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Punto e a capo

Bisesto e funesto lo è stato senza dubbio, ma il 2020, oltre alla pandemia di Covid e alla crisi che ha travolto tutto e tutti, forse verrà ricordato anche come l’anno in cui si sono gettati i semi per la riforma di molti settori: dal gioco pubblico all’ippica. di Francesca Mancosu

“L’anno vecchio è finito, ormai / Ma qualcosa ancora qui non va / Si esce poco la sera, compreso quando è festa”. Così cantava Lucio Dalla quasi 40 anni fa, ignorando che la sua splendida canzone – “L’anno che verrà” – sarebbe stata quasi perfetta come sottofondo per questo fine 2020, che nessuno mai, allo scoccare della mezzanotte di quasi 12 mesi or sono avrebbe immaginato tanto travagliato. Aspettando “l’anno che sta arrivando” (per prendere ancora a prestito le parole del cantautore bolognese) è quindi tempo di fare bilanci. Per tutti noi, e per le attività del gioco, fra le più colpite dalle limitazioni governative per il contenimento della pandemia di Covid, da quelle con vincita in denaro al puro amusement, ai casinò. Senza dimenticare l’online, che in parte ha “beneficiato” delle sventure dei suoi colleghi terrestri, e l’ippica, che dopo i mesi di lockdown ha ripreso le corse, ma senza pubblico. Ecco, per tutte queste categorie, proviamo a capire cosa è stato questo 2020 e cosa potrà essere il 2021. Con un futuro da “inventare... per continuare a sperare”.

Zapponini (Sgi) «Governo dia un supporto concreto al settore»

“C ome tutti i settori dell’economia, anche quello del gioco legale ha subito pesantemente gli effetti dell’emergenza sanitaria. Nella prima ondata Covid, siamo stati tra i primi ad essere sottoposti a lockdown e tra gli ultimi ad uscirne pur avendo rigorosamente aderito alle linee guida per la riapertura delle attività di gioco varate dalla Conferenza Stato Regioni ed avendo responsabilmente adottato specifici protocolli verticali - preventivamente condivisi con le organizzazioni sindacali - ancor più restrittivi, a presidio e tutela della sicurezza e della salute di dipendenti, giocatori e fornitori”, rammenta Stefano Zapponini, presidente di Sistema Gioco Italia, federazione che rappresenta in Confindustria il settore del gioco pubblico e dell’intrattenimento. “Oggi, in piena seconda ondata, subiamo gli effetti di una nuova interruzione dell’attività, un nuovo blocco, sostanzialmente integrale, delle attività lungo tutta la filiera del gioco legale. Attività ferme, mancanza di liquidità per tutte le imprese della filiera, crisi occupazionale, gettito per lo Stato in caduta libera. Riduzione di gettito determinata anche dal calo della raccolta a seguito della introduzione dell’obbligo di utilizzo della tessera sanitaria. Effetti da situazione post-bellica”, evidenzia. Quanto all’operato del Governo nei riguardi del settore, per Zapponini “in generale, se il tanto impegno profuso, comprensibile per le difficoltà legate ad una situazione inimmaginabile e inimmaginata fosse stato accompagnato dal contributo degli operatori, probabilmente sarebbero state trovate altre soluzioni. Sulle misure restrittive adottate direi che non sono condivise e questo perché abbiamo lavorato e investito tanto come settore per la sicurezza dei nostri dipendenti e dei nostri clienti e riteniamo che la seconda chiusura potesse essere evitata. Certamente la situazione non è facile, immaginavamo le scelte del Governo e, non potendo condividerle, le subiamo. A fronte di ciò, serve un impegno forte del Governo a sostenere tutti gli operatori della filiera del gioco legale, e sottolineo tutti, sottoposti alle restrizioni. E di sostegno o ristori ne vediamo ben pochi. Insomma, per affrontare questa situazione servono pochi ma chiari interventi finalizzati a dare un effettivo supporto all’industria del gioco e alla filiera. Non bastano qualche breve sospensione e qualche esigua proroga, servono interventi più incisivi e di medio periodo per consentire alle imprese di continuare ad esistere per poter ripartire e ritrovare le risorse necessarie ad affrontare le scadenze dovute”, puntualizza il presidente di Sgi. Prima di tutto, bisognerebbe “considerare il comparto come qualsiasi altro settore, abbandonando i condizionamenti ideologici. Dunque garantire liquidità a tutta la filiera, posticipare scadenze in modo congruo per dare ossigeno alle imprese del gioco, riaprire quanto prima. Abbiamo investito sul presidio delle attività in sicurezza, ora utilizziamolo! E poi occorre da subito sterilizzare gli aumenti di tassazione introdotti con la legge di Bilancio 2020. C’è una crisi evidente ed innegabile, tutta la filiera e l’indotto sono in crisi, come possiamo in queste condizioni affrontare l’ennesimo aumento del Preu dal 1° gennaio 2021? Ecco, su questo capitolo la nostra richiesta è chiarissima: dobbiamo tornare al Preu sulla raccolta e sulle vincite vigente fino al 31 dicembre 2019. Nella attuale condizione è assolutamente irrealistico immaginare l’avvio di procedure di rinnovo delle concessioni, bingo e scommesse. Serve assolutamente un periodo di proroga delle attuali concessioni con previsione di oneri minimi, vicini allo zero e coerenti con gli affidamenti in essere, con l’effettivo andamento della raccolta degli specifici prodotti, con lo stato emergenziale delle sospensioni di attività in corso. Questi interventi consentirebbero di poter riavviare le attività di settore generando una marginalità per la filiera che, causa Covid, da mesi, è ferma, e compenserebbero parzialmente la perdita di ricavi sofferta dalle imprese durante le fasi di sospensione dell’attività. Ed, infine, non vorrei ripetermi ancora una volta, serve mettere mano urgentemente alla riforma del settore, un percorso sospeso e fermo al 2017. Senza una riforma equilibrata, omogenea condivisa e socialmente sostenibile, ripartendo dal lavoro interrotto della Conferenza unificata, non è pensabile guardare al rinnovo delle concessioni, ad un mercato rinnovato, a nuovi obiettivi di rafforzamento della legalità, di controllo, di prevenzione senza risolvere la questione territoriale, il tema distanze ed orari ed una regolamentazione equilibrata ed omogenea su tutto il territorio nazionale. Sono proprio questi i punti che abbiamo segnalato in audizione alla commissione Bilancio della Camera lo scorso 21 novembre”. Per il 2021, conclude Zapponini, “l’auspicio è che si riavvii il cammino sulla riforma, con questo risolveremmo anche il nodo bandi e tassazione di cui tanto abbiamo bisogno. Per quanto riguarda la rappresentanza l’augurio rinnovato è che sotto l’albero di Natale si trovi la volontà di tutti di intraprendere convintamente un cammino comune. Il dialogo c’è ma serve rafforzare la consapevolezza della forza insita nell’unità di azione e reazione, per diventare interlocutori autorevoli, efficaci e credibili di questo come di altri Governi e Istituzioni”.

Cardia (Acadi) «È essenziale la condivisione di intenti e di vedute»

Per l’Associazione concessionari di giochi pubblici - – affiliata a Confcommercio Imprese per l’Italia – a rispondere su questi temi è il presidente Geronimo Cardia. “Il 2020 è stato un anno difficile in cui gli effetti dell’emergenza sanitaria si sono sovrapposti ai problemi cronici del comparto dell’eccessiva erosione dei compensi degli operatori del sistema concessorio per i sistematici aumenti di tassazione, dei corto circuiti istituzionali della ormai nota ‘questione territoriale’, dell’inefficacia e degli effetti collaterali della tessera sanitaria. Oggi facciamo i conti con un dimezzamento di volumi, di gettito e di risorse, da un lato, per non parlare di un raddoppio di disagio per gli utenti, di illegalità per l’ordine pubblico e di problemi per i livelli occupazionali sino ad oggi assicurati. Un anno anche importante però per un’Agenzia delle dogane e dei monopoli che, non abbiamo mancato di precisarlo più volte, sta valorizzando moltissimo l’aspetto del presidio di legalità sui territori che il sistema concessorio consente di attuare e che facciamo nostro punto di riferimento per ogni valutazione e decisione che prendiamo, insieme al più importante presidio delle politiche sanitarie pubbliche di contrasto al disturbo da gioco d’azzardo, senza trascurare la tutela del gettito erariale e del patrimonio imprenditoriale ed occupazionale”. Nel giudicare il recente operato del Governo nei riguardi del gioco pubblico, sia in materia di misure restrittive anti Covid sia di provvedimenti di ristoro, Cardia mette innanzi a tutto “senso di responsabilità e rispetto istituzionale, consapevole della complessità del sistema dei poteri statale/regionale dell’architettura costituzionale, nonché dell’importanza del preziosissimo ed importantissimo sistema sanitario del nostro Paese. Da attento osservatore delle strategie politiche, capisco la difficoltà dell’emergenza, apprezzo gli sforzi e ogni volta uso questi parametri per farmi un’idea”, afferma. Per sapere “esattamente cosa penso con specifico riferimento al trattamento riservato al gioco pubblico – prosegue - ho scritto in questi mesi diversi articoli su questa testata, l’ultimo lo avete intitolato ‘la manina ideologica’. Il rischio c’è e per questo bisogna tenere alta l’attenzione. Il comparto del gioco pubblico chiede di essere trattato alla stregua degli altri comparti produttivi del Paese, lo abbiamo detto nell’audizione alle commissioni riunite Finanze e Bilancio al Senato a novembre. E non è un caso che nell’articolo che richiamavo mi sono permesso di citare l’autorevole presidente della Repubblica che ha stigmatizzato il fatto che ‘Ciascuna istituzione comprende che non deve attestarsi a difesa della propria sfera di competenza’. È un contropelo ruvido pure al Governo. ‘Serve coordinamento e raccordo positivo’, perché soltanto ‘il coro sintonico’ dei vari pezzi dello Stato e ‘il prevalere dell’interesse generale’ possono farci uscire dall’emergenza Covid. (…) Quindi, dice ancora il capo dello Stato, se vogliamo contenere la pandemia, ‘deve essere l’interesse generale a prevalere, altrimenti anche quelli particolari saranno travolti’. Il discorso vale per i rapporti Stato-Regioni e tra maggioranza e opposizione, che per il Quirinale deve essere più coinvolta” (Massimiliano Scafi, da Ilgiornale.it)”. Per garantire la tenuta del comparto, rimarca ancora il presidente di Acadi, “occorre essere consapevoli dello stato di emergenza massimo, lavorare e portare a casa i risultati senza sé, senza ma, remare nella direzione di condivisione di vedute, emarginare temi e motivi divisivi, con responsabilità, lealtà e con lo stile di sempre”. Per l’anno in dirittura d’arrivo quindi Cardia punta sull’atteso e più volte annunciato riordino. “Negli anni passati, tante volte abbiamo letto dal legislatore della programmazione di un riordino che risolvesse tutto. Vediamo se questa volta, dopo tanti termini sforati e tante iniziative non concluse, ci saranno le condizioni politiche. Una cosa è certa ed è quella che stiamo rappresentando: se non vi sono provvedimenti immediati strutturali di ristoro, o di soluzione di problemi strutturali, si rischia che anche nel caso in cui il riordino avvenga nel 2021, se potrà dirsi che l’operazione sia riuscita c’è il pericolo di dover dire che però ‘il paziente è morto’. Va valutato giorno per giorno se esista in concreto la volontà politica di realizzarlo questo riordino. E comunque i problemi del territorio per esempio, se vi fosse in concreto la volontà politica, potrebbero trovare immediate e locali soluzioni come già fatto da diverse Regioni che hanno intanto fatto revirement virtuosi sterilizzando e modificando i distanziometri espulsivi, come ho scritto in numerosi articoli pubblicati in questo periodo su questa testata. Non parlo poi qui della probabilità che i problemi siano risolti in sede giudiziale perché il corto circuito da registrare anche in tale ambito è difficile da sintetizzare in poche battute. Crisi finanziaria aggravata dal Covid, da un lato, e questione territoriale che impedisce di mettere a terra i punti di gioco eventualmente assegnati, dall’altro, rendono i bandi non fattibili, non lo diciamo solo noi, lo ha detto il Consiglio di Stato al Mef già per le scommesse ed il bingo, prima della crisi pandemica. Perché dovrebbe dire una cosa diversa ora per le gare in scadenza? E lo dicono poi autorevoli prese di posizione istituzionali. Per il comparto lo spirito unitario c’è. Quest’anno ci sono stati e ci sono tanti tentativi e tante iniziative andate a buon

fine. Come ci sono state e ci sono difficoltà che ne mettono in discussione il mantenimento in ogni momento. Credo due cose: che con lealtà e trasparenza si facciano e si possano fare grandi cose insieme, trovando la forza di emarginare quanto più possibile i temi ed i motivi divisivi; credo anche, però, che eventuali diversità di vedute non possano rappresentare una scusa per la politica per proPrima di tutto viene la salvaguardia della salute pubblica e l’impegno di tutti contro la pandemia causata dal Coronavirus ma il momento che la filiera sta vivendo, e che sta causando ulteriori chiusure, impone interventi e sostegni idonei”, esordisce Stefano Papalia, presidente della Fiegl – Federazione italiana esercenti gioco legale. “Qualcosa di concreto è stato fatto, i decreti Ristori e Ristori Bis hanno introdotto contributi a fondo perduto per i soggetti operanti nei settori economici individuati dai relativi codici Ateco, ma non basta: abbiamo bisogno di altri interventi. A nostro avviso, l’attivazione degli aiuti tramite codici Ateco è un meccanismo limitato, infatti ne restano esclusi un elevato numero di imprese che hanno subito fortissime limitazioni nell’esercizio della propria attività. Il nostro obiettivo è la tutela e la salvaguardia degli imParlati (Acmi) discosta molto dai suoi predecessori in questo pezzo. “Se consideriamo l’anno a partire da marzo ad oggi, non possiamo che definirlo un annus horribilis per un settore, il nostro, già martoriato dalla questione territoriale, che ha dovuto subire, come e più di tutti, il blocco prolungato delle attività per l’emergenza Covid”. Come se non bastasse, “la schizofrenia e la confusione che hanno caratterizzato l’approccio del Governo sino a questo momento hanno condizionato l’intera gestione dell’emergenza. Dai tempi eccessivamente lunghi di sospensione delle attività alla richiesta di adeguamento dei locali a standard di sicurezza, con conseguenti cospicui investimenti, adottati lungarsi in un ‘non fare’ che genera disvalore sotto tutti i piani degli interessi costituzionali coinvolti, soprattutto per temi così strutturali come quello del riordino, della questione territoriale, dell’erosione dei compensi, e soprattutto, per quanto tempo è passato da quando questi temi sono ormai cronicamente aperti: ricordo a me stes-

Papalia (Fiegl) «Tornare ai livelli di tassazione sulle vincite del 2019»

“Q uesto è stato decisamente un anno da dimenticare, gli esercenti del settore sono stati, e sono tutt’ora, messi a dura prova! so che i primi provvedimenti espulsivi risalgono al 2010”. prenditori: per questo stiamo lavorando alacremente per il sostegno alla liquidità delle aziende del settore, è assolutamente necessario prevedere la rateizzazione dei versamenti del Preu e la sterilizzazione degli aumenti Preu già previsti per il gennaio 2021. Il comparto è in uno stato di coma, è quindi impensabile che a gennaio il Preu subisca nuovi aumenti; stiamo inoltre proponendo un ritorno ai livelli di tassazione sulle vincite degli apparecchi del 2019. Infine, per le imprese è indispensabile l’estensione del credito d’imposta sui canoni di locazione”. Per il 2021, per Papalia “l’auspicio più grande è che, una volta per tutte, venga arginata questa pandemia e si possa ritornare a godere della nostra amata libertà di aggregazione e socializzazione. Per quanto riguarda il Governo, ribadiamo la nostra completa disponibilità al dialogo per tutto ciò che riguarda il comparto degli esercen-

«L’Esecutivo prenda atto del ruolo del gioco legale»

Nel fare un bilancio del 2020, Gennaro Parlati, direttore generale di Acmi interactive, associazione dei costruttori di apparecchi da intrattenimento, non si ti del gioco nel prossimo futuro”. per soli pochi mesi, sino alle zone multicolore dell’ultimo periodo, danno l’idea dell’approssimazione con cui si è affrontata la crisi fino ad oggi. Per quanto concerne i ristori, l’unico dato positivo è il ‘mezzo gaudio’ dato dal ‘mal comune’ nel senso che il nostro, come e più di altri settori, risulta essere penalizzato sul fronte dei sostegni sia per la garanzia e i tempi di elargizione che per la precisa individuazione, all’interno della filiera, degli aventi diritto”, sottolinea Parlati. Per ovviare a tutto ciò, “innanzitutto da parte del Governo ci dovrebbe essere una presa d’atto del ruolo fondamentale del nostro comparto sia sul versante della tutela del consumatore che su quello dell’ordine pubblico e del

contrasto all’illegalità. Una volta preso atto della realtà industriale rappresentata dalla nostra categoria, tra le più importanti del Paese in termini economici, bisognerebbe mettere mano, con la massima urgenza, ad un serio, approfondito e condiviso intervento di razionalizzazione dell’intero sistema. Premessa la presa d’atto citata, appare evidente che lo sforzo necessario per affrontare una riforma che proietti il settore verso un futuro stabile non possa prescindere da una condivisione di intenti. Il mio augurio è che finalmente si metta mano seriamente Rusciano (As.tro) gioco lecito. “A causa della crisi innescata dalla pandemia, è stato - e continuerà ad essere - un anno estremamente difficile per il gioco pubblico che già prima tentava di resistere alla stretta proibizionista delle normative locali ed agli incessanti inasprimenti fiscali (a inizio anno, il Preu sulle Awp sale al 23,85 percento) e con lo scoppio dell’emergenza sanitaria è stato uno dei più danneggiati dai provvedimenti governativi. Il settore è stato tra i primi a subire le chiusure e tra gli ultimi a poter riaprire: il volume della raccolta quasi dimezzato ne è la riprova. L’unico comparto che, per incrementare le entrate e finanziare il ‘Fondo salva sport’, è stato colpito da un inasprimento della tassazione con l’aumento dello 0,5 percento sulle scommesse, anche in piena emergenza e con le attività chiuse”. Se prendiamo in considerazione le sospensioni delle attività economiche e produttive disposte con i vari Dpcm, ricorda Rusciano, “il gioco è stato tra i settori economici che hanno subito il più lungo periodo di interruzione, con alcune Regioni che, durante il primo lockdown, hanno prolungato la sospensione ben oltre i termini - ed i parametri - tracciati a livello centrale: abbiamo registrato, il più delle volte, una volontà latente di approfittare della situazione emergenziale per cercare di metterlo in discussione. Per quanto riguarda le misure di sostegno, i sussidi previsti dai vari decreti legge, pur rappresentando interventi di vitale importanza, ad oggi non sembrano purtroppo sufficienti a scongiurare il rischio che gran parte delle imprese del gioco pubblico possano riprendere l’attività e, comunque, mantenere i livelli occupazionali esistenti prima dell’insorgenza di questa ‘seconda ondata’: le misure non arrivano subito o comunque si avvertono dei ritardi più o meno colpevoli, come per la questione dei codici Ateco delle aziende escluse inizialmente dal decreto Ristori”. Per superare tutto questo, “sarebbe necessario intervenire e con una ferma volontà, sia a tutela dei consumatori, che del Governo, che delle migliaia dei posti di lavoro garantiti dal comparto, alla tanto attesa riforma. Un fondamentale intervento che dovrà coinvolgere Parlamento, Enti locali, Esecutivo e le principali associazioni di categoria. Se avremo la capacità e la volontà, tutti insieme, di remare nella stessa direzione nell’interesse comune, dimenticando quello personale e di bottega, probabilmente, fra qualche mese, potremo dire che dalla crisi ne saremo usciti migliori

«Governo dia un supporto concreto al settore»

Adesprimere il punto di vista di As.tro è Isabella Rusciano, membro del Centro studi dell’associazione che rappresenta gli operatori del e più forti di prima.” sui numerosi fattori di criticità che colpiscono il settore, ma che non riguardano solo il fronte economico legato all’emergenza, per cui sarebbe fondamentale che lo Stato agisse sul versante fiscale con una sospensione della tassazione e la riduzione delle aliquote, nella speranza che a dicembre non ci sia nessun ostacolo alla ripartenza se il comparto dimostra di aver adottato tutti i protocolli necessari al contenimento del pericolo contagio (così come avverrebbe per altri settori avente la stessa classe di rischio). Il problema maggiore, tuttavia, è sciogliere, una volta per tutte, il nodo sulla sopravvivenza del gioco pubblico che, soprattutto in questa fase di emergenza, viene strumentalizzato per crociate etiche di dubbia comprensione. L’assenza di una chiara presa di posizione nei confronti del settore e l’atteggiamento ambivalente e contraddittorio dello Stato stanno distruggendo la capacità progettuale delle aziende italiane, essenziale per poter ripartire. Bisogna avere il coraggio di costituire - come già successo nella fase della legalizzazione dei primi anni 2000 - una commissione parlamentare che, scevra da pregiudizi e numeri inventati, stabilisca con dati oggettivi, e coinvolgendo i vari portatori di interesse, se abolire il gioco oppure farlo diventare un asset importante dello Stato come negli altri Paesi europei. In quest’ultimo caso, lo Stato - che è l’azionista di maggioranza - lo deve regolamentare e tutelare, come fa per gli altri settori di appendice pubblica. Le imprese non possono continuare a lavorare con una politica che non dà certezze, neanche quelle minime”, rimarca Rusciano. La speranza è quindi che, “terminata questa emergenza, il Governo ascolti le istanze che si levano da più fronti e, riaffermata la valenza del settore, ponga mano al suo riordino urgente: la condizione delle aziende di gioco legale sotto la morsa della miriade di restrizioni locali che ne impediscono l’offerta sulla quasi totalità dei territori è un problema che si riproporrà una volta terminata l’emer- >

genza e rischia di compromettere seriamente la ripartenza dell’industria. Ed è proprio il territorio ed il potenziamento di quei percorsi di interlocuzione con gli stessi che aiutano a conoDistante (Sapar) stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire. Ancora una volta, siamo chiusi, non sappiamo quando riapriremo e credo – con la speranza di essere smentito - che saremo di nuovo gli ultimi a riaprire”, commenta amaro Domenico Distante, presidente di Sapar, associazione nazionale gestori giochi di Stato. “Negli ultimi due anni abbiamo dovuto cambiare il parco macchine per le varie norme che si sono susseguite e non è stato un problema di poco conto. Avevamo già in corso la sostituzione e l’acquisto di apparecchi e questo purtroppo ha pregiudicato tutti gli investimenti fatti. In questa situazione di emergenza purtroppo il nostro settore è ancora visto in malo modo, anche se dà oltre 10 miliardi di euro allo Stato italiano ogni anno. Non ci nascondiamo che parte del Governo, mi riferisco ai Cinque stelle, rappresenta il gioco pubblico come il ‘diavolo’, non comprendendo che finanzia iniziative come il reddito di cittadinanza, quota 100. Ci sono ministri e vice ministri, spiace constatarlo, che non si interessano del nostro comparto, che continuano a parlarne male, senza rendersi conto che ‘dietro’ le imprese ci sono i dipendenti e tutto l’indotto che ne fa parte. Tutto questo viene dimenticato e ci si ricorda del settore in senso ‘positivo’ solo quando c’è bisogno di entrate per le casse dello Stato. Quindi, sicuramente l’operato del Governo va criticato anche per quanto riguarda il decreto Ristori, e per la confusione fatta sull’introduzione dei codici Ateco sul gioco. Quello che ci è stato dato, e che molti ancora non hanno ricevuto, non basta a salvaguardare le imprese. Spero che con la legge di Bilancio 2021 si possano avere degli altri interventi, a favore delle piccole e medie imprese”, auspica Distante. “Per garantire la tenuta del comparto, chiediamo ormai da anni il riordino nazionale dei giochi, così come era stato stabilito secondo l’accordo in Conferenza unificata siglato nel 2017, ancora inattuato, e previsto anche dal decreto Dignità, che nell’estate 2018 definiva un termine di sei mesi (dalla data di entrata in vigore della legge di conversione in legge) entro il quale metterlo a dimora. Se non c’è un riordino nazionale sia per gli orari sia per le distanze, se non ci sono norme chiare e precise per la salvaguardia di tutti gli investimenti fatti e di quelli che si faranno, questo settore non farà altro che andare alla deriscere e a comprendere meglio il gioco pubblico e a creare sinergie tra i diversi interessi in causa. Un’attività non può esistere se non trova una giusta e condivisa posizione

«Ripartire dal confronto con le istituzioni»

“Q uest’anno ha tagliato le gambe a tutti quanti e il nostro settore sicuramente è stato fra quelli più colpiti perché, come abbiamo visto, siamo all’interno dei territori che la ospitano”. va. E tutto quello che perde il gioco legale andrà a vantaggio di quello illegale”. Quanto alle speranze per l’anno che verrà, quella di Distante è che l’inizio del 2021 veda le attività di gioco “già aperte. Cominciare l’anno con il comparto ancora chiuso sarebbe terribile. E tutto questo nonostante nelle sale non si sia registrato un solo caso di contagio da Covid. Dal punto di vista del Governo, ovviamente la riforma è fondamentale, i bandi di gara devono essere modificati, perché non tutelano le piccole e medie imprese del settore che sono da 40 anni sul mercato, e ci devono essere almeno altri 36 mesi di proroga, proprio per far sì che – insieme – associazioni di categoria, istituzioni, Governo, possano arrivare ad un punto di concertazione per trovare la migliore soluzione possibile per le aziende, per garantire ai dipendenti e all’indotto di continuare a lavorare, a stare sul mercato e a produrre reddito. L’associazione Sapar è stata sempre disponibile al dialogo, al confronto, che fa bene a tutti, perché molti non conoscono il settore, non sanno come funziona, e magari poi legiferano peggiorando le cose, con emendamenti e norme inseriti all’ultimo secondo. Per me il confronto è essenziale, l’ho sempre cercato, perché è sempre la migliore soluzione. Non ci dimentichiamo che quando è stata fatta la legge di Stabilità 2015 invece di aumentare il Preu si scelse di approvare la scellerata norma dell’una tantum dei 500 milioni. Questo non ha fatto altro che provocare ricorsi ai tribunali e ancora oggi ci sono delle cause pendenti. L’anno dopo poi venne approvata una norma con cui si cercò di ‘mettere una pezza’ ma abbiamo visto che poi non è servita a nulla neppure quella. Per ripartire e rinnovare il dialogo io conto molto sul direttore generale di Adm, Marcello Minenna, che è entrato a gamba tesa sulla questione e ha chiesto da più parti un confronto con le associazioni, manifestando l’intenzione di riformare il settore. Spero che questa sia la spinta decisiva per aprire un tavolo unico con il Governo, Adm e gli attori della filiera, per far sì che il gioco pubblico possa continuare a produrre reddito ed entrate, sia per lo Stato sia per le aziende e per i dipendenti”.

Ughi (Obiettivo 2016) «Intrattenimento per tornare alla socialità»

Togli le panche e metti le sedie distanziate, incollate a terra; segni sul pavimento, dispenser gel igienizzante, pulizie, sanificazioni, chiusi; aperti; aperti solo fino alle 22; chiusi del tutto. È stato un anno così un po’ per tutti i settori produttivi del Paese e del mondo ma il gioco o, per dirla con un termine più ampio, il settore dell’intrattenimento è stato forse, per la sua natura, il più colpito. Ferito, verrebbe da dire parlando con Murizio Ughi, numero uno dell’associazione Obiettivo 2016 che focalizza la propria attenzione su un aspetto non secondario fra quelli delle conseguenze dell’epidemia: l’isolamento. “Questo virus – osserva – ci ha costretto a rintanarci lontano da tutti, ci ha fatto perdere l’essenza del nostro essere ‘animali da branco’ e se quest’anno in alcuni casi lo Stato ha abusato della sua autorità disponendo per le imprese del gioco la totale chiusura, pur consapevole del rigoroso rispetto delle regole e dell’assenza di rischi di contagio nelle sale dedicate, mentre dava ad altre la possibilità di esercitare la propria attività, per il prossimo anno sarà chiamato a restituire al comparto l’immagine che merita. Per ora intanto chiediamo ristori adeguati. Il mondo dell’intrattenimento che va dal più grande dei teatri, alla più piccolo dei corner scommesse, avrà un ruolo fondamentale nel ritorno alla normalità e alla socialità. Perché nel gioco non c’è solo la vincita in denaro, quando arriva, ma il fascino di vincere soprattutto contro sé stessi, mettendo talvolta in campo la propria abilità. Noi siamo convinti che giocare faccia bene, certo sempre purché non se ne abusi” - sottolinea-. Non va dimenticato, in questo contesto, che laddove hanno perso incassi le imprese del gioco, si sono andate sensibilmente sgonfiando anche le entrate nelle casse dello Stato: “Anche considerato questo punto di vista siamo ritenuti ingiustamente un settore non necessario, e se tutto l’intrattenimento è considerato tale, ok ci mettiamo in fila come tutti e aspettiamo, per ragioni sanitarie dettate dall’emergenza in atto, ma dal momento in cui tutto riaprirà, non rimarremo certo a guardare”. Inutile dirlo, c’è voglia di tornare ad alzare le saracine-

sche e lavorare anche per evitare il collasso economico: “Intanto coi Ristori – dice Ughi - lo Stato deve recuperare nei nostri confronti, serve liquidità per i ricavi mancati”. Ma non sono solo le chiusure prolungate delle attività a pesare sui bilanci aziendali, il 2020 è stato anche l’anno del decreto Rilancio, quello col quale è stata introdotta la tassazione dello 0,50 percento sulle scommesse per il cosiddetto Fondo SalvaSport. Un provvedimento non digerito dagli addetti del comparto e in sostituzione del quale, è proprio Ughi a proporre un piano B: la reintroduzione delle sponsorizzazioni del betting nel mondo del calcio. “Per aiutare lo sport – argomenta l’amministratore unico di Obiettivo 2016 - è molto più utile del contributo dello 0,50 percento sulla raccolta”. Sulla stessa lunghezza d’onda di Paolo Dal Pino, presidente della Lega Calcio di Serie A, Ughi sostiene che dare la possibilità alle società di scommesse di poter sponsorizzare nuovamente il monChiacchio (Giocare Italia) generale le restrizioni imposte per via della pandemia di Covid-19, è un anno che non può essere preso in considerazione”. Questo il pensiero di Pasquale Chiacchio, presidente della neonata confederazione rete vendita del gioco pubblico “Giocare Italia”, segno di un settore che nonostante tutto non vuole arrendersi. E quando si dice nonostante tutto, non c’è solo il virus di mezzo: quello ha stravolto la vita di molti. Quando si entra nella dimensione del gioco, il “nonostante tutto” vale una lunga lista di ostacoli culturali che costringono gli addetti ai lavori a ribadire ad ogni buona occasione che la loro attività ha luogo in un contesto di legalità ma che li vede scontrarsi anche con difficoltà di accesso al credito proprio per la natura delle attività che rappresentano. “Decisamente da non replicare il 2020, ma anche difficile da dimenticare. E se c’è una cosa che ci ha insegnato, su tutte, è che il settore del gioco va riformato”. Parola d’ordine, in questo senso, per Chiacchio è sempre “confronto”, la mediazione ai tavoli politico-istituzionali; e di carne al fuoco ce n’è tanta da mettere. Considerate le minori entrate l’attenzione è focalizzata sugli aiuti del Governo ma tamponare non può bastare: “Il sistema non può più reggere se si continuano a introdurre forme di prelievo tributario anche quando i ricavi scendono sensibilmente. Confidiamo – prosegue – nella sensibilità e nelle capacità del direttore generale di Adm Marcello Minenna e del Sottosegretario al Mef, Pier Paolo do del pallone garantirebbe non solo delle entrate importanti per lo sport, ma consentirebbe altresì anche ai più piccoli concessionari di reclamizzare i propri marchi nei circuiti di riferimento, con un ritorno di immagine che difficilmente otterrebbero in maniera diversa”. Quello che verrà, sperando sia l’anno del superamento della pandemia di Covid-19, potrebbe essere l’anno di avvio dell’iter per scrivere il Testo unico dei giochi, per il quale il direttore generale di Adm ha chiesto la delega: “Marcello Minenna è presenzialista e comunicatore eccezionale. Sono sicuro – afferma fiducioso - che riuscirà a restituire un’immagine adeguata al settore del gioco, da così lungo tempo bisognoso di riordino ma è a capo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli da poco tempo. Perché dunque – avverte Ughi – si restituisca un sistema innovativo del gioco, rispondente alla richiesta di mercato, Minenna deve tendere l’orecchio

«A testa alta verso il 2021»

“P iù che un bilancio no comment, se uno volesse descrivere i risultati del 2020 dovrebbe dire no contest, perché con le chiusure e in alle associazioni di categoria”. (Mr) Baretta, che ci sia con loro la condivisione di azioni risolutive per tutte le attività del comparto”. Una richiesta di incontro è già stata inviata ad Adm e l’obiettivo, nel confrontarsi, sarebbe proprio quello di gettare le basi per scrivere una nuova pagina della storia del gioco in Italia. Chiacchio cala allora il tris di priorità: “Servono regole certe e uguali per tutti. C’è inoltre la necessità – prosegue Chiacchio – di fissare un’imposta che sia sostenibile, che tenga in considerazione le necessità delle casse dello Stato da un lato ma anche quelle delle imprese per la loro sopravvivenza. E a questo proposito sarebbe bene che non si intervenisse poi successivamente di tanto in tanto con nuovi balzelli”. Al terzo posto nella lista delle priorità, ma non certo per minore importanza, Chiacchio mette la lotta all’illegalità: “Che sia capillare, è un mostro che va debellato”. In generale, quello che serve al settore, anche secondo Giocare Italia, è un’immagine diversa da quella che arriva oggi a molti. Le proposte: “Campagna di comunicazione sugli investimenti che i ricavi del gioco consentono e stop alle discriminazioni bancarie, siamo una parte produttiva del Paese che lavora onestamente. Abbiamo chiesto un incontro all’Abi. Siamo a disposizione della politica e dell’ente tecnico, vantiamo una certa esperienza, siamo pronti a fornire un contributo che siamo sicuri possa essere molto utile”. (Mr)

Ristori congrui e veloci per l’amusement

Il Covid-19 blocca ancora il mondo del gioco senza vincita in denaro, infliggendo un nuovo duro colpo a un settore già in crisi

di Michela Carboni

Seconda battuta d’arresto per il mondo dell’amusement italiano, con il nuovo giro di vite del Governo sulle sale da gioco, causa Covid 19. “C’è sconforto in tutto il settore, dopo un’estate che ha segnato una perdita di almeno il 50 percento, queste ulteriori restrizioni non fanno altro che accentuare le difficoltà che già attanagliano il comparto dell’intrattenimento per le famiglie, per non parlare delle attività che concentrano il loro lavoro nella parte invernale dove la perdita presunta sarà del 90 percento”, sottolinea Vanni Ferro, presidente dell’associazione New Asgi Italia, che rappresenta gli operatori di soli giochi di intrattenimento e per famiglie. “A questo punto penso sia inutile parlare di occupazione, sarà da vedere invece quante aziende riusciranno a sopravvivere e riaprire dopo questa nuova batosta”. In che modo state pensando di far fronte alla decisione contenuta nel nuovo Dpcm?

VANNI FERRO, PRESIDENTE NEW ASGI “Una delusione che deriva anche dal non riconoscimento dell’impegno e degli sforzi che i nostri gestori hanno fatto per contrastare la pandemia. Nelle nostre sale sono state adottate in maniera scrupolosa tutte le misure necessarie per contenere il contagio, con la segnaletica, gli schermi anti droplets (barriere di protezione anti virus, Ndr), i distributori di gel ogni dieci metri quadri, contingentando l’accesso e quant’altro, con spese e investimenti non indifferenti, rendendo le nostre sale sicure; prova ne è che nessuna contravvenzione, contagio e/o focolaio e stato segnalato o addebitato alla frequentazione delle sale per famiglie, ed è proprio per questo che oggi non riusciamo a capire le ragioni di una chiusura H24 e non invece un’apertura parziale come per molte altre attività”. Che ricadute si avranno in termini occupazionali? “Ad oggi non si intravvedono possibilità di intervento, i vari Dpcm oramai a cadenza quasi settimanale ci vengono calati dall’alto, senza confronto con gli enti locali e tanto meno con le associazioni di categoria, dettati solo dalle strette regole dell’Oms (Organizzazione Mondiale della sanità), che noi non ci sentiamo e non abbiamo le competenze per giudicare, ma invece intendiamo far sentire la nostra voce in merito ai ristori alle aziende, che devono essere congrui e veloci, se non vogliono vederci soccombere”. Come associazione come pensate di intervenire? “Da anni sosteniamo che il comma sette deve trovare una sua regolamentazione specifica per il gioco per famiglie senza vincita in denaro, completamente staccata da tutto il settore con vincita in denaro. Ci auguriamo che con il Dl 104 del 14 agosto 2020 n.104 convertito in legge n. 126 del 13 ottobre 2020, nel quale il Governo dà tempo nove mesi all’Agenzia delle dogane e dei monopoli per la stesura di una nuova regolamentazione di tutto il comma 7, si trovi finalmente la giusta definizione di questo settore a cui è stato rubato anche il nome di sala giochi. Per questo la nostra associazione assieme a tutte le associazioni di categoria ha da tempo inviato una richiesta per un incontro al direttore generale dell’Adm, Marcello Minenna, al fine di istituire un tavolo di lavoro e confronto, per cercare di dare il nostro contributo attivo alla stesura del nuovo documento”. Quali sono gli auspici per il futuro del comparto? “L’auspicio per il futuro è che, passata la fase pandemica, la quale sicuramente ci lascerà in eredità una forte crisi economica globale, si possano avere finalmente nuove regole chiare, una burocrazia più snella e una fiscalità onesta, per permettere al nostro comparto e non solo, ma a tutti gli imprenditori di riprendere fiducia per poter ricominciare”.

Gli esami non finiscono mai

ATTILIO D’ALESIO

ELIO PAUTASSO

FRANCESCA MAGLIONE Ancora un anno travagliato per l’ippica, che spera nel rilancio promesso dal Mipaaf. Ecco i bilanci e le aspettative delle associazioni rappresentative degli ippodromi e delle categorie. di Francesca Mancosu Unariforma radicale che mantenga la filiera unita. È la richiesta comune avanzata dagli operatori dell’ippica – dalle società di corse alle rappresentanze di allevatori, allenatori e guidatori – in questo fine anno, che potrebbe vedere la sua realizzazione già con la prossima legge di Bilancio. E quasi tutti approfittano dell’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

Coordinamento ippodromi: «Una normalità da ricostruire»

Iniziamo dalle società di corse e, in rigoroso ordine alfabetico, dal Coordinamento ippodromi, con il presidente Attilio D’Alesio. “Il 2020 è stato una ‘catastrofe’ da tutti i punti di vista. Per quanto riguarda l’ippica,da marzo a maggio le corse dei cavalli sono state sospese e poi gli ippodromi hanno lentamente ripreso l’attività con la limitazione degli accessi al pubblico ed ora stanno svolgendo le corse ‘a porte chiuse’. Spero che si possa tornare presto alla normalità”. Quanto alla riforma in arrivo, D’Alesio auspica di conoscerne al più presto il testo “per poterla esaminare nel dettaglio e giungere ad una ampia condivisione”, ribadendo, a suo modo di vedere, che il settore non possa “continuare ad essere gestito dal Mipaaf” (che dovrebbe “sostenere l’allevamento del cavallo”) e che debba essere ritenuto uno sport a tutti gli effetti, con risorse certe, definite e svincolate dalle scommesse. Senza dimenticare la necessità di “fare squadra per riportare la gente all’ippodromo e far appassionare i giovani” e di tutelare “il grande legame tra gli ippodromi e le città in cui hanno sede”. Con un desiderio: “Che ci si liberi dal Covid e da questa catastrofe sanitaria e sociale, si riprenda finalmente a vivere normalmente e si possa andare anche negli ippodromi a vedere belle ed avvincenti corse dei cavalli”.

Federippodromi: «Riforma parta da ciò che c’è già»

In rappresentanza di Federippodromi, interviene Elio Pautasso. “Come già più volte e da molti anni affermiamo (leggi Delega fiscale prima e Collegato agricolo poi, finiti in un nulla) la filiera ha la necessità di una radicale riforma che cambi l’organizzazione del settore, dia certezza sulle risorse stanziate, e permetta un vero rilancio a livello sia domestico che internazionale. Le potenzialità ci sono e ne abbiamo la prova ogni qual volta va in scena un evento di rilievo (come ad esempio i Derby a Roma, il Lotteria a Napoli, il Campionato Europeo a Cesena), il pubblico in queste occasioni risponde e si diverte. Ma serve molto di più per un rilancio del nostro settore. E crediamo che diventare una federazione sportiva che andrà a sostituire la Federazione italiana sport equestri non sia proprio la strada giusta. Basti dire che in nessuna nazione al mondo le corse dei cavalli sono organizzate, gestite e controllate dal locale comitato olimpico”. Quanto alla stretta attualità e all’emergenza Covid, Pautasso ritiene che per ora “non ci siano alternative alle corse a porte chiuse, ma sarebbe da rivedere la chiusura delle sale scommesse, dove invece si era già fatto un eccellente lavoro di prevenzione dei contagi mettendo in atto tutto quanto era stato previsto dai protocolli. Sul Dl ristori, noi ippodromi, come aziende, nel primo decreto abbiamo avuto solo la limitazione del fatturato che ad alcune società non ha impedito di accedere al contributo a fondo perduto. Nel secondo è stato eliminato il limite del fatturato e quindi possiamo avere tutti diritto al ristoro con i metodi di calcolo fissati ad aprile”. Quanto alla “riforma L’Abbate”, il presidente di Federippodromi rilancia l’idea di “utilizzare una società in house che il ministero ha già (Unirelab Srl), con i necessari correttivi. Oppure di creare un’Agenzia (stile Adm) mantenendo in ogni caso la filiera unita e sotto la gestione ed il controllo (Mipaaf e Mef) di una sola entità. Dando certezze per le risorse, per fare una programmazione pluriennale. Oltre ai provvedimenti di legge (Legge 2/2009), dobbiamo utilizzare tutti i canali disponibili, come i diritti Tv, la fiscalità che genera il settore stile ‘Sport e Salute’, le sponsorizzazioni, l’innovazione delle scommesse e così via”.

Gruppo ippodromi associati: «Settore lasciato senza sostegni»

L’unica voce femminile di questo bilancio è quella di Francesca Maglione, del Gruppo ippodromi associati. “Questo è stato un anno molto particolare perché il Covid ci ha messi a dura prova, sia dal punto di vista economico che emotivo. Anche se in verità sono già diversi anni che il nostro settore è sotto pressione. Credo che i protocolli anti-Covid siano stati scelte dovute, perché la tutela della salute degli operatori e dei nostri dipendenti deve essere sempre al primo posto.

Rispetto agli aiuti, devo constatare con amarezza che il nostro comparto non ha potuto beneficiare di chissà quali sostegni e quindi ha dovuto come sempre fare conto sulle proprie forze. Ritengo inopportuna la tassazione dello 0,5 percento sulle scommesse ippiche: perché si va a penalizzare lo scommettitore, che è invece la colonna portante del nostro settore, e perché a beneficiare del fondo su cui andrebbe il prelievo sono solo le associazioni dilettantistiche. Quanto alla proposta di L’Abbate, potrebbe anche avere un senso e ed essere buona poiché basata su concreti passaggi. Ma credo che vada ancora discussa ed elaborata. In, fondo, ci siamo incontrati solo una volta e non conosciamo i dettagli”.

Anac: «Confronto serio tra l’Esecutivo e le categorie»

Passando alle categorie degli ippici, la parola passa a Massimo Parri, presidente dell’Associazione nazionale allevatori cavalli purosangue. “Ovviamente questa pandemia ha condizionato tutto ed anche l’ippica, e, il galoppo in particolare, che in primavera ha le Classiche per i 3 anni oltre ad importanti Gran premi ed ha dovuto stravolgere la programmazione, anche se alla fine le corse più importanti sono state recuperate. Anche le aste e le vendite dei puledri hanno subito una importante contrazione e di sicuro l’allevamento è stato una delle attività ippiche che più ne hanno più risentito”, ricorda. “Relativamente ai ‘ristori’, fino ad ora gli importi ricevuti sono davvero modesti e ritengo che per come sono strutturati i nuovi Dl non ci sia da aspettarsi grandi risorse. Quanto alle scommesse ippiche, sono anni che il settore ne chiede una ristrutturazione, speriamo che avvenga quanto prima”. L’auspicio finale anche per Parri è che si arrivi al rilancio del settore, che da anni sta aspettando “un intervento serio della politica, con un confronto tra l’Esecutivo e le categorie, affinché gli ippici non si trovino, come avvenuto con il Governo Monti, di fronte al fatto compiuto, pagandone pesantemente le conseguenze”.

Anact: «Assicurare una riforma strutturale delle scommesse ippiche»

Secondo il neo presidente dell’Associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore, Ubaldo La Porta, “occorre uno sforzo comune per far fronte all’emergenza scongiurando una nuova, possibile chiusura delle attività di corse e, quindi, proporre un piano di rilancio complessivo che permetta un nuovo inizio, cogliendo nella crisi emergenziale l’ultima opportunità di ripresa”. Lavorando per “portare a sistema le eccellenze raggiunte dagli allevatori italiani” che nel 2020 hanno conquistato importanti successi sportivi, “esaltandole nel loro complesso e ottenendo, anche dallo Stato, il meritato riconoscimento”. Quanto alla gestione dell’emergenza, per La Porta “sono mancate - e mancano ancora, anche nei più recenti provvedimenti normativi - misure specifiche di sostegno al settore, che avvertirà già nel prossimo anno le conseguenze derivanti dal calo verticale delle scommesse dovuto all’arresto forzato del gioco. E certamente la nuova tassa non aiuta, rendendo sempre più urgente una riforma strutturale delle scommesse ippiche che non confligga, tuttavia, con le esigenze del comparto a conservare invariate le misure di sostegno di cui attualmente gode”.

Anag: «Corse appetibili, ma operato del Governo inadeguato»

Per l’Associazione nazionale allenatori galoppo, il presidente Ottavio Di Paolo evidenzia che nel 2020 “il settore ha tenuto alle problematiche della pandemia con rigore e disciplina. Nelle pattern race poi vi è stata un affluenza di cavalli stranieri maggiore rispetto agli anni passati: questo denota un ottimo lavoro svolto dagli uffici tecnici degli ippodromi ma soprattutto è sintomo di appetibilità delle nostre corse, fiducia da parte degli allenatori stranieri nelle piste italiane ed è altamente positivo per garantire un certo status alle pattern”. Invece, “l’operato del Governo nei riguardi del settore non è stato adeguato. Dalle problematiche legate al portale Sian a quella dei libretti fermi per i cavalli comprati all’estero, i ritardi nei pagamenti e la totale assenza di indicazioni, se non sollecitate dalle associazioni. Per non parlare della totale dimenticanza dell’ippica da parte del nostro Ministero quando, a seguito del lockdown di marzo, si sono riaperte diverse attività sportive a porte chiuse”. Per l’immediato futuro, Di Paolo chiede che “si faccia realmente una riforma che abbia come unico scopo il rilancio del settore e non l’ennesimo ‘passaggio di consegne del problema ippica per incapacità gestionale’. La condizione in cui si trova non è più accettabile”.

Siag: «Ristori indecenti, allenatori guidatori non riconosciuti»

Concludiamo la nostra carrellata con il Sindacato italiano allenatori guidatori e con il suo segretario, Roberto Faticoni. Che evidenzia le “luci” di questo 2020, con il mantenimento di montepremi, giornate di corse e Gran Premi, e la necessità di una verifica sul Preu. “Un successo rispetto a come sarebbe potuta andare a finire la situazione anche per via dell’emergenza Covid”, sulla cui gestione auspicava “più regole e più controlli”. Quanto ai “ristori governativi”, Faticoni qualifica come “indecenti” quelli previsti per i guidatori allenatori nei mesi di stop del settore “per via del non riconoscimento della categoria”. Categoria che dopo la ripresa delle corse “non ha più diritto a contributi”. Per l’oggi il segretario del Siag chiede un “unico interlocutore, una direzione dedicata o un ministero con cui poter discutere in tutte le sedi istituzionali”, superando i lacci burocratici e garantendo il “riconoscimento per i professionisti, la governance agli ippici, enti tecnici, pagamenti celeri. Tutto sotto il controllo dello Stato”.

MASSIMO PARRI

UBALDO LA PORTA

OTTAVIO DI PAOLO

ROBERTO FATICONI

Una mission incompresa

di Anna Maria Rengo

Il presidente uscente di Federgioco, Maurizio Salvalaio, ribadisce la specificità dei casinò tricolori e la capacità delle loro società di gestione di affrontare i problemi derivanti dalla pandemia

Nella buona forse no, ma nella cattiva sorte certamente sì. I casinò tricolori sono stati assimilati a sale giochi, bingo e scommesse e il 2020 è stato anche per essi caratterizzato, non certo positivamente, dal duplice lockdown che ha messo in serissima difficoltà società di gestione, lavoratori e proprietà. Alla scadenza del suo mandato, con il presidente uscente di Federgioco Maurizio Salvalaio, che è anche presidente della Casinò di Venezia Gioco Spa, facciamo il punto un anno che senza alcun dubbio è stato il peggiore, non solo per le Case da gioco, perlomeno dal secondo dopoguerra a oggi, cercando al contempo di tracciare un percorso che possa consentire ad aziende e proprietà di sopravvivere alla pandemia e riprendersi. “Il settore casinò è giunto alla situazione contingente della crisi pandemica già fortemente provato da restrizioni in termini di promozione e pubblicità. Non si è voluto comprendere come la mission dei casinò italiani, società di gestione a completa partecipazione pubblica, sia sostanzialmente un’attività di intrattenimento, sicura, protetta e accessibile esclusivamente a un pubblico maggiorenne. Il 2020 sarà sicuramente ricordato come l’anno peggiore per il settore, ma le società di gestione hanno dato prova sin dal primo lockdown di una forte propensione al problem solving, analizzando e adottando correttori nonchè iniziative in grado di far riprendere le attività”. Pensa che a livello nazionale e regionale si sarebbe potuto ragionare diversamente, al momento di decidere la chiusura di tutti i casinò? “I casinò sono stati chiusi assieme ad altri luoghi aperti al pubblico, e successivamente le restrizioni sono state adottate anche per altri settori. Spero soprattutto in una solerte riapertura nel momento in cui la curva pandemica tornerà, mi auguro per il bene di tutti, a scendere. Ciò anche in ragione del fatto che i casinò sono luoghi aperti al pubblico con accessi controllati e contingentati in misura nettamente inferiore alla portata massima degli spazi, dotati di sistemi elettronici di misurazione della temperatura, separatori in plexiglas in tutte le postazioni di gioco e percorsi sia in ingresso, sia in uscita, in ottemperanza ai protocolli Covid-19”. Che cosa chiedete al governo centrale e agli enti locali per supportare la vostra operatività? “Insisteremo sul concetto di mission pubblica dei casinò italiani. Un modello di business di intrattenimento che produce risorse e benessere per il socio pubblico di riferimento. Luoghi di svago e di leggerezza dedicati ad un pubblico adulto. La concorrenza dei casinò di confine è fortissima. Legare le mani ai casinò italiani non significa arginare un problema, ma semplicemente confezionare un regalo ai Paesi vicini che attraverso l’utilizzo dei canali social pubblicizzano le loro attività in Italia attingendo al nostro bacino di utenza”. I lavoratori dei casinò con quale stato d’animo devono guardare al futuro? “Non è un momento facile ma abbiamo trovato ampia collaborazione da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali”. Il lockdown ha in qualche modo facilitato una riflessione su nuovi modelli di business? “Sicuramente il lavoro agile ha aperto nuove prospettive di organizzazione del lavoro. In Italia in tal senso c’è ancora molto da realizzare, ma la tecnologia in questo periodo è risultata fondamentale per abbattere qualsiasi distanza, anche lavorativa.Ovviamente il lavoro agile è una modalità che non può essere attuata per il settore del gioco lavorato, ma solo per i settori amministrativi”. Qual è il futuro che si prospetta invece per Federgioco e quale potrà essere il ruolo che potrà svolgere in futuro? “Federgioco è l’espressione dei casinò italiani, i quali sono realtà imprescindibili. È una piccola associazione di categoria che racchiude in sé un grande know how. L’unione di categoria resta un caposaldo anche per gli anni a venire”.

Il digital che fa tendenza

di Cesare Antonini

Il punto dell’anno che sta per andare in archivio da parte dell’associazione dei concessionari di gioco online “punto it” Logico e del suo presidente Moreno Marasco

L’avvio del 2020 per il gioco online era stato promettente: secondo i dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’aumento anno su anno da gennaio 2019 a gennaio 2020 era intorno al 31percento. Poi è arrivato il lockdown, dove tutti si aspettavano un grande exploit del settore, tenuto anche conto del fatto che nel 2019 l’online si è attestato al 9 percento dell’intero comparto giochi e scommesse. “Ebbene, non solo l’exploit non c’è stato ma si è addirittura registrata una flessione del 4 percento rispetto a febbraio e dovuta a vari fattori tra i quali spiccano la sospensione delle competizioni sportive e il disturbo del gioco illegale che imperversa sul web anche a causa del divieto di pubblicità”, avvia la sua riflessione il presidente di Logico, Moreno Marasco. Anno pazzesco davvero anche perché il lockdown è stato segnato anche dall’iniziativa della Figc per l’introduzione della tassa Salvasport: “Nonostante le proteste di tutto il settore scommesse, il Governo ha varato questa iniqua imposta che proprio in queste ore viene discussa nei tribunali di giustizia amministrativa. Siamo intervenuti come associazione per tutelare politicamente e giuridicamente i nostri associati che versano già qualcosa come il 24 percento di imposte rispetto al loro fatturato. La tassa dello 0,5 percento calcolata (senza alcuna cognizione di causa) sulla raccolta, comporta fino ad un 30 percento in più di impatto sul fatturato”. Per non parlare del betting exchange “che in virtù della norma – prosegue Marasco - avrebbe dovuto versare addirittura il 111 percento. In seguito alla determinazione direttoriale di Adm, Betfair si è ritrovata un conto complessivo di 3,2 milioni di euro, da pagare entro il 30 novembre, per il periodo maggio-settembre, pari al 20 percento del contributo dovuto dall’intero mercato online, a fronte di una quota di mercato dell’1,9 percento. Al loro ricorso si sono aggiunti altri ricorsi, attendiamo l’esito finale ma intanto abbiamo chiesto all’Adm una sospensione del tributo”. Per non farci mancare nulla, sempre nel mese di ottobre, sono pervenute comunicazioni di Adm ad alcuni associati Logico, per segnalare l’approssimarsi della data di scadenza delle concessioni: “Avevamo in precedenza segnalato come dal punto di vista giuridico non esistesse la questione delle scadenze, indicando che nella legge di stabilità 2016 un riferimento normativo certo sul progressivo allineamento temporale, al 31 dicembre 2022, di tutte le concessioni sulla commercializzazione dei giochi a distanza. Purtroppo, non siamo stati ascoltati e ora ci troviamo con una serie di contenziosi al Tar del Lazio che interessano potenzialmente una trentina di concessionari. Nel concedere la sospensiva ad ottobre 2021, la seconda sezione del Tar ha già confermato la bontà della nostra interpretazione. Queste liti rischiano di costare inutilmente molto in termini di tempo e denaro, sia al privato che al pubblico”. Siamo in una fase di parziale chiusura e temiamo una nuova festa del gioco illegale: “Siamo in attesa che Adm in persona del suo direttore generale Marcello Minenna, porti avanti il programma di contrasto all’illegalità. Lo ha di recente ribadito e ritengo che le sue intenzioni siano affidabili: togliere spazio all’illegalità significa fare interventi corretti non soltanto moralmente ma anche utili per il bilancio dello Stato, perché si recuperano risorse, nonché di tutela verso gli operatori legali - , prosegue Marasco – e speriamo che – dopo aver più volte contraddetto se stesso – il Governo italiano possa finalmente ritrovare coerenza verso un settore che esiste proprio per togliere spazio e risorse alla criminalità. E per il futuro? “Siamo ottimisti perché lo spostamento delle attività dal fisico al digitale è una tendenza forte in tanti settori e il tempo porterà l’online ad una crescita sempre maggiore. Dobbiamo prepararci a gestire online numeri sempre crescenti, mantenendo lo stesso alto livello di offerta e di tutela verso i minori, i giocatori problematici, la ludopatia in generale e il riciclaggio, precorrendo la regolamentazione nell’innovare in tali ambiti”, conclude Marasco.