 7’637 mq Superficie pavimentata: 30% Superficie permeabile: 70%

Spazi aperti coperti: Recinzioni: Canale Vacchelli

Tracciato ciclabile Accesso Area esterna di pertinenza

Vista esterno

Edificato

SI SI


COMUNE TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

DESTINAZIONE D’USO PROPRIETÀ

Crema Area ex Ferriera via Gaeta Industriale Privata

SUP. COPERTA (Mq)

37’150 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

100’000 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Acciaio + Cls

STATO DI CONSERVAZIONE

Gran parte dei capannoni sono stati smantellati, ne resta la struttura in accaio. Il fronte strada risulta ben conservato

PREVISIONI PGT

SUPERFICIE ESTERNA 62’850 mq Superficie pavimentata: 70% Superficie permeabile: 30%

DESCRIZIONE Complesso di edfici industriali, in parte privi di copertura o smantellati. Un marciapiede e una strada a doppio senso di marcia separano di 20 metri il fronte nord, lungo circa 500 metri, dal Canale. La cortina nasconde un’area dismessa, occupata da diversi edifici fatiscenti, che corrisponde a circa 10 ettari. Questa è in parte verde e in parte cementata. Di alcuni di questi di edifici rimane solo la struttura metallica che scandisce lo spazio, riconquistato dalla vegetazione. Una recinzione in calcestruzzo divide il fronte sud dai binari ferroviari.

Riqualificazione attraverso la creazione di un parco lineare e l’inserimento di funzioni miste Spazi aperti coperti: Recinzioni:

Strada veicolare

Tracciato ciclabile

Volumi scoperti

Edificato

SI SI

Ortofoto

Area esterna di pertinenza

Vista esterno

10B


10C

DESCRIZIONE

Crema

COMUNE

Edificio industriale prefabbricato dismesso dal 1992.

Area ex Everest/Olivetti, via Gaeta

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

Tra il fabbricato e il canale si trova un prato di circa 8’500 mq. Un filare di alberi lo separa dal percorso ciclabile sul quale si affaccia. Sul lato orientale è delimitato dal viale che conduce alla basilica di Santa Maria della Croce. Non vi sono recinzioni. Ad Ovest del manufatto, vi è un’area verde, in parte alberata, che si estende per 3 ettari e mezzo. E’ possibile accedervi da via Mulino.

Industriale

DESTINAZIONE D’USO

Privata

PROPRIETÀ

19’300 mq

SUP. COPERTA (Mq)

62’800 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

Travi e pilastri in c.a.

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Struttura ben conservata, superfici e chiusure vetrate degradate. Presenza di vegetazione

STATO DI CONSERVAZIONE

Riqualificazione attraverso la creazione di un parco lineare e l’inserimento di funzioni miste

PREVISIONI PGT

Vicinanza alla stazione ferroviaria di Crema.

Ortofoto

SUPERFICIE ESTERNA 43’500 mq Superficie pavimentata: 0% Superficie permeabile: 100%

Area esterna di pertinenza Accesso

Vista esterno

Canale Vacchelli

Spazi aperti coperti: NO Recinzioni: NO

Edificato Tracciato ciclabile Strada veicolare


Salvirola

COMUNE TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

via Donatori di Sangue 3

Industriale

DESTINAZIONE D’USO

Privata

PROPRIETÀ SUP. COPERTA (Mq)

1’140 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

1’590 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Calcestruzzo prefabbricato

STATO DI CONSERVAZIONE

L’intero edificio risulta ben conservato

PREVISIONI PGT

SUPERFICIE ESTERNA Superficie pavimentata: Superficie permeabile:

DESCRIZIONE Si tratta di un capannone prefabbricato dismesso collocato nei pressi dell’abitato di Salvirola e distante 100 metri dal Canale. Si colloca al margine tra il centro abitato e la campagna circostante. Si trova a metà di una strada sterrata che collega il Canale alla via principale che attraversa Salvirola. Il complesso è dotato di un cortile cementato, a pianta rettangolare, di circa 450 mq. Il fronte nord si affaccia su un prato da sfalcio che separa il capannone dall’alzaia destra del Vacchelli.

-

450 mq 100% 0%

Spazi aperti coperti: NO Recinzioni: NO

Ortofoto

Canale Vacchelli Edificato

Tracciato ciclabile Accesso

Area esterna di pertinenza

Vista esterno

12A


12B

DESCRIZIONE Edificio a pianta rettangolare collocato presso la diramazione del canale. Probabilmente adibito in precedenza a residenza dei funzionari. Sui lati nord e ovest vi è un giardino di pertinenza della casa, recintato tramite una rete metallica. I lati est e sud si affacciano su campi coltivati. L’accesso è garantito esclusivamente dalla strada che costeggia il Canale.

Salvirola

COMUNE

strada senza nome

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

Residenziale

DESTINAZIONE D’USO

-

PROPRIETÀ

65 mq

SUP. COPERTA (Mq)

450 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

-

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

L’intero edificio risulta ben conservato

STATO DI CONSERVAZIONE

PREVISIONI PGT -

Ortofoto

SUPERFICIE ESTERNA Superficie pavimentata: Superficie permeabile:

Tracciato ciclabile Area esterna di pertinenza

Vista esterno

385 mq 0% 100%

Spazi aperti coperti: NO Recinzioni: SI

Canale Vacchelli Edificato


Fiesco

COMUNE TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

DESTINAZIONE D’USO

strada senza nome

Industriale Privata

PROPRIETÀ SUP. COPERTA (Mq)

1’414 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

10’000 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Struttura in cls prefabbricata

STATO DI CONSERVAZIONE

L’intero edificio risulta ben conservato

DESCRIZIONE Capannone a pianta rettangolare collocato parallelamente rispetto al Canale. Il complesso si colloca alla fine di una strada sterrata che parte dall’abitato di Fiesco e che attraversa il Canale, dal quale dista circa 200 metri. Il capannone si dispone in direzione nord-sud nel lotto, di superficie pari a 10 mila mq, occupato a verde. Un prato separa l’edificio dal canale.

PREVISIONI PGT SUPERFICIE ESTERNA 8’586 mq Superficie pavimentata: 10% Superficie permeabile: 90%

Spazi aperti coperti: NO Recinzioni: NO

Area esterna di pertinenza

Edificato

Canale Vacchelli

Tracciato ciclabile

Ortofoto

Vista esterno

13A


DESCRIZIONE

Cumignano sul Naviglio

COMUNE

Complesso composto da diversi edifici adibiti ad uso agricolo, residenziale e ricettivo. Parte di questi risultano inutilizzati.

Cascina Castelletto SP 45, 4

TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

Agricolo - residenziale

DESTINAZIONE D’USO

Privata

PROPRIETÀ

3’585 mq

SUP. COPERTA (Mq)

20’150 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

Mista

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

L’intero complesso risulta ben conservato

STATO DI CONSERVAZIONE

15A

Il complesso si affaccia su un ramo del Canale Vacchelli che corre parallelo al tratto principale. Sul lato est passa la strada provinciale che collega Cumignano sul Naviglio a Trigolo attraversando il Canale. Gli edifici si dispongono attorno a un cortile verde centrale e alcuni di essi presentano portici a doppia altezza. Un percorso esterno in ghiaia conduce da un blocco all’altro.

PREVISIONI PGT -

Ortofoto

Vista esterno

SUPERFICIE ESTERNA 16’565 mq Superficie pavimentata: 30% Superficie permeabile: 40%

Spazi aperti coperti: SI Recinzioni: NO

Area esterna di pertinenza

Edificato

Canale Vacchelli

Tracciato ciclabile


COMUNE TOPONIMO LOCALIZZAZIONE

DESTINAZIONE D’USO

Cumignano sul Naviglio Strada senza nome

Residenziale

PROPRIETÀ

Privata

SUP. COPERTA (Mq)

80 mq

SUP. FONDIARIA (Mq)

3’269 mq

TIPOLOGIA COSTRUTTIVA

Laterizi

STATO DI CONSERVAZIONE

L’edificio risulta ben conservato. Gli infissi sono degradati. Presenza di vegetazione rampicante.

PREVISIONI PGT

SUPERFICIE ESTERNA 3’189 mq Superficie pavimentata: 10% Superficie permeabile: 90%

Edificato Canale Vacchelli

DESCRIZIONE Edificio a pianta rettangolare adibito precedentemente a residenza. Ora risulta abbandonato. L’edificio si colloca sul limite sudovest del lotto, incluso tra due rami del Canale Vacchelli che corrono paralleli. La parte est del lotto è occupata dal giardino di pertinenza della casa. Un cortile cementato separa i due blocchi presenti nel lotto. Sul parte retrostante vi sono diversi fabbricati utilizzati come deposito e ricovero mezzi agricoli. Il complesso non è delimitato con recinzioni su nessuno dei lati.

-

Spazi aperti coperti: NO Recinzioni: NO

Ortofoto

Area esterna di pertinenza Tracciato ciclabile

Vista esterno

15B


2.


INQUADRAMENTO TERRITORIALE


Il territorio Cremasco si colloca nella zona centrale della Lombardia, nella parte settentrionale della Provincia di Cremona. Il perimetro amministrativo del comprensorio Cremasco è piuttosto ambiguo: le circoscrizioni moderne sono fatte con criteri amministrativi che non coincidono con quelli naturali e storici. Il Cremasco è stato riconosciuto con il denominativo di Consorzio Intercomunale Cremasco CIC. Copre un totale di 48 comuni e corrisponde a un terzo della superficie del territorio della provincia di riferimento per un area corrispondente a 573 kmq. La circoscrizione di Crema è costituita dai seguenti Comuni: Agnadello, Bagnolo Cremasco, Camisano, Campagnola Cremasca, Capergnanica, Capralba, Casale Cremasco-Vidolasco, Casaletto Ceredano, Casaletto di Sopra, Casaletto Vaprio, Castel Gabbiano, Chieve, Credera Rubbiano, Crema, Cremosano, Dovera, Izano, Madignano, Monte Cremasco, Montodine, Moscazzano, Offanengo, Palazzo Pignano, Pandino, Pianengo, Pieranica, Quintano, Ricengo, Ripalta Arpina, Ripalta Cremasca, Ripalta Guerina, Rivolta d’Adda, Romanengo, Salvirola, Sergnano, Spino d’Adda, Torlino Vimercati, Trescore Cremasco, Vaiano Cremasco, Vailate. 19 Si tratta di 40 comuni per un totale 416 km² e di circa 130.000 abitanti. Questi paesi gravitano attorno alla città di Crema per i servizi che questa offre. Difatti, la maggior parte degli spostamenti (il 78%) avviene entro il circondario. Il territorio che gravita sulla città di Crema non corrisponde a quello indicato dalla Provincia: vi sono paesi appartenenti amministrativamente alla direzione di Bergamo, Lodi o Milano, che hanno come centro di riferimento la città di Crema. La struttura insediativa della provincia di Cremona è caratterizzata da pochi centri di maggiori dimensioni, che costituiscono i poli urbani attrattori di nuove attività e di nuovi insediamenti, e da numerosi abitati minori che costellano il territorio a maggiore carattere agricolo. Crema è la città su cui gravitano i centri minori della pianura agraria. Vi sono due centri dai caratteri propriamente urbani: Cremona e Crema, che contano rispettivamente 72.000 e 34.000 abitanti, alle quali si affiancano altri nove centri di medie dimensioni, con un numero di abitanti che varia dai 13.000 circa di Casal Maggiore ai 5.000 abitanti circa di Spino e Offanengo. La provincia di Cremona, è riconosciuta per avere il numero più elevato di frazioni della Lombardia. Numerosissimi sono i centri abitati che contano una popolazione inferiore ai 3000 abitanti e che si distribuiscono in tutto il territorio. 56


Infrastrutture Nella politica di sviluppo economico- sociale di una comunità, il trasporto è componente essenziale delle scelte che possono determinare lo sviluppo gli insediamenti. Il territorio Cremasco è situato in una posizione baricentrica rispetto ai sistemi economici forti localizzati nel nord lombardo e nel sud emiliano, le cui aree sono circondate da corridoi infrastrutturali di interesse nazionale, costituiti da linee autostradali, ferroviarie nonché dall’Alta velocità relativamente alle direttrici Milano - Venezia e Milano - Bologna. (TAVOLA_04) Questa posizione però non si è tradotta in una elevata accessibilità del circondario considerato, essendo tali infrastrutture localizzate, all’esterno dei confini provinciali. Questo ha portato alla difficoltà di collegamento con i territori limitrofi e, allo stesso tempo, con il sistema nazionale. La mobilità generata dalla città di Cremona e dalla città di Crema verso i paesi limitrofi è fortemente correlata all’assetto della rete di trasporto su ruote, la quale privilegia i comuni posti lungo i principali assi viari. Spesso la creazione di nuove strade non ha seguito il tracciato più semplice e più scorrevole per non dover tagliare poderi, campi e bacini di irrigazione. Questo ha portato all’individuazione di stanze: comparti soggetti a nuova edificazione in quanto perimetrati da strade ed edificato. Gli spostamenti pubblici intercomunali vengono effettuati per lo più mediante mezzo privato, mentre quelli verso la metropoli milanese sfruttano per il 40% i mezzi pubblici (rete ferroviaria e autoservizi di linea). Tutti i comuni del comprensorio, oltre a quelli aventi anche stazione ferroviaria (Capralba, Casaletto Vaprio, Crema, Madignano), sono interessati dal servizio di autolinee, al fine di garantire accessibilità alla città di Crema e permettendo così l’intercambio con il territorio milanese20. Le distanze tra i principali centri lombardi e il comprensorio Cremasco sono:

Milano

Spino d’Adda

33 km

40 min.

SP 415

Bergamo

Crema

43 km

60 min.

SP 591

Brescia

Crema

62 km

50 min.

A 35

Lodi

Dovera

9 km

10 min.

SP 472

Genivolta

30 km

30 min.

SS 498

Cremona

57


04_ACCESSIBILITÀ ALL’AREA




Mobilita’ dolce TRENO

Milano - Treviglio - Crema

1 h 3 min.

Bergamo - Treviglio - Crema

1 h 7 min.

Brescia - Treviglio

Crema

1 h 3 min.

- Olmeneta - Crema

1 h 46 min.

Lodi

-

Cremona

Cremona

-

-

Crema

1 h 37 min.

Crema

41 min.

Per raggiungere il Cremasco, partendo da Milano, Brescia o Bergamo e utilizzando il treno è necessario effettuare un cambio a Treviglio. Arrivare a Crema da Lodi risulta alquanto scomodo nonostante le due città distino solamente 20 km. Vi è invece un collegamento diretto tra Crema e Cremona.

BICI

Milano

Spino d’Adda

40 km

2 h 20 min.

Naviglio Martesana + Fiume Adda

Bergamo

Crema

45 km

2 h 30 min.

Itinerario Fiume Serio

Brescia

Genivolta

54 km

3 h 10 min.

Itinerari Fiumi Mella e Oglio

Lodi

Dovera

9 km

30 min.

Strade bianche

Genivolta

27 km

Cremona

1 h 30 min. Itinerario Naviglio Civico Cremonese

TRENO + BICI tot

Milano - Cassano d’Adda - Spino d’Adda

33 min.

15 km

1h

1 h 33 min.

Bergamo - Cassano d’Adda - Spino d’Adda

33 min.

15 km

1h

1 h 33 min.

Brescia

Genivolta

37 min.

20 km

1 h 10 min.

1 h 10 min.

Dovera

-

9 km

30 min.

30 min.

-

41 min.

-

Olmeneta

Lodi Cremona

-

-

Crema

41 min. 61

-




Caratteristiche degli insediamenti Nei centri urbani della provincia sono spesso presenti nuclei edificati di notevole importanza storica formati da piazze ed edifici di elevato interesse architettonico. Nel territorio Cremasco, la maggior parte delle frazioni disaggregate non sono autosufficienti, ma sono un’evoluzione di piccoli borghi, cascine o case sparse derivanti dall’agricoltura, che si sono aggregate tra loro. Tali frazioni sono solitamente costituite da una serie di cascine, composte da abitazioni stalle e costruzioni accessorie, col tempo ristrutturate. Accostate da una o due strade ed ai principali servizi di interesse comune (la chiesa, il palazzo municipale, talvolta unita a quello scolastico, e qualche bottega), costituiscono ancora oggi il centro dei piccoli paesi che costellano il territorio Cremasco.


In altri centri invece, come Vailate, Rivolta d’Adda, Romanengo, Pandino, si può ancora oggi riconoscere un Cardo e un Decumano. Con l’urbanizzazione degli ultimi anni, a questi nuclei si sono via via aggiunte espansioni residenziali più compatte. La recente espansione urbana si è spesso innestata attorno alle aree industriali che si sono insediate nelle vicinanze dei maggiori assi stradali, seguendo quindi un impianto lineare. Gli esempi più evidenti di questo sviluppo si hanno lungo la SS415, detta Paullese, e lungo la SP35. (TAVOLA_06) Ad oggi, in un territorio caratterizzato da un’ampia disponibilità di spazi aperti, l’edificato si è sviluppato spesso in mancanza di una pianificazione, rimanendo indifferente al paesaggio che lo ospita. Questo tipo di urbanizzazione sporadica, interessa le fasce tra un centro urbano e l’altro. Si tratta di edificazione a bassa densità e con forte varietà tipologica, dove ricorrono frequentemente edifici mono e bi-familiari, più o meno integrati con fabbricati di carattere produttivo o commerciale (villette, case-laboratorio, case-fabbrica) o piccole palazzine residenziali a due/tre piani, a cui si affiancano capannoni modulari destinati esclusivamente ad attività produttive e commerciali di piccole e medie dimensioni. Alla varietà delle attività e delle funzioni ospitate corrisponde una pluralità di processi edificatori che spesso non hanno nessun tipo di legame con gli elementi storici. Questo tipo di urbanizzazione, diffusa e parcellizzata, ha portato inevitabilmente a un alto consumo di suolo.

Le cascine Un elemento caratterizzante il paesaggio agricolo lombardo sono le cascine. Nello specifico, questi fabbricati rurali costituiscono un elemento strutturale essenziale del paesaggio Cremasco. Le cascine si differenziano, a seconda degli ambiti territoriali in cui si articola la provincia, per i caratteri tipologici, che derivano delle varie tecniche costruttive, dalle dimensioni fondiarie e dalle funzioni insediate. Nel Cremasco, dove prevalgono unità poderali più piccole e a base familiare, la cascina funge anche da abitazione, ed è costituita da elementi giustapposti, con la presenza di un porticato antistante, a tutta altezza, che ospita un loggiato nella parte superiore. Inoltre tutti i fabbricati possiedono il medesimo orientamento tipico dei borghi: elementi lineari, EstOvest, in cui il porticato si affaccia sul lato Sud21. 65





Le piste ciclabili presenti sul territorio risultano essere esigue e altamente frazionate. Gli unici tratti che consentono lo spostamento da una comune all’altro sono quelli tra Spino d’Adda e Pandino, Trescore Cremasco e Crema, Madignano e Izano. Solo il comune di Palazzo Pignano e in parte quello di Crema sono dotati di percorsi ciclabili che collegano le varie frazioni di cui si compongono. Nei comuni di Vaiano e Bagnolo Cremasco, invece, è presente un collegamento ciclabile tra il centro abitato e la zone industriale del paese. Questo porta a un uso ridotto della bicicletta e alla conseguente incentivazione dell’uso dei veicoli privati. L’unico itinerario turistico presente è quello della Ciclabile delle città murate che collega le località di Soncino e Genivolta attraversando la campagna circostante.


3.


RISCOPRIRE LA BELLEZZA ORDINARIA


«Ci sono città d’acqua: Venezia, o Bruges o Amsterdam. Ci sono città di terra, dove però l’acqua c’è, come la Milano dei Navigli. Crema è così. Ce lo ricorda la storia che stiamo ricostruendo qui pezzo a pezzo. Ce lo ricorda la nebbia e l’umido di tutte le stagioni». Edoardo Edallo


L’insula Cremasca La città di Crema si è sviluppata all’interno di un’area geografica in cui numerosi scorrono i corsi d’acqua (fiumi, canali, risorgive, rogge, scolmatori ecc.) ed è appunto la presenza dell’acqua l’elemento che ha determinato in modo peculiare la natura e la conformazione dell’ambiente circostante fin dai tempi più antichi. In origine infatti tutto il territorio cremasco era sommerso dalle acque che, ritirandosi, lasciarono progressivamente posto alle terre emerse. Fra queste andò sempre più definendosi l’Insula Fulcheria o Fulcherii che, come sta a indicare il termine “insula”, rimase circondata per lungo tempo da una grande palude chiamata lago (e talvolta anche mare) Gerundo. Gli attuali fiumi Serio, Adda e Oglio, i numerosi canali e rogge del Moso (il territorio a nordovest del centro abitato di Crema, che più a lungo e in maggior misura ha conservato gli antichi caratteri di acquaticità) e la serie di fontanili (ancor oggi attivi, almeno in parte) da cui emergono in superficie le falde idriche del sottosuolo sono il retaggio delle originarie paludi. Una naturale evoluzione portò quelle acque a scorrere in modo più ordinato e a scavarsi un letto meno incerto formando e delimitando un territorio decisamente fertile. L’acqua diventò allora una preziosa risorsa per i cremaschi, utile per le coltivazioni, come via di comunicazione e come elemento naturale di difesa.

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LA RELAZIONE CON L’ACQUA «Fare la storia del cremasco significa in misura prevalente occuparsi di problematiche connesse alle acque»22. Ciò si ricollega alla struttura geo-morfologica del suolo e al concentrarsi, in un territorio ristretto, di fenomeni diversi rilevanti dal punto di vista idrologico. La tradizione storiografica locale riconduce le vicende del passato a due elementi, entrambi connessi alle acque: il lago Gerundo e l’insula Fulcherii. Anticamente, i fiumi Adda e Oglio si allargavano nei bassi fondi della pianura formando un grande lago detto Gerundo dal quale emergeva la vasta Insula Fulcheria, che dalla Gera d’Adda a Pizzighettone formava come una mandorla, spartita a sua volta in due dal fiume Serio e su cui sorsero la città ed i suoi villaggi. Per lago Gerundo si intende un insieme di formazioni paludose, legate all’irregolare corso dei fiumi ed alla mancata regolamentazione di corsi d’acqua minori e di risorgive. Il termine insula invece si riconduce all’idea di un territorio compreso tra due fiumi che confluiscono l’uno nell’altro. La comparsa di questi due toponimi risale all’XI secolo. Questi erano utilizzati per individuare appunto una circoscrizione territoriale. Nel corso dei secoli, tali termini diventarono rappresentativi dell’intero territorio cremasco. Nella parte settentrionale del Cremasco (tra Vailate, Torlino, Pieranica, Quintano, Camisano, Trescore, Capralba, Sergnano,) si trova la linea delle risorgive, connessa con la presenza di depositi alluvionali. La capacità di controllo del disordine di queste acque fu condizione necessaria per trasformare le aree a sud di tali risorgive in terreni adatti all’insediamento umano e allo sfruttamento agricolo.

Il lago Gerundo Il termine Gerundo equivale a quello di Gera, o immenso deposito ghiaioso. La “costa”, tradizionalmente identificata come limite orientale del lago, e ancora riportata dalle mappe settecentesche fu probabilmente sede dei più antichi insediamenti (Palazzo Pignano, Monte, Chieve, Casaletto Ceredano). È testimoniata la presenza di reperti archeologici fin dall’età preistorica. 74


Il lago dovette la sua formazione al fatto che il fiume Adda e quelli delle valli bergamasche, sfociando nella bassa pianura, dopo il loro corso montano, trovarono un notevole avvallamento prima di potersi immettere nel Po. Questo avvallamento fu riempito dalle acque copiose e disordinate dei fiumi, cariche di tutti i detriti rotolati dai pendii delle montagne, depositati poi man mano, specialmente nella parte alta dell’invaso. Le sue sponde erano segnate da rive alte, ma non montuose, che anche oggi sono riconoscibili, malgrado il progressivo adeguamento dei livelli che si è operato nei secoli. Nella parte sinistra del lago emergeva un’isola molto stretta ed allungata, che sarà poi chiamata Isola Fulcheria. Il bacino maggiore assumeva una forma ellissoidale, e cominciando da Vaprio d’Adda e Pontirolo, giungeva fino a Pizzighettone, con una lunghezza di circa 57 km. La superficie, tolta l’isola di Fulcheria, poteva equipararsi ai maggiori laghi lombardi, mentre la profondità era minima: da quanto si può constatare con le misurazioni odierne, non doveva superare la quarantina di metri. Sulle spiagge abbandonate cresceva subito la vegetazione selvaggia con boschi di alto fusto. Il graduale e continuo deposito alluvionale e gli sbocchi sempre più capaci e profondi che le acque correnti si scavavano per riversasi nel Po, produssero il prosciugamento della zona lacustre così che, verso la fine del secolo XIII, come notano gli storici lodigiani, il Gerundo era quasi del tutto scomparso. Nei secoli successivi, intervenne anche la parziale bonifica dei territori che le popolazioni guadagnavano dall’agricoltura, o che si trasformavano spontaneamente in estesissime zone boscose. Connesso con il deposito alluvionale che costituisce, oltre alla Gera d’Adda, tutto l’immenso del delta morenico e detritico che dai piedi delle montagne si addentrava nel lago Gerundo, è rimasto fino ai giorni nostri il fenomeno delle risorgive, che affiorano in straordinaria abbondanza nelle regioni settentrionali del territorio. Le opere di bonifica hanno canalizzato generalmente queste acque formando così le rogge, veri fiumicelli che la mano industriale dell’agricoltore ha trascinato lungo la pianura per arricchire di acqua irrigatrice ogni palmo della terra. Tra le principali rogge cremasche vanno ricordate l’Acqua Rossa, l’Alchina, l’Ora, la Sennazza, la roggia Fontanile, l’Oriola, la Melesa, la Paletta, la Vidolasca, la Molino, la palude del Moso e i canali che da essa derivano: il Rino, la Fontana ed il Cresmiero23.

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I boschi attorno al lago Vaste selve, specialmente ghiandifere, occupavano le pianure della Lombardia. Mentre l’umidità del terreno favoriva la crescita di certe famiglie di piante, queste a loro volta favorivano il formarsi di sottoboschi, di paludi e di acquitrini. Tale era anche la condizione dell’isola Fulcheria. Boscaglia era tutta la zona a sud-est di Ombriano; bosco era tutta l’altra zona che da Vairano si estendeva fino al Serio, e che resistette anche al tempo dell’assedio di Crema. Ancor più vasta era la densa e impenetrabile boscaglia che copriva tutto il territorio tra Casaletto Vaprio, la Carnita, Farinate, il Campisico, le Valdroghe, il Binengo e Campagnola: era chiamato il bosco Canito; benché distrutto in massima parte per la bonifica agricola, perdurò con rare macchie fino al secolo XIX. Altra fitta boscaglia si estendeva fra Torlino, La Costa, Azzano e Agnadello. Nella parte meridionale dell’isola vi erano foreste e querceti di cui resta il ricordo anche nei nomi delle località di Rovereto e Rubbiano. Abbondante era anche la fauna terricola e volatile, dai cervi ai lupi, ai cinghiali, ai bovini ed agli equini, a tutte le specie di uccelli volatori e palmipedi che trovavano il loro habitat ideale e indisturbato nei boschi e nelle paludi.

Dalla palude alle coltivazioni «Anche se i paesi cremaschi non hanno memorie grandiose ed eroiche, anche se la loro vita fu sempre caratterizzata dalla taciturnità della gente dei campi, tuttavia è sorprendente e interessante veder sorgere questi villaggi, prendendo un nome e una forma, e affermarsi progressivamente di secolo in secolo, intorno alle chiese che si rinnovano e ingrandiscono, intorno ai monasteri che fioriscono e decadono, sotto le signorie che si dilatano e precipitano, turbati talvolta da scorribande e da guerriglie, ma presto rituffati nella silente pace delle opere campestri. Fedeli alla terra, i villaggi agricoli a poco a poco, bonificando e coltivando, dedussero le acque, prosciugarono le paludi, aumentarono e impinguarono il terreno coltivo e crebbero in numero ed in prosperità, circondando le umili case dall’abbondanza dei cereali, del lino e della vite»24. Lungo le direttrici del Tormo e del Serio morto, corsi naturali formatisi dallo stabilizzarsi dei corsi di Adda e Serio, sorsero le zone di più precoce sviluppo, poiché fu possibile utilizzarne le acque per l’irrigazione. 77


Le testimonianze documentarie indicano già nel X secolo la presenza, accanto a vaste aree di incolto, di zone poste a coltura. Per altre località, nella stessa epoca prevale ancora l’incolto. L’espansione economica e demografica dell’XI secolo mutò in modo radicale l’assetto del territorio: da questo periodo in poi a prevalere non furono più la palude e il bosco, ma le aree coltivate ed abitate. Il castrum di Crema si sviluppò in stretta relazione con la presenza di una situazione idrica adatta ad essere sfruttata come ricchezza economica, come via di comunicazione e come difesa. L’opera di iniziale bonifica e regolamentazione delle acque fu svolta da enti ecclesiastici e da importanti famiglie del luogo. Al basso medioevo risale parte della regolamentazione delle acque, in bilico tra la necessità di conservare il patrimonio idrico naturale e quella di piegare le acque agli interessi economici prevalenti. Tra l’XI secolo e la prima metà del XIV secolo si deve collocare la vera svolta nella creazione di un sistema idrico cremasco. Alla metà del ‘300, secondo quanto appare dalla convenzione per la manutenzione di ponti e strade, la fisionomia della rete irrigua era già delineata: erano già state costruite infatti quasi tutte le rogge, i fossati, i soratori di minore entità. Si ricorda il fossatum de Laqua (oggi chiamato Acquarossa), la roggia Morgola, la roggia Benzona, la rozia Lixii (ora Isso), il Serio morto (o fossatum vetus). Nel 1374 il Comune di Crema risultava proprietario dei maggiori corsi d’acqua artificiali. Questo atto testimonia già il profondo coinvolgimento economico dei privati nella gestione delle acque. La configurazione del territorio e la notevole frantumazione della proprietà terriera ha fatto sì che nei secoli XIV e XV i vari proprietari terrieri organizzassero “per gruppi” ed in proprio la ricerca e l’utilizzo delle acque necessarie alle loro proprietà, provvedendo alle rispettive opere di captazione, con i necessari canali adduttori. Sorserò così nei secoli passati numerosi Consorzi irrigui: associazioni di tipo privatistico, senza scopo di lucro. Le testimonianze documentarie ci attestano che, nei secoli XIV e XV, la volontà sia da parte di privati che delle autorità era quella di risolvere il problema basilare per ogni possibile utilizzazione del territorio: la regolamentazione delle acque. Il problema della gestione, uso e diritti sulle acque è sempre stato presente in passato: numerose furono le leggi e le disposizioni in materia di acqua. Le leggi attuali, riservano all’agricoltura una priorità nell’uso delle acque. Tutte le trasformazioni che hanno caratterizzato il territorio sono passate attraverso l’evoluzione del settore agricolo, all’interno del quale la risorsa acqua ha avuto, ed ha tutt’ora, un ruolo fondamentale. 78


La terra dei mulini Nel ‘800, esistevano nel territorio cremasco circa 200 opifici di dimensioni medio - piccole, distribuiti in maniera pressoché omogenea. Un mulino serviva circa 380 persone. La maggior parte di essi erano dotati di un’unica ruota ed erano posti su rogge derivate da fontanili. I documenti dell’epoca descrivono i mugnai, i committenti che portavano il prodotto da lavorare, i controlli delle autorità e persino i piccoli “trucchi” messi in atto per ricavare il maggior guadagno possibile dalla lavorazione dei cereali. Attorno al mulino gravitavano diversi interessi: oltre al dazio di macina, importante sotto l’aspetto fiscale era anche la quantità d’acqua utilizzata per la macinazione. Oltre ai più conosciuti mulini a palmenti per la macinazione del grano, vi era anche un numero considerevole di torchi per l’olio di lino e pile da riso. Il mulino cremasco si caratterizza come un’impresa in evoluzione, in continuo dialogo con ciò che lo circonda, capace di adattarsi ai cambiamenti economici e agricoli. Ad esempio, all’aumento della produzione agricola risicola avvenuta nel Cremasco nei primi decenni dell’800, corrispose anche un aumento delle pile da riso, annesse ad opifici già esistenti. All’apparente stasi del numero dei mulini, la cui quantità si è mantenuta costante nel tempo, si contrappone la dinamicità delle funzioni a cui erano destinate le ruote idrauliche25.


IL PAESAGGIO AGRICOLO Il ruolo giocato da sempre dal settore primario, nel panorama Cremasco, è certamente condizionato da fattori storici e fisici: l’agricoltura, sia per la sua presenza storica sul territorio, sia per la quantità di superficie utilizzata, sia per i processi produttivi e mercantili, è stata la generatrice dei maggiori cambiamenti nel paesaggio Cremasco. Si pensi che, nella provincia cremonese, la superficie adibita ad uso agricolo, è pari a circa al 75% di quella complessiva. Vi è una stretta complementarietà che lega gli ordinamenti colturali e quelli zootecnici nel determinare l’accentuata vocazione agricola del territorio, testimoniate dagli investimenti che nel tempo sono stati effettuati dagli uomini sul territorio stesso: opere idrauliche, sistemazioni del suolo, costruzioni, piantagioni arboree, concimazioni organiche e chimiche e interventi tendenti a migliorare la fertilità del terreno. In alcuni tratti possiamo ancora ritrovare gli elementi fondanti del paesaggio agricolo lombardo tradizionale ovvero il sistema di regimazione idraulica, tra cui spiccano i fontanili, le siepi e i filari. (TAVOLA_08) Ad oggi, questi risultano in gran parte abbattuti poiché non costituiscono più elemento di interesse economico e risultano inoltre di ostacolo alla meccanizzazione agricola.


Dagli anni ’60 si è verificata un’accelerazione nella costruzione di stalle all’aperto, porcilaie, edifici per la pollicoltura e altre costruzioni specifiche che troviamo ancora oggi. Oggi questo paesaggio agricolo è ancora preponderante nella zona, dove si coltivano prevalentemente seminativi tra i quali risultano maggiormente diffusi i cereali: granoturco, mais, frumento e orzo. Alle coltivazioni si affiancano l’allevamento bovino e suino (quest’ultimo in ripresa dagli anni ’80), e dalle attività produttive ad esse collegate. Il paesaggi agricolo presenta inoltre colture foraggere prevalentemente a rotazione, con prati avvicendati (ladinai, e medicai) e erbai, ed in quantità minore permanenti, costituiti da prati irrigui a durata illimitata. Tra gli erbai primaverili predominano quelli di avena, di veccia e di ravizzone; tra gli estivo-autunnali quelli di granoturco e di sorgo. In misura esigua sono presenti aree coltivate a patate, leguminose, ortaggi, piante industriali e alcune piante fruttifere26. TIPOLOGIE DI COLTIVAZIONI

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IL SISTEMA NATURALISTICO I tre circondari della provincia di Cremona rispecchiano diverse connotazioni ambientali. Del territorio Cremasco fanno parte: le valli dell’Adda, del Moso e del Serio Morto e la fascia dei fontanili e delle risorgive. A questi si aggregano il sistema dei pianalti e dei dossi e la valle del Morbasco che costituiscono la zona di transizione tra il territorio Cremasco e quello cremonese e delimitano nella parte nord-orientale il soncinasco. (TAVOLA_09) Nella zona sono presenti i seguenti parchi: il Parco Adda Sud, il Parco del Serio e il Parco dell’Oglio Nord (parchi regionali); tra i Parchi Locali di Interesse Sovracomunale vi sono il Parco dei Fontanili di Capralba, il Parco del Pianalto di Romanengo e dei Navigli cremonesi, il Parco del Moso; tra i parchi interprovinciali vi è quello del Fiume Tormo.

Il Fiume Serio Se l’Adda e l’Oglio, formandosi il proprio letto, rimasero i fiumi di confine, il Serio per la sua posizione mediana divenne il fiume più propriamente “Cremasco”. Entrando nel territorio da Mozzanica, ne esce dopo Montodine e taglia con una linea quasi verticale da nord a sud tutto il comprensorio. Sul suo percorso però ci sono avvallamenti e promontori che avvertono chiaramente come il suo tracciato attuale non derivi tanto dalla scelta delle acque, cioè dalla naturale pendenza del terreno, quanto dalla scelta dell’uomo, che di propria iniziativa è intervenuto a guidarlo secondo un disegno razionale. L’altimetria delle due sponde e la strettoia che le separa con una netta incisione dimostrano che non si tratta di un fenomeno erosivo, ma di una escavazione condotta secondo un procedimento artificiale. Per ovviare dunque alla sovrabbondanza delle acque che rendevano il terreno fangoso e molle tanto da non sostenere l’aratro, si decise, attorno all’XI secolo, di voltare il corso del fiume, facendolo passare assai più vicino alla città fino a lambirla, mentre prima ne distava circa 2 miglia. In conclusione, il corso antico, più lungo, più stretto, e con scarsa pendenza, aveva sempre causato invasioni e allagamenti; il nuovo corso, più largo, più breve, e perciò più ripido, favorì lo scorrimento delle acque ed il prosciugamento del bacino. Risale però al 1928 l’ultima bonifica del Serio Morto, che risanando circa 30.000 pertiche di terreno nei comuni di Ripalta Arpina, Castelleone ed altri, ha aggiunto nuove fonti di prosperità per l’agricoltura. 84



09_ IL SISTEMA NATURALISTICO



La Valle dell’Adda La Valle dell’Adda si distingue in due sezioni che trovano il loro confine all’altezza del comune di Chieve. La sezione settentrionale, più ampia rispetto a quella meridionale, è orientata in direzione nord-sud ed è contraddistinta da un vasto terrazzo alluvionale (terrazzo di Pandino) sul quale sorgono i centri abitati di Rivolta d’Adda, Spino d’Adda, Dovera e Pandino. Questi paesi sono attraversati a oggi dal Fiume Tormo e dal rispettivo parco e da altri corsi d’acqua di risorgiva. In quest’area emergono ancora evidenti i segni dell’antica orografia dell’Adda. Nella porzione meridionale, con orientamento nordovest-sudest, il fiume presenta un andamento marcatamente tortuoso, con numerose lanche e morte. In questa zona i centri storici si dispongono in modo differente rispetto ai principali elementi morfologici: si situano all’interno della valle laddove questa presenta una considerevole ampiezza (porzione settentrionale), mentre si rapportano direttamente con le scarpate della valle nei luoghi in cui essa si restringe (porzione meridionale).

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Il sistema del Moso e del Serio Morto Attraversato dalla valle fluviale del Serio, il sistema del Moso è limitato a ovest e a sud dalla valle dell’Adda, mentre a est è bordato dal sistema dei dossi e dalla valle del Morbasco. Si tratta di un’antica area paludosa bonificata, che attualmente costituisce un elemento di interesse paesaggistico ed agricolo. L’area del Moso, giace in un territorio evidentemente depresso rispetto alla regione circostante. Il divario altimetrico si fa palese in modo incontrovertibile al suo limite sud-occidentale dove una netta scarpata, con rigetto di quattro metri di media, separa il piano ribassato dal livello fondamentale della pianura che da lì si estende verso sud. In questa depressione sono venute accumulandosi tutte le acque di origine spontanea, sorgiva o colatizia, che non trovando sufficiente sfogo, vi si impaludavano, anche in tempi relativamente recenti. Nell’area del Moso, scorrono diverse rogge e bocchelli, ma le principali direttive d’acqua sono costituite dal canale Vacchelli, che lo attraversa per intero con il rettifilo del suo tracciato, il cavo Turati, l’Acqua Rossa e il Rio Cresmiero. Quest’ultimo nasce in territorio di Crema per sfociare nel fiume Serio.

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L’areale dei pianalti e dei dossi I dossi sono rilievi di piccola entità, che si concentrano sulla sinistra idrografica della valle del Serio. Si tratta di una serie di elementi rilevanti racchiusi fra la valle del Morbasco ad est, la valle del Serio ad ovest e la valle del Serio Morto a sud. Possiamo trovare altri dossi a nord di Cremona e di Spineda, i quali non sono però rilevanti dal punto di vista dimensionale come quelli del Cremasco e del Soncinasco. Questi elementi, tra i quali emerge il pianalto della Melotta, separano la zona del Soncinasco, limitata ad oriente dalla valle dell’Oglio, dai territori del Cremasco e del cremonese. Il pianalto della Melotta è un elemento morfologicamente più marcato rispetto ai dossi e costituisce un elemento di elevato pregio paesaggistico e naturalistico. In quest’area i centri storici sono situati spesso in rapporto diretto con i rilievi del territorio, in particolare disponendosi sul fronte settentrionale e/o su quello orientale dei dossi.

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La valle del Morbasco o dei Navigli È costituita da una struttura fluviale relitta, impostata sul livello fondamentale della pianura e caratterizzata da un basso rilievo morfologico, che definisce il limite della valle. I centri abitati si dispongono sulle sponde e ai margini di questa antica valle fluviale. Quest’ultima è bordata da numerosi dossi, specie nelle porzioni settentrionale e orientale, e si confonde verso est con la pianura cremonese. All’interno della valle sono presenti numerosi sistemi idrici che ricalcano i vecchi percorsi fluviali. Nella porzione settentrionale, conosciuta con il nome di Tombe Morte, sono situati alcuni manufatti idraulici di notevole importanza che caratterizzano fortemente il paesaggio27.

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I fontanili La fascia dei fontanili si sviluppa in direzione est-ovest, inseguendo il graduale passaggio tra la media e la bassa pianura. Le acque, filtrate per chilometri e chilometri attraverso i depositi alluvionali fino al punto di risalita, si caratterizzano per l’elevata limpidezza e per la temperatura, la quale varia intorno ai 10°-16°. Quest’ultima peculiarità ha portato allo sfruttamento dei fontanili per l’irrigazione invernale sin dai tempi più antichi. Il sistema si manifesta anche nella coltivazione prativa a marcita, che permette fino a 7 sfalci l’anno. Oggi le marcite sono praticamente scomparse: i moderni sistemi di conservazione del foraggio, le nuove tecniche di alimentazione del bestiame l’industria mangimistica e l’elevato costo della manodopera hanno determinato il quasi totale abbandono della pratica marcitoia. I fontanili lombardi vengono impiegati principalmente per l’irrigazione dei campi. I fontanili necessitano di un’assidua manutenzione: è necessario eliminare le sovrabbondanti piante acquatiche e le sedimentazioni accumulatesi sul fondo che possono rallentare lo sfogo delle acque sotterranee. I fontanili, esautorati dalla loro funzione principale e quasi esclusiva, giacciono spesso in grave stato di abbandono. Il drammatico abbassamento delle falde acquifere sotterranee ne ha causato poi la decimazione. Quelli in buone condizioni rappresentano perciò gli ultimi ricordi di una storia agraria di gloriosa tradizione. Buoni esempi si incontrano ancora nei territori di Spino, Pandino, Agnadello, Vailate, Torlino, Pieranica, Capralba, Camisano, Ricengo, Romanengo e Soncino. Dal punto di vista naturalistico i fontanili sono in genere sede di ambienti faunistici e floristici di elevata qualità, ambienti che, in alcuni casi, si consolidano anche lungo il corso delle rogge che derivano dai fontanili. Per quanto riguarda la fauna, è possibile distinguere una fauna abitatrice delle pellicola superficiale, una fluttuante o natante e una a contatto con il fondo. Le acque di risorgive attraggono specie ittiche che prediligono acque limpide, fresche e ossigenate. Vairone, Luccio, Sanguinerola, Cavedano e Alborella sono le specie più comuni. In passato era comune incontrare il Gambero di fiume: il folclore di alcuni paesi cremaschi ricorda ancora la figura del “gamberaio” che esibiva la sua merce girando i villaggi in bicicletta28. 93


Il parco del fiume Tormo Il Tormo è un fiume di origine risorgiva lungo oltre 30 km che scorre interamente nella piana alluvionale dell’Adda, alimentato da sorgenti che garantiscono un regime d’acqua perenne. Presenta un alveo a scasso irregolare e una larghezza naturalmente variabile. Le sue acque affiorano in territorio bergamasco, presso Arzago d’Adda, dove è situata la testa principale del fontanile. Dopo alcune centinaia di metri le acque entrano in terre cremasche fin oltre Postino, per poi continuare a scorrere in territorio lodigiano nel comune di Crespiatica e da qui proseguire fino ad Abbadia Cerreto, dove si gettano nell’Adda. Nel tratto pandinese il fiume si biforca in due rami: uno in prosecuzione verso sud, le cui acque vengono sostenute da una traversa per formare una deviazione in sponda destra volta all’irrigazione dei campi, e l’altro verso est. Il fiume procede poi verso Palazzo Pignano e, giunto nel comune di Dovera, viene scavalcato dal Canale Vacchelli. Nella zona di Postino si divide nuovamente in due rami: l’uno utilizzato come scolmatore delle piene e l’altro, caratterizzato da un salto, viene sfruttato per un mulino. Riuniti i due rami, raggiunge la sua massima ampiezza: 25 metri circa. Il fiume prosegue il suo percorso nel territorio di Crespiatica entrando poi nel suolo lodigiano ove le sue acque incontrano quelle dell’Adda. Il riconoscimento dell’istituzione dell’PLIS (Parco Locale di Interesse Sovraccomunale), avente come ente gestore il comune di Pandino, da parte della provincia di Cremona prevede il coinvolgimento di nove comuni. Il Parco del Tormo occupa una superficie complessiva di 4.406 ettari. Il parco, nella sua complessità, riveste l’importante funzione di congiunzione tra i differenti corridoi ecologici della pianura: da quelli maggiori rappresentati dal Parco Adda Sud nella parte meridionale, al Parco del Moso e al Parco del Serio. Per quanto ne concerne l’uso antropico possiamo determinare che il territorio del Parco ha una forte valenza agricola, palese anche nella porzione che interessa il comune di Palazzo Pignano, soprattutto per la produzione di foraggio e per la presenza di allevamenti bovini. Tutto ciò ha influito notevolmente sulla sistemazione della campagna attraversata dal Fiume Tormo e dai suoi affluenti che vedono una distesa di prati permanenti e avvicendati intervallati da campi coltivati, in prevalenza a mais. L’istituzione del parco mira al potenziamento dell’educazione ambientale, alla realizzazione di percorsi ciclopedonali, aree sosta e itinerari volti a promuovere le attività agrituristiche presenti al suo interno, ma anche alla tutela e alla promozione di questo patrimonio29. 94



LA VEGETAZIONE La vegetazione è generalmente uno degli elementi che resistono con maggiore tenacia alle secolari trasformazioni di un territorio e sopravvivono come testimonianze relitte di una passata situazione. La scomparsa delle acque ferme o a lento corso fu per molte specie la più diretta causa di estinzione. I consorzi vegetali presenti sul territorio, unitamente ai canali irrigui e di colo, rappresentano uno dei principali fattori di regolazione dell’elemento idrico nell’agroecosistema. La copertura vegetale è in grado di opporsi ai fenomeni di ruscellamento delle acque meteoriche favorendo una maggiore infiltrazione dell’acqua nel terreno. Allo stesso tempo trattiene quest’ultimo così da attenuarne l’erosione e stabilizzarne il fondo con le proprie radici. I sistemi ambientali costituiti dai corsi d’acqua della campagna compongono una rete di corridoi ecologici di estrema importanza, opponendosi alla banalizzazione del paesaggio. Essi compongono un sistema di habitat e di luoghi di rifugio per innumerevoli specie animali e vegetali. La maggior parte della fauna vertebrata scacciata dagli spazi agricoli ha scelto questi biotopi come luogo di rifugio. Le fronde fungono da barriere sonore, attutendo i rumori delle strade o delle macchine agricole, ostacolando la diffusione dei gas di scarico. La rede idrografica che caratterizza la campagna lombarda costituisce il più importante elemento di appoggio per garantire la crescita di una vegetazione marginale, che rappresenta in molti casi la traccia di residui boschivi che un tempo occupavano il Cremasco. Nonostante questo patrimonio siepivo sia stato drasticamente ridotto, è possibile osservarne degli esempi di pregio lungo il territorio, conservatisi grazie alla presenza di una rete idrografica consolidata da secoli. Il paesaggio agrario Cremasco è fortemente segnato dalla presenza di importanti fasce alberate e cespugliate dove si sono conservati aspetti floristici di carattere forestale, nonostante le esigue dimensioni di questi corridoi verdi. Un esempio è costituito dalla vegetazione insediata stabilmente sugli argini dei corsi d’acqua, prevalentemente fontanili. La flora è molto diversificata, così come le specie animali che vi trovano riparo. Queste importanti risorse naturalistiche si contrappongo alla banalizzazione del paesaggio, determinata dall’obiettivo unico della massima produttività30. 96




Siepi, filari alberati e boschetti Uno degli aspetti più caratteristici dei paesaggi rurali mediopadani del passato si trova nel fitto reticolo di filari arborei piantati lungo i corsi d’acqua e le strade campestri, o a coronamento degli appezzamenti agricoli. Oltre a svolgere un ruolo fondamentale nel sistema ecologico, i filari sopperivano diverse esigenze quotidiane, quali la ricerca di materiale da opera o di legna da ardere e la gestione fondiaria complessiva. Nel corso dei secoli però sono stati ridotti, diventando l’eccezione nella regola dell’orizzontalità delle linee che disegnano i paesaggi agrari. Gli esempi migliori sono costituiti da colture arboree miste, in cui generalmente predominano specie alloctone, come il platano , il pioppo euroamericano o la robinia, alle quali si affiancano diverse altre specie indigene come la farnia, l’acero campestre, l’olmo, il salice bianco o l’ontano nero. All’interno del filare si instaura spesso anche la componente arbustiva. Possiamo trovare specie comuni come i rovi, il sambuco nero e il biancospino e il sanguinello. Al di sotto di questo piano si insedia una strato erbaceo formato da specie erbacee ruderali e diverse graminacee, oppure specie che furono estromesse dalle colture tramite diserbi, come i papaveri e la camomilla. Le siepi e i boschetti arginali si identificano invece con le fasce boschive incluse tra gli argini divisori che accompagnano fasce di rogge affiancate tra loro. In questi ambiti l’azione dell’uomo si è sempre manifestata in modo contenuto: il campionario floristico risulta così di notevole interesse. Nei casi meglio strutturati prevalgono le specie arboree caratteristiche della pianura: farnia, acero campestre, pioppo bianco o pioppo gatterino, olmo e pioppo nero. In percentuale minore possiamo trovare il carpino bianco, il ciliegio selvatico, l’orniello o il melo selvatico. Non mancano però tratti dequalificati in cui, a seguito degli eccesivi tagli, specie alloctone occupano lo spazio libero lasciato da quelle indigene. La struttura boschiva si compone dalla stratificazione di diversi piani vegetali. Tra gli arbusti più comuni, oltre a quelli elencati precedentemente, vi sono ad esempio il prugnolo, il nocciolo, la fusaggine, il corniolo e il ligustro. Anche lo strato erbaceo e quello lianoso risultano essere ricchi di specie vegetali. Al fine di garantire l’amplificazione della biodiversità e conseguire un stabile equilibrio, sarà necessario rendere la vegetazione il più possibile complessa e variata. 99



Vegetazione e flora acquatica Il campionario floristico che caratterizza le acque del territorio Cremasco risulta essere di notevole rilievo ecologico. A ridosso delle sponde si osservano i ranuncoli d’acqua, il miriofillo, i ceratofilli, le brasche, la peste d’acqua e la lima. Dove il fondo si fa più sabbioso-limoso e la corrente rallenta si incontrano differenti specie ancora. Segnalano il graduale passaggio verso la vegetazione riparia l’iris giallo, il non-ti-scordar-di-me, alcune carici, l’erba quatrinella, la radicula, il pepe d’acqua e molte altre ancora. Anche diverse specie esotiche si sono diffuse lungo le rive dei corpi idrici presenti sul territorio. Diversa è la situazione dei fontanili che ancora in notevole quantità si aprono nel settentrione della provincia. L’acqua che sgorga dal sottosuolo, con temperatura pressoché costante lungo l’intero arco dell’anno, determina la creazione di biotipi particolari. Questi, nei punti in cui l’acqua risulta più bassa e sempre in movimento, sono caratterizzati dalla presenza di sedano d’acqua, crescione, veronica e menta d’acqua. Dove aumenta la profondità dello specchio e nell’asta del fontanile si incontrano specie ancora differenti. Anche la vegetazione delle sponde risulta maggiormente diversificata rispetto a quella dei comuni cavi irrigui30.

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Cultura e tradizioni locali La scarsa mobilità sociale della popolazione ha accentuato particolari consuetudini e tradizioni, tuttora sentite dalla popolazione. Ne è testimonianza l’alto frazionamento che caratterizza l’intera provincia e che ritroviamo di riflesso anche nel comprensorio. La città di Crema funge da polo attrattore per il circondario. Qui si celebrano le festività di maggiore importanza: il festival teatrale, con la stagione del San Domenico e Il Franco Agostino Teatro Festival, il carnevale Cremasco, il presepe dei Sabbioni, Crema in fiore, Musica in Corte, Santa Lucia, le bancarelle sotto il torrazzo, la Fiera di Santa Maria e la tortellata (immagini a lato). Anche le abitudini ricreative del fine settimana vedono protagonista la città di Crema. Il senso di appartenenza al territorio Cremasco, trasmesso di generazione in generazione, ha permesso il protrarsi di culture e tradizioni identitarie. Elementi del folclore sono ad esempio le tradizioni dialettali e culinarie, ricche di sfumature e particolarità dovute all’attaccamento degli abitanti al proprio borgo. Ad alimentare tali peculiarità sono anche i giornali locali, la stazione radio locale, e le numerose iniziative proposte dalle singole amministrazioni, dalla Proloco e da gruppi autonomi. Agricoltura e allevamento sono le principali attività ospitate dalle cascine e dai borghi che costellano il territorio. Le tradizioni culinarie riguardano sia la produzione alimentare che la consumazione delle pietanze e sono parte integrante dell’identità dei cremaschi. Tra i prodotti tipici eccelle il Salva Cremasco, formaggio recentemente dichiarato DOP. Altrettanto degno di nota è il Tortello Cremasco, piatto caratteristico della cucina e della tradizione gastronomica. Tra i dolci della tradizione cremasca vi sono la Bertolina, tipico dolce autunnale, e la Treccia D’Oro, particolare per gusto e forma. La lingua del Cremasco, il Cremàsch è un dialetto di tipo gallo-italico della lingua lombarda appartenente al gruppo orientale. Nonostante venga etichettato come dialetto Cremasco, originario nella città di Crema se ne possono trovare differenti sfumature che oltre ad avere terminologie singolari persino all’interno di una stessa frazione, mutano a seconda della posizione geografica dei singoli paesi31. 102



4.

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IL CANALE VACCHELLI

PATRIMONIO AMBIENTALE E CULTURALE 105


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«L’argenteo luccicore dell’acqua attenua il costante prevalere del verde della campagna circostante, d’ogni tono e gradazione: tenero e allegro nell’erba dei prati a coltivazione intensiva, più cupo e severo all’ombra dei lunghi filari di pioppi, sciatto e aggressivo sulle onnipresenti robinie e tra la miriade di erbe infestanti. L’azzurro vivo del cielo lombardo, “così bello quando è bello”, si specchia nella corrente che si frange contro il rosso mattone dei manufatti in un intreccio di colori decisamente suggestivo che porta lo spirito ad acquietarsi nella riposante frescura del paesaggio. Qui siamo nel regno dei pescatori che costellano entrambe le sponde con le loro pazienti lenze; dei ragazzi che, incuranti di qualsiasi divieto, si tuffano in gara dai numerosi ponti e si bagnano nell’enorme vasca del canale come nella più sicura delle piscine; e, in prossimità degli abitati, dei pensionati più o meno attempati che vi hanno attrezzato le loro “oasi” ove poter chiaccherare al fresco, con la fida compagnia di una bottiglia di bianco e di una fetta d’anguria.» Giorgio Zucchelli

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«Il “canale”. Per i cremaschi non c’è proprio alcuna possibilità di dubbio: anche se il nostro territorio è caratterizzato dalla presenza di una fitta rete di manufatti irrigui, quando si parla di “canale” ci si riferisce inequivocabilmente al Vacchelli». Giorgio Zucchelli

Il canale Vacchelli attraversa il territorio Cremasco per circa 34 chilometri. Il Vacchelli deriva dall’Adda in località Marzano-Bocchi, nel comune di Merlino (in provincia di Lodi), ove si utilizza una chiusa del fiume per convogliare le acque nel canale, presso la morta del Bocchi che dà il nome alla località. Attraversa quindi la pianura cremasca con andamento nord ovest-sud est passando per Spino d’Adda, Palazzo Pignano, Vaiano Cremasco e Trescore Cremasco, per poi giungere a Crema di cui attraversa, pensile, la periferia settentrionale. Scavalca il fiume Serio mediante un ardito ponte e quindi prosegue verso Salvirola. Qui il suo corso si divide: un braccio va a confluire nel Naviglio di Cremona, mentre il ramo principale prosegue verso sud ovest terminando alle Tombe Morte, importante nodo idraulico, ove le sue acque vanno a miscelarsi con quelle del già citato naviglio di Cremona e del naviglio Grande Pallavicino che qui si incontrano. A Spino d’Adda ci si può incamminare lungo il canale Vacchelli, dirigendosi verso ovest, alla volta delle bocche di presa poste sul fiume Adda. L’accesso in automobile è normalmente impedito da sbarramenti, mentre è sempre possibile raggiungere il luogo in bicicletta. Il posto è alquanto suggestivo nella sua ambientazione, ma l’interesse principale è costituito da sistemi di derivazione idraulica. Con i suoi oltre 30 km di lunghezza, il canale Vacchelli rappresenta un autentico monumento di ingegneria idraulica, e se il complesso delle opere di presa (diga sul fiume, sghiaiatore, mandracchio, sfioratore e scaricatore in corrispondenza del colatore del Gambero, contro chiavica di regolazione del Legazzone) può stupire per grandiosità e precisione funzionale, non meno impressionante appare l’insieme delle strutture presenti alla fine del suo percorso, in località “Tomba Morta” presso Genivolta, con le varie vasche di impinguamento del fascio di canali che qui converge da tutta la campagna posta a monte. Le acque del canale irrigano un comprensorio di oltre ottantamila ettari. La presenza centenaria del canale nel territorio ne ha fatto un elemento imprescindibile del paesaggio. 108


STORIA 350 mila metri cubi di scavo

4636 giorni e 3773 notti di lavoro 159 rogge alimentate

MIGLIAIA di carriolanti e badilanti impiegati

7 milioni di lire spese

A metà del XIX secolo, i cremonesi avvertirono l’esigenza di aumentare le loro risorse, anche in vista dell’accentuazione zootecnica nella produzione aziendale. Sino ad allora, essi si servirono di sorgive, provenienti dal settentrione, che integravano con acque prelevate dal fiume Oglio. Volendo utilizzare le antiche reti di dispensa che già servivano, ma insufficientemente, larga parte del territorio, dovettero rivolgersi all’Adda. Progettarono un canale che, partendo da Marzano (da cui il nome originariamente dato all’opera) con direzione verso Est, raggiungesse Crema (dopo una ventina di chilometri) e, di qui, Genivolta ove avrebbe impinguato i Navigli. Le prime aste di quell’opera avrebbero intersecato molte sorgive impiegate per l’irrigazione del territorio cremasco. Intorno al 1880, personaggi di rilievo nella comunità cremonese, capeggiati da Pietro Vacchelli, avviarono la procedura per la costruzione dell’opera, costituendo un Consorzio di Comuni interessati al problema denominato Consorzio per l’incremento della irrigazione nel territorio cremonese. Iniziati nel 1889, i lavori per la realizzazione della presa, che impegnarono fino a circa un migliaio di operai contemporaneamente, vennero conclusi nell’estate del 1891. Una delle lapidi poste sulla facciata verso valle dell’opera di regolazione ricorda in breve la storia della grandiosa impresa ed i nomi dei principali artefici: gli ingegneri Luigi Pezzini e Alessandro Fisechi in qualità di progettisti. L’ingegnere Luigi Villoresi, in qualità di direttore dei lavori, modificò sostanzialmente alcuni punti del progetto originario. Al senatore Pietro Vacchelli, propugnatore e sostenitore dell’opera, venne intitolato il canale nel 1913. Al Vacchelli vanno riconosciuti alcuni meriti, sebbene non previsti originariamente. In primo luogo la bonifica di parte dei Mosi (800 ettari lungo 4,5 km del suo percorso), vasta area 109


agricola a nord-ovest di Crema parzialmente protetta da un parco locale di interesse sovracomunale. In tempi più recenti, il canale divenne elemento fondamentale per l’alimentazione sostitutiva o integrativa di risorse abbandonate a causa delle difficoltà di gestione o ridotte per l’abbassamento della falda. Circa 2,2 metri cubi di acqua al secondo vengono dispensati da Spino d’Adda a Salvirola, concorrendo a ridurre il prelievo dal Serio con vantaggio anche della qualità del fiume a valle di Crema. Lo scopo di questa monumentale impresa era l’impinguamento idrico dei maggiori canali irrigatori del territorio cremonese, Naviglio Civico di Cremona e Naviglio Pallavicino, fino ad allora dipendenti per intero dalle acque dell’Oglio e dei fontanili. L’opera, travagliata da accesissime opposizioni da parte dei possessori delle terre attraversate, da continue polemiche fra i vari progettisti, da difficoltà di ordine finanziario e tecnico, vide tuttavia la conclusione nel giro di pochissimi anni: nel 1890 il canale poté dispensare le prime 400 once al naviglio Civico di Cremona in località Salvirola. La conclusione definitiva dei lavori però ebbe luogo solo nel 1893, quantunque l’inaugurazione ufficiale fosse avvenuta il 23 settembre 1892 a Crema, presente il ministro dei lavori pubblici Francesco Genala . Il progetto cremonese allarmò i cremaschi, preoccupati che la nuova opera avrebbe creato inconvenienti, se non addirittura danni, al territorio attraversato con lo scopo dichiarato di avvantaggiare un altro territorio. Inoltre risultava difficile ricostruire la naturalità dell’ambiente all’epoca dell’apertura del canale. Rispetto alla falda, il canale si comporta come un serbatoio: sottrae portate invernali e le restituisce durante l’estate. Al Vacchelli vanno riconosciuti alcuni meriti, sebbene non previsti originariamente. In primo luogo la bonifica di parte dei Mosi (800 ettari lungo 4,5 km del suo percorso), vasta area agricola a nord-ovest di Crema parzialmente protetta da un parco locale di interesse sovracomunale. In tempi più recenti, il canale divenne elemento fondamentale per l’alimentazione sostitutiva o integrativa di risorse abbandonate a causa delle difficoltà di gestione o ridotte per l’abbassamento della falda. Circa 2,2 metri cubi di acqua al secondo vengono dispensati da Spino d’Adda a Salvirola, concorrendo a ridurre il prelievo dal Serio con vantaggio anche della qualità del fiume a valle di Crema. Le necessità irrigue sopravvenute, ben superiori alle capacità del primitivo canale, hanno determinato sostanziali modifiche, dalle quali non sono usciti indenni alcuni connotati caratteristici del Vacchelli: numerosi ponti e canali nell’area del Moso sono stati abbattuti e ricostruiti secondo le linee della moderna tecnologia. Altrettanto è avvenuto alla tombasifone sottopassante il viale di S. Maria di Crema32. 110


Il signor Giansesto racconta... «Un tempo, se avessi lanciato un sasso in un fosso, e uno sconosciuto mi avesse visto, sicuramente me le avrebbe date di santa ragione. Poi, una volta arrivato a casa, mio padre mi avrebbe dato il resto». Il signor Giansesto, solo qualche decennio fa, si occupava della regolazione dei canali e delle rogge cremasche, mestiere insegnatoli dal padre. Trasportato dai ricordi, mi racconta diversi aneddoti per farmi capire quanto all’epoca l’acqua fosse considerata importante, un elemento verso cui portare assoluto rispetto.

«Oggi questo valore è andato perduto, l’unica cosa che conta ormai è produrre. Rogge e canali sono stati interrati lasciando spazio a un numero sempre più alto di industrie. Ogni tanto faccio due calcoli. Crema ha quasi 40 mila abitanti: se tutti i campi attorno fossero coltivati a cereali, frutta e verdura, al fine di soddisfare il fabbisogno alimentare della città, il territorio, per un raggio di 6/7 km, sembrerebbe un giardino».

Operai al lavoro durante la costruzione del Canale

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2a. 2d.

2b.

2c. 2b.

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2d.

2c. 2d.


1. 2e.

2b. 2d. 2e. 2b. 2c. 2b. 3.

LUNGO IL CANALE 113


Pavimentazioni esistenti Pista ciclabile asfaltata priva di segnaletica orizzontale. Presente solamente nell’abitato di Crema.

1. ASFALTO

Larghezza media: 3 m Lunghezza totale: 2,5 km - 7% 2a. Strada in terra battuta. In alcuni tratti è consentito il passaggio delle autovetture.

2. TERRA BATTUTA

Larghezza media: 3,5 m Lunghezza totale: 2,6 km - 7,4% 2b. Tracciato doppio in terra battuta con presenza di ghiaia in bassa percentuale.

Larghezza media traccia: 0,3 m + 0,3 m Lunghezza totale: 11,3 km - 32% 2c. Strada in terra battuta con presenza di ghiaia in percentuale media.

Larghezza media: 3 m Lunghezza totale: 6 km - 17% 114


2d. Tracciato doppio in terra battuta con presenza di ghiaia in percentuale alta.

Larghezza media traccia: 0,4 +0,4 m Lunghezza totale: 8,3 km - 23,5% 2e. Tracciato singolo in terra battuta con presenza di ghiaia e sassi.

Larghezza media traccia: 0,3 m Lunghezza totale: 3,6 km - 10% Strada bianca in ghiaia. Il transito in bicicletta risulta difficoltoso.

3. GHIAIA

Larghezza media traccia: 2,5 m Lunghezza totale: 1,1 km - 3,1% Le varie tipologie di pavimentazione sono state ordinate dalla più confortevole per il transito delle biciclette a quella meno agevole. Si nota che attualmente l’intero percorso viene indicato come pista ciclabile nonostante la quasi totalità del tracciato non risponda ai criteri di progettazione della stessa: i fondi ciclabili irregolari, la mancanza di illuminazione e della segnaletica orizzontale rendono il percorso poco sicuro. Il percorso risulta così difficoltoso per bambini e anziani e per coloro che lo affrontano con una bicicletta non adeguata. 115


Un’occasione mancata Oggi, dopo più di cento anni dalla sua messa in opera, il canale Vacchelli è entrato a far parte integrante del paesaggio cremasco. Il suo percorso interessa tre valli fluviali, dell’Adda, del Serio e dell’Oglio, intersecando i parchi del Moso e del Tormo. Nonostante ciò, una volta concluse le opere di realizzazione, il canale resta confinato al suo ruolo di corridoio irriguo invece che imporsi altresì all’interno del territorio come corridoio ecologico. D’altronde a fine ‘800 il paesaggio non si presentava banalizzato quanto oggi e la terra non ancora sfruttata al massimo delle sue potenzialità ai fini di resa economica. In ogni caso, motivazioni economiche, e non ambientali, hanno guidato la costruzione del canale: l’obiettivo principale era il miglioramento dell’economia provinciale, ancora prevalentemente legata all’agricoltura. Solo nel 1992 il canale viene descritto per la prima volta come itinerario turistico da percorrere in bicicletta e «con occhi nuovi, capaci di cogliere le bellezze offerte dalla campagna nella quale i manufatti in cotto del canale s’inseriscono con perfetta armonia». In quegli anni, alcuni personaggi cremaschi iniziarono a proporre alle amministrazioni dei comuni attraversati dal Vacchelli di qualificarne il percorso tramite la realizzazione di una ciclabile attrezzata, in parte già esistente. Malgrado fosse già presente la strada consortile lungo l’alzaia del canale Vacchelli, l’idea di rendere ciclabile il tracciato con sistemazione del fondo e posa di adeguata segnaletica prese avvio solamente nel 1998, quando il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale sviluppava studi ed approfondimenti per la realizzazione di piste ciclabili nella Provincia di Cremona. Dal punto di vista ambientale, il canale non può essere ridotto esclusivamente alla massa d’acqua che trasporta entro le sue sponde. Non si può non tenere conto della stretta fascia arboreo-arbustiva che nel corso degli anni gli è cresciuta attorno: all’interno del moderno territorio rurale, spogliato dai filari e dai boschi che una volta proliferavano, anche queste poche emergenze risultano preziose. 116


Legenda Aree dismesse Attraversamento ciclopedonale 35 sono gli attraversamenti ciclopedonali presenti lungo il percorso. 28 sono i ponti-canali che consentono esclusivamente il passaggio dell’acqua

x

Attraversamento carrabile

16 sono gli attraversamenti che permettono il transito alle autovetture.

Passaggio a livello: interruzione pista ciclabile All’altezza della zona industriale di Cremosano, al km 17 circa, il passaggio a livello interrompe la continuità percorso ciclabile: il visitatore è costretto a proseguire lungo la ciclabile che collega Trescore Cremasco a Crema passando per la località dei Mosi. Sarà possibile riprendere il Vacchelli 2 km più avanti.

Pista ciclabile ampiezza 3/4 metri Per 9,2 km, il percorso dispone di una pista bianca di ampiezza variabile tra i 3 e i 4 metri. L’unico tratto asfaltato, di lunghezza pari a 1,2 km, è quello che affianca via Gaeta nel comune di Crema.

Sentiero singolo Il tratto che affianca la ferrovia e quello che porta da San Bernardino al fiume Serio, lunghi rispettivamente 1,5 km e 750 metri, sono caratterizzati da un singolo sentiero che consente il passaggio di una bicicletta per volta.

Sentiero doppio Per i restanti tratti il sentiero si sdoppia consentendo il transito di due biciclette per volta. Il percorso si sviluppa principalmente sulla sponda sinistra. Solo per brevi momenti si rende necessario il passaggio all’alzaia opposta. 117


1.

2.

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Dalle chiuse di regolazione a Nosadello

km 0-6

1.

2.

La strada alzaia percorribile con maggiore facilità è sulla sponda sinistra. In alcuni tratti si rende però necessario un cambio di lato. Dopo circa un chilometro si raggiunge la controchiavica del Lagazzone. Dopo pochi metri si raggiunge il primo ponte, che prende lo stesso nome della controchiavica. Sebbene i numerosi ponti assolvano tutti la stessa funzione, ovvero garantire il passaggio di mezzi e di rogge, e sempre sul medesimo canale, essi sono tutti diversi tra loro. I costruttori si sono impegnati «in una ricerca estetico-architettonica coltivando il gusto del bello, dell’armonia e della fantasia anche in opere destinate a restare sperdute in mezzo alla campagna». Giunti all’estremità settentrionale dell’abitato di Spino d’Adda, a causa dell’interruzione del percorso ciclabile, è necessario deviare a destra fiancheggiando un antico mulino abbandonato, il Mulino Lombardo, che conserva ancora la ruota idraulica che sfruttava l’energia di un salto della roggia Merlò Giovane. Imboccando nuovamente la sponda sinistra del canale Vacchelli, che è divenuta uno stretto sentiero, si giunge, dopo qualche centinaio di metri, alla provinciale Melotta. Giunti a Nosadello, è necessario attraversare la Strada Provinciale 91 per poter continuare il percorso.

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3.

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Da Nosadello al Tormo

km 6-9

3.

Una volta attraversata la strada, si riprende il tragitto sulla sponda sinistra del canale. Più avanti si giunge al ponte della strada sterrata tra Nosadello e Barbuzzera, appena a valle del quale c’è la tombasifone della roggia Gradella. Percorsi 2,5 km da Nosadello è necessario attraversare la trafficata strada statale che collega Dovera e Pandino. Quest’ultimo paese, distante da qui poco più di 1 km, sulla sinistra, offre al visitatore diverse attrazioni culturali: il castello visconteo, le chiese di S. Marta (oratorio della fine del Quattrocento con decorazione rinascimentale) e di S. Margherita (settecentesca in stile neoclassico con all’interno preziose tele del Cinquecento). Lasciando sulla destra la cascina Sassa, oggi ridotta in parte a rudere, il sentiero piega a destra insieme al canale, fino a raggiungere il ponte che conduce alla cascina Melesa. Ora conviene passare sulla destra del canale, che, pochi metri dopo, scavalca il fiume Tormo. Formatosi da risorgive scaturenti a nord di Agnadello ed arricchitosi per il contributo di altre lungo il suo corso, è questo il maggiore fra tutti i fontanili attraversanti la campagna cremasca.

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4.

5.

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Dal Tormo alla Cremasca

km 9-12

4. 5.

Il percorso continua a poca distanza dalla statale Paullese, dalla quale si allontana gradatamente con un’ampia curva a sinistra. Proseguendo si arriva al ponte della strada Monte – Palazzo, al quale si affianca il piccolo santuario della Madonna delle Assi. Superato il ponte, si continua il percorso sull’alzaia sinistra del canale che ora si snoda ad una quota sempre più depressa rispetto alla campagna circostante, lambendo la zona industriale di Vaiano Cremasco, fino a raggiungere il grande manufatto che permette l’attraversamento della strada per Palazzo e successivamente il ponte che consente lo scorrere di ben tre rogge, tra le quali la più importante è sicuramente la Cremasca. Nasce col nome di Misana da risorgive nel basso bergamasco e, dopo aver ricevuto le acque della fontana Badessa, prende il nome di Comuna o Cremasca e rappresenta il più importante corso d’acqua artificiale a servizio della irrigazione del territorio cremasco, fino a Montodine, dove termina nel Serio.

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6.

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Attraverso il Moso

km 12-16

6.

Dal ponte canale della Cremasca si continua sull’ampia strada, che si snoda lungo la sponda sinistra del Vacchelli abbassandosi fino alla quota della banchina, raggiungendo il PLISS del Moso. Sulla sponda destra si trovano villa Merlata e la cascina Uccellanda. Poco più avanti, la roggia Acquarossa scavalca il canale Vacchelli con un ampio manufatto in cotto. Superati alcuni altri ponti si giunge nel cuore del Moso, fino a pochi decenni fa punto di riferimento degli abitanti dei cascinali circostanti: qui sono ancora visibili alcuni rustici in forte degrado, il fabbricato dove era ospitata la scuola elementare e la chiesa di S. Caterina, nota come chiesa degli Alpini, che si rispecchia nelle acque placide del canale. Oggi la chiesa si trova in stato di abbandono e le funzioni e le visite non vengono più effettuate. Dopo alcune centinaia di metri si trova il grande ponte canale, affiancato da ponti stradali, a servizio della roggia Alchina. Altro importantissimo corso d’acqua, nasce da fontanili nel basso Bergamasco e, dopo avere affiancato l’Acquarossa fino ad Ombriano, va ad irrigare il territorio dei comuni a sud di Crema.

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7.

8.

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Dal Moso a Crema

km 16-19

7.

8.

Percorrendo qualche altro centinaio di metri lungo la strada alzaia sinistra, si giunge in prossimità dell’antica cascina Santi Benedetti. Nelle vicinanze sorge la zona industriale del paese, lungo la strada Crema-Vailate, che attraversiamo per proseguire il tragitto, indifferentemente su entrambe le sponde, fino a raggiungere la ferrovia Cremona-Treviglio, dove un passaggio a livello chiuso interrompe la continuità del percorso. Per superarlo è necessario attraversare i binari, a piedi o in bicicletta, scavalcando le sbarre. Subito dopo, il Vacchelli vira bruscamente a destra costeggiando la linea ferroviaria per circa due chilometri fino a Crema. È consigliabile mantenersi in sponda sinistra, dove il sentiero è più ampio e sicuro. Lasciata sulla sinistra la nuova zona edificata di Santo Stefano, piccola frazione di Crema, e passato il ponte del cosiddetto “ex casello 21”, dopo un’ampia curva verso sinistra si giunge al ponte della strada provinciale Crema - Capralba.

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9.

10.

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Nella periferia di Crema

9.

km 19-24

10.

Si prosegue lungo via Gaeta, al termine della quale si trova la strada statale 591 “Cremasca”, che il canale Vacchelli sottopassa in sifone. Qui inizia il grande ponte-canale con il quale lo stesso Vacchelli sovrappassa il fiume Serio. Da questo punto non è più possibile costeggiarlo in bicicletta, in quanto le sponde del manufatto sono costituite da due grossi muri transitabili solo a piedi dagli addetti alla manutenzione. Per riprendere l’itinerario lungo le sponde del canale è necessario superare il Serio attraversando l’urbanizzato: si prosegue a destra lungo la ciclabile alberata, oltrepassando il passaggio a livello, fino a raggiungere la rotonda del parco delle Rimembranze. Svoltando a sinistra si supera il fiume Serio entrando nel quartiere di San Bernardino. Superata ancora una volta la ferrovia tramite un sottopassaggio ciclabile, si arriva lungo la riva del Serio deviando a sinistra dalla strada. Risalendo il fiume ci si trova di fronte al ponte-canale: seguendo il sentiero sulla destra si torna lungo l’alzaia del Vacchelli. Oltrepassati i sifoni e le bocche di impinguamento delle rogge Borromea e Archetta, si giunge nuovamente sulla via Brescia, lasciata alle spalle in precedenza all’altezza del passaggio a livello. Continuando invece lungo il canale, dopo circa 700 metri si giunge alla trafficata strada statale che porta a Soncino. Superata questa, dopo altri 700 metri, si incrocia il Serio morto. Dopo circa un chilometro, si giunge in prossimità del santuario della Madonna della Pallavicina, lungo la provinciale Crema-Izano. Poco più avanti si trovano i tre ponti-canale affiancati a servizio delle rogge Pallavicina, Babbiona e Pomida.

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11.

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Da Izano all’Albera 11.

km 24-29

Proseguendo lungo la sponda sinistra del Vacchelli, si arriva al ponte della nuova provinciale CastelleoneRomanengo, oltre la quale incontriamo il sottopasso della roggia Madonna Gaiazza. Questa, che deriva dal Naviglio Civico e da fontanili e da qualche anno è impinguata dal Vacchelli, attraversa il vicino abitato di Salvirola. Nei tempi passati ha avuto l’importante ruolo di confine tra il Cremonese ed il Cremasco, di conseguenza anche tra il Ducato (poi Stato) di Milano e la Repubblica di Venezia, di cui facevano parte rispettivamente i due territori. Tuttora divide le due diocesi. Alla periferia orientale di Salvirola il canale si biforca: l’asta di sinistra va ad impinguare il Naviglio Civico, quella di destra, la principale, prosegue verso Trigolo; seguendo quest’ultima e, in corrispondenza del vicino ponte, girando a sinistra, è possibile raggiungere le località di Todeschino, la Ronca e l’Albera.

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12.

13.

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Verso Genivolta

km 29-35

12.

13.

Il percorso continua in uno scenario per lungo tratto caratterizzato da quiete e silenzio tra filari di pioppi. Il Naviglio Civico affianca parallelamente il canale Vacchelli per il prossimo chilometro. Questo, dopo un’ampia curva verso sinistra, giunge al termine del suo tragitto, in località Tombe Morte di Genivolta. Qui alimenta un sub-dispensatore del Consorzio irrigazioni impinguando il Naviglio Grande Pallavicino, il Naviglio Civico e le innumerevoli rogge provenienti da monte che qui si incrociano tramite notevoli manufatti d’ingegneria idraulica. Le Tombe Morte rappresentano un nodo idraulico molto importante, ma anche un angolo di notevole interesse naturalistico, dove in estate più o meno giovani bagnanti e pescatori si danno appuntamento per divertirsi o per riposare in mezzo al verde e alla tranquillità. Da qui passa la ciclabile delle città murate, realizzata dalla Provincia di Cremona. Essa consente il collegamento con Genivolta, lungo il moderno canale scolmatore, e con Soresina. Procedendo verso Soresina da Genivolta si arriva al santuario di Ariadello, luogo di culto inserito all’interno di un Parco Locale di Interesse Sovracomunale.

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Le Tombe Morte Chiunque sia capitato alla Tomba Morta, in località Genivolta, durante la stagione irrigua non può non essersi lasciato impressionare dalla singolare abbondanza d’acqua convogliata da una serie di canali che si intersecano, si scavalcano e si sotto passano cedendosi reciprocamente il prezioso apporto idrico. In uno spazio di poche centinaia di metri si intersecano il canale Vacchelli, il Naviglio Civico di Cremona e il Naviglio Grande Pallavicino. Il Vacchelli riversa la quasi totalita’ della sua portata nei Navigli e in una dozzina di rogge di minor calibro. L’intero complesso di questa mirabile opera d’ingegneria idraulica ottocentesca si anima di scrosci d’acqua spumeggianti che costituiscono un unicum nel panorama provinciale attinente la regolazione delle acque irrigue. Queste vengono amministrate attraverso opere di calibratura, bocche modulate, sifoni, vasche e dispensate ai copri idrici che da qui si inoltrano nelle campagne cremonesi. Le acque eccedenti finiscono invece in un canale scolmatore, realizzato tra il 1968 e il 1981, che le versa nel fiume Oglio attraverso un percorso che, per mezzo di quattro salti di fondo, si adegua ai dislivelli creati dalla valle fluviale. Il luogo in cui si collocano le strutture del nodo irriguo sfrutta un basso topografico che appartiene alla morfostruttura di una valle fluviale abbandonata dove, fin dai tempi più antichi, confluivano diverse acque originatesi spontaneamente nelle campagne poste più a monte. Il complicato reticolo idrografico attualmente concentrato in così breve spazio è frutto di una secolare opera di disciplina prodotta dall’uomo. Ciò non ha impedito ad una vegetazione residua, ma di elevato interesse, di resistere sugli argini divisori allungati tra i vari corsi d’acqua. Dense fasce boscate, composte in parte dalle specie arboree e arbustive caratteristiche dell’ambiente padano, ospitano un sottobosco di erbacee dalle variate qualità tra cui si possono riconoscere anche specie di particolare rarità. Qui si incontrano tre diversi itinerari: la pista ciclabile delle Città Murate che da Pizzighettone conduce a Soncino passando per Soresina, la ciclabile del Canale Vacchelli, e infine la ciclabile dei Navigli, inaugurata nel 2008, che segue il corso del naviglio civico sino a raggiungere Casalbuttano.

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5.

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RICREARE LEGAMI

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Il Cremasco si caratterizza per la presenza di un notevole patrimonio culturale e artistico affiancato da aree di elevato valore ambientale e paesaggistico, quali parchi, riserve, aree protette e fontanili. L’attaccamento alla comunità di cui fanno parte, che contraddistingue gli abitanti del Cremasco, affonda le sue radici nel passato: l’alto frazionamento che caratterizza la provincia e le rivalità storiche hanno fatto si che i cremaschi sviluppassero un certo legame con il territorio. Tuttavia, analizzando i Piani di Governo del Territorio dei 16 Comuni presi in esame, risulta evidente la mancanza di una strategia comune, di un’idea di sviluppo che interessi l’intero comprensorio, che trasformi un insieme di piccole realtà in un unico sistema. Ciò è ostacolato anche dal fatto che il comprensorio Cremasco si caratterizza per la presenza di un elevato numero di frazioni, che ancora conservano una propria identità locale ed un forte legame di appartenenza della popolazione alla propria ‘nicchia’. Questo potrebbe incidere sulla cause della mancanza di forme associative in grado di promuovere il patrimonio ad un panorama più ampio di quello locale. Questo forte senso di appartenenza al territorio non dovrebbe porsi come limite, ma come chiave di lettura per progetti futuri. Per quanto riguarda il tema delle aree dismesse, è necessario che le amministrazioni comunali si rendano conto del problema e, allo stesso tempo, della possibilità che questi manufatti offrono: ripensare e riqualificare un’area abbandonata non vuol dire semplicemente “restaurare” un oggetto, magari di poco valore. Il progetto di recupero di queste aree si estende inevitabilmente allo spazio che le circonda, migliorando la sicurezza urbana e sociale e valorizzando il contesto ambientale e urbanistico nel quale sono inserite. L’idea di lavorare sul patrimonio esistente e sulla aree già urbanizzate segue la necessità di ridurre il consumo di suolo, ormai apparentemente inarrestabile, e il danno ambientale che questo comporta. Le amministrazioni dovrebbero indirizzare le trasformazioni verso il recupero del costruito, invece che continuare a intendere lo sviluppo come espansione dell’urbanizzato verso aree libere. Si rende necessaria una convergenza d’azione verso obiettivi generali: le iniziative di sviluppo devono estendersi a una scala vasta e far nascere un sistema in grado di promuovere il territorio secondo un piano coordinato e una visione condivisa. La chiave di svolta sta nella consapevolezza, nella conoscenza dei valori di cui il paesaggio in cui viviamo si fa portatore e promotore. È necessario che gli abitanti si sentano parte del territorio, che si riapproprino dei luoghi, diventandone 138


i principali sostenitori. Una strategia vincente non può essere pensata a prescindere dalla vocazione del territorio. È necessario svolgere un’operazione di ricostruzione dei legami invisibili tra paesaggi, culture, storia e manufatti che possa stimolare una più ampia rigenerazione di risorse non più utilizzate, quali edifici dismessi, paesaggi, beni ambientali e monumentali. Si tratta di risvegliare possibilità paesaggistiche nuove in luoghi che crediamo di conoscere talmente bene al punto da risultarci banali, scontati: si tratta di svelare ciò che c’è, del riscatto del paesaggio sulla città. Occorre lavorare per una cultura dello spazio aperto e dello spazio pubblico nell’ottica di bene comune.

«L’architettura deve affrontare una nuova dimensione, quella di “superficie”, niente metri cubi, ma distese di paesaggio, che da sempre hanno invaso i nostri occhi, senza mai essere viste»33. Per poter lavorare sulla superficie, è necessario ripartire dai suoi elementi generatori: la linea e il punto.

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Rigenerare partendo dal disegno degli SPAZI APERTI Gli interventi non riguardano necessariamente il recupero degli edifici dismessi, della materia architettonica. Particolare attenzione è stata posta infatti alla possibilità di far rivivere gli spazi aperti in cui questi manufatti sono immersi. L’obiettivo è quello di restituire forza e dignità a manufatti abbandonati e degradati e all’ambiente in cui si inseriscono, trasformando gli spazi in luoghi. La diversità dei singoli punti, delle differenti aree abbandonate, non deve porsi come limite impedendo la creazione di una forma e di uno sviluppo unitario.

«Al disegno degli spazi aperti il progetto della città contemporanea affida i compiti un tempo affidati al giardino: essere il luogo ove si sperimentano e mettono a punto nuove idee». Bernardo Secchi

Lo spazio aperto non è più una semplice “decorazione” da accostare a un volume, ma diventa materiale di progetto portatore di storia, di memoria e di trasformazione, «strumento della composizione spaziale». Il disegno del “vuoto” diventa l’occasione per proporre un itinerario improntato sulla dimensione dell’esperienza. Questo permetterà alla comunità di riappropriarsi del territorio, di riscoprirsene parte e sentirsi responsabili per esso. Il progetto non vuole interessare solo i turisti, ma far prendere coscienza anche a chi in questi luoghi ci vive da sempre e ormai li dà quasi per scontati. Allo stesso tempo, la valorizzazione degli spazi aperti adiacenti alle aree dismesse vuole porsi come punto di partenza per una riqualificazione degli stessi manufatti abbandonati, attirando gli investimenti di amministrazioni e privati.

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LA LINEA come generatrice «La linea geometrica è un’entità invisibile. E’ la traccia del punto in movimento, dunque un suo prodotto. Nasce dal movimento, e precisamente dalla distruzione del punto, della sua quiete estrema, in sé conchiusa. Qui si compie il salto dallo statico al dinamico». Vasilij Kandinskij La linea è una struttura minima capace di definire un campo aperto di possibilità: «non si tratta di un minimalismo formale, ma esistenziale, un minimalismo di necessità»34. Il canale Vacchelli può essere assimilato, per geometria e disposizione nello spazio, a una linea, quasi retta, che attraversa longitudinalmente il territorio Cremasco. Questa linea definisce un segno forte e riconoscibile solcando il paesaggio rurale in cui si inserisce: il suo orientamento e la sua forma si trovano in netto contrasto con l’andamento verticale dei fiumi naturali e dei parchi che attraversano il territorio. La definizione di un parco lineare, parallelo al canale, offre l’opportunità di connettere i principali sistemi ambientali presenti sul territorio. Il disegno di un linea, precisa e pulita, vuole ordinare lungo il suo asse ciò che incontra lungo il percorso: aree dismesse, manufatti storici, paesaggi. Allo stesso tempo, il visitatore avrà la possibilità di deviare dal tracciato, seguendo gli itinerari che quello principale interseca. Linea come gesto, movimento, segno, elemento generatore di un percorso che non vuole guidare il visitatore verso una meta precisa, ma invitarlo a perdersi e immergersi nel paesaggio. Dalle mappe settecentesche che rappresentavano i percorsi lineari tra Oxford e Cambridge ai renderings della High Line di Manhattan, sono molti i progetti che rispondono al paradigma della sequenza lineare.

CONNETTERE

ORDINARE

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INTERSECARE


ORDINARE Gli insediamenti urbani del Cremasco possono essere raffigurati come una costellazione composta da centri abitati di piccole dimensioni e singoli edifici sparsi per il territorio. Cascine, industrie, residenze, complessi agricoli, capannoni, centri commerciali. Dismessi, sottoutilizzati, vivi, abbandonati, fiorenti. Punti nello spazio. Appaiono disordinati e sconnessi se pensati soli, privi delle relazioni che gli permettono di esistere. Ogni manufatto, ogni punto, se sconnesso dal sistema risulta perso, finendo per esserne escluso e dimenticato. Sono centinaia gli edifici dismessi e le aree abbandonate presenti sul territorio: un’infinità di punti che, se rappresentati separatamente dalla rete infrastrutturale che li unisce, sembrano galleggiare nel vuoto. I punti, prima sparsi disordinatamente nel territorio, si allineano lungo l’asse del canale: attraverso la valorizzazione di un percorso lineare si riordinano, si mettono a sistema, elementi puntuali che diventano eccezioni alla regola della linea. Tra questi elementi vi sono edifici dismessi, aree abbandonate, manufatti di pregio architettonico dimenticati, aree verdi. Gli spazi dismessi si riordinano lungo il percorso lineare diventando di volta in volta aree di sosta, spazi attrezzati, boschi e ospitando funzioni differenti: sono infinite le possibilità che si vengono a creare. Riconquistiamo presenza nel paesaggio camminando, correndo o andando in bicicletta su un percorso che trasforma lo spazio circostante in quinta panoramica: i centri urbani diventano quasi invisibili, o visibili a tratti da lontano.

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CONNETTERE «L’idea di considerare il percorso come luogo a se stante è vecchia come i pellegrinaggi. Le strade per Roma, Gerusalemme o Santiago hanno segnato la forma dell’Europa. Ma erano strade con una destinazione precisa, non spazi autoreferenziali»35. In questo caso però la linea non vuole rappresentare il modo più semplice e immediato di raggiungere la meta. L’obbiettivo non è il punto di arrivo: la linea non servirà a guidarci durante il cammino. Al contrario ci aiuterà a perderci in ciò che ci circonda, a orientare il nostro sguardo, a cercare nuovi punti di vista, a riscoprire ed apprezzare il paesaggio. Il canale Vacchelli taglia il territorio orizzontalmente, rompendo le tracce verticali evidenziate dai fiumi Adda, Oglio e Serio. Un parco lineare che affianchi il canale consentirebbe la connessione, da un punto di vista naturalistico, dei principali sistemi ambientali. Questi comprendono, oltre ai Parchi Regionali, i Plis del Parco del fiume Tormo, del Moso, del Pianalto di Romango e dei Navigli Cremonesi. Parco del fiume Tormo, del Moso, del Pianalto di Romango e dei Navigli Cremonesi. Il percorso lineare attraversa il territorio enfatizzando la relazione tra poli differenti, ricostruendo un filo interrotto.

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INTERSECARE [dal lat. intersecare, comp. di inter- e secare “tagliare”] v. tr. 1. [creare un incrocio: la strada interseca la ferrovia] ≈ attraversare, incrociare, passare (su), tagliare. 2. (geom.) [di linee o superfici, incontrare in uno o più punti altre linee o altre superfici: la retta interseca il piano nel punto P] ≈ tagliare. La linea è un vettore, non un luogo statico: la dimensione di parco implica di pensare a tutte le dimensioni in cui ci muoviamo. Il tracciato intercetterà una serie di eventi lungo il cammino. All’occorenza, la linea si diramerà in diverse direzioni permettendo al visitatore di (ri)scoprire i tesori nascosti nel territorio. Centri storici, monumenti, musei, agriturismi, beni ambientali e culturali si intersecano lungo il percorso a partire dall’asse principale rappresentato dal canale. Si tratta di rimettere in gioco un insieme di elementi, già presenti sul territorio, al fine di valorizzarli, di ricreare una serie di relazioni che portino alla messa a sistema delle varie realtà locali. L’obbiettivo è di quello di invogliare i visitatori e coloro che vivono questi luoghi quotidianamente, ma in maniera passiva, a scoprire, conoscere e innamorarsi del territorio.

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IL PUNTO come segno «Il punto è un piccolo mondo, separato da tutte le parti in modo più o meno uniforme, quasi strappato dal circostante. Il punto fa presa sulla superficie di fondo e vi si stabilisce per sempre». Vasilij Kandinskij

Si vogliono creare delle eccezioni alla regola della linea: energie e risorse si concentrano in alcuni punti al fine di rinforzare e rendere resistente la linea su cui giacciono. Attraverso interventi minimi di riqualificazione e valorizzazione del costruito e degli spazi aperti si creano nuove occasioni, nuovi modi per fare esperienza del territorio in cui viviamo, che spesso diamo per scontato. Lo scopo è quello di invitare il visitatore a fermarsi lungo il percorso, incuriosirlo per invogliarlo a continuare ad esplorare ciò che lo circonda, a scoprire cosa c’è dopo.

Promuovere la scoperta dell’ambiente naturale, incoraggiarne l’apprezzamento, orientare lo sguardo allo stupore e alla bellezza sono alcuni tra gli obiettivi del progetto di paesaggio.

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TRADIZIONI E CULTURA POPOLARE come filo conduttore La riscoperta delle tradizioni e della cultura popolare Cremasca si pone come filo conduttore. I punti diventeranno occasione per conoscere e vivere il territorio, per farne esperienza sotto diverse forme. Il senso di appartenenza al territorio Cremasco, trasmesso di generazione in generazione, ha permesso il protrarsi di culture e tradizioni identitarie. Arte, artigianato, musica, letteratura dialettale e tradizioni culinarie assumono differenti sfumature e particolarità dovute all’attaccamento degli abitanti al proprio borgo. Questo senso di appartenenza ad una comunità affonda le sue radici nel passato e, allo stesso tempo, si pone come chiave di lettura per il futuro. La riscoperta e la valorizzazione di un tracciato esistente si accompagna alla volontà di cogliere le opportunità e i punti di forza del territorio che attraversa. L’obiettivo è quello di far conoscere a apprezzare ciò che ha reso il Cremasco “così com’è” e che tutt’oggi ne forma i caratteri identitari: l’architettura rurale, tra mulini e cascine, legata alla presenza dell’acqua; le tradizioni culinarie e quelle dialettali; la storia dei suoi abitanti e i cambiamenti del paesaggio. Per scoprire tutto ciò non è necessario chiudersi in un museo: eventi, installazioni, interventi consentiranno al visitatore di conoscere il territorio ogni volta in un modo nuovo e diverso.

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10_STRATEGIA: CONNETTERE, ORDINARE, INTERSECARE

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11_STRATEGIA: ALLA SCOPERTA DEL TERRITORIO

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6.

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UN PARCO LINEARE TRA ACQUA E TERRA 153


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IL PERCORSO Il percorso si sviluppa nella campagna cremasca, passando nella periferia di Crema, per un totale di 35 km. Il disegno del tracciato è stato dettato dalle immagini e dagli scorci sul paesaggio che il visitatore vedrà susseguirsi. La scelta non è casuale: è compito del progettista catturare e raccontare una storia, indirizzando lo sguardo di chi percorrà quei luoghi. Dalle sponde rigogliose del Tormo ai filari che si specchiano sul canale, dal mare verde dei prati da sfalcio alle antiche cascine incorniciate dai campi di grano, il percorso vuole far percepire ai fruitore tutte le sfumature di cui si colora il paesaggio in cui è inserito, sempre più banalizzato dai moderni sistemi di produzione. Inoltre, è stata tenuta in considerazione la collocazione delle aree dismesse individuate e, di conseguenza, degli spazi aperti di pertinenza delle stesse e di altri manufatti esistenti quali cascine ed edifici storici. I passaggi da un’alzaia all’altra sono garantiti dagli attraversamenti pedonali e ciclabili esistenti.

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PAESAGGIO E ARCHITETTURA RURALE Un nuovo punto di vista

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Ai giorni nostri, quando ci si sposta da un punto a un altro, l’unica cosa che conta è raggiungere la meta, possibilmente in fretta, in orario e senza intoppi. Ci muoviamo velocemente, lasciando che il paesaggio e tutto il mondo esterno al nostro scorra fuori dal finestrino, indifferente. Sempre più di rado ci si sofferma ad ammirare e apprezzare ciò che si trova lungo il cammino. La pedana panoramica si inserisce nel paesaggio offrendo ai visitatori un nuovo punto di vista, invitandoli a osservare ciò che li circonda con nuovi occhi (ri)scoprendo così il territorio. La meta finale passa in secondo piano: l’obiettivo è quello di spostare l’attenzione su ciò che il percorso ha da offrire, e non sulla destinazione.

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GASTRONOMIA Una piattaforma per...conoscere, gustare, rilassarsi

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Questo tipo operazione consiste nella trasformazione degli spazi aperti adiacenti alle aree dismesse, oppure dei manufatti stessi, in attesa di un progetto di recupero da parte delle amministrazioni locali o dei proprietari. Si tratta di progettare l’attesa. L’intervento sarà minimo e leggero e consentirà ai visitatori di godere dello spazio aperto e della natura in forme differenti.

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ARTE E ARTIGIANATO Divertirsi costruendo e giocando con la natura

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Si tratta della riappropriazione degli spazi aperti tramite l’inserimento di funzioni a costo 0, eventi o altro che permettano al visitatore di vivere esperienze sempre diverse. Costruire con la natura, perdersi in un labirinto, rincorrere un aquilone, arrampicarsi tra gli alberi: sono infinite le attività che si possono svolgere all’aria aperta. L’intervento crea un’occasione, un’eccezione che porti le persone a riavvicinarsi alla natura e al territorio.

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MUSICA E LETTERATURA Suonare, leggere, imparare, ascoltare...all’aria aperta!

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Con questa definizione si vogliono indicare gli interventi sul verde quali rimboschimento, piantumazione di nuovi alberi, inserimento di colture alternative. In questo caso l’intervento riguarda l’area adiacente all’ex Ferriera, enorme complesso abbandonato, e gli spazi aperti all’interno dell’area stessa. L’idea è quella di chiudere al traffico veicolare parte di Via Gaeta in quanto è già presente una strada a doppio senso di marcia dall’altro lato del Canale. L’area tra il Canale e la ex Ferriera verrà inclusa nel progetto di parco lineare e adibita a pista ciclabile attrezzata. Gli spazi interni al complesso, già quasi completamente riconquistati dalla natura, verranno trasformati in un parco urbano al cui interno sarà possibile organizzare concerti, eventi letterari e molto altro.

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Pavimentazione in terra stabilizzata Tra gli interventi prioritari vi è la messa in sicurezza del percorso ciclabile e la regolamentazione delle pavimentazioni. Nel caso di fondo in terra battuta o ghiaia, la terra verrà stabilizzata mediante la posa in opera di un sistema stabilizzante in polvere miscelato con legante idraulico, acqua e misto granulare di cava. La lavorazione dovrà conferire alla pavimentazione realizzata caratteristiche di portanza, resistenza all’usura, e avere inoltre carattere di irreversibilità. Il primo strato della sezione, di spessore pari a 10 cm, è costituito da terra stabilizzata e ha una pendenza del 2% per consentire il deflusso delle acque meteoriche. Il sottofondo si divide in due strati: quello superiore in sabbione e quello inferiore in sabbia mista a ghiaia di 30 cm di spessore. La terra stabilizzata e il primo strato di sottofondo sono contenuti da un cassero a perdere in legno.

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UN’IPOTESI DI GESTIONE Attualmente, la gestione del canale Vacchelli è affidata al Consorzio Irrigazioni Cremonesi, ente morale senza scopo di lucro. Questo si occupa di ogni voce possa ricomprendersi sotto il termine manutenzione ordinaria e straodinaria, ovvero: - sfalcio delle erbe acquatiche e delle sponde per 3/4 volte all’anno - mantenimento della sezione con ripresa delle frane di sponda - disotturazione dei sifoni che sottopassano il canale - rimozione dei rifiuti galleggianti che si fermano soprattutto all’ingresso di questi sifoni. Questa rimozione è fatta con la collaborazione dei Comuni, trattandosi di Rifiuti Solidi Urbani, il cui smaltimento è obbligo esclusivo di questi enti locali. - manutenzione del verde Il Consorzio spende annualmente circa 10’000 euro a km per la manutenzione dei canali pertanto, nel caso del Vacchelli, la cifra ammonta a circa 350’000 euro. La manutenzione della pista ciclabile e la sua sicurezza sono compito specificatamente attribuito alla Provincia di Cremona. Il piano dei percorsi ciclabili della Provincia si limita a descrivere il tracciato senza indicare nessun tipo di prescrizione per interventi di manutenzione o progetti futuri. Lo stesso Consorzio lamenta che la Provincia non si è mai occupata della questione se non in maniera molto parziale.

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I Comuni attraversati dal canale Vacchelli non giocano alcun ruolo nella gestione dello stesso e della pista ciclabile. I Comuni fondatori e proprietari del CIC hanno come unico impegno l’indicazione di un rappresentante in Assemblea, che si rinnova ogni cinque anni36. Risulta necessario un diverso tipo di gestione che non affidi ogni responsabilità a un unico ente. Potrebbero essere coinvolte le amministrazioni locali ed enti parco come il Parco dell’Oglio, del Serio e dell’Adda Sud. La gestione del Parco del fiume Tormo e del Parco agricolo del Moso, ad esempio, è già affidata ai Comuni sui quali insistono. Il lavoro congiunto di amministrazioni locali, enti sovracomunali e dei proprietari, pubblici o privati, delle aree dismesse potrebbe portare a una gestione ottimale del progetto. Tuttavia le decisioni non possono essere prese da ogni ente singolarmente, ma devono rispondere a una strategia condivisa ed essere guidate dagli enti principali, in questo caso il Consorzio Irrigazioni Cremonesi e la Provincia di Cremona. È necessario integrare e mettere a sistema conoscenze, capacità e disponibilità economiche perseguendo un obiettivo comune.

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CONCLUSIONI Riempire i “vuoti” urbani risulta essere la principale trasformazione prevista dalle amministrazioni locali. È necessario però un cambio di direzione verso una visione che non veda nella costruzione ex novo di edifici residenziali l’unica forma di sviluppo possibile. Dare precedenza al recupero del patrimonio edilizio dismesso porterebbe a una riduzione del consumo di suolo e all’avvio di progressivi processi di qualificazione del contesto urbano in cui questi manufatti sono inseriti. Il progetto di tesi propone una rigenerazione che parta invece dal disegno degli spazi aperti, incoraggiando la scoperta e l’apprezzamento dell’ambiente naturale. Fare esperienza del territorio diventa un modo per conoscerlo, per ridare un’identità a degli spazi che diventano così luoghi. Il percorso lineare si pone come l’occasione per connettere realtà differenti e ricreare quei legami invisibili che ci permettono di cogliere la bellezza nell’ordinario. Piccole aree abbandonate, un canale irriguo, spazi aperti dimenticati e un paesaggio rurale sempre più banalizzato sono gli ingredienti per un progetto che vuole porre l’attenzione sulla piccola scala, su luoghi dimenticati. Contesti solitamente considerati poco degni di nota possono essere portatori di valori e di cultura, teatro di cambiamenti che rispondano all’obiettivo di preservare e valorizzare lo spazio aperto e il territorio in un’ottica di bene comune. Al progettista consapevole spetta il compito di catturare e raccontare una storia, di immaginare e proporre scenari disvelando la bellezza del paesaggio.

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NOTE Capitolo 1. 1 – 2 – 3. Legge Regionale 12/2005, territorio.regione.lombardia.it 4 – 5. Legge Regionale 31/2014, territorio.regione.lombardia.it 6-7. Piano Territoriale Regionale, territorio.regione.lombardia.it 8. Censimento aree dismesse, territorio.regione.lombardia.it 9. Informazioni fornite da Matteo Masini, D G Territorio, urbanistica, difesa del suolo e Città metropolitana 10 – 11. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, provincia.cremona.it 12. provincia.cremona.it 13 – 14. PGT Terre dei Navigli, pgt.regione.lombardia.it 15-16. PGT Spino d’Adda, comune.spinodadda.gov.it 17-18. PGT Crema, comune.crema.cr.it

Capitolo 2. 19. wikipedia.it 20. G. ANDREA, V. ZANABONI, Il territorio Cremasco come patrimonio: linee per un progetto urbanistico

di valorizzazione, 2009 21. provincia.cremona.it

Capitolo 3. 22. G.ALBINI, Le acque nel territorio Cremasco: il Medioevo in Le acque cremasche: conoscenza, uso e

gestione, Tipolito Uggè, Crema, 2000 23. P. e L. FEROLDI CADEO, Il lago Gerundo: antico lago di Lombardia, Centro studi e arti grafiche, Bornato, 1980 24. CENTRO CULTURALE S.AGOSTINO, Il Lino e la civiltà contadina, Arsenale Cooperativa, Crema, 1978 25. R. AIROLDI, A.SPREAFICO, La terra dei mulini in Le acque cremasche: conoscenza, uso e gestione,

Crema, Tipolito Uggè, 2000

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26. G. ANDREA, V. ZANABONI, Il territorio Cremasco come patrimonio: linee per un progetto urbanistico

di valorizzazione, 2009 27. G. ANDREA, V. ZANABONI, Il territorio Cremasco come patrimonio: linee per un progetto urbanistico

di valorizzazione, 2009 28. V. FERRARI, E. UBERTI, I fontanili del territorio cremasco, Crema, Donarini e Locatelli, 1979 29. parcodeltormo.it 30. V. FERRARI, Corsi d’acqua irrigui e vegetazione in Le acque cremasche: conoscenza, uso e gestione, Tipolito Uggè, Crema, 2000 31. wikipedia.it

Capitolo 4. 32. V. FERRARI, B. LOFFI, G. ZUCCHELLI, Il canale Vacchelli, Crema, Il Nuovo Torrazzo, 1992

Capitolo 5. 33. M.G.MARINO, Introduzione in In walk about city 2.0, LetteraVentidue, Siracusa, 2012 34. M. NAVARRA, In walkabout city 2.0, Siracusa, LetteraVentidue, 2012 35. M. DE SOLA MORALES, La linea in In walk about city 2.0, LetteraVentidue, Siracusa, 2012

Capitolo 6. 36. Informazioni fornite da Stefano Loffi, direttore del Consorzio Irrigazioni Cremonesi

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INDICE DELLE IMMAGINI Pag. 6 – Foto da sopralluogo

Pag. 124 – Foto da sopralluogo

Pag. 14 – News.unipv.it

Pag. 126 – Foto da sopralluogo

Pag. 24 – Foto da sopralluogo

Pag. 128 – Foto da sopralluogo

Pag. 27 – Estratto PTdA Crema e Cremasco

Pag. 130 – Foto da sopralluogo

Pag. 60 – Parks.it

Pag. 132 – Foto da sopralluogo

Pag. 64 – 7giorni.it

Pag. 134 – Foto da sopralluogo

Pag. 72 – Foto da sopralluogo

Pag. 156 – Foto da sopralluogo

Pag. 79 – Foto da sopralluogo

Pag. 168 – Freepik.it

Pag. 80 – Foto da sopralluogo

Pag. 176 – Dailystorm.it

Pag. 85 – Foto da sopralluogo

Pag. 177 – Raumlabor.net

Pag. 88 – Comunespinodadda.gov.it

Pag. 178 – Spaziotorino.it

Pag. 89 – Foto da sopralluogo

Pag. 179 – Humuspark.it

Pag. 90 – Cremaoggi.it

Pag. 180 – Spaziotorino.it

Pag. 91 – Foto da sopralluogo Pag. 92 – Comunecremosano.cr.it Pag. 95 – Addamiele.it Pag. 97 – Foto da sopralluogo Pag. 98 – Foto da sopralluogo Pag. 100 – Foto da sopralluogo Pag. 103 – Laprovincia.it; identitagolose.it Pag. 106 – Foto di Andrea Rivellini Pag. 111 – V. FERRARI, B. LOFFI, G. ZUCCHELLI, Il canale Vacchelli, Crema, Il Nuovo Torrazzo, 1992 Pag. 118 – Foto da sopralluogo Pag. 120 – Foto da sopralluogo Pag. 122 – Foto da sopralluogo Pag. 124 – Foto da sopralluogo 174


BIBLIOGRAFIA P. e L. FEROLDI CADEO, Il lago Gerundo: antico lago di Lombardia, Bornato, Centro studi e arti grafiche, 1980 V. FERRARI, B. LOFFI, G. ZUCCHELLI, Il canale Vacchelli, Crema, Il Nuovo Torrazzo, 1992 V. FERRARI, E. UBERTI, I fontanili del territorio cremasco, Crema, Donarini e Locatelli, 1979 C. PIASTRELLA, L.RONCAI, Le acque cremasche: conoscenza, uso e gestione, Crema, Tipolito Uggè, 2000 G. CORNA-PELLEGRINI, Il cremasco, Milano, Giuffre, 1967. M. NAVARRA, In walkabout city 2.0, Siracusa, LetteraVentidue, 2012 I.CORTESI, Il progetto del vuoto: public space in motion, Firenze, Alinea, 2004 B. SECCHI, Prima lezione di urbanistica, Roma, Laterza, 2007 D.PANDAKOVIC, A.DEL SASSO, Saper vedere il paesaggio, Novara, Città Studi, 2013

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parcodeltormo.it

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omune.fiesco.cr.it

wikipedia.it

comune.crema.cr.it

cumignano.gov.it

pgt.regione.lombardia.it

comune.palazzopignano.cr.it

comune.genivolta.gov.it

comune.montecremasco.cr.it

comune.trigolo.cr.it 175


STUDIO NOWA, Parco lineare, Caltagirone, 1999

UN PERCORSO LINEARE PER DISVELARE IL PAESAGGIO

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RAUM LABOR, Good Spaces, Esslingen am Neckar, Germania, 2016

LA DIMENSIONE DELL’ESPERIENZA

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Waiting for the future, Torino, 2012

RIGENERAZIONE LEGGERA

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Humus Park, Pordenone, 2016

RICREARE CONTATTO CON LA NATURA

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Jean Pierre Buffi, Parco Dora, Torino, 2011

RICONOSCERE UN VALORE NELLE PREESISTENZE

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Ringrazio mio fratello e i miei genitori per avermi supportato (e sopportato!) durante questi cinque anni e avermi dato la possibilita’ di seguire le mie passioni. Ringrazio la mia famiglia, che sento sempre vicina nonostante la lontananza. Un grazie speciale va a Tommy, ai miei amici, e alle persone straordinarie con cui ho condiviso questo percorso. E infine, ma non per importanza, desidero ringraziare il professor Pileri e l’architetto Moscarelli per i preziosi consigli, l’impegno e la passione con la quale mi hanno seguito in questi mesi.

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