LAND\SLIDE

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LAND\ SLIDE \ \ Spazi Fotografici


Nel 2015 il magazine Concretamente Sassuolo mi ha dato l?oppor tunitĂ di iniziare un confronto sui luoghi, ar gomento che fin dal pr incipio ha car atter izzato i miei scr itti, romanzi, r acconti e poesie. L?ho sfr uttata inter vistando per due anni chi attr aver so lo str umento fotogr afico tentava di r ispondere a domande sostanziali sugli spazi in cui viviamo e ver so i quali, con coscienza e sguardo nuovi, indir izziamo sempre piĂš frequentemente l?attenzione. LAND\SLIDE mette insieme le r icerche e le passioni di fotogr afi dei luoghi che nel campo delle immagini sviluppano progetti, incontr i, stor ie.

Giovanni Fantasia

Le immagini appar tengono agli Autor i e col consenso degli Autor i sono state pubblicate. I testi qui r accolti sono quelli or iginali. LAND\SLIDE è stato ideato e cur ato da Giovanni Fantasia. Tutti i dir itti delle inter viste sono r iser vati.

www.giovannifantasia.blogspot.com www.giovannifantasia.it

Ottobre 2019


LAND\ SLIDE 1 \ \ PIETRO MILLENOTTI Ar gomentando i suoi lavor i, Pietro Millenotti sceglie un ter mine che sembr a inoppugnabile: documentazione. L?etimo in realtà lo rende meno monolitico: sta per informare, far sapere ossia comunicare ad altr i ciò che si è scoper to e conosciuto; nel nostro caso ? gr azie all?atto fotogr afico ? ciò che si è esplor ato. E se esplor are, scomodando ancor a l?etimo, significa cercare di scoprire ma anche scorrere, ecco che i percor si cattur ati dalle macchine di Pietro (la macchina fotogr afica e l?automobile) r ispettano la for ma di una lunga esplor azione, che talvolta prende cor po per migliaia di chilometr i seguendo il filo di una cer ta str ada o della costa, tagliando luoghi spesso sur reali e sopr attutto (quest?ultimo punto definisce la qualità indiscutibile dell?esplor azione) lasciandosi sor prendere da quello che il paesaggio attr aver sato por ta a galla. Emer gono allor a i fr ammenti poetici, assurdi, perduti del nostro scenar io, le scr itte, le insegne, le decor azioni, la diffusa e tr asver sale «por nificazione» del paesaggio di cui tutti siamo quotidianamente testimoni. Eppure emer ge anche un?atmosfer a delicata, che assume le luci velate del sogno e ci lascia interdetti e sor presi: for se è la stessa sor presa che coglie chi esplor a, chi inquadr a un istante inatteso perciò necessar io.

Pietro, vorrei che mi parlassi innanzitutto della tua fascinazione per le coste perché tocca due versanti estremamente interessanti: da un lato un territorio multiforme da esplorare e decifrare in movimento su un percorso definito, dall?altro un viaggio ai bordi e la continua sensazione di un confine. In ?Adriatica?, finalista a Portfolio Italia nel 2011, viaggi per mille chilometri: che tipo di esperienza è in termini fotografici e personali? I motivi pr incipali li hai sintetizzati tu nella domanda. Da una par te la costa offre un percor so obbligato al mio lavoro di documentazione (approccio che ho adottato fin dal mio pr imo progetto sul Po ?Impronte sull?acqua?), dall?altr a mi per mette di documentare luoghi diver si tr a loro ma accomunati dalla presenza del mare. Cinque anni fa ho iniziato un lavoro a lungo ter mine sulle coste italiane ed europee con l?intento di realizzare singoli capitoli destinati poi a confluire in un unico gr ande progetto. ?Adr iatica? r appresenta una tappa di questo percor so: una str ada di 1000 km che attr aver sa il nostro paese da nord a sud, un?occasione per conoscerlo e cercare di r accontarlo. Str ada facendo ha preso cor po l?idea di r affigur are questo minimo comun denominatore, il mare appunto, non in manier a esplicita ma attr aver so elementi cromatici e visivi che ne lasciassero immaginare la vicinanza, non r inunciando a una cer ta ironia di matr ice italiana, per così dire.

In ?Porno Stations? più che il viaggio c?è la sosta, lo scenario delle aree di servizio in un frammento della notte. E nella notte, in zone franche del paesaggio, inquadri il simbolo di un forte cambiamento: il distributore automatico di materiale pornografico. Com?è nato questo progetto e quali riflessioni ti ha portato a sviluppare?

Pietro Millenotti, "Impronte sull'acqua"

Qualche anno fa ho iniziato a notare i distr ibutor i automatici di mater iale por nogr afico in alcune aree di ser vizio della mia zona e la cosa mi ha subito incur iosito. Una presenza incongr ua ? ho pensato ? in un momento in cui l?accesso alla por nogr afia è estremamente facilitato. Tuttavia mi sono appassionato al progetto solo successivamente, una volta intuite le potenzialità del soggetto. Mi interessava il fatto che potesse r acchiudere al suo inter no più ar gomenti di r iflessione. Non solo la constatazione di una crescente por nificazione della società moder na ma anche un?idea di consumismo par agonabile a quella dei beni pr imar i; in più una for ma di sessismo ancor a for te e manifesta, concentr ata su figure unicamente femminili su ogni singolo distr ibutore. Infine la percezione di una tr asfor mazione degli spazi del quotidiano in non- luoghi, come stazioni di ser vizio, autolavaggi e bar, e sopr attutto una sensazione di solitudine dell?uomo amplificata dall?oscur ità.

Nel 2010, insieme ad altri nove fotografi, hai fondato il collettivo ?10x10? e lo scorso giugno, a Gonzaga nel mantovano, si è tenuto ?Sostare?, il primo festival di fotografia contemporanea organizzato dal collettivo. Sarà un appuntamento fisso d?ora in avanti? E come si fa a costruire un festival? Attraverso quali canali e sensibilità si selezionano i fotografi che poi saranno in mostra? L?idea, fin dall?inizio, er a quella di creare un evento che potesse crescere e tr asfor mar si di anno in anno. Dopo diver se mostre per sonali di membr i del collettivo abbiamo sentito la necessità di dare spazio ad altr i autor i. L?assidua frequentazione di festival italiani ed europei, negli ultimi anni, è stata fondamentale per il concepimento di questo festival; le amicizie instaur ate in quelle

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occasioni si sono r ivelate utili per coinvolgere autor i e relator i. In funzione di una consapevolezza comune, il non voler puntare su nomi di r ichiamo bensì su giovani autor i emer genti. Una volta deciso il tema del festival la selezione dei progetti è avvenuta di conseguenza, in base alla qualità dei lavor i e alla loro attinenza. È stata un?esper ienza molto positiva sia dal punto di vista umano che dei r isultati.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Una foto di mio padre scattata in montagna dur ante una nostr a vacanza estiva, in cui compaiono semplicemente un pr ato in salita, due pini affiancati e una nuvola sospesa nell?azzur ro del cielo. Può sembr are un?immagine molto banale, in realtà contiene un equilibr io for male e di color i, una leggerezza che cattur ano e restituiscono l?ar monia di quei luoghi. Ovviamente è appesa nel mio appar tamento.

Da visitare: www.pietromillenotti.com www.diecixdieci.it

Pietro Millenotti, "Adriatica"

Mauro Millenotti, tuo padre, è un apprezzato fotografo di architettura e paesaggio: c?è un suo consiglio o un insegnamento che senti di aver fatto tuo? L?aver mi fatto capire quanto sia impor tante, per poter crescere come fotogr afo, conoscere e studiare il lavoro dei gr andi autor i del passato e del presente.

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Pietro Millenotti, "Porno Stations"


LAND\ SLIDE 2 \ \ FULVIO BORTOLOZZO \ WE DO THE REST Fulvio Bor tolozzo tiene cor si e seminar i fotogr afici, insegna all?Istituto Europeo di Design di Tor ino, è promotore di progetti collettivi sul paesaggio nelle sue diver se for me e la sua spinta propulsiva muove ver so una cultur a dell?immagine contempor anea, in divenire per costituzione. Transizione e cambiamento sono i ter mini che trovo congeniali ai suoi lavor i di fotogr afo: nella Tor ino nottur na di ?Olimpia? e di ?Spina Centr ale? li si r icollega al soggetto (la tr asfor mazione di punti nevr algici della città per i Giochi inver nali del 2006, il nuovo imponente r iassetto viar io) mentre in ?Scene di passaggio? li r ispecchia l?intenzione di r iunire luoghi e tempi eterogenei per indur re in chi r iceve l?esper ienza fotogr afica una «discontinuità percettiva». Poi c?è il cambiamento che dà inizio al gr uppo Facebook ?We do the rest?, una str aordinar ia piattafor ma di confronto quotidiano sul paesaggio ? o meglio sulla «fotogr afia nei luoghi» ? un innesco per pubblicazioni, mostre, ulter ior i confronti; uno spazio comune compiuto che nel cambiamento confida per r igener ar si. Fulvio Bortolozzo, "Scene di passaggio (Soap Opera)"

Fulvio, vorrei che tracciassi un bilancio di ?We do the rest?: come si passa dall?ambito social (inauguri il gruppo su Facebook nel 2013) a ?Questo paese?? dalle fotografie di 700 iscritti al gruppo alla selezione di 25 autori per una mostra e un libro on- demand?

In un corsivo su ?Fotocrazia? Michele Smargiassi racconta il percorso di ?We do the rest? e riporta un concetto, una tua considerazione, sull?importanza di passare «dalla fotografia dei luoghi alla fotografia nei luoghi»: a cosa ti riferisci per esteso?

Il bilancio è positivo. Gr azie al flusso di immagini e parole all?inter no di ?We do the rest? posso apprezzare gior no per gior no lo sviluppar si delle singole linee di pensiero dei par tecipanti attivi. Quando nella pr imaver a del 2014 diedi avvio al progetto editor iale di ?Questo Paese? r isposero al mio appello una settantina di resters e tr a di essi scelsi alla fine i 25 da pubblicare. Quelli che ? a mio avviso ? stavano por tando avanti le ser ie più coerenti e convincenti.

Al fatto che il luogo è necessar iamente il ter reno d?azione della procedur a fotogr afica, ma non per questo ne deve essere il soggetto, lo scopo ultimo per il quale si prende una fotogr afia. Se così fosse il gesto del fotogr afare resterebbe pur amente utilitar istico e funzionale ad una volontà di r appresentazione, mentre può essere invece pienamente libero in se stesso. Il r isultato in quest?ultimo caso è un?immagine presa in un dato luogo e tempo nel quale si manifestano dei fenomeni visivi r itenuti interessanti e dei quali si vuole tr attenere una tr accia durevole. Il dove e il quando sono del tutto secondar i e contingenti.

Nel testo di presentazione di ?Questo paese? scrivi di fotografi impegnati ad osservare il «quotidiano, i loro luoghi di residenza o frequentazione abituale»: la ricognizione del proprio territorio è quindi un punto di partenza necessario? Per il progetto che avevo in mente sì. Desider avo r accogliere osser vazioni insistenti e r ipetute svolte nel quotidiano. Tr asfer ire l?attenzione dall?azione del fotogr afo che ar r iva in luoghi non abituali e for nisce una sua inter pretazione visiva a coloro i quali non cercano l?altrove bensì il consueto, per meglio comprenderlo o almeno provarci ostinatamente, vivendolo gior no per gior no. Un ?viaggio in Italia? fatto di tanti viaggi ?a chilometr i zero?, potremmo dire.

A progetti personali e commissioni affianchi il ruolo di docente all?Istituto Europeo di Design di Torino, un?occasione ? anche ? per rapportarsi con chi osserverà le città, il paesaggio, i luoghi appunto, nei prossimi anni. Come si realizza un buon progetto? In quali dosi miscelare tradizione e innovazione? Penso che la tr adizione sia un gr ande albero sul quale far crescere i nuovi r ami. L?innovazione ha senso solo r ispetto a qualcosa di già esistito o ancor a esistente. Per questo motivo cerco di far nascere negli allievi la consapevolezza di far par te di una tr adizione inter nazionale che ha dato nel tempo impor tanti r isultati, dai quali è fondamentale par tire per avviare il propr io

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percor so. Ripetere scolasticamente procedure e r isultati stor icizzati può essere interessante per la didattica ma non è cer to la migliore via per andare oltre. L?allievo dovr à quindi impar are a r iconoscere nel tempo il contr ibuto specifico che può por tare e svilupparlo fino a renderlo pienamente autonomo, r iconoscibile ed apprezzabile. A quel punto un nuovo r amo sar à finalmente divenuto vivo e vitale.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Si tr atta di una fotogr afia che presi sulla piazza pr incipale di Palmanova nel 2008, dove si vede un allestimento provvisor io di giostre in un momento del gior no in cui non lavor avano. Quest?immagine è stata anche scelta da Agostino Cor nali, un giovane poeta italiano, per la coper tina del suo pr imo libro. È un?immagine che contiene molto di quello che sento di voler realizzare con il mio approccio al fotogr afico.

Da visitare: www.fulviobor tolozzo.it www.questopaese.blogspot.it www.facebook.com/groups/wedotherest

Fulvio Bortolozzo, "Trapani intorno"

Fulvio Bortolozzo, "Olimpia"

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LAND\ SLIDE 3 \ \ FILIPPO MINELLI \ PADANIA CLASSICS «The landscape speaks for itself», scr ive l?ar tista bresciano Filippo Minelli. Il paesaggio testimonia le sue str atificazioni r umorose, le sue contaminazioni tr asver sali, o prende for ma nel momento del silenzio, nel suo stadio natur ale. L?inter vento del fotogr afo può essere invisibile o sfociare nel paesaggio per aggiunger vi un?idea, un?impressione, una presenza. Più cor rettamente per amplificar ne il suono. Nel caso dell?Atlante dei Classici Padani, «catalogo r agionato» e «ossessivo» sulla cosiddetta ?Macroregione? padana, i suoni diventano voci sarcastiche, r ichiami di fotogr afi a progetto e spudor ati osser vator i del paesaggio che guidati da Minelli in un compendio str ar ipante di br uttezze e bizzar r ie non definiscono soltanto un ter r itor io ma un reale «stato d?animo». Oltre alla piacevole boutade promozionale (valutate attentamente il sito visitpadania.com) c?è la for za di una documentazione che qualifica l?Atlante come «landscape research project». Progetto da cui scatur iscono una vigilanza cor ale, un atto di coscienza sul paesaggio quotidiano, una denuncia fotogr afica di massima impor tanza; che str ide, produce r umore visivo e magar i r isveglia dal pessimo sogno padano.

Filippo, la tua attività artistica è straordinariamente densa e significativa (rimando al tuo sito per una visione d?insieme); a partire dal 2006 prediligi la fotografia perché «non pretende» ? hai detto in passato ? perché è uno strumento «gentile». Tuttavia nei tuoi lavori fotografici c?è spesso un «intervento contestualizzato», come lo definisce Vittorio Sgarbi. In Shapes intervieni sul luogo prescelto innescando un fumogeno. Che cosa rappresenta quella nuvola di fumo colorato? E come interagisce col paesaggio che decidi di ritrarre e interpretare? Politica e paesaggio mi hanno sempre interessato: l?estetica applicata alla politica e la tipologia di utilizzo del paesaggio, nello specifico. Sfr utto da anni la fotogr afia per documentare i miei inter venti in spazi pubblici o natur ali: con i fumogeni (2009 ? 2015) cerco di r appresentare il silenzio come for ma fisica. Par tecipando a manifestazioni politiche o guardandone i video, ho notato che quando il fumo dei lacr imogeni o dei fumogeni ar r ivava in gr ande quantità si innescava il silenzio, in massima par te per l?oggettiva difficoltà a respir are; osser vando la scena da fuor i sembr ava in effetti che il fumo stesso fosse il silenzio, e che fosse capace di inghiottire tutto. Da lì ho cercato luoghi che potessero comunicare questa mia suggestione anche ad altre per sone, e ho scelto di farlo attr aver so paesaggi bucolici che r imandassero all?idea di bellezza tipica del romanticismo.

L?Atlante dei Classici Padani, stampato anche per mezzo del crowdfunding nel luglio 2015, contiene cinque anni di lavoro: inizi nel 2010 e nel 2015 ecco una comunità di fotografi più o meno cólti capaci però di mappare il disastro visivo imperante che ammorba la «macroregione» padana e captare ? lo si dice nel volume ? «uno

Filippo Minelli, "Bold Statements"

stato d?animo». Qual è il valore, specie in termini partecipativi, del tuo/ vostro atlante? Padania Classics, confluito poi nell?Atlante dei Classici Padani, è stato un progetto par tecipativo fin dall?inizio gr azie alla scelta di comunicarlo attr aver so i social network, poi con la concettualizzazione di un linguaggio str ano (r ipreso per altro dagli utenti) che sottolinea l?assurdità del paesaggio, e infine col crowdfunding. Il valore di questa par tecipazione è immenso perché fa sì che il progetto non resti solo un esercizio intellettuale ma r iesca a creare una consapevolezza tangibile nelle per sone, fino ad attivarle come ambasciator i del fastidio per il disastro.

Scrivendo dell?Atlante su La Stampa, Marco Belpoliti cita un dato impressionante: 1141 centri commerciali diffusi sul territorio della macroregione a fronte di 1007 asili nido. L?architetto e urbanista Stefano Boeri li definisce «scatole fameliche» e racconta come il primo centro commerciale integrato italiano, un «modesto capannone di 6000 mq in uscita da Milano» sorto alla fine degli anni Ottanta, sia diventato in due decadi un «pezzo di archeologia». Concetto che illustri nel tuo fantomatico tour Monumental Her itage su visitpadania.com. Credi che in un certo modo stiamo già vivendo, a livello territoriale, una specie di passato? Il plinto è già la nostra colonna greca? Sicur amente. Viviamo in un momento in cui il passato prossimo è già remoto, propr io perché il futuro immaginato a par tire dagli anni Settanta er a a breve ter mine. Questo aspetto archeologico, più che Padania Classics, lo testimonia Incompiuto Siciliano di

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Alterazioni Video perché si occupa per l?appunto di rovine intese come edifici mai finiti. In Padania, in ogni caso, abbiamo a disposizione una ser ie di esempi architettonici completamente anacronistici, manufatti che pur avendo meno di vent?anni offrono la stessa assurda suggestione.

Su visitpadania.com viene proposto anche uno Students Tour : un?ottima lezione visiva per mostrare alle generazioni correnti la portata dello scempio architettonico di cui saranno eredi. Eppure qualcuno ? vedi l?ex sindaco di Adro, Oscar Lancini, che ha liquidato l?Atlante come «scadente» ? non solo non sembra voler accettare lezioni ma stenta persino a capire di cosa si tratti, come se una tale mutazione del paesaggio fosse quasi fisiologica. Servirebbe davvero uno Students Tour , non credi? Lancini non è il solo a soffr ire di una sindrome di Stoccolma che lo por ta a giustificare qualsiasi cosa succeda in questa fetta di ter r a in cui è costretto a stare per mantenere la propr ia identità, r icordo almeno un?altr a per sona che r ispetto all?immagine di coper tina dell?Atlante ha fatto notare come i busti multicolor i in vendita fossero sì br utti ma non opere d?ar te; come se opere ar tistiche br utte fossero un problema e non lo fossero invece assurdità promozionali di quel tipo, in quanto gener ano r icchezza. Tr a l?altro quello scorcio a me comunica allegr ia, in qualche modo, non capisco perché lo reputino br utto. Riguardo ai tour collettivi: stiamo temporeggiando ma solo per essere cer ti di quel che facciamo; in tempi relativamente stretti par tir à il pr imo.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Scegliendo dall?Atlante, sicur amente una foto scattata a Rovato, fuor i Brescia: è un lar go lotto par zialmente edificato r icoper to di vetr i rotti, con una piccola guardiola al centro e una palma tropicale che si staglia sul meno tropicale cielo gr igio; si trova fr a la statale e una zona residenziale/produttiva. Sembr a sia scoppiata l?atomica in quel posto, invece a scoppiare è stato soltanto il sogno padano, quando gli investimenti sono andati altrove. Eppure siamo stati talmente distr atti da far sì che a livello paesaggistico, tr a l?atomica e lo stop ai lavor i, non ci sia ad oggi nessuna differenza.

Da visitare: www.filippominelli.com www.padaniaclassics.com

"Padania Classics"

Filippo Minelli, "Silence - Shapes"

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LAND\ SLIDE 4 \ \ ROBERTO APA Ho conosciuto Rober to Apa alla mostr a reggiana del suo ?Condomìni? agli inizi del 2015, e il r appor to tr a le sue fotogr afie e lo spir ito con cui le r accontava mi ha davvero incur iosito. Perché dal suo lavoro r igoroso, dettagliato, descr ittivo di un passato architettonico del tutto peculiare, r icaviamo un?impressione quasi cinematogr afica, bizzar r a e diver tita. Osser viamo il pianerottolo aspettando che una por ta prenda vita, che qualcuno ir rompa nell?inquadr atur a r isalendo dalle scale o che un innaffiatoio spunti all?improvviso per la cur a gior nalier a delle piante. La visione r igorosa incontr a quindi la finzione, la fotogr afia di scena, e il documento non r inuncia all?ironia. La for ma fa capo a un?idea molto chiar a: r itr ar re ter r itor i cuscinetto sempre in bilico tr a pubblico e pr ivato, spazi che Rober to definisce «liminali» e che nobilita attr aver so suggestioni per sonali senza sovr accar icar ne la natur a, mantenendo l?equilibr io tr a la for za del dettaglio e ciò che resta immaginabile e leggero. In aggiunta tocca un punto non scontato: r iscopr ire un?evidenza che ci sfugge di continuo per estrema vicinanza.

Roberto, il tuo progetto ?Condomìni? si concentra su un passaggio che per molti è quotidiano: l?androne, il pianerottolo, l?inizio di una scala sono spazi marginali e di servizio; nel contempo sono il primo spazio pubblico al di fuori del privato. Come hai impostato il lavoro e quali storie e suggestioni ha messo in circolo? Gli spazi condominiali hanno cattur ato la mia attenzione perché si presentavano appunto come luoghi di confine tr a la dimensione dell?intimità domestica e quella della condivisione sociale; ho voluto immaginarli come uno scenar io vir tuale di stor ie, induttore ? per così dire ? di sensazioni e consider azioni sullo spazio abitato, le per sone, la società. Una sor ta di contenitore vuoto da poter r iempire con la mia idea di fotogr afia. Ho cercato di sugger ire le sfumature e le ambiguità degli stati d?animo che provavo all?inter no di quegli ambienti, utilizzando come str umenti tecnici la luce, il colore e il for te impatto visivo del gr ande for mato.

Progetti personali e commissioni ? lavori nell?ambito pubblicitario e della fotografia d?arte in particolare ? ti portano a scattare in modo molto rigoroso, spesso a banco ottico. Che rapporto hai invece coi dispositivi veloci e tascabili, smartphone e piccola fotocamera? Mi viene in mente ad esempio Francesco Jodice, capace di alternare una visione rigorosa e ad altissima qualità a una più spiccia e dinamica, come in ?The secret traces?. Credo nella validità e necessità di entr ambi gli approcci. Ciò che conta è la coerenza col progetto, l?adeguatezza di un dato str umento r ispetto allo scopo che un lavoro, o un cor pus di lavor i, si propone. Non amo vivere sempre con l?occhio nel

Roberto Apa, "Tropicool"

mir ino ma uso spesso, come tutti, cellulare e fotocamere por tatili, perciò non escludo a pr ior i di poter realizzare un lavoro attr aver so un suppor to diver so dal gr ande for mato, cosa per altro già avvenuta in passato.

In ?Tropicool? hai sviluppato un?esplorazione fotografica a quattro mani, incentrata sul riuso ? per certi versi paradossale ? di un hangar di epoca nazista nel Nord- Est della Germania. Come si gestisce, anche a livello strettamente pratico, un progetto condiviso di questo tipo? La collabor azione con un altro fotogr afo, in questo caso Gabr iele Rossi, r ichiede gr ande conoscenza e r ispetto del lavoro altr ui, e reciproca fiducia ovviamente, oltre che molta disponibilità nel valutare e mettere in discussione ogni aspetto del progetto in qualsiasi momento. È necessar io condividere gli stessi scopi e le stesse visioni e anche quando il progetto è ter minato bisogna avere le idee chiare su quello che se ne vuole fare.

Poi c?è l?esperienza di ?QD?: una corrispondenza fotografica di venti autori da venti città. La definiresti una documentazione minima del proprio territorio? Tu come l?hai vissuta? Sono stato invitato a ?QD? da Tommaso Per fetti. Avevo deciso di contr ibuire inviando una ser ie di immagini legate al tentativo di definire una sor ta di geogr afia per sonale, che avrebbe assunto un senso anche in relazione alle immagini provenienti dalle altre città interessate dal progetto; alcuni dei fotogr afi coinvolti hanno inter rotto queste loro esplor azioni e l?idea, nel mio caso, è

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r imasta incompiuta. Può dar si che tutto sommato, nel mio come in altr i casi, questo r ischio incompiutezza fosse stato immaginato in par tenza dall?ideatore del progetto, e che all?atto pr atico sia entr ato a far par te del progetto in sé.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Senza pensarci troppo mi viene in mente una foto di Luigi Ghir r i fatta a Ver sailles. In pr imo piano una facciata in prospettiva della reggia che penetr a fino al centro dell?inquadr atur a e una vista del piazzale antistante, con piccoli gr uppi di tur isti che galleggiano nel bianco della luce diffusa dalle nubi; sullo sfondo la campagna immer sa nella foschia e uno scorcio di lago. Mi impressionò molto la pr ima volta che la vidi, poiché pur essendo un?immagine documentativa, di una realtà sotto gli occhi di tutti, sembr ava finta.

Da visitare: www.rober toapa.it www.progettoqd- home.blogspot.com

Roberto Apa, da "QD"

Roberto Apa, "Condomìni"

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LAND\ SLIDE 5 \ \ ALLEGRA MARTIN Fotogr afare gli spazi compor ta, credo, una doppia lettur a di ciò che si vede: da una par te l?immediato, lo stupore, una fascinazione che ha i contor ni dell?istinto; dall?altr a una visione meditata, il r iconoscere gli str ati dell?immagine, l?idea di sedimenti successivi che r accontino la sua complessità. Così l?architettur a. Allegr a Mar tin ha studiato allo IUAV; architettur a natur almente, ma anche fotogr afia. Si lascia stupire dai luoghi che inquadr a e r acconta, dona spazio di manovr a al non previsto, scatta (anche) str ada facendo. Lungo la str ada osser viamo con cur a ogni singola cosa, palazzi, negozi, fr ammenti di vita pr ivata e comune; poi svoltiamo l?angolo e troviamo all?improvviso uno scenar io inaspettato, tanto intenso da bloccarci, popolato da per sone ed ener gie par ticolar i. Lì fotogr afiamo. Perché un luogo ? dice Allegr a r ipor tando le parole del geogr afo e docente Fr anco Far inelli ? «dipende dall?investimento emotivo di chi lo frequenta». Scopr ire chi c?è dentro, e come, diventa dunque il cuore di un?immagine. Ne amplifica il mistero e ci per mette di cercare, e scopr ire, ancor a qualcosa. Allegra Martin, "Cartoline dalla Brianza"

Allegra, trovo molto interessanti le tue considerazioni sugli spazi che fotografi. In ?Lido?paragoni la località balneare ? Lido Adriano, nel ravennate ? a un condominio diffuso: da cosa deriva questo tuo spunto, dalla conformazione dello spazio urbano? dal tipo di relazioni sociali che in quello spazio vengono a stabilirsi? ?Lido? è un lavoro commissionatomi dall?Osser vator io Fotogr afico di Ravenna per il progetto di r icerca ?Dove Viviamo?, ideato con lo scopo di costr uire un archivio visivo sulla città. Dopo un pr imo sopr alluogo ho scelto di fotogr afare a Lido Adr iano perché vi ho trovato molti stimoli, cose che attir ano la mia attenzione e suscitano cur iosità. Ho cominciato a camminare lasciandomi sor prendere dagli incontr i. Lido è un luogo dall?identità sfuggente, fr ammentata. L?identità di un luogo è data non solo dal car attere geogr afico ma anche dall?architettur a e dall?urbanistica (o dalla mancata progettazione), ed è il prodotto delle relazioni sociali che lì avvengono. Lido Adr iano è nato alla fine degli anni ?60 per essere una località balneare, ma nel cor so dei decenni alcune str utture hanno cambiato destinazione d?uso: molte discoteche, per esempio, sono oggi r iconver tite a residence. L?immigr azione ha favor ito il r ipopolamento della località, conferendole un car attere prevalentemente residenziale. Ho percor so Lido camminando lungo le siepi e le recinzioni che separ ano lo spazio pr ivato delle case dalla str ada, ho ascoltato le conver sazioni, osser vato e fotogr afato. L?impressione è stata quella di trovar mi in un condominio diffuso, dove le stor ie delle per sone si intrecciano. Apparentemente nessuno pareva accor ger si di me, ma al tempo stesso avevo l?impressione che tutti fossero a conoscenza della mia presenza. Ogni volta che guardo la fotogr afia dei tre signor i seduti in giardino sulle sedie di plastica mi tor na in mente la loro conver sazione: «? Che si

mangia staser a? Una pasta?» «No, io farei le uova, una bella fr ittata ? »

In ?On board? invece scegli un luogo mobile, una barca; «un pezzo galleggiante di spazio», citando Foucalt. Com?è nato il progetto? E quale percezione hai maturato su quel luogo- senza- luogo dopo averlo fotografato? ?On board? è nato con l?esigenza di fotogr afare gli inter ni delle navi tr aghetto: mi interessano il design e la r ipetitività degli spazi. Così ho chiesto i per messi e ho passato qualche gior no a bordo di una nave tr aghetto facendo avanti e indietro dalla costa ligure alla Sardegna e alla Cor sica, senza scendere. Mi sono diver tita molto, spesso la notte gir avo nei cor r idoi e negli spazi comuni per fotogr afare. Ho avuto la percezione di trovar mi in un luogo sospeso tr a spazio e tempo, in cui si ozia nell?attesa di ar r ivare o tor nare, e mi è tor nato alla mente Foucault. Dagli inter ni e dall?ar redo la mia attenzione si è spostata allor a ver so le per sone che vivevano in quello stato di attesa: una coppia che dor me nel ponte, tre signor i che giocano a car te?

Le tue fotografie della Brianza riconducono al paesaggio in cui passiamo, troppo spesso a malincuore, i nostri giorni; tu le chiami ?cartoline?, ribaltando la funzione originaria dell?immagine- oggetto: quale messaggio sarebbe opportuno spedire in tal senso? Il paesaggio della Br ianza mi ha r icordato la pianur a veneta: uno spazio liquido, in cui sono spar pagliati manufatti architettonici, cose e per sone, in cui tr ionfano i car atter i di r ipetitività e

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omologazione. Questo paesaggio (sprawlscape, la città diffusa) a una pr ima percezione r isulta come un unicum monotono e pr ivo di identità, fatto di capannoni declinati in infinite ver sioni, villette unifamiliar i, rotonde, monumenti, condomini e così via; ma a uno sguardo più attento e cur ioso si r ivela come il r isultato di una ser ie di layers ? str atificazioni ed elementi ? ognuno con le propr ie car atter istiche e una for te connotazione. Il ter mine cartolina l?ho usato con una doppia valenza: per rendere monumentali gli elementi del paesaggio che percor r iamo ogni gior no e dal quale siamo anestetizzati, e in secondo luogo con un?accezione ironica, come a dire che il paesaggio siamo noi e quello che produciamo: il paesaggio non è quindi il r isultato di una for za immutabile ed ester na.

Louis Kahn, uno dei più straordinari architetti del Novecento, scriveva: «La forma (di un progetto) viene da uno stato di meraviglia». Cosa ti meraviglia di un luogo, cosa ti spinge a fotografare la sua forma e i suoi abitanti o fruitori? Mi fa piacere che citi un architetto. Sebbene l?architettur a debba r ispondere a questioni più pratiche e non solo for mali (utilitas), il senso della fr ase in questione si può applicare anche alla fotogr afia. Per me fotogr afare significa metter mi nella condizione di far mi sor prendere, di poter fare un incontro. Fotogr afare è in un cer to senso come progettare un edificio, si crea uno spazio che ver r à visitato da altr i, anche se nel pr imo caso è uno spazio mentale, di proiezione. Ciò che mi mer aviglia di un luogo, sia vuoto sia progettato, sono di solito i dettagli, le per sone e come esse si muovono in quello spazio.

Allegra Martin, "Lido"

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legata? Potresti descriverla? La fotogr afia a cui sono più legata in assoluto è quella dell??uomo in sovr appeso sdr aiato sull?erba e il cane legato a un albero? (che mi sta fissando dalla parete mentre scr ivo). La foto l?ho scattata nel 2009 ai laghetti di Campogalliano, tr a Reggio Emilia e Modena. Mentre osser vavo dei r agazzi che si accingevano a fare windsur f, la mia attenzione è stata cattur ata da un uomo che prendeva il sole spalmato su un asciugamano rosa, sull?erba, con la maglietta avvolta a mo? di turbante sulla testa. Faceva caldo. Molto. A pochi metr i da lui, tr a il cor po roseo e l?acqua, vedo un cane mar rone legato a un albero. Due secondi pr ima dello scatto il cane si gir a e mi fissa. Solo dopo mi sono accor ta del fumo sullo sfondo, a destr a.

Da visitare: www.allegr amar tin.it

Allegra Martin, "On board"

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LAND\ SLIDE 6 \ \ GIORGIO DI NOTO I progetti fotogr afici r iusciti si r icordano con più facilità; alcuni diventano anche str umenti visivi per r icostr uire un mosaico di Stor ia recente e ?The Ar ab Revolt?, a suo modo, ha la for za per farlo. Io natur almente r icordavo molto bene quel progetto (di cui tanto si è parlato dopo il Premio Pesaresi del 2012), perciò mi sono chiesto quali altre direzioni fotogr afiche il suo autore avesse preso nel fr attempo. Così ho r iscoper to i lavor i di Gior gio Di Noto, specie due ser ie incentr ate sui luoghi e sul mutevole r appor to uomo- spazio. Lavor i stilisticamente a sé stanti, capaci alla stessa manier a di focalizzare lo sguardo su una spropor zione tangibile e pur sempre ambigua, quella tr a luoghi non identitar i e realtà per sonali, più o meno pr atiche, di chi frequenta quei luoghi. Oltre al contenuto dei progetti trovo molto interessante un altro aspetto, nel lavoro di Gior gio, un aspetto non comune: l?abilità di cambiare con disinvoltur a il for mato, la tecnica, il modo di fotogr afare. Senza timore di perdere for za e coerenza, senza paur a di r imodellare il linguaggio in funzione del punto di vista.

Giorgio, nel tuo ?City n. 0? ti concentri sul rapporto uomo- spazio nelle zone periferiche; troviamo non soltanto il costruito e il non ultimato ma anche, mi pare, un continuamente provvisorio, una sorta di imbarazzo da parte di chi abita/ utilizza quei luoghi o non- luoghi nel misurarsi con essi. Tu come riassumeresti questo rapporto? E quali considerazioni ti hanno mosso verso la definizione di una città numero zero? Mentre fotogr afavo quei luoghi mi colpiva l?evidente difficoltà delle per sone nel viver ne e per sonalizzar ne lo spazio; il luogo veniva piuttosto subìto, addir ittur a evitato. Il r appor to tr a le per sone e l?ambiente circostante sembr ava appunto azzer ato: da qui il nome del progetto e il tentativo, attr aver so la fotogr afia, di r appresentare questa condizione in cui l?uomo sembr a sempre a disagio, per so o fuor i luogo negli spazi che dovrebbero ospitarlo.

In ?The Valley? prendi in esame l?accezione contemporanea di genius loci e sulla scorta di questo concetto fotografi «la forma di un nuovo ambiente» nel territorio del Belice, profondamente modificato a seguito del terremoto del 1968. Che tipo di ricostruzione e relazione uomo- spazio hai trovato in quelle zone? La sensazione è quella di un luogo su cui sia stata posata un?architettur a, come un oggetto estr aneo venuto da lontano e installato a un cer to punto su quella super ficie. I progetti alla base della r icostr uzione sono ispir ati infatti a modelli utilizzati in nord Europa in quegli anni. Str ade lar ghe e str utture complesse sono nate in questo modo in luoghi stor icamente car atter izzati da stretti e ar roccati paesi r ur ali: un r isultato spropor zionato, che nel cor so del tempo ha modificato la relazione tr a le per sone

Giorgio Di Noto, "The Valley"

e uno spazio in cui non si r iconoscono. Ma definire e giudicare un?oper azione del genere è sempre difficile, sopr attutto nel caso di una r icostr uzione. È interessante piuttosto osser vare e studiare come il r appor to uomo- spazio continui ad evolver si da una fase di str aniamento e scontro ver so una di r iappropr iazione.

Mi ha colpito il passaggio di una tua recente intervista, in cui dici ? sintetizzo ? che è difficile lavorare su nuovi progetti artistici in Italia. A cosa ti riferivi nello specifico, alla mancanza di pubbliche committenze, al circuito delle gallerie d?arte o altro? Oltre a questioni economiche e di sistema, credo che il vero problema sia propr io lo spazio nel senso concreto del ter mine. Parlo di spazio in cui lavor are e sper imentare, in cui propor re ed espor re, in cui por tare avanti un progetto per sonale o collettivo. Spesso ne sento la mancanza fisica, mancano realmente i metr i quadr ati e senza quelli è complicato far nascere ed evolvere le cose. Probabilmente questa mia sensazione è legata sopr attutto alla città di Roma dove la situazione, da questo punto di vista, sembr a ancor a più difficile e sconsolante.

Cito Georges Perec dal suo ?Specie di spazi? del 1974: «Vivere, è passare da uno spazio all?altro, cercando il più possibile di non farsi troppo male». Anche al di là dell?aspetto puramente fotografico, qual è la tua percezione del vivere negli spazi di oggi? Mi ver rebbe da pensare che viviamo una moltitudine di spazi vir tuali e questo è molto interessante anche a livello visivo. La

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nostr a presenza e la nostr a relazione con gli spazi è sempre più condizionata o mediata da una dimensione vir tuale: ciò sta car atter izzando il nostro r appor to con i luoghi. Credo che questo continuo passaggio possa sintetizzare la nostr a condizione attuale.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Mi viene in mente una delle pr ime fotogr afie che aspettai: in un cer to per iodo dell?anno, sul percor so che facevo tutti i gior ni per tor nare a casa, l?ombr a di un albero compar iva nettissima sulle mur a dall?altr a par te della str ada. Un gior no vidi che l?ombr a del tronco si sovr apponeva per fettamente a una macchina scur a parcheggiata. Così aspettai di r itrovare quella macchina parcheggiata in quel momento esatto in cui l?ombr a sembr ava essere un suo prolungamento e scattai la foto. Mi r icorda l?inizio di un percor so e per qualche motivo quello di un modo di vedere e studiare il linguaggio fotogr afico.

Giorgio Di Noto, "Through"

Da visitare: www.gior giodinoto.com

Giorgio Di Noto, "City n.0"

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LAND\ SLIDE 7 \ \ WILLIAM GUERRIERI \ LINEA DI CONFINE Non è facile introdur re con pochissime parole chi da quasi tre decenni si interessa dell?identità dei luoghi e della loro dimensione collettiva. William Guer r ier i è legato ad un luogo preciso, Rubier a, paese dove è nato e dove è nata anche ?Linea di Confine?, iniziativa fotogr afica capace di coinvolgere in progetti, mostre, libr i, per sonaggi quali Walter Nieder mayr, Lewis Baltz e Stephen Shore e dare impulso e r isonanza all?oper ato di fotogr afi italiani di talento o già stor icizzati, Guidi e Fossati su tutti. Un doppio registro, locale e globale, di cui troviamo tr acce nei lavor i per sonali di Guer r ier i, modellati sullo scor rere del tempo, inteso come percezione stor ica e r appor to con coloro che qualificano i luoghi. Luoghi incer ti, tr ansitor i, spesso non identitar i, luoghi da documentare onestamente, senza eccedere nell?estetizzazione fotogr afica. Per non perdere di vista il molto piccolo, mentre si cerca qualcosa di molto più gr ande.

William Guerrieri, "Palestra"

Mi sembra doveroso cominciare da ?Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea?, che fondi insieme a Guido Guidi e Roberto Margini nel 1990 e di cui sei tuttora direttore e curatore: ?Linea di Confine? è stato definito come un «laboratorio di produzione di indagini fotografiche sul territorio», creato con l?intento di «portare nel locale un progetto artistico di livello internazionale». Indagine fotografica che incontra, eventualmente, un riconoscimento artistico: quant?è importante questo passaggio, e cosa presuppone? L?idea di por tare un progetto ar tistico di livello alto in un ambito locale nasce nel clima politico dei pr imi anni Settanta. All?epoca si pensava che l?ar te fosse alla por tata di tutti e che ci fosse solo bisogno di costr uire delle politiche cultur ali nel locale che per mettessero questo incontro. Così è avvenuto talvolta in Emilia- Romagna, sopr attutto in provincia, dove singole per sone ? con l?aiuto delle istituzioni cultur ali ? sono r iuscite a produr re esper ienze che hanno ottenuto successo. ?Linea di Confine? è un prodotto di questo clima cultur ale e delle per sone che ne hanno fatto par te. Oggi siamo in una realtà stor ica completamente diver sa.

Nel tuo lavoro ?Il villaggio? (Linea di Confine, 2010) hai fotografato il villaggio artigiano di Modena ovest, fortemente voluto agli inizi degli anni Cinquanta da Alfeo Corassori, sindaco- simbolo della ricostruzione postbellica: che cosa ti interessava portare in luce? Mi er a stato chiesto di documentare gli edifici di pregio presenti in quest?area della città, ma ciò che a me interessava er a piuttosto

ver ificare quanto si poteva r icordare di quella esper ienza di sviluppo cultur ale e industr iale. Natur almente volevo evitare ogni sor ta di retor ica politica. Il progetto è stato molto apprezzato in Ger mania, dove ho tenuto una mostr a in una impor tante Fondazione di Colonia.

Le immagini storiche e di archivio occupano spesso uno spazio centrale nella fotografia dei tuoi luoghi: vorrei che me ne spiegassi la funzione. Uso le immagini d?archivio pr incipalmente per due r agioni: la pr ima per esplor arle e inser ire nei miei progetti delle infor mazioni, delle suggestioni, delle idee di un?epoca diver sa da quella cor rente. Poi per non appiattire sul presente il progetto di r icerca che mi è affidato. Uno dei problemi della fotogr afia è che spesso estetizza l?oggetto fotogr afato oscur andone il contenuto cultur ale. A me interessa restituire alle cose una loro dimensione stor ica, una sor ta di distanza che possa per metterci di leggerle nel contesto al quale appar tengono. Per tanto delle fotogr afie d?epoca non mi interessano le alter azioni dovute al tempo o all?usur a perché introducono una lettur a pittor ica e sur reale che in realtà le pr iva del contenuto cultur ale, del «deposito di senso» che propr io il tempo ha confer ito loro, per usare un?espressione dell?ar tista concettuale Fr anco Vaccar i.

Ho trovato particolarmente stimolante una tua osservazione sui luoghi, o meglio iperluoghi contemporanei: dicevi che un luogo privo

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di identità può essere comunque rimodulato in luogo di incontro e dello svolgersi di nuove attività sociali. Che genere di luoghi stiamo costruendo allora? E con quale identità, soprattutto? Anni fa si è aper ta una str ana polemica da par te dei detr attor i di Marc Augé, i quali sostenevano che in realtà anche nei cosiddetti non- luoghi le per sone potevano r itrovar si e stare bene. Alcuni hanno anche inventato delle per for mance per dimostr are come fosse possibile utilizzare quegli spazi in modo alter nativo. Per sonalmente ho sempre pensato che l?analisi di Augé fosse utile e pr iva di ambiguità. Pur troppo questi spazi sono sempre più diffusi e non resta che abituar si a viverli come ha sugger ito a suo tempo Antonioni in ?Il deser to rosso?. Giuliana, la protagonista del film ambientato nell?area industr iale di Ravenna nei pr imi anni Sessanta, r iconosce che potrebbe super are il suo disagio, se solo r iuscisse ad adattar si.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla?

William Guerrieri, "Il Villaggio"

?Holden Street? di Stephen Shore, del 1974. Si tr atta di una str ada delimitata da palazzi ma alla fine della str ada si apre un paesaggio. La str ada è come un inter no, con una sua atmosfer a, un suo colore dato dalla facciata dei palazzi su cui si r iflette la luce, ma sullo sfondo appare appunto il paesaggio, come fosse un ester no visto da un inter no. È una fotogr afia che mi piace molto.

Da visitare: www.lineadiconfine.or g

William Guerrieri, "The Dairy"

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LAND\ SLIDE 8 \ \ LUANA RIGOLLI Che cosa definisce il nostro amore per un luogo? Spesso la ver a r agione ci sfugge: mi piace ? diciamo ? mi attr ae, ha qualcosa. Accade che un luogo ci induca a tor nare e r ifare un percor so, come se ancor a dovessimo visualizzar ne una par te impor tante: lo inter roghiamo, restiamo in attesa, cerchiamo un indizio; eppure il qualcosa continua a sfuggirci. Luana Rigolli condensa il suo sguardo su un luogo preciso e ne spiega il perché: coi suoi scatti r ipercor re una parentesi di vita, un cambiamento, il pr imo lampo ? quasi mitico ? che muove ver so un tipo di paesaggio e prende i sensi. Il luogo diventa mater ia, ter r a che ospita e insieme respinge, sulla quale tuttavia ci soffer miamo a r ipensare il nostro mondo. Magar i a piedi nudi per sentirlo ancor a meglio. In quel punto del percor so, con lo stesso sentimento di scoper ta, subentr a la fotogr afia. Luana Rigolli, "Comfortably boring little world"

Luana, in questi anni hai maturato una passione per le isole vulcaniche, su tutte Lanzarote dove torni di frequente. Spazi in cui si manifesta l?energia che li ha creati, luoghi dai confini fisici, evidenti, che rafforzano l?idea di appartenenza. Cosa ti ha spinto a fotografarli? C?è un?immagine dei tempi delle scuole elementar i che mi tor na spesso in mente in modo nitido: io seduta al mio tavolo di studio mentre leggo le pr ime nozioni di geologia, che la maestr a ci faceva impar are quasi a memor ia. La tettonica a zolle, la creazione dei continenti, la for mazione dei vulcani. Sfor zandomi appena potrei r icordare le parole esatte. Avevo solo 10 anni ma quella mater ia mi appassionava di già. Mi affascinava l?idea di qualcosa che dal centro della terra potesse venire in super ficie, creare devastazione ma anche nuove for me e nuovi paesaggi. Il pr imo vulcano che ho visto è stato l?Etna: ancor a non scattavo fotogr afie ma l?amore per quel tipo di paesaggi mi è r imasto dentro e si è manifestato a Lanzarote. E dire che ci sono finita quasi per caso, per fare sur f con amici. Ricordo come fosse ier i il viaggio di tr asfer imento dall?aeropor to dell?isola al paese in cui alloggiavo: distese di lava e cenere ner a, il profilo di decine di vulcani, nessun albero. Un paesaggio completamente diver so da quello a cui siamo abituati, almeno nel Nord Italia. Pochi minuti ed ero già innamor ata dell?isola. Lì percepisco un?ener gia str ana, che sfasa i miei soliti r itmi: mi piace credere che tutto questo sia dettato dal filo diretto (gli innumerevoli cr ater i) tr a la super ficie ter restre e quello str ato in cui la crosta del pianeta diventa magma. Ho per so il conto di quante volte ci sono tor nata negli ultimi quattro anni, for se una decina: sono incantata da quelle distese di nulla, dalle coste dalle for me improbabili, da quei luoghi così inospitali per l?uomo, e per queste r agioni sento il bisogno di fotogr afarli. Mi colpisce il pensiero che questo paesaggio come lo vedo e fotogr afo in un dato momento, all?improvviso possa cambiare non per un inter vento umano bensì per l?esplosione di un vulcano. La cosa è spaventosa e piena di fascino allo stesso tempo. Nel cor so degli ultimi anni ho

visitato anche altre isole vulcaniche, come Panteller ia e Linosa, e la somiglianza, per non dire uguaglianza di paesaggio con Lanzarote è stupefacente, nonostante si trovino in mar i diver si e a diver se latitudini. Giocando su questo par allelismo è nato il progetto ?Isole nere?, in cui volutamente ho mescolato foto di queste tre isole senza specificare il luogo dello scatto.

Vivi i luoghi che fotografi in maniera molto intima, mi pare: tracci una mappa emotiva, una rotta della tua ir requietezza. Scrivi dei tuoi spostamenti e di certi tuoi «riti» nei luoghi che ami, in alcuni di essi decidi di entrare nell?inquadratura. È un modo per fissare un qui- e- ora e definire il tuo rapporto con quei luoghi? Le fotogr afie del progetto ?A Tr ip ? Lanzarote 2015? a cui ti r ifer isci, nascono da un viaggio par ticolare, pensato per essere un viaggio in compagnia. Invece a pochi gior ni dalla par tenza mi sono r itrovata sola. Sono par tita comunque, avevo un?irrequietezza più marcata del solito. Stando sola (pur conoscendo bene l?isola) ho avuto modo di r iflettere molto su me stessa, da qui la necessità dell?autoscatto. É stato un viaggio par ticolare anche perché mi è stato offer to un lavoro sull?isola (che poi pur troppo non è andato a buon fine), quindi dur ante quei dieci gior ni ho dovuto pensare al mio futuro e a un mio eventuale tr asfer imento a Lanzarote.

Vorrei che mi parlassi del tuo mood statunitense: il titolo della serie ? ?Comfortably boring little world? ? è particolarmente interessante e narrativo di per sé. Il mio viaggio negli Stati Uniti, da New York a Los Angeles, è stato un viaggio di scoper ta. Al cinema e alla TV siamo bombardati di film ambientati negli States, spesso nelle metropoli, motivo per cui nell?immaginar io di molte per sone gli Stati Uniti sono quel posto in cui non si dor me mai, in cui si è sempre attivi. La cosa è

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alquanto falsa: fuor i dai centr i abitati, nelle immense campagne amer icane, per chilometr i e chilometr i non si incontr ano case, automobili, per sone. Attr aver sando gli States da costa a costa si vede cambiare il paesaggio più volte ma tutte queste distese vuote sono accomunate da un senso di annoiamento diffuso, dove non si avver te nessuna tensione al cambiamento. Sembr a che gli amer icani non abbiano intenzione di miglior are le cose: quando un luogo non va più bene semplicemente lo abbandonano. Ho percor so anche par te della Route 66: si attr aver sano decine di paesi semi- abbandonati che vivono avvolti nella loro noia, paesi lasciati dalla maggior par te degli abitanti quando è stata costr uita a breve distanza la nuova Inter state, attor no alla quale si sono creati nuovi centr i urbani, per altro simili a quelli abbandonati. Nei paesi (quasi) fantasma è nor male imbatter si in infr astr utture non più utilizzate e costr uzioni simbolo di un vecchio splendore. E le per sone, anche loro, sembr ano vivere al r allentatore. Insomma, gli Stati Uniti che ho visto sono molto diver si dall?immaginar io comune, quello di un?Amer ica tr ascinatr ice dell?economia e della politica mondiali. Ero par tita con l?idea di fotogr afare l?eccessività, gli sprechi, la grandezza degli amer icani, e mi sono r itrovata a fotogr afare la noia amer icana, come nei lavor i di alcuni fotogr afi amer icani del passato. Non è cambiato molto.

A dare forma al tuo percorso fotografico c?è anche ?Daily life?, diario di appunti visivi annotati attraverso lo smartphone. Tanti frammenti raccolti d?istinto e fermati così come sono o comunque editati? Scatti che riuniti ti raccontano abbastanza fedelmente? Scatto molto con lo smar tphone per r icordare le cose belle e br utte che mi capita di incontr are ma lo uso anche per uno studio preliminare delle immagini che poi andrò a scattare con la macchina fotogr afica. I miei hard disk infatti sono pieni di foto doppie. In ?Daily life? ho r accolto tutte quelle foto fatte sia con lo smar tphone che con la macchina fotogr afica e che poi, per un motivo o per l?altro, non ho mai inser ito in altr i progetti fotogr afici: sono le foto che uso sui social, come Facebook e Instagr am. Inter vengo sui tagli e sull?esposizione perché comunque uno smar tphone scatta un po?a caso, senza che possa decidere io in par tenza come regolarlo. Sono abbastanza legata a questa galler ia perché in effetti è una specie di diar io di quello che ho fatto e visto nel cor so degli ultimi anni, quindi è in un cer to senso la stor ia della mia vita recente.

In alto: Luana Rigolli, "Lanzarote" In basso: Luana Rigolli, "Isole nere"

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Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legata? Potresti descriverla? La pr ima foto che mi viene in mente è di Luigi Ghir r i, for se una delle poche non propr iamente di paesaggio che abbia scattato: la foto a Berlinguer di spalle dur ante un suo comizio a Reggio Emilia, davanti a una folla con centinaia di bandiere rosse, una str iscia rossa quasi unifor me. Qui il paesaggio è fatto dalla massa di per sone in ascolto. Berlinguer è sul palco, di schiena, con un vestito gr igio/blu e illuminato dal sole. A me non sembr a neanche una foto scattata in Italia, mi sembr a piuttosto una scena da comizio amer icano. La trovo str aordinar ia, anche per l?inser imento della figur a umana di spalle. Per or a non ho fatto molte foto a per sone ma spesso quando le fotogr afo le r iprendo propr io di spalle, altro motivo per cui mi sento molto legata a quest?oper a di Ghir r i.

Da visitare: www.luanar igolli.it


LAND\ SLIDE 9 \ \ ENRICA DE NICOLA In alcune circostanze i luoghi assumono un car attere più for te, una maggiore densità, l?affilatezza di un r acconto che sconfina, ci per mette di toccare esattamente un ter r itor io e misur are su un piano emotivo il vissuto dei suoi abitanti. Enr ica De Nicola ci è r iuscita a mer aviglia con ?Still there?, lavoro che ho trovato affascinante, for te, denso come i volti che si alter nano ai paesaggi di una zona di provincia ? quella di Caser ta ? appesantita dallo spettro della centr ale elettronucleare del Gar igliano. Altro aspetto interessante, nei progetti fotogr afici di Enr ica, è la var ietà dei temi e dei linguaggi. Perché la for ma di un luogo, così come la for ma di un progetto, chiede ogni volta uno sguardo mir ato, una tonalità che si accordi con ciò che intendiamo cercare, scopr ire, inquadr are.

Enrica De Nicola, "Still there"

Enrica, il tuo rapporto con i luoghi è multiforme: ogni lavoro rivela un approccio specifico, ha una sua luce, una sua autonomia. Passi dai paesaggi minimi di ?Diary?, che rendi in modo astratto e quasi grafico, a quelli misteriosi e narrativi di ?Still there?. È il luogo a suggerirti un certo stile? Credo ci siano molte var iabili e sì, i lavor i hanno tutti un approccio diver so, a volte anche troppo. In ?Still there? avevo necessità di r accontare una stor ia in par ticolare, quindi lo spazio in sé è passato in secondo piano r ispetto al r acconto; quando invece sono più liber a lascio che sia lo spazio ad impor si. Indipendentemente dall?approccio che scelgo di tentare, resta sempre una sensazione di gr ande stupore e anche d?impotenza. Mi piace pensare che la tendenza a compor re in modo semplicissimo sia dovuta un po?a questa necessità di ar render si all?ar monia dello spazio così com?è.

In ?IMY? (I Miss You) prendi in considerazione, in due capitoli, «uno spazio ordinatamente riempito ma non vissuto». Cosa manca a quello spazio, e da cosa dipende? Quello che in gener ale mi colpisce dell?architettur a è il r igore, e in ?IMY? ho voluto in qualche modo estremizzare questa sensazione di ordine totale scegliendo inquadr ature piatte, r ipetitive, che esaltassero la bidimensionalità dello spazio. Per r ispondere alla tua domanda: banalmente ti direi il volume ma si tr atta solo di un pretesto per alludere all?assenza dell?uomo, che mentre si muove nello spazio lo tr asfor ma. Queste architetture invece sono r itr atte come illustr azioni statiche, nature mor te

sempre uguali, camuffate sotto i color i sgar gianti delle case sociali.

?Still there? indaga l?area dove è sorta, agli inizi degli anni Sessanta, la centrale elettronucleare del Garigliano, al confine tra Lazio e Campania: sei riuscita a raccontare un?atmosfera, oltre alla complessità di un territorio. Vorrei che mi parlassi del progetto, di come è nato e di come lo hai vissuto. Si tr atta di un progetto realizzato per la finale del Leica Talent 2014. Il tema assegnato er a ?Home?, da declinare con la massima liber tà. Inizialmente volevo concentr ar mi solo sul senso di attaccamento al ter r itor io da par te dei contadini e residenti della zona, ma sentivo che mancava qualcosa. Man mano che approfondivo la stor ia della centr ale e che venivo a contatto diretto con la quotidianità dei residenti, modificavo la mia percezione di quegli spazi. Perciò è diventato essenziale per me r accontare anche il modo in cui io e altr i avevamo da sempre immaginato quel luogo. Un luogo oscuro, che ti contamina appena ti avvicini. Così ho deciso di dar gli un?impronta un po? fiabesca, scegliendo di scattare dopo il tr amonto e r icreando atmosfere tetre che r imandassero all?idea di contaminazione. Una scelta necessar ia, in un cer to senso: non sono molto a mio agio con il repor tage o la street photogr aphy, mentre lo stor ytelling mi dà più liber tà. Posso inscenare delle situazioni, inventar mi delle atmosfere e costr uire un discor so che attiene comunque alla realtà della stor ia che voglio r accontare.

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Luoghi, anche, come set e suggestioni in cui si addensano paure; ?Angst? appunto. Come nasce questa serie? E dove, personalmente, ti sentiresti più vulnerabile? ?Angst? si basa sulla contr apposizione inter no- ester no e chiaro- scuro, tant?è che è diviso in due capitoli: nel pr imo domina il bianco e ? come in IMY ? la disciplina di uno spazio asettico. Il secondo r ipropone spazi sempre più ampi e dai confini indefiniti. Tr a le due par ti del progetto non c?è volutamente ar monia, questo per alludere ad una mancanza di equilibr io: o sono dentro e mi sento al sicuro, ma non sento nulla; o sono fuor i, nel mondo, nella vita e per questo ho costantemente paur a. Per r ispondere alla tua domanda, dove mi sento più vulner abile, in mare aper to. Enrica De Nicola, "Angst"

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legata? Potresti descriverla? Alcuni scatti della Monument Valley in Ar izona realizzati da Annie Leibovitz. Apparentemente imprecisi, li trovo mister iosi e molto emotivi. Quando li guardo non penso al paesaggio ma al viaggio, e mi tor na in mente il pr imissimo approccio della Leibovitz alla fotogr afia, quando osser vava il mondo dal finestr ino dell?auto di suo padre. Mi piace pensare che per lei siano stati scatti liber atòr i, in un cer to senso, come se avesse scelto di prender si una pausa dalla r itr attistica, dalla moda, dalla fotogr afia commerciale e di tor nare al pr incipio, quando scattava in 35 mm bianco e nero.

Da visitare: www.enr icadenicola.com

Enrica De Nicola, "IMY"

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LAND\ SLIDE 10 \ \ PIETRO MOTISI Fotogr afare il paesaggio, l?azione del fotogr afare, solleva questioni impor tanti, pr ima fr a tutte la definizione di cosa inquadr are e perché. Ma c?è sempre, anche, un fuor i campo, un insieme di temi e passioni che si sovr appone all?azione por tante e ne fa un movimento complesso, più r icco e legato a linguaggi di var ia natur a. Pietro Motisi r acconta il suo modo di intendere i luoghi e di fotogr afarli; poi r acconta molto altro e questo altro, con car attere e misur a, entr a nelle inquadr ature.

Pietro Motisi, "Destino Madrid"

Pietro, buona parte dei tuoi scatti li hai rivolti alla tua terra, la Sicilia, e sei andato dritto al punto, descrivendo una realtà particolare che in diverse forme e scale di grandezza si riscontra sull?intero territorio nazionale. Puoi descrivermi per tappe fotografiche il rapporto sviluppato coi tuoi luoghi? Sì, è la direzione più intensa nella mia r icerca del paesaggio e si concentr a appunto sull?isola in cui sono nato. Tuttavia gli scatti scelti cor r ispondono a necessità espressive scatur ite pr ima ancor a della r iflessione fotogr afica: al di là del mezzo espressivo in sé, oggi ho la consapevolezza di aver sempre provato una sor ta di disagio in r appor to a deter minate maglie dello spazio antropizzato, in contr asto con gli ambienti natur ali che fin da piccolo vivevo e attr aver savo. Il punto è che tr a il percepire la violenza indiretta dei gesti umani ? ciò che il mio amico e fotogr afo Sam Laughlin definisce «il cr imine del paesaggio» ? e il r appresentarli cercando di far ne luoghi di r iflesso e r iflessione, esiste uno spazio di inesattezza o di imper fetta comprensione, che descr iverei come una necessità insieme espressiva e di responsabilità ver so se stessi e la ter r a che si calca. L?interesse cosciente dedicato alla Sicilia è nato e si è sviluppato dur ante i miei studi di fotogr afia in Galles: me n?ero andato via di nuovo dall?Italia con l?intenzione di iniziare un percor so di for mazione e professionale nel Regno Unito, ma anno dopo anno provavo sempre maggiore attr azione per ciò che vedevo con occhi nuovi nella mia ter r a. Uno dei miei pr imi lavor i r ivolti alla Sicilia, ?IV Spazio?, r acchiude in sé il nucleo fondamentale della mia r icerca odier na. Prende spunto da un testo in par ticolare, Terra Sapiens ? Antropologie del paesaggio dell?amico scr ittore e antropologo Matteo Meschiar i, che illustr a il cosiddetto IV Spazio in relazione alla città di Paler mo. Tutti i suoi scr itti in ver ità, uniti alla nostr a frequentazione nel cor so degli ultimi nove anni, sono per me fonte pr imar ia di ispir azione nel pensiero e nella r appresentazione del paesaggio. Questi concetti trovano r isoluzione sopr attutto in un progetto ancor a in cor so, sul paesaggio siciliano come specchio dell?identità di chi vi abita e vi ha abitato, pensato in quattro tempi di cui ?Cemento? e ?Sudlimazione? sono il pr imo e il ter zo tempo, mentre gli altr i due sono ancor a in fase di sviluppo e r icerca. Dentro ci sono l?amore, la gelosia, la separ azione e l?indignazione, gli stessi sentimenti di un canto popolare siciliano che recita: «quattr u sunnu li cosi di lu munnu ? amur i, gilusia, spar tenza e sdegnu» (Canti popolari di Noto, Cor r ado Avolio, 1875), dove «lu munnu» ? il mondo ? è la Sicilia. Il lavoro ?Zen 2? è cer tamente più fotogior nalistico, nonostante l?uso di un

mezzo relativamente lento come il medio for mato 6x6, e vive del mio desider io di coltivare, direi, l?invisibilità del fotografo. Il contesto del quar tiere Z.E.N. di Paler mo è davvero intenso: ho voluto r accontare le per sone più che l?architettur a (che tuttavia considero alla base sociopolitica dei disagi e delle condizioni di vita in quei luoghi); ho seguito per un anno e mezzo circa gli eventi di alcuni abitanti del quar tiere, dopo la loro occupazione di spazi pr ima e appar tamenti poi. Par allelamente in Galles lavor avo a ?The Ebb Tide? e altr i piccoli progetti, gli ultimi in cui ho deciso di includere le per sone nelle mie fotogr afie. Per la r agione, sopr attutto, connessa alla valutazione etica del mostr are ad altr i i disagi umani (Susan Sontag ne scr ive ampiamente nel suo saggio Davanti al dolore degli altri): quando qualcuno si fida di me al punto da lasciar mi fotogr afare il suo volto, la sua famiglia, la sua stor ia e intimità, non accetto di associare quelle immagini a un ar ticolo in cui spesso le parole del gior nalista tr avisano una realtà sacr ificandola in nome di un gior nalismo troppo spesso fallimentare. Mi piace ancor meno l?idea, anche solo ipotetica, di poter soddisfare il piacere voyeur istico di sconosciuti mostr ando per sone che invece conosco e di cui ho respir ato il reale disagio. Vero è ? come sostiene la Sontag ? che «neppure la più sofisticata comprensione di ciò che la fotografia è, o può essere, potrà mai attenuare il piacere che sa darci l?immagine di un evento inatteso»; o il piacere di entr are in qualche faccenda altr ui, dico io, restando comodamente seduti nella propr ia poltrona di casa. Il fotogr afo però può decidere sulla base della propr ia etica per sonale cosa fare e cosa non fare.

Mi sembra significativo, in relazione alle tematiche che affronti, considerare la definizione di ?uso del territorio?: in che misura, secondo la tua sensibilità, il paesaggio è ?a nostra disposizione?? Innanzitutto si dovrebbe definire il ter mine paesaggio, un concetto delicato e vastissimo di per sé. Ognuno di noi vede il ter r itor io con le propr ie modalità cultur ali e la propr ia sensibilità, e ne utilizza por zioni più o meno significative che si tr aducono in ambiente, meta, paesaggio. Nella mia pr atica attuale prefer isco tendenzialmente che lo spazio in fotogr afia, pressoché pr ivo di presenza umana, per metta all?osser vatore/ spettatore di diventar ne anche solo per pochi istanti l?unico abitante, e che oltre al dato immediato ? la messa in estetica di un deter minato luogo

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? possa entr are ancor a di più dentro alla fotogr afia, percepir ne le dissonanze, proiettar vi le sue nostalgie o esigenze spaziali, por si delle domande e magar i, dopo, aggiungere l?esper ienza ai suoi r icordi. In questa misur a e con questi propositi, da fotogr afo, credo si possa usare il ter r itor io in ter mini di r appresentazione e messaggio uomo- spazio, come r ichiamo alle or igini, gesto amoroso, r icordo di appar tenenza, guasto indotto. Le parole di Luigi Ghir r i sulla scar sa presenza di r itr atti nel suo lavoro sono in tal senso illuminanti: «Un dato di fatto è che oggi la maggior parte delle immagini che vediamo è costituita da facce. Guardiamo cento canali televisivi, li cambiamo uno dietro l?altro e ci sono sempre delle facce. Il rapporto tra la faccia e il luogo in cui questa faccia vive, abita, mangia, sogna, si muove, non viene più considerato. La strategia di richiamare nuovamente l?attenzione sull?ambiente nella sua complessità mi sembra, anche culturalmente, davvero importante. Perché io credo che dietro ai disastri dell?ambiente [? ] vi sia una disaffezione [? ] che l?uomo ha sviluppato nei confronti del suo ambiente negli ultimi 30 o 40 anni, alla quale ha corrisposto una fondamentale incapacità di relazionarsi con l?ambiente attraverso la rappresentazione». E conclude sostenendo che il recupero della r appresentazione ambiente/spazio/paesaggio possa delineare un pr imo passaggio/tr amite per r istabilire un senso di appar tenenza con i nostr i spazi, cosa che sottoscr ivo e cerco di per seguire nella mia pr atica.

In ?Punto di fuga? raccogli frammenti visivi di Aliano, borgo lucano che per lo scrittore e pittore Carlo Levi fu croce e delizia, confino durante il regime fascista e scoperta di un mondo al di fuori del mondo. Tu cos?hai cercato, nel corso di quell?esperienza, e cosa hai trovato? L?esper ienza di Aliano è stata da subito intensa, fin dalle tredici ore necessar ie a r aggiungerla da Paler mo: 500 chilometr i spesi fr a autobus, treni obsoleti, cambi stazione e attese infinite, il che mi ha immediatamente proiettato in una dimensione peculiare. Nel lavoro in sé sono stato condizionato ovviamente dal fatto letter ar io, dalla condizione di isolamento vissuta in quei luoghi, e ver so quei luoghi, così efficacemente r ipor tata da Levi; condizione ? aggiungerei ? che ancor a oggi si r itrova con pochissime evoluzioni e nessuna r ivoluzione. Ho seguito quindi natur almente, in manier a quasi didascalica, il pensiero di questa condizione, r itrovandomi ad Aliano come esiliato, estr aneo per un per iodo limitato, chiamato a intelleggere e tr asfor mare le mie sensazioni. Nel gioco però, a par te la mia evidente e imprescindibile soggettività, cerco sempre l?altro, l?abitante, e indago le sue possibili r isposte al pensiero di quegli spazi, in cui l?altro ? come indigeno ? respir a da un tempo così lungo che la sua mente ha la for ma degli spazi stessi: for za, disagio sociale annunciato e poesia isolata.

Antonioni, Kubr ick, Her zog; ma non basta vederli, bisogna leggerli, leggere e non guardare troppa fotogr afia. Le fonti letter ar ie sono per me le pr ime mappe da decifr are per suscitare immaginar i, che apr ano a loro volta nuove possibilità di pensiero. E sono scintille come in ?Berlin diar y?, oppure ? come in ?Fantasmi a Mar siglia, il cui titolo è in effetti una citazione cinematogr afica ? sono ottimi cappelli per coronare una ser ie di immagini. Possono essere anche parole che scr ivo io stesso, per completare qualcosa che l?immagine fotogr afica non r iesca da sola a for nire, come in ?Destino Madr id?.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? La domanda suscita un aneddoto cinematogr afico più che una singola immagine: la pr ima scena del film Aguirre, furore di Dio di Wer ner Her zog, con Klaus Kinski. La scena mostr a la discesa di Aguir re (Kinski) e dei suoi uomini da una montagna, «l?ultimo valico delle Ande, una discesa dalle nuvole». La montagna dove ha luogo è Machu Picchu ma nell?inquadr atur a pr incipale (che poi è un piano sequenza) Her zog ne esclude deliber atamente i picchi, restituendo l?immagine piena di un massiccio di roccia, scagionando il cliché di quei luoghi e contempor aneamente for nendo un?idea efficace della for za di luoghi attr aver sati dall?uomo. Kinski, alla cui follia Her zog er a abituato, va su tutte le fur ie quando il regista gli spiega di volere come aper tur a un?immagine paesaggistica: l?attore sostiene si debba iniziare con un?inquadr atur a stretta del suo volto, il volto di Aguir re, «il miglior paesaggio possibile».

Da visitare: www.pietromotisi.it

Nei lavori più recenti tocchi tre città europee, Berlino, Madrid e Marsiglia, e per ognuna scegli spunti letterari che arricchiscono e condensano il lavoro fotografico: quant?è importante a tuo avviso una giustapposizione di più linguaggi? Come giustamente osser vava Car melo Bene non è possibile fare teatro col teatro, letter atur a con la letter atur a, pittur a con la pittur a e così via. Intendeva dire che ogni for ma espressiva è invalida se si r ivolge solo a se stessa come linguaggio e contenuti. È necessar io, una volta appreso il linguaggio, avere qualcosa da comunicare, qualcosa che par ta da dentro e trovi un mir acoloso punto d?incontro all?ester no. È come aver perduto delle cose che non sappiamo cosa e dove sono finché non le r itroviamo: solo allor a le fissiamo, e questo momento di r iconoscimento è per me il punto massimo dell?emozione del fotogr afare. Bisogna leggere gli spazi, parlare con le per sone e sentire le loro stor ie; non per far loro un r itr atto ma per aggiustare la propr ia posizione nello spazio che s?intende r appresentare. Bisogna vedere i film dei registi che hanno por tato il movimento di camer a a livelli sommi, e parlo di Ber gman, Fellini,

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Pietro Motisi, "Punto di fuga"


LAND\ SLIDE 11 \ \ ILARIA DI BIAGIO Al di là della scoper ta del lontano e dell?esotico c?è un mondo, quello del fotogr afare l?intor no, il già noto, gli spazi che siamo convinti di avere esaur ito e che invece r iser vano ancor a bellezza e tr aguardi di senso a chi insiste nell?osser vazione. Ilar ia Di Biagio fotogr afa spesso il già noto e vissuto, il vicino, il normale; lo str umento fotogr afico la por ta a r ievocare la sua infanzia, a r ipercor rere r adici e discendenze e le per mette di conoscere per sone e situazioni sul tr agitto che decide di r ifare e r ivedere. Così, anche nel momento in cui concentr a l?attenzione su questioni di interesse for temente collettivo ? r accogliendo voci e volti attor no al tema delle basi militar i statunitensi in Sardegna, per esempio ? Ilar ia r iesce a creare un legame diretto, di prossimità e famigliar ità, con i luoghi; sopr attutto trova nuove prospettive al già vissuto, r intr acciando in un mondo minuscolo, il mondo che per conoscenza ignor iamo, tr atti di luce e di puro interesse.

Ilaria, fotografi spesso dei luoghi legati al ricordo, i tuoi luoghi d?infanzia e d?origine: sono tappe di un percorso progettuale vero e proprio o più spontaneo, qualcosa che senti il bisogno di recuperare e rileggere? In realtà, guardando a r itroso i progetti degli ultimi anni, vi ho trovato solo di recente una sor ta di percor so progettuale. All?inizio fotogr afavo temi più lontani da me, di cui ero interessata ma che non mi coinvolgevano direttamente, finché nel 2011 ? presso la Danish School of Media and Jour nalism ? ho cominciato due lavor i, ?The thin line? e subito dopo ?Fr agile?. Più mi immer gevo in questi due progetti e più capivo che la mia str ada, in fotogr afia, avrebbe por tato a una r icerca per sonale legata al mio mondo, in un cer to senso, a quel che in par te già conosco e che con la fotogr afia r iesco a indagare molto più in profondità. La passione per i luoghi e le mappe mi è stata tr asmessa dalla mamma, geogr afa del mondo antico. Con lei viaggiavo molto, er a lei a r accontar mi le vicende per cui uomo e ter r itor io sono sempre strettamente legati. Ecco per quale motivo, essenzialmente, r itr aggo dei luoghi a me car i, che con l?avventur a fotogr afica diventano ancor a più intimi.

In ?Un miglio? ? sviluppi una perlustrazione vicina, negli immediati dintorni di casa: cosa hai trovato di nuovo o diverso in quei luoghi attraverso la fotografia? Sicur amente ho r ivisto sotto una luce diver sa quel che i miei occhi er ano abituati a vedere da trent?anni. Ciò che ci circonda è più difficile da vedere e consider are, tant?è che ho impar ato la deter minazione di uscire e scattare anche quando una vocina inter iore mi diceva ?è dietro casa, puoi andarci quando vuoi, adesso finisci di fare questo etc. etc.?. Con la scusa della fotogr afia ho par tecipato a tante manifestazioni a cui non andavo da anni,

Ilaria Di Biagio, "Grand Hotel Carezza"

dalla Rievocazione Stor ica di Gr assina in cui sono stata vestita come una figur ante del popolo romano per mimetizzar mi tr a le compar se, alla Festa dell?Uva di Impr uneta in cui la sfilata ha r appresentato solo l?apice di un percor so dur ato mesi, tr a prepar azione, cene e feste r ionali. Per mettere a conoscenza i vicini del progetto e propor re loro di prender vi par te ho stampato anche delle car toline, imbucate poi una ad una nelle loro cassette postali. Belle e spesso affascinanti, le r isposte r icevute. Ammetto che gr azie alla fotogr afia ho potuto conoscere meglio tante per sone del mio paese e delle case coloniche dei dintor ni, con le quali non ero mai ar r ivata più in là del classico ?buongior no?o della sfanalata di r ingr aziamento lungo le str ade di campagna. Il progetto è una mia per sonale, minuziosa r iscoper ta del ter r itor io in cui sono nata: ha por tato alla luce una ser ie di aneddoti e piccole vicende stor iche e umane che non sono nar r ate in nessun libro o documento, e che solo le per sone di quei luoghi possono r accontare.

Per costruire ?The thin line? e dare forma e storia a ?Grand Hotel Carezza? apri gli album di famiglia e metti piede nel passato: il tempo trascorso ha mutato la tua percezione dei luoghi ritratti? Li riconosci o qualcosa ti sfugge? In entr ambi i progetti compaiono luoghi della mia infanzia. Carezza oltretutto è una costante di tutta la mia vita, un ambiente che negli anni non è mai cambiato: i luoghi, così come le per sone, sono gli stessi dei miei r icordi di bambina. È propr io su questo che voglio lavor are in ?Gr and Hotel Carezza?, su una dimensione altr a del tempo, in cui i canoni tempor ali non la facciano da padroni, in cui prevalga piuttosto un?atmosfer a, come una bolla immer sa nella realtà. ?The thin line? parla di un viaggio invece, quindi di molti luoghi. Alcuni li r icordavo, altr i sono

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r iaffior ati appena li ho r ivisti con gli occhi di adulta. Credo che in entr ambi i casi il fascino di quei luoghi r isieda per me in un qualcosa che sfugge, in quella continua r icerca che è il guardar si attor no e immor talare attimi. Attimi che per quanto intensi lasciano al lettore la possibilità di trovare una sua chiave. Sempre r ispetto alla memor ia, sono una vor ace collezionista di tutto: questo for se è uno dei motivi pr incipali per cui ho cominciato a fotogr afare a undici anni. Non mi fido molto della mia, di memor ia, e spesso delego all?obiettivo il r uolo di r icordare. Perciò le vecchie foto, i r icordi di famiglia, diventano talvolta una par te imprescindibile del r acconto.

r acchiude in sé la mia quotidianità di bambina: i paesaggi a cui sono abituata, le lunghe camminate estive a Carezza, sulle Dolomiti, con i nonni vestiti come la coppia nella foto; il nonno tr a l?altro è nato propr io in quella zona. La mia metà bolzanina si sente davvero a casa, davanti a quest?immagine: è così semplice ma al tempo stesso sospesa e univer sale. ?Viaggio in Italia? del resto è un libro fondamentale, che r acconta il Bel Paese non come stereotipo bensì come luogo in cui si vive, anche nella nor malità. Racconta stor ie vicine. Più che la fotogr afia di paesaggio mi intr iga infatti l?indagine sul r uolo che l?essere umano ha ed ha avuto su di esso.

Nella tua inchiesta ?A fora sa nato de na sardigna? racconti per mezzo di testimonianze dirette un conflitto complesso: quello fra benessere economico visibile di un?area e salvaguardia di bellezze naturali come prima indispensabile ricchezza. Esiste, credi, un punto di equilibrio?

Da visitare: www.ilar iadibiagio.com

La salvaguardia del nostro ter r itor io e delle sue bellezze natur ali dovrebbe essere il pr imo e più impor tante aspetto di una crescita non soltanto economica ma anche civile. Pur troppo non nutro molte sper anze che questo possa avvenire in Italia. Dur ante le r icerche per l?inchiesta ho avuto modo di conoscere e inter vistare molti attivisti della causa contro le basi militar i, nate spesso da accordi poco chiar i con il Gover no Italiano, e le loro campagne contro illegalità e ingiustizie subite in ter r itor i che fanno par te, tr a l?altro, del Patr imonio dell?Umanità UNESCO mi hanno dato la car ica per andare avanti. Le intimidazioni r icevute mi hanno invece scor aggiata (anche) dal seguire la str ada del gior nalismo d?inchiesta, nonostante la mia passione per questa mater ia. Credo che nel nostro Paese far emer gere cer te problematiche sia davvero difficile, e continuer à ad esserlo finché le stesse istituzioni non premer anno per farlo. Spesso, quando ciò avviene, è già troppo tardi.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legata? Potresti descriverla? Penso subito ad ?Alpe di Siusi, Bolzano? di Luigi Ghir r i, una fotogr afia del 1979 pubblicata anche nel progetto cor ale ?Viaggio in Italia? (1984), cur ato dallo stesso Ghir r i. È un?immagine che

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Ilaria Di Biagio, "Un miglio..."


LAND\ SLIDE 12 \ \ GIACOMO STRELIOTTO Fotogr afare un percor so deciso in par tenza, anche soltanto una str ada specifica, può dirottarci su un?osser vazione analitica, indurci a chiar ire i confini e le for me di ciò che inquadr iamo, relegarci ad una sor ta di dovere descrittivo; l?osser vazione dei luoghi sar à facilmente una prova di tecnica e stile, un pacchetto incar tato con cur a ma vuoto, un percor so al contr ar io. Percor rere in fondo vuol dire scopr ire, e si scopre di più stando vaghi, deviando, scordandosi a tr atti il percor so di base. Giacomo Streliotto si concede deviazioni, soste, salti in altr i ambiti; così r accoglie immagini di spazi quotidiani che vediamo e conosciamo, o che crediamo d?aver visto e conosciuto. Fr ammenti come incipit di stor ie, dir amazioni possibili da r accontare. Stare vaghi, nel suo caso, non disperde l?intenzione di un progetto ma ne espande la visione; sopr attutto ci r ipor ta alle r agioni per le quali ci occupiamo, oppure no, dei nostr i luoghi.

Giacomo Streliotto, "Giro vago"

Giacomo, per iniziare vorrei che parlassi di Urbino: lì hai studiato Fotografia dei Beni Culturali, lì ? paradossalmente ? la stazione dei treni ha cessato il servizio da oltre trent?anni e lì nasce, appunto, il tuo progetto ?Via della stazione?, strada extr a moenia che conduce fino al nucleo cittadino. Strada comune a molte città, anche. Su cosa ti sei soffermato in particolare? Ricordo che Via della Stazione mi aveva incur iosito già dur ante i pr imi mesi del mio tr asfer imento a Urbino: appena fuor i dal centro stor ico, la str ada si snoda in discesa ver so la vecchia stazione dei treni attr aver sando aree abitate, altre in costr uzione, altre ancor a abbandonate, nonché ? dove il dislivello lo concede ? piccole zone r ur ali negli spazi fr a la via e la boscaglia collinare. Ter minata la discesa c?è una fabbr ica di ar mi, infine la stazione, adibita adesso a bar e r istor ante. La str ada, lunga un chilometro in tutto, viene usata perlopiù come parcheggio dai pendolar i, che r aggiungono in navetta il centro stor ico. Una str ada che all?inizio, cur iosità a par te, r itenevo di passaggio, quasi accessoria: da qui l?interesse che poi ha por tato al progetto, a una sor ta di analisi visiva che ho compiuto percor rendo molte volte, senza una meta precisa, Via della Stazione e i suoi dintor ni. Sopr attutto nei week- end, quando il tr affico e l?afflusso di per sone sono al minimo. Si tr atta di un?osser vazione insistente, calma, puntuale e non invasiva. Mi sono soffer mato sugli spazi che un qualsiasi pendolare, così come un abitante della zona, vede spesso e quasi sempre di sfuggita, su luoghi che conducono ? secondo un loro percor so ? a brevi stor ie di vita o che semplicemente, in quel momento, attir avano la mia attenzione e sembr avano r appresentare l?atmosfera di Via della Stazione.

Per introdurre ?Giro vago? citi un testo di Perec, l?indispensabile ?Specie di spazi?; la frase successiva al breve estratto che proponi come indizio del progetto dice: «Bisogna procedere più lentamente, quasi stupidamente»; ristabilire un rapporto con l?ovvio, in altre parole. Tu come procedi, e come ti sei mosso per questo lavoro? Sì, r istabilire un r appor to con l?ovvio e ? citando ancor a Perec ? «sfor zar si di scr ivere cose pr ive di interesse, quelle più ovvie, più comuni, più scialbe». È quello che ho cercato di fare in ?Giro Vago?, che nasce da una r icerca su alcune zone per ifer iche di Urbino e può essere consider ato come una continuazione del lavoro su Via della Stazione. In questo caso ho scelto di percor rere più vie della città e concentr ar mi su luoghi con una maggiore presenza di edifici residenziali e industr iali. Muovendomi a piedi, come una sor ta di esplor atore, col desider io di mappare e r iconoscere in un secondo momento dei tr atti specifici di luoghi apparentemente banali. La sequenza delle fotogr afie è il tentativo di presentare un itiner ar io visivo possibile all?inter no di un paesaggio difficilmente definibile, dove prevalgono «l?identico, la r ipetizione, l?intercambiabile».

Poi c?è un?altra via, una via d?acqua stavolta: con ?La Brenta? affronti il fiume e le sue sponde e nel tragitto fotografico si alternano e rifondono più epoche, rappresentate da immagini storiche o storicizzate, materiali museali o d?archivio. Cos?era la Brenta, e cos?è? La Brenta oggi è un sor vegliato speciale da par te di gr uppi ambientalisti e comitati cittadini. La giunta regionale di recente

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ha dato avvio a impor tanti opere pubbliche per l?acquedottistica della Regione Veneto; altr i inter venti, tr a cui la realizzazione di nuovi pozzi in alveo e la sistemazione di alcuni tr atti di ar gine, sono in fase di ver ifica e approvazione. Lavor i che r imandano a vicende dei pr imi anni Duemila, quando nor mali inter venti di manutenzione degli ar gini divennero invece saccheggi di ghiaia, quindi un?ulter iore devastazione dell?ambiente fluviale, già profondamente compromesso dalle escavazioni selvagge susseguitesi dal dopoguer r a agli anni Ottanta. Così, per controllare l?oper ato delle istituzioni regionali e sensibilizzare sul tema della tutela ambientale sia le amministr azioni locali sia l?opinione pubblica, si sono for mati i comitati cittadini. Il mio progetto sul fiume nasce in pr imo luogo per restituire un?immagine gener ale del ter r itor io del Brenta, al quale sono par ticolar mente legato. Pur consapevole dei problemi ambientali che lo affliggono (scar sità d?acqua, inquinamento, solo per citar ne un paio) non intendevo produr re una documentazione di denuncia, né catalogare il patr imonio ar tistico e natur ale; nello sviluppo del progetto ho messo in relazione piuttosto il mio modo di guardare e intendere questo paesaggio con le passate esper ienze di r appresentazione pittor ica, incisor ia e fotogr afica. Contempor aneamente alla r icerca stor ica e iconogr afica ho utilizzato la fotogr afia come mezzo di indagine e r iflessione, recuper ando da un lato immagini d?archivio, dall?altro documentando il ter r itor io attr aver sato dal fiume. La sequenza delle immagini è il r isultato di una ser ie di percor si lungo il Brenta, ma anche di passaggi nei musei, negli archivi e nelle r accolte fotogr afiche che ne contengono le memor ie. Una sequenza liber amente inter pretabile dallo spettatore, non r igorosamente or ganizzata secondo un indice tematico e nemmeno secondo un preciso percor so geogr afico; una ser ie di fr ammenti in ver ità, collegati da un reticolo di analogie e memor ie. Il titolo ?La Brenta? r iprende la dizione classica con cui ? in segno di r ispetto e timore ? si usava chiamare il fiume. Uno sguardo al passato ma non in senso nostalgico, non per evocare dimensioni e modelli improponibili or mai nella società odier na; un modo, piuttosto, per tentare di individuare nuovi equilibr i e r appor ti tr a l?ar tificiale e il natur ale, tr a passato e presente. Per definire di nuovo il paesaggio del Brenta sulla scor ta dei secoli precedenti, quando il fiume aveva funzioni specifiche e una sua identità.

analogie o elementi di discontinuità tr a passato e presente. Le fotogr afie stor iche, a prescindere dagli intenti di chi le produsse, contr ibuiscono (se analizzare in funzione anche della loro vicenda cultur ale di medium comunicativo e non soltanto infor mativo) a for nire uno spaccato insostituibile della società e della cultur a di un deter minato luogo. Penso sia fondamentale tener conto del valore che una fotogr afia acquisisce nel cor so degli anni, e r itengo impor tante l?oggetto fotogr afia in sé, la car ta stampata che lo scor rere del tempo usur a, piega e str appa.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? ?Palma Veneta? di Stefano Gr aziani: la fotogr afia in bianco e nero di una palma, costretta in una piccola aiuola al centro di un parcheggio desolato di una provincia veneta. Sullo sfondo si possono scor gere i segni tipici di questi luoghi, compreso il campanile della chiesa di paese. Il soggetto pr incipale però è la palma, simbolo di un?identità 'fallace', come la definisce il cr itico Carlo Sala. Ci sono migliaia di specie di palme, tutte di provenienza tropicale. La 'palma veneta' è il simbolo di un mir aggio nato dur ante gli anni Ottanta, por tator i di un benessere nar r ato anche attr aver so simboli esotici. Nel Veneto di oggi le palme si possono trovare un po? ovunque: ador nano giardini pr ivati, ingressi di centr i commerciali, discoteche, parcheggi, ?

Da visitare: www.giacomostreliotto.com

La fotografia ? ammesso che possegga «pregio artistico o storico» ? è essa stessa Bene Culturale: come ti rapporti a questa possibilità nell?ambito dei tuoi progetti personali? Tor nando al lavoro sul Brenta: per la pr ima volta ho deciso di integr are le mie fotogr afie con altre immagini, recuper ate da archivi pubblici e pr ivati. Mi interessava poter ar r icchire la sequenza fotogr afica con infor mazioni e suggestioni, trovare

Giacomo Streliotto, "Via della Stazione"

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LAND\ SLIDE 13 \ \ MICHELA FRONTINO \ GLOOSCAP Nel cor so di quest?anno, il pr imo di LAND\SLIDE, ho scoper to uno scenar io str aordinar iamente r icco di proposte: centinaia di fotogr afi che trovano nei luoghi, e nei luoghi del nostro paese, dei motivi di interesse e di lavoro, protagonisti ? ognuno attr aver so la propr ia visione e cultur a ? di un?immensa panor amica su ciò che abbiamo intor no, sugli spazi che r iguardano, accompagnano e contengono le nostre attività, le nostre vite. Michela Frontino, cofondatr ice di ?Glooscap?, vive di fotogr afia: la pr atica, la insegna, la promuove. Letter almente, la cura. Perché dallo scenar io str aordinar iamente r icco e spesso str aordinar iamente disper sivo di quest?epoca si possa r isalire a un linguaggio, a una for ma, a un valore.

Michela Frontino, "Oro rosso"

Michela, vorrei cominciare da ?Glooscap?, piattaforma di ricerca e di confronto sull?immagine e i linguaggi fotografici; un generatore di laboratori e progetti che puntano anche sui luoghi. Che tipo di luoghi esplorate, e in che modo? ?Glooscap? nasce dall?incontro di tre approcci differenti con cui è possibile osser vare il paesaggio e, più in gener ale, la realtà che ci circonda. La filosofia, l?antropologia urbana e la fotogr afia (a loro volta campi di r icerca dei tre fondator i di ?Glooscap?, Enr ico Mastropier ro, Angelo Romano e Michela Frontino) confluiscono nella lettur a multidisciplinare del ter r itor io che viviamo più da vicino, quello dell?Italia mer idionale. In questa lettur a il paesaggio assume connotazioni cultur ali e sociali; si r iconosce negli spazi inter stiziali e nei mar gini socio- cultur ali; si fa simbolo e testimonianza dell?agire umano, propr io lì dove sembr a non esserci nulla di interessante.

Sulla sovrapposizione dei linguaggi trovo rappresentativo e stimolante ?Sounds After Images?: il risultato di un laboratorio mirato ? scrivete ? al «paesaggio sonoro». A cosa si deve lo spunto del laboratorio? Immagine e suono collimano o sono comunque letture distinte? ?Sounds After Images? è stato un labor ator io in Ecologia del Suono, condotto dal musicista Fr ancesco Giannico. L?intenzione è stata quella di r accontare il paesaggio sonoro dell?area del parco archeologico di Santa Geffa a Tr ani, tema già affrontato dal workshop di fotogr afia documentar ia ?Mir abilia?, diretto dal fotogr afo Michele Cer a. L?idea di par tenza di ?Sounds After

Images? è che il contesto ambientale si espr ime anche con una sua vocalità, spesso spregevolmente definita ?r umore?; così abbiamo pr aticato due possibili r appresentazioni dell?area interessata, attr aver so una r icerca fotogr afica e un?altr a elettroacustica. Non pensiamo che le due r appresentazioni abbiano collimato, anzi possiamo dire che l?aspetto più cur ioso e quindi più stimolante der ivasse da una sostanziale diver genza tr a immagine e suono, da una sor ta di cor to circuito e dalle ?vie di fuga?che esso ha messo in moto.

Un altro progetto di ?Glooscap? ? ?Album di famiglia? ? cerca di restituire un ritratto comune, faccia per faccia, di chi intende raccontarsi e r iconoscer si. Credi si raccolgano anche i luoghi, raccogliendo il patrimonio fotografico di chi in diverse forme li ha vissuti? ?Album di famiglia? è un progetto in cor so che esplor a alcune aree di confine tr a concetti contr apposti: bene mater iale e immater iale, pr ivato e pubblico, memor ia individuale e collettiva, copia e or iginale, visibilità e invisibilità. Mi piace consider arlo una sor ta di 'esper imento archivistico' perché intende r accogliere e catalogare ciò che nor malmente non viene (o perlomeno non ancor a) consider ato bene stor ico- ar tistico, in quanto per so nel mar asma di una quotidiana sovr approduzione di immagini. Si tr atta della memor ia vivente, non solo di 'come er avamo' ma anche di come siamo oggi e come ci r appresentiamo, con quali modelli e str umenti. Al momento abbiamo r accolto e catalogato circa 1200 immagini pr ivate,

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provenienti per lo più da album di famiglia, appunto, che vor remmo pubblicare in un archivio on- line. Attr aver so questo archivio ciascuno di noi potrebbe attingere a ser ie fotogr afiche distinte per soggetto, data o luogo. La voce 'paesaggio' sarebbe, di cer to, una possibilità di r icerca iconogr afica per soggetto.

Attraverso la tua serie ?Oro rosso? metti in luce due versanti della stessa situazione: da un lato ? fuori campo ? le umilianti condizioni di lavoro di parecchi stagionali di una zona della Puglia; dall?altro, la capacità di adeguarsi alle difficoltà e di costituire, per quanto precario, un proprio rifugio. A quali altre considerazioni ti ha portato quel progetto? «If photographs could not be read as stories, they could be read as symbols». A questo concetto, che John Szarkowski espr ime in The Photographer?s Eye, mi sono senz?altro ispir ata nella realizzazione di ?Oro Rosso?. Il progetto è nato per una pubblicazione sul Magazine Nothing to see here #1, a cur a di Fr ancesco Jodice. Il tema 'Gli altr i' mi ha por tato a indagare alcuni luoghi che conoscevo sin da bambina. Tuttavia, nel contesto dei ghetti e di questo nuovo schiavismo che interessa la Valle della Daunia, non ho voluto r itr ar re i volti e le disumane consuetudini dei lavor ator i stagionali. Ho pensato che i gior nali e i siti web fossero già pieni del r acconto visivo di tanta sofferenza. Per questo credo che nel mio lavoro fotogr afico il dettaglio, pr ima, e il simbolo, poi, siano divenuti str umenti nar r ativi ben più eloquenti, perché ognuna di queste abitazioni nasconde e al contempo comunica molto di quei luoghi, di quelle vite e di quei paesaggi.

Enrico Mastropierro, "Sounds After Images"

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Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale, a cui per qualche ragione tu sia legata? Potresti descriverla? Tricycle di William Eggleston è la fotogr afia che, alla tua domanda, mi è subito venuta in mente. Si tr atta di un?immagine che non descr ive apparentemente alcun paesaggio ma ne sottende l?esistenza e il cambiamento, nell?Amer ica degli anni Settanta, delle per ifer ie e dei gr andi centr i commerciali. È una delle fotogr afie che segna il passo di un nuovo modo di intendere il paesaggio, e che già espr ime un linguaggio e uno stile fotogr afico e documentar io profondamente r innovati.

Da visitare: www.documentar yplatfor m.com/wp/por tfolio/michela- frontino www.glooscap.or g

Glooscap, "Album di famiglia"


LAND\ SLIDE 14 \ \ FRANCESCA IOVENE Un lavoro sui luoghi può essere fr utto di studi e r icerche e seguire i contor ni già delineati di un dato progetto; oppure può svolger si liberamente ? pur conser vando una sua costr uzione ? come stanza di passaggio che consenta di ar r ivare a r iflessioni successive. Fr ancesca Iovene r acconta e por ta avanti questa doppia direzione, inter secando nella vita da fotogr afa passioni per sonali e commissioni necessar ie. Sopr attutto rende i luoghi che r itr ae degli str umenti per conoscere e conoscer si; luoghi come stanze di passaggio, come depositi attivi di significato e di crescita sentimentale. E lo fa ? parole sue ? perché in fondo non potrebbe fare altro.

Francesca Iovene, "Il profilo dell'intorno"

Francesca, per capire dove siamo forse occorre ricordare dove abbiamo cominciato: ?Il profilo dell?intorno? esplora Brescia lungo un limite urbanistico, mettendo in relazione architetture e percezione degli spazi. Brescia è la città dove sei nata: allora com?è la tua Brescia, in che misura ripropone i temi che hai fotografato? Per capire dove siamo occor re r icordare Casa, su questo siamo d?accordo. Casa, per me (la pr ima di una ser ie almeno) è Brescia, e Brescia è il mio pr imo amore consapevole. È un classico, sì: impar are ad amare cer te car atter istiche e contr addizioni della propr ia città solo dopo esser sene andati. Potrei parlare di quei luoghi come fossero per sone, for se è per questo che nasce il progetto e che ho scelto questo titolo: 'profilo' inteso sì come contor no di una for ma ma anche come descr izione di un individuo (queste cose mi diver tono tanto). Brescia, come molte altre città, ha una sua circonvallazione, che i bresciani comunemente chiamano Ring (fa un po? Vienna, no?): questo anello ir regolare divide il centro stor ico dalla par te più per ifer ica/residenziale e r accoglie in sé alcune par ticolar ità, che r iescono a descr ivere abbastanza bene l?inter a città. Una par te per il tutto, insomma. È anche un percor so che inizia e finisce nello stesso punto, molto tr afficato ma poco osser vato, in cui si concentr ano aspetti tr a i più interessanti, per me: i contr asti e le incoerenze, dagli stili e le facciate degli edifici ai segni della stor ia della città, leggibili nel tr acciato urbano nel suo insieme. Camminare per gior ni intor no a questi spazi, r ipercor rere fino alla nausea dei luoghi e scopr ir ne degli altr i mai visti (ed è bellissimo stupir si dopo tutti questi anni) è ser vito anche a far r iemer gere molti r icordi per sonali, che hanno reso il mio percor so più appagante.

In ?Human Patagonia? c?è il paesaggio naturale e nel paesaggio i primi segni di chi sceglie di abitare un territorio, quindi di modificarlo: una visione inevitabile che trovi sconfortante o fascinosa, in prospettiva? Rispondere a questa domanda è difficile, in un cer to senso: le brutture ? in città come nel paesaggio ? mi affascinano parecchio. In realtà queste fotogr afie sono nate semplicemente viaggiando e non da una r icerca: ho percor so una str ada continua da nord a sud della zona, che mi ha per messo di imbatter mi in visioni nuove e respir are un?ar ia diver sa. Non avevo intenzione di denunciare un?impronta né di manipolarla, collezionavo soltanto dei segni che mi facevano sentire meno per sa; senza tentare di giudicarli, lasciandoli dentro all?immagine così come er ano, segni r iconoscibili per chi si muove in una ter r a non propr ia. L?impatto di quei luoghi è stato for tissimo; se ci r ipenso mi sento un peso dentro, che cade e fa un tonfo. Credo si chiami nostalgia. Avrei potuto espr imere tutto il mio stupore senza lasciare niente indietro, e probabilmente lo avrei prefer ito. Invece poi mi sono r itrovata a mettere insieme le fotogr afie di quel viaggio lungo un mese: per un bisogno di analisi a poster ior i, in gener ale, e per fer mare delle visioni che nella realtà sono sempre accompagnate da sensazioni, così da farle accadere di nuovo tutte le volte che si vuole. Credo sia il metodo giusto per r iflettere e affinare un?idea. La Patagonia è quello che è, ed è in continuo cambiamento. Vor rei tor narci, reinventare un viaggio par tendo dalla consapevolezza di ciò che troverò, ma r icominciando da capo, per trovare nuove cose da dire e r iordinare. Dopo la prossima volta, magar i, saprò dar ti una r isposta meno vaga.

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Periodicamente componi una serie di appunti visivi e testuali, dei ?Phototelling?: escono su un magazine on- line e sono un ibrido diario\ cartolina. Sembra il ritorno a qualcosa di semplice e da maneggiare, alla carta, alla calligrafia; a qualcosa di impreciso, anche. Più intimo e più personale? Per anni sono r imasta in sospeso (e imprecisa, in qualche modo) tr a la voglia di r accontare anche attr aver so le parole e l?imbar azzo di farlo, preoccupata for se dall?incomprensione che avrebbe potuto suscitare negli altr i. Con STREAM sto compiendo un percor so, che vor rei intensificare e rendere ancor a più esterno per mezzo di immagini coerenti con quello che faccio di solito, unite però a qualcosa di più per sonale, di cui al momento sto sper imentando le for me. Mi piace il fatto di essere sostanzialmente liber a di r agionare e propor re cose nuove con l?appoggio di questo magazine bello e interessante, di cui faccio par te da qualche mese. Il processo di creazione di un diar io è in un cer to senso un r ituale che già mostr a un for te livello di intimità e un bisogno di mettere insieme più linguaggi semplici.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legata? Potresti descriverla? Mi è venuta in mente una foto di Nadav Kander, una delle mie prefer ite in assoluto: 'Fallen Br idge'. C?è un ponte inter rotto, un paesaggio dai toni caldi, un mondo che continua lontano, una str iscia di ter r a che si muove propr io sotto al punto in cui il ponte è crollato. Non sono sicur a di saper spiegare perché mi piaccia così tanto, ma la pr ima volta che la vidi r imasi a fissarla molto a lungo. È per fetta in tutti i suoi str ati: dentro quel rettangolo non c?è niente che non funzioni. Kander r imane uno dei miei fotogr afi di r ifer imento e io, oggi come ier i, continuo a osser vare.

Da visitare: www.fr ancescaiovene.com

Come si vive di fotografia? Creatività, qualità dei lavori, contatti, cos?altro permette di muoversi in questo settore affiancando alle proprie ricerche e passioni i lavori fruttuosi sul piano economico? Mi sto confessando: trovo che non sia per niente facile por re sullo stesso livello la fotogr afia come lavoro e la fotogr afia come r icerca per sonale. Parlo per me, ovviamente: sono in una fase (e qualcosa mi dice che lo sarò molto a lungo) in cui devo ancor a impar are a gestire il mio tempo e suddividerlo tr a ciò che devo fare e ciò che voglio fare. Non è una questione, non solo, di tempo mater iale ma anche di tempo mentale. Da un lato ho la for tuna di poter legare i miei interessi per sonali ? le passioni per la fotogr afia, l?architettur a e il paesaggio ? all?ambito lavor ativo, e questo senza dubbio mi spinge a far combaciare la mia firma e la mia visione delle cose in tutti i progetti che intr aprendo. Dall?altro, come lato negativo, c?è il non poter ne uscire, l?esserci dentro sempre fino al collo senza poter si prendere una pausa. È una scelta, non sempre facile ma sicur amente intensa. Io poi r iesco a diventare sentimentale in tutto, fino alle cose più piccole, e questa è una for za e una debolezza insieme. Sta a me gestirla in modo che diventi potentissima e mi tenga in equilibr io. Non potrei fare altro che questo, credo, né vor rei.

Francesca Iovene, "Human Patagonia"

Francesca Iovene, "Memoria del Salitre"

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LAND\ SLIDE 15 \ \ RICCARDO MUZZI La successione dei luoghi di un nostro percor so abituale non ci mer aviglia, non più: è la somma di passaggi e scor r imenti, di immagini non lette utilizzabili, al bisogno, come memor ia visiva ma piatte, finite, slegate da ogni contesto; non più percor si ma tr asfer imenti. L?occhio del fotogr afo dei luoghi cerca invece di far tappa dove almeno in apparenza nulla accade e nulla può sembr are utile; cerca di leggere e delineare il contesto, e la stor ia del luogo su cui si soffer ma ? piccola o gr ande che sia ? viene pian piano alla luce. Così Riccardo Muzzi, che nel mezzo di un percor so cerca i segni di una sovr apposizione sempre viva e da osser vare, r accogliendo gli elementi di un continuo lavor io: quello oper ato dall?uomo per testimoniare le sue relazioni coi luoghi.

Riccardo Muzzi, "Foglia"

Riccardo, ?Fiumi Uniti?tocca, credo, un punto- cardine per quanti si interessano dei luoghi: la contrapposizione naturale\ artificiale. In questo lavoro rintracci invasioni discrete, da parte dell?uomo, su un paesaggio indubbiamente naturale, derivante tuttavia da un intervento sul regime delle acque. Vuoi parlarmene in dettaglio? ?Fiumi uniti? è un progetto pubblicato dall?Osservatorio Fotografico di Ravenna nell?ambito del progetto 'dove viviamo'. I Fiumi Uniti sono un canale ar tificiale costr uito a sud di Ravenna nel ?700, che all?epoca doveva avere un aspetto completamente differente da quello odier no: molto più spoglio, con gli ar gini tr apezoidali molto più evidenti. Nei secoli il paesaggio si è ar r icchito: saltano agli occhi i capanni dei pescator i, tipici di tutta la Romagna, subito dopo gli or ti gestiti dai pensionati, che a un cer to punto decidono di occupare un pezzo di ar gine, r ipulendolo dalle canne palustr i e r icavandone appunto degli or ti. Infine gli spazi dedicati alle attività spor tive: cor sa, bicicletta, canoa. In altre zone ancor a la natur a si è r ipresa i suoi spazi, e i boschi si sono talmente infittiti da r isultare impenetr abili. Nella percezione collettiva quindi, i Fiumi Uniti sono un luogo natur ale che viene vissuto a tutti gli effetti come parco urbano, ma nulla dei Fiumi Uniti ? come d?altronde buona par te della Pianur a Padana ? è natur ale. Propr io quest?ambiguità di luogo ar tificiale con sembianze di natur ale mi ha spinto a lavor are sul canale, ambiguità che in una cer ta misur a si r itrovano anche nella fotogr afia come mezzo apparentemente fedele alla realtà. La fotogr afia propone qualcosa che sembr a la realtà ma realtà non è. Come posso per tanto far dialogare un luogo ambiguo con un mezzo ambiguo? Tenendo a mente questa domanda ho sviluppato ?Fiumi Uniti?. Pur senza tr alasciare un approccio squisitamente documentar io, ho pr ivilegiato situazioni e inquadr ature che potessero creare delle ambiguità visive e una scena altr a r ispetto al soggetto fotogr afato. Oltretutto in quel per iodo mi ero avvicinato alla ?Patafisica di Alfred Jar r y, e ho trovato nella definizione di questa («la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà

degli oggetti descritti per la loro virtualità») una sor ta di legittimazione ad accordare a un approccio fotogr afico documentar io degli elementi, sottili, in gr ado di r icondur re a un mondo altro e immaginar io; un 'epifenomeno', come lo definirebbe Jar r y.

?Foglia? nasce invece dalla partecipazione ad un progetto collettivo: al di là della ricerca personale e del confronto, a cosa portano i progetti collettivi? Si sviluppa un vero dialogo sui luoghi e sulla loro comprensione? È difficile parlare di 'comprensione dei luoghi' perché dovremmo chiederci innanzitutto qual è l?interlocutore di questi progetti e con chi instaur ano un dialogo. Spesso i progetti fotogr afici collettivi e i loro r isultati si r ivolgono solo a un pubblico di fotogr afi, non creando quindi un vero e propr io dialogo con chi, quotidianamente, vive quei luoghi. Questa tipologia di progetto è impor tante perché alimenta lo scambio e il senso di comunità tr a i fotogr afi; la comunicazione col pubblico dei non addetti ai lavor i però ? anche per una questione di fondi ? non soltanto non viene adeguatamente cur ata, a volte neppure cercata. Nella stor ia della fotogr afia ci sono stati gr andi esempi di progetti collettivi che hanno ver amente sviluppato un discor so cr itico sui luoghi e aiutato alla loro comprensione, su tutti la Farm Security Administration, voluta dal gover no Roosevelt per documentare e comprendere la situazione dei contadini fittavoli nella 'polver ier a' d?Amer ica dopo la cr isi del ?29. In Italia, con l?Archivio dello Spazio di Milano ? un progetto dur ato 10 anni e che ha coinvolto i più impor tanti fotogr afi dei luoghi di quel momento ? si è documentato e r appresentato il paesaggio della provincia di Milano. Entr ambi i progetti sono stati utili alla comprensione dei luoghi in un deter minato per iodo stor ico, e lo si deve alla loro natur a progr ammatica, politica, educativa, interdisciplinare. Credo allor a che i progetti collettivi sviluppino un vero dialogo quando par tono da istituzioni pubbliche e coinvolgono anche

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figure differenti dai fotogr afi: architetti, urbanisti, sociologi, antropologi. La fotogr afia sicur amente può svelare qualcosa di un luogo, ma non sono sicuro che da sola possa aiutare a comprenderlo.

L?idea di un percorso obbligato e già visto da cui diramare lo sguardo mi affascina sempre: tu l?hai fatto in ?Adriatic City?, sulla tratta ferroviaria Pesaro- Falconara Marittima. Cosa si trova, rompendo un percorso obbligato? ?Adr iatic City? nasce dalla cur iosità di dare un volto a luoghi che pr ima di allor a er ano poco più di scr itte bianche su fondo azzur ro: Falconar a Mar ittima, Montemarciano, Senigallia, Mar zocca, Marotta Mondolfo, Fano, Pesaro, si susseguivano dur ante il mio percor so in treno. Il paesaggio che vedevo dal finestr ino sembr ava connotato da una tale continuità che per quasi 60 chilometr i sembr ava di attr aver sare la stessa città. Un paesaggio completamente diver so dai luoghi in cui ho vissuto, in montagna, circondati dal verde, isolati e quasi pr ivi di industr ie. ?Adr iatic City? per me è stato il tentativo di assegnare a questi luoghi un volto del tutto per sonale, fatto di piccole scoper te e fascinazioni al di fuor i dei classici itiner ar i tur istici. Rompere un percor so obbligato por ta sempre a nuove scoper te; è la natur a stessa della der iva, del perder si, a incor aggiare in noi la sor presa. Questa str ategia di passeggio indeter minato, introdotta dai situazionisti come pr atica ar tistica negli anni Sessanta, implica il muover si in manier a casuale all?inter no di un ter r itor io, lasciandosi tr aspor tare non da un percor so definito bensì da stimoli estetici. Un compor tamento che credo per metta di cogliere aspetti della vita reale ampliando la visione del ter r itor io in cui si spazia. Un modo di inter agire con il paesaggio inoltre, facendo esper ienza non solo visiva, ma anche sensor iale e inter iore.

Basta una pista ciclabile, a volte, per attraversare un paesaggio con occhi diversi: ?Oltre la siepe? seziona una parte di Pesaro e scopre dei lati altrimenti nascosti dei luoghi; spazi non rivolti al pubblico, direi. In particolare che cosa ha attirato la tua attenzione? La ciclabile Cardinali di Pesaro è stata voluta e finanziata dall?azienda pesarese IFI, che poi ha anche commissionato ad alcuni fotogr afi dell?ISIA di Urbino, e a Guido Guidi, delle campagne fotogr afiche sulla pista. La ciclabile attr aver sa Pesaro snodandosi tr a zone residenziali e zone industr iali, costeggia il fiume Foglia e alcuni spazi natur ali, si r itrova nuovamente tr a i palazzi per finire nel parcheggio di un centro commerciale. La pista offre una ser ie di viste pr ivilegiate su paesaggi di Pesaro che non si mostr ano facilmente allo sguardo, e questo aspetto ha attir ato la mia attenzione. Mi è venuto spontaneo quindi creare delle relazioni visive tr a la pista e la città che attr aver sa, dove la natur a e le siepi che dividono la pista ciclabile dal resto della città fanno da quinta teatr ale per proiettare lo sguardo altrove.

Riccardo Muzzi, "Fiumi Uniti"

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Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Room 125, Westbank Motel, Idaho Falls. Idaho, July 18 1973, è l?autor itr atto di Stephen Shore, pubblicato in aper tur a del libro Uncommon Places. Siamo in una camer a d?alber go dall?aspetto spoglio: gli unici elementi di ar redo sono un letto con un lenzuolo dal motivo floreale astr atto e kitsch, un tavolino con abat- jour con sotto una sedia, una finestr a sovr aesposta che non lascia intr avedere cosa c?è fuor i e una TV spenta attaccata alla parete di un colore tr a il verde chiaro e il beige. Sul tavolino è appoggiata una valigia, e dal fondo del letto, al limite dell?inquadr atur a, spuntano le gambe con indosso un paio di scar pe Converse logore. La fotogr afia è presa come se fosse una soggettiva della per sona sdr aiata sul letto mentre sta guardando la TV o r iposando. Ver rebbe da scar tare la pr ima ipotesi, dato che la TV è spenta; sullo scher mo però si r iflette il paesaggio fuor i dalla finestr a. Con quest?immagine Stephen Shore preannuncia il contenuto del libro: lo 'spettacolo' in progr amma è propr io il paesaggio fuor i dalla finestr a.

Da visitare: www.r iccardomuzzi.it www.osser vator iofotogr afico.it


LAND\ SLIDE 16 \ \ MARCO FAVA Isolare con lo sguardo una por zione di paesaggio ci consente di vedere com?è fatto e r accontarlo; pr ima ancor a ci consegna infor mazioni in apparenza semplicissime: ci dice, tr a l?altro, se lo spazio che osser viamo è ordinato oppure no; ordinato, si intende, secondo cr iter i che r iconosciamo e che sono r ivolti di solito al costr uito, tanto più se per mestiere o professione ci occupiamo di r iempire, r ivedere, r iordinare spazi urbani. Marco Fava, da architetto, sceglie spesso una visione fotogr afica ordinata in altro modo: quello che per abitudine consider iamo disordine, spazio non deter minato, confuso, fa nascere in lui uno sguardo che muove sui bordi e le r ive, che si occupa con cur a ? per istinto ed interesse ? del groviglio natur ale, r icondotto al suo statuto di elemento che compone, che non gover nato continua a produr re il suo ordine, scr ive una tr accia, magar i un?immagine inter a. Un paesaggio che r imane sempre incer to ? unclear, scr ive Marco in un titolo dei suoi lavor i ? che pone una ser ie di inter rogativi, perché il fotogr afo possa poi por ne altrettanti.

Marco Fava, untitled

Marco, quel che forse mi sorprende maggiormente nelle tue fotografie è l?attrazione per l?intrico: alberi, erba, sterpaglie, grovigli che emergono dalla natura con delicatezza inusuale, in una luce quasi nordica, direi. Ti ritrovi in questa considerazione? Sì, assolutamente: ho una par ticolare fascinazione per gli elementi vegetali e mi viene spontaneo avvicinarli. In realtà, r agionando in modo un po? astr atto, non vedo un caos in quei grovigli, bensì un?ar monia; come se fossi di fronte a una scenogr afia natur ale, con un filo conduttore e delle regole precise: è questa, for se, la cosa che mi attr ae di più. Come fai notare, la luce ha un r uolo fondamentale per me. Cerco sempre di fotogr afare con una luce debole, inver nale, che non disegni troppo la scena; e che valor izzi ? nelle mie intenzioni ? quel tipo di soggetto, conferendo alle immagini un?atmosfer a quasi onir ica.

Nel tuo lavoro ?Traces of a fast geography? perlustri gli scenari di un evento catastrofico (quello accaduto in Val Nure e Val Trebbia, a sud di Piacenza, nel settembre del 2015), che costringe chi fotografa a puntare sugli effetti del disastro. Tu con quale approccio ti sei mosso, come hai scelto di comporre il tuo progetto? L?alluvione è stata il punto di par tenza: non mi attir ava l?idea di una cronaca della tr agedia, volevo indagare la geogr afia di un ter r itor io, che può mutare ? con un?acceler azione improvvisa ? r ispetto alla propr ia inevitabile, natur ale evoluzione. Lo sguardo è r ivolto, ovviamente, anche alle dirette conseguenze dell?alluvione, che possono apr ire a un dibattito sulle questioni specifiche di quegli eventi; c?è sopr attutto una componente sensoriale e meditativa, che mi accompagna costantemente in ogni nuovo progetto e che cerca di espr imere una visione più

ampia e univer sale. Sono tor nato molte volte sugli stessi percor si: li ho esplor ati con lentezza, per coglier ne i piccoli movimenti e l?evoluzione nel tempo, per cercare le tr acce antropiche e natur ali che per mettessero ? anche se in modo fr ammentar io e incompleto ? di decodificare un ter r itor io mutevole e di osser vare appunto le inter azioni uomo- paesaggio.

Alimenti di continuo la passione per le immagini, le immagini dei luoghi soprattutto, osservando una miriade di lavori fotografici: c?è modo, secondo la tua esperienza visiva e la tua attenzione, di leggere una dominante, una caratteristica diffusa e ripetuta, nella fotografia contemporanea dei luoghi? Credo che allo stato attuale esista una diver sificazione davvero ampia nel modo di r accontare il paesaggio; spogliata, for se, di alcuni for malismi della fotogr afia di paesaggio degli anni passati. Noto tuttavia una tendenza: quella di r accontare il luogo in manier a meno descr ittiva, legandolo a stor ie più o meno reali e for nendo più di un?inter pretazione. E questo approccio mi affascina, perché per mette di lavor are ad infiniti livelli di profondità e or iginalità. Posso citare, con una brevissima e insufficiente descr izione, due lavor i che mi hanno molto colpito per la loro capacità di r accontare i luoghi e le stor ie umane connesse: ?Find a Fallen Star ? di Regine Peter sen e ?Tr anquillity? di Heikki Kaski. Il pr imo è un lavoro diviso in capitoli, che in modo puntuale e suggestivo nar r a le conseguenze por tate dall?impatto di fr ammenti di meteor iti nella vita delle per sone e nei luoghi; r iesce a creare una connessione tr a le stor ie quotidiane e l?immaginar io mister ioso del cosmo. ?Tr anquillity? invece per mette di immer ger si nella vita di una piccola cittadina

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amer icana, uscendo però dagli schemi classici del r acconto di paesaggio amer icano; con una ser ie di immagini inquiete e affascinanti offre quasi una sceneggiatur a, che continuamente va oltre l?aspetto descr ittivo dell?immagine stessa.

Sei architetto e ti sei confrontato, in fotografia, con l?architettura di un determinato quartiere di Brescia ? San Polo e le sue estensioni ? progettato in buona parte da Leonardo Benevolo. Come hai recepito quel quartiere, allo stato corrente, al momento di fotografarlo? Quando mi è stato proposto di fotogr afare i quar tier i di San Polo e Sanpolino ho subito pensato che potesse essere un?ottima occasione per mettere a confronto quello che ho studiato sulle gr andi pianificazioni residenziali fatte tr a gli anni ?70 e ?90 e il contesto reale. Mi soffer mo su San Polo, più emblematico r ispetto a Sanpolino, che è un quar tiere nuovo e con car atter istiche differenti: le cinque tor r i di San Polo, alte diciotto piani, sovr astano l?edilizia bassa delle case a schier a e la mia percezione, fin dall?inizio, è stata di un?architettur a costantemente presente (ma for se il ter mine adatto è incombente) ad ogni movimento, ad ogni sguardo. Lì capisci quanto quel cemento, coi suoi percor si, le altezze, i volumi, i tunnel o i passaggi aerei, possa avere influenzato la vita degli abitanti nel cor so del tempo, e quanto gli abitanti abbiano impar ato a conviverci; addomesticando, in qualche modo, quella presenza. È propr io su questa convivenza che ho focalizzato l?attenzione, provando a sottolinear ne i contr asti, dando r isalto ai pesanti volumi architettonici e al degr ado, in cui per siste tuttavia il desider io di uno spazio più confor tevole, che si per sonalizza e si circonda, sopr attutto, di vegetazione.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale intendo, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Mi viene spontaneo pensare contempor aneamente a diver se immagini, più che a una sola: a quelle di ?Niagar a? e ?Sleeping by the Mississippi? di Alec Soth, due lavor i che oltre a r imandar mi ad alcuni r icordi e avvenimenti per sonali hanno r appresentato uno spar tiacque tr a il modo che avevo pr ima di fr uire la Fotogr afia e il modo in cui la vivo or a. Credo anche di aver iniziato a fotogr afare con più emozione, con un atteggiamento più definito e mir ato, dopo aver visto quelle immagini, piene come sono di una dolcezza e ? allo stesso tempo ? di un?amarezza indescr ivibile.

Da visitare: www.marcofava.net

In alto: Marco Fava, "Traces of a fast geography" In basso: Marco Fava, "San Polo / Sanpolino"

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LAND\ SLIDE 17 \ \ ETTORE MONI Pensando al percor so di Ettore Moni, concentr atosi sui luoghi e sulla loro osser vazione dopo alcuni anni spesi professionalmente sul r itr atto, sulla moda e sull?immagine pubblicitar ia in genere, ho di nuovo la confer ma di una scelta meditata, figlia di un?evoluzione strettamente per sonale (della quale poco o nulla posso dire), for te di un ter reno fer tile per quanti, sulla scor ta dei maestr i del paesaggio, por tino avanti tematiche e sguardo. Ma c?è altro; perché chi fotogr afa i luoghi ? e me ne convinco ogni volta di più ? cerca nei luoghi qualcosa di sé. Un piccolo completamento, un r imando alle propr ie r adici o la proiezione di un sogno. Scelta, nel suo caso, che lo chiama di frequente alla salita, che lo induce a iner picar si, a render si conto dall?alto di cosa succeda, in che for ma, in che luce. Sempre secondo una logica di str aordinar io profilo, con un approccio all?immagine lento e convinto, che attinge dal r ito e si lascia alle spalle l?ur genza diffusa. Così la scelta buona viene fuor i e lì r imane.

Ettore Moni, untitled

Ettore, nel tuo progetto ?An empty valley? hai toccato una questione d?importanza capitale per quei luoghi ? spesso parliamo di interi paesi o vastissime zone ? che hanno basato la loro esistenza su un?attività commerciale specifica. Nel caso di Forno, in provincia di Massa- Carrara, è l?estrazione del marmo. Oltre all?impatto visivo, quali impressioni hai raccolto e fissato incontrando chi abita quel territorio? Per dirla con una battuta: r icordi la pubblicità di quel noto cioccolatino dal cuore morbido, che a un cer to punto fa ? lasciati conquistare dall?irresistibile scioglievolezza? ecceter a? Ecco, gli abitanti della valle hanno in dote un cuore morbido: al di là delle guance scavate e dei volti r ugosi, dei lineamenti sever i, così come sono sever i talvolta gli sguardi, a muovere questo complesso di cose e le mani segnate dagli anni di vita e lavoro sul luogo ci pensano cuor i di r ar a gr andezza. È gente di un?umanità disar mante: propr io per questa r agione è così resistente, cor iacea, spesso anche dur a. La valle che ho trovato e r itrovato, in questo senso, è tutto fuorché vuota.

introspettiva, senza pretendere che l?ipotetico osser vatore entr i in sintonia con me. In fondo prefer isco che ognuno sia libero di dispor re del propr io spazio inter pretativo secondo le sue esigenze e percezioni. Perché credo molto nell?inter soggettività del linguaggio 'immagine?.

?Funeral Monument? prende in esame la collocazione di lapidi e cippi commemorativi della Resistenza parmigiana: punti emotivi al di fuori del tempo, punti fissi attorno ai quali i luoghi cambiano in maniera indipendente dal ricordo. Cosa si muove, allora, attorno a quei punti? ?Funer al Monument? è stato una scoper ta. Scoper ta anche per me, intendo: il più delle volte ho dovuto scopr ire fisicamente quei punti, sollevare per un lembo quella patina di oblio e noncur anza che r istagna attor no ad essi e li devasta nella loro fissità. Il mio lavoro, in pr imo luogo, ha r appresentato una sor ta di r ivendicazione del potere autarchico della memor ia e del suo bastare a se stessa.

La tua scelta fotografica è precisa ed esigente: lavori a banco ottico e realizzi stampe grandi, conferendo ai tuoi progetti peso e cura del dettaglio dal momento dello scatto fino in mostra. Come concepisci il tuo rapporto con chi poi osserverà semplicemente il risultato, di un processo così ricco di attenzione?

I tuoi lavori sono stati pubblicati, in questi anni, su riviste e quotidiani di rilievo: trovi che l?impegno di un fotografo dei luoghi ? ammesso che esista una simile definizione ? sia recepito con l?atteggiamento adeguato?

Nell?economia del r appor to autore/fr uitore credo di essere un sano egoista: punto a vivere i momenti e le emozioni che precedono e seguono lo scatto in manier a del tutto per sonale e

Consider iamo che di ogni progetto si pubblica una selezione di scatti, a volte neppure i più significativi; diventa difficile allor a recepire e sopr attutto percepire, in r agionevole totalità,

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l?intenzione del fotogr afo. È tanto più vero in Italia, dove le immagini essenzialmente sono concepite come str umento per espr imere un concetto, come suppor to a un ar ticolo. Ancor a più difficile è vederle pubblicate (quindi r iconosciute) come entità a sé stanti, per puro gusto estetico o per adesione all?impegno del fotogr afo.

la trovi lì, la fotogr afia di cui parlo: è come un promemor ia che mantiene in evidenza le r agioni che mi spingono a cercare nuove immagini. Adesso però basta con i sentimentalismi.

Da visitare: www.ettoremoni.com

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale, a cui per qualche ragione tu sia legato? Potresti descriverla? Immagina un pomer iggio d?agosto a cui fa da sfondo la valle del monte Penna, al confine tr a Emilia- Romagna e Ligur ia, immagina quattrocento per sone che assistono alla deposizione di una statua religiosa e immagina di guardare tutto dall?alto: questa è in assoluto la fotogr afia a cui sono più legato. For se perché viene da un progetto, non ancor a pubblicato, sui ter r itor i che ho sempre vissuto e che mi r iguardano più da vicino; for se perché è uno dei miei pr imi scatti con il banco ottico. Se vieni a casa mia

Ettore Moni, "Funeral Monument"

Ettore Moni, "An Empty Valley"

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LAND\ SLIDE 18 \ \ MARINA CANEVE Provando a r iassumere queste inter viste di LAND\SLIDE, troverei parole- chiave decisive nelle r isposte di Mar ina Caneve: ricerca, connessioni, vulnerabilità. Ricerca per delineare il percor so di molti fotogr afi, in questo momento, attor no al concetto di luogo; r icerca che vuol dire spostamento, fisico e lungo le tr acce di significati che mutano in continuazione la loro misur a. Connessioni perché il compito di por re in relazione più elementi, invitando a una possibile lettur a della scena, è delicato e sempre più deter minante. Vulnerabilità infine, perché i nostr i movimenti, i nostr i piani, il nostro vivere di for za ci consegnano a un futuro complicato, probabilmente da scr ivere meglio. Allor a mi sembr a impor tante osser vare con cur a e capire la for ma dei luoghi in cui stiamo. Concentr arci su parole, e su immagini, che mettano r adici in questo senso, che ci inducano a cercare a nostr a volta. Le fotogr afie di Mar ina Caneve r ispettano a pieno l?intento, ecco perché ho dialogato con lei.

Marina Caneve, "1 km"

Marina, in ?Monopoli?c?è la Venezia di cui si dibatte periodicamente negli ultimi anni, quella affittata al turismo di massa, che si alimenta di toni non suoi, non appropr iati, per soddisfare bulimicamente chi arriva in città. Il modo perfetto per svendere un unicum?

Nel tuo progetto ?1 km? prendi in esame attraverso visioni d?insieme, dettagli e ritratti il grand ensemble La Caravelle, a nord di Parigi: una città nella città, quasi un?enclave ? la definisci ? con i suoi nuovi abitanti e contrasti, con una nuova estrazione sociale. Cosa accade in quella zona, e perché diventa significativo?

Il lavoro che più amo su Venezia è ?Venezia Mar gher a? di Lewis Baltz: cer tamente per la for ma, ironica, efficace, ma anche per l?intento descr ittivo- cr itico del processo di or igine della città. Mi ci sono imbattuta quando già avevo iniziato a lavor are su ?Monopoli? (che resta un progetto in divenire) e mi ha aiutato a r i- definir ne i confini. Quel che mi interessa è la mobilità meccanica, la macchina scenica prodotta da Venezia all?inter no di un?altr a, più gr ande macchina scenica, Venezia stessa. Pur essendo consapevole della pericolosità di citare i classici, per r ispondere alla tua domanda sento per fettamente calzante Calvino ne ?Le città invisibili?:

Tutto questo va contestualizzato: la banlieue di Par igi è un luogo di mezzo, il cui destino e le r adici rendono la vita di chi vi abita estremamente vulner abile. I 'gr ands ensembles', inter venti architettonici e urbani di una bellezza disar mante, costr uiti sotto i nobili ideali del Movimento Moder no, popolano queste per ifer ie e r appresentano una sor ta di fallimento cultur ale e sociale. In un simile contesto resta significativo il caso de 'La Car avelle', luogo di aper tur a e contaminazione dove un inter vento di re- modelage ha per messo a quel sito specifico di cominciare gr adualmente a r icucire una relazione con il tessuto urbano della città madre, Par igi appunto. Per 'La Car avelle' si è cercata e trovata una soluzione allo stato delle cose, con l?aper tur a di nuovi percor si mediante inter venti di micro- demolizione. È impor tante sottolineare che quando uso la definizione di enclave mi r ifer isco non alla situazione attuale ma a quella di par tenza. Ciò sui cui mi sono maggior mente concentr ata, lavor ando a questo progetto, è stato propr io il concetto di aper tur a e chiusur a, dal punto di vista sia fisico sia metafor ico; il concetto di limite imposto e di possibilità, di sfida dell?urbanistica come azione sociale per gli uomini, con la responsabilità di or ganizzare str utture umane e sociali. Le per ifer ie, queste per ifer ie in par ticolare, r imangono un tema impor tante, specie se penso a fenomeni di esclusione o ghettizzazione; e quel che più amo de ?La Car avelle? è l?intenzione, la lotta messa in atto contro l?enclavement e la deper sonalizzazione, così r icor renti nei gr ands ensembles.

Marco Polo ? Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia. Gr an Kan ? Quando ti chiedo d?altre città, voglio sentirti dire di quelle. E di Venezia, quando ti chiedo di Venezia. Un unicum, cer to, ma anche la r appresentazione di tutte le civiltà del mondo o perlomeno di quelle che hanno por tato in epoche più o meno recenti la loro influenza. Le mie scene abitate si relazionano alla città e all?uso che ne viene fatto. Le minacce sono il mercato, le r agioni produttive, politiche ed economiche che violano il contesto natur ale in cui è sor ta e si è sviluppata Venezia, mor tificandone il dir itto ad essere città. Il mio progetto non è su Venezia, non solo: mi interessano piuttosto il destino e la vulner abilità delle nostre città e della nostr a stor ia. Venezia ? facendo di nuovo r ifer imento a Calvino ? resta soltanto un esempio. E for se, usandola come esempio, l?ho già persa?

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Sei cofondatrice e curatrice di ?Calamita/ à?, piattaforma di ricerca fotografica, e non solo, sul Vajont; la tua parte di ricerca su quei luoghi, su come siano stati costruiti dopo il 1963, si intitola ?Motherboard?: perché, per le memor ie che quel territorio contiene? La r agione che mi ha spinto a ideare CALAMITA/À insieme a Gianpaolo Arena, è stata la necessità di indagare una complessità, i motivi che ci hanno por tato a vivere in un dato ambiente. In par ticolare, il mio interesse si è sedimentato nella r icerca di connessioni tr a le str utture sociali e la loro fr agilità. CALAMITA/À è diventato ed è tuttor a un vero e propr io str umento di r icerca, che mi ha per messo di aggiungere tessere- chiave a un ideale mosaico da r icostr uire. La nostr a idea è stata quella di rendere il Vajont un ter r itor io di scambio e di utilizzare la piattafor ma on- line come veicolo. Nel tempo molti autor i hanno lavor ato con noi, e il fr utto di queste esper ienze ? ?The Walking Mountain?, pubblicato nel novembre 2016 ? non è semplicemente un photo book nel senso classico del ter mine ma, piuttosto, un?oper a cor ale e di r icerca. Nel caso di ?Motherboard? ? scheda madre, letter almente ? mi r ifer isco a due cose: l?or igine dei luoghi, il loro cuore, ma anche quello che dà input a un futuro. Non sta a me r accontare la stor ia di un passato, prefer isco la r icerca di quello che ha por tato.

evoca nella mia memor ia altre immagini che ho visto, di cui ho letto o for se solo immaginato? In un pomer iggio d?autunno, attr aver so un paesaggio alber ato si incontr ano due direzioni e due stor ie: quella di un comune parco giochi, dove bimbi e genitor i stanno spensier ati al sole, e quella di un tamponamento fr a tre macchine appena oltre la siepe, for se di sabato pomer iggio, chissà. Tr agico e romantico si sfior ano e convivono, creando un mix cur ioso, anche grottesco; un?allegor ia della società contempor anea, col reale che somiglia sempre più alla fantascienza.

Da visitare: www.mar inacaneve.com www.calamitaproject.com

?Bridges are Beautiful? tratta un soggetto inconsueto: ponti sì ma naturalistici, creati per connettere di nuovo territori separati per ragioni di confine o per la stratificazione del paesaggio costruito. Per un?Europa impegnata piuttosto a dividersi è un paradosso; può funzionare da esempio però? I ponti in questione non hanno a che vedere con un?idea di lotta allo stato di fatto dell?Europa, ma la loro costr uzione si relaziona direttamente ai concetti di unificazione e preser vazione della diver sità. ?Br idges are Beautiful? inizia da r icerche approfondite sull?idea di Europa come Utopia, specie su ciò che r iguarda l?ambiente e le relative politiche di tutela attuate negli ultimi decenni dall?Unione Europea. Se da un lato si fa sempre più presente nel dibattito politico e mediatico il tema dei flussi migr ator i, dei confini nazionali e del r ipr istino delle dogane, dall?altro l?Unione Europea ha investito ingenti somme di denaro nella creazione di una rete infr astr uttur ale dedicata alla fauna selvatica, che mir a a valicare ? a beneficio della liber tà di movimento ? confini politici e limiti fisici. L?idea di Utopia r isiede per me nell?idea di connessione univer sale; i ponti nella mia r icerca sono infatti in relazione con l?idea di Monumento Continuo concepita negli anni Settanta da Super studio, secondo la quale estendendo un singolo pezzo di architettur a attr aver so il mondo intero sarebbe stato possibile r ipor tare ordine cosmico in ter r a. In senso lato, tutta l?antropologia si concentr a sulla tr ansizione tr a natur a e cultur a; per questo r itengo sensibile il par adosso.

Ricordi una fotografia di paesaggio, con una spiccata connotazione territoriale, a cui per qualche ragione tu sia legata? Potresti descriverla? Quest?ultima domanda sfida la cur iosità, anzi la necessità che ho nel cercare connessioni fr a le cose; infatti mi vengono in mente decine di immagini in cui il paesaggio è luogo di contr addizioni e vulner abilità. Un?immagine di Hans Aar sman, in par ticolare, che

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In alto: Marina Caneve, "Monopoli" In basso: Marina Caneve, "Bridges are beautiful"


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