Designing with waste materials - Progettare con i Rifiuti

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Politecnico di Torino I Facoltà di Architettura Corso di laurea specialistica in Architettura (Costruzione) a.a. 2011/2012

“L’ architettura dell’immondizia assume un significato profondo in un mondo in cui le materie prime stanno diventando sempre più scarse. Ci consideriamo più logici che ecologici. È semplicemente razionale ridare una funzione ai materiali di scarto perché le loro qualità e il loro specifico valore non vadano perduti in processi di riciclaggio non sempre intelligenti”.

Giorgio Ceste

Denis Oudendijk, Jan Körbes [REFUNC]

PROGETTARE CON I RIFIUTI DIARIO DI UN’ESPERIENZA DI RIUSO DELLA MOQUETTE IN EDILIZIA

PROGETTARE CON I RIFIUTI

Relatori:

Andrea Bocco Roberto Giordano

Candidato:

Giorgio Ceste


PROGETTARE CON I RIFIUTI DIARIO DI UN’ESPERIENZA DI RIUSO DELLA MOQUETTE IN EDILIZIA

Politecnico di Torino I Facoltà di Architettura Corso di laurea specialistica in Architettura (Costruzione) a.a. 2011/2012

Relatori:

Andrea Bocco Roberto Giordano

Candidato:

Giorgio Ceste


INDICE

Introduzione

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1. Costruzione in-sostenibile 1.1 Le responsabilità dell’edilizia 1.2 I prodotti Sostenibili 1.3 I parametri per la valutazione 1.4 Tipologie di prodotti

007 007 011 013 018

2. Il riuso in architettura 2.1 Il problema rifiuti 2.2 Normativa gestione e smaltimento rifiuti 2.3 Il riuso nel design e nell’architettura 2.4 Approcci differenti in architettura 2.3 Convenienza del riuso

021 021 027 029 037 047

3. Diario di viaggio 3.1 Obiettivi 3.2 La ricerca 3.3 La catalogazione 3.4 Casi Studio 3.5 I prodotti 3.6 La scelta

053 053 056 062 068 127 135

4. Il riuso della moquette 4.1 Studio delle caratteristiche e delle potenzialità della moquette 4.2 Proposte di applicazione 4.3 Lucy/Carpet House

137 137 147 161

5. I prototipi 5.1 Chiusura verticale 5.2 Isolamento termico 5.3 Fonoassorbimento

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6. Conclusioni

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7. Bibliografia

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Scheda Prodotto Allegato 1. Test di conducibilità termica Allegato 2. Test di fonoassorbimento Intervista a marco zaccara, 2012architecten Ringraziamenti

206 208 214 216 219



1. Costruzione in-sostenibile

Introduzione La tesi affronta un tema di cui oggi si parla, si scrive e si discute molto: l’enorme quantità di rifiuti prodotti e il loro possibile riuso. La produzione dei rifiuti nel mondo occidentale, provocata in parte da una forte cultura legata al consumismo e da cui dipende oggi gran parte della nostra società e la quasi totalità del mercato, sta creando seri problemi di tipo ambientale ed economico. Per questo motivo sono molti i tentativi proposti, a diversi livelli, per limitare l’impatto dovuto alla crescente mole di rifiuti prodotti. Anche l’Unione Europea si è impegnata, proponendo delle linee guida e promuovendo la gestione dei rifiuti secondo le tre R della waste hierarchy: reduce, reuse, recycle. Il riuso è il sistema di gestione dei rifiuti che permette più alte prestazioni rispetto al riciclaggio poiché consente di reimpiegare i prodotti, anche per funzioni differenti dalle originarie, mantenendo le proprie caratteristiche, l’energia spesa per la loro produzione e le materie prime di cui sono composti. Inoltre permette di evitare l’impatto dovuto allo smaltimento dei prodotti e alla produzione di altri beni che svolgano la medesima funzione.

I prodotti riusati che oggi incontriamo in edilizia provengono solitamente dallo stesso settore edile, cioè da edifici dismessi, ristrutturazioni, stock di prodotti inutilizzati o invenduti. La pratica di utilizzare scarti prodotti da altri settori si è sviluppata soprattutto dagli anni ’70 all’interno dei movimenti alternativi americani, nei quali avvennero le prime sperimentazioni con rifiuti quali lattine, bottiglie di vetro o plastica, pneumatici. In quegli anni il dibattito sul riuso dei rifiuti per l’architettura si accese e si moltiplicarono le esperienze. La pratica del riuso però non riuscì a decollare e a metà degli anni ’80 il fervore era già spento. Occorse attendere i primi anni duemila per osservare un nuovo interesse in quest’ambito. Oggi sono numerosi gli esempi di riuso di prodotti applicati in architettura, con modalità di approccio, obiettivi e risultati spesso molto differenti. Quelli più interessanti sono stati ottenuti nei casi in cui, al di là dell’innovazione legata al riuso di prodotti, sono state condotte accurate ricerche e sperimentazioni. È da precisare però che la maggior parte dei casi di riuso in architettura è ancora legata a esperimenti unici.

Anche nell’ambito edilizio il riuso possiede delle potenzialità ancora inespresse. Se si considerano l’enorme impatto ambientale dovuto alle attività di costruzione, gestione e dismissione degli edifici e la quantità di materie prime impiegate, il riuso dei rifiuti per la realizzazione di prodotti per l’edilizia potrebbe essere una valida soluzione alternativa.

Date tali premesse, l’obiettivo primario della tesi è quello di valutare l’effettiva fattibilità, tramite un approccio scientifico, della progettazione con i rifiuti. In secondo luogo, ho tentato di studiare un procedimento ripetibile per la realizzazione del prodotto finale, non legato a un’esperienza unica, ma industrializzabile. Non esistendo un unico metodo consolidato per la progettazione con i rifiuti, il mio lavoro studia in prima istanza i casi già realizzati e, successivamente, delinea un processo realizzabile all’interno del contesto italiano. Il lavoro della tesi parte dall’acquisizione di informazioni riguardanti la normativa italiana relativa ai rifiuti e le modalità di gestione degli stessi. Con l’aiuto di alcuni esperti del settore

Il riuso degli oggetti della vita quotidiana è un pratica in uso fin dall’antichità, legata all’ottimizzazione delle risorse, spesso limitate, a disposizione dell’uomo. Analogamente, in architettura, il riuso di parti o di interi edifici è sempre avvenuto: riuso di manufatti abbandonati, spoglio di vecchi edifici, ecc.

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Progettare con i rifiuti

ho potuto conoscere direttamente i soggetti che lavorano con i rifiuti: dalle aziende che producono scarti ai centri di raccolta e smistamento dei rifiuti urbani. Tale esperienza mi ha portato a delineare un percorso per la ricerca dei prodotti. Dopo aver catalogato e valutato la fattibilità di riuso di alcuni rifiuti, ne ho individuati alcuni e ho analizzato le loro caratteristiche e il loro ciclo di vita nel contesto particolare della città e della provincia di Torino. Da quest’analisi ho scelto infine uno solo di essi, la moquette da allestimenti fieristici, in particolare quella dismessa dal Lingotto Fiere. La moquette è composta da materiali plastici che necessitano per la produzione una grande quantità di energia da fonti non rinnovabili. Tale prodotto possiede una vita molto breve, legata alla durata delle manifestazioni, dopo la quale viene smaltito in discarica. Le migliaia di metri quadrati usati in ogni evento costituiscono un enorme spreco di materie prime ed energia. Essendo il riciclo della moquette un processo non economicamente conveniente e quindi poco praticato, il riuso diventa una soluzione da prendere in considerazione. Dopo averne ottenuto una quantità sufficiente, ho proceduto con lo studio delle caratteristiche e dei possibili utilizzi come prodotto per l’edilizia. Sono state studiate le caratteristiche generali, fisico-tecniche, strutturali, tecnologicoambientali ed energetiche.

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La sperimentazione svolta si è avvalsa di alcune collaborazioni con docenti e laboratori del Politecnico di Torino, che mi hanno permesso di condurre alcuni test per definire le proprietà dei prodotti da me ipotizzati. Parallelamente allo studio delle caratteristiche, ho condotto la progettazione tecnologica delle soluzioni. Sono così giunto alla definizione di tre prodotti: una parete prefabbricata, un pannello isolante e un pannello fonoassorbente. Il risultato del lavoro conferma il metodo di ricerca condotto: lo studio dei potenziali riusi dei rifiuti in base alle caratteristiche che possiedono. Il lavoro svolto non è paragonabile ad uno studio di fattibilità di un prodotto edilizio, poiché i test effettuati sono solo alcuni tra quelli necessari per svolgerne uno completo. I dati ottenuti sono però utili come base per l’avvio di tale studio. Con l’ausilio di mezzi aggiuntivi, la collaborazione di esperti e aziende e maggior tempo a disposizione, si potrebbe forse giungere alla realizzazione e alla commercializzazione di tali prodotti.


1. Costruzione in-sostenibile

1. Costruzione in-sostenibile 1.1 Le responsabilità dell’edilizia “L’attuale società dei consumi che è basata sull’ossessivo ritorno economico di tutte le operazioni, non conteggia le sottrazioni ed i danni arrecati all’ambiente, le piogge acide, l’inquinamento massiccio, la deforestazione incalzante, le siccità sempre più estese, le quantità quasi ingestibili di rifiuti, il drammatico cambiamento climatico, la preoccupante scomparsa di specie, la progressiva diminuzione di risorse e combustibili fossili. Lista funerea, meglio interromperla con un eccetera”1. Serve senza dubbio un’inversione di tendenza. Lo sviluppo delle attività dell’uomo, in particolare dal secolo scorso sino ad oggi, si è basato su un modello di vita di tipo dissipativo, impostato su un continuo incremento del consumo delle risorse naturali del pianeta senza considerarne l’effettiva disponibilità e l’impatto che questo avrebbe avuto sul pianeta. Le logiche di breve periodo che hanno contraddistinto e che ancora contraddistinguono questi tempi, hanno avuto un effetto sulla biosfera che ci ospita che si è rivelato insostenibile. Anche se di difficile definizione, gli ambiti che la crescita incontrollata tocca riguardano la crescita della popolazione, la disponibilità di cibo, il consumo di materie prime, l’utilizzo di combustibili fossili, la crescente produzione di scarti e rifiuti, la crescita industriale incontrollata, l’inquinamento prodotto, il riscaldamento terrestre e altri temi di cui si dibatte quotidianamente. In questa situazione le attività connesse alla costruzione e al funzionamento degli edifici hanno un ruolo ed una responsabilità determinante. Si pensi a come architettura ed urbanistica partecipino ai processi di realizzazione, mantenimento e demolizione degli edifici e delle infrastrutture. Oggi, a scala mondiale, il consumo finale di energia legato all’attività edilizia costituisce una quota del 40% (circa 3.341 Mtep2) dei consumi totali globali3. Questo valore è costituito per il 90% dall’energia impiegata nella fase di utilizzo dell’edificio (princi-

palmente riscaldamento e raffrescamento, poi ACS, usi elettrici obbligati ed illuminazione) e per il restante dall’energia impiegata in fase di realizzazione e demolizione4. A livello italiano i dati forniti dal Rapporto Energia e Ambiente individuano dei valori molto simili a quelli globali e cioè per gli usi del settore residenziale e civile una quota del 45% (comprensivi di costruzione, ristrutturazione e demolizione)5. Ai consumi energetici vanno però aggiunti gli effetti strettamente correlati all’utilizzo di energia, che sono da una parte l’inquinamento e i rifiuti prodotti e dall’altra l’utilizzo e lo sfruttamento di risorse naturali. Inoltre a scala urbana questi effetti aumentano in relazione alle scelte fatte in fase di pianificazione e quindi per la localizzazione di aree e servizi, che implicano maggiori infrastrutture e necessità di trasporti. A questi si sommano anche le Rispetto alle dinamiche di organizzazione della città, sommando gli impatti delle oltre alla “sostenibilità” di eco-quartieri o al ripristino di aree verdi. L’edilizia è responsabile annualmente dell’immissione nell’atmosfera di 8,6 Gton6 di CO2 (la CO2 prodotta dalle attività umane è di circa 29 Gton/anno) e di altri gas ritenuti responsabili dei cambiamenti climatici per un totale di ulteriori 2 Gton di CO2 equivalente7. È chiaro che qualunque trasformazione del territorio sia un impatto antropico sull’ecosistema: “Ogni atto di costruzione tradisce l’ambiente in quanto impone uno spostamento dei rapporti naturali. Lo sgombero dell’area da edificare, la raccolta e l’assemblaggio dei materiali con i loro effetti distruttivi e il consumo costante di risorse naturali per fornire di servizi l’edificio finito sono tutte azioni che pongono l’ambiente costruito in contrasto con quello naturale”8. Finché l’uomo non ha dato importanza a queste tematiche hanno dominato gli assunti che si sono caratterizzati secondo lo sviluppo della cultura della crescita economica. Nella storia, alcuni progettisti si sono impegnati a “limitare i danni” dovuti all’impronta

1 Margherita Villa, Uso riuso e progetto, Milano, FrancoAngeli, 2000

2 Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio 3 Energy Efficiency Requirements in Building Codes, Energy Efficiency Policies for New Buildings, OECD/ IEA, 2008 4 Ibidem

5 Ufficio Studi ENEA, Rapporto Energia e Ambiente 2009, Roma, ENEA, 2010

6 Miliardi di tonnellate

7 B. Metz, O.R. Davidson, P.R. Bosch, R. Dave, L.A. Meyer, Contribution of Working Group III to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, 2007, Cambridge University Press, Cambridge, 2007

8 Richard Ingersoll, “Questione ecologica in architettura”, Lotus 140, 2009, p. 120

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Progettare con i rifiuti

dell’uomo. Le idee legate all’ecologia hanno portato a riflessioni sull’imitazione della natura o sul cercare di preservarla il più possibile9. Solo negli ultimi cinquant’anni le tematiche relative all’ecologia e alla sostenibilità sono state oggetto d’interesse all’interno delle teorie della trasformazione del territorio da parte dell’architettura e dell’urbanistica. Anche se il problema è sorto specificatamente nei paesi industrializzati occidentali, oggi la sostenibilità è diventata un argomento tecnico e politico internazionale10. Il concetto di sostenibilità, con le sue ambiguità, è al centro di tutti i recenti studi e progetti in diversi contesti. L’interesse per la “questione ecologica” nacque nei primi anni ’70 con la prima crisi del petrolio (1973), momento in cui si verificò lo stimolo decisivo per l’avvio delle ricerche sull’efficienza energetica e sul consumo di risorse. In questi anni vennero avviati numerosi studi sull’argomento con l’obiettivo di studiare la crescita e lo sviluppo dell’umanità. Tra questi, il più significativo fu senz’altro quello condotto dal MIT, The Limits to Growth11, commissionato dal Club di Roma nel 1972. Il rapporto propose degli scenari preoccupanti: individuava una situazione drammatica e prevedeva un collasso mondiale a metà del XXI secolo se non fossero stati attuati determinati interventi: stabilizzare la crescita della popolazione, ridurre l’impiego di risorse naturali e la produzione di inquinamento di almeno un quarto, riorganizzare la produzione agricola ed industriale. Il rapporto fu aspramente criticato da parte dell’establishment economico e politico dominante e dai sostenitori del “produttivismo”12. Nonostante tutto, il rapporto, con il contributo della Conferenza ONU sull’Ambiente Umano, tenutasi a Stoccolma nel 1972, segnò una svolta nella cultura e nella consapevolezza collettiva, introducendo nel dibattito internazionale le problematiche innescate dalla limitata disponibilità di risorse naturali. 008

Furono di questi anni anche i primi studi sul consumo di risorse nella costruzione degli edifici. Vennero studiati nuovi modelli per l’efficienza energetica e venne sostenuta la ricerca nel campo dell’energia da fonti alternative. Gli Stati Uniti, culla del movimento ecologista degli anni Settanta, permisero il moltiplicarsi degli esperimenti in direzioni spesso molto diverse. Se da una parte le idee ecologiste spinsero le pubbliche amministrazioni ad impegnarsi nella ricerca e a promulgare una serie di riforme dei codici edilizi, dall’altra il fermento culturale ambientalista americano favorì lo sviluppo di nuovi approcci progettuali ed ideologici alternativi, che confluirono in molti casi in ben più complessi modelli utopici di sviluppo13. La fine della crisi petrolifera segnò però anche il declino di questo interesse ecologico e i movimenti utopistici, spesso troppo rigidi ed estremi, non riuscirono a trasmettere il sentimento di eco-sensibilità né a livello politicoamministrativo né al mondo accademico. A metà degli anni Ottanta la questione ecologica ritornò ad essere di primario interesse con l’accertamento del buco nell’ozono sopra l’Antartide nel 1985 e l’esplosione l’anno successivo del reattore di Chernobyl. Inoltre l’allarmismo per la catastrofe ambientale fu alimentato dalle nuove teorie sul riscaldamento globale legato alla produzione di biossido di carbonio e metano. Questa situazione provocò la nascita di numerosi movimenti ambientalisti e la presa di coscienza del problema da parte delle istituzioni. Nel 1987 venne pubblicato il rapporto Brundtland, in cui venne affrontato il concetto di “sviluppo sostenibile”; l’obiettivo era quello di ridurre il più possibile l’impiego di risorse non rinnovabili in vista della soddisfazione dei bisogni futuri. L’interessamento ufficiale da parte dei governi però fu sancito solamente dalla prima conferenza mondiale dei capi di stato sull'ambiente, svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992. Fu in questo momento che gli Stati iniziarono ad interessar-

9 La storia dell’architettura ci testimonia che molti progettisti si sono confrontati con questo problema. Si pensi alle raccomandazioni di Vitruvio, al rapporto dei rinascimentali con la natura, all’architettura organica di Wright, ai movimenti ecologisti degli anni Settanta e all’attuale interesse per l’ “architettura sostenibile”. 10 Richard Ingersoll, op. cit.

11 D. H. Meadows, D. L. Meadows, J. Randers, W. W. Behrens III, The Limits to Growth, Hanover, Universe Books, 1972 12 Gianni Scudo, “Crescita verso sviluppo”, in La rivoluzione sostenibile, territorio, città architettura, a cura di M. Clementi,V. Dessì,M. Lavagna, Santarcangelo di Romagna (RN), Maggioli Editore, 2009 13 Come testimonianza delle sperimentazioni americane di questi anni si vedano: Michael Reynolds, Martin Pawley, Steve Baer, Sim Van der Ryn, Paolo Soleri. Si rimanda a un maggior approfondimento nel capitolo successivo.


1. Costruzione in-sostenibile

Fig.1.1 Scenari individuati dal rapporto Limits to Growth: The 30-Year Update. Lo scenario 1 indica lo stato del mondo, lo scenario sostenibile ipotizza invece di stabilizzare la popolazione ed il prodotto industriale pro capite e promuovere tecnologie ambientalmente efficienti per l’inquinamento, le risorse e l’agricoltura a partire dal 2002

si alla questione ecologica. Nella conferenza e negli anni successivi vennero ideati degli utili strumenti come l’Agenda21 (1992) o il Protocollo di Kyoto (1997) per promuovere la conversione verso la sostenibilità. Nel 2006 vennero pubblicati i risultati di una nuova ricerca, con il nome Limits to Growth: The 30-Year Update14. Questo lavoro produsse nuovi scenari e la situazione, rispetto al 1972, era peggiorata. L’unico scenario “sostenibile” individuato proponeva pratiche azioni per l’utilizzo “strategicamente efficiente” delle risorse. Sosteneva la necessità di un’inversione di tendenza, un cambiamento rapido: rallentare la crescita di popolazione, ridurre i flussi di materiali ed energia aumentando l’efficienza del capitale naturale, salvaguardare e ripristinare fonti e serbatoi energetici, prevenire l’erosione delle risorse15. Negli ultimi anni, al di là dei dibattiti internazionali (spesso inconcludenti) sull’ecologia, molti progettisti si sono impegnati: “la progettazione ecologica, che prima era dominio degli eccentrici, dei sognatori e degli outsider, è diventata uno degli aspetti centrali per molti professionisti del settore”16. A rendere possibile un discorso sullo sviluppo sostenibile vi è ora anche un fattore economico che fino a pochi anni fa non poteva essere considerato. Il salto necessario da buona pratica a pratica consolidata è stato reso possibile dagli interessi promossi dagli attori in gioco: l’impegno di alcuni Stati e molte organizzazioni internazionali sta facendo leva sulle tematiche di sviluppo, crescita, ambiente spingendo le politiche internazionali in questa direzione. A livello mondiale però, nonostante la diffusione del sentimento ecologico, di fronte ai meccanismi e ai comportamenti profondamente radicati della nostra cultura occidentale, la rivoluzione sostenibile è ancora molto lontana17. Ne è un esempio l’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile, Rio

+20, tenutasi nel giugno 2012. L’obiettivo dichiarato del vertice era di riconciliare progresso economico e tutela ambientale, cambiando radicalmente alcuni modelli di consumo e produzione. Gli attori presenti non sono riusciti però a definire azioni concrete, ma si sono limitati a indicare alcune linee di sviluppo secondo la green economy e la crescita sostenibile. Il crescente stress imposto agli ecosistemi e la pressione insostenibile sulle risorse sono accompagnate da un’altra serie di incertezze che stiamo vivendo nei paese sviluppati. Esse investono ogni ambito della società come l’economia e la finanza, la politica, la sfera culturale. Queste crisi oggi provocano crescenti disuguaglianze e vulnerabilità sociale che, unendosi ai fattori economici ed ambientali, rendono il cambiamento sempre più necessario ad ogni scala progettuale e processuale. Gli attori con responsabilità di gestione e promozione del cambiamento devono riequilibrare il rapporto tra la produzione, l’ambiente e la società e devono mettere in moto interventi che mantengano questo equilibrio. Devono intervenire su ampia scala e con un approccio multidisciplinare nella riorganizzazione della cultura del consumo deresponsabilizzato. Politici, economisti, industriali, progettisti, gli stessi consumatori devono reimpostare i processi produttivi odierni, non sugli schemi classici determinatisi nella terza rivoluzione industriale, ma su “nuovi” schemi che valorizzino la produzione, la qualità, l’ambiente, il contesto in cui operano, la comunità a cui appartengono, l’utilizzo di risorse ed energie. Una progettazione multidisciplinare che comprenda tutti i settori offre visioni aperte ai problemi e fornisce dei mezzi con i quali i diversi saperi e i diversi interessi possono dialogare e collaborare18. Nell’ambito urbanistico e architettonico questi obiettivi si traducono in molti modi diversi e sono strettamente correlati al contesto sociale, territoriale e geografico a cui si rivolgono.

14 D. H. Meadows, D. L. Meadows, J. Randers, Limits to Growth: The 30-Year Update, Chelsea Green Publishing, 2004 15 Gianni Scudo, op. cit.

16 Richard Ingersoll, op.cit.

17 Sono 180 i Paesi che hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra, ma Paesi molto “sviluppati” come gli Stati Uniti, responsabili del 25% delle emissioni mondiali, non lo hanno ancora siglato per i timori legati al suo possibile impatto sull’economia.

18 Luigi Bistagnino, Design sistemico. Progettare la sostenibilità produttiva e ambientale, Bra (CN), Slow Food Editore, 2009. Bistagnino affronta queste tematiche nell’ambito del design e dei processi produttivi, affrontando le problematiche derivanti dall’incontrollato processo produttivo lineare, sostenendo un modello di design sistemico interdisciplinare

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Progettare con i rifiuti

A scala urbana, ad esempio, l’impegno si dovrebbe indirizzare verso la creazione di politiche sostenibili di trasformazione, con impegno diretto da parte delle Pubbliche Amministrazioni per la progettazione di strategie d’insieme di pianificazione sostenibile19. Generalmente le azioni promosse a scala urbana sono legate ad una combinazione di diverse politiche promosse da diversi settori, come ad esempio: edifici energeticamente efficienti, verde urbano, trasporti pubblici intelligenti, adeguato trattamento dei rifiuti, riduzione dell’inquinamento ambientale. Parallelamente ai programmi ufficiali è però sempre più comune incontrare iniziative promosse dal basso, da piccoli gruppi (come associazioni e movimenti) o da singoli individui. Gli obiettivi mirano spesso a trasformazioni locali come il verde cittadino, la trasformazione di alcune aree o edifici abbandonati del tessuto urbano, oppure a migliorare alcuni servizi come i trasporti o la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti. Il fermento culturale che si genera rivela un mondo che vuole contrapporsi alle dinamiche offerte dalla cultura del consumo contemporaneo e propone, in molti casi, cambiamenti (a volte anche radicali) delle basi dell’organizzazione sociale, degli stili di vita, dell’intero rapporto con la civitas20. La sostenibilità dell’edificio avviene oggi soprattutto attraverso buone pratiche di progettazione promosse e regolate dalle nuove normative e direttive nazionali ed internazionali, dagli standard ambientali, oppure attraverso i sistemi di certificazione ambientale e qualitativa. Vi sono infine delle considerazioni a livello generale. Una di queste riguarda l’impatto ambientale prodotto non solamente nella fase di utilizzo del manufatto, ma anche in quella relativa al processo di realizzazione: la costruzione, la produzione dei materiali utilizzati, i rifiuti prodotti, i trasporti. Rispetto ai dati esaminati in precedenza, intervenire sui consumi di gestione sembra prioritario rispetto a un intervento sui processi di produzione e costruzione 010

degli edifici, ma, con l’aumento delle prestazioni in fase di utilizzo dell’edificio, l’incidenza di questi fattori assume un ruolo sempre più predominante nel calcolo dell’impatto totale dell’edificio. Altre riflessioni devono essere fatte sulla vita delle opere eseguite: la durata e la qualità dei prodotti utilizzati, la gestione a lungo termine del manufatto e la vita prevista per lo stesso, possono notevolmente influire sulla sostenibilità di un progetto, cambiando notevolmente il rapporto tra “energia investita” e tempo di vita atteso per l’edificio. Secondo queste premesse, nella maggior parte dei casi il recupero o il riuso di prodotti o meglio di un edificio esistente sarebbero auspicabili rispetto alla produzione di uno nuovo e si dovrebbero valutare le reali necessità di nuove costruzioni, considerando l’ampio patrimonio edilizio esistente e l’utilizzo delle risorse disponibili. La progettazione e la costruzione, infine, dovrebbero valutare meglio le giuste dimensioni degli edifici, congruentemente alle necessità21. Tutti questi ragionamenti ovviamente mettono in discussione molti degli assunti dell’architettura e dell’urbanistica contemporanea e molte delle scelte della nostra società: chi ha la responsabilità e le capacità per condurre il cambiamento deve prepararsi a questa “rivoluzione sostenibile”.

19 Alcune città stanno puntando ad un cambiamento strutturale, ad esempio: San Francisco si sta impegnando in una politica Rifiuti Zero, Vancouver in ambito energetico e sul verde, Monaco punta nel 2015 ad essere completamente alimentata solo da energie rinnovabili, Stoccolma sta sviluppando rigide politiche di riduzione dell’impronta ecologica, ecc.

20 Si pensi, ad esempio, nell’ambito torinese, alle associazioni che promuovono: orti urbani, spostamento in bicicletta, banche del tempo, baratto, ripristino partecipato di spazi urbani, guerilla gardening, eventi di sensibilizzazione ambientale, decrescita, ecc. 21 Richard Ingersoll, op. cit.


1. Costruzione in-sostenibile

1.2 I prodotti sostenibili La presa di coscienza attuale sta determinando un’inversione di tendenza e un atteggiamento più responsabile che sostiene e alimenta la ricerca verso nuove soluzioni costruttive e nuovi approcci progettuali. Il quadro esigenziale è divenuto molto articolato e le soluzioni possibili sono molteplici, dalla sperimentazione di prodotti e materiali innovativi all’efficienza energetica in fase di utilizzo, ad impianti sempre più specializzati. In molti casi gli sviluppi in questa direzione sono stati resi possibili anche dall’impegno delle amministrazion22. Questo, insieme a una domanda sempre più informata, ha reso il mercato più attento alle problematiche ambientali e di sostenibilità23. Le prime soluzioni sono però arrivate da alcuni settori industriali più dinamici rispetto a quello edile come, come quello degli gli elettrodomestici o le automobili; questi hanno saputo sfruttare immediatamente la crescente domanda trasformandola in possibilità di profitto. Come spesso avviene, il settore edilizio ha preso più lentamente coscienza di questa situazione, mantenendo, fino allo scorso decennio, tecniche costruttive e di gestione dell’edificio molto arretrate dal punto di vista dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale. Il dibattito sulla scelta dei prodotti da costruzione è divenuto di interesse condiviso nel momento in cui, dopo aver affrontato le strategie per la diminuzione del fabbisogno in esercizio dell’edificio, si è cominciato a porre una maggiore attenzione anche ad altri fattori di consumo energetico connessi ai materiali che lo costituiscono. Questi ragionamenti hanno portato fino ad ora solamente al miglioramento di alcune fasi di produzione dei materiali, e in particolare nella gestione dei processi industriali, ma il parziale ammodernamento delle tecniche di produzione e dei macchinari utilizzati è stato portato avanti soprattutto per abbassare i costi di produzione

piuttosto che per ridurre l’intensità energetica dei prodotti24. La ricerca in questa direzione ha acquisito gli strumenti e i metodi di analisi sempre più accurati e utili, sia per la progettazione che per la valutazione degli edifici e dei materiali di cui sono composti. Di primaria importanza è l’applicazione da parte di numerose amministrazioni di una serie di norme e certificazioni internazionali che i produttori e progettisti possono e a volte devono seguire25. Esse sono vincolanti per alcuni aspetti ma non comprendono ancora l’intero ventaglio delle problematiche legate alla sostenibilità. Da una parte si sono sviluppati degli strumenti organizzati secondo analisi multicriteriali a punteggio, come ad esempio il LEED o il Protocollo ITACA 26, dall’altra un sistema di etichettature e certificazioni legate a degli indicatori ambientali sintetici27. Gli strumenti, nati per l’analisi di processi produttivi o di consumo, sono ora utilizzati sistematicamente per l’edilizia, ma non sono ancora stati designati dalle norme come sistemi di valutazione e progettazione architettonica. L’analisi del ciclo di vita, Life Cycle Assestment (LCA), è uno dei principali tra questi strumenti per la valutazione della sostenibilità: è uno strumento di calcolo che fornisce dati espressi in un ordine di grandezza quantitativo valutabili tramite indicatori a punteggio (ecoindicatori). È uno strumento oggettivo di valutazione ambientale per analizzare e quantificare le implicazioni ambientali dei prodotti durante tutte le fasi del ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime, alla produzione industriale, fino all’uso dei beni, incluso lo smaltimento a fine vita, from cradle to grave (dalla culla alla tomba). I dati di input relativi ai processi coinvolti portano a risultati finali di consumo di energia, sfruttamento totale di materie prime e rilascio di sostanze nell’ambiente. Essi sono poi valutati secondo

22 Ne sono esempio i dati riportati nel Rapporto ONRE 2012, redatto da Legambiente. Il rapporto calcola che al 2011 sono 855 i comuni (rispettivi al 10,6% dei comuni italiani) che si sono dotati di norme sul risparmio energetico negli edifici. In numero dei comuni è aumentato di quattro volte rispetto al 2008, quando i comuni attivi erano 188. Fonte: Cresme Ricerche, Legambiente, Rapporto ONRE 2012, I Regolamenti Edilizi comunali e lo scenario dell’innovazione energetica in Italia, Roma, 2012 23 È però da considerare che il settore dell’edilizia sostenibile al momento è sostenuto dai produttori più per motivi di marketing che di sostanza. 24 Jacopo Gaspari, Dario Trabucco, Giovanni Zannoni, Involucro edilizio e aspetti di sostenibilità, Milano, FrancoAngeli, 2010

25 Ad esempio la norma ISO 14000 che identifica una serie di standard internazionali relativi alla gestione ambientale delle organizzazioni, o la norma UNI 11277:2008 – Sostenibilità in edilizia, che rappresenta la prima di un gruppo destinato a sviluppare un metodo di riferimento nazionale per la valutazione dell’ecocompatibilità negli interventi edilizi. Definisce esigenze e requisiti relativi all’eco-compatibilità dei progetti edilizi riferiti al ciclo di vita

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Progettare con i rifiuti

degli indicatori ambientali che forniscono delle informazioni relative a molti ambiti, come ad esempio all’utilizzo di risorse non rinnovabili e di energia, al riscaldamento globale, agli effetti sulla fascia dell’ozono, all’inquinamento delle acque, del suolo e dell’esposizione umana a questi fattori. Il metodo LCA viene utilizzato sia per l’analisi di un singolo prodotto, come un isolante, sia per processi a scala territoriale, come ad esempio uno scenario di smaltimento

dei rifiuti. È da sottolineare però che esso studia il manufatto costruito e non l’intera complessità legata alla progettazione di un edificio: “tale differenziazione è imputabile proprio agli elementi che contraddistinguono la metodologia LCA che non permettono di approfondire in modo sistematico e unitario aspetti, come l’analisi di sito o l’indice di soleggiamento, che pure costituiscono alcuni elementi fondanti la progettazione eco-compatibile”28.

dell’edificio.

26 Il LEED – Leadership in Energy Efficiency and Designed il Protocollo ITACA sono due strumenti per la certificazione del livello di sostenibilità ambientale di edifici di diverse destinazioni d’uso. Il primo opera a scala internazionale, il secondo a livello italiano.

27 Queste sono divise secondo la norma UNI EN ISO 14021:2002 in tre tipi: tipo I, etichette ecologiche volontarie sottoposte a certificazione esterna (Ecolabel, Blaue Engel); tipo II, etichette e dichiarazioni ecologiche che riportano informazioni ambientali dichiarate da parte di produttori, senza che vi sia l’intervento di un organismo indipendente di certificazione (Riciclabile, Compostabile); tipo III, dichiarazioni ecologiche che riportano informazioni basate su parametri stabiliti che contengono una quantificazione degli impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto calcolati attraverso un sistema LCA (EPD, FSC) 28 Roberto Giordano, I prodotti per l’edilizia sostenibile, La compatibilità ambientale dei materiali nel processo edilizio, Napoli, Sistemi Editoriali, 2010

012


1. Costruzione in-sostenibile

1.3 I parametri per la valutazione Attualmente il mercato dei prodotti edilizi alternativi fornisce numerose possibilità per la progettazione sostenibile; questa non dipende solamente dall’ “eco-compatibilità” come spesso viene erroneamente pensato (e intelligentemente strumentalizzato), ma dall’equilibrio di diversi fattori come le prestazioni, l’analisi del ciclo di vita, l’embodied energ y, le emissioni, la durabilità, lo smaltimento ecc. Conoscere queste informazioni è quindi fondamentale per scegliere in modo corretto; purtroppo però, soprattutto in Italia, sono ancora pochi i produttori che hanno adottato una politica di trasparenza nei confronti del mercato. Possono aiutarci nell’individuazione di questi fattori di sostenibilità le schede di valutazione redatte da Roberto Giordano ne I prodotti per l’edilizia sostenibile, La compatibilità ambientale dei materiali nel processo edilizio29 che individua gli ambiti di valutazione della sostenibilità di alcuni prodotti edilizi. Le schede riportate riguardano prodotti e componenti utilizzati per la costruzione di elementi opachi e sono articolate secondo sezioni informative relative a diversi ambiti. Dove la valutazione è più difficile, per l’incertezza dei dati disponibili e la mancanza di specifiche norme a riguardo, i giudizi vengono forniti secondo degli indicatori a punteggio; dove i dati sono maggiormente quantificabili vengono riportati invece valori presenti in banche dati o forniti direttamente dai produttori. In questo ambito ci limiteremo però all’individuazione delle categorie senza entrare nel merito della valutazione. Nelle schede prodotto, le sezioni utili per una valutazione di sostenibilità sono quelle relative alle “Caratteristiche energetico ambientali” e alle “Caratteristiche tecnologiche-ambientali”. Le “Caratteristiche energetico-ambientali” sono suddivise in: - contenuto di energia primaria - emissioni di CO2 - informazioni tossicologiche ed ecologiche - impronta ecologica30

Le “Caratteristiche tecnologiche-ambientali” sono suddivise in: - modalità di posa in opera - durabilità - riciclabilità Embodied energy (Contenuto di Energia Primaria) L’embodied energ y, energia inglobata, è l’energia dissipata per la produzione di un determinato bene. In ambito edilizio essa può riferirsi a un singolo prodotto o può essere estesa all’intero edificio. Essa indica l’ammontare totale dell’energia utilizzata per i processi che avvengono nella prima fase del ciclo di vita di prodotto, from cradle to gate: l’estrazione delle materie prime, il trasporto verso la fabbrica, la raffinazione e la lavorazione, la posa in opera31; viene misurata in MJ/kg oppure in MJ/m3. I valori forniti dal calcolo dell’energia inglobata permettono di confrontare diversi prodotti. Il calcolo dell’embodied energ y rimane tuttavia ancora molto incerto e non vi è ancora un consenso internazionale sull’appropriatezza dei dati di input, dei confini dell’analisi e delle metodologie di calcolo. Esso dipende dalla realtà produttiva e territoriale specifica: il luogo di produzione, i sistemi produttivi coinvolti, le distanze di trasporto, ecc. Poiché risulta molto diversa anche tra prodotti analoghi, le tabelle di riferimento forniscono valori medi assoluti32. A livello di normativa internazionale, l’energia inglobata è definita come Gross Energy Requirement (GER), secondo la norma UNI EN ISO 14040, ed in Italia corrisponde al Contenuto di Energia Primaria (CEP). Il calcolo del CEP permette di dare ulteriori informazioni sull’entità dell’energia inglobata, se proviene da fonti rinnovabili o non rinnovabili.

29 Roberto Giordano, op. cit.

30 L’impronta ecologica è stata scelta come parametro per la valutazione delle caratteristiche energetico-ambientali tra gli altri indicatori possibili, poichè è uno strumento sempre più utilizzato anche per la valutazione di prodotti per l’edilizia. 31 Jacopo Gaspari, Il progetto dell’involucro efficiente, Monfalcone (GO), Edicom Edizioni, 2010

32 Alcune tabelle normalmente utilizzate sono quelle del Bath University Embodied Energy Material Inventory e quelle dell’Universitat de València, oppure dei software Simapro e Boustead Model

013


Progettare con i rifiuti

Fig. 1.2 Energia totale normalizzata dei casi studio [kWh/m2/a]

Questa suddivisione risulta fondamentale per la valutazione della sostenibilità di un prodotto. In relazione all’embodied energ y è utile soffermarsi per fare alcune riflessioni. Sino all’introduzione delle disposizioni a favore del contenimento dei consumi, l’energia utilizzata in fase d’uso era, nell’arco di vita previsto per l’edificio, nettamente maggiore di quella investita nella fase di costruzione. Una ricerca condotta dall’ENEA33 nel 2004 ha calcolato che in media un edificio costruito sul territorio italiano impiega circa 5 tep in fase di costruzione e 1 tep ogni anno per l’utilizzo. Da questo si può dedurre che nell’arco di vita previsto dell’edificio, arbitrariamente di 50 anni, il consumo è di 50 tep. L’energia impiegata per la costruzione quindi costituisce il 9% dell’impiego di energia totale dell’edificio. Un altro studio34 ha individuato un’incidenza dell’embodied energ y in un range compreso tra il 2% e il 46% dell’energia totale consumata nel ciclo di vita dell’edificio. Questo studio, su un campione di 60 edifici, ha messo in evidenza la differenza tra edifici tradizionali ed edifici a basso consumo energetico. Questi ultimi hanno generalmente una maggiore embodied energ y dovuta alla fase di costruzione, ma il consumo energetico finale è tuttavia minore rispetto agli edifici convenzionali (considerando però una vita abbastanza lunga per compensare il contenuto energetico iniziale) [Fig. 1.2]. Se si procede ad una progressiva diminuzione del dispendio di energia di funzionamento (aumentando le prestazioni dell’edificio), la quota dovuta alla fase di costruzione avrà un maggiore peso percentuale. Quest’analisi ha una valenza differente nel caso si considerino edifici con tempi di utilizzo diversi: se si considera una costruzione temporanea allora l’incidenza dei prodotti edilizi sarà decisamente superiore. Inoltre, rispetto all’energia inglobata, è interessante fare ulteriori ragionamenti: l’embodied energ y fornita dalla scheda tecnica di un prodotto 014

MJ/kg kg CO2/kg Material Aluminium (general) Wool carpet

Carbon

Density

155

8,24

2700

88,6

2,55

15 – 30

6,15

7850

106

Polyurethane

101,5

Vinyl flooring

65,64

Exp. Polystyrene PVC (general)

Stainless steel

Copper (average) Wallpaper

Glass fibre insulation Cork insulation Iron (general )

Steel (general)

Rockwool (slab) OSB

Plywood Glass MDF

Sawn hardwood

Timber(general) Plasterboard

Aerated block

Bricks (common) Gypsum plaster

Cement mortar (1:3) Concrete

Straw bale

Rammed earth

Aggregate

kg /m3

Energy

77,2

56,7

42

36,4

28 26

25

20,1

5,53

3,48 28,1

2,92 2,6

1,93

1,35

1,91

10

6,75 3,5

3

1,8

1,33

700 - 800

0,3

750

0,72 0,72

0,38

0,24

0,12

0,208

0,132

0,083

0,0048

0,45

7870

0,86

0,96

0,97

0,91

12

160

540 - 700

0,85

10,4

8600

1,07

15

11

1200

7800

1,05

15

1380

1,37

16,8

15

30

0,023

24

640

2500

680– 760

480 - 720 800

1700

1120 100 – 110

1460

2240

Tab. 1 Embodied Energy di alcuni materiali utilizzati in edilizia

viene espressa solitamente in MJ/kg, ma questa unità di misura rispetto al peso del prodotto può risultare fuorviante nel confrontarla nelle tabelle disponibili in letteratura o nelle banche dati. Per rendere il confronto più attendibile si deve fare un confronto supplementare rispetto alle prestazioni del prodotto e quindi alla quantità di materiale (in kg o m3) utilizzato per ottenere la stessa prestazione. Paragoniamo ad esempio due prodotti isolanti, il poliuretano espanso e il sughero. Per ottenere una resistenza termica R=3,3 m2K/W, per un metro qua-

33 ENEA, Libro Bianco Energia - Ambiente Edificio. Dati, criticità e strategie per l'efficienza energetica del sistema edificio, Roma, Il Sole 24 Ore, 2004 34 I. Sartori, A.G. Hestnes, “Energy use in the life cycle of conventional and low-energy buildings: A review article”, in Energy and Buildings vol. 39, 2006, p. 254


1. Costruzione in-sostenibile

Fig. 1.3 Comparazione dell’uso di energia tra edifici tradizionali e a risparmio energetico [kWh/m2]

poliuretano espanso

sughero espanso puro

λ

s

R

V

ρ

p

CEP

CEP tot

W/mK

mm

m 2K/W

m3

kg/m3

kg

MJ/kg

MJ

0,024

80

3,33

0,08

33

2,64

100,7

265,8

0,045

150

3,33

drato di parete, il poliuretano deve avere uno spessore di 80 mm, avendo una conducibilità λ= 0,024 W/mK, mentre il sughero deve avere uno spessore di 150 mm, avendo una conducibilità λ= 0,045 W/mK. Questo determina quindi per i due prodotti un volume, e quindi un peso, rispettivamente per il poliuretano di 0,08 m3 e 2,64 kg e per il sughero di 0,15 m3 e 19,5 kg. Moltiplicando il peso per il CEP troviamo che l’energia inglobata totale, considerando un pannello isolante di 1 m2 di superficie, per il poliuretano è di 265,8 MJ e per il sughero è 748,8 MJ35. Il profondo divario dell’energia inglobata tra i due prodotti non significa necessariamente che il poliuretano sia in assoluto più sostenibile del sughero: quest’ultimo ha altre ottime prestazioni fisiche, come la massa termica, è un materiale naturale, proviene da materie rinnovabili, è facilmente smaltibile-degradabile. Per contro il poliuretano è leggero e non contribuisce all’inerzia termica della parte e deriva dal petrolio, una fonte non rinnovabile (seppur sia riciclabile). Questi semplici calcoli dimostrano che non sempre è equo giudicare un prodotto dalla sua presunta “eco-compatibilità”, magari superficialmente pubblicizzata dal produttore, ma è meglio soffermarsi attentamente sul significato dei dati forniti. Emissioni di CO2 e di gas serra Le emissioni di anidride carbonica e di altri gas ad effetto serra determinano in gran parte l’eco-compatibilità di un prodotto, in particolare nei processi di produzione fuori opera. Il biossido di carbonio è uno dei principali responsabili dell’aumento della temperatura ter-

0,15

130

19,5

38,4

35 Elaborazione su dati riportati in Roberto Giordano, op. cit.

748,8

restre, ma i suoi effetti negativi non agiscono solo a livello globale nell’atmosfera, ma anche nell’ambito dell’ecosistema locale provocando ad esempio l’acidificazione potenziale e la creazione di gas fotochimico. Altri gas emessi (CH4, N2O, C2F6) contribuiscono a questo tipo di inquinamento e per essere confrontati con gli effetti del biossido di carbonio vengono convertiti in CO2 equivalente. La scelta di un prodotto a basso contenuto di biossido di carbonio risulta un requisito essenziale per la progettazione eco-compatibile. Essa dipenderà in gran parte dall’energia inglobata, in quanto la produzione di energia è uno dei principali fattori di rilascio di CO2 nell’atmosfera. Infine è essenziale tenere in considerazione che in questo indicatore non viene calcolata l’anidride carbonica prodotta dal trasporto: in alcuni casi la quota maggiore di produzione di CO2 è dovuta al trasporto, in particolare se vengono coperte grandi distanze e su gomma. Informazioni tossicologiche ed ecologiche Queste informazioni si riferiscono normalmente al prodotto tenendo conto delle emissioni di sostanze chimiche inquinanti e della formazione di inquinanti di origine biologica che possono danneggiare l’uomo e l’ambiente. I rischi tossicologici per l’uomo sono studiati principalmente come emissioni nell’ambiente interno confinato, quantificando le concentrazioni di inquinanti che modificano l’IAQ (Indoor Air Quality). Rispetto al rischio ambientale viene invece considerato il potenziale rilascio di inquinanti nell’ecosistema. Gli inquinanti dell’ambiente interno possono essere di origine chimica, come i VOC, e di 015


Progettare con i rifiuti

origine biologica, come le muffe. Il rischio tossicologico è legato alla composizione del materiale stesso o alle lavorazioni e finiture a cui è sottoposto; i materiali a cui è dovuto il maggior rischio tossicologico, sono ad esempio, leganti e additivi, materiali plastici, metalli pesanti, adesivi, vernici e pitture.

costruzione; il calcolo risulta così ancora molto lungo e complesso38. L’impronta ecologica viene studiata a edificio spento, considerando la fase di costruzione e l’impiego di materie prime, e a edificio acceso, considerando invece i consumi in fase di utilizzo.

L’impronta ecologica Un altro indicatore sintetico che sta guadagnando sempre più attenzione e che raggruppa alcuni degli aspetti appena affrontati per quantificare l’impatto ambientale è l’impronta ecologica36. L’impronta ecologica confronta la bioproduttività di un territorio, che corrisponde alla terra necessaria per rigenerare le risorse consumate dalla popolazione (terre arabili, boschi e foreste, pascoli, aree produttive marine, aree edificate, aree per assorbire i rifiuti prodotti, ecc.) e il carico prodotto dalle attività umane in esame. Ogni consumo o scarto di materia o energia viene fatto così corrispondere a un’estensione di territorio. Questo indicatore, che si esprime in “ettari globali” [gha], riflette gli obiettivi della sostenibilità ambientale in quanto controlla che il capitale naturale non sia consumato più rapidamente di quanto impieghi a rigenerarsi. Tramite l’impronta ecologica è possibile stimare quanti “pianeta Terra” servano per sostenere il carico dell’umanità37. Può risultare utile alla valutazione della sostenibilità ambientale in molti settori differenti: da quello industriale a quello edilizio, anche se al momento viene soprattutto utilizzato per valutare processi di produzione (di energia o di prodotti industriali), scenari di gestione e smaltimento rifiuti ed occupazione di territorio di infrastrutture, impianti, abitazioni, ecc. L’impronta ecologica non è ancora stata adottata dalle pubbliche amministrazioni ed in ambito edilizio non è ancora molto utilizzata poiché necessita di molte informazioni e la partecipazione di tutti gli attori coinvolti nel processo di

Modalità di posa in opera Per modalità di posa in opera si intende il livello di disassemblabilità degli strati funzionali che costituiscono l’elemento tecnico. Le modalità con cui viene posto in opera possono altamente modificare la valutazione della sostenibilità dell’elemento. Il sistema “a umido” raggruppa le pratiche di costruzione in situ che fanno uso di leganti e adesivi (calcestruzzo, malte, colle, ecc.). Questa modalità di posa in opera oltre a generare cantieri caratterizzati da lavorazioni con impatti elevati (ingombri, polveri, ecc.) produce manufatti con giunti che rendono difficili e laboriose eventuali modifiche di progetto, la manutenzione o la sostituzione di parti. La natura di questi prodotti rende difficile il ripristino dei prodotti alla condizione prima dell’utilizzo e rende difficoltose le possibilità di riciclo o recupero della materia. In questa categoria rientrano anche i prodotti uniti con saldatura. I vantaggi dei sistemi “a secco” invece risiedono nella reversibilità del processo di costruzione, garantita dalla presenza di incastri o giunzioni meccaniche. In sostanza, i vantaggi si ottengono nelle fasi di produzione, nella posa in opera nello smantellamento e nello smaltimento. In primo luogo la produzione automatizzata in serie permette di creare prodotti standardizzati che possono agevolare le operazioni di montaggio e smontaggio, garantire la qualità imposta dai vincoli normativi, ridurre i tempi e i costi di produzione (seppure valga anche per alcuni prodotti “a umido”). L’assemblaggio a secco nelle fasi di costruzione permette la facilitazione delle procedure di programmazione di

016

36 Il concetto di impronta ecologica è stato introdotto nel 1996 da Mathis Wackernagel e William Rees nel libro Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth, Philadelphia, New Society Publishers, 1996 37 Secondo il Global Footprint Network la Terra avrebbe bisogno di 1,78 volte la sua capacità produttiva per sostenere lo sviluppo al tasso di crescita attuale.

38 Bagliani, Battagli, Contu, Clément, Martini, Tecniche e principi ecologici dell’abitare. L’impronta ecologica nella valutazione degli impatti dell’edilizia residenziale, Torino, IRES, Regione Piemonte, 2009


1. Costruzione in-sostenibile

cantiere, la velocità di montaggio in situ, i tempi e i costi del cantiere, considerando il montaggio di elementi e sottosistemi prefabbricati. In secondo luogo i sistemi a secco permettono la possibilità di trasformare la configurazione spaziale e funzionale nel tempo degli elementi attraverso semplici operazioni di carattere tecnico, favorendo una più facile e veloce manutenzione39. Infine i prodotti disassemblabili possono essere facilmente selezionati e quindi suddivisi per uno smaltimento adeguato. Durabilità La capacità di mantenere le proprie caratteristiche durante l’utilizzo è determinante nella valutazione della sostenibilità di un prodotto. Generalmente si preferisce un prodotto che garantisca per più tempo possibile il soddisfacimento delle funzioni previste per il suo utilizzo. Ma a incidere nella valutazione vi è anche l’impiego di risorse e di energia per la produzione, la messa in opera e la manutenzione del prodotto in relazione all’arco temporale durante il quale il prodotto deve mantenere le proprie caratteristiche. Per ogni elemento costruttivo vi sono dei tempi di riferimento da considerare nella scelta. Se consideriamo la vita di un edificio di 80-100 anni, le strutture avranno una vita pari a quella dell’edificio; le chiusure, le partizioni e le finiture una durata dai 10 ai 40 anni, le dotazioni impiantistiche dai 5 ai 20 anni40. A parità di durata richiesta, alcuni prodotti possono garantire più efficacemente il mantenimento di prestazioni nel tempo, fatto dovuto, in alcuni casi, ad un maggior investimento di risorse che garantiscano maggior qualità e quindi durabilità. Per questo si dovrà analizzare quanto un maggior investimento in fase di produzione determinerà migliori prestazioni qualificando il prodotto come “sostenibile” rispetto ad esempio a un prodotto con minor energia inglobata ma vita prevista decisamente inferiore.

Riciclabilità-Smaltimento Questo aspetto concerne la fase finale del ciclo di vita di un prodotto, e cioè quale processo di smaltimento a fine vita deve essere applicato al prodotto. La maggior sostenibilità di un prodotto dipende dalla possibilità di recupero funzionale delle caratteristiche che aveva quando è stato prodotto con materie prime. Gli scenari di fine vita del prodotto in ordine decrescente per minor impatto ambientale sono: il riuso, che comporta minime azioni di trasformazione del prodotto, oppure la biodegradabilità, che non comporta un impatto sull’ambiente; il riciclaggio, cioè la trasformazione chimicofisica per il riutilizzo del prodotto, non necessariamente per il ripristino delle stesse funzioni precedenti; l’incenerimento, che comporta un parziale recupero dell’energia inglobata tramite la combustione; lo smaltimento in discarica; lo smaltimento secondo apposite disposizioni nel caso di rifiuto pericoloso. Le procedure di smaltimento dipendono però anche dal contesto (economico, tecnologico, culturale) che varia in continuazione. Il progettista dovrà quindi tener conto di tutti questi fattori in relazione al luogo di progetto. Ad esempio, considerando l’utilizzo di un determinato prodotto, non è scontata la presenza, ad una distanza conveniente, di strutture adatte per la raccolta ed il riciclo del materiale.

39 Giovanni Morabito, Roberto Bianchi, La decrescita prosperosa dell’edificio, Architecture from high tech to low cost, Roma, Gangemi Editore,2010 40 Jacopo Gaspari, Dario Trabucco, Giovanni Zannoni, op. cit.

Nell’ambito della tesi ho considerato i prodotti utilizzabili per l’“edilizia sostenibile” suddividibili in quattro categorie differenti tra loro per i materiali di cui sono composti e per i diversi ambiti per cui vengono proposti come prodotti sostenibili. Nel prossimo paragrafo sono descritte tali categorie: - prodotti naturali - prodotti high tech - prodotti riciclati - prodotti riusati 017


Progettare con i rifiuti

Fig.1.4 Pannello isolante in fibra di kenaf

Fig.1.5 Strato isolante in fogli di alluminio

1.4 Tipologie di prodotti Naturali La ricerca dell’equilibrio tra l’uomo e la natura ha sempre avuto un ruolo primario in architettura. Al di là della cultura architettonica costruttiva tradizionale e vernacolare, il rapporto con la natura è stato oggetto di studio dalla metà del XX secolo. I principi dell’architettura organica sono sorti in contrapposizione allo sviluppo industriale e al diffondersi della cultura dell’ottimizzazione razionalista. Soffocate dal boom economico del dopoguerra, queste pratiche “naturali” stanno tornando ora in primo piano. Da una parte c’è il tentativo di riportare alla luce materiali e tecnologie del passato, dall’altra si sono sviluppati prodotti più sofisticati che cercano di mettere insieme alte prestazioni e rispetto della natura. I materiali e componenti a matrice rinnovabile sono costituiti, in tutto o in parte, da materie prime di origine organica, che per loro stessa natura derivano da fonti rinnovabili. Questo tema oggi è diventato di moda e le parole “verde” o “eco-compatibile” sono lo slogan di qualsiasi produttore che si affaccia nel mondo dei prodotti naturali. Tra i prodotti legati alla cultura tradizionale (italiana o straniera) abbiamo, ad esempio, terra compattata e intonaci di terra cruda, bambù, paglia, ecc. I prodotti innovativi naturali invece sfruttano le moderne tecniche di produzione e trasformazione e sono ad esempio: fibre naturali come canapa, cotone, cocco, lana, juta, sughero, ecc., leganti naturali, molte componenti miste in legno e altri materiali.

018

High Tech Il campo dei prodotti high tech è legato allo sviluppo tecnologico ed industriale. Tecniche sempre più avanzate possono essere messe al servizio dell’edilizia che le sfrutta ampliamente per lo sviluppo di prodotti, componenti ed interi sistemi, con gradi di complessità e tecnologia avanzata. Questi prodotti si contrappongono spesso a quelli naturali per l’artificialità e i materiali di cui sono composti, ma nella maggior parte dei casi hanno livelli di prestazione altamente superiori. L’high tech caratterizza dagli anni ’90 gli edifici all’avanguardia e di qualità contribuendo alle ricerche per la sostenibilità, non tanto per i processi di produzione legati ai materiali e i relativi impatti generati, quanto più alle elevate prestazioni che possono offrire. Un’attenta progettazione e valutazione può rendere il rapporto tra energia risparmiata in fase di utilizzo ed energia dissipata per la produzione degli elementi costitutivi dell’opera nettamente a favore di un maggior investimento energetico (ed economico) in fase di produzione. Questo è riscontrabile osservando ad esempio il mercato sempre più ampio degli impianti a servizio dell’edificio: impianti di produzione di energia termica ed elettrica, impianti integrati di ventilazione, controllo della qualità dell’ambiente interno. Un altro campo è quello del controllo dei flussi energetici in uscita ed entrata nel sistema edilizio che portano all’ideazione di sofisticati elementi di chiusura con materiali a cambiamento di fase, facciate ventilate, frangisole intelligenti, ecc.


1. Costruzione in-sostenibile

Fig.1.6 Vetro ceramica riciclato

Fig.1.7 Prodotto composto da pneumatici riusati

Riciclati Per riciclo si intende un processo di ri-valorizzazione di beni giunti a fine vita o di scarti di lavorazione, tramite la trasformazione degli stessi in altri prodotti, che possono svolgere la funzione originaria o una nuova. Nel processo di riciclo il rifiuto viene trasformato in materia prima secondaria per poi essere nuovamente rilavorato. Questo evita ovviamente l’utilizzo di nuove materie prime e spesso anche una grande quota di energia; inoltre permette di recuperare una parte dell’energia inglobata all’interno del prodotto. Il tema del riciclo è divenuto di interesse comune nel momento in cui il problema dei rifiuti e la questione ecologica hanno avuto contemporaneamente rilevanza a livello globale. Gli studi sui nuovi prodotti provenienti da materie prime riciclate è stato reso possibile da una crescente sensibilità e presa di posizione da parte delle amministrazioni e dell’industria: la crescente disponibilità di materie prime seconde ha favorito la ricerca in questa direzione, portando all’elaborazione di numerosi prodotti innovativi. I materiali riciclabili provengono da processi post-consumo, cioè derivati dal riciclaggio dei rifiuti come carta, legno, plastica, vetro, metalli, inerti, pneumatici oppure da processi pre-consumo, cioè scarti di lavorazione delle materie prime come gomma, plastica, metalli. Alcuni prodotti ad esempio utilizzano la carta riciclata come fibra isolante: molte materie plastiche come il PET vengono combinate con altri materiali come il legno per produrre pannelli, gli pneumatici diventano tappetini fonoisolanti; l’alluminio è completamente riciclabile e può tornare a svolgere la funzione precedente.

Riusati Il riuso offre un risparmio energetico e di materie prime notevolmente superiore al riciclaggio, non intervenendo sulla trasformazione della materia ma limitandosi solamente ad alcune azioni. Molti esempi di riuso sono individuabili negli edifici del passato, quando l’utilizzo delle risorse, materie prime ed energia, era intelligentemente sfruttato. Si pensi al riutilizzo di elementi lapidei, legno, inerti. Oggi il riuso è ancora legato prevalentemente al riutilizzo di elementi costruttivi provenienti da altre opere edilizie o dalla demolizione, quando non è distruttiva, di edifici. Non possiamo però parlare di prodotti alternativi, ma a un’alternativa alla scelta dei prodotti ex novo. Parallelamente a questa pratica abbastanza diffusa vi è il riuso di prodotti non provenienti dalla sfera dell’edilizia, ma dai rifiuti. Come il riciclaggio, il riuso sta ottenendo sempre più interesse poiché è inerente al crescente problema dei rifiuti e propone nuove alternative. Sono comunque rari i casi in cui si parli di prodotti veri e propri: l’utilizzo di prodotti riusati è legato alla sensibilità del progettista che deve per altro combattere con le normative vigenti che ostacolano ampiamente l’uso di prodotti non certificati. Ma affronteremo questo tema nei capitoli successivi.

019



2. Il riuso in architettura

2. Il riuso in architettura 2.1 Il problema rifiuti La gestione dei rifiuti è un problema con cui l’uomo deve confrontarsi per ridurre l’impatto di questi sull’ambiente e su se stesso. Gli output negativi prodotti dall’uomo sono stati da sempre un problema inscindibile da qualsiasi azione antropica, l’atto dello “scartare” è un’azione necessaria e indispensabile per l’uomo. Come esaminato nel capitolo precedente, le attività insostenibili hanno generato una situazione di continua crescita nel prelievo di risorse, della produzione e del consumo dei beni e, di conseguenza, una crescente produzione di scarti. La cultura usa e getta, la corsa alla novità e l’obsolescenza programmata, condizioni necessarie per l’espansione delle imprese, e molti altri fattori hanno reso il problema dello smaltimento dei rifiuti un tema scottante. Le soluzioni al problema sono numerose e riscontrabili a più livelli: dalle scelte politiche delle amministrazioni a quelle economiche delle imprese e a quelle socio-culturali dei singoli cittadini. Le modalità di gestione dei rifiuti sono oggetto di studi e valutazioni degli impatti tramite il sistema LCA, confrontando gli scenari possibili e promuovendo le soluzioni preferibili. Il capitolo tratta la gestione dei rifiuti nei soli paesi occidentali, non tenendo conto della gestione, spesso informale, che si incontra nei Paesi in Via di Sviluppo. Lo smaltimento dei rifiuti I rifiuti sono così suddivisi dalla normativa italiana1: Rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità;

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua; e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).

1 Art. 184 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 Supplemento Ordinario n. 96 2 Le norme in merito sono la Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e in Italia il D.Lgs. 152/06 parte IV

Rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali; b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo; c) i rifiuti da lavorazioni industriali; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio; g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie. Le modalità di gestione dei rifiuti sono definite dalla normativa vigente2 e verranno approfondite nel paragrafo successivo. Queste sono riportate in ordine gerarchico secondo i criteri di priorità per la tutela dell’ambiente: - preparazione per il riutilizzo - riciclaggio - recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia - smaltimento Tali soluzioni sono adottate in base al contesto e alle necessità di ogni Paese. Il sistema di 021


Progettare con i rifiuti

raccolta, stoccaggio, riciclo, smaltimento, ecc. è diverso per ogni realtà locale. Al fine di migliorare la situazione rifiuti, tramite la prevenzione e la riduzione della produzione degli stessi, il favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, il riciclaggio ed il recupero, vi sono degli strumenti come: sistemi di certificazione ambientale, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, promozione di strumenti economici ed eco-bilanci, definizione di obiettivi quantitativi e qualitativi, ecc.3 Sono stati individuati degli obiettivi da raggiungere negli anni (purtroppo non sempre rispettati), come ad esempio, entro il 2020, l’aumento di almeno il 50% in termini di peso la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro o del 70% di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi. Il riciclaggio e la crescente adozione di inceneritori ha fatto sì che le discariche abbiano perso l’appeal che avevano avuto come soluzione più economica e immediata per lo smaltimento. L’inceneritore e la discarica sono due metodi di smaltimento che permettono di recuperare dell’energia dai rifiuti se è presente un sistema di valorizzazione delle trasformazioni chimiche che subiscono i rifiuti. L’inceneritore, o termovalorizzatore, permette di recuperare l’energia di feedstock dei materiali tramite la combustione. Tuttavia tale recupero crea nuovi problemi come le emissioni di inquinanti e il basso potere calorifico dei rifiuti rispetto ad altri combustibili. Lo smaltimento in discarica permette, dove esiste un impianto di captazione, di recuperare il biogas prodotto dalla decomposizione dei rifiuti che viene bruciato in una centrale termica per produrre energia elettrica o per la produzione combinata di energia termica (ad es. teleriscaldamento) ed elettrica. 022

La situazione rifiuti A livello mondiale è difficile individuare la produzione dei rifiuti globale, per la difficoltà di reperire i dati, per l’impossibilità di quantificare i rifiuti non tracciati nei nostri Paesi e soprattutto nei PVS, ecc. Uno studio4 ha stimato nel 2009 una produzione di rifiuti fra i 3,5 e 4 miliardi di tonnellate. La differenza tra paesi industrializzati e più arretrati è ovviamente significativa, sia per la quantità prodotto che per la tipologia dei rifiuti. La produzione di rifiuti dipende infatti dal reddito del paese, maggior ricchezza e maggior industrializzazione implicano maggior produzione di rifiuti. Annualmente in Paesi come gli Stati Uniti vengono prodotti 700-750 kg di rifiuti per persona, nei paesi europei il valore è di poco inferiore circa 500 kg, in quelli emergenti (come India e Brasile) questa quantità si riduce a 150-300 kg/anno. Inoltre la natura dei rifiuti cambia: nei Paesi ricchi incontriamo un’ampia quantità di imballaggi, apparecchiature elettroniche, materie plastiche, metalli, vetro, ecc., in quelli più poveri prevalgono scarti alimentari e organici. Ambito di più facile confronto è l’UE-27, nella quale l’Eurostat5 ha calcolato che nel 2008 la produzione totale di rifiuti delle attività economiche e domestiche è stata di 2,6 miliardi di tonnellate, un dato di poco inferiore a quelli del 2004 o del 2006. [Tab.2.1-2.2] I maggiori produttori di rifiuti sono Germania, Francia, Regno Unito, Bulgaria e Romania; l’Italia è al sesto posto con 179 milioni di rifiuti prodotti nel 2008. Nella tabella si notano alcune forti differenze tra i diversi Paesi riconducibili alle differenti strutture economiche e produttive. L’obiettivo della politica UE in questo settore è quello di dissociare l’uso di risorse e la produzione di rifiuti dalla crescita economica, assicurandosi che il consumo sostenibile non superi la capacità ambientale.

3 Art. 180, 180bis, 181 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 Supplemento Ordinario n. 96 4 Philippe Chalmin, Catherine Gaillochet, Du rare à l’infini, Panorama mondial des déchets, Parigi, Economica, 2009

5 I dati sono riportati su “Statistiche sui rifiuti – Tendenze a lungo termine” pubblicato sul sito dell’Eurostat, http://epp.eurostat. ec.europa.eu


2. Il riuso in architettura

Tab. 2.1 Produzione di rifiuti dei Paesi dell’UE-27 nel 2008

Tab. 2.2 Gestione dei rifiuti dei Paesi dell’UE-27 nel 2008

023


Progettare con i rifiuti

Per tali motivi l’impegno principale dell’Unione Europea è nel metodo di smaltimento dei rifiuti. Nel 2008 nell’UE-27 sono stati trattati 2,4 miliardi di tonnellate di rifiuti (compresi i rifiuti importati). Il 48,9 % di questi è stata sottoposta a operazioni di smaltimento diverse dall’incenerimento (collocamento in discarica, smaltimento di rifiuti minerari in miniera e scarico nell’ambiente idrico). Un altro 45,7 % dei rifiuti trattati è stato sottoposto a operazioni di recupero diversi dal recupero energetico (soprattutto rifiuti minerali non pericolosi prodotti dalle attività di costruzione ed estrattive). Il restante 5,4 % dei rifiuti è stato avviato all’incenerimento (con o senza recupero energetico). RIFIUTI IN ITALIA La gestione dei rifiuti in Italia è ormai da molto tempo un tema molto discusso e possiede delle problematiche da affrontare e risolvere, che sono però in alcuni casi difficilmente sanabili6. Questi problemi hanno provocato non pochi rallentamenti nel processo di miglioramento della gestione dei rifiuti, aumentando le disparità tra il settentrione e il meridione, ma anche il divario italiano nei confronti del contesto europeo, e in particolare nord-europeo. In alcuni Paesi, come Germania, Olanda, Danimarca e i Paesi baltici, le direttive comunitarie sono state recepite e accolte con più facilità e velocità e la gestione dei rifiuti non è un problema ma anzi costituisce addirittura una risorsa. Un esempio significativo è dato dalla grande quantità di rifiuti esportati nei termovalorizzatori di Germania e Svezia (che trasformano in energia elettrica), per i quali l’Italia paga ingenti somme ogni anno per mancanza di strutture adeguate sul suolo nazionale7. Per un’analisi più approfondita è bene distinguere i dati8 tra quelli dei rifiuti speciali (RS) e dei rifiuti urbani (RU). Nel 2009 la quantità di rifiuti urbani prodotta è stata di 32,1 milioni di tonnellate, quella di rifiuti speciali di 128,5 milioni. 024

Rifiuti Speciali La produzione nazionale dei rifiuti speciali è diminuita rispetto al 2008 del 7,3%. Dei 128,5 milioni prodotti nel 2009, 10,3 milioni, l’8,8%, sono rifiuti speciali pericolosi (RS P). Come per la situazione europea l’andamento della produzione dei rifiuti, con riferimento al periodo 1999-2009, dipende strettamente dalla variazione del prodotto interno lordo italiano. L’analisi dei dati per macroarea geografica evidenzia, come ipotizzabile sulla base delle dimensioni territoriali e della distribuzione del tessuto produttivo, i maggiori valori di produzione totale dei rifiuti speciali per il nord Italia con quasi 75 milioni di tonnellate nel 2009 (58,3%), mentre nel Centro ne sono stati prodotti 24,6 e nel Sud 28,9 milioni di tonnellate. L’analisi dei dati per attività economica evidenzia che il maggior contributo alla produzione complessiva dei rifiuti speciali è dato dal settore delle costruzioni e demolizioni con una percentuale, nell’anno 2009, del 46,1% del totale. Le attività manifatturiere prese nel loro complesso, contribuiscono per il 28% circa, mentre il 16,9% è rappresentato dalle attività di trattamento dei rifiuti. Le altre attività economiche si attestano, complessivamente, al 9% circa. [Fig. 2.1]

6 Si pensi alla situazione campana, che dal 1994 al 2010 ha attraversato numerose crisi, dovute anche in parte alle cosiddette “ecomafie” gestite dalle organizzazioni camorristiche che intervengono in maniera diretta sui traffici illeciti di rifiuti. 7 Francesco Saverio Alonzo, “La città che trasforma la monnezza in oro”, La Stampa, 28/08/2011 8 I dati presenti nelle pagine successive sono ricavati dal Rapporto Rifiuti Urbani 2012, Roma, ISPRA, 2012 e dal Rapporto Rifiuti Speciali 2011, Roma, ISPRA, 2011

Tab. 2.3 Produzione nazionale di rifiuti speciali, 2008-2009


2. Il riuso in architettura

Fig. 2.1 Percentuali per attività economica dei rifiuti speciali prodotti, 2009

Gestione rifiuti speciali Nel 2009, i rifiuti speciali gestiti in Italia erano costituiti per il 93% da rifiuti non pericolosi e il restante 7% da rifiuti pericolosi. Rispetto al totale di rifiuti speciali gestiti, il recupero di materia costituiva la quota predominante, il 57,5%, seguiva, con il 15,6%, le altre operazione di smaltimento e con il 9,6%, lo smaltito in discarica. Inoltre è necessario computare anche i quantitativi importati ed esportati. Nel 2009 la quantità di rifiuti speciali destinata all’estero è stata di 3,2 milioni di tonnellate, il quantitativo importato nel nostro Paese è stato di circa 3,4 milioni di tonnellate. [Fig.2.2] Il rapporto riporta che negli ultimi anni il quantitativo di rifiuti avviato ad operazioni di recupero è aumentato notevolmente. Una quota rilevante di tale crescita è attribuibile all’incremento dei quantitativi di rifiuti avviati all’operazione di “riciclo/recupero” di sostanze organiche, e il “riciclo/recupero” di altre sostanze inorganiche. Questi ultimi derivano in particolare da attività di costruzione e demolizione, sottoposti a trattamento soprattutto in impianti di frantumazione o utilizzati in rimodellamenti morfologici o di copertura periodica o finale delle discariche, nei processi produttivi legati all’industria delle costruzioni o in opere di ricostruzione del manto stradale. Si registrano invece delle flessioni del recupero dei metalli, dei rifiuti recuperati in operazioni di ripristino ambientale, e dei rifiuti speciali utilizzati come fonte di energia. Per le operazioni di smaltimento si riscontra una generale riduzione del quantitativo smaltito in discarica o tramite l’incenerimento. Aumentano i rifiuti sottoposti a trattamento biologico e a trattamento chimico-fisico. Nel complesso i dati mostrano che le forme di smaltimento più utilizzate nel nostro Paese rimangono la discarica e il trattamento chimico-fisico e biologico.

Fig. 2.2 Gestione dei rifiuti speciali, 2009

Rifiuti Urbani I rifiuti urbani costituiscono una componente minore, il 20%, rispetto al totale dei rifiuti prodotti. Rispecchiano però meglio le dirette scelte e responsabilità dei singoli cittadini. I valori variano molto a tra le Regioni ed in generale per macroaree geografiche. Come produzione pro-capite i valori del 2010 indicano una media italiana di 536 kg/a, data da una media dei 533 kg delle regioni del Nord, 613 kg del centro e 495 kg delle regioni del Sud. La situazione della produzione dei rifiuti dal 2006 al 2010 rispecchia i trend degli indicatori socio-economici, quali prodotto interno lordo e spese delle famiglie.

Tab. 2.5 Produzione totale di rifiuti urbani per Regione, 2006-2010

025


Progettare con i rifiuti

Fig. 2.3 Ripartizione percentuale della gestione dei rifiuti urbani, 2010

Gestione rifiuti urbani I dati mettono in evidenza che lo smaltimento in discarica occupa è la forma di gestione più diffusa, con il 46% dei rifiuti urbani prodotti. Il 19% è sottoposto a operazioni di recupero di materia (escluso il compostaggio), il 16% è incenerito con recupero di energia, il 12% è avviato a processi di trattamento biologico di tipo aerobico o anaerobico (il 10% a compostaggio, il 2% a digestione anaerobica). [Fig. 2.3] Lo smaltimento in discarica diminuisce, rispetto al 2009, del 3,4%, aumenta, invece, la quantità di rifiuti avviati al trattamento meccanico biologico del 23%, dei rifiuti inceneriti del 13%, e dei rifiuti avviati alle diverse forme di recupero di materia (compostaggio, digestione anaerobica, riciclaggio di imballaggi ed altri materiali) del 6%. Al miglioramento del sistema di gestione ha contribuito l’incremento della raccolta differenziata che a livello italiano raggiunge il 35,3% del totale dei rifiuti prodotti con 6,5 milioni di tonnellate costituite da diverse frazioni merceologiche, quali carta, plastica, vetro, metalli e legno. Il compostaggio della frazione organica è aumentato del 14% evidenziando un’ulteriore crescita del settore. Analizzando i dati relativi alle diverse forme di gestione messe in atto a livello regionale si evidenzia che, laddove esiste un ciclo integrato dei rifiuti grazie a strutture adatte, viene ridotto significativamente l’utilizzo della discarica. Inoltre l’incenerimento non sembra determinare un disincentivo alla raccolta differenziata. Raccolta differenziata dei rifiuti urbani La raccolta differenziata ha raggiunto, nell’anno 2010, una percentuale pari al 35,3% della produzione nazionale dei rifiuti urbani, attestandosi a oltre 11,4 milioni di tonnellate, aumentando dell’1,8% rispetto al 2009 e raggiungendo, con quattro anni di ritardo, l’obiettivo fissato dal D.Lgs. n. 152/2006 per il 31 dicembre 2006. La situazione rispetto agli obiettivi prefissati non è rosea, considerando che per il 2012 è previsto 026

Fig. 2.5 Andamento della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, 2006 – 2010

il raggiungimento almeno del 65%. [Fig. 2.5] Inoltre la situazione della raccolta differenziata appare notevolmente diversificata da regione a regione, per la diversità di politiche in materia, e i divari rispetto alle strutture di raccolta, riutilizzo, riciclo e smaltimento dei rifiuti. La raccolta differenziata media nazionale è nell’anno 2010 di circa 189 kg per abitante. La raccolta differenziata è analizzata per frazione merceologica: frazione organica, carta, vetro, plastica, metallo, legno, apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), ingombranti, tessili, selettiva e altre tipologie di rifiuti. Di questi ultimi la maggior parte, intorno al 75%, viene destinata al riciclo e al recupero. Al riciclaggio sono destinati maggiormente carta, vetro e legno, mentre il recupero energetico viene realizzato con i rifiuti prevalentemente in plastica, carta, legno e alluminio. [Fig. 2.6]

Fig. 2.6 Raccolta differenziata per frazione merceologica, 2006-2010


2. Il riuso in architettura

2.2 Normativa gestione e smaltimento dei rifiuti È necessario confrontarsi con la normativa in vigore in materia di rifiuti per esplorare le possibilità del loro riuso. La normativa di ogni Paese europeo è in linea con le norme CE che forniscono le basi per lo sviluppo delle normative nei singoli Stati, in particolare la Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio9. In Italia tale Direttiva è stata recepita dalla normativa che affronta la gestione dei rifiuti: il D.Lgs. 152/06 parte iv10, aggiornato dal D.Lgs. n.4 del 200811 e dal D.Lgs. n. 205 del 201012. Il decreto 152/06 fornisce nuove direzioni per la valutazione dell’impatto ambientale, della difesa del suolo e delle acque, della bonifica dei siti inquinati e in materia di risarcimento del danno ambientale. Rispetto ai rifiuti stabilisce chiaramente nuovi criteri di priorità nella gestione degli stessi anteponendo il riutilizzo e il riciclo rispetto allo smaltimento in discarica e all’uso dei rifiuti come fonte di energia. La gestione dei rifiuti avviene secondo una gerarchia che costituisce la migliore opzione ambientale13: a) Prevenzione: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto, riducendo la quantità dei rifiuti e attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita, riducendo gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana, riducendo il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti; b) Preparazione per il riutilizzo: le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento; c) Riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale

organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento; d) Recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. e) Smaltimento: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. Le operazioni di recupero individuate nell’allegato C della parte iv del D.Lgs sono: - R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia - R2 Rigenerazione/recupero di solventi - R3 Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi - R4 Riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici - R5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche - R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi - R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’inquinamento - R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori - R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli - R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia - R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10 - R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11 - R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli

9 “Direttiva 2008/98/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive Testo rilevante ai fini del SEE”, pubblicata sulla GU n. L 312 del 22/11/2008

10 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 Supplemento Ordinario n. 96 11 Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 "Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 29 gennaio 2008 - Suppl. Ordinario n. 24/L 12 Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 “Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 288 del 10 dicembre 2010. 13 La gerarchia e le definizioni sono presenti negli articoli 179 e 183 del D.Lgs 152/06

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Progettare con i rifiuti

a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).

ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Il riuso dei rifiuti in architettura può essere inserito nella gerarchia di gestione dei rifiuti nel punto b) o nel punto d). Oggetto del riutilizzo o recupero, come definito dalla normativa, sono i rifiuti, definiti dalla norma come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. I prodotti, divenuti un rifiuto devono seguire il percorso di fine vita definito dalla normativa, in base alla classificazione, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Sono presenti inoltre categorie di rifiuti per cui è prevista una particolare gestione, come ad esempio: RAEE, pneumatici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso, oli e grassi vegetali e animali esausti, batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi. Il produttore dei rifiuti, cioè il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale), deve garantire la tracciabilità degli stessi dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale. Il riutilizzo dei rifiuti può avvenire nel momento in cui cessano di essere definiti tali. L’articolo 184-ter specifica che questo avviene “quando [un oggetto] è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili

L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto”. Inoltre è ben chiaro che “la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto”. Una opzione secondaria è data dai sottoprodotti. La normativa non è ancora ben chiara su questo tema, ma permette il loro riutilizzo. Un sottoprodotto è definito dall’articolo 184-bis come “qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana”.

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Inoltre “possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti”.


2. Il riuso in architettura

2.3 Il riuso nel design e nell’architettura Il rapporto tra uomo e rifiuti non è stato sempre problematico. La realtà rurale del periodo pre-industriale e pre-urbanizzazione era caratterizzata da un forte legame con la terra, fonte principale e diretta di sussistenza e dai pochi ma essenziali beni posseduti. La stretta dipendenza con la natura faceva in modo che ogni rifiuto prodotto venisse utilizzato contribuendo a chiudere il ciclo di produzione e consumo con la degradazione e la reintroduzione all’uso dello stesso14. Nei secoli passati15 il problema dell’eliminazione dei rifiuti era molto limitato, si pensi ad esempio all’organizzazione della vita nelle campagne dove spesso gli scarti costituivano una risorsa per altri usi o alimentavano la produzione di altri beni. Tale ciclo testimoniava quanto fosse importante una gestione responsabile delle risorse dovuta alla ristrettezza di disponibilità delle risorse. La rivoluzione industriale e la spinta produttiva su grande scala da questa imposta hanno indotto la nascente società a fondare la propria esistenza sul consumo. Dal boom economico degli anni ’60 si è consolidato il modello di consumo usa e getta, e, soprattutto in Italia, è stato accolto come simbolo di progresso, per aumentare il benessere e l’igiene delle merci acquistate (in particolare per i prodotti che precedentemente si vendevano sfusi). Il consumismo venne così sfruttato dai produttori che, per esigenze di mercato, incrementarono le vendite legandole a dinamiche di tipo culturale e sociale proponendo il possesso di beni come elemento di uguaglianza e riscatto

interclasse, trasmettendo tali messaggi mediante raffinati piani di marketing e pubblicità. Tale sistema, oggi più che mai sviluppato, dipende inevitabilmente dalle quantità prodotte, spesso a discapito della qualità: si programma l’obsolescenza dei prodotti per permettere il continuo ricambio e quindi il perpetuarsi della produzione. L’organizzazione lineare del ciclo di vita dei prodotti fa sì che questi debbano essere sostituiti, e quindi successivamente smaltiti.

14 Margherita Villa, op. cit.

15 Situazione in realtà ancora riscontrabile in molte parti del mondo, in particolare nei Paesi in Via di Sviluppo. 16 Margherita Villa, op. cit.

I beni quindi diventano sempre più slegati dall’utilità e vengono considerati come espressione del nostro essere. Molti gruppi e movimenti oggi diffondono idee anticonsumistiche e di rispetto ambientale, ma non sino al punto di mettere in discussione il diritto di chiunque, di consumare le merci che si può permettere16. Il culto della produzione e della crescita comporta un inevitabile confronto con i rifiuti prodotti. Oggi la situazione dei rifiuti dipende anche da questa quantità smisurata in continuo aumento. Ogni oggetto, dopo la sua vita più o meno lunga, cesserà di svolgere la funzione per cui è stato creato e posseduto e diventerà un rifiuto. I confini del concetto di rifiuto sono estremamente labili e sfumati: può essere definito come ciò di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. Quindi il suo esistere è legato a una scelta soggettiva da parte di chi lo scarta, non a caratteristiche oggettive. Il concetto di rifiuto non nega che l’oggetto sia di per sé ancora utilizzabile, infatti alcuni prodotti possono avere una seconda opportunità, quella di svolgere una funzione aggiuntiva a

Fig. 2.7 Ciclo di vita lineare di un prodotto

029


Progettare con i rifiuti

quella inizialmente immaginata. Accanto all’uso primario, dato dal progettista all’oggetto, possono essere presenti allo stesso tempo molti altri che non ha immaginato; questi dipendono dall’esigenza e dalla cultura di chi utilizzerà in seguito l’oggetto17. I beni prodotti, nel percorso “dalla culla alla tomba”, costituiscono delle risorse e possono essere definiti vari modi di utilizzo: uso proprio principale, secondario e uso improprio. La funzione dei manufatti è, o dovrebbe essere, quella di facilitare e aiutare l’uomo nel compiere delle azioni. Con il perfezionamento delle tecniche, gli oggetti svolgono una funzione sempre più specializzata e precisa, ma spesso, essendo sempre più sofisticati, racchiudono una serie di funzioni e caratteristiche sconosciute all’utilizzatore. Queste qualità diventano evidenti quando il bene cessa di svolgere la funzione per cui è stato progettato, cioè il suo uso proprio principale. L’uso secondario invece, non necessariamente di importanza inferiore a quello principale, ha origine quando sorge una necessità e non si hanno altri mezzi disponibili per svolgere una determinata funzione. È comunque vero che le qualità secondarie possedute dagli oggetti hanno dei limiti e solitamente per sfruttarle è necessaria un’operazione aggiuntiva per adeguarle al nuovo uso. Pertanto l’energia, il tempo, il denaro spesi per l’adeguamento devono essere confrontati con quelli impiegati per l’acquisto di un oggetto che svolga la stessa funzione. Si vedrà nei paragrafi successivi quando questo sia opportuno e conveniente. L’uso improprio invece è un uso non appropriato e quindi non “corretto” rispetto a quello per cui il bene è stato progettato. Anche se il termine “improprio” possiede un’accezione negativa, può assumere una connotazione positiva nel momento in cui non può essere sfruttata la funzione principale18. Infatti le varie tipologie di utilizzo dei prodotti dipendono strettamente dal contesto e dalla cultura in cui sono 030

usati, ma soprattutto dipendono dallo stato del bisogno. Pertanto, il valore che un bene assume durante la sua esistenza va al di là di quello commerciale, che in realtà è solo il primo, che termina quando il bene viene trasformato in rifiuto. Devono essere invece considerati anche il valore affettivo e il valore d’uso, derivanti direttamente dai comportamenti e dalle abitudini dell’uomo. Il riuso ha la possibilità di ridare, parzialmente o totalmente, questi valori al rifiuto. In questo capitolo e nel seguente verranno presentati una serie di esempi e casi studio che rendano più chiara la trattazione di questi temi e forniscano dei riferimenti concreti agli argomenti affrontati.

17 Per l’approfondimento di tale argomento si consigliano i testi di Pario Perra Daniele, Low Cost design, VOL 1 e VOL 2, Milano, Silvana Editore, 2011. L’autore raccoglie una serie di oggetti e soluzioni nate dalla creatività spontanea delle persone, fornendo uno uno spunto di riflessione sulla pratica del recupero e del riuso.

18 Margherita Villa fa più volte riferimento alla situazione dei Paesi in Via di Sviluppo dove alcuni prodotti ed alcuni scarti, per mancanza di mezzi ed impossibilità di uso o a volte per ignoranza, non possono essere utilizzati per la loro funzione principale: In alcuni Paesi dell’Africa i cartelli stradali venivano rimossi dalla popolazione nomade del posto per essere utilizzati come superficie da lavatoio, poiché non esistevano in quel contesto oggetti che potessero svolgere quella funzione. Inoltre per i pastori che si muovevano a piedi il cartello era ovviamente un oggetto superfluo.


2. Il riuso in architettura

Il Riuso Possiamo definire il riuso come un processo di trasformazione di un prodotto, nel momento in cui è considerato “scarto”, in un nuovo prodotto “recuperato”. Questa concezione permette di sfruttare gli output di un sistema, prima considerati esternalità negative nel ciclo di vita lineare, come input di un nuovo sistema. Rispetto all’uso secondario o improprio, che si riferiscono all’oggetto non ancora scartato, si definisce riuso di un oggetto quando questo cessa di svolgere la funzione per cui è stato creato e si trasforma in rifiuto.

2. Riuso appropriato o valevole: è il riutilizzo di un prodotto senza modificarlo, ma in modo diverso rispetto all’uso originale. Avviene sfruttando interamente le sue qualità secondarie senza impiegare ulteriore energia. È senz’altro più ingegnoso e creativo poiché si avvale unicamente di un’operazione mentale per trasporre un oggetto da un ambito ad un altro.

Margherita Villa individua diversi tipi di riuso: 1. Riuso proprio: un prodotto viene riusato successivamente al primo impiego, con o senza interventi di miglioramento, svolgendo la stessa funzione per cui era stato concepito.

Fig. 2.8 Coppi riusati in una ristrutturazione a Castelcucco (TV)

Fig. 2.9 Utilizzo di un fusto metallico per il petrolio come braciere.

031


Progettare con i rifiuti

Fig. 2.13 Ciclo di vita di un prodotto in una catena a ciclo chiuso

3. Riuso con lavorazione: quando si utilizza un prodotto per il materiale di cui è composto per produrre nuovi oggetti.

5. Riuso particolare: qualora si utilizzi solamente una parte di un prodotto dismesso.

Fig. 2.11 Disassemblaggio di un pallet per oggetti d’arredo. PalleTable, E. Bosco, G. Ceste, R. Crivello, F. Gillono, Torino, 2010.

Fig. 2.12 Riuso del portello di una lavatrice. Miele Space Station, 2012architecten, Rotterdam, 2003.

4. Riuso con il minimo intervento: si verifica quando un oggetto viene adattato ad un uso diverso con una trasformazione limitata.

Fig. 2.10 Riuso di un copertone per biciletta come cintura. BELT 12-003, Mnmur.

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2. Il riuso in architettura

Il riuso dipende dal contesto in cui è praticato, dal livello economico, dalla cultura, dalle abilità possedute dal progettista e dallo stato in cui è reperito il prodotto. Una grande porzione di riuso, oltre ai rifiuti, è dovuta agli scarti di produzione o sottoprodotti . Per convenienza economica e impegno nel rispettare l’ambiente, molte aziende produttrici stanno diminuendo i loro scarti prodotti durante le lavorazioni cercando un possibile reimpiego. Nei paesi industrializzati la produzione di questi scarti è bassa, solamente il 4-5% del prodotto finale19. La produzione dei residui di provenienza industriale è in continuo cambiamento poiché dipende dal sistema produttivo adottato dalle industrie e dai prodotti fabbricati. Già Massimo Foti nel 1982 precisava: “durante i processi produttivi, le possibilità che si presentano di recuperare degli scarti di prodotti, sono molto diverse tra loro, e le soluzioni che possono emergere sono imprevedibili. Come in tutto il problema del riuso, si tratta, anche qui, di impegnare la fantasia e di interpretare con intelligenza le circostanze che via via si presentano”20. Una soluzione adottata da molte imprese è quella definita dall’Industrial Ecology, una disciplina scientifica che studia i sistemi produttivi (ma anche sociali e culturali) in relazione all’ambiente naturale. Nata negli anni ’90, studia i flussi materiali ed energetici nei sistemi industriali (industria, agricoltura, commercio, città, ecc.) basandosi su un approccio interdisciplinare, che fa riferimento a scienze ambientali, scienze sociali e ingegneria. L’oggetto di tale disciplina è l’impatto che le attività industriali hanno sulla disponibilità di risorse naturali, sulla capacità dell’ambiente di assorbire scarti e sugli ecosistemi in cui viviamo, e come questo può essere ridotto o annullato. Un ramo della Industrial Ecology si occupa in particolare del riutilizzo, tramite le modalità economicamente ed ecologicamente

Fig. 2.14 Schema riassuntivo del ciclo di vita dei polimeri

più convenienti, e cioè recupero o riciclaggio, dei prodotti di scarto delle imprese. Nell’ambito della produzione industriale vi è da considerare il riuso di merci accumulate perché invendute (sostituite da nuovi prodotti), oppure prodotti scaduti, fallati, sporchi, ecc. Alcuni di questi prodotti possono avere ancora mercato (come ad esempio le primette), altri costituiscono una risorsa per un riuso valevole. Alessandra Dalle Nogare, nella sua tesi di laurea21, affronta questo tema proponendo una soluzione per il riuso dei sottoprodotti industriali: una piattaforma web in grado di far incontrare la domanda, progettisti/creativi, designer, architetti e l’offerta, costituita da piccole e medie imprese produttrici di scarti di lavorazione.

19 Margherita Villa, op. cit.

20 M.Foti, “Molti problemi e qualche scelta possibile”, Prefabbricare, Edilizia in evoluzione, maggio giugno 1982, pag. 3

21 Alessandra Dalle Nogare, 2nd LCD, Ricerca e sperimentazione di prodotti riusabili in Architettura, Politecnico di Torino, I Facoltà di Architettura, Corso di laurea specialistica in Architettura (Costruzione), rel. Prof. A. Bocco, 2012

Fig. 2.15 Duchi Shop, Scheveningen (NL), 2012architecten, 2004

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Progettare con i rifiuti

Design Il riuso dei rifiuti, ma anche di prodotti comuni, è stato oggetto di riflessione e studio da parte di molte correnti artistiche, dai ready-made del dadaismo di Marcel Duchamp, alla pop-art, alle opere di Piero Manzoni. Il confine tra arte e design in questo caso non è ben definito e molti designer che lavorano con i rifiuti spesso invadono con i loro progetti il mondo dell’arte. In tutto il ventesimo secolo si susseguono sperimentazioni sul riuso dei rifiuti soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. Gli oggetti ricreati dalla spazzatura, sono spesso provocatori: poltrone fatte con stracci, lampadari composti da bottiglie, ecc. Alcuni designer scelgono di presentare i rifiuti come materia squallida e povera, altri puntano a dargli una nuova immagine, come oggetti riscattati e dignitosi22. L’approccio al riuso nel design si pone a volte in contraddizione con le basi dell’industrial design, proponendo una modalità di progettazione e costruzione difficilmente standardizzabile, ma soprattutto legata a una disponibilità e una scelta limitata. Per questo motivo, questa branca del design è legata soprattutto a oggetti artigianali o autoprodotti. Anche se gli esempi del passato sono numerosi e molto interessanti, gli anni ’10 di questo secolo hanno dimostrato un crescente interesse per questa pratica e gli studi che si dedicano al design del riuso si sono moltiplicati. Spesso i progettisti che si impegnano nel design del riuso vivono una realtà altalenante tra il design e l’architettura, senza un confine netto. Alcuni studi hanno sperimentato il riuso in alcuni dei loro lavori, come Elmo Vermijs (Olanda), Controprogetto (Italia); altri hanno deciso di dedicarsi completamente al riuso: Ooomydesign (Spagna), Manolo Benvenuti (Italia), Mnmur (Italia). Molti studi decidono di dichiarare i propri intenti con il nome stesso: Refunc (Olanda), RedeemAdesign (Olanda-Italia), Ba034

surama (Spagna), Rifuse (Italia), Ricrea (Italia).

22 Questo differente approccio lo incontriamo anche nell’architettura con i rifiuti.

23 Baudrillard J., Nouvel J., Architettura e nulla. Oggetti singolari, Milano, Mondadori Electa, 2003

Fig. 2.16 Bulb, Reedemade, 2002

Architettura In architettura il passaggio dettato dal readymade è più complesso. Rispetto all’arte, e per alcuni versi anche al design, l’architettura non è riferibile ad un gesto spontaneo come quello della corrente dadaista. Jean Nouvel, in un dialogo con Jean Baudrillard, sostiene che non può esistere l’equivalente di Duchamp nel mondo dell’architettura: “Non so che cosa consenta di individuare la fontana di Duchamp, se non è collocata all’interno di uno spazio museale. Sarebbero necessarie condizioni di lettura e di distacco che non si hanno in architettura”23. Le esigenze del progetto architettonico necessitano una riflessione più profonda sia sul significato del riuso che sulla fattibilità progettuale, tema, quest’ultimo, oggetto della mia tesi.


2. Il riuso in architettura

Il riuso, in architettura, si incontra già nella storia. L’uomo ha sempre cercato di sfruttare le risorse di cui aveva a disposizione. Sin dall’antichità le rovine degli edifici del passato sono state trasformate per soddisfare nuove esigenze e funzioni, oppure come sostegno per nuovi edifici. Lo spoglio di parti di edifici non più in uso è stato un fenomeno comune a tutte le epoche storiche: capitelli, colonne, fregi sono stati rimossi dalle architetture del passato per essere riutilizzati in nuove costruzioni. Il concetto di riuso applicato in architettura è normalmente legato alle comuni manutenzioni straordinarie, alle ristrutturazioni, al rinnovo strutturale o funzionale. Un argomento di interesse attuale, dato il consistente rallentamento del mercato delle nuove costruzioni dovuto ad una progressiva saturazione nel mercato edilizio, in particolare di quello cittadino, e dalla riscoperta di luoghi abbandonati o degradati all’interno del tessuto urbano. I temi del riuso edilizio sono inoltre abbracciati positivamente dalle realtà che considerano le tematiche della sostenibilità. È infatti considerato una buona pratica da un punto di vista sia “culturale-sociale” (legame storico del manufatto con il contesto) che ambientale (generalmente il riuso di un edificio evita la sua demolizione e quindi lo spreco di materia già trasformata). Ad esempio, il riuso edilizio è considerato una buona pratica anche all’interno dei sistemi di certificazione della qualità e della sostenibilità edilizia come il protocollo ITACA o il LEED24.

In Italia è raro che avvenga una demolizione selettiva degli edifici e spesso le diverse frazioni prodotte dalla costruzione e demolizione sono smaltite come rifiuti speciali C&D. Il procedimento più utilizzato è il reimpiego del materiale demolito come riempimento all’interno del cantiere stesso. A seguire, un altro utilizzo comune è come inerte per riempimenti o sottofondi, seguito dalla frantumazione per realizzare aggregati cementizi, pratica, questa, ultimamente molto sfruttata. La selezione dei rifiuti prodotti è il primo passo per il recupero ma non avviene in Italia ancora in maniera sistemica o razionale, non essendoci norme che la regolano e, rispetto ad altri Paesi europei, essendo la decostruzione selettiva dell’edificio ancora considerata troppo costosa.

24 La scala di valutazione LEED propone numerosi punti a favore se l’operazione sull’edificio certificato è una ristrutturazione o un rinnovo delle parti.

Relativamente ai prodotti per l’architettura, la pratica più diffusa è il riuso proprio di prodotti del mercato edilizio pre-consumo e post-consumo (questi ultimi considerabili come rifiuti da costruzione e demolizione). I prodotti provengono solitamente da edifici dismessi, ristrutturazioni, stock di prodotti inutilizzati o invenduti. 035


Progettare con i rifiuti

25 Informazioni tratte da http:// www.archdaily. com/134620/recycledmaterials-cottagejuan-luis-martineznahuel

Recycled Materials Cottage Juán Luís Martínez Nahuel, Cile, 2008 Come esempio riportiamo il Recycled Materials Cottage di Juán Luís Martínez Nahuel. L’abitazione, realizzata a Panguipulli, Cile nel 2008, si trova all’interno di un bosco di difficile accesso. È il committente che ha deciso di sfruttare i prodotti-rifiuti nel progetto: alcuni materiali da demolizione provenienti da siti vicini. I prodotti riutilizzati sono stati: - Le porte vetrate, originariamente appartenenti a un patio di una casa degli anni ’60 sono divenute la facciata principale della nuova villa. - Un gran numero di assi di parquet di eucalipto di una casa degli anni ’70 sono state utilizzate per la facciata principale. - Alcune travi d’acciaio utilizzate per una mostra temporanea sono diventate la struttura dell’edificio.

Fig. 2.17 Recycled Materials Cottage, Juán Luís Martínez Nahuel

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2. Il riuso in architettura

2.4 Approcci differenti in architettura In generale è possibile individuare più categorie, in base alla differenza di approccio che i progettisti hanno rispetto al riuso26: - Approccio ecologista alternativo anni ’70 - Approccio informale home-made - Approccio informale nei PVS - Approccio sostenibile - Approccio Reuse Approccio ecologista alternativo anni ’70 Come descritto nel capitolo precedente, gli anni ’70 per gli Stati Uniti sono stati un momento di fervore e cambiamento. La fragile situazione sfociata nella crisi energetica del 1973 portò allo sviluppo di molti movimenti alternativi che proponevano utopiche soluzioni ai problemi politici, economici ed ecologici. In questi anni nacquero molte comunità che puntavano all’indipendenza e all’autosufficienza, tramite un modo di vivere e costruire “anticonformista”, in alternativa a ciò che proponeva la società. Tra le prime comunità vi fu Drop City, nata nel 1965 in Colorado, un villaggio caratterizzato da abitazioni a cupola autocostruite con alcuni prodotti di recupero: strutture geodetiche composte da tettucci di automobile ritagliati, finestrini di automobili, assi di legno riusate. L’esperienza si concluse con lo sgombero da parte delle autorità e lo smantellamento nel 1970.

Fig. 2.18 Drop City, 1969

Pochi anni dopo vennero poste le basi per lo sviluppo della Garbage Architecture: Michael Reynolds nei primi anni ’70 realizzò le sue prime opere proponendo l’uso di rifiuti come prodotti per l’architettura. La sua voce, una tra quelle che si stavano affermando in quel periodo, contribuì a rendere il tema del riuso dei rifiuti oggetto di un dibattito serio a scala nazionale e successivamente internazionale. Nel 1979 venne organizzata alla Florida A&M University una conferenza internazionale sul tema del secondo uso dei prodotti industriali per l’edilizia, slegando questa pratica dalle azioni nei Paesi in Via di Sviluppo e quindi destinata ad una architettura prettamente povera. Alla conferenza parteciparono, oltre a Reynolds, Martin Pawley e Gernot Minke, altri architetti impegnati nella Garbage Architecture. Le motivazioni a favore di questo tipo di approccio erano costituite dall’autocostruzione, dall’uso di prodotti senza mercato, elementi che permettevano un notevole abbassamento dei costi e dall’uso di rifiuti altrimenti destinati alla discarica. Partendo dal New Mexico, Reynolds27 iniziò a mettere in pratica e sperimentare le sue proposte nella Earthship bio-architecture come lui stesso la definì. Effettuò ricerche per più di 35 anni sul riuso dei rifiuti per l’architettura, seguendo centinaia di progetti di earthship. Gli edifici che negli anni ha continuato a perfezionare sono costituiti da prodotti-rifiuti d’uso quotidiano: lattine, bottiglie di plastica, bottiglie di vetro e pneumatici. Le Earthship sono progettate per essere edifici offgrid, che si alimentano tramite l’energia solare e microeolica, recuperano acqua piovana e acque nere, per irrigare le colture che contribuiscono all’autosufficienza dell’unità abitativa. Dal punto di vista fisico-tecnico queste abitazioni sfruttano i sistemi passivi di accumulo termico e minimizzano le dispersioni verso l’esterno. Il costo è accessibile, tra i 100 e i 300 US $ al m2 (non

26 La suddivisione è stata da me stilata nell’ambito della redazione della tesi.

27 Le informazioni relative alle Earthship sono tratte da: C. Massimello, Analisi progettuale di un edificio in materiale di riuso, offgrip e zero carbon : dall’Earthship esistente di Brighton all’ Earthship ipotetica di Torino, e da Michael Reynolds, Earthship Volume 1, presenti in bibliografia

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Progettare con i rifiuti

Fig. 2.19 Brighton Earthship, Michael Reynolds, Inghilterra, 2007

considerando gli impianti). Non è stato facile per Reynolds superare gli ostacoli burocratici: nel 1989 il suo metodo di costruzione venne decretato fuorilegge e gli venne ritirata la licenza da architetto. Solo dopo 17 anni di battaglie burocratiche Reynolds riuscì a vincere la sua causa e ottenere la restituzione della licenza. Le sue abitazioni sono state concepite fin dall’inizio per il clima estremo del New Mexico, ma dopo gli anni 2000 si è cercato di esportarle anche in luoghi dal clima più freddo come l’Europa, con risultati soddisfacenti. Il metodo di Reynolds, tutt’ora usato, permette di autocostruire la propria abitazione eseguendo le istruzioni che lui fornisce: sul sito www. earthship.com è possibile acquistare i progetti. Le Earthship sono oggetti profondamente anticonformisti e presentano immagini “espressioniste” di architettura organica. Queste sperimentazioni hanno preceduto di 40 anni gli esempi di case passive e bioarchitettura pubblicati oggi abbondantemente sulle riviste di architettura. Anche in Europa, alcuni anni dopo, nacque l’interesse per il riuso. L’Olanda fu pioniera con figure come Rinus Van den Berg e John Habraken. Entrambi attivi nel SAR, Stichting Architecten Research, si impegnarono nello studio di scenari di riuso e riciclaggio dei rifiuti. La ricerca portò alla realizzazione di un modello di bottiglie di birra Heiniken riutilizzabili in edilizia: WoBo, una bottiglia dalla forma e dimensioni adatte per un riutilizzo come blocco mattone per abitazioni28. In Italia, negli anni ’80, Massimo Foti ha approfondito il tema, partendo dall’esperienza americana e proponendo innovativi scenari e proposte basate sul riuso degli scarti non solo a livello edilizio ma in tutti gli ambiti della società. Sosteneva che “l’idea del riuso in sé non è certamente originale ed è stata praticata, a varie 038

scale, fin dall’antichità. Si tratta, ora, di riuscire a studiarla meglio e di riuscire poi ad applicarla concretamente nella realtà industriale, nella quale ci muoviamo”29. Purtroppo le previsioni di Foti non si sono subito realizzate e la pratica del riuso in architettura, non più considerata per oltre vent’anni, è tornata in scena all’inizio degli anni duemila.

28 M. Foti, op.cit.

29 M. Foti, op.cit.

Fig. 2.20 Parete realizzata con le bottiglie WoBo

Fig. 2.21 WoBo-SAR house, Rinus Van den Berg, Eindhoven, 1965


2. Il riuso in architettura

Approccio informale home-made L’approccio al riuso autoprodotto è un fenomeno molto presente, soprattutto nel design, ma anche in architettura. Sono di nuovo gli Stati Uniti a fornire il maggior numero di esempi, e la possibilità, di autocostruzione con prodotti di recupero, secondo la pratica tipicamente americana DIY (Do It Yourself ). Sono numerosi i casi di piccole abitazioni, realizzate per lo più da privati (non architetti), costruite con rifiuti presenti in gran quantità come lattine, bottiglie vuote di plastica, pneumatici, metallo, ecc. Normalmente tali elementi sono utilizzati con tecniche più semplici possibili (sia in fase di progettazione che in fase di costruzione). Gli esempi sono numerosi e forniscono spunti per maggiori approfondimenti tecnologici (e creativi). Internet è piena di esempi self-made di privati che hanno deciso di ricostruire il garage, il capanno degli attrezzi o la casa delle vacanze con quel che avevano a disposizione. Sono fioriti anche i blog dove vengono pubblicate persino le istruzioni di montaggio. Christiania Glass House Danimarca, 2007 Un esempio europeo interessante è la Christiania Glass House30, costruita nello squat di Copenhagen nel 2007. L’abitazione è stata costruita da alcuni squatter, senza architetti o manodopera specializzata. È organizzata su due piani e realizzata interamente con rifiuti raccolti nella città. Tutti e quattro i fronti si contraddistinguono per l’utilizzo di vecchi infissi che creano una facciata trasparente continua. Nonostante l’aspetto apparentemente decadente, la casa viene periodicamente controllata e sottoposta a manutenzione.

30 Informazioni tratte da http:// superuse.org/story. php?title=ChristianiaGlass-House

Fig. 2.22 Christiania Glass House

Approccio informale e formale nei PVS È bene suddividere le esperienze in tali paesi: da una parte il riuso è praticato per le contingenze del luogo, ed è eseguito per necessità dagli abitanti stessi; dall’altra si presenta come approccio utilizzato dagli architetti e dai progettisti impegnati nella cooperazione internazionale. Il primo caso si lega alla forte propensione degli abitanti dei paesi più poveri al riuso dei beni che hanno esaurito la loro funzione primaria e degli scarti prodotti dal consumismo. Questo non avviene per scelta deliberata, ma come conseguenza della situazione economica e sociale del contesto. L’architettura del riuso in questi paesi assume un significato differente rispetto alla situazione dei paesi industrializzati. Si lega spesso a situazioni di stretta necessità e che fanno utilizzare lo scarto o il rifiuto, non 039


Progettare con i rifiuti

tanto per un’idea ecologica e anticonformista, quanto per una motivazione economica di contingenza. I prodotti sostitutivi riutilizzati rappresentano spesso un’alternativa obbligata ai prodotti nuovi, a causa di fattori di facilità di reperimento, mancanza di alternative, prezzo, velocità di realizzazione, ecc. Il secondo caso si verifica per la pressione dei Paesi occidentali sulle situazioni più povere del Sud del mondo, dando occasione a molti architetti, soprattutto americani ed europei, di impegnarsi in tali esperienze. La cooperazione internazionale ha alimentato la sperimentazione del riuso in paesi colpiti da guerre, carestie, catastrofi naturali, ecc. Per i cooperanti stranieri queste situazioni sono occasione di utilizzo di nuove tecniche sfruttando le possibilità presenti in questi paesi: le necessità incombenti e la mancanza di rigidi vincoli legislativi rendono possibili soluzioni che nei Paesi industrializzati difficilmente sarebbero autorizzate.

Fig. 2.23 Bar, Oaxaca, Messico

Scuola di gomme ARCò, Israele, 2009 Nel secondo caso rientra ad esempio il progetto condotto da ARCò31 nel campo beduino di Al Khan Al Akmar, nei territori occupati palestinesi, nell’ambito di un progetto di cooperazione internazionale. La precarietà politica del paese in cui è stato realizzato il progetto ha determinato una serie di vincoli molto rigidi da rispettare: divieto di uso di cemento e fondazioni, rapidità e semplicità costruttiva, costi minimi e manodopera locale non specializzata. Il progetto per questo motivo unisce semplicità e rapidità di realizzazione. Le pareti sono state realizzate con 2000 pneumatici usati, riempiti di terra compattata, secondo il metodo delle Earthship e rivestiti da intonaco.

Fig. 2.24 ARCò, Scuola di gomme

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31 Informazioni tratte da http://www.arco.org/it/progetti/ realizzati/gomme/ index.php


2. Il riuso in architettura

Approccio sostenibile Nel mercato dell’architettura e dell’edilizia occidentale attualmente la sostenibilità è un tema difficilmente escludibile nei processi di progettazione e costruzione. Il riuso dei prodotti in edilizia, uno dei campi in cui si sviluppa la sostenibilità, si pone come strumento per il progetto, non soltanto in un approccio “curioso” o eco-friendly, ma come reale alternativa di risparmio economico e rispetto ambientale. Come abbiamo visto, questo approccio si è sviluppato nel campo del design, ma oggi gli esempi in architettura si stanno moltiplicando. Molti studi di architettura hanno sfruttato il riuso nei propri progetti, dai piccoli studi locali alle grandi firme mondiali. Questo tipo di approccio include sia modesti progetti realizzati con prodotti riusati che progetti dalla forte valenza iconica. The Dwight Way Leger Wanaselja Architecture, USA, 2004 Il primo approccio fa del riuso una scelta costruttiva orientata verso la sostenibilità. È il caso ad esempio di The Dwight Way32, la ristrutturazione di Leger Wanaselja Architecture di un’abitazione a Berkeley, California, nel 2004. L’intervento ha previsto la ristrutturazione dell’edificio esistente e un’aggiunta di una nuova unità. L’obiettivo è stato quello di ridurre il consumo di energia in fase di utilizzo e di costruzione, sfruttando in questo caso una gran quantità di prodotti riciclati e riusati. I progettisti hanno calcolato un miglioramento delle prestazioni nel consumo di energia, tale da fornire un’efficienza doppia rispetto a quella richiesta dalle normative vigenti. I prodotti riusati sono parti di automobili, cartelli stradali e travi in legno; questi sono stati utilizzati per tende, cancelli, ringhiere, mensole e illuminazione.

32 Informazioni tratte da http://www.lwarc. com/projdetails/mu_ dwightway-details. html

Fig. 2.25 The Dwight Way, Leger Wanaselja Architecture

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Progettare con i rifiuti

Freitag Flagship, Spillmann Echsle Architekten, Svizzera, 2006 La seconda modalità sfrutta il riuso soprattutto come elemento pubblicitario, portando alla realizzazione di oggetti con una forte immagine e una connotazione reused ben definita. È il caso del Freitag Flagship a Zurigo33, dello studio Spillmann Echsle Architekten. Il termine flagship già dichiara l’intento di rendere la torre di container, sede della Freitag34 un simbolo del riuso. L’edificio ospita gli uffici dell’azienda e uno showroom dei prodotti. Sono stati utilizzati 17 container dismessi dal porto di Amburgo, impilati e montati con gli stessi metodi utilizzati nel settore dei trasporti marittimi. I container sono aperti, sul lato corto, con vetrate di grandi dimensioni che forniscono la luce naturale allo showroom. Il progetto ha vinto il premio “Marketing + Architektur”35 poiché è stato definito come un perfetto oggetto di corporate architecture che trasmette gli obiettivi e l’autenticità dall’azienda e del marchio.

33 Informazioni tratte da Kotnik Jure, Container Architecture, Barcellona, Links Books, 2008

34 La Freitag produce dal 1993 accessori d’abbigliamento realizzati con teloni di camion dismessi e altri prodotti scartati. Incontreremo quest’azienda nei capitoli successivi. 35 Il premio, indetto da Baukoma, Kommunikation und Marketing rund ums Bauen, è stato assegnato nel 2008. http://www. marketingarchitektur. ch

Fig. 2.26 Spillmann Echsle Architekten, Freitag Flagship, 2006

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2. Il riuso in architettura

Approccio Reuse Vi sono invece progettisti che dedicano l’intero loro lavoro al riuso in architettura. Questa categoria di architetti studia, propone, provoca quasi come nuova interprete di quei precursori che quarant’anni fa facevano parte di un gruppo poco considerato e deriso. Il lavoro dei moderni garbage architects è difficoltoso nei paesi dove sono presenti resistenze culturali e restrizioni normative. Da una parte il rifiuto continua a essere visto come un’entità sporca, da allontanare, non considerata all’altezza di un prodotto per l’edilizia; dall’altra i vincoli amministrativi riducono fortemente le possibilità di ricerca e sperimentazione. Non è un caso che la provenienza di questi esempi sia limitata a un ristretto numero di Paesi, dove fattori diversi hanno permesso lo sviluppo di tali pratiche36. Alcuni tra i più attivi studi sono: REFUNC (Olanda) REFUNC è uno studio di design e architettura dell’Aia. Il suo lavoro dal 2001 si concentra esclusivamente sul riuso di scarti di produzione o rifiuti. Il metodo di lavoro si lega al readymade: il motto dello studio olandese prevede “l’improvvisazione creativa” con materiali di scarto localmente disponibili. Spesso i risultati sono oggetti irriverenti e provocanti, ma costituiscono il primo passo per una presa di coscienza del rapporto uomo-rifiuti-riuso, che permette di aprire la strada a più profondi risultati. I due architetti dello studio sostengono che “l’architettura dell’immondizia assume un significato profondo in un mondo in cui le materie prime stanno diventando sempre più scarse. Ci consideriamo più logici che ecologici. È semplicemente razionale ridare una funzione ai materiali di scarto perché le loro qualità e il loro specifico valore non vadano perduti in processi di riciclaggio non sempre intelligenti”37.

Maisongomme REFUNC, Olanda, 2005 Un esempio interessante è costituito dalla Maisongomme38, del 2005. La costruzione è una casetta-studio nel giardino di una abitazione dell’Aia, costruita con prodotti ricavati dalla demolizione della precedente costruzione, vecchi pneumatici, e vetricamera di un’abitazione ristrutturata vicina. I battistrada dei copertoni sono stati ritagliati e utilizzati come elementi di copertura. Realizzata dagli stessi progettisti in pochi giorni, Maisongomme fornisce un ottima dimostrazione del metodo di lavoro di REFUNC.

36 I Paesi “all’avanguardia”, nei quali sono presenti il maggior numero di studi che si dedicano in particolare al riuso, sono: Olanda, Stati Uniti, Spagna e Germania. In Italia sono presenti un gran numero di designer, ma sono pochi gli studi di architettura. Molti sono gli architetti Italiani che si sono trasferiti all’estero.

37 Bahamón Alejandro, Sanjinés Maria Camila, Rematerial, from waste to architecture, New York, W. W. Norton & Company, 2010 38 Informazioni tratte da http://www. refunc.com/index2. php?id=2 e da: Van Hinte Ed, Jongert Jan, Peeren Césare, Superuse. Constructing new architecture by shortcutting material flows, Rotterdam, Ed. 010Publisher, 2007

Fig. 2.27 Maisongomme, REFUNC

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Progettare con i rifiuti

2012architecten (Olanda) Lo studio ha base a Rotterdam. Si contraddistingue per i diversi campi in cui opera. Non si dedica unicamente alla progettazione, ma al suo interno lavora un team multidisciplinare di chimici, fisici, ingegneri ambientali, matematici, impegnati nella ricerca e nella sperimentazione del riuso nei sistemi produttivi e nei flussi di materie prime e rifiuti. Questo gruppo ha l’obiettivo di aiutare gli stessi progettisti a trasformare le città in un insieme di realtà interconnesse tra loro. Césare Peeren, uno dei fondatori dello studio, promuove l’idea del Superuse: non è semplicemente un sinonimo di riuso, ma un modo di creare architettura intercettando i flussi di prodotti usati, ridonando a questi un valore ben superiore a quello di rifiuti da smaltire. Il gruppo lavora anche per la promozione di questa cultura e a tale scopo ha creato www.superuse.org, un portale dove qualunque utente può pubblicare progetti, idee, riflessioni sul riuso, nel design e nell’architettura e www.cyclifier.org e www.insideflows.org, due comunità online di imprenditori, aziende, de-

signer, architetti nelle quali vengono raccolti e catalogati esempi di architettura e arredo basati sul riuso. Wikado 2012architecten, Olanda, 2007 Tra i progetti dello studio vi è il parco giochi Wikado39, realizzato a Rotterdam nel 2007. L’intervento consiste nel rinnovamento di una vecchia area giochi di 1200 m2. Sono state sfruttate cinque pale eoliche non utilizzate (pre-consumo) per costruire gli arredi e i giochi: quattro torri, rampe, ponti, scivoli, ecc. Le pale, altrimenti destinate allo smaltimento, sono state tagliate, trattate e colorate.

Fig. 2.28 Wikado, 2012architecten

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39 Informazioni tratte da ttp://2012architecten. nl/2008/10/wikado-2/


2. Il riuso in architettura

Rural Studio (USA) Il Rural Studio consiste in due “laboratori” all’interno del programma di studio della Facoltà di Architettura della Auburn University. Il lavoro è condotto dal 1994 da una serie di professori e studenti della facoltà, attivi nella Hale County, Alabama. L’obiettivo del gruppo è la realizzazione di costruzioni a basso costo e ridotto impatto ambientale per la popolazione della contea, una tra le più povere degli Stati Uniti. L’obiettivo, promosso già dal fondatore Samuel Mockbee, fondamentalmente didattico, è quello di realizzare un laboratorio di progettazione partecipata di autocostruzione. Con gli anni Rural Studio ha acquisito grande importanza a livello internazionale, il suo lavoro è stato dedicato in gran parte alla sperimentazione di soluzioni low-tech e low-cost. La costruzione di decine di edifici in tutta la contea è stata resa possibile anche per la situazione amministrativa e politica del luogo, che ha permesso la realizzazione di questi esperimenti. Il riuso di prodotti scartati è stato fin dal principio una necessità dal punto di vista economico, essendo la soluzione meno costosa. Per molti anni l’utilizzo di prodotti innovativi ha alimentato la ricerca, ma oggi questa si è ridotta in favore di una maggiore “razionalità costruttiva”, come ad esempio la serie di abitazioni dal costo non superiore a 20.000 US $ (20k houses).

Outhouse, Pods Rural Studio, USA, 1999 Tra i luoghi più interessanti realizzati dal Rural Studio vi è la serie dei pods che ospitano le residenze per gli studenti. Tutte le unità presentano elementi interessanti e innovativi. Una di queste ha con un rivestimento di vecchie targhe di automobili. Sono inchiodate alla parete perimetrale con la faccia uniforme metallica verso l’esterno.

40 Informazioni tratte da Oppenheimer Dean, Timothy Hursley, Rural Studio: Samuel Mockbee and an Architecture of Decency, New York, Princeton Architectural Press, 2002 e Oppenheimer Dean, Timothy Hursley, Proceed and Be Bold: Rural Studio After Samuel Mockbee, New York, Princeton Architectural Press, 2005

Fig. 2.29 Outhouse, Pods, Rural Studio,

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Progettare con i rifiuti

LOT-EK (USA) LOT-EK è uno studio formato da due architetti napoletani emigrati a New York. Il loro lavoro si basa sulla trasformazione di oggetti comuni in “straordinaria architettura”. LOTEK cerca il potenziale latente di questi oggetti, sia per migliorarne le qualità intrinseche, sia per trasformarne radicalmente l’uso. New Jalisco Library LOT-EK, Messico, 2005 Il successo di questo studio è dovuto a un concorso di idee a cui partecipò nel 2005 per la progettazione della nuova biblioteca di Guadalajara, Messico41: una massiccia struttura in acciaio che sorregge più di 200 fusoliere di Boeing 727 e 737 dismessi collegati tra loro da passerelle d’acciaio, scale e ascensori. L’idea del progetto nasce dalla quantità enorme di fusoliere abbandonate nel deserto di molti Stati nordamericani. Questi aerei, che sono stati i più utilizzati e venduti, come rifiuto hanno un costo molto basso e mantengono nel tempo ottime condizioni strutturali.

APAP OpenSchool LOT-EK, Corea, 2010 LOT-EK lavora anche molto con container riutilizzati. Un progetto tra questi è la APAP OpenSchool42 a Anyang, Corea, del 2010. L’edificio è costituito da una struttura sopraelevata raggiungibile da una passerella. È costituito da otto container accostati e disposti con inclinazioni diverse, in maniera insolita rispetto a quella ormai affermata della containers architecture. Infatti l’edificio è concepito come esperimento quasi scultoreo di taglio dei container e di elevazione “fluttuante” in contrasto alla massa pesante che i container rappresentano.

41 Informazioni tratte da Superuse. Constructing new architecture by shortcutting material flows e http://www. lot-ek.com/filter/ cultural/NEWJALISCO-LIBRARY

42 Informazioni tratte da http://www.lot-ek. com/filter/cultural/ APAP-OpenSchool

Fig. 2.30 New Jalisco Library, LOT-EK

Fig. 2.31 APAP OpenSchool, LOT-EK

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2. Il riuso in architettura

2.3 Convenienza del riuso Da una prima considerazione, i vantaggi ricavati dal riuso sembrano ovvi: risparmio di materie prime ed energia, valida alternativa alla gestione rifiuti e risparmio economico. Non è tuttavia corretto pubblicizzare il riuso in architettura sostenendo a priori la sua convenienza e tralasciando importanti fattori come la fattibilità e la qualità. È possibile affermare che nella maggior parte degli interventi questo sia vero, ma non sempre i fattori sopra citati sono calcolati accuratamente e il risultato spesso si affida solamente a stime o previsioni. Per un approccio più completo e scientifico è bene approfondire questi fattori. Materie Prime ed Embodied Energy Il riuso permette il risparmio di materie prime: - Risparmio di materie prime vergini: riusare un prodotto per una determinata funzione significa evitare di estrarre e utilizzare nuove materie per creare in prodotto analogo che svolga la stessa funzione. - Riutilizzo di materia: le materie prime che compongono il prodotto non vengono sprecate, ad esempio, nello smaltimento in discarica. - Riduzione rifiuti: il riuso comporta un duplice risparmio nei confronti della produzione di rifiuti, da una parte evitandone la produzione di nuovi (i prodotti fabbricati), dall’altra trovando un impiego per quelli già prodotti. Oltre alle materie prime di cui è composto il prodotto, deve essere considerata l’energia inglobata in esso. Analogamente a quest’ultima, il riuso permette: - Risparmio di energia: il riuso, per quanto siano rilevanti le lavorazioni, non richiede tanta energia quanta quella che occorre per la produzione di un prodotto analogo nuovo. - Riutilizzo di energia: dal punto di vista energetico il riuso è la migliore modalità di

gestione dei rifiuti poiché ottimizza con il nuovo uso l’energia dissipata per la sua produzione. Il riciclo spreca l’energia che è stata utilizzata per fabbricare il prodotto con determinate caratteristiche, ne utilizza per distruggerlo e ne necessita di ulteriore per creare un nuovo prodotto. L’incenerimento recupera solo una parte dell’embodied energ y: la parte legata al potere calorifico43 che possiede il rifiuto.

43 La quota di energia recuperabile tramite incenerimento di un materiale dipende dal suo potere calorifico, nella tesi tale valore sarà indicato con il termine feedstock energy.

Fattore importante nel considerare la convenienza dei prodotti riusati è la distanza del luogo di reperimento. Naturalmente una maggior distanza implica anche un maggior dispendio di energia. Sarà quindi importante considerare nel calcolo di impatto energetico se un prodotto riusato trasportato per una lunga distanza, continui ad essere più conveniente di uno acquistato e prodotto in prossimità del cantiere. Anche il mezzo di trasporto utilizzato (camion, treno, ecc.) è una variabile significativa. Infine devono essere considerate le conseguenze ambientali a cui i fattori energetici sono strettamente legati. La produzione di CO2 dipende dall’embodied energy, dai processi utilizzati nelle lavorazioni dei prodotti e dalle distanze e dai mezzi utilizzati nei trasporti. element

embodied energy MJ

wood reused

8650

new wood facade

11617

3521

steel reused

new steel construction

38104 319579

CO2 kg

others greenhouse gases

carbon footprint

kg

kg CO2eq

gha

223

522

0,12

641

0,14

2712 23698

4842 45970

1,06 10

Tab. 2.5 Comparazione degli indicatori ambientali dei prodotti riusati confrontati con prodotti nuovi nella Villa Welpeelo

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Progettare con i rifiuti

Su questo tema Martin Pawley, già nel 1979, durante l’International Conference of Garbage Architects prima citata, proponeva di “conservare l’energia nella geometria […]. Ad una macchina frantumatrice sono necessarie oltre 10.000 libbre di pressione per ridurre delle bottiglie in pezzi di vetro; utilizzando questi pezzi vengono costruiti poi dei blocchi prefabbricati. La resistenza a compressione di questi risulta essere di 2.700 libbre per pollice quadro, cioè circa un quarto della resistenza originaria delle bottiglie”44. Pawley con questo invitava a studiare le potenzialità che possiedono i prodotti da riuso, preferendo un riuso che si avvicinasse il più possibile al concetto di ready-made, limitando il più possibile i processi di trasformazione del prodotto. Questo necessitava un approccio alla scelta del prodotto da riutilizzare non superficiale, cosciente delle caratteristiche intrinseche che l’oggetto possiede, le sue potenzialità, i suoi limiti. È l’uso cosciente e scientifico di prodotti di riuso che rende questa pratica ragionevole.

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La convenienza del riuso però non è fissata da un confine ben definito e le interpretazioni possono variare. Un esempio discutibile è ad esempio l’uso dei pallet come oggetti per il design. Consideriamo, anche solo a scala italiana, lo svilupparsi rapido dell’uso alternativo, di moda, dei pallet: utilizzati non solo come elemento compositivo, ma smontati nelle parti di cui è composto per fornire materiale per nuove produzioni. Questo ultimo approccio, pur portando a risultati interessanti dal punto di vista formale, ha creato delle incongruenze, sia di significato che pratiche. Da una parte, seppur secondo un’interpretazione soggettiva, lo smontaggio del pallet forza la sua natura e annulla le caratteristiche di solidità e modularità come elemento “integro”; dall’altra lo smontaggio richiede un impiego di lavoro molto oneroso, sia a livello di tempo che di costo.

Fig. 2.32 Pallet Chair, Studiomama, eseguita con parti di pallet

44 M. Foti, op.cit.


2. Il riuso in architettura

Convenienza economica Con il variare delle situazioni e dei contesti, il riuso potrà comportare anche una maggiore o minore convenienza economica. In molti casi il riuso è una scelta effettuata per ridurre i costi di costruzione, ma non sempre permette di ottenere un significativo risparmio economico. Il costo di un prodotto riusato dipende da: - I tempi e la difficoltà del reperimento: come vedremo nei capitoli successivi, la fase di ricerca e di reperimento del prodotto adeguato è molto lunga e laboriosa e dipende dagli strumenti di cui si dispone. - Il valore del prodotto come rifiuto: i prodotti possono essere ottenuti gratuitamente oppure acquistati. Alcuni materiali, come quelli metallici, hanno un valore all’interno del mercato del riciclo e devono quindi essere acquistati a prezzi correnti. - Il trasporto: il costo varia in rapporto alla distanza e al mezzo di trasporto utilizzato. - Lo studio e la sperimentazione: in genere il prodotto deve essere testato e verificato per le sue caratteristiche tecniche ed ecologiche. Se non è stato mai oggetto di studio per il riuso bisogna considerare anche i costi delle prove in laboratorio. - Le trasformazioni per l’adeguamento alla funzione prevista: il prodotto dovrà subire delle lavorazioni più o meno consistenti. Queste possono avvenire con macchinari, ma più probabilmente con manodopera, poiché le lavorazioni sono spesso specifiche e non realizzabili con macchinari creati per altri processi (es. smontaggio di un pallet). - La posa in opera: la posa in opera di prodotti non tradizionali può determinare la non adeguatezza di manodopera edile non specializzata. È necessario istruire i lavoratori alle tipologie di lavoro richieste. - La manutenzione: a differenza della quali-

tà dei prodotti riusati e della tecnica costruttiva impiegata, sarà necessaria una più o meno frequente manutenzione ordinaria e straordinaria. Un ulteriore fattore da considerare è che il costo finale dipenderà dal costo della manodopera impiegata. Si otterrà un abbassamento dei costi dove l’opera potrà avvalersi di lavoratori non specializzati a basso costo, come nei progetti realizzati nei PVS, oppure nel caso in cui essi non vengano pagati, come nell’autocostruzione. È evidente che la combinazione di tali fattori può produrre risultati economici variabili. I prossimi due esempi dimostrano come la costruzione con prodotti di riuso comporti dei risparmi economici, ma differenti. I due progetti a confronto sono due ville a due piani realizzate per committenti con possibilità economiche e richieste esigenti di immagine e qualità finali.

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Progettare con i rifiuti

Big Dig House Single Speed Design, USA, 2006 La Big Dig House45 è stata costruita su progetto dello studio Single Speed Design a Lexington, Massachusetts, nel 2006. La villa, 353 m2 di superficie lorda, utilizza 270 tonnellate di prodotti riusati provenienti dalla Big Dig highway di Boston, a 30 km. Il costo finale è stato di 1.600 US $/m2 (equivalenti a circa 1.300 € nel 2006, per un totale di circa 460.000 €). Per risparmiare tempo ed energia, i progettisti hanno deciso di usare la maggior parte dei materiali di recupero nella condizione in cui si trovavano: travi in acciaio, lastre di calcestruzzo, legno e vetro. Villa Welpeloo 2012architecten, Olanda, 2009 Villa Welpeloo46 è stata terminata nel 2009 a Enschede, in Olanda dallo studio 2012architecten. La villa comprende 400 m2 di superficie lorda organizzati su due piani fuori terra. L’edificio è stato realizzato con prodotti-rifiuti provenienti da aziende presenti in un raggio di 12 km dal sito. I prodotti riutilizzati sono: travi in acciaio di un macchinario tessile, legname, assi di legno da bobine elettriche, pannelli isolanti di roulotte in disuso. Il costo finale di realizzazione è stato di 2.885 €/m2 di superficie lorda, per un totale di circa 900.000 €. Essendo i due progetti collocati in contesti differenti, soprattutto il luogo e l’anno di costruzione, Massachusetts e Olanda e 2006 e 2009, il confronto non è completamente legittimo. Inoltre i due edifici presentano caratteristiche costruttive, prodotti edili differenti e una diversa percentuale di prodotti riusati. Tuttavia tali progetti sono significativi per indicare la diversa convenienza economica. Infatti, considerando i valori in relazione ai costi all’anno di costruzione nei diversi luoghi, nel caso americano si è verificato un risparmio del 050

30-40%, in quello olandese di circa il 10-15%. Se si considerano altri casi, seppur molto differenti e lontani dall’ “architettura convenzionale”, incontriamo i casi di Rural Studio e le Earthship. Il metodo e il contesto di progettazione permettono un ulteriore abbassamento dei costi dovuto in gran parte alle minori esigenze “d’immagine” e di prestazioni e al costo della manodopera quasi azzerato. Nel caso di Rural Studio, Lucy House del 2002 (che incontreremo nel capitolo 4) ha un costo finale di 405 US $/m2 (410 €/m2 nel 2002); le Earthship invece variano, come abbiamo visto, tra i 100 e 300 US $/m2.

45 Informazioni tratte da http://inhabitat. com/the-big-dighouse-reachescompletion/ 46 Informazioni fornite direttamente da 2012architecten e da David Keuning, “Second-Hand Story, 2012 Architects built a house out of 60 per cent recycled materials”, in MARK magazine, n.24, 2010

Fig. 2.33 Big Dig House, Single Speed Design

Fig. 2.34 Villa Welpeloo, 2012architecten


2. Il riuso in architettura

QUALITÀ Una delle criticità maggiori nell’utilizzo in edilizia di prodotti di scarto è la qualità. È un tema di difficile definizione, poiché dovrà essere valutata situazione per situazione. Si può sostenere che una maggior qualità sarà dovuta a un maggiore studio sulle tecnologie e i prodotti utilizzati, ma sarà ovviamente dovuta anche all’impegno del progettista stesso. Inoltre il concetto di qualità è diversamente interpretato e può variare soggettivamente in base al contesto e alle necessità richieste dal progetto. Questo accade soprattutto nel settore dell’edilizia, poiché la qualità è difficilmente definibile dalla normativa, essendo il manufatto edilizio stesso caratterizzato per la non standardizzazione del prodotto finale e per la variabilità dei processi nel tempo. La norma ISO 9000:2005 si pone come strumento di certificazione di un sistema di qualità, definendola come “grado con cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfano i requisiti”47. Nel settore edilizio, la certificazione riguarda prevalentemente i requisiti tecnici dei prodotti, essendo molto più definibile rispetto alla qualità nella progettazione e nei processi produttivi. Nella Direttiva 89/106/CEE sui prodotti da costruzione, recepita in Italia con il DPR 246/9348, viene regolata la fornitura di materiali e prodotti per l’edilizia, stabilendo l’obbligo di garantire il rispetto di requisiti essenziali relativi alle opere da costruzione. Questo può avvenire tramite: - Conformità ai requisiti essenziali: i prodotti da costruzione possono essere immessi sul mercato soltanto se idonei all’uso previsto. L’approvazione è data secondo norme armonizzate europee, norme nazionali riconosciute o benestare tecnico di uffici europei. - Apposizione del marchio “CE”: il marchio “CE” è apposto ai prodotti da costru-

zione conformi alle norme nazionali in cui sono state recepite le norme armonizzate, a un benestare tecnico europeo o, in mancanza, alle specifiche tecniche nazionali conformi ai requisiti essenziali. Le opere munite del marchio “CE” soddisfano in tal modo i requisiti essenziali. - Attestato di conformità: spetta al fabbricante o al suo mandatario stabilito nella Comunità attestare che i prodotti sono conformi ai requisiti di una specificazione tecnica secondo le procedure di conformità menzionate nella Direttiva. - Clausola di salvaguardia: i prodotti dichiarati conformi alla Direttiva, ma che non soddisfano i requisiti essenziali e che presentano quindi un pericolo per la sicurezza e la salute, possono essere temporaneamente ritirati dal mercato dagli Stati membri. L’organo che compie il controllo sulle procedure di fabbricazione del prodotto e rilascia la certificazione è l’EOTA, European Organization of Technical Approvals (Organizzazione europea per il benestare tecnico).

47 ISO 9000:2005 “Sistemi di gestione per la qualità Fondamenti e vocabolario”

48 Decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246, “Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativo ai prodotti da costruzione”, pubblicato nella G.U. n. 170 del 22 luglio 1993

Considerate queste premesse, la qualità di un prodotto riusato dovrà essere garantita da una certificazione di qualità. In questo modo l’utilizzo di prodotti riusati si allineerà con una tradizionale sperimentazione di prodotti innovativi, testati e controllati prima di essere lanciati sul mercato. Nel caso di una produzione industriale, dove il prodotto è destinato al mercato, è necessaria una certificazione di idoneità e qualità secondo normativa, ma nel caso in cui il riuso si leghi ad un’esperienza particolare (come quelle affrontate nel capitolo) la qualità sarà garantita dal progettista che compie la scelta di usare prodotti non convenzionali. Ciò vale per tutti i prodotti per l’edilizia eccetto per le opere strutturali È interessante riportare un’ultima considerazione. Come avviene per alcuni processi come 051


Progettare con i rifiuti

il riciclo, non sempre è conveniente applicare il riuso alla totalità del progetto. Molte esperienze, hanno ottenuto ottimi risultati raggiungendo percentuali di utilizzo di prodotti riusati intorno al 50-80% dell’intera opera. Può accadere che aumentare ulteriormente la quota di prodotti riusati sia una forzatura e un tentativo non ragionevole: per alcune componenti edilizie, come serramenti o impianti, o per giunti, viti, ecc., sarà probabilmente preferibile l’utilizzo di prodotti nuovi. Se vengono tenute in considerazione queste variabili, il riuso può definirsi in generale una pratica conveniente dal punto di vista economico ed ecologico che può garantire alti livelli di qualità.

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3. Diario di viaggio

3. Diario di viaggio 3.1 Obiettivi In questo lavoro ho affrontato il riuso dei rifiuti per la produzione di prodotti per l’edilizia sostenibile, studiando le potenzialità e le modalità di questa pratica, oggi ritenuta interessante, ma ancora inesplorata. Lo studio non si è fermato alla fase di progettazione e ideazione di prodotti innovativi, ma ha approfondito la ricerca tramite la sperimentazione diretta. Prima degli anni ’90 il riciclo era ostacolato dai processi produttivi e dagli interessi economici basati sulla cultura dell’usa e getta. Negli ultimi vent’anni si è fatto faticosamente strada nei settori di produzione industriale e più lentamente in quello edilizio, fino a diventare oggi una componente di rilievo per la progettazione e la costruzione sostenibile. All’interno della waste hierarchy1, che individua le tre R preferibili in ordine decrescente per la gestione dei rifiuti, reduce, reuse, recycle, il riuso è la soluzione preferibile al riciclo. Il concetto di riuso nel nostro Paese è ancora a uno stato primitivo, solamente in certi ambiti si è affermato come pratica consolidata. Molti Paesi nordeuropei hanno invece impostato sul riuso molti settori già da molto tempo2. Come nei primi anni accadde per il riciclo, la cultura del riuso propone un forte cambiamento dei processi produttivi e dei sistemi di mercato attuali.

Come esposto nel capitolo precedente, sono numerosi gli esperimenti che si sono confrontati con il riuso, ma la maggior parte di essi non ha avuto un approfondimento tale da renderli veri riferimenti per l’edilizia. Questi sono generalmente visti come esempi di architettura creativa e collocati nelle nicchie di sperimentazione alternativa o anticonformista, legati agli ideali degli anni ’70. Il mio lavoro è articolato come studio di fattibilità dell’intero processo progettuale e di sviluppo tecnologico. L’obiettivo generale è analizzare l’effettiva possibilità di riuso di rifiuti per realizzare prodotti per l’edilizia sostenibile. Obiettivo secondario è rendere il procedimento di realizzazione del prodotto finale un processo ripetibile, non legato ad un’esperienza unica, come la maggior parte degli esempi di garbage architecture, ma che possa essere industrializzabile. La tesi mira a studiare non solo la standardizzazione del processo di produzione e messa in opera del prodotto, ma anche un metodo rigoroso di progettazione con i rifiuti. Non esistendo un processo stabilito e consolidato, il metodo stesso di ricerca è sperimentale e si basa su esperienze e tentativi di progettazione con i rifiuti già effettuati. Progettisti come 2012architecten, Refunc, Rural Studio, hanno sviluppato dei metodi di progettazione diversi tra loro poiché legati a una metodologia sviluppata in progress per adattarsi al meglio alla situazione in cui operavano. Ciò dimostra che il metodo varia a seconda dell’esperienza dello studio di progettazione, del luogo e degli attori coinvolti in ogni progetto. La mia ricerca è quindi legata agli obiettivi della tesi, alle conoscenze in possesso e al contesto territoriale in cui è effettuata. Mette in evidenza le strade seguite, le difficoltà incontrate e gli errori commessi, cercando di proporre un metodo strutturato per la progettazione con i rifiuti.

1 La Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio indica i cinque passi per la gestione dei rifiuti: Prevenzione: misure prese prima che una sostanza, un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto. Riuso: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile. Riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Recupero energetico: operazioni di incenerimento dei rifiuti per la produzione di energia. Smaltimento: qualsiasi altra operazione di smaltimento dei rifiuti tramite smaltimento in discarica ,incenerimento, pirolisi, gassificazione. 2 Si pensi ai sistemi di raccolta dei rifiuti, alle teorie e gli esperimenti della Industrial Ecology per il riuso a livello industriale.

Fig. 3.1 Waste Hierarchy secondo la direttiva europea

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Progettare con i rifiuti

Questo capitolo ripercorre approfonditamente l’approccio alla progettazione, la ricerca dei prodotti, la selezione, la catalogazione e le modalità di scelta. I successivi affrontano le prove e i test eseguiti per lo studio delle prestazioni dei prodotti in esame e la progettazione di componenti edilizie in base ai risultati ottenuti dalle prove. Il percorso è stato: - come e dove cercare - individuazione dei prodotti - selezione - catalogazione - scelta - analisi delle caratteristiche - progettazione tecnologica L’obiettivo di partenza del lavoro è stata di realizzare una componente edilizia particolare, un sistema di isolamento termico “a cappotto esterno”, applicabile negli interventi di recupero-rinnovamento energetico di edifici esistenti. Questo tramite un elemento visibile in facciata che contraddistingue l’immagine di un edificio e si offre alla sperimentazione e alla “pubblicizzazione” di nuove soluzioni. Ciò ha portato alla ricerca di prodotti suddivisi per parti funzionali necessarie al sistema, come l’isolamento termico, l’impermeabilizzazione, il rivestimento, ecc. Tale impostazione ha però limitato la ricerca dei prodotti e lo studio delle loro potenzialità, legando uno scarto ad un utilizzo specifico. Quest’approccio, nella fase successiva, si è rivelato una scelta errata poiché ogni rifiuto può svolgere numerose funzioni, anche molto diverse tra loro. Le funzioni dipendono dalle modalità tramite cui viene utilizzato e sono difficilmente individuabili a priori senza uno studio accurato. Ad esempio, uno studio più approfondito sulle caratteristiche della moquette ha portato all’individuazione di altri usi possibili (fonoassorbimento, partizione verticale) rispetto all’unico inizialmente individuato, l’isolamento termico. 054

La funzione del componente edilizio e lo sviluppo tecnologico a essa legato verranno definiti in una fase successiva e dipenderanno strettamente dall’analisi delle caratteristiche del prodotto. Tra i progettisti che lavorano con il riuso degli scarti questo tema è ampiamente dibattuto. Marco Zaccara (2012architecten) afferma: “Spesso è l'oggetto che detta la funzione, questo è uno dei punti di partenza del nostro metodo di lavoro: lasciarci suggerire dall’oggetto quello che vuole essere. Quando lavoriamo a un progetto svolgiamo una ricerca sul campo, una mappatura sul territorio dei prodotti disponibili: da questa mappa si fa una prima selezione e si studia la funzione che questi prodotti possono svolgere all’interno del progetto. Uno degli esempi più interessanti, da questo punto di vista, è il parco giochi Wikado, incontrato nel capitolo precedente. Nello stesso periodo in cui vi stavamo lavorando è arrivata la notizia della disponibilità di alcune pale eoliche dismesse. Il progetto iniziale era concepito in maniera totalmente diversa, con l’utilizzo di altri materiali; quando siamo venuti a conoscenza delle pale, oggetti progettati per essere aerodinamici, con forme modellate rispetto al vento, immediatamente vi è stato uno scatto mentale che ci ha portato a convertire le forme aerodinamiche in forme ergonomiche, capaci di adattarsi ottimamente al corpo umano. In questo caso è stato l’oggetto a determinare totalmente il progetto. Al contrario, se le esigenze di progetto richiedessero un elemento specifico saremmo noi a cercare un prodotto adatto al nostro bisogno”3. Le due modalità, from object to project e from project to object4, probabilmente non possono essere prestabilite poiché la scelta di una o dell’altra dipende da numerose variabili come il contesto di progetto, la reperibilità dei prodotti, le modalità del loro reperimento, le modalità di ottenimento e i mezzi a disposizione.

3 Giorgio Ceste, Alessandro Piazza, Intervista a Marco Zaccara, 2012architecten, Rotterdam 23/05/11

4 Così definite da Denis Oudendijk, Refunc, in un’intervista condotta personalmente il 16/04/11


3. Diario di viaggio

L’obiettivo iniziale consisteva nel partire dal progetto, il sistema a cappotto, per trovare un oggetto, i rifiuti adatti a svolgere delle funzioni specifiche. In seguito alle informazioni e ai risultati ottenuti dall’indagine, ho mutato l’approccio andando a studiare le caratteristiche dell’oggetto, i rifiuti, per determinare il progetto, la componente edilizia.

Il seguente diagramma di flusso riassume il percorso effettuato durante la ricerca dei prodotti riportato in questo capitolo. I simboli evidenziano la scelta effettuata tra le opzioni possibili. Vedremo nei capitoli succcessivi come sono stati individuati i prodotti.

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Progettare con i rifiuti

3.2 La ricerca Questa parte della tesi è stata condotta con la collaborazione di Alessandra Dalle Nogare5. Entrambi abbiamo dedicato questa parte del lavoro all’esplorazione delle possibilità di prelevare rifiuti dal loro ciclo di vita predefinito, per avviarli a un processo di rivalorizzazione tramite il riuso. Le ricerche sono state supportate da una serie di figure che operano nel settore dei rifiuti e ci hanno aiutato e riflettere sulle dinamiche dello smaltimento, del riciclo e ovviamente del riuso. L’obiettivo principale è stato quello di conoscere in maniera diretta il ciclo dei rifiuti, la loro destinazione a fine vita e come possano essere prelevarli dalla filiera in cui sono inseriti. Visitare di persona le società che operano in questo settore ci ha permettesso di scoprire numerose informazioni spesso molto difficili da reperire in altri modi. Ci siamo indirizzati verso alcuni centri di raccolta e smistamento a cui vengono conferiti per essere riciclati o smaltiti in discarica parte dei rifiuti della Città di Torino: - Amiat Discarica - Amiat Ecocentro - Amiat TBD - Vereco Abbiamo avuto la possibilità di visitare gli impianti di queste aziende, che si occupano di rifiuti solidi urbani e di rifiuti speciali, conoscere le modalità di smaltimento e selezione, parlare con alcune figure chiave che lavorano all’interno degli stabilimenti.

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Amiat Discarica di Basse di Stura Marco Guercio - 11/11/11

Fig. 3.2 La discarica di Basse di Stura

La ricerca è partita da quello che è stato il principale luogo di smaltimento e raccolta dei rifiuti fino al 30 dicembre 2010, anno di chiusura dell’impianto: la discarica Amiat di Basse di Stura di via Germagnano 50, Torino. La discarica è stata attiva per 65 anni ed è stata una delle più avanzate in Italia e in Europa per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati. È costituita da due impianti: la vecchia discarica, attiva dal 1945 al 1979 ora Parco della Marmorina, e quella nuova, attiva dal 1983 al 2010, ora oggetto di interventi di rinaturalizzazione, come impermeabilizzazione, inerbimento e piantumazione di alberi. Complessivamente i due impianti occupano circa 23 milioni di metri cubi e si estendono su una superficie di 890.000 metri quadri. La discarica ha accolto negli anni i rifiuti solidi urbani della città di Torino e dei comuni limitrofi, quelli assimilabili agli urbani prodotti nello stesso territorio e i fanghi prodotti dalla depurazione delle acque reflue civili nell’impianto della Società Acque Metropolitane Torino (Smat). Al suo interno è tuttora attivo un sistema di captazione del biogas, il gas prodotto dalla decomposizione dei rifiuti; questo viene

5 Studentessa del Politecnico di Torino laureatasi in Architettura nel Luglio 2012 con la tesi dal titolo: 2nd LCD, Ricerca e sperimentazione di prodotti riusabili in Architettura, op. cit.


3. Diario di viaggio

convogliato in una centrale termica all’interno dell’impianto per produrre energia elettrica. Negli anni Ottanta, quando la raccolta indifferenziata costituiva l’80% del totale raccolto, la produzione di biogas era molto alta, ma negli anni successivi, con l’aumento della raccolta differenziata e il cambio di tipologia di rifiuti prodotti, la produzione di biogas è molto diminuita. Si stima però che la decomposizione dei rifiuti stoccati nella discarica produrrà ancora biogas per i prossimi 60 anni. È operativo inoltre un sistema di estrazione del percolato, un liquido generato dai rifiuti con il contributo delle acque piovane, che viene inviato attraverso la rete fognaria della discarica all’impianto di depurazione della Smat. A salvaguardia ambientale è inoltre presente un sistema di monitoraggio continuo delle acque di falda e dei gas emessi. I lotti della discarica sono stati realizzati tramite uno strato di argilla, un doppio telo impermeabile con rete di monitoraggio e impermeabilizzazione delle sponde e della copertura con successivo ripristino ambientale finale. Nel sito ha inoltre sede la piattaforma di deposito preliminare dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata che vengono smistati e mandati ai centri di riciclo. Tra i rifiuti differenziati vi sono gran quantità di sfalci e ramaglie che vengono raccolti per essere macinati per fare cippato, pellet e compost, e di inerti provenienti da attività di costruzione e demolizione: questi venivano riutilizzati per ricoprire gli strati di rifiuti della discarica. I camion che entrano nell’impianto, prima quelli della raccolta indifferenziata e differenziata, e ora, dopo la chiusura del sito, solo della differenziata, vengono pesati e controllati, scaricano i rifiuti, e prima di ripartire vengono puliti. Questo procedimento è continuamente controllato dai tecnici che lavorano all’impianto.

Amiat Ecocentro Marco Guercio - 29/10/11

Fig. 3.3 L’ecocentro di ViaArbe

L’ecocentro di via Arbe è uno dei sette punti di raccolta della città di Torino dei rifiuti differenziabili prodotti dai cittadini torinesi e dalle aziende del territorio che sottoscrivono un contratto di conferimento. Agli ecocentri, oltre ai rifiuti urbani differenziabili (carta e cartone, plastica, vetro, alluminio, organico), è possibile conferire i rifiuti che normalmente non è possibile gettare nei normali contenitori: - rifiuti ingombranti - sfalci e ramaglie - altri rifiuti differenziabili (come metallo e legno) - rifiuti urbani pericolosi (accumulatori per auto, vernici/solventi/detersivi, neon, pile, farmaci scaduti, olii minerali e vegetali esausti, ecc.)

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Progettare con i rifiuti

Nell’impianto sono presenti diversi container in cui vengono gettati i rifiuti direttamente dai cittadini. Considerando che non in tutte le regioni ci sono filiere specifiche per il riciclo di certi rifiuti, non è possibile realizzare la raccolta differenziata di tutti i prodotti. Ad esempio, nell’area torinese non è presente la filiera del recupero del tessile e quindi materassi, imbottiture, vestiti e tessuti gettati nei contenitori dei rifiuti ingombranti non possono essere riciclati. L’ecocentro è solo un primo punto di smistamento poiché i rifiuti raccolti vengono successivamente mandati nei centri di smaltimento specifici per i diversi settori: gli imballaggi in plastica alla Demap di Beinasco, i metalli alla Flag di Settimo Torinese, i RAEE all’Amiat TBD di Volpiano, ecc. A norma di legge, nessun rifiuto che entra all’ecocentro può essere prelevato poiché è già considerato rifiuto6. La visita all’ecocentro ci ha permesso di riflettere sulla stretta relazione tra la possibilità tecnica di riciclo di un prodotto e la sua possibilità reale di essere riciclato (che dipende strettamente dalla presenza o meno sul territorio di impianti che possano farlo). In Piemonte, ad esempio, il riciclo del tessile proveniente da raccolta differenziata non è attuato poiché per motivi politici ed economici non è possibile inviare gli scarti tessili nelle zone dove sono presenti i centri di riciclo (distretto industriale del tessile della Toscana o della Lombardia).

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Amiat TBD Carlo Giangoia, Carlo Venturini 11/11/11

Fig. 3.4 Rottami alla Amiat TBD

I rifiuti RAEE provenienti dalla raccolta differenziata urbana e delle industrie dell’area torinese vengono conferiti all’Amiat TBD (via Brandizzo 150, Volpiano, TO). Il centro, attivo dal 2001, è riferimento per tutti i maggiori Sistemi Collettivi Italiani (Consorzi per la raccolta dei RAEE) e per un gran numero di Aziende, Enti e Servizi pubblici che conferiscono i loro RAEE. Amiat TBD si occupa di: - Grandi elettrodomestici (per la produzione del freddo, come frigoriferi o climatizzatori); - Piccoli elettrodomestici (lavatrici, lavastoviglie); - Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni; - Apparecchiature di consumo, elettroniche in genere, di provenienza domestica o professionale. Ogni tipologia di rifiuto viene trattata manualmente dai tecnici dell’impianto in modo diverso. I frigoriferi vengono bonificati dai CFC (clorofluorocarburi) e dall’olio, presenti non solo nell’impianto ma anche nell’isolamento delle pareti esterne, e successivamente

6 Come abbiamo visto il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale" definisce il rifiuto come: “qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi”


3. Diario di viaggio

vengono mandati alla macinazione. Le diverse componenti, suddivise per materiale (metallo, plastiche, ecc.) vengono sminuzzate e successivamente inviate ai centri di riciclo specializzati. Dalle lavatrici vengono smontati manualmente il motore, il condensatore, il blocco di cemento e il cestello. Come per i frigoriferi tutte queste componenti vengono avviate a un altro centro di smaltimento che le tritura per riciclarle. I televisori a tubo catodico, presenti in gran quantità, vengono smontati e suddivisi: cavi, schede, componenti metalliche e tubo catodico di vetro. Quest’ultimo viene tagliato e separato in due parti, lo schermo (vetro al bario) e la parte posteriore (vetro al piombo). Queste due componenti vengono avviate a smaltimento o in alcuni casi a riciclo. Per i televisori a schermo piatto il procedimento di smontaggio è simile: vengono rimossi i componenti (pannello a cristalli liquidi, pannello di plexiglass, superficie riflettente e parti metalliche) e successivamente vengono inviati ai centri di riciclo. L’unico elemento non riciclabile è il pannello LCD. L’intervista con i responsabili dell’impianto ha fatto emergere le difficoltà che vi sono dietro il riciclo dei RAEE per la gran quantità di inquinanti e materiali pericolosi all’interno dei prodotti. Molte componenti devono essere bonificate o smaltite come rifiuti pericolosi e non possono essere riciclate. Stesso discorso vale per un ipotetico riuso delle parti. Inoltre qualunque parte separata nell’impianto non può essere prelevata, ma deve rientrare nella filiera di fine vita in cui è inserita. Le aziende che si occupano di riciclo o di smistamento (come l’Amiat TBD) sono enti accreditati e possono così trasformare un rifiuto in materia prima secondaria. In Italia è difficile muoversi nel mondo dei rifiuti per più motivi, dovuti in particolar modo alla presenza sul territorio delle ecomafie7, e per il sistema normativo italiano, molto rigido e complesso (rigidezza dovuta anche al tentativo di contrasto delle ecomafie).

Vereco Nicola Mottolese - 27/10/11

Fig. 3.5 Impianto di separazione della Vereco

Vereco è un’azienda privata che si occupa della raccolta dei rifiuti industriali, del loro stoccaggio e selezione nell’impianto e dell’invio presso gli impianti di smaltimento o riciclaggio. Lavora con i rifiuti industriali speciali assimilabili agli urbani. Nello specifico seleziona per il riciclo: - plastiche - carta e cartone - metalli - legname

7 Il termine ecomafia indica le associazioni criminali che gestiscono il traffico e lo smaltimento illegale di rifiuti e sono dedite all'abusivismo edilizio su larga scala. Dal 1994 a oggi Legambiente pubblica annualmente un rapporto sulla situazione italiana. Per maggiori informazioni si consiglia la lettura dell’ultimo rapporto: Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente, Ecomafia 2012, le storie e i numeri della criminalità ambientale, Milano, Edizioni Ambiente, 2012

In Vereco arrivano circa 70 camion al giorno, per un totale di 140 tonnellate giornaliere di rifiuti speciali in entrata. Di questi solamente il 35% viene effettivamente smistato e mandato ai centri di riciclo; la parte restante viene mandata alle discariche dell’area torinese, quella della Seta di Chivasso e della CIDIU di Collegno. Questo perché, per alcuni prodotti come la plastica, la selezione, effettuata a mano, non risulta economicamente conveniente per l’impresa. Vereco ha infatti fermato il macchinario che permette agli addetti di separarla poiché i costi di manodopera risultavano troppo elevati. 059


Progettare con i rifiuti

Ora gran parte della plastica, seppur riciclabile, viene inviata dallo stabilimento direttamente in discarica. Nel caso in cui si riesca (sotto dichiarazione del conferente) a identificare la tipologia specifica del materiale plastico in entrata, questo può essere mandato direttamente al riciclo. Questo evidenzia come nonostante vi sia la possibilità di suddividere e riciclare, purtroppo il fattore economico è comunque di primaria importanza. Riflessioni In tutte le interviste abbiamo cercato di capire sotto quale luce venga visto il riuso da parte di chi lavora nel mondo dei rifiuti. Quasi tutte le figure con cui siamo entrati in contatto hanno espresso notevoli dubbi sulla fattibilità, giuridica ed economica, di riusare i rifiuti. Le maggiori difficoltà sono dovute al mercato del riciclo. Molti materiali come la carta, il vetro, i metalli, hanno un mercato di riciclo consolidato e sono numerosissime le aziende che li riciclano per produrne materie prime secondarie. Tali materiali infatti sono molto richiesti. Per le aziende di smistamento che li vendono e per quelle di riciclo che li utilizzano sono molto preziosi. Proporre a queste figure un mercato alternativo di riuso, al momento ancora incerto, sarebbe molto difficile. Questo fa supporre che per accedere ai rifiuti essi non debbano avere valore di trasformazione tramite riciclo. Questo porta a soffermarci soprattutto su quelli che vengono smaltiti in discarica oppure su quelli per cui il processo di riciclo non è abbastanza conveniente (a livello economico ed ambientale) rispetto al valore aggiunto che si avrebbe tramite il riuso. Non converrà ad esempio considerare l’alluminio, poiché il processo di riciclo per la produzione di alluminio secondario garantisce un risparmio del 95% dell’energia impiegata per la produzione rispetto alla produzione da materia prima8. Sarà più ragionevole invece studiare un riuso dei poliaccoppiati da imballaggi poiché nono060

stante siano riciclabili, il procedimento per il riciclo è ancora molto difficile e non sempre economico. Nell’ottica di un radicale cambiamento culturale verso la cultura del riuso, ciò che ora non è conveniente riusare, un domani invece potrebbe diventarlo. Il riuso potrebbe dare al rifiuto un valore economico aggiunto di gran lunga superiore al suo valore come scarto (da smaltire in discarica o bruciare nell’inceneritore) o come materia prima secondaria (risorsa per il riciclo). Dal punto di vista della fattibilità giuridica, per la normativa italiana non è possibile entrare in possesso di rifiuti all’interno della filiera di fine vita predefinita. Come accedere quindi ai rifiuti? Le soluzioni possibili sono due: - cambiamento culturale: bisognerebbe promuovere e sostenere il riuso come radicale cambiamento di cultura e abitudini, ma anche di processi produttivi e di sistemi di mercato, ma il contesto attuale non lo consente. La normativa italiana ad esempio, a differenza di quella di altri Paesi europei, non permette un’apertura verso la sperimentazione e l’innovazione; - recupero degli scarti prima che diventino rifiuti: impossessarsi dei prodotti prima che il soggetto se ne disfi e li renda rifiuti. Per gli obiettivi della tesi verrà presa in considerazione quest’ultima soluzione. Ma come “intercettare” i rifiuti prima che per legge vengano resi inutilizzabili per il riuso? Come confermato dall’analisi di mercato effettuata, alcuni rifiuti possono essere ottenuti direttamente da chi li produce. L’azienda, o l’ente, che produce lo scarto normalmente lo stocca in attesa di inviarlo allo smaltimento, ed è in questa fase che è possibile entrare in possesso dei rifiuti riutilizzabili. Il risultato della prima fase di ricerca ha portato quindi a escludere i centri di raccolta e

8 International Aluminium Institute, Life Cycle Assessment of Aluminium: Inventory Data for the Worldwide Primary Aluminium Industry, IAI, Liverpool, 2003


3. Diario di viaggio

Fig. 3.5.a Plastica differenziata in Amiat Discarica

smistamento come possibili fornitori di rifiuti utili per il riuso per le motivazioni di cui sopra. La ricerca ha individuato invece come possibili fornitori gli stessi produttori dei rifiuti, Come verrĂ chiarito in seguito, alcune aziende hanno stipulato degli accordi tramite i quali vendere i propri scarti a soggetti terzi. Inoltre, dalle informazioni acquisite nella ricerca, molte di esse, in particolare le Piccole Medie Imprese e alcuni Enti, sarebbero disposte a regalare o vendere per poco prezzo i propri scarti, sottoprodotti o eccedenze.

Fig. 3.5.b Smontaggio dei televisori a tubo catodico in Amiat TBD

Fig. 3.5.c Metalli raccolti nel centro Vereco

061


Progettare con i rifiuti

3.3 La catalogazione In questa fase ho individuato e analizzato scarti già utilizzati in edilizia. Sono stati presi come riferimento alcuni casi studio riconducibili ai seguenti i tipi di approcci: - Approccio ecologista alternativo anni ’70 - Approccio informale homemade - Approccio informale PVS - Approccio sostenibilità - Approccio reuse Alcuni prodotti riportati sono stati studiati e sperimentati nella pratica, altri sono frutto di proposte e idee, molte di queste senza ancora un opportuno approfondimento scientifico. Gli altri prodotti individuati non sono ancora stati utilizzati in edilizia, o non è stata trovata documentazione a riguardo, e sono stati scelti per motivazioni legate alle loro potenzialità come rifiuti riutilizzabili. I prodotti presi in considerazione sono stati quindi scelti per queste motivazioni: - bibliografia: riferimenti a ricerche e progetti già effettuati; - grande o immediata disponibilità del rifiuto; - caratteristiche del prodotto o dei materiali di cui è composto, con potenzialità da sfruttare in ambito edilizio. I rifiuti individuati possono variare molto a seconda dell’indagine che si sta conducendo. Il risultato finale dipende molto, come affrontato nel capitolo precedente, dal luogo dove è effettuata la ricerca, dal soggetto che la organizza, dagli obiettivi che si vogliono raggiungere, dalle conoscenze e dalla rete di contatti di cui si dispone. Come sostiene infatti l’architetto Alejandro Bahamon: “la cosa più importante che abbiamo imparato sul riuso è di essere consapevoli dell’ambiente circostante e cosa ci può fornire”9. Nella tesi sono stati individuati alcuni rifiuti che costituiscono un punto di partenza esemplificativo per gli approfondimenti successivi. I prodotti individuati sono stati inseriti in una 062

tabella nella quale vengono fissati parametri e punteggi tramite cui catalogare i rifiuti e procedere quindi alla scelta. I risultati, in particolare quelli relativi al riuso del materiale, dipendono strettamente dal contesto territoriale torinese e al periodo in cui è stata redatta la tabella (20112012). Per tale motivo i risultati ottenuti dalle valutazioni hanno valore solamente ai fini della tesi o per lavori analoghi, mentre i parametri e il metodo utilizzato potrebbero essere uno strumento molto utile per la ricerca e la progettazione con i rifiuti. I parametri tenuti in considerazione sono in parte comuni a tutte le voci ed in parte specifici per la funzione di ognuno. I prodotti individuati sono stati raggruppati per famiglie di materiale: - plastiche - carta e cartone - legno e materiali naturali - vetro - metalli - RAEE - tessile o simili In questa suddivisione, ogni prodotto è ulteriormente considerato per le diverse modalità con cui è stato o potrebbe essere utilizzato. Rispetto a ogni tipo di rifiuto, ai materiali di cui è composto, alle funzioni che potrebbe svolgere, la tabella riassume i dati utili alla valutazione. La valutazione delle caratteristiche di ogni prodotto è stata eseguita personalmente in relazione alle fonti bibliografiche riguardanti i casi studio in seguito riportati. Le informazioni relative ai prodotti non ancora utilizzati sono invece il risultato di una ricerca preliminare sulle caratteristiche del prodotto: alcune di esse sono facilmente definibili (come il peso specifico o la standardizzazione dimensionale), mentre altre per essere determinate necessitano un approfondimento tramite competenze specifiche (chimiche, economiche, di mercato, ecc.) e sono quindi state supposte in

9 Bridgette Meinhold, “Interview: Architect and Author Alejandro Bahamon”, in REMATERIAL From Waste to Architecture, op. cit.


3. Diario di viaggio

relazione al contesto della Città di Torino oppure non inserite. Le caratteristiche di alcuni di questi prodotti sono state approfondite nel paragrafo 3.5. Alcuni parametri di questa catalogazione non sono definibili tramite valori esatti o numeri e per questo motivo sono identificati tramite tre livelli: ●, ●●, ●●●. In alcuni casi la valutazione riguarda la presenza o l’assenza della caratteristica e quindi indicata tramite sì o no. I potenziali riusi che i prodotti hanno o potrebbero avere, sono suddivisi nelle seguenti categorie: - struttura: si considera come parte strutturale portante di un sistema; - isolamento termico: elemento per l’isolamento termico; - fonoisolamento/fonoassorbimento: elemento per il fonoisolamento o il fonoassorbimento; - impermeabilizzazione: elemento di impermeabilizzazione oppure funzione di barriera al vapore; - rivestimento: elemento ultimo di chiusura verso l’esterno; - contenimento: si considera il prodotto come elemento di contenimento di altri prodotti o materiali; - riempimento: si considera il prodotto come componente massiva di riempimento oppure come alleggerimento. Le caratteristiche secondo cui sono valutati i prodotti sono: - proprietà strutturali e fisico-tecniche - standardizzazione dimensionale - reperibilità - quantità disponibili - lavoro necessario per l’utilizzo - montaggio - mercato

Proprietà strutturali e fisico-tecniche Peso specifico - ρ Indica la massa volumica del materiale di cui è composto principalmente il prodotto: ● il prodotto ha un peso specifico basso ρ < 50 kg/m3 ●●

il prodotto ha un peso specifico medio 1000> ρ > 50 kg/m3

●●● il prodotto ha un peso specifico alto ρ > 1000 kg/m3 Conducibilità termica - λ Indica se il prodotto ha proprietà di resistenza termica: ● il prodotto ha una conducibilità alta λ > 0,1 W/mK ●●

il prodotto ha una conducibilità media 0,1> λ > 0,06 W/mK

●●● il prodotto ha una conducibilità bassa λ < 0,06 W/mK Resistenza al vapore - µ Indica se il prodotto è resistente al passaggio del vapore: sì il prodotto è traspirante µ < 15

no

il prodotto non è traspirante µ > 15 Rigidezza strutturale - R il prodotto non ha rigidezza propria e ● necessita di un sostegno il prodotto è autoportante e non ne●● cessita di struttura o irrigidimento il prodotto ha notevole rigidezza o re●●● sistenza meccanica 063


Progettare con i rifiuti

Tali parametri sono significativi solo per alcuni degli impieghi ipotizzati per ogni prodotto: Struttura Isolamento termico Fonoisolamento Fonoassorbimento Impermeabilizzazione Rivestimento Contenimento Riempimento

ρ ρ

λ

µ

R R

ρ

-

-

R

ρ

-

µ

R

ρ ρ ρ

λ λ

µ µ

R R R

Infiammabilità Comportamento in caso di incendio, in base alla classe di infiammabilità e combustione: il prodotto è combustibile o infiammasì bile (classe 1 e 2 di resistenza al fuoco) il prodotto è incombustibile o autono estinguente (classe 0 di resistenza al fuoco) Standardizzazione dimensionale La categoria vuole dare indicazioni sulla standardizzazione dimensionale del prodotto, cioè se è reperibile in formati standard o semi-standard: poco standardizzato (i pezzi sono mol● to diversi tra loro) mediamente standardizzato (i pezzi ri●● entrano in dimensioni e forma simili) standardizzato (tutti i pezzi sono ●●● uguali)

064

Reperibilità Indica se il prodotto è facilmente reperibile, sia dal punto di vista della raccolta sia rispetto alla normativa in merito: difficilmente reperibile (difficile rac● colta e normativa che ne limita l’utilizzo) ●● facilità di reperimento media facilmente reperibile (immediata rac●●● colta e nessun problema normativo) Quantità disponibili Indica se le riserve disponibili e facilmente recuperabili sono in quantità sufficienti. Questo parametro tiene anche in considerazione le dimensioni del prodotto che viene recuperato, in quanto più la dimensione sarà piccola, più sarà necessario un gran numero di unità: ● piccole quantità disponibili ●● medie quantità disponibili ●●● ampia disponibilità Lavoro necessario per l’utilizzo Indica se è necessaria un’alta mole di lavoro (lavaggio, taglio, trattamenti, altre trasformazioni) per renderlo utilizzabile: molto lavoro (lavorazioni particolari o ● necessità di utilizzo macchinari specifici) ●● medio lavoro (taglio, trattamenti) poco lavoro (lavaggio e minimi adat●●● tamenti)


3. Diario di viaggio

Montaggio Indica la semplicità di montaggio e il tempo per l’assemblaggio del prodotto. Inoltre si tiene in considerazione se è possibile inserirlo in un sistema umido o a secco: difficile e lungo (sistema umido, com● plicato assemblaggio) ●● media difficoltà facile e veloce (sistema a secco, facile ●●● assemblaggio)

I casi studio sono internazionali, seppure i rifiuti considerati siano strettamente legati all’ambito territoriale della ricerca. Questo può portare a una considerazione sull’omogeneità delle tipologie di rifiuti prodotti nel mondo, ma, come affrontato nel capitolo precedente, la cultura, gli usi, le modalità di smaltimento o i mercati di riciclo e infine i sistemi normativi in materia di rifiuti sono molto diversi da stato a stato e quindi difficilmente confrontabili tramite questa tabella.

Mercato Indica se vi è una filiera già consolidata per il riciclo del prodotto e se è conveniente o no il recupero rispetto allo smaltimento in discarica o al riciclo della materia: poco mercato (è già presente una fi● liera consolidata, non vi è guadagno economico) medio mercato (il prodotto non ha ●● una destinazione particolare) buon mercato (il riuso del prodotto è ●●● un’alternativa vantaggiosa al normale procedimento)

Gli esempi ora forniti fanno principalmente riferimento al riutilizzo in ambito edilizio. Sono riportati per ogni tipologia di prodotto e per la funzione che svolgono. Le schede presentano solamente un esempio di utilizzo del rifiuto, seppur spesso le tecniche e le modalità di applicazione siano differenti e quindi molto diversificate rispetto a quelle qui riportate.

Utilizzo L’ultima informazione che fornisce la tabella indica se un rifiuto è già stato utilizzato in progetti di riuso afferenti all’ambito dell’architettura o delle costruzioni in genere: sì il prodotto è stato utilizzato no il prodotto non è stato utilizzato

065


066

polistirene espanso

PVC

policarbonato

polietilene

poliuretano espanso elastico isolamento termico

polimetilmetacrilato

polistirene da imballaggi

tubi PVC

policarbonato - pannelli

sacchetti di plastica

gommapiuma

plexiglass - lastre

cellulosa

cellulosa

poliaccopiato, alu-polistirene

giornali

riviste

poliaccoppiati per imballaggi

cellulosa

cellulosa

cartone

tubi di cartone

cellulosa

carta

CARTA e CARTONE

polietilene

pluriball

struttura

impermeabilizzazione

isolamento termico

fonoisolamento/assorbimento

isolamento termico

riempimento

fonoisolamento/assorbimento

isolamento termico

riempimento

fonoisolamento/assorbimento

isolamento termico

struttura

fonoisolamento/assorbimento

isolamento termico

struttura

rivestimento

fonoisolamento/assorbimento

riempimento

isolamento termico

rivestimento

contenimento

struttura

isolamento termico

impermeabilizzazione

isolamento termico

rivestimento

struttura, contenimento

contenimento

contenimento, rete

polietilene HD

polietilene HD

cassette della frutta

contenimento, rete

cassette dell'acqua/birra

polietilene

reti arancioni da cantiere

rivestimento

riempimento

contenimento

isolamento termico

polietilene

PET

bottiglie PET

isolamento termico

fonoisolamento/assorbimento

contenimento

rivestimento

struttura

potenziale riuso

rete tessuta da ponteggio

gomma, polibutadiene

materiale

pneumatici

PLASTICHE

PRODOTTO

●● ●● ●● ● ● ● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●

●● ●● ●● ●● ●● ● ● ● ● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ● ● ●●●

?

●●

●●

●●

●●

●●●

●●

●●●

?

● ●●●

● ●

λ

no

no

si

si

si

si

no

si

no

no

no

no

no

no

no

no

no

no

no

no

µ

● ● ● ●● ●● ●● ● ● ● ● ● ● ● ● ●●●

●● ● ●●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●● ● ● ●●● ●●● ●●● ● ● ●● ●●● ●●● ●●● ● ● ●● ●● ●●

R

Proprietà fisico-tecniche strutturali ρ

si

si

si

si

si

si

si

si

si

si

si

si

si

si

si

no

no

no

si

no

no

no

si

si

si

si

si

si

si

si

no

no

no

no

si

si

si

si

si

infiamm.

●●● ●●● ●●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●

●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ● ●● ●● ● ●● ●● ●● ●● ●

standard

●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●●

●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●● ●● ● ●●● ●●● ● ● ●●

reperib.

●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●●

●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ● ●●● ●●● ● ● ●

quantità

●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●●● ●●

●●● ●● ●●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ● ●●● ●●● ●●● ● ● ●●● ●●● ●●●

lavoro

●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●

●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●●

montaggio

●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●●

●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ● ● ●●●

mercato

si

no

si

si

si

si

si

si

si

si

si

si

no

no

no

no

no

no

no

si

si

no

no

no

no

no

si

si

si

no

no

si

si

si

si

si

si

si

si

si

utilizzo

Progettare con i rifiuti


materiale

vetro

bottiglie

plexiglass / cristalli liquidi

lcd

poliestere/pvc

lattice, materiali vari

teloni camion

materassi

1000> ρ > 50 kg/m3

il prodotto ha un peso specifico medio

ρ < 50 kg/m3

il prodotto ha un peso specifico basso

0,1> λ > 0,06 W/mK

il prodotto ha una conducibilità media

λ > 0,1 W/mK

il prodotto ha una conducibilità alta

λ < 0,06 W/mK

●●● il prodotto ha una conducibilità bassa

●●

Conducibilità termica – λ

ρ > 1000 kg/m3

●●● il prodotto ha un peso specifico alto

●●

Peso specifico - ρ

rivestimento

isolamento termico

isolamento termico

impermeabilizzazione

rivestimento

impermeabilizzazione

rivestimento

isolamento termico

rivestimento

rivestimento

rivestimento

struttura

rivestimento

riempimento

struttura

contenimento, rete

rivestimento

struttura

riempimento

contenimento

struttura

rivestimento

rivestimento

struttura

isolamento termico

rivestimento

struttura

rivestimento

struttura

potenziale riuso

il prodotto non ha rigidezza propria ● e necessita di un sostegno il prodotto è autoportante e non ne●● cessita di struttura o irrigidimento il prodotto ha notevole rigidezza o ●●● resistenza meccanica

Rigidezza strutturale - R

µ > 15

no il prodotto non è traspirante

µ < 15

sì il prodotto è traspirante

Resistenza al vapore - µ

poliammide, poliestere

pvc

teli pubblicitari

moquette

naturale / sintetici

vestiti, tessile in genere

TESSILE O SIMILI

RAEE

acciaio/ferro

fusti metallici

acciaio

acciaio

tubi Innocenti

lamiera grecata

alluminio / acciaio

lattine

acciaio

reti dei letti

acciaio

acciaio

cartelli stradali

pali da segnaletica stradale

METALLI

VETRO

legno

bobine dei cavi elettrici

sughero

tappi di sughero

legno

legno

tavole per impalcature

traversine ferroviarie

legno

pallet

LEGNO E MATERIALI NATURALI

PRODOTTO

●● ●●

●●●

R

● ● ● ● ● ● ● ●

●●

●●● ●● ● ●● ●● ●● ●●● ● ●●●

●●● ●●● ●●●

●●● ●●● ●●● ●●● ● ●●● ●●● ●●●

poco standardizzato (i pezzi sono molto diversi tra loro) mediamente standardizzato (i pezzi ●● rientrano in dimensioni e forma simili) (tutti i pezzi sono ugua●●● standardizzato li)

Standardizzazione dimensionale

si

si

no

no

no

no

si

no

no

no

si

si

si

si

si

µ

il prodotto è combustibile o infiammasì bile (classe 1 e 2 di resistenza al fuoco) il prodotto è incombustibile o autoestinno guente (classe 0 di resistenza al fuoco)

Infiammabilità

●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●

●●●

●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●● ●●●

●●● ●●● ●●●

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λ

Proprietà fisico-tecniche strutturali ρ

●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●●●

●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●●

●●● ●●● ●●●

●●● ●●● ●● ●● ● ●●● ●●● ●●

quantità

facilmente reperibile (immediata raccol-

molto lavoro (lavorazioni particolari o necessità di utilizzo macchinari specifici) ●● medio lavoro (taglio, trattamenti) ●●● poco lavoro (lavaggio, pochi adattamenti)

Lavoro necessario per l’utilizzo

● ●● medie quantità disponibili ●●● ampia disponibilità

piccole quantità disponibili

Quantità disponibili

●●● ta e nessun problema normativo)

●●

● ●● ●● ●● ●● ●●● ●●● ●●●

●●

●● ●● ●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●●

●●● ●●● ●●●

●●● ●●● ●● ●● ● ● ● ●●

reperib.

difficilmente reperibile (difficile raccolta e normativa che ne limita l’utilizzo) facilità di reperimento media

● ● ● ● ● ● ●● ●●

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●● ●● ●●

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standard

Reperibilità

si

si

si

no

no

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no

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si

si

si

si

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infiamm.

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●●●

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mercato

si

si

no

no

si

no

si

si

no

si

si

si

si

si

si

si

si

no

si

si

si

si

si

no

si

si

si

si

si

utilizzo

difficile e lungo (sistema a umido, complicato assemblaggio)

●●● ●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●

●●●

●●● ●● ●● ●● ●● ●● ●●● ●● ●●

●● ●● ●●

●●● ●●● ●●● ●●● ●● ●● ●● ●●

montaggio

sì il prodotto è stato utilizzato no il prodotto non è stato utilizzato

Utilizzo

poco mercato (è già presente una filiera consolidata, non vi è guadagno economico) medio mercato (il prodotto non ha una desti●● nazione particolare) buon mercato (il riuso del prodotto è un’alter●●● nativa vantaggiosa al normale procedimento)

Mercato

●● media difficoltà ●●● facile e veloce (sistema a secco, facile assemblaggio

Montaggio

●●● ●● ●● ●● ●● ● ●● ●●

●●●

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lavoro

3. Diario di viaggio

067


Progettare con i rifiuti

3.4 Casi studio Pneumatici Nel settore edilizio il riciclo degli pneumatici è una pratica ampiamente diffusa. I granuli ed il polverino di gomma riciclata permettono la realizzazione di pavimentazioni antiurto, pannelli per l’isolamento acustico, arredo urbano e per asfalti stradali. Questa trasformazione comporta però una grande dissipazione di energia. Il riuso permette di sfruttare le caratteristiche dell’elastomero di cui è fatto il pneumatico: questo è un composto inerte, non rilascia sostanze, non subisce attacco microbiologico e

mantiene le proprie caratteristiche dimensionali nel tempo. L’utilizzo più comune è di tipo informale (soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo): vengono utilizzati come elementi di delimitazione, per giochi pubblici o come arredo urbano. Anche nel campo dell’arredamento e del design gli pneumatici sono molto utilizzati ed apprezzati. In ambito edilizio, sfruttati in modi differenti, possono svolgere più funzioni.

Struttura Vengono utilizzati come casseri a perdere per fondazioni di murature portanti con ottime proprietà di resistenza alle sollecitazioni sismiche. Gli pneumatici vengono sovrapposti l’uno sull’altro e successivamente riempiti di terra battuta e ancorati al cordolo superiore con armature d’acciaio. L’elasticità dovuta alla collaborazione tra la terra e la gomma è già stata ampiamente studiata e testata. Questa tecnica si è affermata soprattutto nella costruzione delle fondazioni di edifici in balle di paglia.

Contenimento L’utilizzo più comune degli pneumatici è di contenimento di terra battuta per realizzare chiusure verticali portanti. Questo è un uso anche strutturale ma consideriamo lo pneumatico come elemento che può contenere un altro materiale. Questa pratica, sperimentata da Reynolds già negli anni ’70, ha riscontrato molto successo in tutto il mondo e viene usata anche in contesti molto diversi rispetto a quelli della sperimentazione americana di 40 anni fa.

Rivestimento Lo pneumatico può svolgere funzione di rivestimento esterno avendo un buon comportamento alle sollecitazioni e alle aggressioni dell’ambiente esterno e ai fenomeni meteorologici. La pratica più comune consiste nel ritagliare la superficie del battistrada per ricavarne delle strisce di materiale.

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3. Diario di viaggio

Prototipo per abitazione ad Haiti Restagno Matteo, Ricci Gian Nicola, Italia, 2012 Struttura/Contenimento

La struttura del prototipo si appoggia su otto elementi di fondazione in pneumatici e terra. Ogni coppia di pneumatici si appoggia su un basamento di 20 cm di calcestruzzo nel quale viene annegata la barra filettata d’acciaio. Vengono posizionati gli pneumatici e viene inserita la terra. Dopo la battitura viene inserito il cordolo perimetrale in legno che sarà la base per il muro di balle di paglia. Restagno Matteo, Ricci Gian Nicola, Ri-partire dalla paglia. La paglia di riso tra Haiti e Biella, Politecnico di Torino, I Facoltà di Architettura, Corso di Laurea in Architettura (costruzione), rel. A.Bocco, 2012 Figg. 3.6-3.7

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Progettare con i rifiuti

Earthship Village Ecologies, Michael Reynolds, New Mexico USA, 2010 Struttura/Contenimento

Gli pneumatici sono utilizzati sia come elementi per contenere la terra battuta che per incrementare le prestazioni meccaniche della parete. Vengono sovrapposti sfalsati l’uno sull’altro e successivamente riempiti di terra. Questa, precedentemente inumidita, viene battuta a mano o con un compattatore meccanico. Il peso di ogni blocco, che nella parete determinerà uno spessore di 70-80 cm, riempito di terra può pesare fino a 130 kg e funziona come una cassaforma di adobe. La parete può essere successivamente rivestita con un intonaco di terra. Reynolds Michael, Earthship Volume 1, Solar Survival Architecture, 1990

Fig. 3.9

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Fig. 3.8


3. Diario di viaggio

Hagar Tire Bale House Project Jon & Laura, Colorado, USA, 2008 Struttura/Tamponamento

Gli pneumatici, in qualunque condizione risultino, vengono legati insieme e schiacciati da una pressa idraulica per formare dei blocchi di dimensioni di 160x120 cm circa. Questi sono formati da circa un centinaio di pneumatici, e pesano approssimativamente 2 quintali. I blocchi sono usati come elementi portanti sovrapposti l’uno sull’altro. http://www.touchtheearthranch.com/

Figg. 3.10-3.11

071


Progettare con i rifiuti

The Tire Log Re-Tread Products, Inc., New York, USA Struttura/Tamponamento

I rotoli dell’azienda americana Tire Log sono composti da ritagli lineari di pneumatici, in particolare il battistrada e le pareti laterali. Le striscie ricavate vengono avvolte su sÊ stesse secondo una rotazione elicoidale per ottenere un rotolo dal diametro e la lunghezza desiderata. Per fissare il rotolo vengono inseriti dei bulloni che serrano da parte a parte le striscie di gomma. http://www.retreadproducts.com/

Figg. 3.12-3.13

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3. Diario di viaggio

Fringerator REFUNC, Inghilterra, 2010 Rivestimento

La copertura è composta da decine di battistrada di copertoni ritagliati dagli pneumatici. Ogni ritaglio è accostato ad un altro con verso alternato. La tecnica è simile a quella dei coppi, ma è possibile creare degli elementi anche lunghi (2-3 metri a seconda del diametro dello pneumatico). I battistrada sono inchiodati l’un l’altro alla struttura inferiore di sostegno. http://refunc.nl/

Oudendijk Denis, Körbes Jan, “REFUNC the world without a manual”, in Boundaries 2, 2011, pag. 99

Figg. 3.14-3.15

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Progettare con i rifiuti

Bottiglie PET Il riuso delle bottiglie di PET in architettura è stato ampliamente esplorato in tutto il mondo, in situazioni informali nei Paesi in Via di Sviluppo, ma anche da firme di design del mondo occidentale. Il PET possiede molte caratteristiche interessanti: è un polimero trasparente e

Riempimento/Contenimento Le modalità di utilizzo delle bottiglie di plastica sono solitamente legate all’accoppiamento di materiali come terra o fango per costruire partizioni verticali. Questa tecnica è stata ampliamente utilizzata e studiata da Reynolds nelle Eartships. Le bottiglie vengono anche utilizzate per sfruttare la trasparenza del PET, vuote o riempite di acqua. Con questa modalità vengono realizzate pareti interne verticali di separazione o di chiusura esterna.

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molto leggero, ha buone proprietà di resistenza meccanica, non assorbe acqua. La sua composizione chimica permette un’alta possibilità di riciclo, ottenendo una materia prima secondaria riutilizzabile per creare nuovi prodotti.

Rivestimento Le bottiglie di PET possono essere sfruttate come rivestimento oppure manto di copertura, tagliate oppure schiacciate.


3. Diario di viaggio

Bottle School a San Pablo Llac Diaz, My Shelter Foundation, Filippine, 2010 Riempimento/Contenimento

Nella costruzione di questa scuola sono state utilizzate 9000 bottiglie di Pepsi in PET. Le bottiglie sono state riempite di terra per conferire all’elemento le caratteristiche di resistenza e solidità necessarie: la terra impedisce la deformazione della plastica e fornisce alla parete buone prestazioni di resistenza e inerzia termica. Le bottiglie riempite sono state utilizzate come blocchi per realizzare un muro e sono state unite tra loro con malta cementizia. http://inspirationgreen.com/plastic-bottle-schools.html

Figg. 3.16-3.17

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Progettare con i rifiuti

Casa de Botellas, Alfredo Santa Cruz, Argentina, 2002 Riempimento/Tamponamento

Le pareti traslucide sono realizzate con elementi costituiti da una bottiglia riempita d’acqua ed una tagliata a metà incastrata nel senso opposto. Questi elementi sono stati usati come tamponamento del telaio di montanti e travetti delle pareti interne ed esterne dell’abitazione. Le unioni sono realizzate con incastri e serraggi e le colonne sono tenute insieme da tiranti verticali. http://hiperkitsch.blogspot.it/2010/12/la-casa-de-botellas-un-monumento-al.html

Figg. 3.18-3.19

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3. Diario di viaggio

Beit Igzaz, The Greenhouse Bustan Qaraaqa, Israele, 2012 Rivestimento

Le bottiglie sono state utilizzate per realizzare la copertura di una serra. Sono state tagliate in due parti ed è stata rimossa la parte superiore e il fondo, sono quindi state unite assieme per formare dei canaletti. Questi sono stati uniti lateralmente fino a formare una superficie continua. Questa disposizione delle bottiglie permette di recuperare l’acqua piovana con una grondaia, sempre in PET. http://makingsenseofthings.info/2011/11/talking-rubbish/

Figg. 3.20

Figg. 3.21

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Progettare con i rifiuti

Cassette per le bottiglie dell’acqua/birra Le cassette per contenere le bottiglie di vetro di acqua e birra sono un prodotto che si presta al riuso. Vengono sostituite quando non sono più in grado di volgere la propria funzione di contenimento delle bottiglie per parti rotte o rovinatesi. Possono però ancora svolgere alcune funzioni. Sono molto utilizzate per costruire arredi home-made.

Struttura Le cassette per le bottiglie dell’acqua e della birra sono in HDPE, un polimero molto resistente. Come svolgono la loro funzione impilate e riempite di bottiglie piene possono svolgere funzione analoga nell’ambito delle costruzioni.

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Rivestimento Le casse possono essere usate anche come pareti verticali: sono impilate l’una sull’altra e creano una parete continua.


3. Diario di viaggio

Boxel Studenti della Detmolder Schule, Germania, 2010 Struttura

Il padiglione temporaneo è stato realizzato con oltre 2.000 casse di birra in HDPE. La forma è stata generata utilizzando un software parametrico che oltre a produrre la struttura finale ha permesso di calcolare i carichi agenti sulle casse. Queste sono collegate tra loro tramite viti. http://www.archdaily.com/73173/boxel-students-of-detmolderschule/

Figg. 3.22-3.23

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Progettare con i rifiuti

Paper Loghouse SHIGERU BAN, Giappone, 1995 Struttura

Le abitazioni realizzate dopo il sisma di Kobe sono state concepite per l’autocostruzione. Le fondazioni sono costituite da semplici casse di birra riempite con sacchi di sabbia. Ogni modulo abitativo è posto su 54 casse di facile posizionamento e costo quasi nullo. http://www.designboom.com/history/ban_paper.html

Fig. 3.24

Fig. 3.25

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3. Diario di viaggio

The Cratehouse Wolfgang Winter, Berthold HĂśrbelt, Inghilterra, 2007 Tamponamento/Rivestimento

Sono state utilizzate centinaia di vecchie casse per il latte impilate e fissate tra loro, inoltre la parete continua inoltre supporta la copertura piana. Le bucature della superficie permettono un interessante gioco di luci all’interno dell’ambiente. http://davidbarrie.typepad.com/david_barrie/2008/06/plasticfantast.html

Figg. 3.26-3.27

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Progettare con i rifiuti

Pluriball Il pluriball è un imballaggio primario che protegge dagli urti i prodotti con cui è a contatto. Viene utilizzato per imballare i prodotti fragili. Come gli altri imballaggi primari è strettamente legato al prodotto venduto ed è quindi rimosso direttamente dal cliente e smaltito nei rifiuti urbani (riciclabili).

Isolamento termico Il prodotto d’imballaggio pluriball può fornire interessanti prestazioni termiche per la sua struttura a bolle d’aria. Come tutti gli imballaggi polimerici è un prodotto riciclabile.

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3. Diario di viaggio

Bubble Wrap Window Insulation Builditsolar.com, USA Isolamento termico

Nella cultura DIY americana il pluriball viene applicato solitamente alle superfici vetrate delle serre, ma può essere utilizzato anche nelle abitazioni. L’aria all’interno del prodotto diminuisce le dispersioni termiche attraverso la superficie trasparente. Ritagliato il film necessario, esso viene applicato spruzzando dell’acqua sul vetro, cosicché il film aderisce ma può essere rimosso. http://www.builditsolar.com/ Fig. 3.28

Fig. 3.29

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Progettare con i rifiuti

Sacchetti di plastica Il problema dei sacchetti di plastica usa e getta è all’ordine del giorno in molti Paesi: non essendo riciclabili generano grandi quantità di rifiuti, determinando grandi problemi ambientali soprattutto nei Paesi del sud del mondo. Varie soluzioni sono state proposte, in particolare in questi ambiti.

Riempimento Una modalità di riuso dei sacchetti, non presentando caratteristiche di resistenza o standardizzazione potenzialmente utili al riuso in architettura, è quella di utilizzarli come elemento di riempimento per blocchi o pareti.

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3. Diario di viaggio

Ubuntublox HARVEY LACEY, USA-Haiti Riempimento-Tamponamento

I blocchi sono realizzati con una pressa che permette di comprimere vari rifiuti di plastica, tra cui sacchetti, bottiglie, piatti e bicchieri; questi vengono poi legati assieme tramite del filo di ferro. I blocchi, disomogenei tra loro, vengono rivestiti da un intonaco di terra o altri prodotti. La facilitĂ di reperimento dei rifiuti plastici, la velocitĂ di realizzazione e il costo praticamente nullo dei blocchi, rende questa tecnica utilizzabile soprattutto in situazioni di emergenza, in particolare nei Paesi in Via di Sviluppo. http://harveylacey.com/wordpress/

http://www.dmagazine.com/Home/D_Magazine/2011/July/How_ to_Build_Houses_Out_of_Trash.aspx

Fig. 3.24

Figg. 3.30-3.31

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Progettare con i rifiuti

Cartone Il cartone è un materiale costituito da fibre vegetali (cellulosa). Le caratteristiche di peso e resistenza dipendono dalla sua composizione a strati, ondulati, alveolari o piani. Il cartone viene principalmente utilizzato come imballaggio primario e secondario per il trasporto e il

Struttura Alcuni tipi di cartone, soprattutto quello ondulato e quello alveolare, presentano proprietà meccaniche notevoli. Possono essere infatti utilizzati i pannelli di cartone per realizzare elementi a strati analoghi ai prodotti strutturali in legno: travi lamellari e xlam.

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confezionamento delle merci e dei prodotti. È leggero, ha un basso costo, ma è molto sensibile all’azione dell’acqua e del fuoco. Per la sua composizione il cartone è facilmente riciclabile, a meno che non sia accoppiato o trattato con altri prodotti.

Riempimento/Isolamento termico Il cartone viene sfruttato anche per la sua leggerezza come elemento di partizione. Viene utilizzato come prodotto per realizzare tramezzi, arredi, ecc. Inoltre la struttura alveolare o ondulata consente di ottenere discrete prestazioni di resistenza termica. Come rifiuto della raccolta differenziata può essere usato sotto forma di balle, normalmente quelle che contengono la frazione non riciclabile.


3. Diario di viaggio

The Cardboard House Stutchbury, Pape, Australia, 2006 Struttura

Il prototipo progettato è composto interamente da prodotti riusati. La struttura portante e le pareti perimetrali sono realizzate in cartone ondulato accoppiato. I montanti lavorano ottimamente a taglio sfruttando l’ondulazione del cartone. Il modulo abitativo è ricoperto da un telo impermeabile. http://openbuildings.com/buildings/the-cardboard-house-profile-1683#

Figg. 3.32-3.33

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Progettare con i rifiuti

Corrugated Cardboard Pod Rural Studio, Alabama, USA, 2001 Riempimento/Tamponamento

Le balle di cartone sono elementi massivi con alta resistenza meccanica e buone prestazioni fisico-tecniche. I problemi di resistenza alle intemperie e al fuoco sono stati affrontati dal gruppo di progettazione, ma non ancora risolti: sarebbe preferibile rivestire i blocchi esternamente e internamente. La costruzione poggia su un cordolo in calcestruzzo, sul quale sono state posizionate le balle di cartone. Queste, di dimensioni 70x80x200 cm, vengono utilizzate come blocchi portanti, semplicemente appoggiati e accostati l’uno all’altro. Sono stati realizzati alcuni giunti composti da cemento, terra e cartone ondulato. Le pareti portano la struttura lignea del tetto. L’edificio non è stato rivestito per studiare il comportamento delle balle di cartone nel tempo. Oppenheimer Dean, Timothy Hursley, Rural Studio: Samuel Mockbee and an Architecture of Decency, op. cit. http://apps.cadc.auburn.edu/rural-studio/Default.aspx

Figg. 3.34-3.35

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3. Diario di viaggio

House of Contamination Raumlabor, Italia, 2010 Riempimento-Tamponamento

Le pareti di questi ambienti fanno parte di un’installazione temporanea costituita da vari spazi realizzati e allestiti unicamente con rifiuti prelevati dalla filiera di smaltimento o riciclaggio. Le pareti sono costituite da balle compresse di carta destinata al riciclo. Queste sono impilate e bloccate a secco tramite dei cavi. http://www.raumlabor.net/

Figg. 3.36-3.37

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Progettare con i rifiuti

Giornali/Riviste/libri La carta, come il cartone, è un materiale costituito da fibre vegetali (cellulosa). È il materiale più facilmente riciclabile e come materia prima secondaria possiede un notevole valore. Il riuso della carta avviene soprattutto quando

Riempimento La carta costituisce elementi modulari accostabili. È stata utilizzata per costruire sistemi di riempimento, a volte anche strutturali.

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si presenta sotto forma di fogli raggruppati in giornali, riviste, libri, ecc. Questo permette di avere elementi modulari e con maggiori proprietà meccaniche e massive.


3. Diario di viaggio

Ambient Material Richard Kroeker Design, Canada, 2009 Riempimento-Tamponamento

Il padiglione è realizzato con più di 7000 guide telefoniche in eccesso. Sono state utilizzate come elemento modulare impilato a secco all’interno di profili metallici. Successivamente sono state compresse tramite dei cavi d’acciaio tesi. Le guide una volta bloccate formano uno strato solido a cui è possibile avvitare gli strati aggiuntivi di rivestimento. http://inhabitat.com/amazing-building-made-from-7000-recycledphone-books/new-3-75/

Figg. 3.38-3.39

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Progettare con i rifiuti

Oktavilla kontor Elding Oscarson, Svezia, 2009 Riempimento/Rivestimento

La parete divisoria dell’ufficio è realizzata con riviste invendute della casa editrice Oktavilla. I pacchi di riviste sono fascettate e costituiscono il rivestimento della parete posteriore realizzata con telaio e pannelli in legno. Sono stati impilati e sfalsati appoggiandosi al pannello di legno retrostante. La parete delimita una saletta riunioni che risulta isolata acusticamente dalla carta. http://www.doobybrain.com/2010/01/31/a-wall-made-of-magazine-stacks/ http://www.eldingoscarson.com/

Figg. 3.40-3.41

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3. Diario di viaggio

Poliaccoppiati per imballaggi I poliaccoppiati per imballaggi sono prodotti molto utilizzati per il confezionamento di alimenti liquidi e solidi. Possono essere in cartapolistirene-alluminio oppure carta-polistirene o alluminio e altre materie plastiche. Il più comune è il primo, conosciuto come tetrapak. Viene usato per confezionare soprattutto be-

Isolamento termico Lo strato di alluminio del poliaccoppiato è utilizzato come elemento riflettente per l’isolamento termico.

vande e succhi di frutta. La sua composizione lo rende impermeabile. È riciclabile nella filiera della carta, ma il processo di è molto complesso, per cui sarebbe preferibile un riuso del prodotto.

Riempimento I cartocci vuoti possono essere inseriti nelle pareti come elementi di riempimento.

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Progettare con i rifiuti

In Situ Office IN SITU, Olanda Isolamento termico

Per isolare l’ufficio è stato utilizzato del poliaccoppiato di succhi di frutta in polistirene e alluminio. Il poliaccoppiato deriva da rotoli con errori di stampa e taglio oppure con difetti di fabbricazione recuperati da una fabbrica di confezionamento. La parete è costituita da quattro strati di aria ferma separata dal film di allumino che riflette il calore. Gli strati sono agganciati alla parete da un telaio a correnti alterni in legno, mentre il rivestimento è in cartongesso. È importante che ogni strato d’aria non comunichi con il successivo per ottenere le prestazioni di resistenza termiche previste. Van Hinte Ed, Jongert Jan, Peeren Césare, Superuse. Constructing new architecture by shortcutting material flows, op. cit. Figg. 3.42-3.43

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3. Diario di viaggio

Ecomostro addomesticato M.A. Camera, Studio Albori, Italia, 2008 Riempimento

I cartocci del latte o dei succhi di frutta vengono lavati, richiusi, e assemblati a secco bloccandoli con filo di ferro. Sono posti in file di quattro elementi e raggiungono uno spessore di 30 cm, utile per buone prestazioni termiche. Gli elementi sono inclusi in una cornice in legno che fornisce la rigidità necessaria per utilizzare il modulo come elemento prefabbricato da applicare a secco alla facciata. La superficie esterna è completata da un film in polietilene, fissato al telaio mediante graffette. Candelari Elena, Autocostruzione con i pallet, un modulo abitativo per i rom, Politecnico di Torino, II Facoltà di Architettura, Corso di laurea specialistica in Architettura, rel. Prof. Nuccia Maritano Comoglio, 2010 http://www.albori.it/

Figg. 3.44-3.45

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Progettare con i rifiuti

Pallet Il pallet è una piattaforma rettangolare o quadrata usata per facilitare la movimentazione, lo stoccaggio e il trasporto delle merci. È un imballaggio terziario idoneo a portare molte tipologie di merci. A livello mondiale ne viene prodotto più di un miliardo di unità all’anno, di cui il 90% in legno. Il restante sono in materie plastiche e acciaio.

Struttura Il pallet è progettato per sopportare carichi molto pesanti ed essere spostato, per cui è molto resistente. Per questo viene usato come elemento strutturale portante impilato orizzontalmente. Contenimento Il pallet possiede una forma che gli permette di ospitare degli elementi al suo interno. Per questo motivo viene usato spesso come elemento di contenimento di altri prodotti per il riempimento di chiusure verticali o orizzontali.

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Dopo l’utilizzo può essere smaltito oppure rigenerato. Negli ultimi anni è divenuto un prodotto molto utilizzato ed apprezzato nel design, soprattutto nella categoria del design autoprodotto, come arredo interno e arredo urbano. Anche in architettura è un elemento oggetto di sperimentazioni.

Rivestimento/Schermatura La struttura ad assi parallele del pallet permette il suo utilizzo come elemento di rivestimento e schermatura


3. Diario di viaggio

El Ranchito C+ Arquitectos, Spagna, 2012 Struttura

I pallet sono utilizzati in questa installazione come elemento portante della passerella. Lo sfalsamento nel posizionamento permette la creazione di piÚ geometrie e spazi utilizzabili dai visitatori in modo diverso. Sono stati utilizzati piÚ di 1000 pallet EPAL riusati. Nella parte finale del percorso sono stati impilati 25 pallet per un’altezza totale di 3,60 m. I pallet sono stati sovrapposti e inchiodati tra loro. ht tp://europaconcorsi.com/projects/198897-El-Ranchito/images/3194722 Figg. 3.46-3.47

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Progettare con i rifiuti

Pallet House World Hands Project, Messico, 2009 Struttura/Contenimento

I pallet sono stati uniti tra loro per formare una parete prefabbricata costituita da due strati di pallet e una intercapedine interna riempita con balle di paglia e fango. La parete è stata successivamente agganciata alla struttura dell’edificio e rivestita con intonaco di terra. http://unitingalcantara.wordpress.com/2010/05/15/pallet-houseplans/

Figg. 3.48-3.49

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3. Diario di viaggio

Pallet House Schnetzer Andreas Claus + Pils Gregor, Austria/Italia, 2009 Contenimento/Rivestimento

Questo esperimento propone una soluzione “industrializzabile” di un sistema costruttivo con pallet. Questi sono stati accoppiati specularmente per creare un’unità con un intercapedine all’interno che contiene funzioni differenti. Tali unità possono contenere ad esempio l’isolamento termico, gli impianti, le travi e i pilastri. Inoltre la superficie esterna dei pallet può rivestire diverse funzioni, come la pavimentazione del solaio inferiore, la copertura, la schermatura solare. http://www.palettenhaus.com/

http://inhabitat.com/pallet-haus-an-efficient-affordable-modularhouse/pallet-haus-8/

Figg. 3.50-3.51

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Progettare con i rifiuti

The Infiniski Manifesto House James & Mau Architecture, Cile, 2009 Rivestimento

I pallet in questo caso hanno la funzione di rivestimento esterno applicato alla parete perimetrale verticale dell’edificio. I pallet riusati o ripristinati sono stati verniciati e trattati prima dell’utilizzo. La maggior parte di essi è agganciato tramite delle cerniere che permetto il movimento del pallet, utilizzato cosĂŹ come schermatura mobile. http://www.contemporist.com/2010/07/01/the-infiniski-manifesto-house-by-james-mau-architecture/

Figg. 3.52-3.53

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3. Diario di viaggio

AME LOT Malka Architects, Francia, 2011 Rivestimento/Schermatura

I pallet vengono utilizzati come elementi schermanti posizionati esternamente alla facciata vetrata dell’edificio. Sono uniti due a due da cerniere che consentono il movimento e la scelta della posizione desiderata della schermatura. http://www.stephanemalka.com

Figg. 3.54-3.55

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Progettare con i rifiuti

Tavole per impalcature Come gran parte dei prodotti da cantiere, le tavole da ponteggio vengono utilizzate per un tempo limitato e poi devono essere sostituite. Mantengono però bene le caratteristiche di resistenza alle intemperie e di resistenza meccanica e possono essere quindi riusate.

Struttura Le tavole hanno notevole resistenza e possono essere facilmente tagliate e avvitate.

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3. Diario di viaggio

Progetto Barca Raumlabor, Italia, 2011 Struttura

Le tavole da ponteggio sono state utilizzate per la struttura dell’elemento centrale e simbolico del progetto di riqualificazione del quartiere Barca di Torino. La struttura è sostenuta da due telai a stella costituiti da 8 tavole da ponteggio avvitate tra loro. I due telai sono stati successivamente uniti con altre tavole trasversali oltre a costituire la pavimentazione sopraelevata della costruzione contribuiscono alla rigidezza della struttura. http://progettobarca.blogspot.it/p/workshop.html

Figg. 3.56-3.57

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Progettare con i rifiuti

Traversine ferroviarie Le traversine in legno delle ferrovie vengono rimosse dopo circa 15-20 anni di utilizzo. Sono molto pesanti e resistenti e vengono smaltite come rifiuti speciali pericolosi. A volte sono riutilizzate come elementi spezza-valanga sulle pendici delle montagne.

Rivestimento Essendo realizzare con legno molto resistente e trattato le traversine sono un buon elemento per il rivestimento esterno. I prodotti protettivi utilizzati però sono rischiosi per la salute: le traversine devono essere quindi controllate o ulteriormente trattate prima di essere utilizzate.

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3. Diario di viaggio

Biblioteca Municipal De Azkoitia Estudio Beldarrain, Spagna, 2007 Rivestimento

Le traversine dismesse della ferrovia limitrofa sono state utilizzate come rivestimento esterno della biblioteca. Sono state controllate da un Ente terzo e selezionate per evitare che il benzopirene, il prodotto con cui erano state trattate, risultasse pericoloso. Le traversine sono state imbullonate ad un telaio in acciaio agganciato alle pareti verticali esterne. Baham贸n Alejandro, Sanjin茅s Maria Camila, Rematerial, from waste to architecture, op. cit. Figg. 3.58-3.59

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Progettare con i rifiuti

Bobine dei cavi elettici Le bobine per il trasporto dei cavi elettrici sono costituite da assi di legno di lunghezza dai 70 ai 360 cm e offrono una gran varietà e quantità di legname. Spesso vengono riutilizzate ma è comune che vengano smaltite piuttosto che riutilizzate poiché il costo del trasporto al fornitore è maggiore rispetto alla produzione di una bobina nuova.

Rivestimento Le assi delle bobine sono facilmente rimovibili e sono pulite poiché sono protette dai cavi. Sono state così utilizzate come rivestimento.

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3. Diario di viaggio

Villa Welpeelo 2012architecten, Olanda, 2009 Rivestimento

La villa è stata rivestita con assi di legno provenienti da bobine di cavi elettrici utilizzati da fabbriche vicine al cantiere. Queste assi sono facilmente rimovibili dalle bobine e possono essere applicati direttamente senza alcun trattamento. Il sistema di ancoraggio è composto da listelli orizzontali su cui si appoggiano con inclinazione quasi perpendicolare dei pannelli, sui quali si fissano con inchiodatura le assi. http://www.2012architecten.nl/projecten/enschede.html

David Keuning, “Second-Hand Story, 2012 Architects built a house out of 60 per cent recycled materials”, op. cit.

Figg. 3.60-3.61

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Progettare con i rifiuti

Bottiglie di vetro Le bottiglie di vetro fanno parte degli imballaggi per alimenti liquidi. Hanno forma e dimensione molto variabile anche se possono essere ricondotte a un cilindro con collo allungato. Per la trasparenza, la rigidezza, l’inalterabilità nel tempo, l’impermeabilità e l’igiene il vetro è uno dei materiali più usati per gli imballaggi alimentari. I vetro è riciclabile per

Riempimento/Rivestimento Tra gli usi più comuni delle bottiglie di vetro vi è quello dell’utilizzo come tamponamento. Le bottiglie sono utilizzate orizzontalmente oppure verticalmente e sono legate insieme da terra o malta cementizia. La trasparenza del vetro permette di realizzare pareti traslucide. Questa tecnica è stata ampliamente utilizzata e studiata da Reynolds nelle Earthship.

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produrre nuova materia prima secondaria con proprietà originarie invariate e in effetti ne viene riciclato circa l’ 80%. In molti Paesi è organizzato il riuso delle bottiglie tramite la resa del vuoto. In ambito architettonico le bottiglie di vetro sono state tra i primi prodotti oggetto di studio per il riuso, fin dai primi anni del Novecento.


3. Diario di viaggio

Bottle House Gift Shop Drew Bridges, Louisiana, Usa Riempimento/Rivestimento

Le bottiglie utilizzate in questa abitazione provengono da una raccolta effettuata dal progettista coinvolgendo i propri amici e la drogheria limitrofa all’abitazione. Sono state raccolte circa 3000 bottiglie, le quali sono state selezionate per colore e forma e posizionate nelle diverse porzioni di parete. Le bottiglie sono legate da malta cementizia. L’alternarsi di pieni e vuoti crea interessanti giochi di luce colorata all’interno. http://www.agilitynut.com/h/otherbh.html

Figg. 3.62-3.63

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Progettare con i rifiuti

Cartelli stradali La segnaletica verticale è composta da elementi metallici periodicamente rimossi e sostituiti. I pannelli più logori vengono sostituiti. Normalmente dopo la dismissione viene riciclato l’acciaio di cui sono composti.

Rivestimento Il riuso della lamiera protetta dal film plastico può essere una soluzione preferibile rispetto al riciclo. Offre una buona opportunità per realizzare rivestimenti esterni, essendo il segnale già concepito per resistere alle intemperie.

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3. Diario di viaggio

Museo svizzero dei trasporti Gigon, Guyer, Svizzera, 2009 Rivestimento

Il museo ha riutilizzato 344 cartelli stradali in buono stato, provenienti da tutta la Svizzera. Questi sono agganciati ad un telaio posto sulla parete esterna dell’edificio. Molti segnali possiedono gli elementi di aggancio per l’utilizzo sulle strade. Ăˆ possibile utilizzarli senza eseguire ulteriori lavorazioni. http://sid.ethz.ch/photos/panorama/slides/verkehrshaus-luzerntafeln.html Candelari Elena, Autocostruzione con i pallet, un modulo abitativo per i rom, op. cit.

Figg. 3.64-3.65

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Progettare con i rifiuti

Lattine Le lattine sono un imballaggio alimentare per conservare bevande liquide, di forma cilindrica. Sono composte generalmente da alluminio, un materiale che necessita molta energia per la produzione. Normalmente viene utilizzato per realizzare prodotti durevoli, nel caso delle lattine è un imballaggio destinato ad essere gettato.

Struttura La forma cilindrica e il peso delle lattine permettono svariati usi, anche strutturali Riempimento/Tamponamento Le lattine sono utilizzate come elemento di tamponamento di murature o come elemento di alleggerimento di solai.

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Per la conservazione dei cibi solidi si utilizzano invece scatolette o barattoli, composti da metalli differenti e piĂš difficilmente separabili. Questi contenitori hanno una resistenza meccanica maggiore rispetto a quella delle lattine.

Rivestimento Essendo l’alluminio delle lattine impermeabile, essp può essere sfruttato anche come rivestimento.


3. Diario di viaggio

Bat-Yam Cans Pavilion Lihi, Roee And Galit, Israele, 2008 Struttura

Per questa installazione sono state utilizzate pi첫 di mille latte per alimenti. Gli elementi cilindrici permettono di realizzare molti tipi di superficie a seconda di come vengono assemblati. In questo caso le latte sono state unite tramite rivettatura, un metodo veloce che permette di realizzare una superficie continua e resistente, essendo possibile unire gli elementi in pi첫 punti. http://afasiaarq.blogspot.com/2010/10/lihi-roee-galit.html

Fig. 3.66

Fig. 3.67

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Progettare con i rifiuti

PET-LAT Salvatore Lo Presti, Italia, 2003 Riempimento

In questo caso le lattine sono state utilizzate per creare una pignatta di alleggerimento nei solai. Le lattine sono posizionate verticalmente in griglie preformate di forma rettangolare o quadrangolare, costruite con materiale plastico. La pignatta viene avvolta da un film termoretraibile per bloccarle ed evitare che il calcestruzzo penetri all’interno del blocco nel momento del getto. Sono possibili piĂš varianti. Ad esempio è possibile realizzare una pignatta da 35 lattine, con dimensioni 32,5 x 45,5 cm e peso inferiore al chilogrammo. http://www.enco-journal.com/journal/ej33/lopresti.html

Figg. 3.68-3.69

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3. Diario di viaggio

Bathroom Wall Inspirational Village, Canada, 2011 Riempimento/Tamponamento

La parete è realizzata con lattine vuote poste orizzontalmente e legate insieme da malta. Durante la posa è bene fare attenzione a non schiacciarle, ma quando sono posate e inserite nella parete ottengono resistenza in collaborazione con il legante. Questa parete alleggerita può essere intonacata come un normale muro in mattoni. Questa tecnica è stata ampliamente studiata e utilizzata da Reynolds nelle Earthship. http://inspirationalvillage.wordpress.com/2011/07/21/buildingwith-pop-cans/ Figg. 3.70-3.71

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Progettare con i rifiuti

Can Cube Archi Union Architects Inc., Cina, 2010 Rivestimento

Questo esempio testimonia come l’utilizzo dei rifiuti possa produrre risultati formalmente eleganti. La facciata dell’edificio è realizzata in pannelli modulari in alluminio riempiti di lattine vuote riusate. Ogni pannello è costituito da 192 lattine posizionate orizzontalmente e tenute assieme da un film di nylon. Questo pannello di lattine viene inserito in un telaio e costituisce il rivestimento prefabbricato, molto leggero, della palazzina uffici. http://w w w.archdaily.com/85278/can-cube-archi-union-architects-inc/

Figg. 3.72-3.73

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3. Diario di viaggio

Cans House Richard Van Os Keuls, Maryland, USA, 2004 Rivestimento

Le lattine sono state usate come rivestimento “a scaglie” dell’abitazione. Ogni lattina viene schiacciata e inchiodata alla parete esterna. Ovviamente è necessario iniziare il rivestimento dalla parte inferiore delle pareti e procedere a corsi sfalsati verso l’alto. Questo metodo permette di riutilizzare le lattine in qualunque condizione si trovino. http://www.odditycentral.com/tag/richard-van-os-keuls

Fig. 3.74

Fig. 3.75

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Progettare con i rifiuti

Tubi Innocenti Come gli altri prodotti per impalcature i tubi da ponteggio della tipologia Innocenti sono spesso sostituiti. L’acciaio che compone i tubi è riciclabile, ma i tubi presentano caratteristiche, soprattutto meccaniche, che rendono il riuso preferibile. La lunghezza dei pali è molto variabile.

Struttura Ăˆ possibile ricreare strutture analoghe ai ponteggi per realizzare strutture portanti.

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3. Diario di viaggio

Velomuseo Izmo, Italia, 2011 Struttura

La struttura a telaio è stata realizzata con i tubi da ponteggio Innocenti di lunghezza 3 metri. I nodi sono realizzati con i giunti dello stesso sistema. Questo ha permesso una veloce e facile autocostruzione dagli stessi utilizzatori, in collaborazione con i progettisti. http://www.izmo.it/

Figg. 3.76-3.77

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Progettare con i rifiuti

Fusti metallici I fusti metallici sono un prodotto rintracciabile in grandi quantitĂ . Vengono utilizzati soprattutto per contenere petrolio e altri liquidi industriali. Se ne fa un largo uso nei PVS per svariate funzioni, sfruttando la funzione di contenitore. Come oggetti in metallo hanno un valore per il riciclo.

Rivestimento I fusti sono utilizzati come elementi per realizzare superfici esterne di rivestimento.

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3. Diario di viaggio

Officina Roma Raumlabor, Italia, 2011 Struttura

I fusti sono stati tagliati in due parti ed è stata rimossa la chiusura superiore e inferiore. A partire dalla gronda sono appoggiati a travetti in legno e sovrapposti in corsi sino ad arrivare al colmo. La giunzione laterale è garantita da un profilo a C rivolto verso il basso. http://www.raumlabor.net

Fig. 3.78

Fig. 3.79

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Progettare con i rifiuti

LCD I pannelli LCD degli schermi di televisioni e monitor di computer sono un rifiuto non riciclabile, tuttavia è possibile riutilizzarli. Le parti che compongono lo schermo sono suddivise all’interno dei centri si smistamento RAEE e il pannello in plexiglass con i cristalli liquidi può essere estratto e riusato.

Rivestimento/schermatura Il colore scuro del pannello gli può consentire di rivestire la funzione di schermatura solare con un basso indice di trasmissione luminosa.

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3. Diario di viaggio

2nd LCD Alessandra Dalle Nogare, Italia, 2012 Rivestimento/Schermatura

I pannelli sono utilizzati come schermature solari applicabili alla parte esterna dei serramenti. Sostituiscono le ante delle persiane, a cerniera o scorrimento, con una superficie scura schermante. Gli LCD vengono direttamente montati sul serramento in acciaio senza essere nÊ tagliati nÊ forati, secondo la dimensione (la maggior parte dei formati è standard). Dalle Nogare Alessandra, Tesi di laurea, 2nd LCD, Ricerca e sperimentazione di prodotti riusabili in Architettura, op. cit.

Figg. 3.80-3.81

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Progettare con i rifiuti

Moquette La moquette come rifiuto proviene dagli sfridi di lavorazione oppure dalla dismissione postconsumo. Normalmente viene smaltita, seppur sia possibile il riciclo del prodotto. La moquette da allestimento è composta da fibre plastiche

Riempimento La moquette è sfruttabile per le sue caratteristiche, in particolare la composizione in fibre, per realizzare elementi con buone caratteristiche termiche ed acustiche.

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(polipropilene o poliestere) con buone caratteristiche di durabilitĂ , resistenza al fuoco, resistenza agli attacchi chimici e biologici.

Rivestimento La moquette usata è recuperabile in lunghi rotoli utilizzabili come tessuti, seppur permeabili, per eseguire rivestimenti.


3. Diario di viaggio

Lucy House Rural Studio, Alabama, Usa, 2001 Riempimento/Tamponamento

Le pareti di tamponamento della Lucy House sono state realizzate con 72.000 ritagli di moquette 40 x 40 cm provenienti dagli scarti di produzione di una ditta vicina. I ritagli sono impilati a gruppi di 5 e sfalsati orizzontalmente. Ăˆ stato possibile inserire le aperture tramite il posizionamento anticipato di telai in legno. La moquette è attraversata da montanti in acciaio che hanno la doppia funzione di portare la trave di cordolo e di serrare la moquette tramite filettatura e dadi posti nella parte superiore della parete. Informazioni fornite direttamente da Rural Studio

Oppenheimer Dean, Timothy Hursley, Proceed and Be Bold: Rural Studio After Samuel Mockbee, op. cit. Figg. 3.82-3.83

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Progettare con i rifiuti

Blue Velvet Mushroom Collective, Italia, 2012 Rivestimento

La struttura del fungo è costituita da tubi in polietilene che formano un telaio sul quale sono avvitati dei ritagli di moquette tesa di forma romboidale. Il gambo è stato agganciato alla testa del fungo e l’intera struttura è stata issata a 6 metri di altezza. Il problema dell’assorbimento dell’acqua della moquette è stato risolto inserendo l’installazione all’interno di un bosco nel quale la vegetazione la protegge dalle intemperie La moquette proviene dagli allestimenti del Salone del Libro di Torino.

Figg. 3.84-3.85

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3. Diario di viaggio

3.5 I prodotti La tabella e i casi studio riportati sono un punto di partenza per selezionare gli scarti che potrebbero essere riusati per un progetto, anche se dal punto di vista della ricerca non è del tutto rigorosa. Come ho riscontrato nella mia esperienza durante la tesi, è necessario un lungo lavoro per individuare le funzioni che potrebbero svolgere i rifiuti riusati nella loro seconda vita, ed è difficile definirle a priori. Nel capitolo successivo verrà dimostrato come la scelta del prodotto e lo studio preliminare siano solo il primo punto di partenza: la funzione finale non può essere predeterminata, dipendendo da uno studio più attento e approfondito delle caratteristiche e delle possibilità che il rifiuto può dare. Le funzioni individuate nella tabella potrebbero essere implementate o potrebbero addirittura variare. Il capitolo 5 descriverà invece le riflessioni e gli esperimenti effettuati sul prodotto scelto. Per restringere il campo di ricerca sono stati considerati solo alcuni dei rifiuti presentati nella tabella. I rifiuti destinati alla raccolta differenziata non sono stati considerati per il valore che possiedono nel mercato del riciclo (si pensi ad esempio alle bottiglie di vetro, alle lattine e alla carta) e, come detto precedentemente, la possibilità di utilizzarli nella situazione attuale diventa difficile. Inoltre molti rifiuti sono già stati oggetto di numerose sperimentazioni (come i pallet ed i pneumatici) e non sono perciò stati esaminati. Alcune voci sono state considerate sia come rifiuto pre-consumo sia post-consumo. Il primo si riferisce agli scarti generati nei processi di produzione del prodotto (sfridi di lavorazione, errori di produzione, deadstock); il secondo si riferisce invece al prodotto divenuto rifiuto dopo l’utilizzo. Nell’acquisizione di maggiori e più precise informazioni sulla gestione di questi prodotti come rifiuti ho incontrato alcune difficoltà. Per ogni prodotto ho indagato sulle modalità dello

smaltimento, o dell’eventuale riciclo, informandomi direttamente dalle aziende che lavorano nel settore. Le informazioni sono state acquisite tramite chiamate telefoniche, e-mail o con colloqui personali, ma la qualità e la quantità dei dati forniti è spesso dipesa dalla disponibilità e all’apertura dei soggetti contattati. Molte aziende si sono rivelate restie nel fornire informazioni, ma nei casi in cui sono state disponibili al dialogo hanno dimostrato una certa apertura e interesse per l’argomento.

10 David Keunin, op. cit.

Un problema analogo sull’acquisizione delle informazioni riguardanti gli scarti è stato incontrato da Jan Jongert (2012architecten) che dichiara, parlando di Villa Welpeelo: “abbiamo iniziato il lavoro visitando di persona tutte le aziende vicine per fare una lista dei rifiuti industriali prodotti nella zona. Oggi però abbiamo acquisito abbastanza esperienza ed utilizziamo la lista degli scarti prodotti dalle aziende fornita dalla Camera di Commercio. Facendo l’inventario di questi scarti abbiamo creato una harvest map, una mappa del raccolto, una panoramica dell’area in cui possono essere recuperati i rifiuti”10. Come 2012architecten, la mia ricerca si è svolta contattando alcune aziende, principalmente nella provincia di Torino e in alcuni casi al di fuori del Piemonte. L’indagine ha permesso di formulare delle considerazioni sulla disponibilità, la reperibilità e la possibilità di ottenimento del rifiuto. Queste sono accompagnate da due simboli: Se le condizioni di acquisizione del prodotto sono favorevoli. Se le condizioni di acquisizione del prodotto non sono favorevoli.

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Progettare con i rifiuti

I rifiuti considerati sono: - prodotti per cantieri edili - pluriball - polistirene - poliaccoppiati per imballaggi - cartelli stradali - LCD - teloni dei camion in pvc - materassi - moquette Prodotti per cantieri edili

Fig. 3.86 Alcuni prodotti utilizzati per i cantieri edili

La ricerca all’interno di questa categoria è stata svolta acquisendo informazioni dall’impresa edile Rosso S.p.A. di Torino e dell’associazione A.titolo. I dati forniti riguardano le medie e le piccole imprese di costruzione. I prodotti utilizzati sono quelli identificati nella tabella: tubi d’acciaio per impalcature, lamiera grecata, tavole da ponteggio, reti di separazione in PVC, rete tessuta. Questi prodotti durante i lavori spesso si rovinano e non vengono più utilizzati. Inoltre i tubi e le travi in legno dopo un certo periodo di tempo devono essere cambiati per motivi di sicurezza e quindi smaltiti. L’associazione A.titolo, in collaborazione con lo studio Raumlabor Berlin, ha utilizzato circa 50 travi ponte donate dall’impresa Rosso per realizzare degli arredi urbani a Torino. 128

Le tavole per impalcature dismesse sono comuni da trovare e non vi sono ostacoli per ottenerle; lo stesso vale per le reti. I tubi d’acciaio sono difficili da ottenere poiché l’acciaio, avendo un valore di mercato piuttosto alto, viene venduto ai rottamatori o ai centri di riciclo del metallo. Pluriball

Fig. 3.87 Rotolo di pluriball

Il pluriball protegge dagli urti i prodotti con cui è a contatto e come gli altri imballaggi primari è strettamente legato al prodotto venduto ed è quindi rimosso direttamente dal cliente e smaltito nei rifiuti urbani (riciclabili). Alcune aziende ricevono prodotti (ad es. parti di macchinari o materiali utilizzati per la produzione) imballati con pluriball. Questa potrebbe essere una fonte di prodotto riutilizzabile. Il pluriball è un rifiuto difficilmente raccoglibile poiché è legato al prodotto con cui è venduto e quindi al singolo acquirente.


3. Diario di viaggio

Possono essere recuperate le insegne pubblicitarie dopo l’utilizzo, ma questo può risultare complesso per la diversità di metodi di raccolta e smaltimento delle stesse, variando di volta in volta i soggetti che le utilizzano.

Polistirene

La raccolta del polistirene come rifiuto post-consumo (proveniente da imballaggio primario) presso il singolo consumatore è difficilmente ipotizzabile. Poliaccoppiati per imballaggi Fig. 3.88 Pannelli in polistirene

Per le sue caratteristiche, come la facile lavorabilità, il basso costo e la leggerezza, il polistirene espanso (polistirolo) viene impiegato in più campi: come imballaggio, come isolante termico, per decorazioni o insegne pubblicitarie. Il riuso può essere pre-consumo e cioè legato agli sfridi di lavorazione, o post-consumo, dopo l’utilizzo. Una possibilità si verifica nelle aziende che producono insegne e cartelloni pubblicitari, come la Geco-lab di Bonate Sotto (BG) e la Split 3d di Giaveno (TO), e produttori di profili decorativi o di lavorazioni artistiche, come la RC plast s.r.l di Carmagnola (TO). Queste aziende lavorano il polistirene ricavando le forme richieste tramite taglio a caldo La produzione di sfridi è molto alta ma questi vengono solitamente triturati per produrre imballaggi oppure rimandati alle aziende produttrici di polistirene per riprodurre materia prima. Attualmente è difficilmente riusabile.

Fig. 3.89 Imballaggio Tetrapak

Il Tetrapak è il principale prodotto per imballaggi costituito da un materiale poliaccoppiato ed ha preso il nome dell’azienda che lo produce. Non è solo un materiale, ma un intero processo di confezionamento: Tetrapak si occupa dell’intero processo di confezionamento dei prodotti, e progetta e produce macchinari come omogeneizzatori, miscelatori, componenti di sistemi e di impianti che insieme producono il risultato finale, cioè la confezione. Viene utilizzato per il confezionamento di prodotti alimentari, come caseari liquidi, formaggi, bevande, alimenti pronti e gelati. La confezione è costituita da un materiale poliaccoppiato, formato da cartone, polistirene e 129


Progettare con i rifiuti

alluminio. Recentemente è stato inserito nella filiera di riciclo della carta di molti comuni italiani, anche se la separazione dei materiali di cui è composto è piuttosto complicata. Il processo di produzione, stampaggio e confezionamento dei prodotti è un processo che riduce al minimo gli sprechi di materiale e produce pochi scarti. Poiché frequentemente si verificano degli errori di allineamento della stampa nella fase di stampaggio a livelli successivi, il prodotto diventa inutilizzabile per il mercato ma potrebbe essere utilizzato. Come nei due esempi precedenti, l’utilizzo dei poliaccoppiati non può legarsi al recupero presso il consumatore e neppure posteriormente alla raccolta differenziata, a meno che non venga selezionato e immesso in un altro ciclo prima delle fasi di riciclaggio della carta. Cartelli stradali

La segnaletica stradale verticale è costituita da lamiere in ferro o alluminio sulle quali vengono incollate delle pellicole plastiche con le indicazioni stradali. Per questa ricerca non sono state considerate le aziende produttrici di segnaletica verticale bensì gli enti che si occupano della gestione delle strade e quindi della installazione e rimozione della segnaletica. La Divisione Infrastrutture e Mobilità del Comune di Torino si occupa della gestione della segnaletica ma lascia in gestione a GTT la rimozione e la sostituzione della segnaletica vecchia o rovinata. Se la pellicola è rovinata e deve essere cambiata ma il metallo è ancora in buone condizioni (normalmente se ha un’età inferiore a due anni), questa viene rimossa ma il supporto mantenuto. Se anche la lamiera è rovinata il cartello viene rimosso e consegnato alle ditte di smaltimento. Satap S.p.A. è invece la società che gestisce le autostrade A10 Genova-Ventimiglia, A4 Torino-Milano e A21 Torino-Piacenza, per un totale di circa 650 km. Normalmente la segnaletica che viene sostituita viene venduta ad aziende che recuperano rottami di ferro. Le dimensioni dei cartelli variano dal cartello a disco di diametro 60 centimetri alle targhe 6x4 metri. In totale su questo tratto autostradale vengono rimossi 300/400 mq di segnaletica metallica all’anno. I segnali stradali sono un buon prodotto da riutilizzare considerata la quantità disponibile e la facilità di reperimento. Il valore del metallo come materia prima secondaria rende il riuso difficoltoso.

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Fig. 3.90 Cartello di entrata autostradale


3. Diario di viaggio

Gli schermi sono un prodotto riutilizzabile e facilmente estraibile di monitor in cui è contenuto. A maggior ragione può essere reperito nei centri di smistamento, già separato dalle altre componenti. Il riuso fornisce una ottima alternativa allo smaltimento, non essendo il pannello riciclabile.

LCD

Fig. 3.91 Pannelli che costituiscono il monitor LCD

I pannelli LCD si trovano all’interno dei moderni monitor a schermo piatto insieme alle altre componenti quali i polarizzatori, il pannello di plexiglass e la superficie riflettente; ognuna di queste parti in cui è suddiviso è considerata un rifiuto speciale non pericoloso. L’LCD è composto da due lastre sottili in vetro tra le quali è inserito lo strato di cristalli liquidi. Il pannello presenta una superficie traslucida di colore tendente al verde scuro, con caratteristiche di anti-riflessione e anti-abbagliamento. Dopo l’utilizzo gli schermi devono essere smaltiti nella frazione differenziata destinata ai RAEE. Per la trasformazione per il riciclo mi sono riferito all’impianto Amiat TBD di Volpiano sopra citata. In questo impianto gli schermi vengono smontati manualmente nelle varie componenti, in vetro, metallo e plastica e inseriti nella filiera di riciclo corrispondente. L’unico prodotto che non è riciclabile è lo schermo a cristalli liquidi, essendo un prodotto formato da più strati non separabili.

Le quantità prodotte e recuperabili non sono alte e la normativa non permette di prelevarli all’interno degli impianti di raccolta e smistamento. Teloni dei camion in PVC

Fig. 3.92 Teloni di camion dismessi

Per i teloni dei camion sono state considerate due aziende, Telcar s.n.c. di Alzano Lombardo (BG) e Venturello s.a.s di Poirino (TO). Entrambi gli stabilimenti non producono i rotoli di PVC, ma li lavorano e confezionano per realizzare teloni da autotrasporto, gazebi, teli per coperture, tende, ecc. È in questa fase che vengono prodotti gli sfridi di lavorazione, ma questi non sono riutilizzabili poiché le quantità prodotte sono modeste e molti dei ritagli ven131


Progettare con i rifiuti

gono riusati per rinforzare o riparare i teloni venduti dall’azienda stessa. Ben più interessante è il mercato costituito dai teloni dismessi dai camion. I teloni, dopo circa 10 anni, vengono sostituiti poiché il PVC con il tempo si logora e si secca perdendo le proprie caratteristiche, in particolare l’impermeabilità. Questi vengono riconsegnati all’azienda stessa che li ha venduti e che a sua volta ne fornisce di nuovi. Per questo motivo il settore dei teloni di camion risulta più interessante rispetto agli altri settori dei teloni in PVC. Le ditte oggetto dell’indagine ogni due mesi accumulano dai 150 ai 300 m2 di teloni in PVC (equivalenti a circa un quintale). In entrambi i casi ho constatato che un’azienda produttrice di borse, la Freitag A.G. di Zurigo, compra per pochi euro gran parte dei teloni dismessi, utilizzandoli per la sua linea di accessori11. Nel caso di Telcar i teloni non venduti alla Freitag, normalmente quelli più rovinati, vengono venduti sul posto a contadini o privati. Dalle informazioni acquisite posso considerare i teloni da camion un prodotto interessante e conseguibile facilmente. Potrebbe sorgere un problema di concorrenza con la Freitag, che sembra possedere il mercato europeo dei teloni riusati.

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Materassi

Fig. 3.93 Materasso abbandonato

I materassi costituiscono un problema nella gestione della raccolta dei rifiuti urbani ingombranti. Hanno grandi dimensioni e sono quindi scomodi da trasportare. Inoltre le molle metalliche che spesso contengono generano un problema nei centri di smaltimento o raccolta, impigliandosi e ostacolando le benne che spostano i rifiuti. I materassi variano notevolmente a seconda del produttore, del modello, dei materiali di cui sono composti e delle dimensioni. Generalmente sono a molla, in lattice, in poliuretano espanso elastico o costituiti da sistemi misti. Questa gran diversità di materiali e dimensioni ne rende difficile il riuso (soprattutto se si cercano soluzioni standardizzate). Le aziende che ho contattato, Eminflex S.p.A., Cignus s.n.c., Maxitalia s.r.l. hanno limitate produzioni di scarti. Nel caso di utilizzo di ovatta gli avanzi o i ritagli vengono rivenduti ad aziende che producono imbottiture. Normalmente il materasso usato viene gettato dal privato come rifiuto urbano ingombrante (conferito all’ecocentro, ritirato a domicilio o abbandonato in strada) o, raramente, riconsegnato ai rivenditori che a loro volta lo smaltiscono.

11 Con questo piano di azione la Freitag riesce a ottenere e rilavorare 390 tonnellate di teloni di camion ogni anno, da cui vengono prodotti 300.000 articoli. È interessante leggere cosa è pubblicato in una pagina del sito aziendale: “Diventate fornitori! Vendeteci i vostri vecchi teloni di camion e approfittate subito di tre vantaggi: 1. Arrotondate le vostre entrate a fine mese. 2. Diminuite le vostre spese di smaltimento. 3. Date al vostro telone usato una seconda vita. Acquistiamo ininterrottamente teloni usati in tutta Europa. Siete un trasportatore, carrozziere, produttore di teloni o un privato? Vendendoci i vostri teloni usati e arrotondate le vostre entrate a fine mese!”


3. Diario di viaggio

Il materasso è un prodotto difficilmente utilizzabile soprattutto per la gran diversità di modelli e quindi per i materiali e le dimensioni non omogenee. Inoltre la raccolta, eccetto per le poche eccezioni dei punti vendita, è legata allo smaltimento di ogni singolo privato. Moquette

Fig. 3.94 Il Lingotto Fiere dopo lo smantellamento degli stand

Gli eventi fieristici, per la loro temporaneità producono un’enorme quantità di rifiuti. Data la gran varietà di stand, allestimenti, servizi, è molto difficile attuare una selezione e un recupero dei prodotti utilizzati durante lo smantellamento delle fiere. Le più grandi quantità di

rifiuti prodotte sono costituite dalle moquette da pavimento per le corsie e per gli stand. La moquette da allestimenti è generalmente un prodotto sintetico (fibra polipropilenica) dello spessore di 3-6 mm e un peso tra i 500 e i 1000 g/m2. Rientra nella tipologia dei tappeti ma è di minor qualità ed è caratterizzata da facilità di posa, resistenza all’usura, resistenza al fuoco, alta stabilità dimensionale ed al calpestio. Le maggiori produttrici italiane sono l’azienda Alma S.p.A. di Prato e la Montecolino S.p.A. di Provaglio d’Iseo (BS) che insieme producono circa 40 milioni di mq annui di prodotti. La moquette viene venduta in rotoli di 2 metri di altezza (o 4 metri su richiesta) e lunghezza dai 30 ai 50 metri. Nonostante le stesse aziende produttrici abbiano dei sistemi di riciclaggio del prodotto, normalmente la moquette utilizzata negli allestimenti viene smaltita come rifiuto non riciclabile. Inoltre la moquette da allestimento non è riutilizzabile con la stessa funzione poiché, soprattutto in manifestazioni con un gran numero di visitatori, si sporca e lo smontaggio non permette di riporla ordinatamente in rotoli per un successivo utilizzo.

12 Le informazioni riguardanti il Lingotto sono state fornite da Roberto Perotti del Lingotto Fiere e da Maria Rizzo della Compas Group, impresa di pulizie che lavora nel Lingotto.

Il ripristino (selezione, lavaggio, riavvolgimento in rotoli) di per sé potrebbe essere fattibile, ma la bassa qualità del prodotto e quindi il basso costo rendono più conveniente buttar via la moquette piuttosto che riutilizzarla. Le quantità utilizzate dipendono dalla dimensione dell’evento e dal luogo che ospita la manifestazione. Nella ricerca12 mi sono basato sulle quantità prodotte dal Lingotto Fiere di Torino. Il Lingotto è uno tra i più grandi poli fieristici italiani e ogni anno ospita circa 30 eventi con affluenze che superano i 900.000 visitatori. Tra gli eventi più importanti che si verificano durante l’anno vi sono il Salone del Gusto, il Salone Internazionale del Libro, Artissima, Expocasa e Restructura. La superficie coper133


Progettare con i rifiuti

ta disponibile per le manifestazioni è di 65.000 m2. In rapporto alla dimensione dell’evento i metri quadri di moquette variano sensibilmente. Le manifestazioni maggiori occupano completamente i padiglioni e arrivano ad utilizzare, considerando corridoi e stand, 20.000 m2 di prodotto. Gli eventi minori ne utilizzano tra i 500 e i 4.000. Considerando il numero di eventi, la moquette utilizzata annualmente si aggira intorno ai 70.000 m2. Se si considera un peso medio delle moquette da allestimento di 750 g al m2 il peso della moquette-rifiuto prodotta da Lingotto Fiere ogni anno si aggira intorno alle 53 tonnellate. Alla fine delle manifestazioni la moquette viene smantellata da un’impresa di pulizie e dall’ente Fiera che la ripongono in grandi cassoni all’esterno del Lingotto mischiata al resto dei rifiuti prodotti durante la fiera. L’Amiat di Torino provvede successivamente al ritiro e al conferimento nei centri di smaltimento. Negli anni passati il Lingotto Fiere ha collaborato con un’associazione senegalese, Kolda Universelle, che dopo le manifestazioni selezionava la moquette pulita ed in buone condizioni e la trasportava in Senegal per riutilizzarla con la stessa funzione. Finché la moquette non entrerà in una filiera di riciclo conveniente continueranno a essere prodotte ogni anno centinaia di tonnellate di rifiuti, ma questo significa che saranno disponibili grandi quantità di prodotto riutilizzabile.

Fig. 3.95-3.97 Spazi del Lingotto Fiere durante lo smantellamento della manifestazione. La moquette è stata rimossa e accatastata in numerosi cassoni in attesa del ritiro da parte dell’Amiat.

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3. Diario di viaggio

3.6 La scelta La fase successiva prevedeva la scelta di una serie di prodotti per studiarne approfonditamente le caratteristiche e le potenzialità. Ho deciso di iniziare selezionando tra questi un unico prodotto, la moquette da allestimento. L’effettiva disponibilità della moquette è stata confermata in un colloquio con Marco Guercio dell’durante la visita alla ex-discarica. Fino a quando era in funzione, Amiat Discarica riceveva periodicamente grandi quantità di moquette proveniente dal Lingotto Fiere e venivano direttamente smaltite nel sito. Ora questo avviene nella discarica di Chivasso o Collegno. Nel momento in cui ho iniziato a studiarne le proprietà, a formulare le prime ipotesi e a sperimentarle in laboratorio, mi sono reso conto che il lavoro necessario ad uno studio di fattibilità di questo tipo è molto complesso e richiede molto tempo. In rapporto ai mezzi a disposizione e al lavoro intrapreso ho deciso quindi di soffermarmi unicamente sullo studio di un solo prodotto. La scelta della moquette è dovuta alla valutazione dei parametri, presi in considerazione nel precedente paragrafo, che si riscontrano in generale nelle moquette da allestimento. Questi sono: - potenzialità del prodotto - quantità disponibili - lavoro necessario per l'utilizzo - facilità di reperimento - rilevante impatto ambientale Le potenzialità del prodotto sono dovute in particolare ai materiale di cui è composto e cioè la fibra polipropilenica, un materiale fibroso, quindi con interessanti caratteristiche fisicotecniche termiche ed acustiche, non infiammabile, resistente nel tempo e con una discreta resistenza dimensionale. Le quantità disponibili, come sopra evidenziato, sono notevoli anche considerando solo il Lingotto Fiere di Torino, ma ancor più interes-

santi se si calcolano anche altri centri fieristici nazionali o addirittura internazionali. Il lavoro necessario per il riutilizzo è limitato, le operazioni da eseguire potrebbero essere il lavaggio, il taglio e alcuni trattamenti aggiuntivi in relazione alla funzione finale. La facilità di reperimento risiede nella possibilità di prelevare le quantità necessarie direttamente dal luogo di utilizzo e senza intermediari. L’impatto ambientale della produzione e smaltimento della moquette è molto alto: essendo composta di materie plastiche, possiede un elevato contenuto di energia primaria da fonti non rinnovabili che viene sprecato con il breve tempo di utilizzo e il successivo smaltimento in discarica. Per il Salone del Libro vengono solitamente utilizzati circa 20.000 m2 di moquette per le corsie e gli stand. La gestione della moquette delle corsie è in mano al Lingotto Fiere che si occupa sia della posa prima della manifestazione, sia dello smantellamento e la dismissione tramite l’impresa di pulizie Compass Group. Ogni stand invece è di competenza dell’allestitore che provvede al montaggio e allo smontaggio. Nella realtà molte aziende smontano e portano via gran parte dell’allestimento dello stand eccetto la moquette, incollata al suolo con un nastro biadesivo, lasciando il compito di rimozione all’impresa di pulizie. Eccetto per lo sporco e alcuni piccoli “inquinanti” (come carta straccia, viti, piccoli rifiuti di altro tipo rimasti dopo lo smontaggio degli stand) la moquette sarebbe già separabile dagli altri rifiuti generici, ma dopo che è stata rimossa dalla pavimentazione viene portata nei cassoni di raccolta e mischiata al resto dei rifiuti.

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Progettare con i rifiuti

La moquette presa in considerazione per questa sperimentazione proviene dall’allestimento dello stand RAI al Salone Internazionale del Libro, tenutosi al Lingotto Fiere dal 10 al 14 maggio 2012. L’allestimento è stato progettato dallo studio Carito & Partners Factory, una società con sede a Roma, che lavora nel campo dell’organizzazione di eventi e nella comunicazione. Lo stand ha una superficie di 840 m2 ed ha utilizzato il modello di moquette VENUS prodotto dalla Alma S.p.A. Questo prodotto è di qualità superiore di quello usato nelle corsie avendo maggior spessore e una notevole resistenza al calpestio. Durante lo smantellamento degli allestimenti la moquette è stata rimossa e accatastata in un’area esterna accanto ai saloni espositivi. Con la collaborazione dell’ente Lingotto Fiere, dello studio di progettazione di allestimenti fieristici Eventi3 e dell’impresa di pulizie Compass Group, mi è stato possibile recuperare il quantitativo di moquette necessario per la sperimentazione. Una settimana prima dell’inizio del Salone del Libro ho contattato il responsabile degli allestimenti del Lingotto che mi ha concesso il permesso di ritirare un quantitativo di circa 400 m2 di moquette dopo la fine dell’evento. La moquette è stata ritirata tramite un mezzo appropriato ed è stata portata al Latec, il Laboratorio Tecnologico di Autocostruzione del Politecnico di Torino (corso Peschiera 94/A), luogo dove ho svolto la maggior parte dei lavori di sperimentazione e montaggio dei prototipi con il supporto della Prof.sa Angela Lacirignola. I test e le proposte tecnologiche effettuate durante il lavoro della tesi dipendono strettamente dalle caratteristiche del prodotto usato. I modelli di moquette utilizzati nelle fiere sono numerosi e difficilmente definibili: la scelta delle moquette delle corsie è fatta dall’ente organizzatore della manifestazione e quindi può 136

Fig. 3.98 La moquette dello stand RAI recuperata per i test

variare; le moquette degli stand invece sono scelte dagli allestitori di ogni espositore. Occorre considerare però che spesso gli organizzatori fanno riferimento alle stesse due grandi aziende produttrici, già citate, Alma e Montecolino, e quindi i prodotti saranno presumibilmente sempre gli stessi. Presso il Lingotto Fiere, ad esempio, per i corridoi viene utilizzato solitamente il prodotto ELEA della Alma, seppur gli eventi siano organizzati da enti diversi. Le differenze tra questo modello e il modello sperimentato risiedono soprattutto nel peso e nello spessore e quindi nelle caratteristiche direttamente o indirettamente collegate, come la resistenza alla variazione dimensionale, la resistenza termica, ecc.

massa volumica

spessore

VENUS

ELEA

900 g/m2 ± 10%

620 g/m2 ± 10%

6 mm ± 10%

2,5 mm ± 10%

Nell’ipotesi di recupero su larga scala e per la produzione di grandi quantità di prodotti per l’edilizia sostenibile si potrebbe fare riferimento a tali prodotti più comunemente utilizzati.

Fig. 3.99 Il trasporto della moquette


4. Il riuso della moquette

4. Il riuso della moquette 4.1 Studio delle caratteristiche e delle potenzialità della moquette Per proseguire con la sperimentazione di prodotti e componenti innovative riusando la moquette, è bene iniziare con delle considerazioni di carattere generale riguardanti le proprietà e le caratteristiche che questo prodotto possiede. Caratteristiche generali La moquette è un tipo di rivestimento per pavimenti rapido e facile da posizionare. L’utilizzo domestico è legato alla tradizione dei Paesi anglosassoni, ed è meno diffuso in Italia. È un prodotto molto utilizzato fino agli anni ’90, ma ora per motivi di igiene e pulizia, è stato progressivamente abbandonato. Le tipologie di moquette in commercio sono numerose, ma si possono raggruppare in tre famiglie: - Bouclé: con sottofondo in lattice sintetico o in juta; hanno fibre ricurve e morbide ma cedevoli. In relazione alla scarsa resistenza all’usura vengono utilizzate soprattutto per luoghi dove il passaggio è limitato (per uso residenziale nella zona notte). - Velour: con sottofondo in lattice sintetico o in juta; presentano un mantello con fibre dritte e di vario spessore. Hanno buona durata e buona resistenza, ma per la conformazione delle fibre sono oggetto di deposito di polvere o altri detriti. - Agugliati: hanno fibre corte o rasate; sono molto compatte e resistenti all’usura, ma relativamente soffici ed elastiche. Sono adatte per ambienti di frequente passaggio, come corridoi, uffici e allestimenti fieristici. La maggior parte dei modelli di moquette è composta da due elementi: la fibra superiore e il supporto inferiore. La componente superiore è costituita da fibre sintetiche, come poliestere o polipropilene, oppure naturali come lana, sisal e cocco. Il supporto può essere di diversi materiali come juta, lattice sintetico o altri materiali sintetici.

Fig 4.1 Schema costruttivo di una moquette agugliata

I maggiori produttori a livello internazionale sono: Mohawk Carpet, Nordpfeil GmbH, Brintons Carpets Ltd, Desso N.V., Interface Carpet. In Italia Radici Pietro Industries & Brands S.p.A, Besana Moquette s.r.l.. Alma S.p.A. e Montecolino S.p.a. sono invece i più grandi produttori italiani di pavimentazioni tessili per manifestazioni. Produzione Il processo di produzione operato da queste aziende è molto simile. Nel caso delle moquette da allestimento, la materia prima principale è composta da chip di polipropilene che vengono stoccati in silo. Da qui il propilene viene inviato agli impianti di estrusione dove vengono realizzate le fibre; la lavorazione prosegue con la cardatura (processo di lavorazione delle fibre) e l’agugliatura (procedimento preliminare di tessitura del prodotto) tramite le quali si ottiene il tappeto semilavorato. Successivamente il tessuto viene accoppiato al sottofondo di resina, lattice, gommapiuma o juta. Vengono quindi eseguiti il controllo di qualità, l’imballaggio e l’immagazzinamento dei rotoli, mandati poi direttamente in fiere e manifestazioni. Le moquette per allestimenti sono agugliate, composte normalmente da fibra polipropileni137


Progettare con i rifiuti

ca e da un supporto in lattice sintetico. Questi prodotti sono progettati per ottimizzare il rapporto tra qualità e costo. Infatti le moquette da allestimento, essendo pensate per un utilizzo breve, non hanno una buona resa dal punto di vista estetico e di una alta durabilità nel tempo. Sono un prodotto usa e getta: vengono prodotte per essere utilizzate pochi giorni e poi gettate. Per questo motivo devono garantire: durante l’allestimento, facilità e velocità di posa e ridotto utilizzo di nastro biadesivo; in fase di utilizzo, resistenza all’usura, aderenza al suolo, stabilità dimensionale, morbidezza al calpestio; in fase di smantellamento, rapidità di rimozione. Il prezzo per questo motivo è basso rispetto agli altri modelli per uso domestico ed è compreso tra i 3 e i 10 €/m2. I requisiti di questi altri modelli, come la durabilità e la resa estetica, infatti determinano un prezzo più elevato, che varia da 20 a 50 €/m2. La scheda prodotto del modello VENUS, già menzionato nel capitolo precedente, riporta queste caratteristiche: Composizione Impiego

Supporto di coesionamento Peso totale Spessore Dimensione dei rotoli Altezza Lunghezza Colori Solidità del colore alla luce Resistenza al fuoco

100% fibra polipropilenica Allestimenti fieristici, showroom, locali pubblici, grandi aree Lattice sintetico

900 g/m2 ± 10% 6 mm ± 10%

2 m (4 m su richiesta) 40 m 26

≥6

BFL-S1 Tab. 4.1 Scheda tecnica VENUS

138

Fig. 4.2 Macchinario di filatura della moquette

Fig. 4.3-4.4 Modello Venus: parte superiore e parte inferiore

Il produttore non fornisce ulteriori specifiche tecniche, pertanto ho ampliato la ricerca ad altri produttori e alle informazioni contenute in studi effettuati sulle moquette e sui tappeti in fibra polipropilenica. Le informazioni relative alle caratteristiche generali e fisico-tecniche sono ricavate da schede tecniche dei produttori di moquette, da banche dati e prove sperimentali effettuate nei laboratori del Politecnico di Torino. Le informazioni inerenti le caratteristiche tecniche e ambientali sono ricavate da manuali, schede tecniche, da banche dati e prove sperimentali. Le informazione relative a tossicità e all’impatto sull’ecosistema sono state ricavate da schede di sicurezza, schede tecniche, banche dati e


4. Il riuso della moquette

Caratteristiche tecniche La moquette1 è composta dai seguenti materiali: Componente

Materiale

Percentuale sul peso totale del prodotto [%]

Risorsa rinnovabile

Disponibilità globale

Origine

fibra

Polipropilene (PP)

80

no

limitata

globale

supporto

SBR latex

20

Le caratteristiche tecniche della moquette sono dovute in particolare al filato di polipropilene, una fibra che viene utilizzata normalmente per produrre tessuti sintetici, soprattutto abbigliamento. Riportiamo ora alcune caratteristiche significative per la moquette di questo materiale riportate dal bollettino tecnico del filato continuo di polipropilene ESSEGOMMA: Natura chimica Calore specifico Resistenza chimica

Resistenza ai funghi e ai batteri Proprietà tecniche e termodinamiche

Temperatura di accensione Solidità dei colori

Resistenza alla degradazione fotochimica

Polipropilene PP (monopolimero) 2010 J/kgK

Elevata. Il filato è molto resistente all’azione degli acidi alcali a temperatura ambiente. Le sostanze che attaccano il filato di polipropilene sono agenti altamente ossidanti oppure alcuni solventi organici come composti clorati, idrocarburi aromatici e gli idrocarburi alifatici. Resistente senza trattamenti aggiunti.

La temperatura di fusione è 167°C, ma a circa 140° comincia a rammollire. Sottoponendo il filato di polipropilene a trattamenti termici effettuati a temperature superiori a 140°C si possono indurre delle trasformazioni irreversibili nella struttura cristallina del filato.

no

limitata

globale

Tab. 4.2 Scheda composizione della moquette

Lo SBR latex, stirene butadiene (styrene butadiene rubber), di cui è composto il supporto, è l’elemento che fornisce stabilità dimensionale alla moquette. Tale prodotto viene applicato al tessuto di polipropilene tramite trattamento termico, e blocca l’agugliato nella parte inferiore. Calore specifico Conducibilità termica Resistenza ai solventi organici Resistenza agli acidi Resistenza agli alcali Resistenza alle radiazioni UV

2000 – 2200 J/kgK

0,143 – 1,48 W/mK bassa

media

buona buona

1 Le informazioni presenti in questo paragrafo relative alla moquette sono tratte dale seguenti fonti: EPD Needled floor covering, http:// www.prodis.info; EPD Loose-laid carpet tiles, http://bauumwelt.de; Bollettino tecnico del filato di propilene Essegomma, www.essegomma.com; schede tecniche su GRANTA – Ces Edupack 2005; Carpeting figures, http://www.nontoxic. com; Styrene Monomer: Environmental, Health, Safety, Transport and Storage guidelines, http://www.cefic. org; Carpeting, Indoor Air Quality, and the Environment, http:// www.buildinggreen. com; EPD European Plastics ManufacturersPolypropylene (PP), http://www. plasticseurope. org; Carpet, http:// www.epa.gov; Carpet Recycling, http://www. carpetrecyclinguk. com e http://www. carpetrecovery.org.

Tab. 4.4 Caratteristiche tecniche SBR

520°C. Se trattato con additivi, a contatto con la fiamma si ritira fondendo e si spenge quando questa viene rimossa.

Il filato è normalmente tinto in massa utilizzando pigmenti che garantiscono uniformità di colore e solidità molto alta. I pigmenti non possono essere ceduti dalla fibra.

Le lunghezze d’onda critiche per il polipropilene appartengono allo spettro UV. Un’esposizione del polipropilene alla luce UV provoca una rapida degradazione con perdita di tenacità delle fibre e successivamente nella distruzione completa. La fibra viene quindi trattata con additivi stabilizzanti che rendono trascurabile l’effetto degradante della radiazione solare.

Tab. 4.3 Caratteristiche tecniche del filato PP

139


Progettare con i rifiuti

Caratteristiche energetico-ambientali Non è stato possibile reperire i valori di CEP e delle emissioni di CO2 del modello VENUS. Per questo sono stati riportati i valori dell’EPD redatto dalla GUT (Gemeinschaft Umweltfreundlicher Teppichboden European Association of Environmentally Friendly Carpets) per moquette generiche con caratteristiche analoghe al prodotto della Alma (fibra polipropilenica e supporto in SBR, peso compreso tra 0,8 e 1,1 kg/m2). Unit per m 2

Production stage

End-of-life stage

Primary energy not renewable

[MJ]

109,4

-12,2

Primary energy renewable

[MJ]

2,2

-0,2

Total primary energy

Greenhouse potential (GWP 100)

[MJ]

[kg CO2 eq]

111,6

4,9

-12,4

1

Ozone degradation potential (ODP)

[kg R11 eq]

3,6•10-7

-3,4•10-8

Acidification potential (AP)

[kg SO2 eq]

1,6•10-2

1,1•10-3

Photochemical oxidant formation (POCP)

[kg ethane eq]

Nutrification (NP)

[kg PO 4 eq]

2,1•10-3

2,1•10-4

2,4•10-4 2,5•10-5

Tab. 4.5 EPD di un modello di moquette redatto da GUT

Tali valori sono espressi per unità al metro quadrato. Per confrontarli con altri prodotti possiamo riferirli al kg dividendoli per 0,9 kg, il peso della moquette al m2. La Total Primary Energy equivale quindi a 124 MJ/kg e la produzione di CO2 equivalente è di 5,44 kg CO2 eq/kg.

140

Come tutti i prodotti derivanti da combustibili fossili, la moquette richiede un’intensità energetica molto alta per la produzione e la componente di energia di feedstock non è altrettanto interessante. Il recupero energetico ha bassa capacità prestazionale poiché dalla combustione si può ricavare poca energia. I materiali di origine petrolchimica che la compongono sono sicuri nella forma in cui si trovano nel prodotto finale, ma devono essere trattati con molta attenzione durante la produzione per prevenire problemi ambientali e di salute. Il più grande problema ambientale ed energetico delle moquette da allestimento dal punto di vista del ciclo di vita è la sua vita utile brevissima. Una moquette per uso domestico ha una durata di circa 10 anni, già molto inferiore rispetto ad altri tipi di pavimentazioni; quelle da allestimento possono avere un ciclo di vita anche di pochi giorni, pertanto il rapporto tra energia spesa per la produzione e la durata prevista la rende un prodotto con un impatto ambientale molto alto. Durata Considerando le informazioni delle schede tecniche precedentemente riportate è possibile compilare una tabella riassuntiva delle caratteristiche di durabilità della moquette: Resistenza ai solventi organici Resistenza agli acidi Resistenza agli alcali Resistenza alle radiazioni UV

media

buona

molto buona buona

Tab. 4.6 Informazioni relative alla durata della moquette

La durata stimata è difficile da valutare poiché una moquette da allestimenti è progettata per essere utilizzata in un breve periodo. La durata è legata inoltre al suo utilizzo come pavimentazione e non per altri usi impropri. Si farà riferimento quindi alla durata del polipropilene


4. Il riuso della moquette

che alla temperatura media di 20°C è superiore a 80 anni. Da considerare inoltre che l’esposizione del polipropilene alla luce solare (in particolare alle radiazioni UV) provoca una rapida degradazione che si manifesta in una perdita di tenacità delle fibre e successivamente nella distruzione completa. La fibra viene quindi trattata con additivi stabilizzanti UV che rendono trascurabile l’effetto degradante dovuto alla radiazione solare. Informazioni tossicologiche ed ecologiche Aspetti tossicologici Il polipropilene non ha effetti tossici per l’uomo, sia per le emissioni in ambiente interno, che al tatto e per assunzione per via orale. Lo stirene butadiene presenta aspetti di rischio tossicologico trascurabili. Tale prodotto provoca, in situazioni di concentrazioni molto alte ed esposizioni prolungate, irritazioni alle vie respiratorie e agli occhi; in concentrazioni ancora maggiori può provocare rischio cancerogeno. Le moquette sono state a lungo criticate per l’emissione di VOC in ambiente poiché favorivano l’accumulazione di polvere e di agenti potenzialmente dannosi, provocando l’insorgere di patologie asmatiche. Negli anni l’industria della moquette ha ridotto notevolmente questi problemi: i modelli odierni presentano valori di emissioni di VOC in fase di utilizzo molto bassi. L’accumulo delle polveri rimane però un problema da affrontare: è sconsigliato l’uso della moquette infatti a soggetti affetti da allergie. La soluzione a questa criticità è affidata all’utenza, tramite pulizia sovente e buona ventilazione. In generale la moquette è considerabile un prodotto non pericoloso per l’uomo. Aspetti ecologici La moquette non è un prodotto dannoso per l’ambiente. Il polipropilene è biologicamente

inerte e non è biodegradabile. Lo stirene butadiene si biodegrada facilmente in un periodo di tempo variabile dalle poche ore ai 10 giorni. Rilascia un quantitativo di inquinante durante la degradazione ma questo è inferiore ai limiti di pericolosità previsti dalla legge europea. Infiammabilità La moquette, come prodotto da costruzione, deve rispettare le norme in materia di incendio. Infatti tutti i modelli destinati agli allestimenti fieristici rispettano la Direttiva europea recepita in Italia con il DM 10/03/2005 “Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo”2. Il Decreto definisce le classi di resistenza al fuoco per i prodotti edilizi utilizzati per pareti, soffitti e pavimenti tramite la classificazione europea:

2 Decreto Ministeriale 15 marzo 2005 “Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale italiana n. 73 del 30 marzo 2005 3 Decreto Ministeriale 26 giugno 1984, “Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale italiana n. 234 del 25 agosto 1984

Art.4. Prodotti installati lungo le vie di esodo 1. Negli atri, nei corridoi, nei disimpegni, nelle scale, nelle rampe, nei passaggi in genere, in luogo di prodotti di classe 1, e nei limiti per essi stabiliti dalle specifiche disposizioni di prevenzione incendi, sono installati prodotti classificati in una delle seguenti classi di reazione al fuoco, in funzione del tipo di impiego previsto: a) impiego a pavimento: (A2FL-s1), (BFL-s1); b) impiego a parete: (A2-s1,d0), (A2-s2,d0), (A2-s1,d1), (B-s1,d0), (B-s2,d0), (B-s1,d1); c) impiego a soffitto: (A2-s1,d0), (A2-s2,d0), (B-s1,d0), (B-s2,d0). Il modello VENUS rientra nella categoria a), con una classe BFL-s1, corrispondente alla Classe 1 definita dal DM 26/06/84 “Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi”3.

141


Progettare con i rifiuti

A1 FL A2FL-S1 A2FL-S2 , BFL-S1, BFL-S2 CFL-S1 , CFL-S2

DFL-S1 , DFL-S2

Classe 0

Classe 1 Classe 2 Classe 3

Materiale incombustibile

Materiale non infiammabile Materiale difficilmente infiammabile Materiale mediamente infiammabile

Tab. 4.7 Classi di resistenza al fuoco

Smaltimento L’European Waste Catalogue (EWC) classifica la moquette come rifiuto solido urbano-frazione tessile. Deve essere quindi smaltito secondo le disposizioni della normativa vigente.

142

Il riuso della moquette può avvenire in tre modalità, preferibilmente in modo crescente: - riuso energetico: recupero dell’energia di feedstock inglobata nel prodotto tramite l’incenerimento; - riuso della materia: la moquette usata o proveniente da scarti di lavorazione pre-consumo può essere riciclata tramite un processo di rigenerazione che produce materia prima secondaria per nuovi tappeti analoghi a quelli prodotti con materie vergini; - riuso proprio o improprio del prodotto: la moquette viene riutilizzata senza subire particolari trasformazioni ma solamente tramite lavaggio e taglio. Fig. 4.7 Ciclo di vita della moquette secondo il programma WARM-Carpet Recycling


4. Il riuso della moquette

Tab. 4.8 Riciclo e utilizzo diverso dallo smaltimento in discarica su dati 20022011 negli Stati Uniti. Dati in milioni di libbre (1lb = 453,60 g)

Sono numerose le aziende all’estero che si occupano di raccolta e riciclo di moquette usata. Contattando direttamente le strutture che producono gli scarti di moquette, si impegnano nella raccolta e trasportano i prodotti negli stabilimenti dove vengono selezionati e processati per il riciclo. I processi di riciclo sono di tipo chimico ma soprattutto meccanico. Quest’ultimo può avvenire tramite: - battitura e sminuzzamento a secco: i materiali che compongono la moquette sono mescolati e utilizzati come materia prima secondaria per produrre plastiche di bassa qualità, fibre geotessili, plastic lumber (materiale plastico per svariati usi); - separazione a secco/umido: permette di suddividere le due componenti della moquette e ottenere materiali omogenei riutilizzabili come materie prime in molti settori industriali; - separazione a taglio: le fibre della moquette sono tagliate e separate dal supporto, ottenendo dei fiocchi di materiale puro riutilizzabile. Il procedimento permette di utilizzare il filamento per produrre nuovamente moquette; il supporto viene raramente riciclato, ma può essere usato come aggregato in composti cementizi o come materia prima secondaria per altri materiali. Tali procedimenti permettono di ottenere un riciclo con buone prestazioni che possono essere considerate anche molto alte se si confronta il minor impatto energetico e ambientale che ha il riciclo delle materie plastiche rispetto alla produzione da materie vergini (l’estrazione e raffinazione petrolio comportano un embodied energy molto alto). È però doveroso precisare che alcuni procedimenti, come quello di taglio, permettono di riciclare solamente una bassa percentuale, 25-40%, della moquetterifiuto. La tabella 4.8 riporta i dati delle quantità stimate di moquette prodotte negli Stati Uniti con-

Fig. 4.8 Fiocchi di polipropilene dopo la fase di taglio

frontate con l’attività di riciclo e di recupero delle aziende che si occupano di riciclo, come la CARE (Carpet America Recovery Effort), redattrice della ricerca. Nel 2011 si stima siano state prodotte 1.527.970 tonnellate di moquette per allestimenti. Di queste, il 7,5% viene riciclato, l’1,5% invece è sottoposto a recupero energetico. Considerando il riuso e altre modalità di recupero in totale il 9% della moquette prodotta negli Stati Uniti viene salvata dalla discarica. In Italia, nonostante molte delle aziende produttrici adottino delle misure per la raccolta e il riciclo della moquette usata, questa pratica non è ancora consolidata4.

4 Alma ad esempio, è uno tra i più grandi produttori europei di moquette da materia prima secondaria e possiede il più grande stabilimento in Europa per il riciclo della moquette. Tale stabilimento è capace di riciclare solamente un ottavo, 3.000 t/anno, della produzione di moquette dell’azienda.

Caratteristiche sperimentate in laboratorio Per comprendere meglio le caratteristiche della moquette, ho realizzato delle prove in laboratorio testando alcune delle proprietà meccaniche e tecniche del prodotto. Non sempre è stato possibile eseguire le prove sul prodotto con test e macchinari specifici secondo le indicazioni delle norme in materia, ma sono state effettuate con metodi legati ai mezzi a disposizione. I test sono stati però utili per definire il comportamento della moquette in certe condizioni e come possano essere sfruttate le sue caratteristiche. 143


Progettare con i rifiuti

Fig. 4.9 Taglio della moquette

Taglio La moquette si taglia facilmente con una forbice oppure con un cutter. Le forbici permettono di ritagliare secondo linee curve. Con il cutter e l’ausilio di una riga o una barra è possibile tagliare precisamente e velocemente parti rette. È consigliabile tagliare dal lato del lattice.

144

Fig. 4.10 Foratura con trapano a colonna

Foratura La moquette è facilmente forabile con un trapano, qualsiasi sia la dimensione del foro. È preferibile effettuare i fori dalla parte del supporto poiché la punta fa meglio presa sul lattice sintetico piuttosto che sulla parte fibrosa.


4. Il riuso della moquette

Fig. 4.11 Compressione della moquette

Compressione Per la sua composizione fibrosa, la moquette sotto sforzo di compressione perpendicolare alla superficie ha un comportamento riconducibile ad una deformazione plastica. Una volta compresse, le fibre subiscono uno schiacciamento non reversibile. La deformazione lineare può arrivare a percentuali dell’ordine del 3050%. La massa del provino in tal caso giunge a raddoppiare il proprio peso.

Fig. 4.12 Piegatura della moquette

Piegatura Per le sue caratteristiche di elasticità la moquette può essere facilmente curvata. È possibile quindi arrotolarla attorno a elementi di varia forma ma non è possibile ottenere angoli retti.

145


Progettare con i rifiuti

Fig. 4.13 Diverse modalità di unione tra strati di moquette

Unioni Le modalità di unione considerate sono state tra moquette e un altro supporto di materiale differente e tra moquette e moquette. In entrambi i casi la moquette può essere incollata con colla epossidica, a presa rapida e molto resistente, oppure tramite rivettatura. Per unire la moquette con un altro prodotto (ad esempio legno) le modalità possono essere tramite graffettatura, inchiodatura o avvitamento. La moquette è costituita da una fibra che permette l’utilizzo di velcro. Quest’unione ha buona resistenza in direzione del taglio, ma quasi nulla se sottoposta a trazione e a flessione. Lavaggio Nel caso la moquette debba essere utilizzata a vista è preferibile lavarla per eliminare eventuali inquinanti, sporco, residui, ecc. Nel caso essa venga utilizzata come elemento interno a un sistema non necessita trattamento.

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Fig. 4.14 Prova di imbibimento e assorbimento superficiale

Assorbimento dell’acqua Essendo un prodotto fibroso la moquette assorbe notevolmente l’acqua. Ho eseguito due prove per testare tale caratteristica. La prova di imbibimento è stata fatta immergendo un provino di moquette impilata e pressata in acqua per 60 secondi. Il peso del provino è triplicato. Lasciandolo in area non soleggiata si è asciugato dopo 5 giorni tornando al peso precedente all’immersione. La stessa prova è stata eseguita lasciando il provino esposto direttamente al sole e l’acqua è evaporata dopo 1 giorno di esposizione. L’evaporazione dell’acqua dipende dal grado di compressione degli strati di moquette. La prova di assorbimento superficiale è stata eseguita tendendo un ritaglio di moquette e bagnandolo a getto dalla parte superiore. L’acqua è stata assorbita dalla moquette che però non ha lasciato passare l’acqua direttamente, ma l’ha fatta scivolare verso il punto di maggior pendenza. Nel caso di accumulo d’acqua, questa tende a trapassare la fibra e a gocciolare direttamente.


4. Il riuso della moquette

4.2 Proposte di applicazione Quest’insieme di informazioni costituisce la base per lo studio delle modalità di applicazione della moquette. Ogni caratteristica, fornita dalla scheda tecnica od ottenuta tramite test, permette la determinazione del successivo utilizzo. Va precisato che le proprietà studiate non possono essere considerate positive o negative poiché, a seconda dell’utilizzo, vengono sfruttate per funzioni diverse o non considerate. Lo schema riassume le proprietà studiate e le considerazioni che da queste sono scaturite: Caratteristica

Utilizzo

è composta da un materiale fibroso

intrappolando l’aria può avere proprietà di resistenza termica

è facilmente tagliabile

può comodamente essere dimensionata per l’uso richiesto

è un prodotto con superfici rugose

è piegabile e arrotolabile si può forare

resiste a funghi e batteri non è infiammabile

è un prodotto molto assorbente non ha rigidezza propria

Tali modalità di applicazione definiscono il punto di partenza per lo sviluppo delle prime proposte di progettazione del prodotto. Le ipotesi sono suddivise per elementi funzionali dell’edificio. - Chiusura verticale opaca - Isolamento termico - Supporto per coltura - Partizione interna - Fonoassorbimento e fonoisolamento - Schermatura

può avere proprietà di isolamento e assorbimento acustico può formare superfici curve

può esser forata, graffettata, rivettata non dev’essere trattata non dev’essere trattata

deve essere protetta dall’acqua può trattenere l’acqua

deve essere associata ad un supporto

Inoltre, quando viene rimossa, la moquette viene riavvolta in rotoli di larghezza 2 metri e lunghezza variabile (dai 4 ai 20 metri) in relazione alle dimensioni degli spazi in cui è stata utilizzata. La superficie da sfruttare avrà quindi come limite queste dimensioni. Durante la progettazione delle proposte questa caratteristica deve essere presa in considerazione ed eventualmente sfruttata.

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Progettare con i rifiuti

Parete prefabbricata con moquette a strati trasversali Chiusura verticale opaca

Viene utilizzata la moquette sovrapposta in strati per formare una parte prefabbricata. Gli strati di moquette garantiscono la massa superficiale e la resistenza termica della parete. I ritagli di moquette vengono serrati e compressi tramite dei rinforzi verticali interni che costituiscono anche i montanti della parete. La rigidità è inoltre garantita da profilati orizzontali. La moquette può essere rivestita interiormente con un sistema a secco con sottostruttura metallica e rivestimento in cartongesso o simili. Esteriormente può essere rivestita da una parte ventilata. Nel caso di rivestimento ad umido potrebbe essere finita con un intonaco o con una resina protettiva. Nella fase fuori opera

148

possono essere realizzate le aperture richieste da progetto. Con questa modalità, la parete di moquette ha un peso intorno ai 50-70 kg/m2 (variazione relativa al grado di compressione dovuto al serraggio), cui va aggiunto il peso della struttura e del rivestimento. La moquette viene forata e ritagliata in strisce di 20-30 cm di spessore e di lunghezza variabile, dai 120 ai 400 cm, a seconda del sistema prefabbricato utilizzato. Gli strati vengono quindi impilati e viene montata la struttura metallica di supporto. Il rivestimento della parete viene eseguito una volta che la parete è stata montata sulla struttura.


4. Il riuso della moquette

Blocchi con moquette a strati trasversali Chiusura verticale opaca

La moquette viene sovrapposta per strati per formare dei blocchi componibili per pareti. I pezzi di moquette di dimensione 25x50 cm vengono impilati per formare un blocco di 20 cm di altezza. Il numero di pezzi per blocco varia tra i 25 e i 32 cm a seconda della compressione desiderata. L’unione tra gli strati può essere realizzata tramite incollaggio oppure serraggio tramite barrette filettate. L’assemblaggio avviene in opera.

La forma dei blocchi permette il montaggio nella parete. Per garantire continuità e resistenza alla parete i lati sagomati si incastrano nei montanti previamente posizionati e ogni blocco sovrapposto è sfalsato. Come nella proposta precedente la parete dev’essere rivestita internamente ed esternamente. Sono state fatte due ipotesi di forma del blocco.

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Progettare con i rifiuti

Pannello con moquette a strati longitudinali Isolamento termico

La moquette viene utilizzata a strati, longitudinali alla superficie del pannello, per formare un prodotto per l’isolamento termico. I pezzi sono incollati l’uno all’altro o tenuti insieme tramite tiranti che passano all’interno di fori da uno strato all’altro. La moquette non è compressa e quindi vengono utilizzati 25 pezzi ogni 10 cm di spessore ottenendo così una massa di

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250 kg/m3. Non avendo rigidezza propria ed essendo quindi pieghevole, il semilavorato può essere applicato a superfici curve e può essere dimensionato a seconda dell’esigenza. Può essere utilizzato per l’isolamento termico di pareti, tetti, pavimenti galleggianti. A seconda dell’applicazione può essere tassellato, incollato o sostenuto da una struttura metallica.


4. Il riuso della moquette

Pannello con moquette ondulata Isolamento termico

Il pannello per l’isolamento termico con moquette ondulata alterna un ritaglio longitudinale al pannello ad uno strato di moquette ondulata. Questo permette di creare delle intercapedini d’aria all’interno del pannello e aumentare così le prestazioni di resistenza termica e diminuendo l’utilizzo di materiale e quindi il peso. I pezzi sono uniti l’uno all’altro con colla o rivet-

ti. A seconda dello spessore delle intercapedini il peso del prodotto varierà molto, approssimativamente 70 kg/m3. La moquette ondulata fornisce rigidezza al pannello che può essere utilizzato per l’isolamento termico di pareti, tetti, controsoffitti, pavimenti galleggianti. A seconda dell’applicazione può essere tassellato, incollato, o inserito in una struttura metallica.

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Progettare con i rifiuti

Parete verde con moquette a tasche Supporto per coltura

La moquette può essere usata come tessuto per contenere il substrato per la coltura verticale. Le dimensioni dei moduli possono variare in relazione al progetto di facciata. Vengono eseguiti due tagli orizzontali di 20-25 cm all’interno di un rettangolo di moquette; tirando verso l’esterno il lembo ricavato la moquette si deforma e si ricava una tasca. Questa può costituire

152

moduli di due o più tasche che vengono uniti (con viti o rivetti) a un altro strato di moquette (che costituirà la chiusura posteriore) e alla struttura metallica di sostegno, che a sua volta sarà fissata alla facciata. L’irrigazione avviene tramite un sistema di tubi che passano dietro il pannello.


4. Il riuso della moquette

Parete verde con moquette a strati trasversali Supporto per coltura

L’assorbimento della moquette può essere sfruttato per produrre un substrato per coltura idroponica verticale. Gli strati di moquette sono serrati verticalmente e formano un pannello, di dimensioni variabili a seconda dei bisogni, nel quale crescono le piante. All’interno del perimetro di ogni singolo strato la moquette viene forata e ritagliata per permettere l’e-

spansione delle radici e il passaggio dei tubi per la fertirrigazione. Questo pannello può anche essere realizzato con sfridi di moquette non omogenei. Il pannello si ancora alla facciata tramite supporti metallici.

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Progettare con i rifiuti

Elementi verticali con moquette arrotolata Partizione interna

L’elemento di partizione interna è costituito da montanti a sezione rettangolare attorno a cui è arrotolata la moquette. Questa soluzione permette di sfruttare la lunghezza della moquette. Essendo rimossa direttamente dagli allestimenti può raggiungere i 2 m di larghezza per 20 di lunghezza. Il rotolo viene quindi unito al montante, tramite serraggio o avvitamento, e su esso arrotolato fino a raggiungere lo spessore richiesto (dai 7 ai 15 cm). L’altezza finale degli elementi può essere dimensionata secondo l’altezza del piano. L’elemento viene quindi issato e bloccato seguendo una guida, retta o curva, sul pavimento e sul soffitto. La conti-

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nuità della parete è garantita dall’unione tra gli elementi eseguita con una striscia di velcro verticale. Non potendosi la moquette piegare secondo un angolo retto, gli elementi verticali rimangono arrotondati. La superficie della parete riamane in questo modo non planare. La parete può essere utilizzata come partizione per uffici, luoghi di gioco per bambini, ecc. Il pattern della parete può variare a seconda della sezione dei montanti: rettangolare, quadrata, circolare, triangolare.


4. Il riuso della moquette

Elementi orizzontali con moquette arrotolata Partizione interna

La soluzione di arrotolare la moquette può essere utilizzata per produrre degli elementi orizzontali sovrapponibili. Le fasi di realizzazione sono analoghe al componente precedente. In questo caso l’anima metallica interna serve a dare la forma al rotolo e contribuisce alla rigi-

dezza della parete. La struttura portante è costituita da montanti verticali che si inseriscono nei rotoli opportunamente forati. Per facilitare il montaggio della parete, i rotoli e i montanti stessi possono essere uniti precedentemente.

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Progettare con i rifiuti

Parete curva con strati di moquette trasversali Partizione interna

Si utilizza la moquette a strati per produrre una partizione interna verticale. Ogni strato di moquette viene sagomato secondo la curva richiesta, con una larghezza maggiore o uguale ai 5 cm e una lunghezza entro i limiti del rotolo di moquette da cui si ricavano i ritagli. I pezzi

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vengono forati e vengono fatti passare le barremontanti che costituiscono la struttura della parete. In relazione al numero di strati utilizzati l’altezza della parete può variare, dando la possibilitĂ di creare un pannello a mezz’altezza o sino al soffitto.


4. Il riuso della moquette

Pannello fonoassorbente con moquette ondulata Fonoassorbimento e fonoisolamento

Il pannello fonoassorbente è formato da un pezzo di moquette ondulata unita a un pannello di supporto rigido in MDF. Per la superficie fibrosa e rugosa, la moquette presenta delle caratteristiche di fonoassorbimento intrinseche. Tali caratteristiche vengono sfruttate tramite

l’aumento della superficie assorbente del pannello eseguita formando delle onde orizzontali. La moquette viene graffettata al supporto e forma cosĂŹ il pannello fonoassorbente, che può essere incollato o tassellato alla parete o al soffitto.

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Progettare con i rifiuti

Pannello fonoassorbente e fonoisolante con moquette a strati longitudinali Fonoassorbimento e fonoisolamento

Le proprietà di assorbimento e isolamento acustico della moquette vengono sfruttate in un pannello costituito da strati longitudinali alla superficie del pannello. I pezzi sono incollati l’uno all’altro o tenuti insieme tramite tiranti che passano all’interno di fori da uno strato

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all’altro. Il pannello può essere utilizzato per pareti verticali, per apposizione negli strati delle strutture di pareti a secco, oppure come pannello per controsoffitto.


4. Il riuso della moquette

Partizione verticale fonoassorbente mobile Fonoassorbimento e fonoisolamento

La partizione verticale fonoassorbente è costituita da un supporto rigido, MDF, su cui è incollata la moquette di rivestimento. Può essere realizzata in forme e dimensioni differenti a seconda delle necessità. È un elemento mobile per la separazione visiva e acustica di uffici, an-

goli di gioco per bambini, luoghi per la lettura. Il pannello può essere usato anche per soffitti. Il supporto per la moquette può essere anche curvo.

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Progettare con i rifiuti

Tendaggio/Oscuramento Schermatura

La moquette viene utilizzata come tessuto oscurante per aperture, analogo ai sistemi di tendaggio schermante utilizzati in edilizia. Questi possono essere sia esterni che interni e la conformazione del prodotto dipenderà dal-

le dimensioni del tendaggio, dalla tipologia di sistema schermante (fisso, mobile, verticale, a proiezione, a braccio di sporgenza), dallo spessore e dal peso della moquette.

Al termine dello studio delle caratteristiche della moquette ho potuto constatare che le potenzialità di riuso che possiede sono molte di più rispetto a quelle inizialmente considerate nella tabella del capitolo 3. Tale considerazione

conferma ciò che ho già riscontrato nelle riflessioni condotte dopo la redazione della tabella.

Soluzione capitolo 3.

Soluzione capitolo 4.

moquette

potenziale riuso Chiusura verticale/Isolamento termico Rivestimento

Confronto ora le differenze tra le ipotesi precedenti e le nuove. moquette

potenziale riuso Chiusura verticale opaca Isolamento termico

Supporto per coltura Partizione interna

Fonoassorbimento e fonoisolamento Schermatura

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4. Il riuso della moquette

4.3 Lucy/Carpet House Si riporta ora il caso studio piĂš interessante per il riutilizzo della moquette per la realizzazione di componenti edilizie.

Lucy/Carpet House Rural Studio, Mason’s Bend, Alabama, USA, 2001/2002

Committenti: Lucy e Anderson Harris Superficie: 1200 sq ft = 111 m2 Costo effettivo: 32.000 US $ Costo con donazioni: 45.000 US $ Costo finale: 405 US $/m2

Fig. 4.16 Lucy House: vista

Team di progettazione: Ben Cannard, Philip Crosscup, Kerry Larkin, Marie Richard, James Michael Tate, Keith Zawistowski Fonti: Informazioni fornite direttamente da Rural Studio

Oppenheimer Dean, Timothy Hursley, Proceed and Be Bold: Rural Studio After Samuel Mockbee, op. cit.

161


Progettare con i rifiuti

La moquette non è un prodotto riusato innovativo. Nel 2001 è stata utilizzata, come già riportato nel capitolo 3., dal Rural Studio per la costruzione delle pareti perimetrali di Lucy House. Il progetto nasce dall’esigenza di fornire una nuova abitazione ai coniugi Lucy e Anderson Harris, ed è stato realizzato dagli studenti dell’Università dell’Alabama. L’abitazione è suddivisa in tre zone principali: un grande spazio con soggiorno, tre camere da letto dei bambini, cucina e bagno; una veranda; una torre, la cui funzione è di rifugio in caso di tornado, in cui vi è la camera matrimoniale. La struttura in legno si appoggia su un basamento di calcestruzzo e le pareti perimetrali del blocco principale sono realizzate con ritagli di moquette. Rural Studio entrò in contatto con la Interface Carpet, produttrice di moquette, che fornì migliaia di metri quadrati di scarti di produzione. Vennero ritagliati 72.000 quadrati 40x40cm e impilati uno ad uno. Una caratteristica di Rural Studio è che la progettazione, la sperimentazione e la costruzione sono integrate in un unico processo, in parte sovrapponendosi e in alcuni momenti escludendosi in un approccio didattico learning by doing. Ciò ha permesso di condurre le sperimentazioni sulla moquette durante le fasi di costruzione. I metodi utilizzati non sono propriamente scientifici e sono dovuti alla ristrettezza di strumenti in possesso dei progettisti e degli “abitanti”. Le prove eseguite sulle pareti di moquette sono state di resistenza meccanica a compressione, comportamento antisismico, resistenza al fuoco, assorbimento dell’acqua, resistenza all’attacco batteriologico. Alcuni di questi risultati possono essere considerati attendibili, ad esempio la resistenza termica di 0,51 m2K/W, e la resistenza al fuoco, corrispondente a REI 50. 162

Fig. 4.17 Lucy House: pianta e sezione

SCALA 1:200


4. Il riuso della moquette

La tecnica utilizzata per le pareti consiste nel l’impilare la moquette a gruppi di 5 pezzi e creare degli elementi che vengono sovrapposti sfalsati, come in una muratura isodoma. La moquette sotto compressione subisce schiacciamento e non può assolvere a funzioni strutturali portanti. È utilizzata come elemento di tamponamento e la funzione portante è lasciata a pali di metallo di 10 cm di diametro che, ad un passo di 2 e 3 metri, sostengono il cordolo perimetrale, che sostiene la copertura. Il cordolo, composto da diverse assi in legno, ha inoltre la funzione di ancorare la moquette, serrandosi alla estremità dei pilastrini metallici costituita da una barra filettata. In questo modo la moquette è posta in compressione.

Fig. 4.18 Lucy House: prova di resistenza a compressione” della parete

Fig. 4.19-4.20 Lucy House: schizzi della parete in moquette e del cordolo in legno

163


Progettare con i rifiuti

Fig. 4.21 Lucy House:prova di assorbimento

Fig. 4.22 Lucy House:prova di infiammabilitĂ

Fig. 4.23 Lucy House: taglio della moquette

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5. I prototipi

5. I prototipi Lo svolgimento della ricerca prosegue con la scelta di alcune applicazioni e uno studio più accurato sulle proprietà del prodotto e sulle soluzioni tecnologiche. La scelta è dovuta alla possibilità di verificare le caratteristiche tramite test in laboratorio e calcoli analitici. Le prove sono state effettuate in alcuni laboratori del Politecnico di Torino e grazie al supporto di alcuni docenti disponibili a collaborare a questa sperimentazione. Le soluzioni individuate e studiate non devono essere considerate come prodotti finiti, ma costituiscono solamente uno studio di fattibilità dei prodotti e delle loro caratteristiche. Sono punti di partenza per lo sviluppo di nuovi prodotti. Ho deciso di progettare prodotti industrializzabili per una produzione standardizzata e applicabile all’edilizia comune del nostro Paese. Non ho quindi considerato ipotesi di autocostruzione o applicazione in contesti come ad esempio nei PVS. Non per questo i prodotti non possono essere utilizzati in tali contesti. Il metodo di produzione è basato su sperimentazioni manuali e low-cost (quelle eseguite personalmente) ed è quindi potenzialmente utilizzabile in contesti dove una produzione industrializzata non è possibile. Per un’ipotetica vendita nel nostro mercato, i processi produttivi ipotizzati dovranno essere modificati ed ingegnerizzati.

Nella progettazione sono stati tenuti in conto alcuni fattori che potrebbero facilitare e velocizzare la realizzazione della parete: - semplicità della tecnica utilizzata (definibile tramite il termine low-tech); - minor utilizzo possibile di materiali e prodotti; - utilizzo di una tecnica costruttiva a secco per velocizzare il montaggio e non precludere la separazione degli elementi a fine vita del prodotto; - modesta quantità e impatto delle lavorazioni da eseguire in fase di produzione e montaggio: - facilità di posa in opera del prodotto. Inoltre nell’ottica della sostenibilità si è tenuto conto dei seguenti parametri: - contenuto di energia primaria - emissioni di CO2 - emissioni di sostanze inquinanti nell’ambiente - durabilità - riciclabilità/riutilizzo Vedremo ora come è stata approfondita la progettazione e la sperimentazione fino a giungere alla creazione di prototipi.

In generale il lavoro di tesi, per la mancanza di competenze in merito, si limita alla sola formulazione di un’ipotesi di realizzazione industrializzata, lasciandone lo sviluppo al settore interessato. I tre prodotti per l’edilizia su cui ho approfondito lo studio si riferiscono a: - chiusura verticale opaca - isolamento termico - fonoassorbimento

165


Progettare con i rifiuti

5.1 Chiusura verticale La chiusura verticale con moquette a strati sovrapposti si ispira alla Lucy House descritta nel capitolo precedente. L’idea si basa sullo sfruttamento della moquette per le sue proprietà massive e di resistenza termica. A differenza dell’esempio sperimentato da Rural Studio, ho ipotizzato l’utilizzo della moquette per la costruzione di un pannello prefabbricato. La prima scelta effettuata è stata relativa alla funzione portante del pannello. Questo poteva essere un setto con funzione portante, costituente quindi la struttura, oppure un pannello autoportante agganciato alla struttura dell’edificio. In entrambi i casi la moquette viene utilizzata come elemento di tamponamento non portante, come del resto avviene nella Lucy House, essendo la struttura portante della copertura composta dai pali di metallo.

Fig. 5.1 Confronto tra i due sistemi

166

Ho deciso di proseguire la progettazione studiando come realizzare una facciata non portante agganciata alla struttura portante. La prima questione da tenere in considerazione è costituita dal tenere uniti gli strati di moquette. Scartando la possibilità di incollare gli strati (per l’irreversibilità del procedimento) ho deciso di seguire la soluzione del serraggio degli strati in direzione verticale. Tramite l’utilizzo di tiranti posti all’interno della parete di moquette è possibile porre in compressione gli strati.

Fig. 5.2-5.3 Compressione degli strati


5. I prototipi

Telaio La rigidezza verticale della parete è data dalla presenza di montanti. Questi possono essere utilizzati in due modi: possono svolgere unicamente funzione di irrigidimento verticale (utilizzando un altro elemento per il serraggio, come cavi in tensione o barrette filettate imbullonate), oppure possono svolgere anche la funzione di serraggio degli strati (fornendo una rigidezza sufficiente e la possibilitĂ di bloccare gli strati di moquette sottoposti a compressione). La moquette deve essere tagliata o forata per far passare questi elementi. Se questo sforzo di compressione fosse sufficientemente alto, nella parete si genererebbe una tensione lungo la direzione normale, tale da garantire una resistenza alle forze orizzontali, come ad esempio il vento. In questo caso il serraggio potrebbe essere operato senza l’utilizzo di elementi interni e unicamente a compressione tramite gli elementi di chiusura superiore ed inferiore, senza forare la moquette. Fig. 5.4-5.6 Realizzazione del provino. Sono stati ritagliati 30 rettangoli di moquette di dimensioni 25x10 cm, sono stati forati con un trapano a colonna e serrati tramite due bulloni M 12.

Fig. 5.6 Montanti tubolari, barrette filettate o tiranti, compressione

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Progettare con i rifiuti

Fig. 5.8 Deformazione della moquette senza irrigidimento sotto sforzo orizzontale

In ognuna di queste soluzioni il pannello garantisce resistenza in direzione verticale ma non possiede rigidità in orizzontale, essendo gli strati di moquette piuttosto flessibili. Diventa quindi necessario inserire nella parete degli irrigidimenti orizzontali. Questi possono passare internamente alla parete (favorendo però la formazione di ponti ter-

Il telaio è costituito da travetti verticali e piastre orizzontali. I profilati a C e le piastre inferiore e superiore costituiscono la cornice del pannello. I montanti a I servono come irrigidimento del pannello. La moquette viene inserita dall’alto negli spazi risultanti e viene bloccata e posta in compressione dalla piastra superiore, successivamente saldata alle C e alle I. Tale soluzione procura rilevanti ponti termici orizzontali attraverso i profili metallici.

168

mici) oppure esternamente. La presenza e il dimensionamento di questi elementi orizzontali dipenderà anche dalle dimensioni del pannello, di cui vedremo lo sviluppo a breve. Il pannello è quindi composto da un telaio metallico con funzione di supporto per gli strati di moquette.

Il telaio è composto da profilati a C e T verticali e da piastre orizzontali. I montanti sono posizionati su una sola faccia del tamponamento in moquette, riducendo notevolmente i ponti termici. La moquette viene compressa dalla piastra superiore. È necessario tagliare ogni strato di moquette in modo da permettere l’incastro dei profilati: questo richiede lavorazioni particolari della moquette.

Fig. 5.9 Diverse soluzioni per il telaio di supporto per la moquette

Il pannello è costituito da montanti tubolari che attraversano la moquette precedentemente forata. L’irrigidimento orizzontale è garantito da profili a L che si incastrano o saldano ai montanti e comprimono e bloccano gli strati di moquette. La soluzione presenta un problema nelle giunzioni laterali con gli altri pannelli, essendo necessario un elemento che svolga la funzione di giunto e aggancio.


5. I prototipi

Un’alternativa alla struttura metallica può essere fornita da una struttura in legno. Il tamponamento è incluso in un telaio di tavole di spessore sufficiente a dare rigidezza al pannello e di larghezza pari allo spessore della moquette. Le eventuali aperture sono realizzate con delle cornici che si ineriscono direttamente nel telaio. La moquette deve essere tagliata in parti rettangolari e inserita nel telaio, a cui può essere direttamente imbullonata e serrata. In questo modo si verificano però ponti termici in corrispondenza delle tavole di legno.

Fig. 5.10 Telaio in legno

L’aggancio della parete alla struttura dell’edificio può avvenire tramite imbullonatura dei montanti del pannello direttamente ai solai. Nel solaio, d’acciaio, calcestruzzo o legno, deve essere previsto un elemento che permetta l’anccoraggio, che può essere un profilato orizzontale ad L.

Fig. 5.11 Aggancio della struttura ai solai

169


Progettare con i rifiuti

60 cm

120 cm

chiusura opaca

180 cm

180 cm

porta-finestra

Fig. 5.12 Tipologie di pannelli

Moduli I pannelli sono elementi modulari di diverse dimensioni, adattabili a più tipologie di strutture. Per garantire maggior flessibilità e adattabilità sono stati ipotizzati dei pannelli di dimensioni ridotte rispetto alle pareti prefabbricate comunemente reperibili sul mercato. Il pannello può essere prodotto con dimensioni differenti ma standardizzate. La lunghezza può essere di 180, 120 e 60 cm. Queste dimensioni permettono di adattare i pannelli a diverse dimensioni della struttura. L’altezza dei pannelli può variare a seconda del progetto in cui viene utilizzata ed è di 300 o 330 cm.

Sono ipotizzati degli elementi angolari che risolvono il problema della continuità negli spigoli dell’edificio. Questi elementi sono realizzabili con un unico ritaglio di moquette ad angolo di dimensioni 120x120. Gli elementi modulari sono prefabbricati e vengono applicati in cantiere a mensole ancorate alle strutture portanti dell’edificio. Con l’ausilio di gru vengono posizionati con la massima precisione in senso verticale e orizzontale.

Il montaggio alla struttura avviene completamente a secco, utilizzando dei bulloni. I pannelli sono fissati su supporti metallici, diversi a seconda della tipologia e ai materiali della struttura. I pannelli sono differenziati per rivestire funzioni diverse: - pannello per chiusura opaca

[180, 120, 60 cm]

- pannello con apertura per porta-finestra

[180, 120 cm]

- pannello con apertura per finestra

[180, 120 cm]

Fig. 5.13 Pannello angolare

170

180 cm

apertura per finestra


5. I prototipi

Giunzioni Le connessioni tra pannelli devono garantire allo strato continuità, stabilità, tenuta alle intemperie, resistenza al fuoco e devono compensare eventuali deformazioni dovute ai carichi propri o di esercizio. Le soluzioni proposte sono quindi in relazione a queste necessità. I giunti laterali sono composti da una scanalatura e permettono una connessione dei moduli evitando un ponte termico diretto e mantenendo la continuità esterna dello strato. Il collegamenteo verticale tra pannelli può avevnire in modo analogo.

Giunto a doppio profilato a C con taglio termico

Rivestimento Come abbiamo visto dalle prove sperimentali, la moquette presenta un alto assorbimento dell’acqua e un’alta traspirabilità. La parete deve essere quindi protetta dagli agenti atmosferici e regolata per la resistenza al passaggio del vapore. Questo è possibile tramite tre soluzioni: trattando la superficie esterna della parete con una resina impermeabilizzante, rivestendo la parete con un intonaco, coprendo la parete con un rivestimento a secco che garantisca impermeabilizzazione e controllo del vapore.

1 I prodotti sono stati applicati su indicazione di Roberto Badialetti, Technical Manager - R&D dept della Casali S.p.A.

Impermeabilizzante La prima soluzione è preferibile poiché la parete potrebbe mantenere la texture generata dalla sovrapposizione degli strati di moquette e si eviterebbe l’utilizzo di ulteriori prodotti mantenendo uno spessore e un peso limitati. Ai fini del recupero successivo della moquette, si considera irrilevante l’applicazione di questo film impermeabilizzante. Sono stati eseguiti dei test su un provino per sperimentare l’applicabilità di alcune resine sulla superficie del pannello. Sono stati utilizzati tre prodotti idrofobizzanti1 della azienda Casali S.p.A. di Castelferretti (AN). Il supporto non omogeneo rende difficile l’applicazione della resina, poiché questi prodotti sono adatti per sottofondi compatti e coerenti. I prodotti sono stati applicati con uno spruzzatore manuale. Per un’applicazione industrializzata è consigliabile una pompa spruzzante. Sono state applicate due mani di impermeabilizzante per ogni campione ed è stata testata la superficie bagnandola con un getto d’acqua orizzontale diretto e osservando i risultati.

Giunto ad accoppiamento di profilati a L nascosti all’interno Fig. 5.14 Soluzioni differenti per i giunti orizzontali

171


Progettare con i rifiuti

Figg. 5.15-5.20 Applicazione a spruzzo dell’impermeabilizzante e prove di assorbimento superficiale con i tre prodotti idrofobizzanti Soluzione senza impermeabilizzante: l’acqua spruzzata viene assorbita immediatamente dalla parete.

Campione 1: idrofobizzante puro a base acquosa pronto all’uso. Una buona parte dell’acqua spruzzata scivola verso il basso, un’altra riamane sulla superficie e impiega qualche secondo a penetrare nella parete.

Campione 2: idrofobizzante modificato a base acquosa debolmente pellicolante, pronto all’uso. Una parte dell’acqua scivola verso il basso, ma gran parte viene assorbita tra gli strati.

Campione 3: impermeabilizzante polimerico pellicolante a base acquosa concentrato. La maggior parte dell’acqua scivola via senza penetrare, una piccola parte rimane nel filamento della moquette e viene lentamente assorbita.

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5. I prototipi

In generale i campioni 1 e 3 posti verticalmente presentano una discreta prestazione rispetto al passaggio dell’acqua, ma il prodotto pellicolante 3 può diventare fragile su un fondo poco consistente. È stato effettuato un test con il provino inclinato orizzontalmente: nelle soluzioni 1 e 2 la moquette ha immediatamente assorbito l’acqua, nella soluzione 3 l’acqua ha impiegato circa 15 secondi a penetrare all’interno del provino. Per limitare l’esposizione della parete alle precipitazioni possono essere progettate delle soluzioni per proteggerla dalla pioggia, come tetti sporgenti, terrazze, balconi, ecc.2 Per aumentare le prestazioni potrebbe essere applicata una terza mano. L’applicazione di queste resine ha nella durabilità un problema di fondo, poiché i microfilm tendono a deteriorarsi nel tempo se sottoposti alle intemperie. Questo comporterebbe una manutenzione costante e difficoltosa.

Intonacatura La seconda soluzione è di tipo umido: la moquette può essere intonacata, con l’ausilio di reti o supporti, con malte (anche di tipo naturale). Non sono state eseguite prove di presa e tenuta. Questa soluzione preclude però il disassemblaggio e lo smaltimento e la finitura finale a moquette a vista. Facciata ventilata Infine la moquette può essere rivestita esteriormente tramite facciata ventilata con sistema a secco su telaio metallico. La sottostruttura si dovrebbe ancorare ai traversi orizzontali della parete tramite raccordi metallici. Questa soluzione può generare molte alternative, essendo ampio il mercato dei rivestimenti. Non si approfondisce quindi lo studio.

2 Tali soluzioni sono normalmente utilizzate per le pareti di adobe o in terra compattata, per proteggerle dal dilavamento provocato dalla pioggia. La terra compattata può bagnarsi, seppur non molto, e mantenere inalterate le proprie caratteristiche, ma è una tecnica utilizzata in climi poco piovosi. La moquette rivestita da resina può essere una soluzione adottabile in questi climi.

Fig. 5.20-5.21 Confronto tra parete intonacata e con facciata ventilata

173


Progettare con i rifiuti

Come per la superficie esterna, il rivestimento interno può essere lasciato a vista (ma senza trattamento) oppure rivestito con sistema a secco con sottostruttura metallica e pannelli in cartongesso o prodotti simili. Queste opzioni presuppongono un rivestimento della moquette. Un’ulteriore proposta da valutare sarebbe invece quella di lasciare gli strati di moquette a vista e attuare l’impermeabilizzazione e il controllo del passaggio del vapore tramite una barriera interna alla parete. In questo modo la parete verrebbe suddivisa in due parti, esterna ed interna, separate dalla membrana. Le due parti dovrebbero essere inoltre collegate da una struttura che non crei i ponti termici. Il problema derivante da questa soluzione risiede nell’esposizione della moquette ad agenti atmosferici, inquinamento, microrganismi e nelle fibre potrebbero pertanto accumularsi polvere, detriti, crescere vegetazione, ecc.

Tamponamento Come precedentemente descritto, il peso della moquette è pari a 900 kg/m2 e il numero di strati utilizzati nella parete condizionerà molto il peso finale del pannello. La quantità dipenderà dalla compressione a cui è sottoposta la moquette e quindi dallo spessore che assume. A seconda della deformazione lineare, il peso specifico della moquette varia come descritto dalla tabella 5.1. La densità del prodotto comporta anche un diverso valore di resistenza termica, con il variare delle proporzioni tra fibra polipropilenica e aria ferma. Infatti, comprimendo la moquette, l’aria interna diminuisce e si riduce la resistenza termica della parete. Il rapporto tra compressione e conducibilità è inversamente proporzionale: maggiore è la compressione, minore la resistenza termica. Sono state eseguite alcune prove in laboratorio con una piastra calda per calcolare la conducibilità della moquette utilizzata come pannello.

h moquette senza compressione

def. lineare 12,5%

def. lineare 17%

def. lineare 25%

Fig. 5.22 Membrana divisoria

174

3 Numero di strati di moquette presenti in un metro lineare d’altezza

n. strati m lineare3

ρ

peso s=25 cm

peso s=30 cm

peso s=40 cm

mm

-

kg/m3

kg/m 2

kg/m 2

kg/m 2

4

250

225,0

56,3

67,5

90,0

3,5

3,3

3

286

300

333

257,1

272,7

300,0

64,3

68,2

75,0

77,1

81,8

90,0

102,9

109,1

120,0

Tab. 5.1 Variazione di peso al m 2 in relazione del numero di strati e allo spessore della parete


5. I prototipi

Fig. 23 Il flussimetro per il calcolo della conducibilità

La piastra calda è un flussimetro che misura isolanti, costituito da una camera centrale coibentata nella quale si inserisce il provino da analizzare. Due superfici interne della camera coibentata (la faccia superiore e quella inferiore) sono piastre termicamente attive, in grado di essere scaldate o raffreddate. Raggiunto un determinato ΔT fra le piastre attive, il macchinario calcola il flusso termico che attraversa il pacchetto in analisi. I valori riportati (Test 1, Test 2, Allegato 1.) sono il risultato di un calcolo di più misurazioni effettuate dalla macchina. Per l’effettuazione del test sono necessarie alcune ore.

Soluzione A Il provino testato nella prima soluzione è formato da 14 strati per uno spessore totale di 52 mm4. I ritagli di moquette sono di dimensioni 50x50 cm, dimensione necessaria per eseguire il test nella piastra calda e sono stati incollati tra loro. Il valore dell’intero pannello può essere considerato come il valore di conducibilità di uno strato di moquette.

4 Lo spessore del provino dovrebbe essere di 56 mm, considerando 14 strati da 4 mm, ma la variazione è dovuta ad uno schiacciamento durante l’incollaggio. Lo spessore finale di ogni strato di moquette risulta essere di 3,7-3,8 mm.

I test sono stati eseguiti su due pannelli con diverse modalità di posizionamento della moquette: A. sovrapposizione di strati verticali B. sovrapposizione di strati orizzontali

Soluzione A

Soluzione B

Figg. 5.24-5.25 Soluzione A – vista d’insieme e laterale

Le due modalità sono state testate per definire il comportamento della moquette considerando un flusso perpendicolare alla superficie oppure longitudinale. I valori calcolati sono molto diversi. La soluzione A ha una conducibilità di 0,0639 W/mK, mentre la soluzione B di 0,1249 W/mK. 175


Progettare con i rifiuti

Soluzione B La seconda soluzione è un provino composto da 150 ritagli di dimensione 10x50 cm impilati l’uno sull’altro e posti in compressione dal serraggio di tre barrette filettate che attraversano gli strati per un’altezza totale del provino di 50 cm. La moquette è stata compressa ottenendo una deformazione lineare del 17%.

La conducibilità calcolata è doppia rispetto al provino A. Questo può essere ricondotto a due motivazioni: da una parte nel pannello A non vi è compressione e quindi maggior aria intrappolata; dall’altra, essendo la moquette composta dalla fibra polipropilenica e dal lattice (che possiede una conducibilità più alta), nel caso B si creeranno tanti ponti termici quanti sono gli strati utilizzati, abbassando notevolmente il potere isolante del panello. I valori di trasmittanza termica dell’involucro edilizio devono rispettare i limiti indicati dalla legge. Nel caso di Torino (zona climatica E), sono da considerare i valori limite dettati dalla Legge Regionale5 e i valori riportati nel Decreto Ministeriale 26/01/20106, onde poter accedere alle agevolazioni fiscali del 55% sull’imposta lorda. Tali valori sono:

5 Legge regionale n. 13 del 28 maggio 2007, “Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia”, pubblicata su B.U. n. 22 31/05/2007 6 D.M. 26 gennaio 2010, “Aggiornamento del decreto 11 marzo 2008 in materia di riqualificazione energetica degli edifici”, pubblicato su G.U. n. 35 12/02/2010

Valori limite in vigore in Piemonte [W/m2K] Zona climatica

Strutture opache verticali**

E ed F

0,33

Strutture opache orizzontali o inclinate** Coperture

Pavimenti*

0,3

0,3

Finestre comprensive di infissi 2,0

* Pavimenti verso locali non riscaldati o verso l’esterno ** I valori limite delle strutture opache devono essere incrementati del 30% in caso di manutenzione straordinaria

Valori definiti dal D.M.[W/m2K] Figg. 5.26-5.27 Soluzione B – vista d’insieme e laterale

Zona climatica

Strutture opache verticali**

E

0,27

Strutture opache orizzontali o inclinate Coperture

Pavimenti*

0,24

0,3

* Pavimenti verso locali non riscaldati o verso l’esterno

176

Finestre comprensive di infissi 1,8


5. I prototipi

Considerando le pareti opache verticali, ho utilizzato questi due valori come limite da rispettare. Data la conducibilità del prodotto si dovrà aumentare lo spessore e conseguentemente il peso e la quantità di metri quadri di moquette utilizzata per rimanere entro tali limiti. s

peso

mm

kg/m

360

445

98,2

121,4

2

m2 moq*

U parete

U lim

m

W/m K

W/m 2K

2

109,1

134,8

2

0,328

0,268

0,330 0,270

* m2 di moquette necessari per realizzare 1 m 2 di pannello

In questa fase considereremo la soluzione 3 della figura 5.9 con l’aggiunta laterale di due profili a L. Tale soluzione è ritenuta in questa fase quella che più si avvicina agli obiettivi, per le limitate lavorazioni necessarie sulla moquette (taglio e foratura), un minore utilizzo di elementi d’acciaio in confronto alle prestazioni strutturali fornite ed essendo la soluzione tecnologica che risolve meglio i problemi tecnici e di fabbricazione (per semplicità di assemblaggio, ponti termici, giunti, ecc.).

Al peso totale va quindi aggiunta la struttura di supporto. I tubolari montanti in acciaio hanno un peso teorico di 2,82 kg/m (diametro 48,3 mm e spessore 2,5 mm7). I profilati a L hanno un peso di 6,29 kg/m (sezione a L 50x200x4 mm). Questo determina un utilizzo di carpenteria metallica di 25,91 kg/m2. n.

lunghezza

peso

Tot

-

m

kg/m

kg

L oriz

4

1,2

6,29

30,19

tubolare

3

3

2,82

25,38

L vert

tot pannello 3x1,2

2

3

6,29

peso al m 2

7 Dati da UNI EN 10219-2:2006, “Profilati cavi saldati formati a freddo per impieghi strutturali di acciai non legati e a grano fine - Parte 2: Tolleranze, dimensioni e caratteristiche del profilo”

37,73 93,3

25,91

Tale peso si aggiunge a quello delle due ipotesi di parete di 36 e 44,5 cm. Il peso totale sarà quindi di 124 e 147 kg/m2. s

peso moquette

peso acciaio

peso Tot

mm

kg/m 2

kg/m 2

kg/m 2

98,2

22,41

124,11

360

445

121,4

22,41

147,31

Questa ipotesi non tiene conto del rivestimento degli strati di moquette. Se avviene tramite resina questa non inciderà considerevolmente sul peso finale della parete ed eviterà l’utilizzo di un rivestimento esterno. Nel caso si ipotizzi un rivestimento su supporto metallico con altri prodotti, come ad esempio lastre di pietra, gres, fibrocemento, alluminio, ecc. dovrà essere calcolato un ulteriore elemento nel sistema, variando lo spessore, il peso totale e le prestazioni fisico-tecniche finali del pannello. Discorso analogo vale per la finitura interna: può essere eseguita come una parete a secco con supporto metallico e rivestimento in pannelli di cartongesso o prodotti analoghi, con spessori che variano a differenza del prodotto. Fig. 5.28 La soluzione presa in considerazione

177


Progettare con i rifiuti

Tali elementi possono far variare il peso finale del pannello di 20-50 kg/m2 (a seconda della tipologia di rivestimento utilizzato, del materiale, ecc.) giungendo ad un valore finale di 144-174 kg/m2 per la prima soluzione e 167-197 kg/m2 per la seconda. Inoltre la parete aumenterà di spessore, da 10 cm a 20 cm (il valore più alto è dovuto al caso di rivestimento esterno tramite parete ventilata). Essendo il pannello prefabbricato preso in eseme di dimensioni 3x1,2 m, con una superficie quindi di 3,6 m2, si ottiene un peso totale massimo di circa 520-600 kg per la prima soluzione e di 630-710 kg per la seconda. Confrontiamo i risultati con altre pareti prefabbricate in commercio: parete

kg/m 2

parete moquette

150-200

parete prefabbricata cls+isolante

120-170

parete prefabbricata cls allegerito parete prefabbricata in paglia e legno

180-220 100-180

Sono spessori e pesi molto alti per le prestazioni fisico-tecniche che garantiscono. Le opportune considerazioni sul rapporto benefici riuso/nuovo, verranno approfondite nelle conclusioni del capitolo 6. Per questo motivo ho deciso di procedere con un nuovo test, cercando di trovare una soluzione di tamponamento che permettesse maggiori prestazioni di resistenza termica. Ho così testato un nuovo provino senza porre in compressione la moquette, ipotizzando che una maggiore aria intrappolata all’interno dello strato avrebbe aumentato la resistenza termica. Il provino D è stato quindi realizzato impilando 125 strati 10x50 cm senza applicarvi compressione e bloccandoli con due barrette filettate. Il test ha confermato le ipotesi restituendo un valore di conducibilità pari a 0,0985 W/mK 178

(Test 4. Allegato 1.). Tale valore permette di diminuire notevolmente le dimensioni e il peso della parete. s

h moq.

n. strati m lineare

ρ

massa sup.

m 2 moq. conduc.

U parete U lim

mm

mm

-

kg/m3

kg/m 2

m2

W/m 2K

W/m 2K

285

4

250

225

64,1

71,25

0,326

0,330

350

4

250

225

78,8

W/mK

87,5

0,269

0,270

Tale soluzione modifica inoltre le condizioni poste precedentemente per la progettazione del pannello: gli strati di moquette non necessitano di elementi che la pongano in compressione. Agli tali elementi che in precedenza passavano nei fori effettuati negli strati possono essere sostituiti dei montanti che, posti nell’intradosso ed estradosso della parete, bloccano la moquette. (Fig. 5.30) I profilati possono essere tubi a sezione rettangolare di dimensioni 80x30x1,5 mm e peso lineare 2,52 kg/m per l’esterno, 60x30x1,5 mm e peso 2,05 kg/m per l’interno. Tali elementi oltre a bloccare la moquette sono utilizzati come supporti per il rivestimento interno (con possibilità di ospitare gli impianti) ed esterno (facciata ventilata). I montanti sono posizionabili a passi differenti a seconda dei pannelli di rivestimento e delle esigenze (aperture, spigoli, ecc.). Il peso totale del pannello sarà quindi di: n.

lunghezza

peso

tot

m

kg/m

kg

L oriz

4

1,2

6,29

30,19

tubolare rett. int.

3

3

2,05

18,45

L vert

tubolare rett. est.

tot pannello: 3x1,2 peso al m2

2

3

3

3

6,29 2,52

37,73

22,68

109,05 30,29


5. I prototipi

Fig. 5.29 Pannello con struttura in legno - vista frontale e sezione SCALA 1:30

Avendo già considerato nel calcolo del peso la struttura a cui si agganciano i rivestimenti il peso di questi sarà di 10-40 kg/m2. s

peso moquette

mm

kg/m 2

kg/m 2

kg/m 2

kg/m 2

285

64,1

30,29

10-40

105-135

350

78,8

peso acciaio

30,29

peso rivestim.

10-40

peso tot

120-150

Studiando più approfonditamente le caratteristiche fisico-tecniche della soluzione è bene considerare che avendo il pannello una bassa massa superficiale, la soluzione di rivestimento tramite facciata ventilata sarà quella ideale per compensare l’inerzia termica della parete. L’alternativa all’utilizzo dell’acciaio è un telaio in legno nel quale gli strati di moquette vengono inseriti e bloccati come l’ultima soluzione proposta. (Fig. 5.31) Se si considerano delle tavole in legno (assumendo una massa volumica di 500 kg/m3) di spessore 5 cm e larghezza 28,5 cm avremo, per un pannello 3x1,2 m, due tavole verticali da 3 m e quattro orizzontali da 1,1 e 1,2 m. Il peso totale del pannello sarà di 77 kg equivalenti a 21,37 kg/m2. Ripetendo i calcoli precedenti otteniamo una riduzione di peso del pannello di 10 kg/m2.

Fig. 5.30 Pannello con struttura in metallo - vista frontale e sezione SCALA 1:30

s

peso moquette

mm

kg/m 2

kg/m 2

kg/m 2

kg/m 2

285

64,1

21,37

10-40

95-125

350

78,8

peso acciaio

21,37

peso rivestim.

10-40

peso tot

110-140

I risultati ottenuti sono molto interessanti e la realizzazione di un pannello di facciata con la moquette è una soluzione possibile. È opportuno però fare alcune considerazioni sul percorso effettuato. In questo paragrafo più che studiare un prodotto ho approfondito la ricerca su una componente edilizia. Ciò ha portato all’individuazione di un ventaglio di possibilità molteplici, tra le quali le ultime due proposte che presentano notevoli vantaggi rispetto alle altre. Non è stato però possibile definire un risultato finale univoco e la proposta iniziale di realizzare un prodotto standardizzabile destinato al mercato non si è rivelata la soluzione preferibile. Questo perché gli elementi da considerare nella definizione della tecnologia di una tale componente standardizzata sono molto variabili e difficili da definire. È più ragionevole considerare le prove effettuate in questo paragrafo come elenco di soluzioni possibili da applicare in progetti e situazioni specifiche. 179


Progettare con i rifiuti

5.2 Isolamento termico Applicazioni La progettazione di questo prodotto si lega alle caratteristiche di resistenza termica riscontrate nella moquette. Come visto in precedenza, il valore di conducibilità termica della moquette sottoposta a flusso termico perpendicolare alla superficie è di 0,0639 W/mK (soluzione A). Per questo motivo ho proseguito nello studio di soluzioni che sfruttino al meglio questa proprietà della moquette.

Fig. 5.34 Applicazione a parete

Fig. 5.32 Sezione pannello soluzione A

La moquette viene quindi impilata a strati paralleli alla superficie e forma un pannello che può essere utilizzato per l’isolamento termico di pareti, pavimenti galleggianti, sottotetti, coperture piane o a falda.

Fig. 5.35 Applicazione in un pavimento galleggiante

Fig. 5.33 Pannello soluzione A

180

Fig. 5.36 Applicazione in copertura a falda


5. I prototipi

La moquette non è compressa e quindi vengono utilizzati 25 pezzi ogni 10 cm di spessore ottenendo così una massa di 250 kg/m3. Non avendo rigidezza propria ed essendo quindi pieghevole il pannello può essere applicato a superfici curve ed essere dimensionato a seconda dell’esigenza. Questo valore di conducibilità comporta l’utilizzo di uno spessore circa doppio rispetto ad un prodotto specifico per l’isolamento termico. Si ipotizzano spessori del pannello isolante dai 10 ai 25 cm.

Il velcro può essere utilizzato in strisce o quadrati per accoppiare uno strato con l’altro. È un’opzione rapida e non preclude la separabilità post-uso della moquette (la parte adesiva del velcro è rimovibile). Deve essere però utilizzato in grandi quantità per assicurare un’unione resistente.

Giunzioni L’unione degli strati può avvenire tramite colla, velcro, oppure tramite bloccaggio con un elemento tirante (filo o barretta filettata). Tali soluzioni presentano dei punti di forza e delle criticità. La colla permette una produzione rapida e garantisce un ridotto uso di prodotti e lavorazioni. Garantisce una forte resistenza ma intacca il prodotto, limitandone la possibilità di disassemblaggio e recupero. Le colle utilizzabili possono essere a dispersione acquosa, particolarmente resistenti e con buona tenuta plastica, oppure neopreniche, con ottima resistenza e presa rapida.

Fig. 5.38 Unione tramite velcro

L’utilizzo di una barretta o un filo (ad es. di ferro, di nylon) permette di unire più strati rapidamente. Dopo essere stati forati, gli strati vengono collegati e bloccati assieme.

Fig. 5.39 Bloccaggio tramite filo di ferro

Fig. 5.37 Incollaggio degli strati

Per effettuare una scelta tra queste soluzioni è necessario uno studio più approfondito che valuti la tecnica migliore, ma non verrà affrontato nella tesi. 181


Progettare con i rifiuti

Fig. 5.41 Applicazione con tasselli

Per l’applicazione a parete possono essere utilizzati metodi analoghi: nel caso di pannello posizionato in verticale esso potrà essere tassellato, inserito in guide metalliche, incollato (soluzioni utilizzate normalmente per l-applicazione di pannelli semirigidi per l’isolamento termico), oppure ancorato con velcro alla parete. Intercapedini d’aria La ricerca è continuata cercando di aumentare le prestazioni del pannello aumentando l’aria ferma interna tramite l’inserimento di intercapedini d’aria. Le cavità e le intercapedini contribuiscono alla resistenza termica delle pareti poichè all’interno di queste avvengono scambi di tipo convettivo e radiativo. Ho cercato di sfruttare questa proprietà dell’aria inserendo delle intercapedini all’interno del pannello. Ho ipotizzato due tipologie di pannello. La prima è costituita da un ritaglio di moquette ondulato inserito tra due strati. La forma ondulata della moquette permette di creare una intercapedine di dimensioni variabili. Questo pannello così formato è stato prodotto manualmente facendo passare la moquette in una dima composta da barrette d’acciaio parallele di diametro 8 mm. Successivamente le cuspidi formatesi sono state incollate allo strato successivo. Se le canaline sono poste perpendicolarmente l’una all’altra strato per strato, è possibile dare rigidità al pannello. La conducibilità è stata misurata con il flussimetro ed è pari a 0.0687 mK/W (Test 3, Allegato 1.).

182

Fig. 5.42 Applicazione con guide metalliche

Fig. 5.43 Applicazione con colla

Fig. 5.44 Applicazione con velcro


5. I prototipi

Fig. 5.45 Foratura dei supporti in MDF per le barrette d-acciaio

Fig. 5.46 Montaggio della dima

Fig. 5.47 Taglio della moquette e preparazione per il montaggio

Fig. 5.48 Appliczione della moquette tra le barre

Fig. 5.49 Applicazione della colla sulle cuspidi inferiori della moquette ondulata

Fig. 5.50 Primo strato di moquette ondulata rimossa dalla dima

Fig. 5.51 Incollaggio tra gli strati

Fig. 5.52 Pannello terminato

183


Progettare con i rifiuti

Spessore dell’intercapedine d’aria (mm)

Resistenza termica (m 2K/W) a seconda direzione del flusso di calore ascendente

orizzontale

discendente

0

0

0

0

5

0,11

7

0,11

0,13

10

0,15

15

25

0,16

100

0,15

0,17

0,17

0,18

0,16

0,19

0,18

0,16

300

0,13

0,15

0,16

50

0,11

0,13

0,21

0,18

0,16

0,22

0,18

0,23

Tab. 5.2 Resistenza termica di intercapedini convenzionali (intercapedine non ventilata e superfici ad alta emissività).

La seconda tipologia utilizza alcuni ritagli di moquette tra uno strato e l’altro per formare l’intercapedine che sarà in questo caso di 3,7– 3,8 mm, corrispondenti allo spessore della moquette (spessore inferiore a quello nominale a causa dello schiacciamento, come osservato nel paragrafo precedente). Ho studiato entrambe le soluzioni e individuato alcune ipotesi con lo sfruttamento di diversi spessori d’aria, considerando che la resistenza termica varia a seconda dello spessore. Ho analizzato la variazione del numero e dello spessore delle intercapedini di un pannello prototipo, considerando anche altri parametri per la valutazione come massa superficiale e quantità di moquette necessaria per la realizzazione. Gli spessori dell’intercapedine d’aria considerati sono: 13, 10, 7, 4 mm. Il valore della resistenza termica corrispondente allo spessore è stato calcolato per interpolazione lineare dei valori riportati nella tabella 5.2. La prima soluzione riporta i risultati della conducibilità del pannello con moquette impilata verticalmente calcolata con la piastra calda. Le altre tre che seguono si riferiscono ai diversi spessori d’aria nel caso della moquette ondulata. L’ultimo indica la soluzione con i ritagli di moquette usati come distanziatori.

moq. verticale

moq. ondulata 13 mm

moq. ondulata 10 mm

moq. ondulata 7 mm moq. verticale con aria

184

s [mm]

spessore degli strati di moquette

ρ [kg/m3]

peso specifico della moquette

λ [W/m°K]

conducibilità della moquette

R tot [m 2K/W]

resistenza totale delle intercapedini d’aria (R interc. x strati aria)

strati aria [-]

numero di strati d’aria nel pannello

strati moq. [-]

numero di strati di moquette nel pannello

s interc. [mm]

spessore di un’intercapedine d’aria

Rinterc [m2K/W]

resistenza di un’intercapedine d’aria (da tabella, calcolato per interpolazione)

m sup. [kg/m 2]

massa superficiale del pannello (s x ρ)

m 2 moq. [m 2]

superficie di moquette utilizzata (m sup. / 0,9)

λ pan. [W/mK]

conducibilità del pannello [s pan. / ( R tot + s/ λ)]

U rif. [W/m 2K]

trasmittanza di riferimento del pannello [1/(0,13 + λ pan. + 0,04)]

s

ρ

λ

R aria tot

strati aria

strati moq.

s interc. R interc. s pan.

m sup.

m2 moq

λ pan.

U rif.

mm

kg/m3

W/mK

m2K/W

-

-

mm

m2K/W

mm

kg/m2

m2

W/mK

W/m2K

225

0,063

-

-

47

-

-

188

42,30

47,0

0,063 0,072

moquette 92

225

0,063

-

11

23

13

0,162

21,9

0,317

24,0

0,305

moquette 92

225

0,063

-

11

23

0,150

20,70

0,065

10

202

20,70

24,0

0,327

moquette 80

225

0,063

-

19

20

0,13

169

0,058

7

0,088

156

18,00

20,5

0,053

4

0,321

moquette 188 moquette 84 aria

130

aria

110

aria

77

aria

76

225

0,063

-

1,62 1,65 1,43 1,672

10

21

214

18,90

0,320

Tab. 5.3 Confronto dei pannelli con differenti spessori di intercapedine d’aria


5. I prototipi

Per confrontare le prestazioni dei pannelli occorre confrontare la conducibilità λ. Il valore della trasmittanza, per quanto non sia significativo come valore in sè, è stato inserito per confrontare i diversi pannelli dando una prestazione finale analoga per poter confrontare lo spessore, la massa superficiale e l’utilizzo di moquette. Dalla tabella viene confermato che al diminuire dello spessore dell’intercapedine, e quindi all’aumentare del numero di intercapedini, la conducibilità del pannello diminuisce. La soluzione che fornisce le maggiori prestazioni in relazione allo spessore e alla quantità di moquette utilizzata è quella con lo spessore d’intercapedine minore, con una conducibilità di 0,053 W/mK, valore rapportabile a prodotti per l’isolamento termico normalmente presenti sul mercato (con valori tra 0,030 e 0,065 W/ mK).

La soluzione che meglio sfrutta le caratteristiche della moquette e delle intercapedini d’aria è composta da quadrati di moquette di 40 mm di lato posizionati e incollati tra uno strato e l’altro in modo tale da formare una intercapedine di 4 mm alternata a uno strato di moquette. I rettangoli sono sfalsati per limitare i fenomeni di ponte termico tra gli strati di aria e moquette. L’intercapedine risulta di circa 3,5-4 mm poiché la moquette posta come spessore subisce uno schiacciamento. Nella scheda di pag. 206 sono riportate le informazioni relative al pannello isolante secondo l’impostazione proposta da Roberto Giordano ne I prodotti per l’edilizia sostenibile.

Fig. 5.56 Sezione del pannello

Fig. 5.55 Applicazione degli strati del pannello

SCALA 1:5

Fig. 5.57 Differenti disposizioni dei quadrati di moquette

185


Progettare con i rifiuti

5.3 Fonoassorbimento Il pannello fonoassorbente sfrutta le fibre della moquette per assorbire le onde sonore. L’assorbimento acustico è la capacità di un materiale di dissipare l’energia sonora convertendola in calore. Il coefficiente di assorbimento α è il rapporto tra l’energia assorbita e l’energia incidente sulla superficie di un materiale. Può variare da 0,01 a 1: più alto è il valore maggiore sarà la capacità fonoassorbente del materiale. Il potere fonoassorbente varia al variare della frequenza sonora, considerata da 100 a 4000 Hz. L’assorbimento acustico abbatte il tempo di riverberazione τ60 del suono, diminuendo le riflessioni che seguono dalla sua emissione. È un parametro utilizzato per la progettazione acustica di ambienti come chiese, teatri, cinema, discoteche, sale prove, sale di registrazione. Il calcolo del tempo di riverberazione permette di conoscere il tempo che impiega a diminuire il livello di pressione sonora emessa da una sorgente nell’ambiente. La velocità a cui decresce il livello sonoro dipende dalle dimensioni dell’ambiente e dalle caratteristiche fonoassorbenti delle pareti e degli oggetti in esso contenuti9. Più precisamente il τ60, misurato in secondi, calcola il tempo necessario affinché la densità di energia sonora diminuisca a un milionesimo (e cioè di 60 dB) del valore che aveva prima dello spegnimento della sorgente. In un ambiente perfettamente riverberante, esso vale secondo la formula di Sabine:

Con: V [m3] A [m2]

volume dell’ambiente

area equivalente di assorbimento acustico

L’area di assorbimento comprende tutti gli effetti di assorbimento acustico dovuto alle superfici che delimitano l’ambiente (Si) e gli 186

oggetti eventualmente presenti, caratterizzati acusticamente dai loro valori di A i: A = ∑ Si αi + ∑ A i = αS+ ∑ A i

[m2]

Il pannello progettato sfrutta le proprietà di assorbimento per porosità. Questo fenomeno avviene tramite la conversione in calore dell’energia meccanica trasportata dall’onda incidente attraverso fenomeni di attrito che si sviluppano all’interno delle cavità. I materiali assorbenti per porosità possono essere: - materiali porosi (lana di vetro, lana di roccia, truciolati di legno, sughero, fibre di poliestere, gesso, cartongesso); - materiali fibrosi (moquette, tendaggi, tessuti naturali e artificiali di vario tipo); - materiali a cellule aperte (schiume poliuretaniche, poliuretano espanso, foam melamminico). L’assorbimento per porosità lavora bene alle frequenze medie e medio-alte (500-4000 Hz). Per un assorbimento delle frequenze più basse (100-400 Hz) sono necessari altri prodotti che operano tramite risuonatori acustici, pannelli vibranti o sistemi misti. Non affronteremo queste tecniche poiché la moquette non si presta a questo utilizzo. Dipendendo l’assorbimento dalla superficie apparente, la faccia del pannello verso l’ambiente viene prodotta con sagomature tali da aumentarne la superficie totale di contatto con l’onda sonora. Questo viene fatto producendo pannelli piramidali o bugnati.

9 Roberto Pompoli, Manuale di acustica: Progetto acustico per sale da spettacolo, Albignasego (PD), Destro, 1994


5. I prototipi

Fig. 5.58 Pannelli poliuretanici piramidali

Ho così cercato di aumentare la superficie apparente assorbente piegando la moquette e formando delle onde che richiamano i prodotti a bugnato. La striscia di moquette è unita a un pannello posteriore di supporto.

Le dimensioni del pannello fonoassorbente sono 50x50 cm. Per produrre questo pannello ho utilizzato una tecnica simile a quella che ho impiegato per il prodotto per l’isolamento termico: una dima formata da barrette d’acciaio che danno la forma desiderata all’ondulazione. La moquette, un ritaglio di 50x98 cm, passa attraverso alle barrette e viene graffettata al supporto. Tale supporto deve essere leggero e sottile, come un pannello di compensato di 4 o 5 mm, oppure un pannello MDF di 5 mm. Il peso totale del prodotto è di 0,44 kg per la moquette e 0,3 kg per il pannello, in totale 0,74 kg, un peso analogo ai più leggeri pannelli in poliu-

Fig. 5.59 Pannelli poliuretanici bugnati

retano espanso che vanno da 0,8 a 1,5 kg/m2. Successivamente il prodotto finito viene incollato o tassellato alla parete o al soffitto come un normale pannello per il fonoassorbimento. In sostituzione ad u supporto rigido, un ritaglio di moquette può fornire flessibilità al pannello e premetterne l’applicazione su superfici curve.

Il tempo di produzione è di circa 15 minuti: 2-3 minuti per il taglio, 7-8 per il posizionamento della moquette, 4-5 per l’incollaggio. Considerando una produzione industrializzata, il pannello inoltre potrebbe essere prodotto con un metodo più razionale e veloce che eviti il lungo lavoro manuale di far passare la moquette tra le barrette. Questo può avvenire con l’utilizzo di due dime con barre alternate: queste chiudono superiormente ed inferiormente il ritaglio di moquette posto tra esse. L’unione al supporto avviene come il metodo precedente.

Fig. 5.60 Il pannello fonoassorbente

187


Progettare con i rifiuti

188

Fig. 5.61 La dima composta dai due supporti in MDF e le barre d’acciaio

Fig. 5.62 Montaggio della moquetta nella dima

Fig. 5.64 Graffettatura della moquette al supporto in compensato

Fig. 5.64 Il pannello prima di essere rimosso dalla dima

Fig. 5.65 Il pannello terminato

Fig. 5.66 Il pannello terminato


5. I prototipi

Prove Per calcolare il coefficiente α del pannello ho eseguito un test di fonoassorbimento. È stato possibile effettuarlo con l’aiuto di Gabriele Piccablotto, del Cisda-Lamsa del Politecnico di Torino. Il test è stato eseguito seguendo le indicazioni della norma UNI EN ISO 354:2003 “Acustica - Misura dell’assorbimento acustico in camera riverberante”. La norma prevede l’installazione del sistema di emissione e registrazione delle onde sonore, il posizionamento in una camera riverberante, un ambiente con pareti altamente riverberanti dove l’onda sonora si propaga in modo da determinare una pressione uniforme, e delle quantità minime di prodotti da utilizzare per il test. Queste indicazioni sono state seguite eccetto per l’utilizzo della camera riverberante, non disponibile al momento dell’esecuzione dei test. Purtroppo, per tale causa, il test è stato effettuato in un’aula del Castello del Valentino. Questa soluzione ha provocato delle incertezze nelle misurazioni, che vedremo in seguito. Il volume dell’ambiente è di 186,72 m2. Ad esso vanno sottratti 11,39 m2 di arredo interno, per un volume netto di 175,33 m2. La strumentazione utilizzata per eseguire il test è composta da quattro elementi: la sorgente, l’amplificatore, il fonometro e il microfono. La sorgente sonora è costituita da un altoparlante dodecaedrico che produce un onde considerabili come sferiche e quindi come una sorgente omnidirezionale. L’amplificatore è collegato alla sorgente e serve ad amplificare il segnale in uscita. Il fonometro ha due compiti: genera il segnale tramite un sintetizzatore a banda larga su tutte le frequenze (50-10.000 Hz) che manda alla sorgente, e successivamente registra il decadimento della potenza sonora riverberante. Il microfono capta le onde sonore riflesse e le invia al fonometro a cui è collegato.

Fig. 5.67-5.68 L’ambiente utilizzato per le prove

Figg. 5.69-5.70. Il fonometro e la sorgente dodecaedrica

Secondo la norma è preferibile effettuare più misurazioni in punti diversi dell’ambiente per avere valori mediati per evitare l’insorgere di errori dovuti alla posizione della sorgente e del microfono ed eventuali riverberi che possono avvenire all’interno dell’ambiente. Essendo l’ambiente irregolare, e quindi non perfettamente riverberante, abbiamo effettuato in totale 60 misurazioni. Le prime 15 sono state effettuate nell’ambiente con i pannelli posizionati. Sono stati posizionati nella stanza 24 pannelli 50x50 cm, 0,25 m2, per un totale di 6 m2, con una superficie reale (considerando la superficie totale delle onde) di 10,82 m2. I pannelli sono stati prodotti con la tecnica descritta sopra all’interno del laboratorio del Latec. Con la sorgente ferma in un punto fisso, il microfono ha rilevato i dati in 5 posizioni differenti, mediando 3 misurazioni in ogni punto. Il fonometro trasmette il segnale alla sorgente che emette il suono per quattro secondi, si interrompe e registra l’abbattimento del livello alle frequenze suddivise in bande di terze d’ottava. 189


Progettare con i rifiuti

Fig. 5.71 Il posizionamento dei pannelli nell’ambiente

Le stesse rilevazioni sono state eseguite nell’ambiente senza pannelli. Ottenute 30 misurazioni in totale, le ho riportate a confronto in una tabella riscontrando disuniformità nel range di valori misurati. Questo risultato è dovuto all’irregolarità dell’ambiente, non perfettamente riverberante, che quindi ad alcune frequenze genera degli errori di misurazione. Questo si verifica anche alle basse frequenze (100-200 Hz) poiché per misurare queste frequenze è necessaria una precisione di misurazione più accurata. I test, nelle due condizioni, hanno fornito differenti valori di tempo di riverberazione (τ60). Da tali valori ho calcolato la superficie assorbente con la formula inversa di Sabine. Sottraendo i risultati ottenuti con i pannelli (comprensivi della superficie di assorbimento dell’ambiente e dei pannelli) a quelli ottenuti dalla misurazione senza pannelli (superficie di assorbimento dell’ambiente) ho ricavato la superficie assorbente del prodotto. Con il Δ ottenuto si ricava il coefficiente d’assorbimento α, dividendo l’area assorbente per la superficie reale dei pannelli. V S

[m ] [m2] 3

175,33 10,82

Sono riportati ora i valori risultati dalle medie delle misurazioni effettuate per ogni banda di ottava. Per i dati completi si rimanda all’Allegato 2. Test di fonoassorbimento.

190

f

media SP 1,2

media CP 1,2

Δ SP-CP

A SP

A CP

ΔA

α

Hz

s

s

s

m2

m2

m2

-

100

1,56

1,48

0,08

17,97

18,94

0,97

0,09

125

160

200

250

315

400

500

630

800

1000

1250

1600

1,48

1,40

1,50

1,49

1,43

1,56

1,59

1,62

1,66

1,62

1,63

1,58

1,46

1,38

1,34

1,33

1,31

1,38

1,35

1,27

1,22

1,22

1,19

1,16

0,02

0,02

0,15

0,16

0,12

0,19

0,24

0,35

0,44

0,41

0,44

0,42

18,92

19,97

18,75

18,79

19,56

17,97

17,67

17,30

16,93

17,30

17,21

17,80

19,19

20,28

20,88

21,08

21,37

20,39

20,78

22,04

22,96

23,07

23,54

24,21

0,27

0,31

2,13

2,29

1,81

2,42

3,11

4,75

6,03

5,78

6,33

6,41

0,03

0,03

0,20

0,22

0,17

0,23

0,29

0,45

0,57

0,54

0,60

0,60

2000

1,54

1,16

0,37

18,26

24,15

5,88

0,55

3150

1,45

1,20

0,25

19,39

23,44

4,05

0,38

2500

4000

1,51

1,39

V

[m3]

S

[m 2]

media SP 1,2

[s]

media CP 1,2

[s]

Δ SP-CP

[s]

A SP

[m 2]

A CP

[m 2]

ΔA

[m 2]

α

[-]

1,18

1,13

0,33

0,26

18,57

20,18

23,74

24,83

5,17

4,65

0,49

0,44

Tab. 5.4 Calcolo del coefficiente d’assorbimento per bande d’ottava

volume dell’ambiente

superficie reale dei pannelli

media dei τ60 misurati nelle due prove nell’ambiente senza pannelli media dei τ60 misurati nelle due prove nell’ambiente con i pannelli differenza tra i valori senza pannelli e con i pannelli

superficie assorbente senza pannelli ( 0,163*V/τ60sp ) superficie assorbente con i pannelli ( 0,163*V/τ60 cp ) differenza tra le superfici assorbenti ( A CP – A SP ) coefficiente di assorbimento (α = Δ A/S )


5. I prototipi

Fig.5.72 grafico dell’andamento del coefficiente di assorbimento in relazione alle frequenze

I valori ottenuti risultano molto interessanti, pur se il coefficiente di assorbimento ricavato non risulta ottimo. I pannelli in commercio hanno valori alle medie e alte frequenze che variano da 0,6 a 0,9 e sono utilizzati in campo professionale da studi di registrazione o per sale concerto. Va considerato però il valore dovuto al riuso e al bassissimo costo di produzione del prodotto in moquette che potrebbe quindi essere usato per sale prove a livello amatoriale e non professionale. Il costo del pannello al m2 inoltre è un altro fattore interessante: i pannelli fonoassorbenti poliuretanici o melamminici hanno prezzi dai 20 ai 60 €/m2, mentre questo prodotto potrebbe avere un costo molto limitato per il tipo di materiale utilizzato e in un processo industrializzato. Per proseguire la sperimentazione sarebbe opportuno effettuare ulteriori test con differenti dimensioni delle onde dei pannelli. Infatti, come per i prodotti poliuretanici piramidali, anche le prestazioni della moquette aumentano incrementando l’altezza delle onde e quindi la superficie assorbente.

Va infine tenuto presente che il test eseguito non può essere considerato completamente esaustivo, per l’imprecisione delle misurazioni e la conseguente incertezza dei dati calcolati, dove i valori ottenuti possono discostarsi dalle effettive proprietà dei prodotti realizzati. Tale test rappresenta tuttavia un punto di partenza per una più ampia sperimentazione su questo tipo di pannello fonoassorbente.

h= 5 cm l= 98 cm A= 0,49 m 2

h= 6,5 cm l= 120 cm A= 0,6 m 2

h= 8,5 cm l= 148 cm A= 0,74 m 2 Fig. 5.73 Le diverse dimensioni di onde per i pannelli fonoassorbenti, con altezza dell’onda h, lunghezza del ritaglio di moquette l, superficie assorbente A

191



6. Conclusioni

6. Conclusioni Cosa succederà in futuro? La soluzione del riuso degli scarti in architettura sembra una piccola toppa a una falla ben più grande, non la soluzione del problema della gestione dei rifiuti. Il sistema economico non è ancora pronto per affrontare concretamente l’organizzazione dei processi e dei flussi di materie secondo pianificazioni sostenibili, come ad esempio propone l’Industrial Ecolog y, ma neppure la società, in particolare quella occidentale, è preparata a tale cambiamento nei comportamenti. Il rinnovamento culturale che potrebbe aiutare a rientrare in uno scenario sostenibile è un processo lento. La soluzione al problema rifiuti non si lega solamente alla ricerca di nuovi metodi efficienti per lo smaltimento, cioè il riciclo o il riuso, ma a una forte riduzione della produzione dei rifiuti. Questo è possibile consumando meno o utilizzando più a lungo le cose, ma la cultura del consumismo e dell’usa e getta, nonché molte politiche ecologiche ambigue dei governi, non permettono ancora di compiere questo passo. Del resto, finché l’oggetto rimane simbolo di status oltre che di utilità, sarà difficile mettere in discussione il diritto di consumare le merci che possono acquistare. Al di là delle considerazioni a cui questo discorso tende, il problema del consumo incontrollato delle merci risiede nel fatto che gli oggetti inevitabilmente si trasformeranno in rifiuto. Nei processi produttivi industriali il riuso è posto come priorità rispetto ad altri scenari di smaltimento, seppur non sia una pratica affermata. Eppure, nella vita quotidiana, senza considerare alcuni ambiti di “tendenza”, l’uso e il possesso di un bene in precedenza di proprietà altrui, o persino catalogato come rifiuto, vengono ancora visti come “infamanti dimostrazioni di povertà”1.

La tesi redatta non pretende ovviamente di fornire una soluzione al problema dei rifiuti, ma vorrebbe porsi come strumento di riflessione sul riuso e sulla realizzabilità di componenti edilizie utilizzando tali prodotti.

1 Margherita Villa, op. cit.

Progettare con i rifiuti? Riesaminando il lavoro svolto è possibile riflettere sul percorso seguito, ma soprattutto sulla domanda che ha mosso fin dal principio la tesi: si può progettare con i rifiuti? L’obiettivo è stato di condurre una ricerca per rispondere affermativamente a tale domanda. Il valore della sperimentazione condotta non risiede unicamente nell’ottenere i risultati auspicati, ma nel contribuire ad una presa di coscienza sulla fattibilità del riuso, che può costituire, insieme ad altri, un passo verso il cambiamento in questa direzione. La risposta alla domanda si deve articolare in due parti: una relativa al percorso di ricerca e ottenimento dei prodotti, l’altra alla sperimentazione delle loro caratteristiche. Percorso di ricerca dei prodotti In generale, procurarsi prodotti (rifiuti, scarti, sottoprodotti, deadstock) è possibile, ma nel contesto italiano spesso è ancora faticoso. Le motivazioni riscontrate sono dovute a fattori: - tecnici: legate alle norme da rispettare, come l’impossibilità di ottenere un rifiuto dopo che è stato catalogato come tale e l’impossibilità di far cessare la qualifica di rifiuto se non si è un ente riconosciuto; - pratici: i prodotti individuati come riutilizzabili con un certo valore economico molto spesso possiedono già una destinazione prevista dal produttore poiché si cerca di rendere i processi di produzione e lavorazione più efficienti, limitando gli sprechi (anche economici). Gli sfridi di lavorazione sono ridotti al minimo e, se presenti in quantità, sono venduti a soggetti che li reimpiegano; 193


Progettare con i rifiuti

- culturali: molti produttori non possiedono una visione aperta all’innovazione, per diffidenza o per limiti culturali legati al mantenimento dei processi tradizionali. Dove queste situazioni non si verificano, oppure dove possono essere superate, è possibile entrare in possesso dei prodotti. Nel caso della moquette del Lingotto, dopo aver contatto l’Ente Fiera, ho ricevuto facilmente il permesso di recuperare la moquette e mi sono accordato per il ritiro. Il percorso seguito è risultato adatto per il conseguimento degli obiettivi prefissati e ha permesso di organizzare razionalmente il lavoro, riassumibile nel diagramma:

194

Seguendo i punti del diagramma di flusso è possibile valutare le questioni affrontate: - dall’oggetto al progetto: non esiste un processo consolidato per la progettazione con i rifiuti, ma varia a seconda dell’esperienza dello studio di progettazione, del luogo e degli attori coinvolti. Il metodo adottato nella tesi si è basato sulle esperienze di studi di progettazione già affermati come 2012architecten, Refunc, Rural Studio, che hanno sviluppato diversi metodi per adattarsi al meglio alla situazione in cui operavano. Il metodo from object to project (cfr. capitolo 2.) si è rilevato il più appropriato in rapporto agli obiettivi della tesi, lasciando alle fasi successive le scelte sulla funzione dei prodotti. Si è rivelato l’approccio adatto anche nell’analisi dei pro-


6. Conclusioni

dotti della tabella (cfr. capitolo 3.) essendo di difficile definizione la funzione dei prodotti non ancora utilizzati e quindi non studiati per le loro caratteristiche. - produttori diretti dei rifiuti: le migliori fonti di approvvigionamento dei rifiuti sono le aziende da cui provengono direttamente i rifiuti, non i centri di raccolta e smaltimento, anche se molti responsabili contattati abbiano espresso notevoli dubbi sul riuso, sia per problemi giuridici ed economici, che per la presenza di un forte mercato del riciclo (per carta, vetro, metalli, ecc.). Ciò nonostante dialogando direttamente con le aziende è possibile ottenere e ritirare i prodotti senza le limitazioni imposte dalla normativa sui rifiuti, non essendo ancora stati “gettati” e quindi definiti legalmente rifiuti. Ho riscontrato che i fornitori di rifiuti riutilizzabili sono le aziende che producono i prodotti finali e che generano scarti e sfridi; tali aziende sono preferibili a quelle che lavorano il materiale vergine. Inoltre alcune fonti di prodotti riutilizzabili sono spesso soggetti di vario tipo che devono ristrutturare o smantellare edifici, allestimenti, ecc. e gettare prodotti vecchi; tali soggetti sono disposti a offrirli anche gratuitamente. Sperimentazione dei prodotti La sperimentazione di prodotti riusati è possibile. Se fosse svolta una ricerca da parte di un team dedicato con mezzi adeguati, la sperimentazione sulle proprietà dei rifiuti potrebbe essere condotta nello stesso modo in cui avviene una ricerca effettuata per prodotti innovativi, non presentando quindi particolari difficoltà. Nel lavoro svolto, questa è però stata la fase più lunga e complessa, per la limitatezza dei mezzi e del tempo a disposizione. La sperimentazione condotta non è assimilabile ad uno studio di fattibilità per la progettazione di un prodotto edilizio, come del resto anche l’analisi di mercato è esemplificativa.

I dati ottenuti dai test sono indicativi per fornire le principali informazioni sulle soluzioni studiate, e sono solo alcuni tra quelli necessari per svolgere uno studio di fattibilità secondo le procedure indicate dalle norme a riguardo. Tale studio necessiterebbe di mezzi aggiuntivi come la collaborazione con esperti, uno sponsor (eventualmente un produttore di moquette), un tempo più lungo, ecc. In questo modo il risultato potrebbe portare alla realizzazione e alla commercializzazione del prodotto. In alternativa, i test effettuati poterebbero essere considerati sufficienti in ambiti di progettazione e costruzione diversi da quelli considerati negli obiettivi della tesi. Infatti, se i prodotti non fossero destinati al mercato, o la realizzazione avvenisse in contesti informali, le informazioni acquisite costituirebbero una soddisfacente quantità di dati. Nel caso della Lucy House (cfr. capitolo 4), le prove “artigianali” eseguite sono risultate sufficienti. In generale nel resoconto del lavoro effettuato, devo riportare le difficoltà che ho riscontrato nel trattare un argomento spinoso come i rifiuti e nel proporre soluzioni ritenute troppo “alternative”, difficoltà che hanno determinato un rallentamento notevole durante la ricerca. Trattare con le aziende è stato in generale molto difficile, sia per la difficoltà di contattare le figure professionali adeguate (l’e-mail e la telefonata al centralino non sono i mezzi opportuni: è preferibile entrare direttamente in contatto con i responsabili di settore o gli uffici tecnici, ma per far questo sono necessari dei contatti diretti), sia per la scarsa disponibilità dei produttori nel fornire informazioni sui prodotti e sui comportamenti e le politiche adottate dall’azienda . Per quel che riguarda lo studio della moquette, è singolare che sia risultato più semplice recuperare il prodotto che reperire le informazioni ad esso relative: dimensioni e quantità utilizzate, tipologia di prodotto, informazioni tecni195


Progettare con i rifiuti

che, ecc. Le figure più interessate sono state invece quelle direttamente impegnate nella gestione dei rifiuti, come alcuni dirigenti dell’Amiat, dei centri di raccolta e smistamento rifiuti, degli impianti di riciclaggio. Industrializzazione Le considerazioni riguardanti l’industrializzazione del prodotto portano alla conclusione che nella prospettiva destinata al mercato edilizio sarebbe possibile standardizzare dei procedimenti e avviare una produzione industrializzata. Questo comporterebbe ovviamente l’utilizzo di impianti e macchinari adatti alle lavorazioni (taglio, foratura, termo-accoppiatura, ecc.) e quindi l’avvio di un’impresa per la realizzazione di tali prodotti. L’alternativa a tale possibilità è la fabbricazione manuale dei prodotti. In tal caso, le lavorazioni dovrebbero essere eseguite da manodopera specializzata che, dopo aver ottimizzato i metodi di fabbricazione e con l’ausilio di alcuni utensili o semplici macchinari, potrebbe eseguire le lavorazioni. Il costo di produzione risulterebbe probabilmente maggiore (legato al costo della manodopera), ma non sarebbero necessari investimenti per i macchinari. Tali prospettive sarebbero da considerare per l’avvio di una startup capace di inserirsi con successo nel mercato dei prodotti innovativi per l’edilizia, tenuto conto che i prodotti “sostenibili” più richiesti (e di tendenza) sono quelli naturali e quelli composti da materiali riciclati. In altri settori ciò già avviene ed ha avuto notevole successo, si pensi, ad esempio nell’ambito del design, ad aziende come la Freitag. Una soluzione più attuabile, al di fuori degli obiettivi della tesi, potrebbe essere la produzione e l’utilizzo di questi prodotti in singoli progetti, e fuori quindi dal mercato dei prodotti per l’edilizia. D’altra parte, è quanto normalmente avviene nei progetti che utilizzano scarti 196

riusati; situazioni legate alla disponibilità dei prodotti reperiti localmente, ai mezzi di cui si dispone, al tempo a disposizione, ecc. I prodotti e le tecniche progettate (eccetto per le opere strutturali) non necessitano di certificazione di idoneità e di qualità secondo normativa, ma sono sotto responsabilità diretta del progettista che compie la scelta di usare prodotti non convenzionali. In definitiva, se si analizzano i casi studio già presi in esame nei capitoli precedenti, si può sostenere che quest’ultima soluzione è preferibile perché di più facile e veloce applicazione rispetto alla produzione industrializzata. Sono anche differenti gli ambiti coinvolti: nel caso di un prodotto industrializzato i settori competenti saranno quelli imprenditoriale, della produzione industriale, della ricerca scientifica; nel caso di utilizzo in una situazione specifica l’ambito sarà quello progettuale e costruttivo legato alla scelta dei prodotti da parte del progettista. Non è stato però possibile definire un risultato finale univoco e la proposta iniziale di realizzare un prodotto standardizzabile destinato al mercato non si è rivelata la soluzione preferibile. Questo perché sono troppi gli elementi da considerare nella definizione della tecnologia di una tale componente standardizzata. È più ragionevole considerare le prove effettuate in questo paragrafo come elenco di soluzioni possibili da applicare in progetti e situazioni specifiche. Convenienza del riuso È doveroso riflettere infine sulla convenienza del riuso dal punto di vista dei fattori che intervengono nella scelta di un prodotto (prestazioni, costo, eco-compatibilità, ecc.), poiché è possibile che non tutti risultino favorevoli. Nel calcolo dei benefici ottenibili, per la scelta di prodotti riusati dovrà essere valutata rispet-


6. Conclusioni

Fig. 6.2 Sistema di produzione con la piattaforma

to alle esigenze e agli obiettivi di ogni singolo progetto: al costo, al tipo di manodopera impiegata, al tempo a disposizione, all’embodied energ y, alla produzione di CO2, all’impronta ecologica, ecc. Significativo il caso di Villa Welpeelo (cfr. capitolo 2): il costo complessivo di costruzione è stato molto alto, 2.885 €/m2, e il percorso progettuale e di reperimento dei prodotti è stato molto lungo e faticoso (come sostengono gli stessi progettisti). I benefici rispetto a un’opera tradizionale si osservano se si considera l’impatto dei prodotti riusati rispetto a quelli nuovi. La struttura in acciaio riutilizzata ha permesso un risparmio energetico del 90% rispetto all’uso di acciaio nuovo. Nel nostro caso, l’isolante termico prodotto con la moquette riusata sarà preferibile a un isolante in lana di vetro o in poliuretano espanso, nonostante possieda una conducibilità termica media e quindi comporti l’utilizzo di quantità maggiori di prodotto per raggiungere le stesse prestazioni. Nuove opportunità di mercato Riflettendo sulle difficoltà incontrate durante la fase di ricerca dei prodotti di scarto ho riscontrato che tale fase sarebbe stata più semplice e veloce se fosse stata presente una “lista” di scarti disponibili e facilmente accessibili. Da questa riflessione è nata insieme a esperti del settore e altri studenti l’idea di creare quindi una lista consultabile nel web. Tale strumento è immaginato come una piattaforma web consultabile dai soggetti interessati: l’offerta, costituita da imprese che generano scarti e sottoprodotti e la domanda da parte di designer, architetti, design producers. Il servizio permetterebbe di cercare i prodotti e di scambiarli e avrebbe una forte valenza di promozione culturale verso il riuso. Allo stesso tempo, in un momento di crisi economica internazionale, creerebbe un nuovo market place capace di creare flussi economici e nuova oc-

Fig. 6.1 Sistema di produzione lineare

cupazione. All’interno dello spazio web sarebbe possibile mostrare gli esempi realizzati tramite il riuso degli stessi prodotti venduti al suo interno: le aziende verrebbero sensibilizzate sulle possibilità che il riuso permette e i progettisti avrebbero l’occasione di pubblicizzare le proprie realizzazioni. I risvolti positivi dal punto di vista economico sarebbero molteplici. Il sito reinserirebbe nel mercato dei beni, inseriti unicamente nel settore dei rifiuti, creando così una nuova fruttuosa realtà commerciale con un notevole valore aggiunto. Le aziende partecipanti trarrebbero un duplice vantaggio: un ritorno d’immagine (sfruttando l’appeal di cui godono i temi ecologici in questo momento) e un ricavo sulla vendita dei propri scarti. Il network dovrebbe essere esteso a livello europeo per permettere una collaborazione tra le diverse realtà negli stati. Oltre a incentivare gli scambi commerciali nell’Unione Europea diverrebbe promotore culturale tra gli Stati: i Paesi più avanzati e sensibili al tema del riuso dei rifiuti potranno essere d’esempio per i Paesi dove tale cultura non è ancora sviluppata. Inoltre la scala e le possibilità dovute a maggiori quantità e varietà di prodotti e soggetti coinvolti aumenterebbero notevolmente.

2 prof. Andrea Bocco, Alessandra Dalle Nogare, Marco Guercio, Alessandro Piazza, Flavio Stanchi, Roberto Varvello

Ovviamente a tali benefici si dovrebbero aggiungere i vantaggi ambientali ottenuti dalla riduzione dei prodotti destinati allo smaltimento, al recupero dell’embodied energy dei rifiuti, al risparmio di energia per produrre nuovi beni.

197



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Bibliografia

Tesi

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Progettare con i rifiuti

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Fig. 2.4

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Fig. 2.5

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Fig. 2.7

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Fig. 2.8

http://www.marketingarchitektur.ch http://inhabitat.com/

Fig. 2.9 Fig. 2.10

Fonti immagini Capitolo 1 Fig. 1.1

Fig. 1.2

Fig. 1.3

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Fig. 1.6

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Capitolo 2 Fig. 2.1 Fig. 2.2 Fig. 2.3

202

Rapporto Rifiuti Speciali 2011, Roma, ISPRA, 2011 Rapporto Rifiuti Speciali 2011, Roma, ISPRA, 2011 Rapporto Rifiuti Urbani 2012, Roma, ISPRA, 2012

Fig. 2.11 Fig. 2.12

Fig. 2.13

Fig. 2.14

Fig. 2.15

Fig. 2.16 Fig. 2.17

Fig. 2.18

Fig. 2.19

Fig. 2.20 Fig. 2.21

Fig. 2.22 Fig. 2.23 Fig. 2.24

Fig. 2.25

Rapporto Rifiuti Urbani 2012, Roma, ISPRA, 2012 Rapporto Rifiuti Urbani 2012, Roma, ISPRA, 2012 Rapporto Rifiuti Urbani 2012, Roma, ISPRA, 2012 Bill Addis, Building with Reclaimed Components and Materials: A Design Handbook for Reuse and Recycling, Londra, Earthscan, 2006 http://www.scopelangeloedilizia.com/m4n/it/ Pagine/9/Coppi-vecchi.html http://tomresidencyssw.blogspot.it/

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Bibliografia

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Fig. 2.29

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Fig. 2.31 Fig. 2.32 Fig. 2.33

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Fig. 3.2 Fig. 3.3 Fig. 3.4 Fig. 3.5 Fig. 3.5.a Fig. 3.5.b Fig. 3.5.c Fig. 3.6-3.7

Fig. 3.9

Fig. 3.10-3.11

Fig. 3.12-3.13 Fig. 3.14-3.15 Fig. 3.16-3.17

Figg. 3.18-3.19

Fig. 3.20

Fig. 3.21

Fig. 3.22-3.23

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Rapporto Rifiuti Urbani 2012, Roma, ISPRA, 2012

Fig. 3.25

Rapporto Rifiuti Speciali 2011, Roma, ISPRA, 2011 Dati forniti da 2012architecten

Capitolo 3 Fig. 3.1

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Foto: M.Restagno, G. Ricci

Figg. 3.26-3.27

Fig. 3.28

Fig. 3.29

Fig. 3.30

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203


Progettare con i rifiuti

Figg. 3.36-3.37 Figg. 3.38-3.39

Figg. 3.40-3.41

Figg. 3.42-3.43

Figg. 3.44-3.45

Figg. 3.46-3.47

Figg. 3.48-3.49

Fig. 3.50

Fig. 3.51

Fig. 3.52

Fig. 3.53

Figg. 3.54-3.55

Figg. 3.56-3.57

Figg. 3.58-3.59

Fig. 3.60

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Fig. 3.62 Fig. 3.63

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Figg. 3.70-3.71

Figg. 3.72-3.73

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Bibliografia

Fig. 3.91

Fig. 3.92

Fig. 3.93

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Capitolo 4 Fig. 4.1

Fig. 4.2

Fig. 4.3-4.4 Fig. 4.5

Fig. 4.6

Fig. 4.7-4.15 Fig. 4.16-4.24 Tab 4.1

Tab 4.2

Tab 4.3

Tab 4.4

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Tab. 4.6

Tab. 4.7

Tab. 4.8

Capitolo 5 Figg. 5.1-5.57

Valori ricavati dal software GRANTA – Ces Edupack 2005

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UNI EN ISO 6946:2008 “Componenti ed elementi per edilizia - Resistenza termica e trasmittanza termica - Metodo di calcolo”

Capitolo 6 Figg. 6.1-6.2

Chiara Ferrando

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205


Progettare con i rifiuti

Pannello isolante in moquette riusata Pannello in moquette riusata 4 mm in fibra polipropilenica e SBR Prodotto

Spessore [mm]

Peso [kg/m2]

Moquette per allestimenti VENUS, Alma S.p.A.

4 ± 10%

0,9 ± 10%

Confini del sistema Le informazioni relative alle caratteristiche generali e fisico tecniche sono ricavate da schede tecniche dei produttori di moquette, da banche dati e prove sperimentali effettuate in laboratorio in collaborazione con il Politecnico di Torino. Le informazioni inerenti le caratteristiche tecnologiche ed ambientali sono ricavate da manuali, schede tecniche, da banche dati e prove sperimentali. Le informazione relative a tossicità e all’impatto sull’ecosistema sono state ricavate da schede di sicurezza, schede tecniche, banche dati e software.

Caratteristiche generali Il pannello è composto da moquette da allestimento riusata, un prodotto utilizzato in gran quantità in occasione di allestimenti fieristici. Essendo un articolo usa e getta, subito dopo la fiera viene inviato ai centri di smaltimento. Molte ditte produttrici hanno impianti per riciclarla, ma sono procedimenti ancora poco utilizzati. Data la situazione, la moquette è un buon prodotto riutilizzabile sia per un riuso proprio, selezionata e lavata, sia per un riuso improprio, cioè per una funzione differente da quella originale. I modelli in commercio sono numerosi, dai più economici e sottili per i corridoi, 2,5-3 mm, ai più raffinati per gli stand, 4-6 mm. I più comuni sono costituiti da fibre in polipropilene e supporto inferiore in stirene butadiene. Viene considerata la moquette per allestimenti VENUS prodotta dalla Alma S.p.A. di Prato.

Produzione Una volta recuperati gli scarti di moquette, il pannello viene prodotto manualmente con operazioni di taglio e assemblaggio: è costituito da strati di moquette incollati alternati a intercapedini d’aria. Quest’ultime, di spessore 3,5-4 mm, sono ottenute tramite l’utilizzo di quadrati di lato 40 mm posti tra ogni strato di moquette. Per la produzione di 1 m2 di prodotto sono necessari 20 m2 di moquette. Posa in opera Il pannello può essere tassellato, inserito in guide metalliche, incollato oppure ancorato con velcro alla parete. Applicazioni Il pannello viene utilizzato per l’isolamento termico di: - pareti tramite cappotto interno o esterno; - pavimenti galleggianti; - sottotetti non praticabili; - coperture piane o a falda.

Caratteristiche fisico-tecniche ρ

densità

[kg/m3]

115 ± 10%

c

calore specifico

[kJ/kgK]

1,9-2,0

λ

conducibilità termica permeabilità al vapore acqueo

[W/mK]

0,053

[kg/smPa ]

*

δ a 1012

*Non è stato possibile identificare la permeabilità al vapore acqueo.

206


Scheda Prodotto

Caratteristiche tecnologico-ambientali 0 sistema umido/ adesione/saldatura 0 1

Modalità di posa in opera Durata stimata** (anni) Indicatore di riciclabilità

3

5

incastro/serraggio

accostamento

2

3

4

5

2-10

11-25

26-40

41-55

56-70

>70

0

1

2

discarica rifiuti speciali

discarica inerti

incenerimento

3 riciclabile con bassa capacità prestazionale

4 riciclabile con alta capacità prestazionale

5 biodegradabile e/o riutilizzabile

Caratteristiche energetico-ambientali Contenuto Energia Primaria [MJ/kg] CEP totale

< 10***

Anidride Carbonica [CO2/kg] CO2 totale

< 0,75***

0

1

2

3

4

5

>70

56-70

41-55

26-40

11-25

2-10

0

1

2

3

4

5

>3,75

3,01-3,75

2,26-3,00

1,51-2,25

0,75-1,50

<0,75

***Non essendo stato possibile effettare il calcolo del Contenuto di Energia Primaria e della produzione di Co2 legati al recupero, alla lavorazione, al trasporto e alla posa in opera del prodotto, sono stati presi come riferimento tali valori essendo i processi da eseguire di minimo impatto. Se si considera inoltre una produzione manuale del prodotto, parte del valore di CEP sarà legato all’energia impiegata dal lavoro umano, una quantità trascurabile.

Informazioni tossicologiche ed ecologiche

Aspetti tossicologici

Aspetti ecologici

Incendio

Smaltimento

Relative alla fase di produzione, uso e smaltimento.

È un prodotto non pericoloso per l’uomo. Il PP non ha effetti tossici, lo SBR presenta degli aspetti di rischio tossicologico trascurabili. Può provocare emissioni di VOC in ambiente e durante la produzione. Le fibre favoriscono l’accumulo di polvere e agenti potenzialmente dannosi.

La moquette non è un prodotto pericoloso per l’ambiente. Il PP è biologicamente inerte e non è biodegradabile. Lo SBR si biodegrada facilmente e rilascia un quantitativo di inquinante inferiore ai limiti di pericolosità previsti dalla legge europea.

La moquette è combustibile, inserita nella classe BFL-s1 europea, corrispondente alla Classe 1.

La moquette è classificata come rifiuto solido urbano - frazione tessile. Deve essere quindi smaltito secondo le disposizioni della normativa vigente. Il prodotto può essere riciclato tramite un processo di rigenerazione che produce materia prima secondaria per nuovi tappeti.

**Durata La durata stimata è difficile da valutare, poiché una moquette da allestimenti è progettata per essere utilizzata in un breve periodo. La durata è legata inoltre al suo utilizzo come pavimentazione e non per altri usi impropri. Si è fatto riferimento alla durata del PP che alla temperatura media di 20°C è superiore a 80 anni. Indicatore di riciclabilità Energia di Feedstock della moquette: 13,8 MJ/kg. Fonti: EPD Needled floor covering, http://www.prodis.info; EPD Loose-laid carpet tiles, http://bau-umwelt.de; Bollettino tecnico del filato di propilene Essegomma, www.essegomma.com; schede tecniche su GRANTA – Ces Edupack 2005; Carpeting figures, http://www.nontoxic.com; Styrene Monomer: Environmental, Health, Safety, Transport and Storage guidelines, http://www.cefic.org; Carpeting, Indoor Air Quality, and the Environment, http://www.buildinggreen.com; EPD European Plastics Manufacturers-Polypropylene (PP), http://www.plasticseurope.org; Carpet, http://www.epa.gov; Carpet Recycling, http://www.carpetrecyclinguk.com e http://www.carpetrecovery.org.

207


Progettare con i rifiuti

Allegato 1. Test di conducibilità termica Test 1 Tuesday, July 10, 2012, Time 17:37 Wintherm32v3 Version 3.31.47 Instrument: F602 Instrument Program Version 78 Instrument Serial Number: 1336 Sample Name: Moquette_A Thickness: 52.5463mm Thickness obtained : from instrument Calibration used : 1450b Calibration File Id: Nist1450bCalibration_sn1336 Calibration File Info : File Name: Nist1450bCalibration_sn1336 Thickness: 25.4000mm Area: 0.3716m² Mass: 1.3000kg

Upper Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005480 @-9.98 °C Calibration Const: 0.005366 @0.02 °C Calibration Const: 0.005239 @10.01 °C Calibration Const: 0.005129 @20.02 °C Calibration Const: 0.005041 @30.02 °C Calibration Const: 0.004968 @40.03 °C

A0=1.355113e-002 A1=-4.765108e-005 A2=6.461143e-008 Lower Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005469 @15.01 °C Calibration Const: 0.005407 @25.02 °C Calibration Const: 0.005343 @35.02 °C Calibration Const: 0.005286 @45.02 °C Calibration Const: 0.005220 @55.02 °C Calibration Const: 0.005155 @65.02 °C A0=6.864035e-003 A1=-3.645001e-006 A2=-4.159995e-009 Number of transducers per plate: 1 Number of transducers used per plate: 1 Number of Setpoints: 1

Block Averages for setpoint 1 in SI units Tupper Tlower Qupper [°C] [°C] [µV] -pe- 30.02 20.01 2385 -pe- 30.02 20.01 2389 -pe- 30.02 20.01 2388 -pe- 30.02 20.01 2392 -pe- 30.02 20.01 2390 -pe- 30.02 20.01 2387 -pe- 30.02 20.01 2384 -pe- 30.02 20.01 2387 -pe- 30.02 20.01 2385 -pe- 30.03 20.02 2375 Last Side Temperatures readings in SI units 30.02 20.01 Tuesday, July 10, 2012, Time 20:07 Setpoint No. 1 Setpoint Upper: Setpoint Lower:

208

30.00 20.00

°C °C

Qlower [µV] -2307 -2294 -2291 -2280 -2274 -2274 -2271 -2265 -2260 -2267

Lambda [W/mK] 0.06448 0.06438 0.06431 0.06421 0.06409 0.06405 0.06398 0.06394 0.06383 0.06381

HeatFluxU HeatFluxL [W/m²] W/m²] 12.03 12.54 12.05 12.48 12.04 12.46 12.07 12.40 12.05 12.37 12.04 12.36 12.02 12.35 12.04 12.32 12.03 12.29 11.98 12.33


Allegato 1.

Temperature Upper: 30.02 CalibFactor Upper: 0.005043 Results Upper: 0.06311 HeatFlux Upper: 12.02 Temperature Lower: 20.01 CalibFactor Lower: 0.005438 Results Lower: 0.06474 Percent Difference: 2.54% HeatFlux Lower: 12.33 Temperature Average: 25.02 Results Average: 0.06392 Resistance Avg : 0.8220 R/unit Avg : 15.64

Thermal Equilibrium Criteria: Temperature Equilibrium: Between Block HFM Equil.: HFM Percent Change: 2.00 Min Number of Blocks: 10 Calculation Blocks: Results Table -- SI Units

°C

W/mK W/m² °C W/mK

W/m² °C W/mK m²K/W mK/W 0.20 200 5

Mean Temp

Upper Cond

Lower Cond

Average Cond

25.02

0.06311

0.06474

0.06392

Test 2 Friday, July 13, 2012, Time 09:53 Wintherm32v3 Version 3.31.47 Instrument: F602 Instrument Program Version 78 Instrument Serial Number: 1336 Sample Name: MOQUETTE_B Thickness: 104.1781mm Thickness obtained : from instrument Calibration used : 1450b Calibration File Id: Nist1450bCalibration_sn1336 Calibration File Info : File Name: Nist1450bCalibration_sn1336 Thickness: 25.4000mm Area: 0.3716m² Mass: 1.3000kg

Upper Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005480 @-9.98 °C Calibration Const: 0.005366 @0.02 °C Calibration Const: 0.005239 @10.01 °C Calibration Const: 0.005129 @20.02 °C Calibration Const: 0.005041 @30.02 °C Calibration Const: 0.004968 @40.03 °C

A0=1.355113e-002 A1=-4.765108e-005 A2=6.461143e-008 Lower Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005469 @15.01 °C Calibration Const: 0.005407 @25.02 °C Calibration Const: 0.005343 @35.02 °C Calibration Const: 0.005286 @45.02 °C Calibration Const: 0.005220 @55.02 °C Calibration Const: 0.005155 @65.02 °C

209


Progettare con i rifiuti

A0=6.864035e-003 A1=-3.645001e-006 A2=-4.159995e-009 Number of transducers per plate: 1 Number of transducers used per plate: 1 Number of Setpoints: 1 Block Averages for setpoint 1 in SI units -ne- -ne- -te- -te- -te- -te- -te- -te- -se- -se- -se- -se- -se- -se- -se- -se-

Tupper [°C] 29.74 30.01 30.02 30.02 30.02 30.02 30.02 30.02 30.02 30.02 30.02 30.02 30.01 30.01 30.01 30.01

Tlower [°C] 21.91 20.01 20.01 20.01 20.01 20.01 20.01 20.01 19.98 19.95 19.95 19.96 19.97 19.98 19.98 19.99

Qupper [µV] 7330 3265 2623 2282 2082 1964 1900 1864 1864 1857 1857 1865 1878 1894 1914 1933

Last Side Temperatures readings in SI units 30.01 20.00

Qlower [µV] -12139 -6757 -5275 -4503 -4012 -3672 -3424 -3239 -3169 -3048 -2920 -2810 -2723 -2655 -2596 -2546

Lambda [W/mK] 0.6837 0.2772 0.2182 0.1874 0.1682 0.1555 0.1468 0.1406 0.1382 0.1342 0.1306 0.1278 0.1259 0.1246 0.1235 0.1226

Friday, July 13, 2012, Time 11:28

Setpoint No. 1 Setpoint Upper: 30.00 Setpoint Lower: 20.00 Temperature Upper: 30.01 CalibFactor Upper: 0.005043 Results Upper: HeatFlux Upper: 9.565 Temperature Lower: 19.98 CalibFactor Lower: 0.005438 Results Lower: Percent Difference: 40.99% HeatFlux Lower: 14.50 Temperature Average: 25.00 Results Average: 0.1249 Resistance Avg : 0.8342 R/unit Avg : Thermal Equilibrium Criteria: Temperature Equilibrium: Between Block HFM Equil.: 200 HFM Percent Change: 2.00 Min Number of Blocks: 10 Calculation Blocks: 5 Results Table -- SI Units

°C °C °C

0.09928 W/m² °C 0.1505

W/m² °C W/mK m²K/W 8.008

W/mK

mK/W

0.20

Mean Temp

Upper Cond

Lower Cond

25.02

0.09928

0.1505

210

W/mK

Average Cond 0.1249

HeatFluxU [W/m²] W/m²] 36.99 65.87 16.46 36.74 13.23 28.69 11.51 24.49 10.50 21.82 9.904 19.97 9.584 18.62 9.400 17.61 9.403 17.23 9.365 16.57 9.364 15.88 9.405 15.28 9.470 14.81 9.553 14.44 9.652 14.12 9.748 13.84

HeatFluxL


Allegato 1.

Test 3 Thursday, June 14, 2012, Time 14:25 Wintherm32v3 Version 3.31.47 Instrument: F602 Instrument Program Version 78 Instrument Serial Number: 1336 Sample Name: MOQUETTE_3 Thickness: 71.8630mm Thickness obtained : from instrument Calibration used : 1450b Calibration File Id: Nist1450bCalibration_sn1336 Calibration File Info : File Name: Nist1450bCalibration_sn1336 Thickness: 25.4000mm Area: 0.3716m² Mass: 1.3000kg

Upper Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005480 @-9.98 °C Calibration Const: 0.005366 @0.02 °C Calibration Const: 0.005239 @10.01 °C Calibration Const: 0.005129 @20.02 °C Calibration Const: 0.005041 @30.02 °C Calibration Const: 0.004968 @40.03 °C

A0=1.355113e-002 A1=-4.765108e-005 A2=6.461143e-008 Lower Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005469 @15.01 °C Calibration Const: 0.005407 @25.02 °C Calibration Const: 0.005343 @35.02 °C Calibration Const: 0.005286 @45.02 °C Calibration Const: 0.005220 @55.02 °C Calibration Const: 0.005155 @65.02 °C

A0=6.864035e-003 A1=-3.645001e-006 A2=-4.159995e-009 Number of transducers per plate: 1 Number of transducers used per plate: 1 Number of Setpoints: 1 Block Averages for setpoint 1 in SI units -pe- -se- -se- -se- -se- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe- -pe-

Tupper [°C] 30.06 30.06 30.05 30.05 30.04 30.03 30.03 30.03 30.03 30.03 30.03 30.02 30.03 30.02 30.02 30.03 30.02 30.02 30.02 30.02

Tlower [°C] 20.04 20.04 20.03 20.03 20.02 20.02 20.02 20.02 20.02 20.02 20.02 20.01 20.02 20.01 20.01 20.02 20.01 20.02 20.02 20.01

Qupper [µV] 2246 2162 2097 2050 2021 2001 1980 1964 1951 1941 1927 1920 1911 1908 1902 1894 1892 1886 1880 1882

Qlower [µV] -1629 -1682 -1719 -1742 -1754 -1760 -1767 -1770 -1769 -1771 -1774 -1775 -1778 -1769 -1767 -1772 -1767 -1768 -1770 -1765

Lambda [W/mK] 0.07238 0.07188 0.07145 0.07107 0.07079 0.07054 0.07031 0.07007 0.06983 0.06969 0.06951 0.06941 0.06930 0.06906 0.06892 0.06889 0.06876 0.06868 0.06860 0.06853

HeatFluxU [W/m²] [W/m²] 11.33 8.861 10.90 9.147 10.58 9.348 10.34 9.475 10.19 9.539 10.09 9.569 9.986 9.609 9.907 9.622 9.838 9.621 9.788 9.630 9.717 9.647 9.684 9.653 9.638 9.668 9.624 9.619 9.594 9.609 9.552 9.637 9.544 9.610 9.514 9.617 9.483 9.623 9.489 9.598

HeatFluxL

211


Progettare con i rifiuti

Last Side Temperatures readings in SI units Thursday, June 14, 2012, Time 17:13 Setpoint No. 1 Setpoint Upper: 30.00 Setpoint Lower: 20.00 Temperature Upper: 30.02 CalibFactor Upper: 0.005043 Results Upper: HeatFlux Upper: 9.516 Temperature Lower: 20.01 CalibFactor Lower: 0.005438 Results Lower: Percent Difference: 1.05% HeatFlux Lower: 9.617 Temperature Average: 25.02 Results Average: 0.06869 Resistance Avg : 1.046 R/unit Avg : Thermal Equilibrium Criteria: Temperature Equilibrium: Between Block HFM Equil.: 150 HFM Percent Change: 2.00 Min Number of Blocks: 15 Calculation Blocks: 5 Results Table -- SI Units Mean Temp 25.02

Test 4

Upper Cond

0.06833

°C °C °C

0.06833 W/m² °C 0.06905 W/m² °C W/mK m²K/W 14.56

30.02

W/mK W/mK

mK/W

0.20

Lower Cond 0.06905

Average Cond 0.06869

Friday, September 07, 2012, Time 15:18 Wintherm32v3 Version 3.31.47 Instrument: F602 Instrument Program Version 78 Instrument Serial Number: 1336 Sample Name: MOQUETTE04 Thickness: 108.5532mm Thickness obtained : from instrument Calibration used : 1450b Calibration File Id: Nist1450bCalibration_sn1336 Calibration File Info : File Name: Nist1450bCalibration_sn1336 Thickness: 25.4000mm Area: 0.3716m² Mass: 1.3000kg Upper Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005480 @-9.98 °C Calibration Const: 0.005366 @0.02 °C Calibration Const: 0.005239 @10.01 °C Calibration Const: 0.005129 @20.02 °C Calibration Const: 0.005041 @30.02 °C Calibration Const: 0.004968 @40.03 °C

A0=1.355113e-002 A1=-4.765108e-005 A2=6.461143e-008 Lower Plate Calibration Constants : (SI units) Calibration Const: 0.005469 @15.01 °C Calibration Const: 0.005407 @25.02 °C Calibration Const: 0.005343 @35.02 °C

212

20.01


Allegato 1.

Calibration Const: 0.005286 Calibration Const: 0.005220 Calibration Const: 0.005155

@45.02 °C @55.02 °C @65.02 °C

A0=6.864035e-003 A1=-3.645001e-006 A2=-4.159995e-009 Number of transducers per plate: 1 Number of transducers used per plate: Number of Setpoints: 1

1

Block Averages for setpoint 1 in SI units

Tupper Tlower Qupper Qlower [°C] [°C] [µV] [µV] -se- 30.04 19.96 1681 -2365 -se- 30.04 19.96 1647 -2262 -se- 30.03 19.97 1625 -2181 -se- 30.03 19.98 1615 -2119 -se- 30.02 19.99 1613 -2069 -se- 30.02 19.99 1613 -2030 -pe- 30.02 20.00 1617 -1995 -pe- 30.02 20.00 1620 -1965 -pe- 30.02 20.00 1625 -1937 -pe- 30.02 20.00 1630 -1912 -pe- 30.02 20.00 1636 -1890 -pe- 30.02 20.00 1640 -1871 -pe- 30.02 20.01 1643 -1854 -pe- 30.02 20.01 1649 -1838 -pe- 30.02 20.01 1653 -1825 -pe- 30.02 20.01 1660 -1812 -pe- 30.02 20.01 1661 -1800 -pe- 30.02 20.01 1667 -1789 -pe- 30.02 20.01 1669 -1780 Last Side Temperatures readings in SI units Friday, September 07, 2012, Time 18:00 Setpoint No. 1 Setpoint Upper: 30.00 Setpoint Lower: 20.00 Temperature Upper: 30.02 CalibFactor Upper: 0.005043 Results Upper: HeatFlux Upper: Temperature Lower: 20.01 CalibFactor Lower: 0.005438 Results Lower: Percent Difference: 15.56% HeatFlux Lower: Temperature Average: 25.01 Results Average: Resistance Avg : R/unit Avg : Thermal Equilibrium Criteria: Temperature Equilibrium: Between Block HFM Equil.: HFM Percent Change: 2.00 Min Number of Blocks: 10 Calculation Blocks: Results Table -- SI Units Mean Temp 25.01

Upper Cond

0.09089

°C °C °C

0.09089 8.381 °C

W/mK W/m²

9.795 °C 0.09856 1.101 10.15

W/m²

0.1062

Lambda [W/mK] 0.1195 0.1149 0.1110 0.1082 0.1063 0.1049 0.1038 0.1029 0.1021 0.1015 0.1009 0.1004 0.09997 0.09959 0.09927 0.09902 0.09880 0.09850 0.09833 30.02

HeatFluxU HeatFluxL [W/m²] [W/m²] 8.665 13.45 8.479 12.86 8.307 12.30 8.193 11.86 8.146 11.52 8.135 11.25 8.133 11.04 8.154 10.85 8.171 10.68 8.197 10.53 8.219 10.40 8.250 10.28 8.269 10.17 8.288 10.08 8.315 9.994 8.337 9.923 8.370 9.852 8.376 9.790 8.406 9.728 20.00

W/mK W/mK m²K/W mK/W

0.20 200 5 Lower Cond 0.1062

Average Cond 0.09856

213


Progettare con i rifiuti

Allegato 2. Test di fonoassorbimento

PROVA 1 SP senza pannelli

CP con pannelli

Hz

1

2

3

4

5

media

1

2

3

4

5

media

Δ SP-CP

100

1,38

1,42

1,35

1,26

2,84

1,38

1,42

1,60

1,38

1,36

1,52

1,42

-0,04

1,4

1,34

1,59

1,26

1,47

1,41

1,41

1,33

1,51

1,27

1,60

1,38

0,03

1,43

1,49

1,32

1,38

1,36

1,34

1,16

1,31

1,41

1,43

1,32

1,37

125 160 200 250 315 400 500 630 800 1000 1250 1600 2000 2500 3150 4000 5000 6300 8000 10000

1,48 1,73

1,5

1,33

1,22 1,51

1,49

1,58 1,48

1,48 1,59

1,48

1,59

1,68

1,56

1,65

1,57

1,55

1,36

1,56

1,63

1,73

1,56

1,65

1,64

1,58

1,62

1,69

1,69 1,73 1,61

1,63 1,69

1,59

1,58 1,51

1,57

1,58

1,41

1,51

1,32

1,31

1,02

1,03

1,48 1,42 1,2

0,87

1,51 1,4

1,15

0,87

1,7

1,57

1,59

1,62

1,27 1,72

1,64

1,31

1,62

1,64

1,57

1,63

1,46

1,46

1,55

1,36

1,35

1,41

1,46 1,31 1,19

1,07

0,89

1,45

1,25 1,15

1,03

0,87

1,59

1,62

1,60

1,60

1,82 1,26

1,37

1,48

1,28 1,42

1,44 1,3

1,29

1,42

1,25

1,43

1,35

1,17

1,30

1,3

1,37

1,35

0,29

1,22

1,22

1,24

1,19

1,25

1,22

0,42

1,18

1,21

1,27

1,24 1,2

1,26 1,15

1,3

1,25

1,2

1,15

1,22

1,14

1,12

1,16

1,16

1,16

1,23

1,25

1,12

1,14

1,24

1,16

1,19

1,16

1,28

1,26

1,20

1,13

1,15

0,38

1,17

1,19

0,27

1,16

1,3

1,30

1,05

1,08

1,04

1,07

1,05

1,06

1,01

1,03

0,84

0,86

0,87

0,85

0,84

0,85

0,87

0,87

1,14

0,97

0,72

1,25 1,17

0,98

0,75

1,16

1,15

0,95

0,73

1,17

1,13

0,96

0,72

0,40

1,20

1,23

1,19

0,36

1,2

1,46

1,17

0,15

0,22

1,37

1,47

1,18

0,17

1,29

1,12

1,39

0,17

1,37

1,54 1,49

0,06

1,4

1,53

I valori calcolati sono riportati nelle tabelle. I valori segnati in blu non sono stati considerati per il calcolo delle medie dei Ď„60 poichĂŠ si discostano dalla media degli altri valori misurati. Le misurazioni sono calcolate da 100 a 10.000 Hz.

214

1,67

1,38

1,63 1,51

1,38

1,46

1,59 1,49

1,52

1,48

1,34 1,68

1,56

1,49

1,53

1,28 1,49

1,48

1,11

0,95

0,73

1,18

0,43

0,44 0,31

1,14

0,25

0,96

0,21

0,73

0,24 0,18 0,14


Allegato 2.

PROVA 1 SP senza pannelli Hz

1

100

6,76

125 160 200 250 315 400 500 630 800 1000 1250 1600 2000 2500 3150 4000 5000 6300 8000 10000

2 1,8

1,6

1,87

1,53

1,4

1,31

3 1,2

CP con pannelli 4 1,6

5 1,81

media

1

1,74

1,53

1,20

1,47

1,36

1,48

1,24

1,4

1,52

1,66

1,46

1,37

1,46

1,42

1,34

1,52

1,33

1,35

1,51

1,33

1,48

1,44

1,58

1,50

1,56

1,56

1,54

1,44

1,56

1,53

1,6

1,69

1,62

1,63

1,58

1,62

1,65

1,62

1,65

1,67

1,59

1,53

1,52 1,7

1,75

1,59

1,56 1,51 1,43

1,33 1,75 1,6

1,65

1,61

1,44

1,44

1,33

1,32

1,17

1,18

0,86

1,73

1,58

1,39

1,04

1,44

1,51

1,55

1,41

1,33

1,51

1,06

0,88

1,52

1,35 1,52

1,37

1,24 1,6

1,67

1,64

1,57

1,58

1,54

1,48

1,52

1,55 1,45

1,40

1,67

1,34

1,37

1,3 1,2

1,42

1,34

1,18

1,37

1,19

1,29

1,32

1,45

1,23

1,23

0,41

1,13

1,12

1,15

1,15

0,39

1,19

1,17

1,18

0,35

1,22

1,15

1,09

0,94

0,97

1,02

0,87

1,17

1,21

1,31

1,03

1,03

1,02

1,03

0,86

0,86

0,85

0,87

0,98 0,74

0,96 0,74

0,10

1,25

1,24

1,22

1,17

0,15

0,34

1,23

1,16

1,32

1,28

1,13

1,29

0,13

0,01

1,27

1,43

1,17

1,33

1,29

1,23

1,1

-0,01

0,15

1,16

1,4

0,14

1,49

1,38

1,14

1,17

Δ SP-CP

1,45

1,33

1,53

1,18

1,35

1,37

1,55

1,51

1,53

1,35

1,31

1,24

1,29

1,21

1,39

1,29

1,27

1,22

1,2

1,59

1,25

1,15

1,63

1,60

1,3

1,28

1,29

1,16

3,42

1,40

1,55

1,16

0,87

1,39

media

1,33

1,51

1,39

0,87

1,43

1,67

5

1,57

1,18

1,39

1,02

1,51

2,76

4

1,64

1,39

1,02

1,48

3

1,62

1,37

1,3

2,47

1,47

1,48

1,5

1,47

2

1,15

0,72

1,12 1,16

1,21

1,32

1,27

1,23 1,13

1,35

1,22 1,19

1,17

0,17

0,45 0,45

0,36

1,18

1,20

1,07

1,02

1,03

0,28

0,87

0,86

0,86

0,17

0,77

1,12 0,97

0,73

1,12 0,96 0,74

0,23 0,27

0,20 0,13

215


Progettare con i rifiuti

Intervista a Marco Zaccara, 2012architecten di Giorgio Ceste e Alessandro Piazza Marco Zaccara fa parte di 2012Architecten, studio di architettura e design con sede a Rotterdam. Alcuni dei loro progetti, come la Villa Welpeloo e il Giardino Wikado, sono stati pubblicati in numerose riviste.

levante: nel riuso, il costo del materiale in sé è pressoché nullo, ma spesso, richiedendo una quota di manodopera maggiore, il costo totale è equivalente a una costruzione con prodotti non riutilizzati.

Di cosa si occupa 2012Architecten?

Qual è il vostro approccio alla progettazione? È determinata dai prodotti a disposizione, oppure sono le esigenze del progetto che portano a ricercare un prodotto adatto?

2012Architecten ha iniziato a lavorare nell’ambito del riuso nel 1997, partendo da una riflessione sulla quantità di rifiuti, e i loro flussi. Ci siamo interrogati su questo aspetto irrisolto della società: dove vanno a finire i rifiuti? Che cosa ne facciamo? L’Olanda, come molti altri paesi, non ha spazi di risulta dove poterli accumulare. Spesso questo tipo di informazioni non è disponibile e la società non ne è consapevole. Negli anni novanta, il tema del riuso dei rifiuti in architettura era praticamente inesplorato, e 2012Architecten decise di inserirsi in questo campo, cercando di dimostrare che queste risorse, adottando un concetto di progettazione innovativo, potevano essere una reale opportunità per risolvere questi problemi. Quali sono le motivazioni che vi hanno portato a lavorare con i rifiuti? Senz’altro l’interesse maggiore è dato dall’impatto ambientale e dal consumo energetico che queste pratiche possono risolvere. Eliminando i costi ambientali di smaltimento dei rifiuti e di produzione di nuovi prodotti si hanno dei risultati notevoli. Nel progetto di Villa Welpeloo abbiamo usato del legno, proveniente dalle bobine per cavi elettrici, e delle travi in acciaio, provenienti da un macchinario tessile in disuso, per la struttura. Abbiamo calcolato le emissioni di CO2, l’energia grigia e l'impronta ecologica derivante dal loro riutilizzo: l’impatto è risultato essere di un decimo rispetto a quello dei prodotti tradizionali. L’aspetto economico invece non è sempre ri216

Spesso è l'oggetto che detta la funzione: si fa una prima selezione dei prodotti a disposizione tramite una mappatura del territorio e si studia quindi la funzione che questi possono svolgere all'interno del progetto. Questo è successo per il Parco Giochi Wikado a Rotterdam. Mentre lavoravamo al progetto, abbiamo scoperto la disponibilità di alcune pale eoliche dismesse: così abbiamo usato le forme aerodinamiche delle pale e le abbiamo rifunzionalizzate come forme ergonomiche, capaci di adattarsi ottimamente al corpo umano. C’è una grande differenza tra progetti in cui sono richieste delle specifiche tecniche, come nell’edilizia residenziale, e altri con più libertà di espressione. 2012Architecten ha alle spalle molti progetti come padiglioni temporanei, allestimenti e installazioni artistiche: questi garantiscono ovviamente più libertà ma sono anche un’opportunità per sperimentare nuove soluzioni a una scala più piccola. In genere solo un progetto su dieci è propriamente di edilizia. Negli ultimi tempi però le cose stanno cambiando, abbiamo sempre più edifici residenziali da progettare, soprattutto interni, ristrutturazioni e rifunzionalizzazioni.


Intervista a Marco Zaccara

Come funziona la raccolta dei rifiuti in Olanda? Dove e come si può reperire la maggior parte dei rifiuti che usate?

Pensate sia possibile una industrializzazione sistemica del riuso, una pratica riproducibile e slegata da singoli esempi?

Gli olandesi hanno una profonda cultura del riciclo. Sotto alcuni punti di vista spesso è perfino difficile fare il nostro lavoro. Poter estrarre un rifiuto dal circuito in cui è inserito è diventato complesso; certamente questo non è un male poiché garantisce un utile fine vita del prodotto, ma dal punto di vista ambientale la priorità va prima al riuso e solo successivamente al riciclo. Molte aziende però sono disponibili a fornire prodotti di scarto riutilizzabili, ma solamente se hanno un ritorno economico. Altre importanti fonti da cui attingere sono gli scarti della produzione industriale, oppure deadstock, cioè le scorte di prodotti che rimangono invendute, come ad esempio i lunotti di ricambio di un vecchio modello di automobile che abbiamo utilizzato nel progetto di un Negozio di scarpe a Scheveningen.

Riteniamo che non ci debba essere una unica soluzione o una pratica globale del riuso, traducibile direttamente a livello industriale. Il primo passo, in un progetto, è l’analisi del potenziale locale. Il suo esito può essere anche la risoluzione di problemi a una scala più ampia, ma ogni volta porta a risultati diversi. Tuttavia è altrettanto vero che se il riuso non diventa una pratica diffusa, e quindi slegata da un approccio esclusivamente artistico, personale e quindi irripetibile, l’obiettivo di incidere sull’intero sistema rimane irraggiungibile. Condividere pratiche sperimentate è una strada necessaria al cambiamento. Le earthships, i primi esperimenti degli anni ’70 di bioarchitettura in California, per quanto siano un esperimento straordinario, sono legate al contesto climatico in cui nascono e non possono essere semplicemente esportate. Hanno però stimolato altre sperimentazioni, in particolare l'utilizzo dei copertoni come sistema murario. Condividere la conoscenza è uno degli elementi fondamentali e una grande potenzialità per il riuso all'interno della nostra società. Abbiamo così ideato Superuse, un network open source che consente di creare un database di esperienze nel riuso in ambito di architettura, design, arte, prodotti, concept.

Perché in Olanda è più facile trovare esempi significativi del riuso? Gli olandesi sono costretti a fare un uso intelligente delle risorse, e lo hanno sempre fatto, per questo hanno trovato modi intelligenti di smaltire i rifiuti. La ricerca qui è all’avanguardia rispetto ad altri Paesi: approcciarsi a un progetto come Villa Welpeloo è possibile quando ci sono persone che ascoltano e capiscono le tue idee e decidono di sostenerti. È necessario che le figure con forti poteri decisionali siano aperte alle novità e alla sperimentazione, ed è necessaria una flessibilità da parte della normativa. Il progettista deve dare una garanzia dei prodotti riusati dimostrandone le prestazioni rispetto alle norme indicate. Per questo, stiamo raccogliendo in un database i risultati delle esperienze e delle ricerche effettuate in questi anni sui materiali e i prodotti riutilizzati, ma c'è ancora molta ricerca e sperimentazione da fare.

Come vi relazionate con il resto del mondo architettonico? Il riuso è una disciplina a sé o potrebbe diventare una pratica architettonica diffusa? Non vogliamo che il nostro lavoro rimanga di nicchia. Sta diventando una pratica conosciuta, ma al momento la sua immagine è spesso confusa con una semplice moda. È necessario andare oltre: il nostro lavoro deve intrecciarsi con sistemi più complessi come il design, i processi 217


Progettare con i rifiuti

industriali, l’intero sistema economico. Ed è proprio l'economia il problema: finché questa pratica non avrà un valore economico non potrà mai essere diffusa nella nostra società. Forse la chiave è riuscirne a fare un modello economico, sviluppato nelle varie discipline, lavorando audacemente da un punto di vista strategico e politico. Per questo ci dedichiamo anche alla ricerca: uno dei tre dipartimenti in cui è suddiviso lo studio (e cioè REsearch, REbuild, REedisign), è proprio impegnato in questo settore. Al momento stiamo studiando REcyclicity, una città che si auto-genera, capace di vivere sugli scarti che produce. È un'idea che si può applicare a quelle parti di città fortemente industrializzate, e in parte inutilizzate, che dal punto di vista funzionale ed economico stanno morendo. Non si vuole investire su nuove strutture, facendo tabula rasa dell’esistente, ma rilanciare queste parti di città con alte potenzialità. In un momento di saturazione del mercato, di crisi economica e sociale, il mercato del nuovo è fortemente in declino: vi sono solo in Olanda cinque milioni di metri quadri di uffici vuoti inutilizzati. Servono davvero nuove costruzioni? La nostra ricerca parte da qui. Questo è il riuso.

218


Ringraziamenti Ringrazio per il prezioso contributo: prof. Andrea Bocco, prof.ssa Irene Caltabiano, dott. Stefano Fantucci, prof. Roberto Giordano, dott. Marco Guercio, prof.ssa Angela Lacirignola, prof.ssa Simonetta Pagliolico, prof. Gabriele Piccablotto, prof. Mario Sassone, prof.ssa Valentina Serra. Ed inoltre: Roberto Badialetti, Michele Bertolino, Flavia Bianchi, Sabina Bianchi, Elena Candelari, Giacomo Ceste, Giulio Ceste, Maurizio Ceste, Mimmo Corino, Alessandra Dalle Nogare, Morris Fantoni, Carlo Giangoia, Jan Kรถrbes, Davide Manzoni, Stefano Meriano, Nicola Mottolese, Simona Orecchia, Denis Oudendijk, Giancarlo Palazzo, Roberto Perotti, Alessandro Piazza, Maria Rizzo, Enrico Tarone, Roberto Varvello, Carlo Venturini, Giuseppe Vinci, Marco Zaccara.

219


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