RED Rigenerazione Edifici Dismessi - Luca Cretella e Gian Maria Mazzei

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RED



Politecnico di Torino A.A. 2012/2013 Corso di Laurea Magistrale in

Architettura Costruzione CittĂ

RED

Rigenerazione Edifici Dismessi Ipotesi di un processo che rigeneri edifici pubblici dismessi utilizzandoli come strumento di riattivazione economica, urbana e sociale

Candidati

Luca Cretella Gian Maria Mazzei Relatore

prof. Gianfranco CavagliĂ


Indice Presupposti teorici

Introduzione

4

Espletamento dei temi sensibili

6

Sostenibilità,8 Consumo del suolo,10 Ristrutturare e conservare,11 Un territorio complesso,12 Rigenerazione urbana,13 Mercato del lavoro,17 Piccola e media impresa,18 Associazionismo,23 Politiche giovanili,26 Le concessioni,33 Le “r” della rinascita,35

Cenni sulla teoria dell’analisi degli Stakeholders 37 Analisi Stakeholders,38 Il potere degli Stakeholders,39 Le tipologie di Stakeholders,40 Le tipologie di Stakeholders (schema),41 Gli stakeholders nello Spatial Planning,42

Rilevamento realtà

Indagine su bandi di finanziamento per soggetti economici under 35

46

RED

Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici,47 Piano giovani,47 Imprenditori per i giovani sul territorio,48 Incubatori non tecnologici,49 Manifestazione d’interesse per l’insediamento di attività presso l’ex Incet lotto 3,49 FaciliTo,50 Avviso per la presentazione di idee progettuali per “Smart Cities and Comunities and Social Innovation”,51

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Interviste ad esempi di Best Practices

53

Temi emersi dal dialogo con le Best Practices (schema),54 Comitato“Progetto The Gate”,55 Comitato“Parco Dora”,58 Comitato“Urban - Barriera di Milano”,62 Assessorato Area Metropolitana, Casa e Demanio - Comune di Milano,66 Assessorato Politiche Giovanili, Rigenerazione Urbana, Fondi Europei, - Comune di Torino,70 Casa del quartiere “Cecchi Point”,73 Associazione “URBE rigenerazione urbana”,76 Associazione “Grisù”,79

Cenni sul patrimonio immobiliare del Comune di Torino

84

Considerazioni e panoramica,85 Considerazioni sul Patrimonio Immobiliare da affidare in concessione d’uso,87

Analisi digerita

Analisi degli obiettivi

90

Obiettivi emersi dai temi sensibili(schema),91 Patrimonio edilizio dismesso,92 Fare impresa,93 Piccole e medie imprese,93 Under 35,94 Indotto per il locale,95 Rigenerazione urbana,95 Contratto etico,96 Network d’imopresa,96 Condivisione cooperazione,97

Fattori critici emersi dal dialogo con le Best Practices

98

Fattori critici emersi dal dialogo con le Best Practices(schema),99 Una scelta politica,100 Concessione d’uso,100 Corte dei Conti,102, “De minimis”,102 Trust,103 Selezione dell’edificio,103 Intermediari,104 Lavori edilizi,105 Supporto tecnico,105 Democrazia interna,105

Analisi S.W.O.T. degli obiettivi

107

InPunti di forza,108 Punti di debolezza,108 Opportunità,109 Minacce,109

Il Processo

Analisi degli attori del processo RED

112

Mappa degli attori RED(schema),113 Guida alla lettura della mappa,114 Gli attori,115

Fasi del processo RED

121

Mappa degli attori e delle fasi RED(schema),122 Municipalità,124 Regolamento comunale,124 Delibera comunale,124 Agenzia di sviluppo,125 Associazione partecipata dall’Università,125 Avviso pubblico di selezione,126 Contratto,126 Associazione RED,126

Definizione delle strategie

128

Sfruttare ogni punto di forza,129 Eliminare ogni debolezza,129 Beneficiare di ogni opportunità,130 Ridurre ciascuna delle minacce,132 Conclusione,133 Mappa delle strategie(schema),134


Tentativi di processo RED

136

Lotto 33, fabbricato in via Cumiana angolo c.so Peschiera,137 Lotto 34, ex complesso scolastico “M. Enrico” di via Bardonecchia,139 Lotto 32, manica ovest dell’ex complesso industriale Incet,141

Conclusioni

Una tesi in divenire

144

I temi del piano RAC,145 Gli attori RAC,146 Considerazioni,147 Presupposti teorici,147 Mappa confronto RAC/RED(schema),148 Rilevamento della realtà,148 Analisi digerita,148 Timeline,148

Ipotesi di ricerca

150

Allegati

Bibliografia Bibliografia ragionata Sitografia; Norme e leggi

156 157 158

Bandi; Riviste

159

Ripartizione del lavoro svolto

163

Ipotesi di statuto dell’Agenzia di sviluppo

164

Ipotesi dello statuto dell’associazione

169

Il contributo di PLinto

173

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Fonti

RED

Risultati attesi e scenari,151 Partenariati pubblico/priovato,151 Best practices,152 Portale RED,153 Agenzia partecipata,154


Scrivere una tesi restando legati alla dimensione della realtà elaborando un argomento o un tema “creativo” di interesse resta un lavoro difficile e che implica molto pensiero e responsabilità. Ciò che ci è riusciti di fare è stato rilevare e analizzare esperienze e pratiche, da noi valutate come interessanti, componendole nelle loro parti migliori per realizzare qualcosa di nuovo che “già esiste”.

Introduzione 4

Fin dall’inizio siamo partiti da considerazioni legate alla costruzione, all’opportunità di muovere certi passi e allo stato attuale della realtà. In principio l’oggetto della Tesi era la realizzazione di un edificio guardando ai temi dell’auto costruzione, della sostenibilità, dell’impatto ambientale. Per dare coerenza e dignità a questi temi ci siamo presto resi conto che, forse, costruire il nuovo dovrebbe essere un iniziativa da ponderare con la dovuta attenzione senza farsi cogliere dagli “isterismi” del pensiero ideologico. Quello che ne è venuto fuori è una Tesi che racconta la costruzione di una strategia da impiegare per utilizzare edifici pubblici, in fase di dismissione, come strumento per la realizzazione di progetti d’impresa sostenibili, a costo zero per le Amministrazioni. Quello che abbiamo elaborato, e che cercheremo di raccontare, riguarda un meccanismo, al quale abbiamo dato il nome RED (Rigenerazione Edifici Dismessi), che coinvolge in maniera integrata vari temi quali il riuso edilizio, la piccola impresa, il contesto locale, l’associazionismo e il partenariato pubblico-privato con l’aspirazione di diventare un prassi praticabile e reiterabile di rigenerazione urbana. Il nostro lavoro di Tesi si è diviso in più fasi divise, quasi equamente, tra analisi ed elaborazione. La prima parte del lavoro che risponde al primo capitolo Presupposti teorici è un esternalizzazione di ciò che negli anni dell’Univesità e nei mesi di elaborazione della Tesi è maturato in noi e nella nostra coscienza. I temi descritti nel I° capitolo rappresentano una fase di avvicinamento al tema della Tesi partendo da idee e valutazioni personali su argomenti di ampio interesse con i quali sia gli Architetti sia le persone comuni dovrebbero confrontarsi. Questa base teorica di analisi ci è servita per fare chiarezza sulle nostre intenzioni e per avere un background teorico dal quale partire per l’elaborazione della Tesi. Durante la seconda parte del nostro lavoro ci siamo concentrati sullo stato reale dei fatti cercando di indagare delle esperienze già realizzate o in fase di realizzazione che bene si sposassero

con i temi da noi messi in evidenza nel I° capitolo, in tal modo siamo riusciti a costruirci un certo grado di conoscenza di buone pratiche alle quali fare riferimento. Il II° capitolo, quindi, è un contenitore di diverse ricognizioni su bandi, sul patrimonio pubblico e di interviste realizzate durante un lungo percorso circolare di feedback che ci ha messo in condizione di aggiornare la nostra indagine, intervista dopo intervista, al passo con l’elaborazione sempre mutevole del nostro progetto di Tesi. Come un blob il nostro progetto, che in vero è una strategia, si è confrontato, corretto ed aggiornato in funzione dei nostri ragionamenti e delle risposte che raccoglievamo durante questa seconda fase di Rilevamento della Realtà. Ciò che di più facile potevamo fare dopo queste due fasi era mettere a sistema i temi fondati emersi dal I° capitolo e gli spunti, per noi interessanti, raccolti durante la fase di relazione con la realtà in un unica fase “digerente”. E’ scaturita così l’Analisi digerita, terza parte del nostro lavoro spesa per capire dove potevano condurci le nostre indagini ed i relativi temi. Abbiamo così messo su carta: gli obbiettivi che potrebbero essere raggiunti riutilizzando, come mezzo di uno scopo, il patrimonio pubblico in carica alle Amministrazioni sofferenti economicamente; i problemi che si oppongono alla realizzazione di questo scopo e l’analisi delle condizioni endogene a favore e a sfavore della realizzazone di tale scopo. E’ nato così il processo RED, un meccanismo che utilizza il patrimonio pubblico per favorire l’occupazione giovanile e contemporaneamente il recupero edilizio dell’immobile stesso. Appurati i riferimenti e lo “scopo” è sopraggiunta la quarta fase del nostro lavoro nata con l’intenzione di descrivere come si sarebbe potuto realizzarlo. Il capitolo su Il processo è la parte di output del nostro percorso di Tesi dove descriviamo gli attori attori che potrebbero risultare interessati dal processo di rifunzionalizzazione e le fasi in cui questo si divide. Questo capitolo è il fulcro della Tesi nato dalla composizione di tutti gli aspetti di iteresse rilevati sia durante l’elaborazione teorica della Tesi sia durante la fase di indagine delle buone pratiche selezionate in funzione di tali temi. La Tesi si ultima con delle Conclusioni che guardano ai possibili sviluppi del processo RED e alle implicazioni che, la messa a regime dello stesso, potrebbero comportare in termini di sfruttamento del patrimonio pubblico inutilizzato ed in termini di accompagnamento all’impresa.


RED

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Presupposti teorici

I presupposti teorici sono il “backstage” del processo; sono le dinamiche della struttura “testuale” che hanno definito le strategie progettuali. Sono quei temi che abbiamo creduto fin dal principio potessero legittimare le nostre posizioni. In parte sono costituiti da analisi oggettuali dello stato di fatto delle politiche e della politica nella gestione delle trasformazioni urbane. In altri casi sono di stampo critico per definire la nostra posizione e quella degli ipotetici soggetti del piano. La maggior parte di questi temi sono nati da alcuni principi già presenti in una prima stesura della Tesi alla quale avevamo dato il totolo “RAC”. Queste linee guida e orientamenti generali da perseguire provennero anche dal continuo meccanismo di feedback con il rilevamento della realtà. E’ interessante notare come il processo creativo sia estremamente ramificato, complesso e in divenire, un flusso di contaminazioni: prima ipotesi, presupposti tematici, interviste e problemi, revisione presupposti, revisione ipotesi e così via; un vero e proprio processo di revisione creativa e critica. Inoltre i temi presenti all’interno della trattazione dei presupposti influenzarono non poco la definizione di alcune delle strategie del piano RED. Come abbiamo spesso fatto presente ogni teoria presuppone la rappresentazione di un’immagine e di uno scenario che corrispondono a dei valori. In questa sezione faremoo presenti i presupposti teorici (e dunque i valori) che indirizzano le nostre indagini.


RED Presupposti teorici Luca Cretella Gian Maria Mazzei

“Se la bellezza che la terra deve alle cose venisse distrutta dall’aumento illimitato della ricchezza e della popolazione […] allora io spero sinceramente , per amore della posterità, che questa sarà contenta di rimanere stazionaria molto tempo prima di esservi costretta dalla necessità.” John Stuart Mill Principi di economia politica (1848), Utet, Torino 1962, p.712

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Espletamento dei temi sensibili Sostenibilità Un territorio complesso Consumo del suolo Ristrutturare e conservare Rigenerazione urbana Mercato del lavoro Associazionismo Politiche giovanili Le concessioni Le “R” della rinascita

La crisi che sta attraversando il sistema economico dei paesi del nord del mondo ci spinge a farci delle domande sui meccanismi e i risultati del suo sviluppo. Non possiamo limitare la nostra indagine ai processi culturali ed economici che regolano il mondo dell’architettura, delle costruzioni, dei piani e delle trasformazioni urbane. I nostri occhi e le nostre orecchie devono andare oltre ai confini della metropoli e del fatto urbano, e tentare di sensibilizzarci in profondità ai fatti alle le azioni che stanno inevitabilmente cambiando l’aspetto e gli scenari del mondo che “avevamo” idealizzato. Ogni teoria presuppone la rappresentazione di un’immagine e di uno scenario che corrispondono a dei valori. In questa sezione faremo presenti i presupposti teorici (e dunque i valori) che indirizzano le nostre indagini. I temi che tratteremo appartengono a due grandi insiemi principali : Il primo è l’analisi del concetto di sostenibilità attraverso il suo paradigma; seguendo l’approfondimento di questo tema analizzeremo altre materie legate alla trasformazione e alla gestione delle nostre città secondo l’ottica della sostenibilità: il consumo del suolo, la rigenerazione urbana e il nuovo strumento del piano strategico. Il secondo gruppo fa riferimento alla tematica principale del mercato del lavoro sempre seguendo il filo rosso della sostenibilità; percorrendo questo ambito indagheremo, attraverso dati e analisi, le problematiche e le opportunità sviluppatesi attorno al mercato delle costruzioni,delle rifunzionalizzazioni, soprattutto nell’ambito delle piccole e medie imprese. Infine ma non per ultimo esporremo le dinamiche che ci sono state svelate dal dialogo con le istituzioni, con i comitati e dalle nostre ricerche sul tema delle concessioni e delle politiche giovanili.


L’insieme “un territorio complesso” comprende i due macrotemi “sostenibilità” e “mercato del lavoro”. Questi includono rispettivamente i seguenti contenuti: “consumo del suolo”, “rigenerazione urbana” e “piccole e medie imprese”. Mentre i temi :”ristrutturare e conservare”, “associazionismo” e “politiche giovanili” sono contenuti all’interno di entrambi i macroinsiemi poiché da ambedue sono influenzati. I contenuti delle “concessioni” sono risultati vicini a tutti e tre i macrotemi.

Mappa dei temi sensibili

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indebolimento dell’attore pubblico è diventato sempre di più un incentivo per l’approfondimento di strategie di sviluppo della città, da parte di attori privati e di politiche pubbliche, che riportano lo slogan della sostenibilità (non sempre effettivamente valido e concreto). In questo senso cercheremo anche di trattare gli stimoli e le novità che ci si sono presentate nel dialogo che abbiamo avuto con comitati, Comune e associazioni che intervengono attivamente sul territorio cercando o meno di perseguire questi principi.

8 1. Enzo Mari, 25 modi di piantare un chiodo, Mondadori, 2011; 2. World Commission on Environment and Development ,Our Common Future, Report of the World Commission on Environment and Development, August 2, 1987

Sostenibilità “Quando mi chiedono chi è il miglior progettista che conosco, rispondo sempre: un vecchio contadino che pianta un bosco di castagni. Sa benissimo che non vivrà a sufficienza per poterne mangiare i frutti, per scaldarsi col suo legno o usarlo per farne uno sgabello, né rinfrescarsi d’estate all’ombra delle fronde. Non lo pianta per sé, ma per i suoi nipoti.”1

Enzo Mari si esprime al meglio nella definizione del suo progettista ideale. Nel testo egli non fa cenno esplicito al concetto di sostenibilità ma si muove, piuttosto, su una critica all’etica del progetto e del progettista. Questo ci sembrava un ottimo inizio per l’approfondimento di una tematica estremamente complessa. Su questo concetto, oramai divenuto giustamente attuale, si potrebbe costruire un’itera tesi, che tratterebbe temi quali le politiche dello sviluppo delle città, diritti e doveri dei cittadini, la partecipazione, etica pubblica e professionale, tutela ambientale, limiti della produzione e una serie di approfondimenti riguardanti il comportamento dell’essere umano e i ritmi del suo sviluppo nei confronti della biosfera. Nella nostra tesi ci soffermeremo soprattutto sugli aspetti di questa materia che riguardano le politiche dello sviluppo urbano che ormai fanno i conti con un diverso equilibrio di forze tra il soggetto pubblico e quello privato. Il definitivo

Per questi motivi in questo approfondimento non potremo e non cercheremo di dare una definizione univoca del concetto di “sostenibilità”; ma tratteremo le sue declinazioni attraverso i temi sensibili che abbiamo deciso di approfondire, che saranno le fondamenta della nostra tesi. Poiché quelle sono stata le trame attraverso cui si è svolta l’indagine sul campo per la proposizione del nostro processo oltre a essere uno stimolo per continuare a migliorarlo. “ lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.” 2

Questa è la definizione di sviluppo sostenibile proveniente dal Rapporto Brundtland (conosciuto anche come Our Common Future) che è il documento rilasciato nel 1987 dalla Commisione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo in cui per la prima volta si introduce il concetto di sostenibilità legato allo sviluppo. Questa definizione mette in luce quindi un principale principio etico: la responsabilità da parte delle generazioni d’oggi nei confronti delle generazioni future, toccando quindi almeno due aspetti della sostenibilità: ovvero il mantenimento delle risorse e dell’equilibrio ambientale del nostro pianeta. Dal 1987 ad oggi sono cambiate molte cose e sembra davvero ormai


Il caso di queste aragoste è indicativo di fenomeni come la delocalizzazione della produzione e dunque lo sfruttamento di manodopera a basso costo dei paesi in via di “sviluppo”. Oltre a rappresentare queste ed altre dinamiche tipiche dei sistemi di produzione odierni è indicativo degli sprechi e dei consumi dei sistemi produttivi e soprattutto di quelli intensivi. Sotto la bandiera dello sviluppo e della performatività delle transazioni si stanno muovendo quasi tutti i settori economici e non solo (questo tipo di paradigma si sta lentamente spostando anche nella mente delle persone e quindi nella vita di tutti i giorni) a favore di esosi sprechi di materie prime, di inevitabili conseguenze sui sistemi ambientali e infine e non per ultimo lo sfruttamento di popolazioni con limitato potere contrattuale (nate nella povertà trasformata in miseria). “Allora un dubbio immenso comincia a turbare gli animi. L’idea che bisogna sovraprodurre per sovracquistare, ovvero sia l’idea che domina la vita economica dell’intero paese, è veramente cosi giusta? Quando il mercato è saturo e la produzione continua, che fare? E’stata organizzata una campagna pubblicitaria perché ogni famiglia compri due auto: una non basta. Riusciranno a convincere la gente ad acquistarne tre? Si compra a rate l’auto, la casa, il frigorifero, il cappotto, le scarpe. Ma arriva il momento in cui bisogna pagare.”4

Questa citazione di Paul Hazard del 1931 risulta molto attuale e ci permette di fare delle riflessioni sul ruolo e l’attività dei pubblicitari che consiste essenzialmente nel creare bisogni in un mondo che crolla sotto il peso delle produzioni. Queste richiedono un tasso di rotazione e di consumo dei prodotti sempre più rapido, e dunque una produzione sempre più grande di rifiuti e un’attività di trattamento degli stessi sempre più imponente.

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“[…] il caso delle aragoste scozzesi: espatriano in Thailandia per farsi pulire a mano in un impianto Findus, e poi riguadagnano la Scozia per farsi cuocere prima di essere vendute nei supermercati Marks and Spencer.”3

Le riflessioni che si possono fare sono anche quelle sul ruolo dei mass media che in questo scenario di sovrapproduzione hanno un ruolo sempre più importante (e sempre più forte grazie anche agli sviluppi della tecnologia in tal senso). L’idea è quella di creare una città che sia un “generatore di domanda”, dove il cittadino funziona come attore influenzante e influenzato dai programmi di pubblicizzazione. Le persone sono continuamente spinte al consumo come sinonimo di benessere. La classe media scompare ma si vive ancora del ricordo delle tracce consumistiche che l’hanno prodotta e consolidata come attore del mercato. La forbice sociale continua ad allargarsi (un 10% delle famiglie italiane detiene oltre il 60% delle ricchezze obbligando oltre la metà delle famiglie a vivere con meno del 10% delle ricchezze) ma la coscienza delle classi sociali più basse rimane orientata al consumo e non all’ identità socioculturale (rafforzando il ricatto dei crediti per beni di consumo futili). La rappresentazione del benessere viene espressa attraverso immagini ormai completamente insostenibili : prodotti di consumo quotidiano e cibi provenienti dai paesi più lontani, il possesso di due/tre auto pro capite. Sempre di più, la domanda si sposta dai beni di grande utilità ai beni di grande futilità. Gli scenari proposti oltre ad essere futili non potranno più essere sostenuti tra pochi anni. Per esempio il trasporto su gomma (personale, pubblico ma soprattutto per le merci) è diminuito esponenzialmente nei paesi più lungimiranti che hanno investito molto su un nuovo tipo di immagine promuovendo un’impronta energetica più sostenibile. La rimodulazione della produzione di CO2 sta cominciando lentamente ad entrare anche nelle nostre politiche, soprattutto in quelle di stampo strategico e associativo (ad esempio agenzie come l’Agenda 215 oppure associazioni come Legambiente6 ), ma non fa ancora parte del pensiero comune di molti cittadini. I livelli di produzione continuano a salire mentre i consumi diminuiscono. Questa sovrapproduzione oltre ad essere causa di uno spreco continuo costa cara anche al territorio e alla cultura del nostro paese. Per esempio l’intensificazione della produzione agricola (e l’abbandono conseguente della rotazione delle colture) ha impoverito il sistema agricolo e conseguentemente diminuito la qualità dei suoi frutti.

9 3. SergeLatouche , Breve trattato sulla decrescita serena (2007), Bollati Boringhieri, Torino 2008, p.67 4. Paul Hazard, Le Malaiseaméricain (1931) citato in SergeLatouche , Breve trattato sulla decrescita serena (2007), Bollati Boringhieri, Torino 2008, p.15 5. www.agenda21.it 6. www.legambiente.it

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divenuto un paradosso citare nella stessa frase il concetto sostenibilità con quello dello sviluppo. Nonostante sia facile cadere in radicalismi che svalutano le proprie proposte e che rischiano di leggersi come voci non oggettive, utopiche, idealistiche e irrealizzabili; la realtà evidente dei cambiamenti climatici e del decadimento della biosfera ci impone un rapido reindirizzo e rifondamento dei nostri processi di produzione, dei nostri stili di vita e delle nuove strategie dello sviluppo delle metropoli.


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Un fenomeno che ha fatto si che la proprietà e la gestione dei terreni sia passata dalle mani degli agricoltori e dei contadini a quelle di anonime multinazionali. Tramite un corteggiamento venale si è passati dalla qualità di una cultura tramandata da secoli e che arricchiva il territorio alla quantità che incrementa solamente gli sprechi. Questo ha portato inoltre alla perdita di un attenzione delle giovani generazioni alla cultura del paesaggio agricolo e conseguentemente alla perdita del suo valore fondiario e all’abbandono dello stesso a favore di una cementificazione selvaggia dei suoli agricoli. La superficie coltivata è passata in 40 anni da 18 a 13 milioni di ettari. Nella sostanza l’agricoltura italiana ha perso una superficie pari a Lombardia, Emilia Romagna e Liguria. Una erosione continua considerando che, secondo i dati del ministero delle Politiche agricole, si cementificano ogni giorno 100 ettari di suolo.

10 7. L’idea che stiamo cercando di sostenere è quella di un setaccio particolare fatto da una maglia con buchi di diversa grandezza, capace di intercettare proposte sostenibili provenienti sia dall’alto che dal basso e dunque di entità differenti. 8. ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, www. isprambiente.gov.it 9. Idem 10. Rapporto Green Italy 2012. L’economia verde sfida la crisi. Rapporto 2012,I quaderni di Symbola, p.27

Gli aspetti analizzati in questi paragrafi sono indagini che abbiamo raccolto in questi mesi per la costruzione del basamento teorico della tesi. Con queste riflessioni non vogliamo sostenere acriticamente l’idea di un progresso senza sviluppo, anche perché il programma che illustreremo nei prossimi capitoli è figlio, come già accennato, di un continuo dialogo tra attori provenienti da i più diversi ambiti: politici, amministrativi, gruppi informali, realtà associative e autogestite.7 Detto questo ci sembrava necessario spingerci con un’ottica maggiormente radicale e critica in questi presupposti; poiché crediamo che nella teoria, nella virtualità di una proposta o di un progetto sia imprescindibile un’espressione estremizzante dei tratti. Come in un progetto architettonico, dove nella parte di extempore, si ha una maggiore spinta espressiva, libertaria e immaginifica; così anche in un testo o in una tesi la base di costruzione teorica riteniamo che può e deve essere estremista ai fini della sua efficacia.

Consumo del suolo Parlando della cementificazione in generale i numeri sono questi: il consumo di suolo in Italia e’ cresciuto, negli ultimi cinque anni, al ritmo di oltre 8 mq al secondo, pari al 6,9% del territorio nel 2010. Questo significa che per ogni italiano sono andati persi piu’ di 340 mq

all’anno. E’ quanto emerge da uno studio dell’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale8 sull’andamento del consumo di suolo dal 1956 al 2010. Negli anni ‘90 l’incremento ha sfiorato i 10 mq al secondo, e comunque il consumo di suolo per oltre 50 anni nel nostro Paese, afferma l’Ispra, e’ sempre stato sopra la media europea (2,3%): gia’ nel 1956 veniva ‘inghiottito’ il 2,8%; per 8.000 Kmq nel 2010 si e’ arrivati a oltre 20.500 Kmq. La classifica delle regioni nel 2010 vede in testa la Lombardia che supera la soglia del 10%, con 14 regioni oltre il 5%. L’industrializzazione dell’edilizia ha prodotto dal dopoguerra in avanti una occupazione intensiva del territorio. L’obbiettivo di un paese in piena crescita demografica ed economica quale l’Italia degli anni sessanta e settanta, di realizzare nuove abitazioni soddisfacenti gli standard di comfort dell’epoca accessibili a tutti, ha prodotto secondo un censimento del 2001 12,8 milioni di edifici, di cui 10,9 milioni edifici residenziali. Di questi, più del 70% è stato costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il 40% del patrimonio edilizio italiano ha più di 50 anni9 . Oggi giorno lo stato di occupazione del suolo suscita attenzione dato che negli ultimi quindici anni sono stati edificati circa 500 chilometri quadrati all’anno, portando a 2,35 milioni gli ettari di suolo occupato, un’estensione equivalente a quella di regioni quali Puglia e Molise messe insieme, pari al 7,6% del territorio nazionale. Diventa paradossale pensare che nella campagna elettorale per le elezioni amministrative del 2013 uno dei due schieramenti ha nuovamente sbandierato la promessa del condono edilizio; un paradosso che ci riporta indietro di 50 anni quando abbiamo cominciato a lacerare il territorio italiano nel nome del progresso e dello sviluppo economico, con risultati evidenti in quasi tutte le coste dell’Italia meridionale. Relativamente alla presa di coscienza di tale problema la maggiore sensibilità in tema di sostenibilità ambientale impone ragionamenti sulla reale esigenza di costruire il nuovo piuttosto che utilizzare l’esistente e di bonificare gli edifici energivori in un ottica di riduzione del fabbisogno. L’80% del patrimonio edilizio italiano necessità più di 20 m³ di metano per soddisfare il fabbisogno energetico annuo10 per cui il nuovo tema è invertire la tendenza in relazione alle risorse che il pianeta mette a


“Sono tempi duri per l’edilizia italiana: nel 2011, per il quinto anno di fila, gli investimenti nel settore hanno continuato a scendere, registrando un -3,5%. Una caduta che ha portato alla perdita, negli ultimi3-4 anni, di centinaia di migliaia di addetti, spingendo oggi un’impresa tradizionale su cinque al rischio di chiusura. Le difficoltà non colpiscono però tutto il comparto allo stesso modo: gli investimenti destinati alle nuove costruzioni hanno sfiorato infatti quota 60miliardi euro, mentre la manutenzione ne ha messi insieme 108, quasi il doppio, divisi tra manutenzione ordinaria (30 miliardi di euro) e straordinaria (78,2miliardi). Numeri che tradotti in termini percentuali significano che gli investimenti nelle nuove costruzioni contano oramai solo per il 37% del totale. Una fetta di spesa che sarebbe ancora più esigua se al suo interno non venisse conteggiata anche quella destinata alle energie rinnovabili e al fotovoltaico,che ammonta a 26 miliardi di euro. Depurata da questa componente, la quota della nuova edilizia scende al 31% degli investimenti complessivi, mentre i fondi destinati agli impianti di energie rinnovabili registrano un aumento del 28% rispetto al 2010. Un andamento molto chiaro che testimonia come sia già in atto un nuovo ciclo dell’edilizia che potrebbe contribuire a migliorare lo stato del patrimonio immobiliare, a creare nuovi di posti di lavoro e ridurre anche la spesa pubblica per il mantenimento di strutture datate.”11

In Piemonte il 15% della superficie di suolo utile è occupata da edifici con un incremento del 10% nel periodo tra il 2000 ed il 2008 12 . La città di Torino dispone di un patrimonio inutilizzato cospicuo di metri quadrati. La fetta di questo patrimonio che rimane inutilizzato sia da parte della pubblica amministrazione sia da parte dei privati, deperisce e con il passare del tempo appare sempre più compromesso. Tali beni, però, rappresentano una possibile risorsa od anche una ricchezza che è bene utilizzare per evitare che vada sprecata e soprattutto per impedire che in luogo dell’utilizzo di tali edifici ne vengano costruiti degli altri.

RED Presupposti teorici

Di seguito si citano alcuni dati del Rapporto Green Italy 2012 mostrano le potenzialità della riqualificazione degli immobili all’interno del mercato dell’edilizia :

Ristrutturare e conservare Meno costruzioni e più ristrutturazioni: è questa la tendenza dell’edilizia italiana che cerca di agganciare la ripresa puntando sulla sostenibilità. L’attenzione si sposta così dal “costruire” al “costruito”, con investimenti sul patrimonio edilizio già esistente, di grande valore, ma troppo spesso trascurato. Ristrutturazioni, risanamenti e efficienza energetica si accompagnano alla riqualificazione delle aree metropolitane cittadine. Il tempo e le esigenze modificano le azioni ed i comportamenti, ciò si verifica in vari campi della vita ed egualmente nell’edilizia. La nostra epoca si confronta con le eredità del passato e su queste eredità fonda pensieri e ragionamenti che evolvono le coscienze tramite la nascita di nuove sensibilità. La direzione già intrapresa è quella di guardare all’edilizia esistente come qualcosa con cui relazionarsi forzosamente causa una virtuosa reticenza nel ritenerla un rifiuto. Rebuild Convention 13 sostiene che in Italia ci sarebbero più di 2 miliardi di metri quadrati di edifici che possono essere riqualificati per un giro d’affari da 6 miliardi di euro. Già a partire dagli anni Ottanta si è verificata una notevole crescita del mercato del recupero edilizio, oggi esso rappresenta oltre il 60% dell’intero comparto delle costruzioni14, con un giro di affari di 133 miliardi di euro 15. Probabilmente questa fetta di mercato crescerà fino al raggiungimento, nel 2020, di una quota pari all’80%, con una riduzione delle opere murarie a vantaggio delle opere impiantistiche e di finitura, predominanti negli interventi di recupero 16 Il comune di Torino regola parte delle sue entrate grazie all’inserimento di funzioni di vario genere negli edifici in carico all’amministrazione pubblica. Parte di tali introiti provengono principalmente da due voci di bilancio: “canoni di locazione” e “alienazione immobili”. I guadagni non sono semplicemente di matrice economica bensì vi è da considerare anche il ritorno in termini di servizi a cittadino e benessere sociale. Numerosi di questi immobili sono stati utili per attività di incubazione ad associazioni per allargare il ventaglio di attività dirette al territorio e per gruppi di privati nell’avvia-

11 12. CRCS. Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, Rapporto 2010, p.20 13. REbuild è l’evento più importante, nel panorama nazionale, dedicato ai servizi e alle tecnologie per la riqualificazione, gestione e conduzione sostenibile degli edifici esistenti. www.rebuilditalia.it 14. A. Lorenzoni, Il Risparmio Energetico, Il Mulino, 2012 15. Cresme, XIX Rapporto congiunturale e previsionale Il mercato delle costruzioni 2011-2015, 2012 16. Cresme, XIX Rapporto congiunturale e previsionale Il mercato delle costruzioni 2011-2015, 2012

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nostra disposizione. Tenendo quindi presente i dati sull’occupazione di territorio e sull’impatto che gli edifici già esistenti hanno sulle risorse fossili a disposizione dell’uomo è bene valutare l’opportunità di costruire il nuovo piuttosto che riutilizzare l’esistente rendendolo energeticamente più efficiente.


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mento di imprese di varia natura.

12 17. Governa F.,Memoli M., Geografie dell’urbano:spazi, politiche, pratiche della città, Carocci, Roma 2011,p.109 18. Sudjic Deyan, The 100 mile city, Harcourt Publishers Ltd, 1993, p.29 19. Governa F.,Memoli M., Geografie dell’urbano:spazi, politiche, pratiche della città, Carocci, Roma 2011, p.72

Queste pratiche sono considerate, a giusto titolo, iniziative virtuose e non è raro riscontrarle lungo tutto il territorio nazionale. In questo quadro emergono anche situazioni di criticità che si concretizzano sottoforma di vari aspetti. Le sembianze di tali difficoltà sono molteplici e possono essere ascritte a svariate cause. Le criticità cui si fa riferimento riguardano quella fetta di patrimonio immobiliare pubblico che, col tempo, ha perso appeal o funzionalità in conseguenza di una dismissione o per limiti normativi sopraggiunti. Le problematicità, quindi, che incontrano le pubbliche amministrazioni nel gestire tale fetta di patrimonio riguardano le spese di manutenzione e le difficoltà di alienazione o locazione di tali edifici. Lo scarso interesse che altri soggetti pubblici o privati rivolgono a tale porzione di patrimonio si concretizza nelle aste comunali che rimangono deserte. Le difficoltà riguardanti l’alienazione o la locazione di tali immobili sono da addebitare a vari fattori quali ad esempio il decadimento o gli alti costi di gestione degli stessi derivanti dalle caratteristiche intrinseche del bene nato per soddisfare esigenze ormai lontane nel tempo. Tali episodi di criticità pesano quindi sul bilancio del Comune di Torino che non può trarre vantaggi di alcun genere da beni di sua proprietà. Oltre alle entrate che il comune ha derivanti dall’alienazione e/o dall’affitto degli immobili di sua proprietà ci sono degli evidenti vantaggi dal punto di vista della rigenerazione del contesto urbano; alle difficoltà di gestione del patrimonio in carico al comune ne derivano fattori di decadimento che coinvolgono l’ambito circostante i vari edifici inutilizzati. Il degrado di ogni singolo edificio lega a se parte del conseguente decadimento che il tessuto urbano nelle immediate vicinanze subisce e che rappresenta una occasione persa nei riguardi della cittadinanza.

Un territorio complesso Trattare questo tema significa fare delle riflessioni sull’affermarsi di un nuovo territorio metropolitano complesso entro cui si muovono le politiche di trasformazione della città, sia quelle dal basso che quelle maggiormente istituzionalizzate. Analizzarlo ci permette di focalizzare i ragionamenti, del processo che stiamo propo-

nendo, su fatti nuovi della città del XXI secolo. Ci è sembrata un’occasione, logicamente attuale, ma sicuramente utile per migliorare e ottimizzare il progetto di mediazione da noi idealizzato poiché anch’esso deve fare i conti con una realtà di attori molto complessa e di diversa costituzione etica, oltre che confrontarsi con una diversa idea di contrattazione tra soggetto pubblico e privato. Anche in questo caso non approfondiremo il concetto in maniera specifica perché non è questo l’argomento di trattazione della nostra tesi; ma attraverso citazioni e analisi di diversi studiosi potremo trarne delle utili suggestioni ai fini della nostra ricerca oltre ad essere degli utili sguardi per la lettura del contesto politico economico entro cui ci stiamo orientando. L’affermarsi della globalizzazione e dell’economia dell’informazione, con lo sviluppo delle telecomunicazioni e dei trasporti, hanno modificato la tradizionale gerarchia tra centro e periferie nonché la gerarchia fra locale e globale. Le relazioni tra i luoghi non dipendono più dalla prossimità fisica 17. Le città ed ancora di più le Metropoli hanno allargato i loro confini territoriali e virtuali; i numeri e i flussi che le costituiscono e le rappresentano non sono più di facile lettura. Nella sua nuova configurazione la metropoli, che è in continuo mutamento e cresce in modo diffuso e frammentato, è fondamentalmente diversa dalla città come l’abbiamo conosciuta […]. Questa nuova specie di città non è un agglomerato di strade e piazze che possa essere compreso dai pedoni; essa manifesta la sua forma quando viene vista dall’alto, dall’automobile o dalla linea ferroviaria.18

La gestione delle città è diventata la ricerca di controllo di un sistema complesso, multiattoriale e auto generativo in continuo mutamento. Gli attori che intervengono nelle trasformazioni urbane devono fare i conti con il progressivo indebolimento del soggetto pubblico e con una definitiva competitività che si allarga sempre di più fuori dai confini nazionali. A proposito della complessità del sistema-città nelle sue relazioni con le altre città : […] le modificazioni esterne non determinano i cambiamenti interni ma forniscono unicamente degli input, che vengono poi rielaborati internamente in maniera autonoma, dando origine a risposte non prevedibili a priori. In altri termini, i sistemi urbani si trasformano continuamente per l’azione e l’interazione di processi interni ed esterni.19

La finitezza del vecchio Piano Regolatore sintomo di “antichi” valori idealizzati deve fare i conti con l’idea della città letta per frammenti (ne


La metafora del rizoma di Gilles Deleuze e di Felix Guattari permette di cogliere l’impossibilità di leggere la città e di studiarla ancora per opposizioni binarie, gerarchiche, evitando la stabilità degli enti: Il rizoma collega un punto qualsiasi con un altro punto qualsiasi, e ciascuno dei suoi tratti non rimanda necessariamente a tratti dello stesso genere, mettendo in gioco regimi di segni molto differenti ed anche stati di non-segni […]. Rispetto ai sistemi centrici (anche policentrici), a comunicazione gerarchica e collegamenti prestabiliti, il rizoma è un sistema acentrico, non gerarchico e non significante.21

A proposito di questo nuovo linguaggio Amin e Thrift aggiungono: […]dualismi esclusivi che non sono certo utili alla comprensione della natura delle città moderne: il mondo come uno spazio di flussi contro la città come uno spazio di fissità, il globale come remoto contro il locale come prossimo, il faccia a faccia come piccolo contro la distanza come grande.[…] le economie moderne sono sempre sia locali sia globali, qui e là, nel mezzo: sono sempre più strutturate intorno a flussi di persone, immagini, informazioni e denaro che si svolgono all’interno e attraverso i confini nazionali.22

Mentre a proposito della temporalità dei fatti urbani e delle reti di iniziative istituzionali e informali che agiscono sovrapposte, sempre Amin e Thrift annotano: […] questo senso di un mondo urbano caleidoscopico, riempito di reti ibride che funzionano per proprio conto, ci permette di vedere, al tempo stesso, l’importanza dell’incontro. Le reti non possono essere isolate dal mondo, sono sempre in collisione con altre reti : toccando, combattendo, attirando, cooperando, sfruttandosi, ignorandosi (le variazioni sono praticamente infinite)[…]. Così i luoghi, per esempio, vanno pensati non come siti durevoli bensì come momenti dell’incontro, non come “presenti”, fissati

Tutti questi aspetti costituiscono la diversità tra la rigidità di un piano imposto dall’alto e la flessibilità di un approccio strategico. Oltre alla non stazionarietà della temporalità, la flessibilità delle decisioni e la multiattorialità di queste strategie la pianificazione strategica è anche la ricerca di un progressivo allargamento della dimensione territoriale dell’intervento. La presa di coscienza di una scala metropolitana permette di ridefinire rapporti di polarità sociali ed economici un tempo importanti e oramai superati.

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A proposito delle “risposte” a questi scenari dobbiamo citare una serie di autori che sono da stimolo per noi, con le loro teorie, per la creazione di un nuovo vocabolario interpretativo per le intenzioni e strategie progettuali del processo RED.

nel tempo e nello spazio, bensì come eventi variabili, come torsioni e flussi di interrelazioni.23

I piani strategici possono essere riassunti nella messa in atto di azioni basate su24 : - approccio integrato ai problemi e alle opportunità della rigenerazione urbana, con particolare riferimento ai temi dell’emarginazione sociale e della qualità ambientale; - priorità delle strategie dell’Unione europea, in relazione all’integrazione degli immigrati, allo sviluppo sostenibile, alle pari opportunità e alla società dell’informazione; - gestione locale delle iniziative, con il forte coinvolgimento degli abitanti nelle fasi di ideazione e di gestione dei progetti;

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- processi di apprendimento, con l’analisi e lo scambio di esperienze e “buone pratiche” all’interno di un gruppo composto da circa 200 città;

Questi sono gli strumenti istituzionali grazie ai quali le risorse e le potenzialità di un territorio possono essere gestite con un indirizzo sostenibile. La logica predisposta dai piani dell’Unione europea dal nostro punto di vista sembra essere un obiettivo da perseguire, che nelle intenzioni sembra andare nella giusta direzione. Ma questo non è abbastanza. Come abbiamo letto le trasformazioni urbane e quelle delle ideologie sono fatte di cambiamenti che interessano non solo la sfera istituzionale, formale, dei piani; ma anche (e questo ci sembra un tema importantissimo) la vita di tutti i giorni, l’informale, il “basso” e la sensibilizzazione di quello strato di cittadinanza “attiva”.

Rigenerazione urbana Il progetto RED da noi ideato per essere compreso al meglio nei suoi dettagli gestionali e processuali deve espletare, in maniera perlomeno generica, l’ambito entro il quale vuole inserirsi e le dinamiche che gravitano attorno ad

21. Deleuze G. e Guattari F., Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, Castelvecchi, Roma 2010 22. Amin A. e ThriftN.,Città. Ripensare la dimansione urbana, Il Mulino, Bologna 2005 23.

Idem , p.53

24. CE,Il partenariato con le città. L’iniziativa comunitaria URBAN, 2003 20. Amin A. e ThriftN.,Città. Ripensare la dimansione urbana, Il Mulino, Bologna 2005

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sono il sintomo le numerose varianti presentate nei comuni delle città italiane), in continua evoluzione20. Nella progettazione dello spazio della città dobbiamo considerare come alcuni concetti territoriali siano cambiati : le città sono i nodi di diverse reti, anche globali; la loro scala di azione ed influenza è molto variabile a differenza dell’ambito (aree metropolitane, globalcity region, etc.); tutto ciò cambia rapidamente e frammenta lo spazio cittadino in luoghi con diverse valenze rispetto a dinamiche locali e/o globali.


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esso. Dunque in questo capitolo cercheremo di approfondire quali sono le sostanze procedurali che ruotano attorno all’obiettivo più importante in capo alle trasformazioni urbane ovvero il tema della rigenerazione urbana. Per questioni di indirizzi tematici non potremo soffermarci più di tanto sui presupposti storicopolitici che hanno fatto si che si trattassero gli attori e le dinamiche dello spazio urbano entro questo nuovo sistema concettuale, anche perché la trattazione dovrebbe essere assolutamente più approfondita dal punto di vista critico e bibliografico; ma ciò che è importante è cercare di delineare il profilo di queste politiche, i fini e i suoi motivi generativi. In questo modo si potrà cogliere in maniera più chiara la logica delle nostre idee riferite ai presupposti del processo di “riqualificazione” da noi immaginato.

14 25. Mayer M., Urban Social Movements In An Era of Globalisation. Urban Movements in Globalizing World, Routledge, London 2000 26. Rhodes, R. A. W. Understanding Governance. Buckingham and Philadelphia: Open University Press, 1997. p.8. 27.

Idem

28. Governa F.,Memoli M., Geografie dell’urbano:spazi, politiche, pratiche della città, Carocci, Roma 2011

Possiamo cercare di idealizzare la situazione entro la quale il nostro processo si sta muovendo come una città divenuta “arena di attori” pubblici e privati; questa porta con se la diffusione sempre più massiccia, complessa e complicante di procedure contrattuali e negoziali. In questo modo si crea un corto circuito fra gli attori della politica e delle politiche (politica intesa come decisione a livello istituzionale e politiche definendo quella parte influenzata da poteri economici e contrattuali privati e semipubblici) , con la conseguente sovrapposizione e confusione di ruoli. I cambiamenti degli obiettivi e delle modalità di elaborazione e di attuazione delle politiche urbane sono riassunti dalla studiosa tedesca Margit Mayer 25 nei seguenti aspetti: - l’allargamento di quella che gli studiosi di politiche pubbliche chiamano “arena decisionale”, cioè l’aumento del numero e del tipo degli attori (pubblici, privati e semipubblici) che partecipano, con diverse conoscenze e competenze, alle politiche urbane; - la sempre maggiore importanza assunta dalle politiche rivolte alla promozione dello sviluppo economico, così come all’attrazione di investimenti e risorse finanziarie, anche attraverso la sperimentazione di modalità di azione almeno tendenzialmente innovative, benché ambigue, come il marketing urbano; - il ruolo sempre più importante esercitato da organizzazioni e istituzioni sovranazionali nell’influenzare e indirizzare le politiche locali e, nello specifico, le politiche urbane e territoriali;

In questo contesto non possiamo evitare di ricordare la differenza che esiste tra due paradigmi tipologici di gestione del territorio metropolitano; dunque la diversità che c’è tra il termine

governement che indica il potere dello Stato, organizzato in corpi settoriali, formali e gerarchici che agiscono attraverso procedure burocratiche e il termine (di origine anglosassone) governance che denota l’insieme complesso, e parzialmente sovrapposto, delle relazioni che si formano tra attori anche tradizionalmente estranei all’arena politica, anche informali : in questo insieme di enti, il governo è solo uno dei tanti e può esercitare solo un controllo imperfetto26. Schematizzando mentre nel primo è centrale il ruolo del soggetto pubblico, la governance prefigura una modalità di azione che coinvolge un insieme di attori, basato sulla flessibilità e la volontarietà della partecipazione degli stessi. Quindi per esempio accordi o cooperazione interistituzionale tra soggetti pubblici dello stesso livello come le collaborazioni tra associazioni per la gestione integrata di un servizio o per la promozione di specifiche politiche secondo modalità previste dalla legislazione istituzionale. O ancora il partenariato fra attori pubblici e privati, oppure, le diversificate modalità di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. “Il dato di fondo è quindi rappresentato dal fatto che, per governare sistemi complessi come le città contemporanee, tutti gli attori abbiano bisogno degli altri in quanto nessuno possiede tutte le conoscenze, le competenze o le risorse necessarie per elaborare e attuare, da solo, una politica.”27

In questa citazione si notano le diverse potenzialità e rischi di una situazione di questo tipo. Ovvero i benefici molteplici che si hanno da un sistema a rete nella decisione e nella definizione di politiche di sviluppo: dunque la pluralità di opinioni, di saperi e di competenze. La condivisione di esperienze, delle tecniche e dei servizi. Ma anche la complessità del fattore tempo nella sfera decisionale, la “liberalizzazione” del potere decisionale che porta inevitabilmente anche e non solo alla riconferma di “alcuni” poteri forti tra la pluralità di attori privati. A questo punto ci sembra necessario citare apertamente la Prof.ssa Francesca Governa del DIST - Politencnico di Torino 28 che in questo senso ha dato un valido contributo analitico ai fini della lettura critica sul tema della governance esplicitandone le potenzialità e i rischi. Dunque le potenzialità: - costituisce una modalità di organizzazione di una pluralità di attori che si fonda sulla costruzione di partenariati e coalizioni (attori pubblici e privati), orientati verso il raggiungimento di un obiettivo specifico, definito congiuntamente;


- non è connessa unicamente al ruolo delle istituzioni formali (cioè quelle che, in definitiva, sono costituite da, o rappresentano gli attori del governo), quanto piuttosto alle relazioni basate sul consenso e l’apprendimento collettivo, al fine di sviluppare il capitale sociale e promuovere lo scambio di conoscenze e competenze; - a differenza della governance dell’economia, che è rivolta in maniera pressoché esclusiva al raggiungimento dell’efficienza economica delle imprese, e delle forme più riduttive che interpretano la governance come minimal state (su questo concetto ci focalizzeremo nei prossimi paragrafi), si confronta con il problema della rappresentanza degli interessi, inserendo fra i propri obiettivi anche le dimensioni sociali, politiche e culturali.

Sembra che a livello teorico l’espressione delle potenzialità di queste linee di azione siano inoppugnabili e che tutto possa funzionare per il meglio senza nessun rischio. In realtà, esistono alcune difficoltà insite nel modello della governance urbana che possono essere riassunte in due tipi di limiti. Il primo tipo comprende le difficoltà legate alla complessità del contesto (la città) in cui si costruiscono le azioni di governance; il secondo tipo riguarda invece le difficoltà proprie ai meccanismi della stessa e, in particolare, alla difficoltà di “tenere insieme” una molteplicità di attori e interessi. Ritornando a citare la Prof.ssa Governa ricordiamo che tra le difficoltà del primo tipo troviamo l’attuale complessità urbana; la conflittualità che caratterizza ogni politica e ogni intervento nella città, resa più acuta dalla necessità di coordinamento transcalare; ed ancora il difficile rapporto fra i processi formali della rappresentanza e quelli fondati sulla partecipazione diretta di una molteplicità di attori e interessi. Quest’ultimo aspetto si connette direttamente alle difficoltà del secondo tipo, in cui rientrano soprattutto secondo Governa 29: - la costruzione di “accordi di comodo” fra gli attori coinvolti; - l’allungamento dei tempi delle politiche derivante dalla costruzione di partenariati e accordi; - il cambiamento di ruolo del soggetto pubblico, che deve imparare ad “accompagnare” processi complessi e a “parlare” con una pluralità di interessi senza farsi portatore unicamente di quelli “forti” o condizionare da attori non

- la rigidità e l’impermeabilità delle reti più organizzate, che determina spesso la scarsa partecipazione di attori e interessi “deboli”;

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- mette in gioco non unicamente le risorse finanziarie, conoscitive, politiche e di consenso dei partecipanti, ma anche le regole, formali e informali, che gestiscono le interazioni far gli stessi;

locali;

- le modalità della partecipazione degli abitanti ai processi decisionali che appaiono spesso connotate da “retorica e furbizie”, senza riuscire ad incidere attivamente sulle trasformazioni urbane, tanto da ridursi alla legittimazione di decisioni già prese o a forme di costruzione (e spesso manipolazione) del consenso; - la diminuzione della legittimità dell’azione e la difficoltà di discernere chi sia responsabile di che cosa nelle complesse organizzazioni multiattoriali tipiche della governance.

Un concetto importante legato al termine governance, che influenza in maniera incisiva la costruzione delle nuove politiche di sviluppo delle città e le sue trasformazioni, è la “ritirata” consistente se non definitiva dell’intervento del soggetto pubblico nell’erogazione dei servizi e nella gestione degli stessi. Questo fenomeno viene generalmente soprannominato “minimal state” e trascina con se una serie di conseguenze che influenzano in maniera diretta e indiretta la costituzione e la natura degli interventi di trasformazione sulla città e dei suoi attori in gioco. Un primo ambito di interpretazioni considera la “governance” come sinonimo di “minimal state”, a indicare cioè l’indebolimento dell’intervento del soggetto pubblico (e conseguentemente del suo potere decisionale), con la conseguente avanzata del mercato e dei soggetti privati (di varia entità) nell’erogazione, gestione e fornitura dei servizi pubblici. Si può anche tentare una seconda strada interpretativa pensando che il termine sia usato unicamente per rendere accettabili i tagli alla spesa pubblica; questa è applicata nelle forme del new public management (idea fortemente legata alla liberalizzazione del mercato legato al settore pubblico). In questo caso, si sottolineano infatti le possibilità offerte dalla “trasposizione” di metodologie e principi di organizzazione del lavoro di tipo privatistico nel settore pubblico. Queste interpretazioni hanno una ricaduta diretta sulle città per quanto riguarda, in particolare, la privatizzazione dei servizi pubblici e poi di quelli legati alla persona all’interno delle dinamiche urbane. Un indizio della “svolta” aziendalistica e manageriale nell’organizzazione del soggetto pubblico lo si individua anche nella riorganizzazione

15 29. Governa F.,Memoli M., Geografie dell’urbano:spazi, politiche, pratiche della città, Carocci, Roma 2011

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- deriva da un complesso gioco negoziale fra attori e interessi in cui si scambiano risorse, si costruiscono obiettivi (almeno tendenzialmente) condivisi, si organizza il consenso;


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della macchina amministrativa municipale. Ad esempio, in diversi paesi, fra i quali anche l’Italia (nell’ambito delle riforme istituzionali degli anni novanta e per i comuni con più di 15.000 abitanti), è stata introdotta la figura del city manager. Tale innovazione, che deriva dagli Stati Uniti la cui efficacia è in realtà piuttosto incerta 30 , si inscrive pienamente nella prospettiva della città-impresa: il city manager dovrebbe, infatti, assicurare il raccordo tra vertice politico e amministrativo, introducendo capacità manageriali nell’ambito dell’azione del soggetto pubblico al fine di migliorare la gestione delle risorse finanziarie 31 .

16 30. Golombieswki R.T., Gabris G.T. I City manager di oggi: un’eredità del successo che diviene fallimento, in “Problemi di ammnistrazione pubblica, 1996 cit. in Governa F.,Memoli M., Geografie dell’urbano:spazi, politiche, pratiche della città, Carocci, Roma 2011 31. Governa F.,Memoli M., Geografie dell’urbano:spazi, politiche, pratiche della città, Carocci, Roma 2011 32. STOKER G., Governance as theory: five propositions, «International Social Science Journal», 1998 33. Governa F.,Memoli M., Geografie dell’urbano:spazi, politiche, pratiche della città, Carocci, Roma 2011

Secondo altri autori 32, invece, il fenomeno del minimalstate permette di riesaminare le forme più tradizionali di organizzazione della società e dell’economia, enfatizzando il cambiamento rispetto al passato in relazione alla sempre maggiore importanza assunta da una pluralità di attori e alla molteplicità delle forme di azione che ognuno di essi può mettere in gioco. Questa interpretazione può essere letta anche come una potenzialità del sistema a rete nella logica delle trasformazioni urbane e di una maggiore flessibilità contrattuale all’interno dei rapporti pubblico-privato. Interrogandosi principalmente sulle modalità di regolazione politica delle dinamiche economiche, questa linea interpretativa mette in evidenza il superamento delle classiche separazioni tra le diverse sfere che caratterizzano le dinamiche economiche e sociali (pubblico, privato e società civile) e fra i diversi modelli di regolazione delle stesse. Dopo aver cercato di individuare e presentare (in maniera più o meno approfondita) quali sono i nuovi caratteri politico-sociali entro cui si muovono le dinamiche di trasformazioni delle nostre città possiamo tentare di analizzare che cos’è la rigenerazione urbana. In generale, le politiche di rigenerazione urbana indicano quell’insieme di azioni e interventi messi in atto in “parti” specifiche della città caratterizzate da situazioni più o meno manifeste di degrado, fisico e sociale, per promuovere migliori condizioni di vita e di qualità urbana. Queste azioni intervengono quindi sui cosiddetti “quartieri in crisi”, cioè quelle: […]porzioni di città in cui si sono via via resi chiari e manifesti i limiti e le difficoltà delle tradizionali forme di intervento pubblico a fronte della crescente complessità del quadro sociale ed economico tanto più a seguito della fine di quel trentennio glorioso che aveva segnato insieme

lo sviluppo urbano post-bellico e la costruzione di sistemi di welfare.[…]33

La rigenerazione urbana in Europa entra nelle pratiche di trasformazione delle città alla fine degli anni settanta, in un periodo in cui i presupposti economici su cui si basava la concentrazione industriale mostrano decisi segnali di crisi, si avviano intensi processi di deindustrializzazione e profondi cambiamenti nella struttura, fisica e sociale, delle principali aree urbane. La crisi dell’industria fordista (e dei caratteri di essa costitutivi che interessano la forma sociale, politica e urbana della città) si accompagna ad una crisi che investe, nel corso degli anni, non solo i centri produttivi, ma le città nel loro complesso. I processi di ristrutturazione industriale, oltre a ridimensionare l’impiego nel secondario a favore del terziario e ad aprire “nuove” forme di disagio sociale e povertà, portano alla chiusura di importanti stabilimenti industriali, lasciando ampi “vuoti” nel tessuto urbano. La rigenerazione urbana si esercita quindi spesso in parti di città caratterizzate dagli ampi vuoti lasciati dalla deindustrializzazione: fabbriche abbandonate e stabilimenti industriali dismessi sono così “riusati” per dare nuova qualità a interi quartieri. “I progetti che si costituiscono in queste grandi aree sono spesso connotati da edifici ad alto contenuto evocativo e simbolico che richiamano la rinnovata vitalità dell’economia locale, il suo avanzato sviluppo tecnologico, la dimensione culturale internazionale della città.”34

Famosi architetti, i cui nomi si incontrano in tante città, diventano le “firme” che le città si contendono per costruire o rilanciare l’immagine urbana complessiva. Una rigenerazione urbana che si attua per grandi progetti e che insegue la logica del marketing urbano e del city manager che prima abbiamo citato. Qui infatti vogliamo richiamare l’importanza della liberalizzazione nel mercato delle trasformazioni urbane ma l’altrettanto importante fattore diminutivo che non dovrebbe essere trascurato in queste dinamiche, cioè quello di evitare i grandi investimenti (o meglio quelli provenienti da un unico soggetto investitore, dunque preferendo quelli di natura associativa). I grandi progetti trattano di processi che implicano una profonda trasformazione della città, ma che poco o nulla hanno a che vedere con l’attenzione ai temi della coesione sociale e delle piccole e medie imprese, ma che sempre più spesso si risolvono, in definitiva, in meccanismi di pura valorizzazione immobiliare.


“La città non solo è considerata come “arena” per la crescita e il dispiegarsi dei meccanismi del mercato, ma anche i temi della coesione sociale sono inglobati in questa visione e visti unicamente come risorse per la competitività economica.”35

Agricoltori capaci di gestire specie che resistono al cambiamento climatico seguendo il ciclo naturale delle colture. carpentieri specializzati nell’isolamento di tetti con materiali naturali, ingegneri con il curriculum giusto per progettare turbine eoliche e impianti solari, diplomatici dell’ambiente per seguire i negoziati internazionali. Tutto il mondo del lavoro si sta plasmando a misura di un cambiamento epocale di cui si vede solo l’inizio. Proprio la ricchezza delle tipologie di green jobs dimostra però che l’economia verde non è un settore ma un nuovo modo di pensare l’intero sistema produttivo.

Mercato del Lavoro Qui inizieremo a trattare il secondo insieme di temi sensibili che risultava necessario approfondire per l’espletamento del nostro processo. Il macrogruppo (come si nota nello schema dell’introduzione) che fa da filo rosso ai sottoinsiemi è il tema importante del mercato del lavoro cercando di analizzare i nuovi possibili sviluppi degli investimenti e delle pratiche lavorative nei confronti della green economy. Gli altri due temi che tratteremo che risultano essere due sottoinsiemi del primo; sono degli approfondimenti attraverso dati sulle piccole e medie imprese nonché delle considerazioni sulle politiche giovanili. Si nota dallo schema che illustra gli insiemi dei temi trattati che il sottoinsieme delle politiche giovanili è compreso sia nel macrogruppo del mercato del lavoro sia in quello della sostenibilità. Questo perché riteniamo che le potenzialità che si potrebbero esprimere attraverso lo sviluppo di politiche volte a favorire il mondo dell’impiego dei giovani professionisti potrebbero risultare positivo non solo nei riguardi del mercato del lavoro e dei suoi risvolti in termini di investimenti economici, ma è di certo anche una forma di innovazione politica che favorirebbe fattori di ripresa economica e sociale e che dunque può far parte a pieno titolo di un sistema sostenibile di progresso. Queste sono le leve che cercheremo di promuovere per far funzionare il nostro processo nei suoi aspetti di adeguamento al settore lavorativo e nei confronti di un sistema economico che sta cambiando gli indirizzi degli investimenti. Una situazione significativa che tenteremo di intercettare è la svolta di moltissimi mestieri (vecchi e nuovi) verso la “green economy”. Chiaramente evitando le definizioni retoriche e/o speculative di questo nuovo aspetto

Da una parte le merci cominciano a essere riprogettate tenendo conto del ciclo di vita reale (progettazione, produzione, distribuzione, smaltimento, riciclo), dall’altra cambia il rapporto tra la categoria degli oggetti e quella dei servizi (cenno importante è stato fatto nei capitoli precedenti sull’entità degli investimenti in questo settore), con l’ago della bilancia che si sposta lentamente dal possesso verso l’uso, dall’acquisto di un bene verso l’acquisto di una funzione: più car sharing meno macchine, più Web meno dvd. Per avere un’idea delle dimensioni che può assumere la green economy, bisogna immaginare le potenzialità legate alla riconversione di una macchina produttiva che fino a ieri aveva puntato tutto sulla quantità e che oggi si trova di fronte al doppio muro della crisi economica e della crisi ecologica e deve cambiare in corsa puntando sull’aumento di efficienza, sul recupero delle materie utilizzate, sulla diminuzione dei costi e dei rischi prodotti da una lunga stagione di inquinamento, sulla soddisfazione di nuovi bisogni legati alla sicurezza e all’aumento del benessere e sul miglioramento dello stile di vita delle nostre “nuove” città e metropoli. Dunque Bisognerà guardare all’economia verde non solo come a un settore, ma come a un nuovo modo di pensare l’intero sistema produttivo. Un altro fattore decisamente importante in questo nuovo orizzonte è l’importanza e la potenzialità di sviluppare le competenze intersettoriali per cogliere meglio le opportunità legate alla nascita di nuovi bisogni; le nuove professioni che vanno a profilarsi necessitano di un campo interdisciplinare di competenze decisamente ampio (ci si trova ad essere in continuo aggior-

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ma concentrandoci soprattutto sui suoi aspetti pratici e sui numeri significativi di questa rivoluzione che sarà nel processo RED un vincolo “creativo” per le professioni coinvolte.

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35. Brenner N., Theodore N.,Cities and the Geographies of “Actually Existing Neoliberalism”, in “Antipode”, 2002

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Processi attuati, anzi, all’interno di una visione della città e del suo sviluppo in cui si ritrovano, in maniera più o meno evidente, le caratteristiche del neoliberismo urbano:


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namento e a dialogare in maniera costruttiva con altri tipi di professionalità per portare avanti la propria), in questo senso l’ottica dell’associazionismo sembra essere un’ottima opportunità per i giovani in questo nuovo scenario. Risulta necessario ora dare un quadro “istituzionalizzato” del concetto di ecoinnovazione che le politiche urbane e di produzione stanno lentamente inseguendo. Per darne una definizione citiamo direttamente il lavoro svolto dagli Stati Generali della Green Economy, e più precisamente dal gruppo di lavoro 1. Gli Stati Generali sono nati da un’idea del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini con le principali associazioni di imprese “green” italiane, hanno l’ambizione di promuovere un nuovo orientamento dell’economia italiana verso una green economy per aprire nuove opportunità di sviluppo durevole e sostenibile. Questo gruppo ha provato a dare una definizione del quadro generale della green economy e dell’ecoinnovazione:

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Il passaggio alla green economy implica la capacità di innovare non solo cicli produttivi e consumi ma anche cultura e stili di vita tramite lo sviluppo e la messa in pratica dell’ecoinnovazione che tiene conto sia del profilo economico, che delle dimensioni sociale e ambientale come componenti imprescindibili dello sviluppo sostenibile. L’ecoinnovazione può essere definita come l’utilizzo di prodotti, processi, sistemi gestionali, servizi o procedure nuovi o ripresi dalle buone pratiche della cultura e della tradizione industriale, attraverso cui si consegue, lungo tutto il ciclo di vita, una riduzione di fattori di pressione sull’ambiente (riduzione dei flussi materiali, del consumo di energia, dell’inquinamento, etc.) e sulla società, rispetto alle pratiche correnti, e la capacità di creare ancora valore e assicurare il benessere dei cittadini migliorandone la qualità della vita e gli standard sociali e ambientali. L’obiettivo dell’ecoinnovazione è quello di un profondo cambiamento verso nuovi sistemi di produzione e consumo basati su un approvvigionamento ed un utilizzo sostenibile delle risorse e una riduzione/eliminazione delle emissioni e dei conseguenti impatti, che porti gradualmente al disaccoppiamento assoluto tra la crescita, misurata secondo i nuovi canoni beyond GDP, e l’utilizzo delle risorse e gli impatti sugli ecosistemi. Di rilievo per l’ecoinnovazione sono: - lo sviluppo di tecnologie low carbon ad alta efficienza energetica e dei materiali nei processi industriali e nella organizzazione del territorio e delle città; - l’utilizzo di processi di produzione a basso impatto ambientale e a minor consumo di risorse; - l’utilizzo di materie prime rinnovabili, nella produzione di beni materiali, quali le biomasse e le nuove risorse agroin-

dustriali, che consentono la preparazione di prodotti biobased, quindi riciclabili o biodegradabili.

Si possono considerare differenti tipi di ecoinnovazione: dallo sviluppo di nuovi processi “puliti”, con ridotto utilizzo di risorse e ridotti impatti ambientali, allo sviluppo di nuovi prodotti più ecocompatibili lungo tutto il loro ciclo di vita, dall’implementazione di tecnologie “generaliste”, quali ad esempio l’ICT e le nanotecnologie, i cui effetti “ecoinnovativi” vanno valutati volta per volta, a nuove strutture e infrastrutture organizzative, anche virtuali, sia di filiera che reti, che comportano nuovi modi di organizzare la produzione e i consumi. Ciascun tipo di ecoinnovazione porta a miglioramenti incrementali. Tuttavia, il percorso verso la sostenibilità necessita la messa a sistema dei vari tipi di ecoinnovazione, citati sopra, con i più ampi concetti di ecoinnovazione dei consumi e più in generale degli stili di vita, culturali e sociali. Per far ciò, è necessario passare per una ecoinnovazione dell’attuale governance, arrivando ad una futura governance dell’ecoinnovazione che sappia gestire un approccio olistico verso la sostenibilità. La filosofia del riciclo della materia, non diversamente dal risparmio energetico e dalla riduzione delle emissioni climalteranti, è un esempio significativo dell’approccio combinato di ecoinnovazione, 0vere nel nostro processo RED nell’indirizzamento e nella scelta dei professionisti coinvolti nel progetto di associazionismo. Nonostante questo, però, nella citazione qui sopra si può muovere una critica costruttiva: l’impianto generale delle definizioni e dei fini che si cercano di perseguire ricalca una traccia già segnata da tempo nell’inseguimento dell’ecoinnovazione nei confronti dei nuovi mestieri e nella sostenibilità di quelli più vecchi. Ma non si fa cenno esplicito alle disastrose conseguenze che si potranno avere sull’ambiente a causa dei livelli e dei modi di produzione delle maggiori compagnie economiche italiane e/o internazionali. Si nota, a nostro avviso, una certa retorica nelle promozioni propagandistiche di alcune aziende che si definiscono sostenibili grazie all’impiego e all’investimento “verde” di una piccola percentuale dei loro profitti invece di cambiare l’ottica della loro maniera di produrre.


la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Le piccole imprese sono definite come imprese che impiegano meno di 50 persone e il cui fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 10 milioni di euro. Le microimprese sono definite come imprese che impiegano meno di 10 persone e il cui fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 2 milioni di euro.36

Nell’Unione europea allargata composta da 25 paesi, circa 23 milioni di PMI forniscono intorno a 75 milioni di posti di lavoro e rappresentano il 99 % di tutte le imprese37 . In Italia nel 2011, secondo una ricerca di Fondazione Impresa, le imprese e le cooperative sino a 15 addetti hanno assunto oltre il 62 % dei giovani occupati nel periodo, il 50 % dei quali assunti da imprese con meno di 10 addetti. Stime per il 2010, basate sui dati relativi al periodo 2005-2009 della banca dati sulle statistiche strutturali d’impresa di Eurostat. Le stime sono state elaborate da Cambridge Econometrics. I dati si riferiscono alla “economia aziendale” comprendente industria, costruzioni,commercio e servizi 38. In Italia, secondo questi dati, sul totale delle imprese nazionali la fetta di PMI è del 99,8% con 3.813.805 imprese. Ancora più indicativo è il dato sull’occupazione proveniente sempre dalla stessa fonte statistica: nel nostro paese, sul totale delle imprese, le PMI incidono sul totale degli occupati con un 80,3%. Ed è utile far notare che questo dato sia di molto superiore percentualmente rispetto alla media europea di occupati nelle PMI con 67,4%39. Risulta evidente notare che le nostre piccole e medie imprese siano una fonte di reddito e di lavoro per milioni di italiani e che dunque debbano essere considerate come una risorsa oltre che come patrimonio produttivo (culturale) nazionale. Esse devono tuttavia spesso affrontare le imper-

RED Presupposti teorici

Secondo la CE le piccole e medie imprese sono:

fezioni del mercato. Le PMI hanno di frequente difficoltà ad ottenere capitali o crediti, in particolare all’inizio della fase di avvio. La limitatezza delle risorse può ridurre a sua volta l’accesso alle nuove tecnologie o all’innovazione. Secondo uno studio della Commissione Europea condotto tra le piccole imprese italiane nel 2012 i problemi strutturali da superare per una maggiore competitività sono : la bassa capitalizzazione, liquidità limitata e limiti relativamente alla possibilità di contrarre prestiti, nonché una scarsa esposizione ai mercati internazionali, specialmente oltre i confini dell’UE40. Lo studio condotto dalla CE è riferito alla situazione delle imprese italiane nei confronti dell’iniziativa strategica emanata nel 2008 da parte di una Commissione del Parlamento Europeo; l’iniziativa intitolata “Small Business Act” (SBA) per l’Europa mira a creare condizioni favorevoli alla crescita e alla competitività sostenibili delle piccole e medie imprese europee. Essa crea un quadro strategico finalizzato a sfruttare meglio il potenziale di crescita e di innovazione delle PMI. Tale iniziativa dovrebbe consentire di rafforzare la competitività sostenibile dell’Unione europea (UE). L’indirizzo è che le politiche comunitarie e nazionali dovrebbero tenere maggiormente conto del contributo delle PMI alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. Lo “Small Business Act” si basa su dieci principi destinati a guidare la formulazione delle politiche comunitarie e nazionali, nonché su misure pratiche per la loro attuazione. In questa parte prenderemo in analisi alcuni dei dati riferiti ad alcuni di questi principi per sottolineare alcune criticità e potenzialità delle PMI italiane rispetto alla media europea. I cosidetti fattori critici di successo: “Pensare anzitutto in piccolo”(uno degli indirizzi dello SBA) continua ad essere uno dei pochi settori in cui l’Italia, in generale, è in linea con la media dell’UE. I risultati per i singoli indicatori di questa sezione continuano a seguire direzioni diverse: stando ai risultati di un sondaggio del Forum economico mondiale (FEM) sul “peso della burocrazia”, l’Italia è all’ultimo posto nell’UE. Mentre i dati dell’OCSE relativi a temi più specifici come la “comunicazione e la semplificazione delle regole e dei regimi” e il sistema delle “licenze e dei permessi” evidenziano una situazione più favorevole in Italia rispetto alla media dell’UE (i dati dell’OCSE si basano sulle

19 36. Allegato I del Regolamento CE n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008 Pubblicato sulla GUCE del 9 agosto 2008 37. CE, La nuova definizione di PMI. Guida dell’utente e modello di dichiarazione, 2006 38.

Idem

39. Scheda informativa SBA 2012 – Italia 40.

Idem

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

Piccola e media impresa


risposte fornite nel 2008 dall’Italia).

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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“Appalti pubblici e aiuti di Stato”. Tra tutti i settori SBA, questo è quello in cui l’Italia occupa la posizione migliore, sebbene resti ancora soltanto in linea con la media dell’UE. Nell’ambito di alcuni singoli indicatori l’Italia ottiene risultati migliori rispetto a molti degli altri Paesi dell’UE. In particolare, la quota di aiuti di Stato destinata alle PMI è più alta in Italia, anche se è lievemente calata rispetto al 2011 (23,8%). Inoltre, la quota di PMI fra tutti gli appalti pubblici aggiudicati è superiore alla media dell’UE, come pure il grado di disponibilità delle procedure d’appalto telematiche.

20

Come lo scorso anno, i risultati positivi di questi indicatori sono svalutati dal problema sostanziale e persistente dei termini di pagamento medi delle autorità pubbliche; l’Italia, infatti, è posizionata molto al di sotto di tutti gli altri Paesi dell’UE per quanto riguarda questo indicatore. Per le PMI italiane i tempi necessari per ottenere un pagamento dalle autorità pubbliche sono, in media, lunghi più del doppio rispetto a quanto avviene per le PMI degli altri Paesi dell’UE (55 giorni contro i 25 giorni dell’UE in media). L’“Accesso ai finanziamenti” resta una delle aree più problematiche per le PMI italiane. In linea con lo scorso anno, l’Italia ha registrato risultati molto inferiori alla media dell’UE. Tuttavia, i problemi sono limitati a specifici settori di finanziamento, perché in quattro aree specifiche su nove l’Italia ha registrato, in effetti, risultati superiori alla media UE. Ad esempio, il numero di PMI la cui domanda di prestito è stata respinta o legata a condizioni inaccettabili, è stato lievemente inferiore alla media dell’UE (13%15%). Inoltre, un numero di PMI italiane di gran lunga inferiore ha segnalato un deterioramento nell’accesso agli strumenti pubblici di sostegno finanziario (13%-22%). Questi risultati positivi, tuttavia, sono oscurati dagli scarsi risultati registrati per altri indicatori. In linea con i tempi lunghi discussi nella sezione precedente per ottenere i pagamenti dalle autorità pubbliche, la durata totale per il pagamento delle fatture in Italia è la più lunga. Poiché in media sono necessari quasi quattro mesi (121 giorni) per ricevere i pagamenti in scadenza, mentre le PMI dell’UE devono attendere, in generale, meno di due mesi (53 giorni) per ricevere gli importi dovuti, le PMI possono trovarsi di fronte a seri problemi di liquidità.

Altri settori in cui si evidenziano problemi persistenti sono i differenziali più ampi del tasso di interesse tra i prestiti di piccola e grande entità (ciò significa che le PMI italiane devono pagare relativamente di più per i prestiti fino a 1 milione di euro rispetto alle loro controparti nell’UE), come pure la relativa debolezza dei diritti giuridici di cui godono i creditori in Italia quando si tratta di rivendicare i fondi dati in prestito. La mancanza di diritti tende a disincentivare la concessione di prestiti, specialmente alle piccole imprese. “Competenze e innovazione”. La posizione dell’Italia in questo settore è inferiore alla media dell’UE, sia per le competenze che per l’innovazione. In alcuni degli indicatori principali di misurazione delle prestazioni delle imprese in termini di innovazione (percentuale di PMI innovative in-house, PMI che introducono innovazioni dei prodotti o dei processi o innovazioni riguardanti la commercializzazione e l’organizzazione), l’Italia è meglio posizionata rispetto a molti altri Stati membri dell’UE, dando prova di un solido potenziale innovativo, specialmente nella quota di PMI che innovano in-house (34%-30 %). Un motivo di particolare preoccupazione sono gli indicatori di misurazione della capacità delle PMI di operare via Internet. Le imprese italiane sono molto meno presenti on line rispetto alle loro controparti dell’UE. Questo può rappresentare per loro uno svantaggio dal momento che i media elettronici diventano canali di distribuzione sempre più importanti. Anche l’indicatore riguardante la formazione evidenzia problemi. L’Italia, in questo settore, è indietro rispetto agli altri Paesi dell’UE, infatti, soltanto il 5 % (UE: 11 %) degli impiegati delle microimprese partecipa a corsi di istruzione e formazione. Vista la straordinaria importanza delle microimprese in Italia, questo basso livello di partecipazione alla formazione costituisce un problema molto più ampio di una mancanza di sviluppo delle competenze della forza lavoro, che a sua volta potrebbe rappresentare una grave minaccia strategica per la competitività delle imprese italiane. Sul fronte politico, a partire dal luglio del 2011 è stato concesso un credito d’imposta alle imprese che assegnano progetti di ricerca a università e centri di ricerca italiani. Il bilancio di questa misura è pari a 484 milioni di euro e il suo obiettivo è sostenere le attività di R&S fra le imprese. Il 2 novembre 2011 il Ministero per lo Sviluppo economico ha avviato un programma volto a incoraggiare le PMI a registrare i brevetti


Questa collaborazione andrà a vantaggio di entrambe le parti poiché, da un lato, rafforza un’impresa fornendole un socio finanziario forte e la possibilità di accedere alla ricerca e allo sviluppo mentre, dall’altro, offre alle università e ai centri di ricerca una via per applicare in pratica i risultati delle loro attività innovative. “Ambiente”. La posizione dell’Italia rientra appena nella fascia di prestazioni della media UE. Se si prendono in considerazione i singoli indicatori, emerge, tuttavia, un fatto interessante: la quota di PMI italiane che ha adottato misure di impiego efficiente delle risorse (94 %), che offre prodotti ecologici (26 %) o realizza almeno il 50% del fatturato totale da prodotti ecologici (25%) è almeno uguale se non superiore alla media dell’UE, e pare che l’Italia ottenga tale risultato con meno sostegno pubblico rispetto ad altri Paesi. Infatti, soltanto il 5 % delle aziende italiane (UE: 9%) dichiara di aver ricevuto sostegno pubblico per le proprie misure di impiego efficiente delle risorse e una percentuale ancora inferiore (il 3 %) dichiara la stessa cosa per la produzione di prodotti e servizi ecologici (UE: 8%). Sul fronte delle politiche, nel dicembre 2011 sono stati assegnati 100 milioni di euro per finanziare progetti di investimento nelle regioni che promuovono la produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare la biomassa. In ottemperanza alla “riserva degli incentivi”, istituita dallo Statuto delle imprese, il 60% del bilancio totale verrà destinato alle PMI. “Internazionalizzazione”. L’Italia continua a posizionarsi al di sotto della media dell’UE in questo settore. I dati disponibili non evidenziano progressi significativi rispetto allo scorso anno, sia per quanto riguarda la posizione complessiva dell’Italia sia per quanto concerne i singoli indicatori sui quali si basano i dati. Un numero inferiore di PMI italiane intrattiene scambi commerciali con partner al di fuori

RED Presupposti teorici

Inoltre per promuovere l’innovazione e migliorare l’accesso alla ricerca e allo sviluppo (R&S) vi sono disposizioni specifiche che si applicano ora alle università e ai centri di ricerca senza scopo di lucro per consentire loro di detenere una partecipazione finanziaria in una PMI.

dell’UE. Ciò è in parte riconducibile alla percentuale superiore alla media di microimprese, che tendono ad essere meno internazionali a causa delle loro dimensioni e alla mancanza di confidenza con Internet . Tuttavia, ciò è anche dovuto in parte a un sistema amministrativo meno favorevole, caratterizzato da costi di importazione ed esportazione superiori alla media UE e da tempi molto più lunghi (ad esempio, l’esportazione richiede 20 giorni, quasi il doppio rispetto alla media dell’UE di 11 giorni). Il numero dei documenti necessari per l’importazione e l’esportazione (in entrambi i casi uguale a quattro) rappresenta l’unica eccezione alla regola. Vista la differenza piuttosto modesta rispetto alla media UE, la sua importanza è minima. Sul fronte delle politiche si registra una sola iniziativa significativa: dall’8 novembre 2011 è attiva una piattaforma interattiva che aiuta le aziende italiane a promuovere e a vendere i loro prodotti nel mondo. Il “Made in Italy portal” 41, disponibile in italiano, inglese, cinese e russo, mira a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Tra le microimprese in Italia possiamo considerare anche le piccole organizzazioni giovanili profit. Queste sono una fetta considerevole del Terzo Settore di cui si farà riferimento specifico nel prossimo capitolo riferito alle politiche giovanili. Per il momento è interessante notare come alcune delle difficoltà e punti di forza che incontrano queste giovani organizzazioni siano assimilabili e di forte riferimento per le PMI italiane. L’elenco che riportiamo proviene da uno studio sulle organizzazioni giovanili profit redatto dall’IPRASE 42: Difficoltà: Mancanza di supporti e difficoltà nelle fasi: - di start up (passaggio dall’idea all’impresa); - dell’accesso al credito, alla ricerca di clienti e fornitori; - dei costi legati a tempi e ostacoli della burocrazia; - la fiscalità pesante di cui sono oggetto le imprese giovanili, trattate come tutte le altre e quindi soggetto agli studi di settore, basate su presunzioni di fatturato, invece che sulle situazioni reali; Mix dei canali/opportunità di finanziamento e cioè: - la progettualità legata a bandi pubblici (anche per l’avvio d’impresa) e/o di fondazioni (expertise per “formulari”, budget e business plan); - le scarse risorse iniziali necessarie all’autofinanziamento; - il fond raising e le sponsorizzazioni;

21 41. www.madeinitaly.gov.it 42. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. Pg203

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

e i modelli. L’obiettivo è quello di rafforzare la capacità innovativa e la competitività delle imprese. Il bilancio totale ammonta a 45,5 milioni di euro.


- le aziende di credito (anche per le non profit).

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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Punti di Forza: Le capacità legate a: - individuare facilmente i fattori critici di successo dei vari progetti (che a volte sono gli attrattori locali, le innovazioni, l’appeal del prodotto, le pubbliche relazioni, ecc.); - conoscere il mix tra creatività ed innovazione, territorio e giovani; - disporre di potenzialità rispetto alla creazione di valore (in primis lavoro), sapendo “osservare la realtà per intraprendere”; Presenza di fondamentali “risorse economiche intangibili”; - idee innovative, ricerca e sperimentazione, valori etici (es.: Responsabilità Sociale di Impresa); - il “tempo” come valore (considerato come “fattore produttivo” vero e proprio); - le risorse umane come fattore strategico. L’organizzazione del lavoro in cui:

22 43. Fonte: dati CRESME, www. cresme.it 44. Fonte: Banca Dati ISTAT, censimenti della popolazione e dell’industria 1971 e 2001 45. Fonte: Banca Dati ASIA 2009, ultimo anno disponibile 46. Fonte: CRESME, XIX Rapporto congiunturale e previsionale Il mercato delle costruzioni 2011-2015

- ci si muove tra alta motivazione e ricerca di garanzie; - si lavora prevalentemente per progetti ed in equipe; - vi è una governance orrizontale (organigramma piatto) e a rete; - vi è un mix tra professionalità specifica, ruolo definito ed il multitasking; - le organizzazioni sono flessibili e dinamiche, con propensione alla mobilità.

Una precisazione, anche in questo caso, va fatta tenendo presente che in alcune aree del nostro Paese ( in particolare alcune regioni del Sud) creare microimprese da una parte ed associazioni dall’altra è ancora più complicato, sia per la fatica a reperire le informazioni necessarie sia per un “deficit di legalità” che rende ancora più difficile fare impresa per i giovani così come per l’attivarsi in associazioni per esprimere la propria opinione o un impegno diretto per il territorio. Rispetto alla nostra proposta dobbiamo soffermarci ad analizzare la situazione delle piccole imprese e dell’artigianato nell’ambito delle costruzioni, in Italia, per definire il quadro entro il quale si andrebbe ad inserire il progetto. In un paese dove l’industria edile rappresenta uno dei settori trainanti dell’economia l’attuale situazione in cui girano pochi capitali nel mercato, il calo della domanda ha tra le conseguenze l’inaridimento del settore delle costruzione con inevitabile ricaduta su tutto l’indotto e quindi sulla piccola impresa e sull’artigianato. Nel 2011, per il quinto anno di fila, gli investimenti nel settore hanno continuato a scendere, registrando un -3,5%; entrando nel dettaglio, dal “XIX Rapporto congiunturale e previsionale

Il mercato delle costruzioni 2011-2015” redatto da Cresme si evince che gli investimenti destinati alle nuove costruzioni hanno sfiorato infatti quota 60 miliardi euro, mentre la manutenzione ne ha messi insieme 108, quasi il doppio, divisi tra manutenzione ordinaria (30 miliardi di euro) e straordinaria (78,2 miliardi). Questi dati tradotti in termini percentuali ci dicono che il 31% degli investimenti complessivi sono destinati alla nuova edilizia, mentre i fondi destinati agli impianti di energie rinnovabili registrano un aumento del 28% rispetto al 2010 per la precisione 26 miliardi di euro. In una città a viva estrazione operaia come Torino il numero degli addetti nel settore delle costruzione è calato sempre più dagli anni ’70 al 2000 43. La città di Torino nel 1971 aveva 1.167.968 milioni di residenti e 242.215 addetti alle industrie manifatturiere, la Torino odierna conta 907.563 residenti e 79.771 addetti nelle stesse industrie manifatturiere 44, ulteriormente ridotti a 48.842 nel 2009 45. Chi però risulta più colpito in questa situazione è certamente il settore dell’artigianato non solo a causa della congiuntura economica degli ultimi anni ma anche a causa della massiccia industrializzazione del settore edile delle ultime decine di anni. Lorenzo Bellicini, direttore del CRESME, afferma che: “Se esaminiamo le fasi critiche principali per le costruzioni dal secondo dopoguerra – ha rilevato il direttore del CRESME Lorenzo Bellicini nella sua presentazione - : il triennio 1975-1977; i bienni 1982-1983 e 1993-1994; il quadriennio 2007-2010 risulta immediatamente evidente la gravità dell’attuale congiuntura. Nel primo periodo la contrazione del mercato fu dell’11,7%, nel secondo periodo del 7,5%, nel terzo del 9,1%, oggi siamo di fronte ad una crisi innanzitutto più lunga e soprattutto dagli effetti ben più rilevanti con una erosione di circa un quinto del mercato.”46

I dati del 2009 mostrano una crisi che interessa tutte le classi dimensionali: certo quelle minori, sembrano soffrire di più (-20% le più piccole; 16% le medie; -13,4% le grandi). Nel 2009, il 28,3% delle imprese di costruzione interrogate ha un bilancio in perdita e una riduzione del fatturato, nel 2008 il 16,1%. Inoltre il 51,8% delle imprese del campione, pur mantenendo bilanci in nero, vede ridursi il fatturato rispetto al 2008 dove chi viveva questa situazione era solo il 35,6% del campione. In sostanza l’80% del campione perde fatturato (era il 48,4% nel 2008); il 2,9% cresce ma non ha utili; e solo il 17,3% cresce ed è


Ora vorremmo concentrarci sulla potenzialità oggettiva, rispetto allo sviluppo delle PMI, di un’azione sinergica tra piccoli gruppi di imprenditori. Risulta ormai un’esigenza il fare sistema per affrontare le nuove sfide indotte dalla competizione internazionale per affrontare la situazione congiunturale che ha costretto attori economici e sociali a ripensare e riprogettare le strategie e i comportamenti con una visione nuova rispetto al passato. La competizione globale e le difficoltà burocratiche e di capitalizzazione rendono necessario presentarsi sui mercati con maggiore massa critica, fatta di competenze ricercate, tecnologie innovative, progetti ambiziosi e capitali consistenti. Dunque operare in sinergia con altre imprese su specifici progetti. Le carenze del sistema informativo rispetto ai piccoli investitori sul fronte dell’associazionismo potrebbero essere fronteggiate sull’impegno delle associazioni di categoria nel pubblicizzare e fra conoscere concretamente i casi positivi di aggregazione (best practices), ma anche da una politica fiscale e burocratico/amministrativa a livello locale attenta che introduca degli incentivi per le attività imprenditoriali che si aggregano o dalla presenza (o promozione) di soggetti che aiutino le imprese a progettare le aggregazioni stesse. La presenza di un soggetto “terzo”, diverso dalle imprese che partecipino all’alleanza, diventerebbe uno stimolo per agire con logiche superpartes e orientate esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. Da un attento studio condotto da Valentina Venturin sulle piccole e medie imprese del NordEst italiano, sulle potenzialità e i rischi di queste nella logica dell’associazionismo, citiamo e sottoscriviamo la sua analisi sulle problematiche legate alla cooperazione interaziendale che

- la necessità di interpretare l’aggregazione come processo dinamico e non statico;

RED Presupposti teorici

Associazionismo

si sviluppano su tre livelli concettuali distinti di fattori critici di successo 48:

- la necessità di affiancare ad un’ impostazione ottimistica, tutta incentrata sui benefici, una riflessione sui costi; - la necessità, infine, di dare il giusto peso ai vantaggi indiretti, e spesso non visibili, della collaborazione.

Diverse possono essere le ragioni che intervengono a spingere un’impresa a ricercare una qualche forma di alleanza con altre attività imprenditoriali. Si può trattare di motivazioni economico/strategiche o finanziario/patrimoniali oppure un mix tra queste. Uno scopo fondamentale, dal punto di vista economico/strategico dell’associazionismo, è costituito dalla possibilità di sfruttare economie di scala, che assume particolare rilevanza in un contesto produttivo organizzato prevalentemente in piccole e medie imprese; come pure l’obiettivo (questo decisamente più opportuno) di ampliare o diversificare la propria offerta di beni o servizi viene indicato come rilevante nella scelta di avviare un progetto di alleanza; ad esempio per accedere a commesse o a bandi di gara che richiedono ampie dimensioni e specializzazioni diverse. La capacità di offrire un prodotto-servizio competitivo e globale. Tra le ragioni finanziarie/patrimoniali si trova, secondo la ricerca svolta da Valentina Venturin sul distretto del Nord/Est, come primo fattore propulsivo nella scelta di aggregarsi (di certo confrontabile ad un sistema di PMI generico italiano), la necessità di dotarsi di un livello di capitalizzazione adeguato per poter realizzare progetti di crescita. Si sottolinea, quindi, un limite già accennato sopra legato alla sottocapitalizzazione delle PMI che non dispongono delle risorse finanziarie e patrimoniali necessarie agli obiettivi di ampliamento e sviluppo, non solo dimensionale. L’esigenza di concretizzare e fortificare la situazione dei flussi finanziari è legata anche alla possibilità di riuscire ad ottenere maggiore credibilità nei confronti delle banche (ma anche delle istituzioni e fondazioni pubbliche e private) e, quindi, assicurarsi una maggiore facilità nell’apertura di linee di credito e maggiore credibilità nella creazione di un network. Da un’aggregazione possono derivare, infine, effetti benefici sull’organizzazione interna: una

23 48. Valentina Venturin, Piccole imprese in un mondo che cambia: allearsi per competere, Università degli studi di Padova, 2006 47. Fonte: dal 18° Rapporto Congiunturale realizzato dal Cresme, nel quadriennio 2007-2010

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

in utile (51,6% nel 2008). Nel 2010, come già nel 2009, l’invenduto, l’insoluto, la liquidità, la capacità di gestire il credito, la capacità patrimoniale dell’impresa, il livello di efficienza, rappresentano tutti elementi chiave, che insieme alla domanda, fisseranno i contenuti della competizione e della selezione che avverrà già nei prossimi anni 47.


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RED Presupposti teorici

crescita del livello tecnologico impiegato, un aumento delle competenze e professionalità di tipo relazionale e una migliore efficienza della struttura organizzativa.

24 49. Valentina Venturin, Piccole imprese in un mondo che cambia: allearsi per competere, Università degli studi di Padova, 2006 50. legge della Regione Veneto del 2006 n°5 “Disciplina delle aggregazioni di filiera, dei Distretti produttivi ed interventi di sviluppo industriale e produttivo locale” 51. Valentina Venturin, Piccole imprese in un mondo che cambia: allearsi per competere, Università degli studi di Padova, 2006

Ora vorremmo accennare le possibilità interpretative di un “nuovo” tipo di distretto produttivo; superando le logiche di distretto produttivo fordista i cui vantaggi provenivano principalmente dalle economie di scala e da un’atmosfera industriale condivisa. Oltrepassando la logica territoriale riusciamo a comprendere le possibilità di una condivisione di intenti e di obiettivi di più PMI. Qui tentiamo di accennare ad un diverso tipo di distretto produttivo che oltre a raccogliere nello stesso edificio più realtà artigianali e produttive differenti (quindi diverse professionalità di settore) non condividono solo i costi e i benefici di una situazione associativa ma anche gli intenti programmatici ovvero una condivisione di indirizzi, best practices, tecnologie e saperi innovativi dal punto di vista produttivo ed un nuovo tipo di certificazione della produzione sostenibile ai fini di una più attenta competitività locale, nazionale e internazionale. Il distretto etico diventerebbe una realtà riconosciuta nel territorio oltre che per la qualità della sua produzione anche per l’attenzione alle dinamiche di sostenibilità dei suoi processi programmatici. Reinterpretando il concetto di aggregazione non solo dal punto di vista fisico/territoriale ma anche da quello etico/programmatico. A questo proposito citiamo Valentina Venturin che descrive tra le possibilità associative la formula associativa del consorzio che si avvicina all’idea di distretto etico 49: […] diverse modalità di esplicazione dell’organizzazione comune. Si distinguono, in proposito, i consorzi con attività interna, nei quali l’attività consortile si esaurisce nella regolamentazione dei rapporti fra i consorziati ed, in particolare, nel rispetto da parte di questi ultimi degli obblighi oggetto del contratto; dai consorzi con attività esterna, con i quali i consorziati creano un ufficio comune destinato a svolgere l’attività con i terzi. Ciò che differenzia le due categorie in esame è dunque la presenza in quelli con attività esterna di un’attività negoziale con i terzi, la quale impone l’osservanza di una disciplina specifica a garanzia di questi ultimi […]. Connotato imprescindibile del consorzio è la presenza di una “organizzazione comune”, la quale va intesa come creazione di un apparato di organi deputato alla realizzazione delle finalità del consorzio […] la predisposizione di un organo deliberativo, uno amministrativo e uno di controllo contabile.

La legge della Regione Veneto del 2006 n°5 50 introduce e disciplina il distretto produttivo

e il meta distretto che viene definito come un distretto produttivo che presenta una estesa diffusione della filiera produttiva sul territorio regionale, risultando strumento rilevante per l’economia della regione. Noi crediamo che si debbano fare dei ragionamenti reinterpretativi sulla logica di estensione territoriale della filiera; questa legge potrebbe portare dei benefici amministrativi al distretto etico che sostituirebbe la sua caratteristica di unicità programmatica alla caratteristica di estensione territoriale. La legge disciplina e individua, inoltre, l’aggregazione di filiera o di settore (che sarebbe sostituita dalla “filiera etica”) definendole come espressione della capacità di un insieme di imprese di sviluppare una progettualità strategica comune. La legge, infatti, introduce la possibilità di usufruire di risorse finanziarie per nuclei di imprese omogenee intesi come espressione delle capacità produttiva (sostituita dalla virtù programmatica) di un insieme di imprese numericamente ridotto che non raggiungono le soglie minime fissate per il distretto/meta distretto. L’Associazione, facendo leva anche sul fatto (già accennato in precedenza) di essere un soggetto terzo, diverso dalle piccole imprese direttamente coinvolte nell’iniziativa collettiva e pertanto orientato esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi fissati dalle stesse imprese, potrà svolgere un ruolo di “agente imprenditoriale” capace di favorire la collaborazione tra le imprese coinvolte nel distretto etico che dovranno caratterizzarsi principalmente per questi fattori: - l’investimento e l’apporto di risorse proprie; - il convincimento che i benefici verranno se gli investimenti fatti dalle imprese saranno stati oculati e se si saranno utilizzate competenze professionali specifiche, innovative e sostenibili; - la ferma convinzione che solo una cultura di auto-progettazione e auto-realizzazione potrà portare a veri e significativi processi di aggregazione e collaborazione; - la consapevolezza che pur essendo un gruppo associato è necessario sviluppare una maggiore imprenditorialità anche delle singole imprese (approccio strategico, innovazione tecnologica, gestione delle risorse umane, sostenibilità dei processi).51

Il metodo di lavoro del soggetto terzo è quello di proporre agli imprenditori di mantenere e alimentare, tramite incontri periodici, rapporti costanti e organizzati di confronto e ottimizzazione, e di farsi coordinare dall’Associazione che, avvalendosi anche di altri consulenti e fun-


Secondo il monitoraggio condotto da Valentina Venturin, ricercatrice presso l’università degli studi di Padova, soprattutto nell’ambito territoriale del Nord-Est italiano 53, le stesse normative che hanno portato alla nascita di consorzi settoriali, hanno avuto l’effetto di ripiegamento su se stessi, facendo mancare alle aggregazioni quel processo dinamico e continuo che invece viene oggi richiesto per poter far fronte alla globalizzazione e alle nuove sfide del mercato. Nel tempo si è, invece, notata una maggiore disponibilità degli imprenditori artigiani, particolarmente giovani, nel considerare l’aggregazione economica come una scelta strategica a medio lungo periodo della propria azienda e a ricercare, in maniera attiva, occasioni e situazioni in cui confrontarsi e dialogare con altri imprenditori. E’ soprattutto l’aggregazione di filiera che sembra maggiormente interessare le imprese artigiane che, partendo anche da un piccolo nucleo monosettoriale, si apre alla collaborazione con colleghi di altri settori, beneficiando quindi di nuove modalità di lavoro, competenze, conoscenze e innovazioni. Un punto di forza dell’aggregazione che è anche e soprattutto una potenzialità caratteristica, oltre a quelli già citati, rimane comunque la capacità di saper coniugare il desiderio dell’artigiano imprenditore di lavorare insieme ad altri, con quello di mantenere la sua indipendenza ed autonomia. Gli artigiani possono dunque mantenere la pro-

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- individuare e approfondire temi di interesse comune, soprattutto sull’assoluto accordo sui temi della sostenibilità; - far crescere la cultura dell’aggregazione; - leggere ed interpretare la situazione economica del settore individuando il mercato nel quale l’aggregazione intende operare; - definire e verificare collettivamente le tematiche di aggregazione; - promuovere la portata innovativa del collaborare insieme; - sviluppare competenze che interpretino l’aggregazione come processo dinamico e non statico; - definire gli obiettivi del business collettivo, orientandoli non solo sui benefici ma anche sui costi del progetto; - evidenziare i vantaggi, anche indiretti, della collaborazione economica; - individuare la forma giuridica più adatta all’aggregazione che si intende realizzare; - definire e selezionare la figura di chi dovrà poi coordinare e gestire l’aggregazione economica.

pria autonomia e nel contempo soddisfare nuovi bisogni perché imparano a mettere insieme mezzi tecnologici, finanziari, professionalità e un indirizzo comune sostenibile e di impresa etica. Sempre grazie all’analisi di Valentina Venturin possiamo citare lo sviluppo delle prossime azioni associative, o meglio gli indirizzi che sembrano prefigurarsi in questo campo come obiettivi innovativi 54: - una diffusione della cultura dell’aggregazione, in modo che gli associati attuino un vero e proprio cambiamento culturale che veda possibile e utile la creazione di rapporti fiduciari tra più soggetti economici interessati ad un comune obiettivo; - la realizzazione di una scuola di formazione per mediatori di forme di collaborazione tra imprese (manager dell’aggregazione), con il coinvolgimento anche di Università, centri di ricerca, fondazioni bancarie; - la creazione di forme di collaborazione che coinvolgano le imprese fin dalla loro nascita attuando, in stretta sintonia con gli Enti locali ed i soggetti economici del territorio, degli incubatori di impresa e dei centri di eccellenza; - la riprogettazione e il riutilizzo di spazi e luoghi produttivi che, nell’ambito di una politica del territorio finalizzata allo sviluppo sostenibile, vedano protagonisti gruppi e aggregazioni di imprese capaci di offrire servizi e prodotti innovativi; la sperimentazione di nuovi servizi associativi tarati sulle caratteristiche dell’impresa aggregata e finalizzati a consolidare e sviluppare in maniera dinamica, sia l’aggregazione stessa, che le singole aziende partecipanti al progetto; - un’azione sindacale e di lobbying per favorire e sviluppare forme di aggregazione attraverso anche provvedimenti legislativi (sotto forma di incentivi e di sgravi fiscali).

A conclusione di questo capitolo vorremmo anticipare alcuni concetti che saranno sviluppati nel prossimo, ovvero alcune considerazioni che si possono includere sia nella sezione sull’associazionismo sia sulle politiche giovanili. La Carta europea di partecipazione dei giovani 55afferma che i giovani tendono ad “associarsi” per condividere interessi e passioni e/o realizzare un progetto comune, creare qualcosa di concreto con altre persone in svariati settori. Una sorta di predisposizione al networking anche rispetto alle loro attività informali. La Carta considera dunque l’Associazionismo giovanile come una forma privilegiata di partecipazione dei giovani alla vita locale. A proposito dell’associazionismo giovanile la Prof.ssa Arianna Bazzanella si esprime in questi utili termini nella sua ricerca per conto dell’IPRASE: […]un laboratorio di acquisizione di “competenze sociali”, di palestra per l’assunzione di un ruolo pubblico e la

25 53. www.consiglioveneto.it/crvportal/ leggi/2003 54. Valentina Venturin, Piccole imprese in un mondo che cambia: allearsi per competere, Università degli studi di Padova, 2006 55. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. Pg200 52.

Idem

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zionari associativi, accompagnerà le imprese in un percorso personalizzato in grado di 52:


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formazione alla cittadinanza attiva, nonché di sperimentazione e di orientamento professionale e di sviluppo di una attitudine al lavoro, soprattutto di gruppo. A volte queste organizzazioni sono una ”anticamera” (o un “incubatore sociale”) per trasformarsi in qualcosa d’altro, ad esempio una microimpresa o una attività specifica, piuttosto che un impegno diretto nelle istituzioni locali. Da un certo punto di vista, queste organizzazioni giovanili possono essere definite delle vere e proprie “agenzie di educazione non formale” sia nella sezione sull’associazionismo sia sulle politiche giovanili.56

Rispetto a queste analisi conclusive può essere utile sintetizzare, con una tabella SWOT, i punti di forza e le criticità delle organizzazioni giovanili, che come abbiamo letto prima possono considerarsi tipologicamente simili a delle microimprese sia per le finalità che per le caratteristiche organizzative. Risulta valido riferirsi a questo specchietto riassuntivo anche per la definizione o ridefinizione degli obiettivi di un ipotetico piano organizzativo di impresa e/o di associazione giovanile. Opportunità (esterne):

26

- Basso costo delle nuove tecnologie il cui uso può costituire un vantaggio strategico. - Presenza di nuovi attori come potenziali finanziatori (es.:Fondazioni). - Forte riconoscimento europeo. Minacce (esterne):

56. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. Pg201 57.

Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di \politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010.

- Fiscalità pesante (nessuna deroga agli “studi di settore”). - Ostacoli burocratici. - Difficoltà di accesso al credito, in un mercato che si muove quasi esclusivamente su una valutazione di garanzie. Punti di forza (interni): - Idee innovative, ricerca e sperimentazione come “risorse economiche intangibili”. - Il “tempo” come valore (fattore produttivo) e le risorse umane come fattore strategico. - Essere portatori di innovazione, tendenze e nuovi valori (es. fonti rinnovabili, agricoltura bio, ecc.). - Spirito di iniziativa, entusiasmo, passione per un progetto in cui si crede. - Creatività ed innovazione. - Lavorare con attori di cui ci si fida e con competenze complementari ed integrate. - Motivazione a “costruirsi un futuro migliore”. - Capacità di coinvolgimento di partner a diversi livelli. - Incoscienza e propensione al rischio.

- Propensione a lavorare in gruppo. - Facilità nel raccogliere e condividere dati ed informazioni. - Disponibilità a spendere energie, tempo, competenze e capacità di guardare oltre il calcolo utilitaristico immediato. - Facilità nello scambio di esperienze e competenze. - Conoscenza dei contesti locali e delle loro potenzialità comparate con altre (grazie alle reti di scambio e alla mobilità). - Vicinanza anagrafica e di vissuto con un pubblico giovane. Criticità (interne): - Poca esperienza. - Bassa credibilità esterna. - Difficoltà nel trovare una formazione specifica. - Poca disponibilità economica (autofinanziamento). - Sfiducia nei propri mezzi (rischio di arrendevolezza alle prime difficoltà). - Rischio di poca concretezza e capacità di usare risorse in modo concreto e duraturo. - Difficoltà nel promuovere e reggere una progettualità a lungo termine. - Pregiudizio del mondo “adulto”. - Tempi lunghi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. - Ostacoli della burocrazia.

Politiche giovanili Questo capitolo non è un vero e proprio riferimento di natura teorica per il progetto, ma un punto di partenza. Non solo perché siamo direttamente coinvolti, abbiamo deciso di mettere al centro del progetto le potenzialità di uno sviluppo di impresa delle giovani generazioni; ma anche per sottolineare l’evidente difficoltà di sviluppo e crescita professionale di questa fascia di popolazione, soprattutto in Italia. Per questo capitolo ci siamo riferiti bibliograficamente ad uno studio comparativo di Arianna Bazzanella, ricercatrice dell’istituto Trentino per la ricerca IPRASE57. Questa è risultata un’analisi decisamente dettagliata dal punto di vista statistico ed anche particolarmente approfondita per gli spunti e le conferme strategiche delle posizioni europee ed italiane in materia di politiche giovanili.


“si è sicuramente sviluppato un approccio di tipo promozionale, con una vision universalistica, anche se le connessioni tra i vari livelli faticano a costruirsi, sia tra Ministeri sia nelle Regioni ed enti locali.”58

I punti di forza che sembrano emergere dalle attività dei primi anni del Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive sono i fondi istituiti: il Fondo per le politiche giovanili che prevede un investimento di 130 milioni di euro all’anno per 3 anni che, grazie ai sistemi di co-finanziamento delle regioni (APQ), arrivano ad oltre 500 milioni di euro; il Piano Nazionale Giovani (PNG); gli accordi di Programma Quadro (APQ) siglati tra Ministero e tutte le Regioni e Province Autonome; l’Agenzia nazionale Gioventù; il Coordinamento Nazionale degli InformaGiovani. Inoltre si sono avviate sperimentazioni tramite Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e la rete Iter in 27 Comuni (sul modello dei Piani Giovani di Zona della Provincia Autonoma di Trento) e alcune prime valutazioni. Inoltre, si sono attivati numerosi bandi e concorsi nazionali che, a loro volta, sono fucine di progetti, idee, reti nei diversi contesti locali (giovani idee; bando giovani; Città metropolitane, UPI – Unione Province Italiane). Per quanto riguarda, invece, le criticità del sistema italiano: “possiamo brevemente citare la carenza di concertazione e di capacità di co-decisione; il divario spesso ancora presente tra i principi enunciati nelle sedi comunitarie e le prassi realizzate, così come tra intenti e azioni, non di rado dovuto ad una scarsa conoscienza dei documenti europei; la mancanza di controlli su efficienza ed efficacia; la man-

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Perché parlare di politiche giovanili? Da molti punti di vista le politiche giovanili sono considerate trasversali a più settori (es. Lavoro, Educazione, Ricerca e Sviluppo, ecc.) e necessitano quindi di un coordinamento, al fine di una efficace co-progettazione. Così a livello di governance condivisa e partecipata, si ha in Italia un rapporto istituzionalizzato tra ministero, Regioni ed Enti locali. Questa contaminazione tra i vari livelli è fondamentale per la buona riuscita di un programma di sviluppo. Proprio per questo le Politiche giovanili possono essere un buon esempio paradigmatico di impostazione progettuale a più livelli. Purtroppo però anche se i presupposti sono decisamente “esaltanti” nella teoria, emerge dallo studio della Bazzanella che in Italia :

canza di una logica di sistema tra i diversi attori coinvolti (es. con Scuola e Università) e, non da ultima, l’assenza di un organismo di rappresentanza dei giovani.” 59

La fase attuale presenta difficoltà che dal Dopoguerra il mondo giovanile non aveva mai vissuto. Infatti, se la globalizzazione può generare crescita e occupazione, può anche creare difficoltà particolari per i lavoratori vulnerabili, in primis i giovani, come la crisi ha dimostrato. “Le giovani generazioni oggi sono le più esposte agli effetti negativi di questa situazione, con pochissimi ammortizzatori sociali a disposizione, tranne, come da sempre in Italia, la famiglia di origine. In Italia nove posti di lavoro su dieci distrutti dalla crisi sono contratti a tempo determinato, collaborazioni coordinate e continuative e altri lavori formalmente in proprio ma dietro ai quali si celano posizioni di lavoro subordinato. Le cifre sugli atipici sono da bollettino di guerra: andati distrutti 265 mila lavori a termine, 100 mila collaboratori e 385 mila lavoratori autonomi, tra i quali vi sono diverse partite Iva ‘parasubordinate’ che forniscono le loro prestazioni a un solo committente. Tra i lavoratori precari che hanno perso il lavoro, uno su dieci ha accesso al sussidio di disoccupazione ordinario o alle indennità di mobilità. Questi giovani sono stati beffati due volte. Hanno avuto un lavoro decisamente meno protetto di quello degli altri e, una volta disoccupati, vengono completamente abbandonati dallo stato.” 60

Continuando ad analizzare le problematiche della condizione socio-economica dei giovani in Italia citiamo una tabella che riassume le statistiche nonché le condizioni sfavorevoli dell’essere under 35 in Italia. Non vogliamo soffermarci solo sulle note negative, ma questo è importante per definire il quadro di una situazione che partendo da questi difficili presupposti può essere migliorata. Dati di sintesi: - il debito pubblico pesa su ogni giovane dieci volte in più che per le generazioni del ’68; 61 - il livello di disoccupazione giovanile è cresciuto di quasi tre volte da allora (dal 10% al 26,9%); 62 - le riforme previdenziali hanno nel complesso addossato la maggior parte dei costi dell’invecchiamento sociale sulle nuove generazioni; 63 - nel nostro paese, i giovani stanno pagando questa crisi 4 volte e mezzo in più del resto dei lavoratori; 64 - gli adolescenti sono divenuti nel frattempo minoranza sociale; 65 - i giovani sono la categoria più povera in assoluto ed a più alto rischio povertà in futuro;66 - per le nuove generazioni, l’ingresso nel mondo del lavoro avviene con molte meno garanzie contrattuali che in passato, tra precariato e pressoché assenza di ammortizzatori sociali; 67

27 60. T.Boeri, Rivoluzione Occupazione, “L’Espresso”, 29 Dicembre 2009 61. T.Boeri e V.Galasso, Contro i giovani. Come l’Italia sta tradendo le nuove generazioni, Mondadori, Milano 2007 62. Fonte : Eurostat, Ottobre 2009 63. V.Galasso ,”L’eredità previdenziale”, in www.lavoce.info 64.

Idem

65.

Idem

66.

ISTAT 2009

67. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. P.75

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Attraverso questo studio analizzeremo le problematiche, le potenzialità e le strategie che vorremmo mettere in evidenza a riconferma di alcune soluzioni adottate nella nostra strategia.


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68. S.Nava: “I Talenti espatriati ci costano quasi due miliardi l’anno”, su www.fugadeitalenti.wordpress. com, 9 Novembre 2009 69. S.Laffi : “Giovani d’oggi”, Convegno “Ci si mette molto tempo a diventare giovani”, Provincia di Udine, 17/12/2009 70.

Fonte: Eurostat, ottobre 2009

28 71. Questo sistema italiano di “non meritocrazia”, che in generale seleziona le classi dirigenti procedendo più per cooptazione su basi fideistiche, che non per selezione su competenze e capacità, costa al Paese dai 1.080 fino a 2.671 euro pro-capite, con una perdita del Pil compresa tra il 3 e il 7,5 %, che in valore assoluto significa un ammontare della ricchezza non prodotta che oscilla tra i 64 ed i 157 miliardi di euro [Fonte: Generare Classe Dirigente, Terzo rapporto dell’Università Luiss, Roma 2009]

- nel nostro Paese, tra i giovani, comincia a delinearsi l’alternativa della “fuga” all’estero 68 , trasversalmente a tutte le categorie di giovani, non solo tra le “eccellenze”69.

Segnale principale di questa condizione è il dato della disoccupazione giovanile al 26,9%, mai così alta nella storia del nostro Paese 70. Se la disoccupazione è il sintomo, i problemi vengono identificati sotto il nome di “gerontocrazia sociale”, di “provincialismo relazionale”, di “mal di merito” 71 che a volte porta alla fuga dei migliori talenti nazionali 72 e comunque soffoca le nuove generazioni e, soprattutto, impedisce loro di crescere ed emergere 73. Tra le ragioni di questo stato: un “ancien regime” 74 organizzato in forma di “net elite” di faticoso accesso, concentrato a mantenere stazionaria questa condizione di “status quo” di immobilismo sociale 75,che non ad occuparsi dello sviluppo sostenibile del futuro dell’Italia. Secondo Arianna Bazzanella per uscire da questa situazione (sintesi che sottoscriviamo): […]vanno incrementate e migliorate le possibilità di ciascuno, facilitando un abbassamento delle soglie ad una serie di “accessi” e superando quei meccanismi immeritocratici che rischiano di bloccare l’Italia in questo momento di crisi: quindi talento e merito 76 al posto, in generale, di familismo e raccomandazioni 77 .

Su questi problemi oggettivi è partita la nostra ipotesi di RED, poiché sembra necessario partire da queste oggettive difficoltà di sviluppo per incrementare invece quelle che sono le potenzialità delle nuove generazioni in Italia. Partire dai giovani significa intercettare anche una serie di virtù e qualità tipiche delle giovani generazioni ed in particolare di quelle odierne. Le indagini condotte dall’istituto IARD 78 hanno segnalato come alcune tra le tendenze emergenti utili all’uscita dalla crisi, fossero anticipate dalle nuove generazioni. Caratteristica rilevante della popolazione giovanile risulta essere la creazione di nuovi bisogni, nuovi

valori e nuovi sistemi di significato, sia nella sfera privata che nel rapporto tra giovane, società e politica. Qualche esempio: nuovo ecologismo con forte attenzione alle forme di energia rinnovabili, alla qualità dell’alimentazione, alle questioni dello sviluppo sostenibile, tecnologia a basso consumo, all’impegni in ambiti espressivi e di contenuto etico, ad un bilanciamento del rapporto vita privata e lavoro, ad un impegno solidaristico, al valore delle differenze. Chiaramente queste sono tendenze e non medie, dunque si può intendere che si parli comunque di indagini che si soffermano su delle “eccelenze”, su singolarità su cui però bisogna assolutamente investire e scommettere; un vero e proprio “capitale umano” a cui bisogna dare ascolto e dare risposta per creare riferimenti virtuosi. Risulta interessante analizzare i riferimenti teorici e normativi di alcune politiche di sviluppo europee sui giovani perché ci fa rendere conto che in queste vi è una caratteristica molto valida per qualsiasi progetto di strategia amministrativo-gestionale, ovvero quello della trans-settorialità e scalarità temporale. Nelle “politiche giovanili” rientrano interventi che pongono l’attenzione sia sull’oggetto delle politiche, dunque i giovani, ma anche sulle strategie stesse. Dunque il soggetto beneficiario della strategia non diviene l’unico destinatario dell’attenzione gestionale ma anche le “politiche stesse” sono oggetto di approfondimento. Inoltre i temi sono di grande attualità e risposta sociale rispetto a quelle “eccellenze” di cui sopra: sono azioni mirate ad una precisa fascia di popolazione ma anche azioni a breve e a lungo termine nei principali settori inerenti le giovani generazioni, nello specifico l’istruzione, l’occupazione, la creatività, l’imprenditorialità, l’inclusione sociale e la partecipazione civica79. Dunque perché un progetto sui giovani? La necessità di questo tipo di

72. Costa un miliardo, 761 milioni, 37 mila e 200 dollari l’espatrio dei giovani professionisti italiani all’estero, diventa una meta per oltre il 30% dei laureati ai corsi di laurea specialistica in Bocconi. [Fonte: S.Nava :www.fugadeitalenti.wordpress.com] 73. S.Nava, La fuga dei talenti, Edizioni San Paolo, 2009 74. Termine coniato da Alexis de Tocqueville, autore del saggio “L’Ancien Regime et la révolution” e “La democrazia in America” 75. E funzionale a ciò vi è la quotidiana sottorappresentazione che i media offrono dei giovani [Fonte:Osservatorio Media Research di Pavia, www.osservatorio.it] 76. La domanda di meritocrazia e severità arriva sia dall’alto delle istituzioni sia dal basso della popolazione: infatti otto cittadini su dieci auspicano l’applicazione diffusa del merito nella scuola e sul lavoro. E’ il segno che nel paese si comincia a respirare aria nuova e che la riscoperta dell’economia reale porta con se anche un positivo ribaltamento della gerarchia dei valori, a partire da un nuovo modo di intendere il merito, concepito non più come leva del successo personale, ma come virtù pubblica [Fonte: Generare Classe Dirigente, Terzo rapporto dell’Università Luiss, Roma 2009]


80. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. P.81

Ora andiamo per un momento ad analizzare ciò di cui si occupa il Ministero della Gioventù. Tolta solo la delega allo sport, i compiti sono di indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, nelle materie concernenti le politiche giovanili, compresi gli ambiti economico, fiscale, del lavoro, dello sviluppo umano e sociale, dell’educazione, dell’istruzione e della cultura, anche mediante il coordinamento dei programmi finanziati dall’Unione europea. Ciò81 , a partire dall’amministrazione del nuovo Fondo nazionale, attraverso lo sviluppo di programmi di prevenzione e di finanziamenti agevolati per sviluppare lavoro e impresa, avendo potere di indirizzo nei confronti della neonata Agenzia nazionale italiana del programma comunitario Gioventù, dotata di un fondo per il finanziamento di 600 mila euro annui. Poniamo però l’accento sullo sviluppo di lavoro e impresa. Credia-

A proposito di impresa e lavoro dobbiamo dare merito, seppur all’interno di programmi (che spesso hanno derive retoriche), al Ministero della Gioventù per la spinta positiva in alcuni degli obiettivi espressi pubblicamente nei loro programmi. I quattro grandi temi sono :Accesso al futuro, Rivoluzione nel merito, La meglio gioventù e Protagonismo generazionale. Leggendo i punti di questi indirizzi programmatici risultano essere tutte proposte decisamente centrali all’interno dei problemi sopra descritti delle giovani generazioni ma quello che tra tutti ci sta più a cuore e che si avvicina di più alle strategie che nei prossimi capitoli proporremo è questo: Rivoluzione nel merito: - promozione della cultura d’impresa e/o dell’autoimpiego come possibile alternativa al lavoro dipendente, concentrando con i Ministeri competenti anche agevolazioni fiscali (periodo no-tax per le giovani imprese) e semplificazione amministrativa (possibilità di costruire un’impresa in un giorno); 82 - ricerca “dei mille talenti” da selezionare per poter essere da subito inseriti nelle Amministrazioni centrali e periferiche, nazionali e internazionali ed in una task force per la soluzione delle emergenze;83

Questi due punti sono degli ottimi indirizzi a cui riferire le forze programmatiche di un ipotetico piano di impresa di giovani imprenditori.

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Tutto ciò in una situazione in cui ancora non c’è una legge nazionale per i giovani né un’ Agenzia per lo sviluppo delle politiche giovanili e per le istanze “creative” degli stessi. Non esiste un coordinamento nazionale dei principali servizi per i giovani. Non esiste ancora (e questo è ciò che dovremmo lamentare di più “dal basso”) un network “istituzionalizzato” di agenzie che si occupano dei loro bisogni e che dunque intercettino in maniera efficace le potenzialità manifeste della creatività giovanile (la creatività nazionale è un settore importante, strategico per lo sviluppo del paese, che incide per il 10% sul Pil nazionale 80.

mo che ci debba essere un coordinamento specifico su questo settore e soprattutto agevolato. Crediamo che sarebbe utile creare all’interno di un ambiente istituzionalizzato come il Ministero un polo di riferimento per i giovani e per le loro iniziative. Una banca dati informativa sulle nuove potenzialità di questi fondi a disposizione e nel contempo una servizio di informazione sulle “best practices” in materia di lavoro e impresa che in Italia esistono e prosperano. Crediamo assolutamente nell’importanza dell’ emulazione positiva, dell’educazione a nuovi processi sostenibili e “puliti” che nel nostro Paese , da parte di molti giovani, sono anche una fonte di reddito.

29 81.

www.gio-

ventù.it

82. L’Italia, dopo la Grecia, è il Paese dell’area Ocse dove è più costoso avviare un’impresa: occorrono in media 5.681 dollari contro i 1.960 della Germania, i 347 della Francia, i 318 degli Stati Uniti, i 285 della Gran Bretagna. Sempre secondo Confindustria (dossier 2007) per avviare un’impresa servono 23 giorni, in Danimarca 5. 83. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. P.85

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interventi a carattere trans-settoriale legato ad una precisa fascia di popolazione è oggi resa ancor più manifesta dalla attuale congiuntura economica che necessita più che mai dell’urgenza di investire e favorire lo sviluppo di “quel capitale umano”, da cui dipende il futuro dell’Europa.


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Sono un inizio per abbandonare l’idea del Ministero in veste assistenziale verso un’ottica di propulsione per un vero e proprio protagonismo di impresa. A proposito di questo citiamo un estratto delle “Linee programmatiche presentate dal Ministro Giorgia Meloni alla Camera dei Deputati” a Roma il 16 Luglio 2008; ricordando che anche se in accordo con determinate asserzioni che verranno citate vogliamo spingere queste ultime oltre la soglia della retorica che vige nella realtà dei programmi politici verso una vera e propria messa in pratica di queste strategie: “La casa, l’autosufficienza energetica, le infrastrutture, non sono scelte che si fanno anche per le giovani generazioni? E le iniziative dirette specificamente ai giovani non sono politiche di interesse generale per la Nazione? Allora ecco la sfida da affrontare: creare una sintesi politica capace di dare ai giovani risposte che possano avere valore anche per tutto il resto della società, e viceversa. Questo significa far misurare direttamente le giovani generazioni sul terreno del merito, e passare dalla visione assistenziale ad una dimensione di reale protagonismo.”84

30 84. www. europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/ youth/index_it 85. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. P.111 86. Fonte: Regione Puglia, “Accordo di programma quadro in materia di politiche giovanili”, Relazione tecnica, Roma, 28 Luglio 2006 87. M.Croce, G.Ottolini, L’orizzonte della comunità e la strategia del capitale sociale, in “Peer Education”, Franco Angeli, Milano 2004

Ora proveremo a dare voce ad un’altra potenzialità in seno alle politiche giovanili che dovrebbe, a parer nostro, essere ancora più approfondita dalle politiche ministeriali poiché è proprio su questo campo che si gioca la partita dello sviluppo delle iniziative (formali ed informali) delle giovani generazioni: il rapporto con gli Enti locali. Questo perché è importante ricordare che la maggior parte delle iniziative partono sempre “dal basso” e che è utile che ci siano i presupposti per cui il dialogo tra il potenziale giovane “imprenditore” e la più vicina forma di istituzione (in questo caso i Comuni) sia una strada già spianata e chiara. In modo da non doverla percorrere per primo e quindi avere dei riferimenti istituzionalizzati per facilitare l’avvio di un’idea valida sia per il singolo che per la comunità. Il problema si legge e viene posto appunto dalla Bazzanella che a questo riguardo fa notare nella sua analisi proprio ciò che probabilmente risulta manchevole di indirizzo a livello ministeriale ovvero il dialogo e la creazione di una rete a più livelli che possa facilitare l’avvio dei progetti e dare maggiore merito ad alcune istituzioni locali che provano a percorrere la strada della facilitazione: “[…]la “via italiana” in questo ambito (politiche giovanili) si è infatti connotata per aver sviluppato tanti progetti e iniziative su tutto il territorio nazionale, prevalentemente dal basso (nei e grazie ai Comuni), che però hanno logicamente avuto difficoltà a fare sistema, in assenza di un forte ruolo assunto da istituzioni di livello regionale e nazionale.

Si può dire che c’è stata una consistente “proliferazione senza condensazione” di progetti e di eccellenza.”85

In base al principio di sussidiarietà sancito dalla legge 59/97 e poi riaffermato nella riforma del Titolo V della Costituzione spetta agli Enti Locali e specificamente ai Comuni il compito di attuare le politiche giovanili in quanto “autorità territorialmente e funzionalmente più vicine ai cittadini interessati”. Si tratta, nei fatti, del riconoscimento formale di un ruolo da sempre svolto dalle amministrazioni comunali (o meglio, da una parte di esse) nel rispondere alle istanze provenienti dalle fasce più giovani della popolazione attraverso progetti, servizi e iniziative 86 . Come sottolinea più volte lo studio dell’IPRASE gli Assessorati alle politiche giovanili faticano ancora a sviluppare logiche trasversali ed interassessoriali, condizione che invece sembra necessaria per gli indirizzi di sviluppo europei. A livello locale, sviluppare politiche giovanili significa infatti pensarle insieme con altri attori e con i giovani stessi in rete, scegliendo una “strategia delle connessioni” e del capitale sociale. A questo proposito ci sentiamo di dover citare una nota del testo di indagine di Arianna Bazzanella a proposito delle potenzialità del capitale sociale e della logica a rete, fondamentale sia per la comprensione di questi concetti che per la proposizione del nostro progetto RED: “La comunità locale si caratterizza per una serie di legami già presenti tra soggetti, attori, istituzioni, persone, enti. Oggi emerge un nuovo bisogno di comunità, legato alla crescente necessità di fronteggiare l’insicurezza e l’ansia prodotta da processi che sfuggono al controllo degli individui, connettendo sfide globali a risorse e risposte locali, puntando sulla “cooperazione”, sulla capacità di sollecitare le risorse umane interne ed esterne. Non si tratta di vedere la comunità come un tutto identitariamente omogeneo, ma come se fosse attraversata da reti e da “ponti” che la connettono all’interno e all’esterno. Ed in effetti ogni individuo ha una rete sociale, data dall’insieme delle persone “che fanno parte della vita di ciascuno”, sia quelle che si incontrano tutti i giorni, e con le quali intercorrono diversi tipi di relazione, sia quelle che si frequentano meno, ma che sono comunque importanti. Questa rete delle relazioni sociali orizzontali che un soggetto (sia esso un individuo, un ente privato o pubblico, quale per esempio un’azienda o una scuola) ha a disposizione e che gli permettono (o comunque lo facilitano) di perseguire i propri obiettivi è il “capitale sociale”. Quindi il capitale sociale è una rete di relazioni di fiducia e di confidenza che passa fra le persone, permette loro di sostenersi a vicenda e aiutarsi attraverso relazioni extra economiche (informazioni, consigli, aiuto personale, cura, consulenze, prestazioni occasionali, ecc.) e la condivisione di competenze e tempo. Come sottolinea l’OCSE il capitale sociale non risiede, come il capitale umano, nelle persone, ma tra le persone. 87


A proposito di “buone pratiche” riportiamo alcuni dei recenti sviluppi di interventi portati avanti dai Comuni suddivisi per bisogni e target. Tra quelli letti citeremo quelli che per il nostro progetto sono imprescindibili e di buon auspicio per lo sviluppo delle politiche municipali in Italia 88 : Gli interventi riferiti all’esigenza di autonomia dei giovani: - Diffusione della cultura dell’auto-gestione tra i giovani; - Sostegno all’associazionismo ed alla cooperazione; - Programmi di simulazione di impresa nelle scuole; - Fondi per creare impresa e sostenere esperienze formative; - Servizi di accompagnamento alla costituzione e gestione di organizzazioni e progetti giovanili; - Matching tra domanda ed offerta di abitazioni low cost o situazioni abitative particolari (intergenerazionali, multietniche, ecc). Gli interventi riferiti all’esigenza di socialità e di cultura: - Factory per la produzione di prodotti culturali e artistici; - Agevolazioni a giovani che, in forme associate formali e informali, producono cultura e socialità. - Recupero funzionale degli spazi urbani (aree dismesse, vecchie fabbriche, caserme, ecc.) per centri e iniziative sociali gestite dai giovani; - Sostegno e formazione avanzata rivolta a imprese di giovani che operano nella gestione di beni culturali e ambientali.

Questi sono sviluppi importanti che, come leggeremo più avanti, contraddistingueranno anche la nostra proposta. Essi contraddistinguono una realtà istituzionale locale lungimirante. Intercettare i bisogni dei giovani, per le loro iniziative, significa investire su un futuro sostenibile. Un’istituzione che agisce secondo queste strategie è un ente di profondo stimolo per la partecipazione giovanile e per i suoi virtuosi e

Per questo non è un caso che 13 Regioni e Province Autonome su 21 facciano esplicito riferimento alla normativa europea in materia di giovani, citando in particolare il Libro Bianco e la Carta europea di partecipazione dei giovani. In quest’ultimo documento, a proposito del punto espresso in precedenza, è contenuto il concetto di “partecipazione allargata”. Questo diventa un obiettivo di riferimento per molti enti locali nei loro piani di sviluppo per i giovani e per coltivare quel “capitale sociale” prima descritto. Dunque la Carta Europea afferma 89 :

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Inoltre, dalle esperienze che abbiamo raccolto nelle interviste sulle best practices, sembra necessaria una condizione all’interno dei progetti più validi; ovvero quella di potere e dovere mettere il proprio tempo e i propri sforzi a disposizione per un obiettivo comune che non è solo il tuo ma quello di tanti. Si nota nei casi analizzati (che riporteremo più avanti) che tra gli intervistati vi è un accantonamento, se non un abbandono, della logica del profitto diretto e istantaneo a favore di uno indiretto e plurale, dunque una logica del profitto “lento”.

fondamentali riferimenti.

“[…]intercettare nuove e diverse forme e modalità partecipative, oltre a quelle più tradizionali.” La Carta Europea di Partecipazione afferma infatti che le modalità di partecipazione alla vita della città possono essere: - associazionismo giovanile (art.53) - il creare con le nuove tecnologie siti internet, il chattare, l’uso di sms ed mms (art.48) - essere coinvolti in microprogetti/esperienze (art.52) Oltre a ciò, si può includere anche volontariato, peer education, leve civiche, attività sportiva e musicale, frequenza di centri di aggregazione (oratori, centri sociali, CAG), forme di espressione giovanile, skating, scambi internazionali, ma anche il gruppo informale di amici, la partecipazione ad eventi o movimenti. Da qui il concetto di “partecipazione allargata”. La partecipazione allargata include, dunque, anche fenomeni non istituzionalizzati, informali. Oltre ad una attenzione alle attività dei giovani però è importante saper dare voce o sviluppare la parte educativa di questo sistema informale di azioni e di attori non presenti nella scena istituzionale. Si pensi, ad esempio, all’attivismo civico e sociale di gruppi di giovani all’interno di centri informali quali gli HUB, le Case di Quartiere (particolarmente attive nel comune di Torino), i centri sociali oppure gli oratori. Si pensi al lavoro negli spazi giovanili, con gruppi di adolescenti e nell’associazionismo giovanile, al “lavoro di strada” e nei progetti per sviluppare cittadinanza, integrazione, solidarietà tra i giovani, etc. Sono quindi attività al di fuori da quanto è svolto dalle altre politiche, come quelle relative all’istruzione, all’occupazione, all’integrazione sociale, ma in forte alleanza con queste. Per questo i documenti europei parlano di “educazione non formale”

31 88. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. P.116 89. Fonte: Carta Europea della partecipazione giovanile 90. Arianna Bazzanella Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. P.192, nota n°46

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Creare relazioni con e tra i soggetti che magari sono separati, ma che via via si conoscono, significa contaminarsi e formare nuovi legami di fiducia nelle comunità locali, assumendo reciprocamente impegni comuni e responsabilità condivise.


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(������������������������������������������������������� ����������������������������������������������������� L’educazione formale comprende ogni tipo di educazione strutturata e regolare organizzata (diploma o laurea ad esempio). E’ un’educazione suddivisa cronologicamente per gradi, dalla scuola primaria, alla secondaria, all’insegnamento universitario (o superiore). L’educazione non formale è un’attività educativa intrapresa al di fuori del sistema formale e perciò al di fuori della scuola e delle attività curriculari. L’educazione non formale e le attività extracurriculari che la compongono non rilasciano alcuna documentazione o certificato di frequenza. L’educazione informale rappresenta l’apprendimento non pianificato che accompagna ogni persona nella vita quotidiana e che corrisponde alle esperienze di ogni giorno acquisite nell’ambito della famiglia, degli amici, del gruppo di pari, dai media.)

intesa come un valore civico da sviluppare nei progetti di sviluppo di impresa non solo di tipo sociale; dunque un’attività educativa intrapresa al di fuori del sistema formale dell’istruzione.

32 91. ad es.: l’appalto, forma principale di affidamento dei servizi socio-educativi. 92. Procedimenti di affidamento quali concessioni, accreditamenti, Accordi di programma, Protocolli di Intesa, bandi per ricerca di partner per progettazione e gestione, ecc. 93.

Va infatti ricordato che i servizi e gli interventi gestiti dalla cooperazione sociale in questo ambito sono quasi tutti di durata inferiore ai tre anni.

Come si vedrà nella nostra proposta, sfruttare questo valore civico significa aprire le porte del nostro “distretto etico” alla cittadinanza ed alla realtà locale. Sfruttare il valore della contaminazione professionale e generazionale, riprendere il ruolo della “bottega” come sistema creativo e professionale con un forte valore civico, aperto alle giovani generazioni ed al loro apprendimento. Sarebbe inoltre utile che queste attività informali rientrassero oltre che nelle formazioni sociali anche negli enti e nelle funzioni pubbliche, così da condividere la responsabilità pubblica in un sistema integrato di interventi sulla città, sul sociale e nell’ambito delle nuove imprese, dunque sul lavoro. Questo significherebbe andare verso la direzione della “sussidiarietà orizzontale”, principio contenuto nella nostra Costituzione (art.118). Riprendere l’importanza del Terzo settore nelle funzioni pubbliche come ponte tra l’ambito delle politiche istituzionalizzate e le strategie intraprese dalle realtà informali. A questo proposito risulta fondamentale citare lo studio dell’IPRASE poiché riprende in maniera inequivocabile questa possibilità amministrativa e ne illustra in maniera efficace le potenzialità strategiche, a proposito di sviluppo delle politiche e di rigenerazione urbana intesa nella sua accezione più allargata. “Organizzazioni del Terzo settore quindi contitolari di una “co-proprietà sociale” delle politiche giovanili, partecipanti attivamente alla fase di progettazione, gestione e valutazione dell’intervento: titolari, quindi, di una funzione pubblica. Proprio in via di quest’ultima considerazione, appare legittimo sperimentare anche nuove modalità di rapporto con la Pubblica Amministrazione anche su basi non solo di Diritto Privato 91 ma anche pubblico 92 , tra cui sicuramente

lo strumento del Piano Locale Giovani di cui si è detto. Ciò per essere in grado di dare maggiore continuità, un più alto livello di investimento e di qualità all’azione sociale, traducendo quindi la capacità di relazionalità positiva con la Pubblica Amministrazione in funzione di co-partecipante al ruolo di indirizzo e programmazione degli interventi. Nuove modalità di rapporto tra Amministrazione pubblica e Terzo Settore (a partire ad esempio da una durata contrattuale di 5/6 anni delle collaborazioni),93 mettono quest’ultimo nelle condizioni di poter effettuare un investimento economico maggiore sui progetti e servizi, svolgendo così un autentico ruolo di “impresa sociale”, al pari di quel Terzo settore “storico” di cui si è detto prima. Queste organizzazioni co-producono “beni pubblici”, perché: - utilizzano risorse pubbliche; - coinvolgono attivamente in questo processo di erogazione anche i destinatari stessi degli interventi, rendendo così visibile che questi beni pubblici sono davvero “beni comuni”. In questi contesti le organizzazioni svolgono spesso anche la funzione di “incubatore sociale” di altre organizzazioni (associazioni giovanili e/o cooperative, piuttosto che microimprese) generando quindi cittadinanza, impresa, lavoro. Con l’istituzione del Ministero e l’avvio di questa “stagione dei bandi”, questi soggetti hanno ricevuto un notevole impulso: ciò può permettere loro un salto di qualità in termini di costituzione di sistema. Infatti i know how di questi Enti ed organizzazioni sono evidenti e rappresentati dall’altissimo numero di progetti presentati nell’ambito dei primi bandi indetti dal Ministero.” 94

Con questa utilissima citazione ci sentiamo di poter concludere questo capitolo ricco di spunti e strategie utili al nostro progetto. Per sintetizzare quanto detto sul Terzo settore e per poterne analizzare al meglio le caratteristiche strategiche più funzionali al processo RED da noi ideato concluderemo con alcuni dei punti della matrice SWOT elaborata dallo stesso studio dell’IPRASE sperando che le minacce e le criticità potranno trasformarsi in vincoli creativi in futuro: Opportunità: - Presenza di reti di organizzazioni; - i bandi ministeriali hanno portato più risorse a queste organizzazioni che hanno avuto un nuovo impulso; - riconoscimento del know how di queste organizzazioni da parte delle istituzioni locali. Minacce: - Assenza di un sistema di rappresentanza ufficiale di queste organizzazioni; - rischio di forte dipendenza dall’Ente pubblico. Punti di forza: - Dinamismo e passione come dimensione che guidano anche l’azione sociale, fino ad impostare azioni impren-


- Assenza di un network nazionale e/o regionale che raccoglie queste organizzazioni; - basso riconoscimento a livello politico delle capacità propositive e progettuali di questi soggetti.

Concessioni Il “Regolamento per la concessione di beni immobili comunali ad Enti ed Associazioni” approvato in data 6/6/1995 del Comune di Torino descrive regole e leggi per gestire l’affidamento in concessione d’uso degli edifici, censiti dalle varie circoscrizioni e messi a disposizione dal Comune, ai vari soggetti che ne presentano candidatura. I soggetti cui è rivolto il regolamento sono associazioni, enti e cooperative che svolgono, unitamente ai loro progetti, attività di scopo sociale e culturale. Questo perchè dietro il concetto “attività di interesse per la città” vi è l’interpretazione che l’interesse di questa si faccia soprattutto tramite attività di scopo sociale, culturale, assistenziale, sostegno o aiuto. La generale situazione di numerose città d’Italia vede grandi quantità di metri quadrati di edifici di proprietà pubblica inutilizzati per diverse cause. In passato i comuni, grazie ad una maggiore disponibilità economica, concedevano l’uso di edifici pubblici a soggetti no profit chiedendo un canone d’affitto ricognitivo estremamente basso e delle volte nullo coprendo anche le varie spese legate alle utenze ed alla manutenzione straordinaria. Il maturare di questa situazione ha condotto, anche grazie alle disposizioni in materia di sfruttamento del patrimonio pubblico date dal governo del prof. Mario Monti95 nel biennio 2011/2012, a non potere proseguire in forme di finanziamento o sostegno di questo genere. Oggigiorno quando i comuni cedono spazi in edifici di proprietà pubblica ad enti o associazioni non coprono più ne le spese relative alle utenze ne relative alla manutenzione. Le amministrazioni si vedono anche costrette, soprattutto per esigenze di bilancio, ad esigere dai conduttori di vecchi contratti di concessione le spese legate ai costi di gestione e manutenzione degli edifici una volta che tali contratti vengono rinnovati. Per quanto riguarda i nuovi contratti di concessione le amministrazioni, oltre ad accollare al conduttore le

Le difficoltà che coinvolgono le amministrazioni municipali da qualche anno a questa parte riguardano oltre la parte economica della loro gestione anche il dovere relazionarsi con un patrimonio edilizio che negli anni, rimanendo inoccupato, ha perso valore ed interesse. Questa situazione ha tre conseguenze tutte, per loro lato, che contribuiscono a complicare la situazione allontanando la soluzione del problema. Una conseguenza è il fenomeno degli squatters e delle occupazioni abusive. Tutto si innesca a causa delle considerazioni che tali soggetti sviluppano a proposito del non utilizzo di spazi pubblici che determina l’iniziativa di occuparli. Questi soggetti occupano per avviare attività di vario genere che, nel bene o nel male, rappresentano una forma di reazione alle amministrazioni che dormienti o impotenti non riescono a soddisfare le esigenze di alcune fette della società. Aldilà delle considerazioni generiche, noi che scriviamo riteniamo tali episodi come forme di riuso edilizio informale dato che spesse volte gli eventi e le attività che si ripetono in questi edifici occupati sono frutto dell’iniziativa di giovani ragazzi che danno una risposta, per l’appunto informale, ad esigenze e necessità non solo di chi occupa ma anche di chi usufruisce di tali luoghi e trae profitto dalle attività promosse. Il fenomeno travalica certamente il confine della legalità ma per certi versi può essere compreso e interpretato come una forma di “democrazia” dal basso. Gli squatters sono una realtà diffusa in Italia così come in Europa ed ha portato a considerazioni sia positive sia negative sul fenomeno. Le stesse amministrazioni comunali quali ad esempio quelle di Torino e di Milano, dalle interviste da noi realizzate veniamo a sapere che, si relazionano con tolleranza nei riguardi delle occupazioni storiche vedi Askatazuna e CSOA a Torino e Leoncavallo a Milano, e traggono valutazioni, delle volte anche positive, su tali fenomeni che, nei casi di un utilizzo sociale e non illegale dei luoghi occupati, suggeriscono considerazioni da effettuare riguardo problemi inevasi e conducono a spunti di riflessione interessanti riguardo l’utilizzo che gli squatters fanno di tali edifici. L’inutilizzo di edifici conduce ad altre conseguenze, una di queste riguarda i limiti normativi nei quali incorrono gli stessi col passare del tempo. L’aggiornamento delle norme impone l’adeguamento a queste che si tramuta in

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Criticità:

spese di gestione e manutenzione, richiedono anche un canone d’affitto stabilito sulla base dei relativi regolamenti comunali in materia di concessioni edilizie.

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95. Art. 27 D. L. 6/122011, n. 201 coordinato con la Legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214

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ditive; - radicamento sul territorio (lo abita e contribuisce a costruire comunità) e possibilità di costruire alleanze locali.


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costi, delle volte rilevanti, per chi si insedia nell’edificio. Di concerto a questo aspetto vi è da considerare anche che i lavori di messa a norma devono essere vagliati dagli uffici tecnici comunali e da tutti gli altri attori pubblici (ASL, Vigili del Fuoco, etc.) demandati alla convalida di tali lavori. Senza nascondersi vi è da far rilevare che tali procedure rappresentano quel pacchetto di burocrazia col quale, spesse volte, è difficile confrontarsi e che provoca l’allungamento dei tempi relativi ai lavori e all’utilizzo. Il problema sopra descritto sopraggiunge quando l’edificio resta inutilizzato per lungo tempo e, unitamente a questa componente, si innescano processi di deperimento dell’immobile da diversi punti di vista. I lavori di adeguamento possono essere numerosi ma certamente tra i più gravosi vi è la bonifica dell’amianto. Logicamente non tutti gli edifici portano in dote tale questione ma lì dove tale problema esiste vi è da investire ingenti quantità di denaro soprattutto in termini di sicurezza. Oltre questo aspetto vi è poi da valutare l’intervento su altre componenti edilizie quali gli impianti, le chiusure verticali esterne, la coibentazione e, se necessario, anche le strutture. Questi citati sono solo alcuni fattori con i quali relazionarsi quando si vanno a progettare dei lavori di ristrutturazione per un edificio che è rimasto inutilizzato per anni. Se prima le amministrazioni riuscivano ad investire più denaro per valorizzare gli immobili inutilizzati per poi porli a base d’asta per alienarli o per locarli ora la situazione è cambiata a causa del basso potere di investimento dei comuni. I grandi interventi di ristrutturazione sul patrimonio pubblico ormai sono sempre meno e quelli ancora in fase di realizzazione sono stati finanziati più di qualche anno fa solo grazie agli sforzi congiunti di tutti i vari livelli di amministrazione pubblica (europeo, regionale, provinciale e comunale), vedasi l’intervento all’ex Incet curato dal comitato Urban Barriera di Milano. Spesse volte, anche nel passato recente, nonostante i lavori di ristrutturazione, i privati si dimostrano poco interessati a partecipare ai bandi per ottenere la gestione di tali edifici. Uno dei motivi per cui tali bandi, delle volte, vanno vacanti è certamente il periodo economicamente non favorevole durante il quale vengono emessi. Un altra componente, magari secondaria ma certamente rilevante, è imputabile alla funzione che le amministrazioni prevedono per tali edifici e per le quali reperiscono i fondi. Mettere a bando un edificio già ristrutturato e predisposto per una determinata funzione, cer-

tamente non è un male, ma può rappresentare un piccolo limite perchè restringe l’ambito dei privati interessati. Potrebbe essere conveniente programmare degli interventi che prevedano una certa editabilità della struttura e della funzione da parte di chi acquisisce la gestione del bene. Se dal punto di vista distributivo, tale discorso, può essere facilmente condiviso più difficile è una reale flessibilità funzionale di un edificio a causa di norme tecniche e regole amministrative che impongono il rispetto di leggi difficilmente aggirabili. Certamente più complessa è la situazione se a bando vanno immobili inutilizzati da anni e non ristrutturati, magari di grandi superficie. Dovendo rispettare le correnti diposizioni statali in materia di messa a reddito del patrimonio immobiliare pubblico, le amministrazioni sono praticamente costrette a chiedere un canone di locazione al concessionario che deve, se vuole iniziare una qualsiasi attività, accollarsi i lavori di ristrutturazione (messa a norma, bonifica, etc.) nonché il costo delle utenze. Dal punto di vista del canone di locazione, delle volte, il problema viene aggirato stornando dal valore di mercato una quota consistente di denaro in funzione dell’attività sociale e del progetto che il candidato al bando propone. Ma se la questione dell’affitto può essere così risolta, è più difficile risolvere quella relativa alle utenze e ai lavori di ristrutturazione. Solo recentemente le amministrazioni comunali, e ci riferiamo al caso specifico del Comune di Torino, concedono la messa a reddito commerciale di alcuni spazi di tali edifici dati in locazione, ciò può consentire al concessionario di raggiungere una sostenibilità economica che gli consenta di coprire le spese. Venendo alla questione che riguarda i lavori di ristrutturazione questi difficilmente possono essere inseriti in un piano di ritorno dell’investimento economico se non si concede al soggetto affidatario il diritto di superficie sull’immobile di almeno 20 o 30 anni, ciò soprattutto relativamente agli edifici di grossa cubatura, diritto di superficie che il Comune di Torino non concede per scelta politica. Le considerazioni che abbiamo sviluppato a riguardo della gestione che negli anni passati il Comune di Torino ha fatto in materia di concessioni edilizie e guardando l’evoluzione che tale gestione ha avuto sino all’anno 2013, ci hanno portato non solo alla convinzione che sia bene evolvere la definizione di “attività di interesse per la città” ma anche alla formulazione di come tale definizione potrebbe evolversi.


Come abbiamo più volte sottolineato crediamo che sia arrivato il momento di ripercorrere i nostri passi e prendere coscienza dell’impossibilità di mantenere i nostri livelli attuali di produzione e di consumo, esaminando anche la sfera individuale attraverso la rilettura dei nostri stili di vita. Il nostro processo rientra nell’ambito delle trasformazioni urbane, degli edifici esistenti e del mercato delle costruzioni. Il concetto che sta alla base è il recupero funzionale di queste aree di proprietà pubblica, e dunque di tutti noi, a favore dello sviluppo di attività professionali con caratteristiche sostenibili. Attraverso l’espletamento dei temi citati nei capitoli precedenti abbiamo cercato di circondare e sottolineare l’aspetto teorico, amministrativo, politico e giuridico delle nostre strategie; ora vorremmo portarci, con quest’ultimo, sulla sfera etica delle scelte individuali. Perché crediamo che il cambiamento avvenga non solo grazie agli indirizzi politico-amministrativi delle istituzioni e della cultura ma anche attraverso l’etica dell’agire quotidiano del singolo cittadino che può divenire quello di una comunità. Per questo vogliamo concludere i presupposti teorici citando parte del libro di Serge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena. Nel capitolo che citeremo l’autore prova a sintetizzare i cambiamenti interdipendenti e necessari per la trasformazione della nostra società verso la decrescita felice. Un circolo virtuoso di otto “R”96 che si rafforzano reciprocamente. Citeremo questo programma soprattutto per riferirci

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Con questo ultimo capitolo volevamo sottolineare quanto i presupposti teorici dovrebbero essere una costruzione di elementi critici per la stesura del progetto. Abbiamo cercato di tracciare un’analisi su riferimenti normativi, dati amministrativi, statistiche e saggi teorici sulla metropoli. Quest’analisi ci servirà a giustificare delle posizioni e delle strategie spinte intimamente dalla risposta che crediamo ci debba essere nei confronti della situazione politica ed economica del nostro paese e del mondo e da uno spirito critico spinto su una “fruttuosa” ricerca ai fini di una strategia burocratico/amministrativa.

alla sua radicalità. Per questo sarà uno spunto di riflessione e non un diretto ed effettivo coinvolgimento programmatico all’interno del processo RED: Rivalutare “[…]Si possono dunque vedere immediatamente i valori da rivendicare, quelli che dovrebbero avere la meglio sui valori (o piuttosto sulla mancanza di valori) oggi dominanti. L’altruismo dovrebbe prevalere sull’egoismo, la collaborazione sulla competizione sfrenata, il piacere del tempo libero e l’ethos del gioco sull’ossessione del lavoro, l’importanza della vita sociale sul consumo illimitato, il locale sul globale, l’autonomia sull’ eteronomia, il gusto della bella opera sull’efficienza produttivistica, il ragionevole sul razionale, il relazionale sul materiale ecc.[…] Soprattutto, è necessario passare dalla fede nel dominio sulla natura alla ricerca di un inserimento armonioso nel mondo naturale. Sostituire l’atteggiamento del predatore con quello del giardiniere.”

Riconcettualizzare “Il cambiamento dei valori dà luogo a una visione diversa del mondo e dunque a un altro modo di vedere la realtà. Riconcettualizzare, o ridefinire/ridimensionare, è essenziale per esempio per i concetti di ricchezza e di povertà 97, ma anche per il binomio infernale, fondatore dell’immaginario economico, rarità/abbondanza, che è necessario decostruire con la massima urgenza. Come hanno perfettamente indicato Ivan Illich e Jean-Pierre Dupuy, l’economia trasforma l’abbondanza naturale in rarità con la creazione artificiale della mancanza e del bisogno attraverso l’appropriazione della natura e la sua mercificazione.[…]”

Ristrutturare “Ristrutturare significa adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori. Questa ristrutturazione sarà tanto più radicale nella misura in cui il carattere sistemico dei valori dominanti sarà stato distrutto. […] Si pone la questione concreta […] della riconversione di un apparato produttivo che deve adattarsi al cambiamento di paradigma.”

Ridistribuire La ristrutturazione dei rapporti sociali è già “ipso facto” una ridistribuzione. Questo riguarda la ripartizione delle ricchezze e dell’accesso al patrimonio naturale tanto tra il Nord e il Sud quanto all’interno di ciascuna società, tra le classi, le generazioni, gli individui. La ridistribuzione avrà un duplice effetto sulla riduzione del consumo. […]diminuendo lo stimolo al consumo vistoso. In effetti, come già rivelava l’analisi classica di Thorstein Veblen, il desiderio di consumare deriva meno dall’esistenza di un bisogno reale che dal desiderio di affermare uno status imitando il modello di coloro che si trovano appena un gradino al di sopra di noi. I rapporti di ridistribuzione Nord/Sud pongono problemi enormi. Abbiamo contratto nei confronti del Sud un immenso “debito ecologico”. Cominciare a “rimborsare” questo debito riducendo il nostro saccheggio sarebbe semplicemente un’opera di giustizia. Si tratterà, come vedremo, non tanto di dare quanto di prelevare di meno 98.” “L’impronta ecologica (che è possibile calcolare an-

35 97. Nel momento in cui, con la globalizzazione e la distruzione delle solidarietà organiche, nelle società del Sud avanza la delegittimazione della sobrietà tradizionale e fa la sua apparizione la miseria. Serge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena,Bollati Boringhieri, Torino, 2008 p.47 98. “Quello che viene definite il debito ecologico dei paesi ricchi nei confronti dei paesi poveri consiste in questo: I primi “prendono in prestito” enormi superfici di risorse naturali, terre coltivabili, foreste, dei paesi del Sud. Ed esportano il loro inquinamento, quanto meno quello che non conosce frontiere, a cominciare dalle emissioni di gas effetto serra” (WWF,Living Planet Report 2006,p.25)

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Le “R” della rinascita


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che per tipo di attività o di consumo) è un ottimo strumento per determinare i “diritti di prelievo” di ciascuno. Si può immaginare un “mercato” di questi diritti a diversi livelli per favorire gli scambi delle quote e dei permessi di consumo. Chiaramente non si tratterebbe di mercanteggiare ancora di più sulla natura, ma di introdurre un’elasticità nel modo di gestione dei suoi limiti. La sfida, qui come altrove, sta nel passare ai fatti.”

Rilocalizzare “Rilocalizzare significa evidentemente produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari a soddisfare i bisogni della popolazione, in imprese locali finanziate dal risparmio collettivo raccolto localmente. Tutte le produzioni realizzabili su scala locale per bisogni locali dovrebbero dunque essere realizzate localmente. Se le idee devono ignorare le frontiere , al contrario i movimenti di merci e di capitali devono essere limitati all’indispensabile. D’altra parte, in un’ottica di costruzione di una società di decrescita serena, la rilocalizzazione non è soltanto economica. Sono anche la politica, la cultura, il senso della vita che devono ritrovare un ancoraggio territoriale. Questo implica che qualsiasi decisione economica, politica o culturale che può essere presa a livello locale deve essere presa a tale livello.”

Ridurre

36 101. Serge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena,Bollati Boringhieri, Torino, 2008, p.56

“Ridurre significa in primo luogo diminuire l’impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre e di consumare. Si tratta innanzitutto di limitare il sovra consumo e l’incredibile spreco generato dalle nostre abitudini: l’80 per cento dei beni immessi sul mercato sono utilizzati una sola volta prima di finire nel secchio della spazzatura. Oggi i paesi ricchi producono 4 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno. La produzione di rifiuti domestici per abitante è di 760 chili all’anno negli Stati Uniti, di 380 in Francia e di 200 nella maggioranza dei paesi del Sud. Sono poi auspicabili altre riduzioni, da quella dei rischi sanitari a quella degli orari di lavoro. La riduzione dei rischi sanitari dovrebbe basarsi sulla “precauvenzione” (prevenzione/precauzione), per riprendere il neologismo di Belpomme, piuttosto che sulla cura (basti pensare che nel 2005 i farmacisti francesi hanno venduto 2,6 miliardi di scatole e flaconi, con un aumento dell’8 per cento rispetto all’anno precedente).”

Riutilizzare/riciclare “Nessuna persona di buon senso contesta la necessità di ridurre lo spreco sfrenato, di combattere l’obsolescenza programmata delle attrezzature e di riciclare i rifiuti non direttamente riutilizzabili.[…] Anche in questo campo, quel che manca sono gli stimoli necessari a spingere le imprese e i consumatori a imboccare una via “virtuosa”. Ma questi stimoli sono abbastanza facili da concepire. E’ la volontà politica di crearli che fa difetto.”

Lungi da noi seguire alla lettera questo programma nella definizione del nostro progetto, anche perché Latouche stesso ricorda che questa costruzione intellettuale di “risposte” è un funzionamento ideale; anche se secondo l’autore le 8 “R” denunciano un’utopia realizzabile in quanto: “[…] parte da dati esistenti e da evoluzioni realizzabili. Si tratta di un altro mondo, desiderabile, necessario e

possibile se lo vogliamo.”99

Le linee strategiche di questi indirizzi mostrano problemi oggettivi anche se le risposte sono radicali. Ma, come abbiamo più volte ricordato, avevamo bisogno di costruire una base teorica e dei riferimenti “estremi”, per le fondamenta del nostro progetto, in modo da poter legittimare le nostre posizioni. Spingerci “oltre” nella teoria per rafforzare le strategie. L’esasperazione di alcune posizioni di Latouche rispecchia, in fondo, l’esagerazione stessa dell’“orrore economico”100 e della dismisura di un sistema politico ed economico che travalica il confine della misura e del giusto: “Alcuni vedranno sicuramente nel ricorso sistematico al prefisso “ ri” nelle otto “R” il segno di un pensiero reazionario […] se c’è una reazione, è una reazione alla dismisura, alla hybris del sistema che, come denuncia Jean-Paul Besset, si presenta come tanti “sovra” quanti sarebbero necessari i “ri”: “sovrattività, sovrasviluppo, sovrabbondanza, sovraestrazione, sovrapesca, sovrapascolo, sovraconsumo, sovraimballaggio, sovravendite, sovracomunicazione, sovracircolazione, sovramedicalizzazione, sovraindebitamento, sovrattrezzatura…”.101


Cenni sulla teoria dell’analisi degli Stakeholders Analisi degli Stakeholderds Potere degli Stakeholderds Le tipologie di Stakeholderds Gli Stakeholderds nello Spatial Planning

RED Presupposti teorici

Rhodes, R. A. W, Understanding Governance, Buckingham and Philadelphia: Open University Press, 1997. p.8

37

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“Il dato di fondo è quindi rappresentato dal fatto che, per governare sistemi complessi come le città contemporanee, tutti gli attori abbiano bisogno degli altri in quanto nessuno possiede tutte le conoscenze, le competenze o le risorse necessarie per elaborare e attuare, da solo, una politica.”

Per definire le istanze strategiche del piano RED avevamo bisogno di ricorrere alcuni strumenti che aiutano la “progettazione” di strategie in sistemi complessi. Uno di questi è l’Analisi degli Stakeholders a cui ci siamo riferiti per intraprendere una linea teorica sull’ analisi degli attori del processo a cui poi faremo cenno. L’Analisi degli Stakeholders è un processo di raccolta ed analisi di informazioni per determinare quali interessi debbano essere considerati prima di intraprendere la realizzazione di un intervento, o ancora è uno strumento per individuare i differenti gruppi di interesse e la loro capacità di influenzare le riuscite finali dell’intervento stesso. Tutti gli individui o gruppi che potrebbero essere colpiti da azioni proposte sono individuati e ordinati secondo quanto possono influenzare l’azione e quanto l’azione può riguardarli. Le informazioni vengono, poi, utilizzate per valutare in che modo gli interessi di tali attori dovrebbero essere affrontate in un progetto di piano, politica, programma o altra azione. La citazione di Rhodes all’inizio del capitolo fa emergere un’immagine di una città divenuta un sistema complesso. Questa situazione è ciò che abbiamo cercato di descrivere nei primi capitoli dei presupposti teorici che riguardavano i nuovi sistemi della Governance delle città odierne e che riflettono, in maniera più o meno precisa, il contesto sul quale cerchiamo di intervenire. Dunque risulta utile ridefinire quali sono le caratteristiche principali di questo territorio complesso dove si devono elaborare politiche di governance tra interessi, risorse e attori diversi tra loro.


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RED Presupposti teorici

“l’allargamento di quella che gli studiosi di politiche pubbliche chiamano “arena decisionale”, cioè l’aumento del numero e del tipo degli attori (pubblici, privati e semi-pubblici) che partecipano, con diverse conoscenze ¬e competenze, alle politiche urbane. La sempre maggiore importanza assunta dalle politiche rivolte alla promozione dello sviluppo economico, così come all’attrazione di investimenti e risorse finanziarie, anche attraverso la sperimentazione di modalità di azione almeno tendenzialmente innovative, benché ambigue, come il marketing urbano. Il ruolo sempre più importante esercitato da organizzazioni e istituzioni sovranazionali nell’influenzare e indirizzare le politiche locali e, nello specifico, le politiche urbane e territoriali” Mayer M., Urban Social Movements In An Era of Globalisation. Urban Movements in Globalizing World, Routledge, London 2000

38 102. Klamer, A.. The Value of Culture. In: A. Klamer (ed.). The Value of Culture. On the relationship between economics and arts. Amsterdam: Amsterdam University Press, 1996. P.10

Analisi Stakeholders Attori diversi e dunque valori e obiettivi diversi richiedono un’ approccio interdisciplinare. Teoricamente la soluzione soddisfacente può essere raggiunta affrontando tutti questi valori nel processo di realizzazione. Per interpretare e analizzare il valore economico nel processo bisogna riferirci al mercato e all’amministrazione pubblica. Questi sono due mondi diversi che Klamer 102 interpreta mediante la metafora delle forme de il quadrato e il cerchio. Si tratta di una rappresentazione che traduce la razionalità dell’uno e la passione della piazza circolare dell’altro, l’emozione e la moralità. Attraverso il riuso del patrimonio immobiliare comunale dismesso si può cercare di trovare una soluzione comune tra le due costituzioni etiche di cui sopra attraverso l’intreccio e la visualizzazione della struttura reticolare degli stakeholders interessati nel processo. Si rivela dunque la tensione tra il mondo delle “emozioni” e quello della “ragione” affrontandolo attraverso le relazioni tra gli attori. Per rintracciare i valori di un gruppo o di un singolo stakeholder, come pure per investigare le sue potenzialità nel processo o le sue debolezze bisogna ricorrere, oltre che a delle analisi (ed è quello su cui noi, per ora, ci siamo sof-

fermati) ma anche a delle interviste. In questo modo, attraverso queste indagini dirette, si può individuare in maniera più immediata il “bene comune” o meglio l’obbiettivo/i condiviso/i. Nella teoria, all’analisi e alla mappatura degli stakeholders interni ed esterni al processo, dovrebbe seguire la costruzione di due matrici: quella di importanza/influenza e quella di conflitto/cooperazione. All’inizio della costruzione della nostra tesi provammo a costruire in maniera astratta queste due matrici. La prima ci aiutava nella definizione e nella mappatura dell’intensità del potere (riguardo alla riuscita del processo) di ogni stakeholder; mentre la seconda portava in evidenza le potenzialità e le debolezze nei rapporti tra i vari attori, così da individuarle e poterle, virtualmente, correggere. L’eccessiva astrattezza di questa costruzione teorica, ha rappresentato un problema perche noi cerchiamo, con questa tesi, di definire un ipotetico iter virtuoso nella rigenerazione degli edifici dismessi di proprietà del comune, dunque non ci confrontiamo con edifici, persone, aziende, ed enti fisici, in grado di darci risposte “vere” ma con dati ed analisi che ci restituiscono una risposta teorica. In questo capitolo faremo riferimento all’iter che si dovrebbe seguire nel momento in cui ci si trova di fronte ad un caso specifico, con attori reali, edifici, bisogni e potenzialità localizzabili. Dunque seguiremo delle indicazioni teoriche utili all’analisi degli stakeholders e ne illustreremo le potenzialità e i vantaggi. Teorie sul patrimonio costruito, sull’economia creativa, sui valori e il bene comune si incontrano nella pratica del riuso degli edifici dismessi. Il riuso è incorporato in un processo complesso in cui sono coinvolti molti attori diversi. Le interazioni, le influenze e la discussione tra persone giuridiche, tra le politiche, il privato, il pubblico, il sociale


Il potere degli Stakeholders Bourne & Walker104 si riferiscono nella loro analisi sull’influenza degli stakeholder a Yukl e a Green & Elfrers. Yukl 105 divide le varietà di espressione di potere in tre gruppi: potere di posizione, potere personale e potere politico. Egli considera il potere di posizione quello che scaturisce da una posizione gerarchicamente più alta rispetto ad un’altra, ad esempio il controllo sui benefits, il controllo esercitato sull’organizzazione disciplinare ed infine il potere sulle informazioni. Il potere personale è cio che deriva dalle influenze nelle relazioni umane su rapporti quali la competenza, l’amicizia, la lealtà e il carisma. Infine il potere politico è ciò che nasce dal controllo e condivisione nella gestione di attività formali quali i processi decisionali, le coalizioni e l’istituzionalizzazione. Un’altra classificazione degli stakeholders è fornita da Greene & Elfers106 che distingue sette tipi di forme di potere attraverso le relazioni tra gli attori: - Coercitivo, si basa sul timore. La mancanza

- Connettivo, derivante dalle relazioni con persone, enti o attività formali influenti (potere personale e politico);

RED Presupposti teorici

Diversi studiosi della teoria degli stakeholders si sono occupati del perché alcune relazioni tra alcuni attori sono più importanti rispetto ad altre per ottenere l’attenzione del management e perché altre non lo sono. Sono state sviluppate varie teorie di classificazione per definire l’importanza di uno stakeholder. Queste sono state sviluppate soprattutto attorno allo studio della nozione di potere. Pertanto possiamo iniziare cominciando a parlare del concetto di potere nella teoria degli stakeholders. Di conseguenza affronteremo le tipologie costituzionali dei soggetti interessati ad un processo di mediazione di questo tipo. Per concludere analizzeremo i gruppi specifici di stakeholder presenti nella pianificazione territoriale.

di rispetto comporta una punizione (potere di posizione);

- Premiante, sulla possibilità o capacità di fornire ricompense attraverso incentivi; implica una struttura gerarchica(potere di posizione); - Legittimato, basato sulla posizione gerarchica e/o organizzativa (potere di posizione e politico) - Reverenziale, sulla base di caratteristiche della personalità come l’essere simpatico o ammirato, dunque in grado di influenzare (potere personale); - Informativo, basato sull’accesso o il possesso di informazioni percepite come importanti (potere di posizione, potere personale e politico); - Specialistico, sulla base di competenze, abilità e conoscenze che attraverso il rispetto formale e informale influenzano gli altri (potere personale). Secondo Bourne & Walker 107, le strategie e le relazioni tra gli stakeholders si basano sulla natura del potere e su quella dell’influenza, inoltre sul modo in cui il potere è usato per manipolare i rapporti di cooperazione. E’ interessante notare come questa manipolazione può essere usata sia per guadagno personale e sia per bene comune. I mediatori o i progettisti di un processo devono, dunque, influenzare le opinioni e le azioni degli stakeholder al fine di creare responsabilizzazione per obiettivi condivisi ai fini del progetto e un dialogo costruttivo per risolvere i conflitti e mettere in luce le potenzialità nelle relazioni.

39 103. Klamer, A. Art as a common good. www.klamer.nl, 2004 104. Bourne, L. & Walker, D. ,Visualising and Mapping Stakeholder Influence. Management Decision, P.653. 2005. 105. Yukl, Leadership in organisation, Sydney, Prentice-Hall, 1998 106. Greene, R. & Elfrers, J., Power the 48 Laws. London: Profile Books. 1999, P.178 107. Bourne, L. & Walker, D. ,Visualising and Mapping Stakeholder Influence. Management Decision, 2005. P.653.

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e gli spazi della cultura nel processo del riuso si discutono nell’ ambito del sociale e delle relazioni. Questa rete sociale può essere definita come la rete degli stakeholders. Questo network riguarda quelli direttamente coinvolti ma anche i soggetti lambiti e non direttamente interessati al processo ma indirizzati al “bene comune”103


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Le tipologie di Stakeholders Lo studio sulle tipologie degli stakeholders di Mitchell, Agle e Wood analizza la combinazione di potere, legittimità e urgenza nei rapporti tra le parti. Essi a proposito dell’influenza del “potere” si esprimono: “a party to a relationship has power, to the extent it has or can gain access to coercive, utilitarian or normative means, to impose its will in the relationship.” 108

Sono questi i soggetti che hanno maggiore coscienza della loro posizione in quanto è maggiormente codificata nella rete sociale, dunque sono gli stakeholder con più potere. Sempre Mitchell, nello stesso studio sulle tipologie di stakeholders utilizzano la definizione di “legittimità” di Suchman:

40 108. Mitchell, R., Agle, B. & Wood, D., Toward a Theory of Stakeholder Identification and Salience: Defining the Principle of Who and What Really Counts. The Academy of Management Review. 1997, P.865 109.

Idem, P.866

110.

Idem, P.867

111.

Idem, P.874

“a generalized perception or assumption that the actions of an entity are desirable, proper, or appropriate within some socially constructed system of norms, values, beliefs and definitions.” 109

Questi stakeholder si definiscono e si valutano in rapporto al sistema di valori e di norme entro il quale si confrontano. Infatti il loro livello di accezione di quanto un’azione sia legittima o meno, dunque desiderabile e giusta, si regola in base alla loro costituzione etica, politica e sociale; per questo sono definiti discrezionali. In un rapporto tra attori diversi si presuppone che ci sia un sistema normativo, istituzionalizzato o formale entro cui far valere la propria posizione o entro il quale legittimarla (o percepirla come tale). Su queste posizioni e istanze di potere si potrebbe costruire una lunga discussione sul senso e sulle pratiche dei contratti informali e deistituzionalizzati delle realtà autogestite locali. Per aggiungere al modello una definizione temporale e dunque mostrare l’interazione tra i soggetti catturandone l’aspetto dinamico Mitchell, Agle e Wood aggiungono un terzo elemento, l’ “urgenza”: “time sensitivity- the degree to which managerial delay in attending to the claim or relationship is unacceptable to the stakeholder and criticality- the importance of the claim or the relationship to the stakeholder. Urgency is the degree to which stakeholder claims call for immedi-

ate attention.” 110

L’urgenza definisce il grado con cui una tipologia di soggetti necessita di un’azione nel rapporto fra le parti; con questo si prefigura infatti la passività nelle relazioni, ovvero l’urgenza di visualizzare l’importanza di uno stakeholder non solo per quello che può offrire ma per quello di cui ha bisogno. I tipi 1, 2 e 3 sono stakeholder latenti. Secondo lo schema di Mitchell et al.111 l’importanza dello stakeholder e il suo interesse nelle relazioni è basso poiché possiede solo uno degli attributicaratteristiche sopracitati. I tipi 4, 5 e 6 sono gli stakeholder in attesa. Il loro interesse nella mediazione è moderato. Il tipo 7 si definisce decisivo poiché possiede tutte le tre caratteristiche di potere, urgenza e legittimità ai fini della riuscita della/e mediazioni e del processo. Rispetto a questa categorizzazione di Mitchell et al. crediamo che i confini nella realtà siano più sfumati; dunque la classificazione delle tipologie di stakeholder è decisamente utile per anticipare e prevenire azioni impreviste ma non ad eliminarle. Gli interessi e le azioni all’interno di un processo sono in divenire e dovrebbero essere continuamente aggiornate. Questa categorizzazione sarà sicuramente utile per scoprire come i rapporti tra gli attori si influenzano vicendevolmente, nel tempo, e come influiscono sul risultato (in divenire). Inoltre il giudizio di quale soggetto appartiene a quale gruppo tipologico è estremamente difficile da definire; poiché oltre che di un’analisi teorica di un edificio e attori specifici si ha bisogno anche di interviste sul campo dettagliate e oggettive dei soggetti. Per questo crediamo che utilizzeremo le schematizzazioni di Mitchell et al. in maniera flessibile e aperta e nel momento in cui intraprenderemo l’analisi degli attori coinvolti, ovvero, nella pratica del processo e non in questo esame iniziale. Sicuramente le nozioni di potere, legittimità e urgenza saranno utili nella macrodefinizione dell’equilibrio e dei rapporti di potere tra i soggetti.


I tipi 1, 2 e 3 sono stakeholder latenti. Secondo lo schema di Mitchell (si legga nota n°108) l’importanza dello stakeholder e il suo interesse nelle relazioni è basso poiché possiede solo uno degli attributi-caratteristiche sopracitati. I tipi 4, 5 e 6 sono gli stakeholder in attesa. Il loro interesse nella mediazione è moderato. Il tipo 7 si definisce decisivo poiché possiede tutte le tre caratteristiche di potere, urgenza e legittimità ai fini della riuscita della/e mediazioni e del processo.

Le tipologie di Stakeholders

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Stakeholders nello Spatial Planning “L’importanza di stabilire gli interessi in un processo di trasformazione diventò importante a causa della deregolamentazione degli anni ottanta. La perdita del potere del soggetto pubblico diminuì il suo ruolo guida nell’assegnazione di ruoli e responsabilità nelle trasformazioni urbane.”112

Huffstadt divide gli attori coinvolti in tre gruppi: gli stakeholder privati, gli stakeholder della sfera pubblica e i cittadini e gruppi d’interesse. Gli stakeholders privati, secondo Huffstadt 113 :

42 112.

Huffstadt, M., Regie Stedelijke vernieuwing: Praktijk, Theorie en Onderwijs. Lectureship Publication. Hogeschool Utrecht/ Faculteit Natuur en Techniek., 2005.

113.

Idem,

P.14-16

114. Huffstadt, M., Regie Stedelijke vernieuwing: Praktijk, Theorie en Onderwijs. Lectureship Publication. Hogeschool Utrecht/ Faculteit Natuur en Techniek., 2005.p.1718 115.

Idem, p.18

Gli investitori si avvicinano al progetto con interessi a lungo termine; i finanziatori hanno degli interessi a breve termine sui loro prodotti oggetto d’investimento; le imprese di costruzione sono interessate alla continuità contrattualistica dell’impresa e mirano (esclusivamente) al coinvolgimento nel maggior numero di progetti; i progettisti mirano alla maggiore qualità con il prezzo più basso; le aziende hanno un maggior numero di obiettivi d’investimento poiché i contatti e i contratti con il governo sono radicalmente diminuiti. Sempre secondo Huffstadt appartengono al secondo gruppo di attori gli stakeholders del settore pubblico e semi-pubblico: al settore pubblico afferiscono gli stakeholders appartenenti al governo nazionale, provinciale, locale e in molti casi anche soggetti del settore regionale. Inoltre anche il governo europeo acquisisce un ruolo importante nello sviluppo e nelle trasformazioni urbane con il suo crescente quadro di regole. Il settore semi-pubblico contiene tutti quei soggetti governativi che hanno pratiche e finalità indipendenti dal settore pubblico e/o che definiscono il loro bilancio anche attraverso entrate non istituzionali, ad esempio l’assessorato alla conservazione del patrimonio che gestisce, attraverso contratti con soggetti privati, le aree di proprietà pubblica. Tuttavia, nelle trasformazioni urbane delle nostre città il governo locale è il partner più vicino e più importante per i contratti con i privati. Il suo “core business” prevede la sostenibilità del bilancio anche e soprattutto attraverso la costruzione ed esecuzione di politiche spaziali e sociali. Come sot-

tolineato più volte, con la drastica diminuzione del potere del soggetto pubblico, anche le città attraverso i suoi organismi istituzionali locali, lottano come un qualsiasi altro attore privato in una moltitudine di ruoli all’interno del mercato delle trasformazioni urbane. Per questo il governo locale è di fondamentale importanza nel riuso del patrimonio comunale dismesso ed è per questo motivo che ne è stata sottolineata più volte la sua centralità, la sua complessità e le sue potenzialità. Il governo locale è: - Responsabile per la pianificazione territoriale e le sue trasformazioni. Ha interesse verso una “buona” pianificazione; - L’unico responsabile delle procedure e normative legali limitative, riguardanti le trasformazioni spaziali, che sono necessarie per lo sviluppo delle città all’interno di un “territorio complesso”; - Titolare e responsabile dello spazio pubblico inteso sia come servizio pubblico che come potenzialità per il mercato privato; - Responsabile per le politiche sociali formali; - Proprietario e sviluppatore del progetto e/o del processo trasformativo. Così il governo locale opera su livelli diversi, come responsabile politico, come regolatore tecnico limitativo e come sviluppatore e gestore dell’intervento progettuale. A causa di questa moltitudine di ruoli Huffstadt114 sostiene che è difficile per il governo locale sostenere la realizzazione degli interventi di trasformazione spaziale. Inoltre i tradizionali strumenti di governo come le autorizzazioni per la costruzione, i sussidi, le concessioni, l’enfiteusi, i contratti di sfruttamento, la regolamentazione degli standard, gli espropri, tutti questi strumenti mancano di potere per imporre il rinnovo auspicabile. In più, come già ricordato, il governo locale non è più l’unico responsabile del governo del territorio e delle trasformazioni. Gli istituti, gli enti e le aziende private e semipubbliche sono divenute co-responsabili. Nel terzo gruppo inerente ai cittadini e ai gruppi d’interesse Huffstadt115 include: gli attuali e futuri utenti del progetto, i cittadini interessati dalla trasformazione, i visitatori oc-


Dopo aver analizzato i possibili attori di uno sviluppo urbano possiamo concludere credendo che sia fondamentale la mappatura degli interessi, dei ruoli e delle posizioni degli stakeholders in gioco; tenerne conto è di cruciale importanza nella realizzazione di un qualsiasi progetto inclusivo e dal basso. Nuove ed attuali forme di cooperazione tra soggetti pubblici e privati necessitano di una condivisione di mezzi, competenze e incrocio di obbiettivi per la loro realizzazione. In accordo con Huffstadt e con le nostre analisi tramite le interviste a soggetti del settore pubblico la ragione di dotarsi di nuove forme di cooperazione è che i soggetti pubblici vorrebbero sviluppi diretti ma che mancano di mezzi e “creatività strategica” come confermato dalle interviste effettuate ai soggetti istituzionali torinesi rappresentati da Ilda Curti e Carlo Massucco (si leggano punti delle interviste). Inoltre gli strumenti giuridico-amministrativi pubblici attuali sono inadeguati a gestire questa complessità di attori e di forme contrattuali (ne è sintomo l’inadeguatezza del piano regolatore a favore delle numerose varianti; a questo proposito si veda intervista, a proposito di progetti ad hoc, di Fabrizio Casetti dello spazio Grisù di Ferrara). Si aggiunge a questo l’ulteriore mancanza di interessi condivisi e univoci e di rapporti gerarchici che rendono necessaria la cooperazione. Risulta evidente la situazione attuale in cui i soggetti pubblici e privati siano interdipendenti nello sviluppo di un progetto di trasformazione urbana che debba “riuscire”. “La cooperazione rende possibile la gestione delle responsabilità delle parti in gioco, assegnandole in modo da poter controllare i rischi e le potenzialità al meglio. Di conseguenza il pubblico si rende responsabile delle questioni di governance politico – decisionale e i partners privati i rischi di mercato e commerciali” 116

43 116. Huffstadt, M., Regie Stedelijke vernieuwing: Praktijk, Theorie en Onderwijs. Lectureship Publication. Hogeschool Utrecht/ Faculteit Natuur en Techniek., 2005.p.19

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casionali, i rappresentanti del quartiere interessato e i gruppi d’interesse. In una trasformazione urbana e nella sua progettazione partecipata si ha spesso un sistema complesso di interessi e ruoli spesso contrastanti; inoltre tutti questi stakeholders sono sia soggetti del piano che co-attori delle misure strategiche del processo. Per questo motivo hanno un valore fondamentale, in questo sistema d’interessi, gli sviluppatori del progetto nonché i moderatori.


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RED

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Rilevamento realtà

Questo è stato uno dei passaggi più importanti per la costruzione della Tesi e di maturazione nei confronti del processo RED. Il “Rilevamento della realtà” è consistito nella ricerca, analisi e approfondimento di dinamiche legate al processo che volevamo proporre a riguardo dello sfruttamento del patrimonio immobiliare pubblico dismesso. L’indagine ha riguardato tre aspetti: il primo attinente alle politiche e ai modelli di sviluppo perseguibili tramite il finanziamento e l’incubazione di giovani imprenditori under 35; il secondo aspetto si è rivolto agli esempi già realizzati o in fase di realizzazione di buone pratiche di riuso e rigenerazione edilizia; la terza riguarda una panoramica sul patrimonio immobiliare del Comune di Torino e su quale fetta potrebbe rivolgersi il meccanismo RED descritto in questa Tesi. Era fondamentale approfondire questi tre aspetti per ragioni di completezza e per avvalorare i presupposti teorici scritti nel capitolo precedente; mettere a sistema queste tre indagini ci ha aiutato molto ad avere dei rudimenti su come il soggetto pubblico gestisce ed intende le “politiche di sviluppo” in ambito giovanile. Da non trascurare la differenza, che dalle interviste emerge, su come il soggetto pubblico e quello privato gestiscono il riuso edilizio; proprio l’acquisizione di interviste rivolte a chi di tali pratiche se ne occupa, è stata un operazione fondamentale che ci ha aiutato a svolgere un lavoro di feedback sulla nostra ricerca permettendoci di correggere il tiro. In fine la panoramica sul patrimonio immobiliare della Città di Torino ci ha permesso di conoscere lo stato dei fatti e di conseguenza orientare meglio il nostro sguardo facendo attenzione agli aspetti architettonici, tecnologici, funzionali e sociali che interessano ogni edificio.


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Indagine su bandi di finanziamento per soggetti economici under 35 Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici Piano Giovani Imprenditori per i giovani sul territorio Incubatori non tecnologici Manifestazione d’interesse per l’insediamento di attività presso l’ex Incet lotto 3 FaciliTo Avviso per la presentazione di idee progettuali per “Smart Cities and Comunities and Social Innovation”

Questa indagine nasce dall’intenzione di dare uno sguardo ai badi di finanziamento che le amministrazioni, a i vari livelli, emettono per perseguire “politiche di sviluppo”. Sono stati raccolti bandi emessi sia dal Comune, dalla Regione e dal Ministero; il senso di questa ricerca sta nel capire e conoscere come le varie amministrazioni intendono perseguire delle “politiche di sviluppo”. Abbiamo scoperto che spesso tali bandi si rivolgono, a vario modo, a quello strato economico-produttivo che è la vera base dell’economia italiana. Le tipologie riscontrate sono state molteplici ma abbiamo cercato di selezionare i bandi funzionali alla nostra ricerca che potessero avvalorare i concetti e le prospettive cui ci riferiamo in questa Tesi; dal recupero di vecchi beni immobili di pregio all’incentivazione di attività tecnologiche, dal accompagnamento ad imprese che scelgono di radicarsi in determinati territori alla ricerca di idee imprenditoriali che soddisfino le esigenze della città che si evolve passando per un manifestazione di interesse che collocasse soggetti economici in una vecchia fabbrica dismessa (operazione del tutto simile al processo che descriviamo ed al quale diamo il nome di RED), tutti questi bandi hanno avuto il comune denominatore di rivolgersi a giovani under 35 e di favorire imprese in linea con i concetti di economia, riuso e sostenibilità (e non solo) che riteniamo debbano interessare tutte le imprese produttive. Questa indagine è quindi funzionale al processo di costruzione della nostra Tesi perché volge lo sguardo sia all’edilizia che al mercato del lavoro.


Il Bando

Attraverso tale intervento promuovere la valorizzazione di beni pubblici - beni demaniali ovvero patrimoniali - favorendone l’accessibilità e la fruizione da parte della collettività e sostenere l’imprenditoria e l’occupazione sociale giovanile nelle Regioni dell’Obbiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). Le risorse programmate per l’attuazione dell’intervento nel quadro degli obbiettivi del Piano di Azione ammontano a

Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici Il bando “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici” 117 poggia i suoi aspetti caratterizzanti su un tre piedi composto da: territorializzazione, valorizzazione di beni pubblici, indotto per la giovane imprenditoria. L’iniziativa è aperta alle organizzazioni senza scopo di lucro in cerca di finanziamento, decise ad impegnarsi nel recupero e valorizzazione di edifici pubblici localizzati in regioni quali Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. L’interesse del bando è nell’obbiettivo di favorire il miglioramento e lo sviluppo del patrimonio pubblico passando per l’intraprendenza delle associazioni no-profit e l’incentivazione dell’imprenditoria under 35. Fondendo questi ingredienti vengono fuori tante iniziative che possono rappresentare tanti volani di sviluppo territoriale, sociale e lavorativo ovunque vi sia un immobile pubblico scarsamente utilizzato o abbandonato. Questo, come altri bandi, persegue la potenzialità di restituire una “politica di sviluppo” composita che può raggiungere in maniera diretta coloro i quali divengono attori protagonisti dell’iniziativa ed indiretta investendo tutte le sfere, sociali ed economiche, adiacenti l’edificio d’intervento.

12,763 milioni di euro.”118 “Attraverso la valorizzazione di detti beni si intende favorire la promozione di imprenditoria e occupazione sociale giovanile. In particolare, le azioni progettuali volte allo sviluppo delle risorse e dei beni del territorio, dovranno essere realizzate attraverso il coinvolgimento attivo dei giovani; le risorse umane impiegate nei progetti o beneficiari degli stessi dovranno essere, infatti, prevalentemente giovani fino a 35 anni.”119

A tale bando possono partecipare presentando un progetto: le associazioni di promozione sociale, cooperative di volontariato, organizzazioni non lucrative, fondazioni ed enti e associazioni il cui operato non si discosta dalle linee guida del Bando.

Piano Giovani L’ampio progetto “Piano per i giovani”120 proposto dalla Regione Piemonte si caratterizza per una forte impronta territoriale infatti si propone di combattere il crescente tasso di disoccupazione degli under 35 residenti in Piemonte. Il progetto, composto da dieci bandi, ha l’obbiettivo di dare un sostegno alla gioventù piemontese a vari livelli e secondo diverse attività. Tutti i vari

47 117. Il bando “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici” è stato emesso nel settembre 2012 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della gioventù e del servizio Civile Nazionale 118. “Linee guida per la presentazione dei progetti”, documento allegato al bando “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici” 119. Bando “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della gioventù e del servizio Civile Nazionale 120. Il bando “Piano Giovani” è stato emesso dalla Regione Piemonte nel Giugno 2011 L.R. 34/2004

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“L’intervento, promosso dal Ministero per la Coesione Territoriale e dal Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’integrazione e attuato, rispettivamente, attraverso il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione econimica e il Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri si inserisce nell’ambito della riprogrammazione dei fondi comunitari co-finanziati per lo sviluppo del Sud con l’obbiettivo di accelerarne e soprattutto riqualificarne l’impiego.


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48 121. dal bando “Piano Givani” - Regione Piemonte 122. Misura n.2 “Imprenditori per i giovani sul territorio” del bando “Piano Giovani” emesso dalla Regione Piemonte 123.

idem

124. Piemonte High Technology è la finanziaria creata da Fondazione Torino Wireless per finanziare lo sviluppo dell’innovazione in Piemonte.

bandi hanno il comune denominatore di prevedere un sostegno tecnico e di metodo oltre quello finanziario. Questo carattere garantisce una omogeneità sul piano del “modello di sviluppo” dei dieci bandi ed anche una coerenza attesa sul piano dei risultati. Il forte accento territoriale è declinato convogliando l’esperienza in ambito professionale di imprenditori e professionisti piemontesi a favore dei destinatari dell’avviso. Abbiamo selezionato due di questi bandi che più riguardano la sfera dello “sviluppo” tramite incubazione di attività economiche; nella fattispecie il bando “Imprenditori per i giovani sul territorio” e “Incubatori non tecnologici”. Il primo propone un “modello di sviluppo” fondato sulla formazione dei attori in grado di scovare e promuovere giovani piemontesi con idee in grado di favorire la crescita del territorio e il ricambio generazionale. “Incubatori non tecnologici” declina un “modello di sviluppo” intervenendo all’origine delle possibili carriere di ogni lavoratore rivolgendosi alle agenzie di sviluppo universitarie ed altri enti che convogliano ed incubano i giovani imprenditori quando ancora studenti. Tornando al bando “Imprenditori per i giovani sul territorio” questo si orienta verso il sostegno tecnico e finanziario di giovani attori che si propongono al mondo del lavoro con idee e iniziative imprenditoriali. Il secondo bando selezionato “Incubatori non tecnologici” rivolge a soggetti, pubblici o privati, che si prefiggono l’obbiettivo di sostenere la piccola imprenditoria piemontese under 35 durante il percorso di redazione ed espletamento del proprio progetto imprenditoriale. Sommando i bandi quindi, si viene a coprire, già a diversi livelli, l’intero ambito di incubazione imprenditoriale sia in maniera diretta che tramite organizzazioni terze.

Il Bando “Il “Piano per i giovani” è una un pacchetto di dieci misure, messo in opera dalla Regione Piemonte, specificamente orientate ai giovani al fine di contrastare la crescente disoccupazione dei giovani under 35. Il piano prevede la messa in campo di due ordini d’azioni, la prima con valenza sistemica e basso impiego di risorse, la seconda articolata in misure specifiche sostenute da risorse finanziarie. Per ciò che riguarda le azioni sistemiche, esse sono in primo luogo ispirate a mettere a disposizione dei giovani piemontesi le professionalità e le esperienze di coloro che hanno già consolidato il proprio percorso professionale o imprenditoriale e desiderano mettersi a disposizione della collettività. In questa linea si collocano la costituzione dell’unità tecnica di indirizzo e valutazione e l’azione di accompagnamento delle nuove imprese sul territorio. In particolare, con l’obiettivo di migliorare le modalità di valutazione ed accompagnamento delle misure e degli specifici progetti, si costituisce un’unità tecnica permanente composta da giovani imprenditori coadiuvati da giovani

funzionari dell’amministrazione regionale. Scopi dell’unità tecnica di valutazione sono, con riferimento alle iniziative che riguardano i giovani piemontesi: a) monitoraggio e validazione nella fase di stesura dai bandi, con l’obiettivo di evitare gli eccessi di burocratizzazione nella stesura degli stessi; b) valutazione (o assistenza nella valutazione) dei progetti presentati dai giovani piemontesi, affinché sia garantita la prevalenza della sostanza e del merito sulla forma nelle modalità di scelta; c) accompagnamento professionale alle iniziative più meritevoli, affinché il ruolo della pubblica amministrazione non si limiti al solo finanziamento delle iniziative; d) costruzione di una rete e di una comunità imprenditoriale al servizio del territorio e dei giovani piemontesi; e) assistenza e supporto nel rendere bancabili progetti promettenti presentati da giovani imprenditori con poca storia alle spalle e poca possibilità di offrire garanzie.”121

Imprenditori per i giovani sul territorio

122

Il bando della Regione Piemonte di sostegno finanziario a favore di giovani imprenditori sul territorio piemontese è una delle dieci misure previste dal “Piano giovani”. Questo “[…] è diretto al sostegno finanziario finalizzato a promuovere lo scouting e l’accompagnamento sul territorio regionale di soggetti dotati di potenzialità economico produttive nella fase di crescita e/o di ricambio generazionale, verificandone l’innovatività e le potenzialità di mercato, la sostenibilità industriale e commerciale, le capacità di sviluppo e segnalandole agli investitori istituzionali”. “Lo scouting rappresenta l’insieme delle attività mirate ad individuare idee suscettibili di originare iniziative di carattere imprenditoriale. Il primo accompagnamento è costituito dalle azioni di formazione e consulenza/tutoraggio, individuali e/o di gruppo, volte ad accompagnare l’imprenditore (o il team imprenditoriale) nel percorso di realizzazione dell’idea imprenditoriale e di promozione della stessa.”123

Le azioni di accompagnamento vanno dal supporto tecnico/finanziario di fattibilità, all’analisi del mercato, del modello di business, del piano di marketing sino alla definizione del team di impresa e della pianificazione finanziaria dell’intervento. I beneficiari di tale iniziativa, che devono svolgere la propria attività nel territorio della Regione Piemonte sono: gli incubatori piemontesi di imprese, le fondazioni piemontesi promosse da Enti locali e le Associazioni piemontesi no profit che perseguono fini statutari coerenti con finalità della misura, Piemontech124. “I destinatari finali delle attività di scouting e primo accompagnamento sono imprese create e gestite da giovani imprenditori piemontesi di età inferiore ai 35 anni che hanno l’unità locale in cui sarà realizzato l’intervento situata nella


Incubatori non tecnologici Il bando della Regione Piemonte di sostegno finanziario a favore di “Incubatori non tecnologici”125 è una delle dieci misure previste dal “Piano giovani”. Questo “[…] è diretto al sostegno delle iniziative imprenditoriali giovanili a basso contenuto tecnologico. La misura consiste in un intervento mirato alla strutturazione degli incubatori universitari piemontesi, dei centri di assistenza tecnica (CAT), delle organizzazioni sindacali, delle Fondazioni piemontesi promosse da Enti locali e delle Associazioni piemontesi no profit con fini statutari coerenti con le finalità della misura al fine di aumentare e rafforzare le competenze e le strutture necessarie per sostenere l’imprenditorialità zero/low tech nelle attività di sviluppo e crescita produttiva e commerciale.”126

Il bando è rivolto a: gli incubatori universitari piemontesi, ai Centri piemontesi di Assistenza Tecnica alle imprese artigiane e al commercio (CAT), le organizzazioni sindacali piemontesi, le Fondazioni piemontesi promosse da Enti locali e le Associazioni piemontesi no profit che perseguano fini statutari coerenti con le finalità della misura. “I soggetti beneficiari devono svolgere la propria attività nel territorio della Regione Piemonte.” “I destinatari finali delle attività di scouting e primo accompagnamento sono imprese create e gestite da giovani imprenditori piemontesi di età inferiore ai 35 anni che hanno l’unità locale in cui sarà realizzato l’intervento situata nella Regione Piemonte e attiva nel Registro delle imprese della Camera di Commercio.” “Gli interventi ammissibili riguardano l’acquisizione delle strutture e delle competenze necessarie all’attività di sostegno alle attività imprenditoriali a bassa tecnologia”. I costi che il bando ammette sono: “per l’acquisizione delle competenze necessarie all’attività di sostegno alle attività imprenditoriali e i costi per l’acquisizione delle strutture finalizzate al sostegno dell’imprenditoria zero/low tech […].”127

L’entità del finanziamento concesso a fondo perduto non può superare il 50% del totale dei costi ammissibili. Il finanziamento non può essere cumulato ad altre forme di agevolazioni pubbliche.

RED Rilevamento realtà

L’entità del finanziamento concesso a fondo perduto non può superare il 50% del totale dei costi ammissibili. Il finanziamento non può essere cumulato ad altre forme di agevolazioni pubbliche.

Manifestazione d’interesse per l’insediamento di attività presso l’ex Incet 128

L’avviso emesso dal Comune di Torino investigante possibili soggetti interessati ad insediarsi nei volumi dell’ex Incet riunisce ed accorpa diversi elementi di interesse che accorpano diverse esigenze e relative soluzioni che, a giudizio degli scriventi, bene si integrano fra essi e solo bene possono fruttare al Comune di Torino e alla zona locale dove insiste l’edificio soggetto dell’avviso. Questi elementi di interesse sono molteplici quali: il riutilizzo e rivitallizzazione di un edificio industriale abbandonato in luogo della costruzione di nuovi volumi, l’utilizzo dello stesso per ospitare attività economiche che favorirebbero la creazione di nuovi posti di lavoro, il conseguenziale indotto di cui gioverebbe il contesto locale, la riqualificazione urbana delle immediate adiacenze dell’ex Incet, il ritorno in termini sociali e di servizi diretti alla popolazione residente nonché l’incubazione di neo-imprenditori under 35. Tutti questi elementi sommati, a giudizio degli scriventi, rappresentano una strada che incanala e risolve svariate esigenze e problematiche sia del pubblico che del privato e bene si sposa col concetto di “politica di sviluppo” aggiungiamo noi “sostenibile”.

Il Bando II presente avviso esplorativo per manifestazione d’interesse ha valore esclusivamente pre-informativo e non vincolante per il Comune di Torino. L’obbiettivo è di verificare la disponibilità esistente, da parte di soggetti economici e non, a presentare la propria candidatura nell’ambito della procedura di gara per l’assegnazione dei locali dell’Ex Incet lotto 3. Questo documento è emesso dalla Direzione Lavoro Sviluppo Fondi Europei Smart City ed ha lo scopo di “sostenere i giovani nello sviluppo di progetti imprenditoriali nell’ambito dell’innovazione sociale, attraverso un coordinato insieme di azioni di comunicazione, animazione e coinvolgimento, assistenza tecnica e finanziamento.”129

Con questa iniziativa l’Amministrazione comu-

49 126. Dal bando “Incubatore tecnologico” del bando “Piano Giovani” emesso dalla Regione Piemonte 127.

idem

128. bando “Avviso esplorativo per manifestazione d’interesse per l’insediamento di attività volte a promuovere con servizi innovativi lo sviluppo d’impresa e l’imprenditoria giovanile presso il lotto ex Incet 3” emesso dalla Città di Torino – Direzione lavoro, Sviluppo, Fondi Europei, Smart City – nel giugno 2013 129. Dal bando “Avviso esplorativo per manifestazione d’interesse per l’insediamento di attività volte a promuovere con servizi innovativi lo sviluppo d’impresa e l’imprenditoria giovanile presso il lotto ex Incet 3”

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

Regione Piemonte e attiva nel Registro delle imprese della Camera di Commercio.”125


RED Rilevamento realtà Luca Cretella Gian Maria Mazzei

nale di Torino, ha l’interesse di avviare un percorso tramite il programma “Torino Social Innovation”, collocando nell’ex Incet delle attività che facilitino lo sviluppo economico e sociale del territorio.

portano maggiori servizi e posti di lavoro. Fra queste due scale vi è di mezzo quello sociale dei residenti in loco che vedono migliorare il proprio quartiere perché vissuto da più persone e più attività economiche.

“La proposta dovrà riguardare servizi a sostegno della creazione, sviluppo, accelerazione di imprese innovative, dal punto di vista tecnologico e/o sociale, creative, capaci di approcciare problemi esistenti e affrontarli con processi, prodotti o soluzioni nuove o significativamente migliorati.

Il Bando

Le attività dovranno essere rivolte a potenziali imprenditori, neo-imprenditori/titolari di partita IVA, con un attenzione particolare al target dei giovani under 35 anni.”130

Le attività da insediare all’interno dell’ex Incet devono fornire “servizi a supporto dello sviluppo d’impresa, con attenzione particolare al tema dell’imprenditoria giovanile, in un’ottica di rafforzamento e/o a completamento del sistema dell’offerta pubblica o privata presente sul territorio torinese.

50 130. 131. 132. 133.

Idem idem idem

Il bando “Avviso pubblico per l’accesso da parte delle micro e piccole imprese di Barriera di Milano al servizio di incubazione diffusa e alle agevolazioni finanziarie” misura B1.1 progetto FaciliTo – Barriera di Milano emesso dal Comune di Torino nell’ottobre 2012

134. Dal bando “Avviso pubblico per l’accesso da parte delle micro e piccole imprese di Barriera di Milano al servizio di incubazione diffusa e alle agevolazioni finanziarie” 135.

idem

136. http://www. comune.torino.it/comitatoparcodora/servizi/ attivita/facilito.shtml

I locali saranno soggetti a pagamento di canone, la cui determinazione, ivi incluso il suo possibile abbattimento per ragioni di interesse pubblico, sarà definita solo al termine della presente esplorativa di mercato. La concessione avrà una durata iniziale di 3 anni e potrà essere prolungata previa verifica dei risultati conseguiti.”131

I soggetti cui è rivolto tale avviso esplorativo sono: “enti pubblici e privati, operatori economici e non, quali imprese, società ed associazioni, […] individui o loro raggruppamenti, ancora non formalmente costituiti ma interessati a partecipare alla successiva gara di concessione del servizio e a completare formale costituzione di un soggetto giuridico.”132

FaciliTo

Il progetto FaciliTo è un programma del Comune di Torino che, avvalendosi dei comitati “Parco Dora” prima e “Urban – Barriera di Milano” poi, promuove un servizio di incubazione diffusa e agevolazione alle imprese. Tale iniziativa nasce nell’anno 2008 e si conferma tutt’oggi. L’obbiettivo del bando è di “promuovere e sostenere progetti di investimento […] per migliorare e sviluppare il tessuto economico locale.”134 Le zone cittadine interessate da tale progetto sono state per prima la Borgata Tesso e successivamente il quartiere di Basso San Donato e Barriera di Milano. Questo quadro di interventi “si fonda su un approccio integrato ed è volto a promuovere un processo di rigenerazione e sviluppo socio economico duraturo e sostenibile attraverso la realizzazione di una molteplicità di azioni integrate tra loro, in grado di fare leva sulle potenzialità presenti sul territorio nonché di coinvolgere e mobilitare risorse economiche e sociali capaci di migliorare il livello di vivibilità, fruibilità, attrattività imprenditoriale, sicurezza e coesione dell’area.”135

Il piano è finanziato dal Comune di Torino, dall’accordo stato-regione e dalla Regione Piemonte mediante la gestione di fondi europei per un totale di 35 milioni di euro.

Borgata Tesso

133

Il bando FaciliTo fonda la sua immagine di “politica di sviluppo” su due concetti cardini: la localizzazione e la piccola-media impresa. Questi due presupposti danno un contorno e dei termini chiari alle finalità del bando. Tutto il progetto è adatto ad incubare quegli attori economici, in cerca di sostegno finanziario, intenzionati ad avviare/trasferire la propria attività. Le finalità del bando sono molteplici e coprono diverse scale di sviluppo; incubando e agevolando le piccole/medie imprese si contribuisce a creare spazio e lavoro a uno strato consistente di società in cerca di futuro e stabilità, di riflesso si instaura un meccanismo di rigenerazione urbana e territoriale legata allo sbocciare di attività economiche locali che

L’esperienza FaciliTo presso la Borgata Tesso inizia nel 2008 e termina nel 2010. I soggetti interessati dall’iniziativa sono: le imprese, i titolari di partita I.V.A., gli studi associati presenti in loco o con l’intenzione di localizzarsi in Borgata Tesso e gli aspiranti imprenditori. I servizi forniti a tali soggetti sono: supporto per lo sviluppo dell’attività, consulenza per l’accesso al credito, supporto alla creazione di un soggetto di promozione del territorio, aiuto nel reperimento dei locali e agevolazioni economiche per investimenti. Di questi servizi hanno usufruito 49 imprese, di cui “23 sono state “incubate” per lo sviluppo e la valutazione di un progetto di investimento, e di queste 14 hanno presentato domanda di finanziamento e hanno usufruito dei contributi economici erogati”.136


Barriera di Milano “Urban – Barriera di Milano” è il programma di rigenerazione urbana e di sviluppo urbano più recente tra quelli citati. In questo quartiere FaciliTo dal 2011 ad oggi ha già realizzato 34 interventi. L’iniziativa si rivolge agli “aspiranti imprenditori, micro e piccole imprese, esistenti o di nuova costituzione, localizzati, o che intendono localizzarsi […], negli ambiti territoriali”137 oggetto di intervento, in particolare: ditte individuali, società di persone o capitali, cooperative di produzione e lavoro, cooperative sociali. “Le imprese devono, pertanto, svolgere o impegnarsi a svolgere in modo continuativo l’attività imprenditoriale, oggetto della richiesta di accesso al Progetto Facilito, presso un’unità operativa localizzata […] nell’area inclusa tra i confini indicati”138 dal bando. Le modalità di funzionamento si articolano in due fasi: “servizio di incubazione” che accompagna lo sviluppo dell’investimento imprenditoriale ed una seconda fase di “sostegno finanziario” tramite delle procedure di credito agevolato unito ad un contributo a fondo perduto. Il sostegno finanziario può essere di tipo ordinario o intensivo in base alla zona in cui si insedierà il beneficiario del finanziamento.

RED Rilevamento realtà

Successivamente alla chiusura dell’esperienza in Borgata Tesso, FaciliTo ha avviato in Basso San Donato delle iniziative atte a favorire l’incremento quantitativo e qualitativo delle attività imprenditoriali. Dal 2011 ad oggi sono 50 le imprese “incubate” e 20 le imprese finanziate. I soggetti a cui è rivolta l’iniziativa sono: le imprese presenti nell’area o intenzionate a localizzarsi, i titolari di partita I.V.A. presenti nell’area o interessati a localizzarsi, gli studi associati e gli aspiranti imprenditori. I servizi forniti ai soggetti prima citati sono: check-up dell’attività imprenditoriale, supporto e consulenza per lo sviluppo dell’attività, condivisione di strumenti di azione comuni di animazione economica e di marketing condiviso, consulenza per l’accesso al credito e ai finanziamenti pubblici. Il contributo finanziario disponibile si divide in un 75% di credito agevolato e sino ad un 25% a fondo perduto.

Smart Cities and Comunities and Social Innovation

139

L’avviso “Smart Cities and Communities […]” ha l’intenzione di intercettare tutte quelle idee ed iniziative volte a sviluppare delle soluzioni “smart” in grado di migliorare problemi sociali ed urbani. L’avviso ha l’obbiettivo di mettere in pratica delle proposte progettuali provenienti da svariati ambiti tutti attinenti la città, le infrastrutture e la società che propongono soluzioni tecnologiche innovative e rimodulazione o riorganizzazione di metodologie o modelli di ricerca. Tramite il finanziamento, su tutto il territorio italiano, delle proposte più interessanti, si ritiene di potere attivamente favorire l’integrazione e l’inclusione sociale e conseguentemente favorire lo sviluppo ed il progresso dei territori dove le varie iniziative sono avviate. In questo modo, di riflesso, si può realizzare un “modello di sviluppo” tramite tutti gli effetti positivi che possono verificarsi sul territorio e sulle persone che beneficeranno di tali iniziative.

51

Il Bando L’avviso emesso dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) promuove “l’utilizzo evoluto delle tecnologie da parte di cittadini, imprese e amministrazioni. In coerenza con tale strategia, gli interventi devono essere in grado di sviluppare soluzioni tecnologiche, servizi, modelli e metodologie che si collocano sulla frontiera della ricerca applicata di origine industriale ed accademica. Il perimetro applicativo è quello delle Smart Communities ovvero dello sviluppo di modelli innovativi finalizzati a dare soluzione a problemi di scala urbana, metropolitana e più in generale territoriale tramite un insieme di tecnologie, applicazioni, modelli di integrazione e inclusione. La Smart Community, quale riferimento per l’individuazione delle aree di ricerca e delle traiettorie di sviluppo, va intesa in senso ampio rispetto alla definizione di agglomerato urbano di grande e media dimensione, e si riferisce al concetto di città diffusa e di comunità intelligente (anche attraverso l’aggregazione di piccoli comuni ovvero sistemi metropolitani) nelle quali sono affrontate congiuntamente tematiche riferibili alle sfide sociali emergenti.”140

Le Idee Progettuali di ricerca industriale possono essere riferite agli ambiti: sicurezza del territorio, invecchiamento della società, tecnologie welfare e inclusione, domotica, giu-

137. Dal bando “Avviso pubblico per l’accesso da parte delle micro e piccole imprese di Barriera di Milano al servizio di incubazione diffusa e alle agevolazioni finanziarie 138. idem 139. Il bado “Avviso per la presentazione di idee progettuali per “Smart Cities and Comunities and Social Innovation” emesso dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca nell’ottobre 2012 140. dal bado “Avviso per la presentazione di idee progettuali per “Smart Cities and Comunities and Social Innovation”

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

Basso San Donato


Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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stizia, scuola, waste management, tecnologie del mare, salute, trasporti e mobilità terrestre, logistica last-mile, smart grids, architettura sostenibile e materiali, cultural heritage, gestione risorse idriche, cloud computing technologies per smart governament. Possono presentare le Idee Progettuali tutti quei soggetti aventi sedi operative o che si impegnino a costituire sul territorio nazionale. I fondi messi a disposizione dal MIUR per le idee progettuali ammontano a “655,5 milioni di euro, di cui 170 nella forma del contributo nella spesa e 485,5 nella forma del credito agevolato […]”. “Al fine di elevare la capacità delle Idee Progettuali, […], anche attraverso il coinvolgimento diretto delle più giovani generazioni alla individuazione dei bisogni sociali e delle relative soluzioni tecnologicamente innovative, una quota pari a 25 milioni di euro nell’ambito della quota di 170 milioni di euro” sopracitati “ è destinata al sostegno di “Progetti di Innovazione Sociale”, orientati alla messa a punto di soluzioni tecnologicamente innovative negli ambiti indicati precedentemente.

52 141.

idem

I Progetti di Innovazione Sociale debbono intendersi quali workpackages formativi delle Idee Progettuali richieste con il presente invito e che, […], saranno funzionalmente e strutturalmente collegati dal MIUR all’interno dei progetti esecutivi”141

delle Idee Progettuali.


Donatella Genisio, Comitato “Progetto The Gate” Carlo Massucco, Comitato “Parco Dora” Tecla Livi, Comitato “Urban Barriera di Milano” Assessorato Area Metropolitana, Casa e Demanio Comune di Milano Assessore Ilda Curti, Comune di Torino Davide Paglia, “Cecchi Point” Eugenio Dragoni, “Variante Bunker” Fabrizio Casetti, “Spazio Grisù”

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Interviste ad esempi di Best Practices

Questa parte della Tesi riporta integralemente le interviste che abbiamo rivolto a buoni esempi di “politiche urbane” ed a buoni esempi di “riutilizzo edilizio”. E’ stato fondamentale per noi realizzare delle interviste perché ci ha reso l’opportunità di confrontarci in maniera diretta con chi già opera in questi ambiti ma soprattutto ci ha permesso di rivolgere le domande, che ci ponevamo in merito alla costruzione del meccanismo RED, alle persone che più potevano aiutarci a fare chiarezza.Il metodo con cui abbiamo strutturato le interviste è stato semplice; abbiamo discriminato tra gli “uffici” e gli “edifici”. Con “uffici” ci riferiamo a chi si occupa di sviluppo del territorio quali i Comitati di scopo “Progetto The Gate”, “Parco Dora” e “Urban Barriera di Milano”, che ci hanno parlato delle loro esperienze passate. Abbiamo intercettato anche due Assessorati, (Area Metropolitata, Casa e Demanio del Comune di Milano e Rigenerazione Urbana del Comune di Torino) che ci hanno spiegato le loro politiche in merito all’utilizzo del Patrimonio immobiliare pubblico (Milano) e in merito a scopi e metodi di Rigenerazione Urbana (Torino). La parte di interviste rivolta agli “uffici” ci ha dato la dimensione di come il soggetto pubblico si adopera utilizzando gli strumenti formali delle Amministrazioni. Una seconda parte delle interviste è stata rivolta agli “edifici”, nello specifico ad esempi concreti di riutilizzo edilizio realizzato con tre approcci differenti: una procedura formale a braccetto con l’Amministrazione (Cecchi Point), informale (o se vogliamo dal basso) con l’assenso dell’Amministrazione (Spazio Grisù) e informale in accordo con un privato (Variante Bunker). Le interviste rivolte agli “edifici”, così come quelle rivolte agli “uffici” ci hanno invece dato un forte spunto per l’elaborazione del meccanismo RED ed anche delle conferme di molti problemi intercettati e descritti nel capitolo sui “Presupposti teorici”.


Temi emersi dal dialogo con le Best Practices

54

Nella corona sono elencati i temi principali emersi dalle interviste ai casi studio i quali vengono identificati dalle circonferenze concentriche. Con l’evidenziatura rossa si notano i temi principali trattati da ogni intervistato/a.


Elementi utili emersi dall’intervista: INTRODUZIONE/DOMANDA 5: Contributo dell’UE per progetti cittadini; D. 5/D.7: Ruolo di un comitato di scopo in un processo di rigenerazione urbana;

Donatella Genisio, Comitato “Progetto The Gate” L’intervista a Donatella Genisio ha messo a fuoco quella che è stata, per tanti anni, la linea guida dal Comune di Torino in ambito di rigenerazione urbana142. Le attività del Comitato “Progetto The Gate” sono state di accompagnamento di soggetti privati in iniziative pubbliche e di integrazione sociale. Questa esperienza mette in chiaro come in passato attività con uno scopo sociale, potessero godere di finanziamenti e facilitazione da parte dell’amministrazione pubblica che i correnti tempi non permettono più.

Cos’è il Comitato “Progetto The Gate”? Nel 1996 la Città di Torino presenta all’Unione Europea, nell’ambito delle Azioni Innovative del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Art. 10 Reg. CE 2081/92 FESR), il progetto “The Gate-living not leaving”, un Progetto Pilota Urbano volto a migliorare le condizioni di vita e di lavoro del quartiere di Porta Palazzo. Attraverso una metodologia ed un approccio innovativo, in grado di fornire un esempio per altre esperienze in Europa, il progetto si propone di coinvolgere diversi partner, pubblici e privati

e di innescare un processo di riqualificazione del territorio di Porta Palazzo e Borgo Dora.Nasce così nel 1998 il Comitato Progetto Porta Palazzo, organo no-profit a partecipazione mista di istituzioni pubbliche e di enti privati, con l’incarico di gestire e realizzare l’intero programma che, finanziato principalmente dall’Unione Europea, dalla Città di Torino e dal Ministero dei Lavori Pubblici, si occupa di interventi a favore dello sviluppo economico, sociale, culturale, promozionale e di trasformazione, riqualificazione fisica pubblica e privata del territorio. Il 31 dicembre 2001 il Progetto The Gate chiude la sua fase di progetto europeo con un bilancio di 18 azioni portate a compimento rendicontando il 97% delle risorse a disposizione.La Città di Torino considera opportuno e strategico continuare il processo avviato dal Comitato, e nel giugno 2002 formalizza la trasformazione da Progetto Pilota Urbano ad Agenzia di Sviluppo Locale nell’ambito dei programmi complessi di rigenerazione urbana, facenti parte del Settore Periferie della Città. 143

Perchè intervistare Donatella Genisio del Comitato “Progetto The Gate?” Abbiamo ritenuto fosse utile intervistare Donatella Genisio, Presidente del comitato “Progetto The Gate”, per la sua attività di questi anni nel quartiere di Porta Palazzo. E’ stato interessan-

Uffici

D.5/D.7: Gestione di processi promossi da istituzioni di rigenerazione.

55 142. Segnaliamo che per più di dieci anni la Direttrice del Comiitato è stata Ilda Curti attuale Assessore alla Rigenerazione Urbana del Comune di Torno. 143. http://www. comune.torino.it/portapalazzo/progetto/


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te indagare le iniziative del comitato in termini di politiche territoriali e di investimenti per la riqualificazione del quartiere. Concetti quali il miglioramento del degrado edilizio, di recupero e di ridisegnamento delle aree urbane, dotando di servizi più efficienti, riguardano anche il nostro progetto di Tesi. In questo modo siamo venuti a conoscenza dei processi che hanno permesso di valorizzare il patrimonio storico ma anche commerciale dell’area di Porta Palazzo, nonché abbiamo investigato le strategie per far nascere nuove opportunità economiche e ad innescare processi di promozione e sviluppo del territorio valorizzandone le specificità locali e le risorse endogene.

Intervista Introduzione

56 144.

Ilda Curti attuale Assessore alla Rigenerazione Urbana del Comune di Torno

145.

Giuliana Tedesco attuale Assessore Polizia Municipale e politiche per la sicurezza del Comune di Torno

146. Finpiemonte S.p.A. è una società finanziaria pubblica che opera da oltre trent’anni a sostegno dello sviluppo e della competitività del territorio piemontese. 147. Società per gli INsediamenti di ATtività - S.IN.AT.EC.

“Nel 1996 la Città di Torino presenta all’Unione Europea, nell’ambito delle azioni di innovazione dei fondi europei, un progetto chiamato “The Gate - Livin not living” un progetto di riqualificazione urbana. La Città vinse e costituì il comitato “Progetto Porta Palazzo”. Un organismo già allora all’avanguardia perchè non vi era prima qualcosa di simile. Questo comitato vede tra i soci fondatori una serie di attori che non misero soldi ma erano soci fondatori e gestivano, insieme alla direzione, le linee di attuazione del progetto europeo che la città aveva vinto con un progetto di riqualificazione su quest’area.”

1.Consiglio direttivo? “Il Consiglio Direttivo era formato dalla Città di Torino che designava il Presidente ed alcuni assessori, la Compagnia di San Paolo, Compagnia CRT, Camera di Commercio, Sermig e inizialmente per tutta la durata del progetto europeo c’era anche l’Ordine Mauriziano che è poi uscito dopo il suo fallimento, Cotolengo perchè occupa un grande porzione della zona dove insiste il “Comitato The Gate”, due rappresentanze dei commercianti, il Presidente della Circoscrizione 1 e della Circoscrizione 7 tutti questi attori perchè avevano attinenza con le attività di The Gate. Tre anni fa uscì una norma a livello nazionale che imponeva a tutti gli Enti [...] che possono usufruire di soldi pubblici di non potere avere più di cinque membri nel Consiglio Direttivo. Ad oggi siedono nel consiglio l’assessore Ilda Curt144i, l’assessore Tedesco145 nominato dal Sindaco, [...] il presidente della settima circoscrizione, Compagnia di San Paolo e Camera di Commercio, tutti i precedenti membri sono stati inseriti nel Comitato di Partecipazione. Il comitato ha scadenza e può prorogarsi previa delibera del Consiglio Direttivo. “

2.E’ in sede di Consiglio Direttivo che si stabiliscono le mission? “Normalmente è lo stuff che propone ed il Consiglio Direttivo approva, corregge, integra o pone suggerimenti. Nella realtà con Ilda Curti è un continuo confronto e scambio in elaborazione continua delle attività da svolgere ma il grosso viene dallo stuff perchè è lo stuff che vive il territorio.”

3.Problemi ricorrenti? “I tempi della burocrazia sono un elemento difficile da combattere e che rischia di far perdere delle occasioni. [...]” - E con i cittadini? - “The Gate insiste su questa zona da tempo però è sempre un confronto. Se io mi metto nei panni del cittadino qualunque corro il rischio di lamentarmi come gli altri perchè magari segnalo un disservizio e non vengo ascoltato, sono nervoso nei riguardi dell’amministrazione motivo per cui c’è sempre da spiegarsi e chiarirsi col cittadino, altre volte con la lentezza fisiologica degli iter burocratici pone delle distanze. [...] In alcune riforme della Pubblica Amministrazione, che hanno visto sempre più responsabilità a livello funzionariale su certe cose togliendole alla politica, sicuramente c’è del buono ma vi sono anche dei contro. Tante volte le persone semplici se la prendono col politico che magari avrebbe delle idee ma sono gli imbrigliamenti normativi che lo bloccano. [...] Abbiamo un grosso handicap nella Soprintendenza perchè si perde nei lacci e lacciuoli dei vincoli e delle costrizioni. Il fatto che tutto ciò che abbia più di settanta anni non può essere toccato non ha senso, c’è caso e caso. La politica avrebbe, in generale idee, ma viene segata da persone che non hanno visione.”

4.Qual è l’opinione che ha del Comune rispetto l’impegno dimostrato sull’area di Porta Palazzo? “Al comune non avrei molti appunti da fare. In questa zona insiste dal 1996 un progetto europeo premiato dalla stessa Europa, negli anni in cui vi erano più soldi ha investito tantissimo. Di intereventi e di attenzioni in questa zona da parte dell’amministrazione comunale ce ne stata tantissima. [...] Già se pensiamo alle case di quartiere, Torino è l’unica città d’Italia che ha pensato all’utilizzo degli spazi pubblici a scopo sociale. Vi sono politiche di coinvolgimento che vanno anche ad incidere sulla riqualificazione locale delle aree dove insistono le case di quartiere.”

5.Cortile del Maglio? “Il Cortile del Maglio era un progetto che usufruiva di un finanziamento europeo gestito in prima persona dalla città e dato in gestione a Finpiemonte146 e SinaTech147. Lì come The Gate non avevamo nulla a che fare se non fosse che il progetto, [...] stava diventando nel Borgo Dora, un elemento di destabilizzazione. Ricordo che Ilda Curti disse a me e all’allora mio socio di informarci riguardo il Cortile del Maglio. Era venuto fuori che SinaTech stava cercando di redigere il bando perchè quel progetto presentato dalla città era per un polo destinato all’artigianato quindi erano fondi vincolati al progetto. Lì si sarebbero dovute installare imprese artigianali acquistando lo spazio ad un prezzo calmierato senza pagare gli oneri di urbanizzazione. L’assessore Tessore ci convocò dicendoci che vi erano dei problemi a livello finanziario e pareva che non vi fosse, da parte del mondo artigiano, l’interesse immaginato per il luogo e ci chiese quindi di collaborare. L’allora assessora al commercio e all’artigianato chiese una variante del progetto all’Unione Europea ben motivata e questa acconsentì. Quindi tutti quegli spazi destinati all’artigianato subirono una variante in corso d’opera e poterono andare a bando anche per attività commerciali con una certa finalità e specificando che fossero attività che andassero a sposarsi col tessuto del Borgo. A quel punto la città chiese a The Gate di accompagnare e raccordare i commercianti con i cittadini. [...] Si avviò quindi un processo di progettazione partecipata tramite dei focus group che vedevano al loro interno commercianti e abitanti con persone che sarebbero state


6.Avete partecipato, oltre l’esperienza del Cortile del Maglio, ad altre iniziative di recupero di edifici inutilizzati? “No anche perchè non ve ne sono stati altri, vi è stata l’esperienza del Cecchi Point ma quello è un intervento partito prima. [...] La nostra finalità non è il recupero degli spazi ma la rigenerazione urbana e all’interno di questo insieme vi sono migliaia di declinazioni.”

7.PDR (piani di recupero)? “Alla fine dei quattro anni di attività del progetto “The Gate - Livin not living” durante i quali tutte le azioni presentate erano state esaurite [...] e poichè erano avanzati dei soldi si pensò, insieme alla direttrice Ilda Curti, dato che erano state fatte delle azioni di coesione sociale, di partecipazione attiva dei cittadini e delle persone della zona attive a livello economico ma vi era del degrado fisico della zona per cui si chiese all’Unione Europea la liberatoria di potere indire un bando per la riqualificazione delle facciate dei condomini che si affacciavano sulla zona di Porta Palazzo e Borgo Dora. All’Unione Europea piacque questa cosa per cui al The Gate si iniziò a sperimentare un bando che avrebbe dato a fondo perduto un contributo minimo ai condomini che però si attivavano al rifacimento della facciata. Abbiamo messo in piedi questa cosa con l’accortezza di sperimentare la possibilità di dare il contributo al condominio e abbiamo ottenuto tre grossi risultati: il primo che tanti condomini hanno un conto corrente, [...] il secondo è stato mettere in atto un volano economico perchè ovviamente le imprese hanno lavorato e vi è stata una riqualificazione architettonica.”

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interessate a insediarsi tramite attività economiche tutto ciò funzionale alla costruzione di un bando il migliore possibile. Abbiamo fatto una cernita delle tipologia di commercio che potevano insediarsi e quelle che non potevano e quali potevano essere le linee di progettazione che avremmo dato a chi partecipava al bando per riuscire a vincerlo, [...] ad esempio i prodotti messi in vendita, la collocazione rispetto a Borgo per attirare clientela ed altro.” - Il Comune di Torino si era preso l’onere di progettare e realizzare la ristrutturazione dell’area del Cortile del Maglio? - “Vi era una grossa fetta di contributo europeo poi altri contributi da altri Enti. Al Comune sono tornati i soldi indietro perchè ha venduto poichè chi ha acquistato le botteghe ha acquistato la proprietà per 99 anni.”


Elementi utili emersi dall’intervista DOMANDA 2: Assenza di un piano di gestione per edifici pubblici da parte dell‘amministrazione; D. 7: Difficoltà nel cedere in concessione edifici di proprietà pubblica da parte dell‘amministrazione; D.8: Gestione di processi concessione di edifici di proprietà pubblica; D. 10: Regole per la stima dei canoni di locazione; D. 12: Evoluzione in peggio dello strumento della concessione di edifici pubblici; D. 13: Effetti negativi derivati dalla cartolarizzazione di edifici dati in concessione; D. 14: Influenza delle occupazioni informali sulle scelte dell’amministrazione pubblica; D. 15: Necessità di un’agenzia per la gestione e la supervisione di concessioni di edifici pubblici;

Uffici

D. 16: Evoluzione del concetto di attività utile per la città.

58 148.

Carlo Massucco Direttore del Comitato di scopo “Parco Dora” e coordinatore della segreteria dell’Assessore Ilda Curti - Comune di Torino

149. http:// comitatoparcodora. wordpress.com/ilcomitato-parco-dora/

Carlo Massucco, Comitato “Parco Dora” L’intervista a Carlo Massucco148 ha messo in evidenza come lo strumento delle concessioni comunali stia subendo una evoluzione legata al corrente momento di difficoltà economica. Il Comune di Torino è nella condizione da un lato di dovere cartolarizzare al massimo gli edifici dati in concessione e dall’altro di dovere prendere coscienza che ai soggetti beneficiari di tali concessioni deve essere permesso di svolgere, non solo attività sociali di interesse per la città, ma anche attività economiche caratterizzanti che permetta loro di raggiungere una certa sostenibilità economica.

Cos’è il Comitato Parco Dora? Il Comitato Parco Dora opera in un vasto territorio, noto come Spina 3, oggetto in questi anni di uno tra i più importanti programmi di rigenerazione urbana della città di Torino. La massiccia trasformazione, che ha investito un’area di circa un milione di metri quadrati, rappresenta uno degli aspetti più visibili del cambiamento urbanistico della città. Il Comitato Parco Dora, nato e gestito da un accordo tra la Città di Torino, le Circoscrizioni 4 e 5, i costruttori privati, la Curia Metropolitana e rappresentanti dei cittadini, è uno strumento di azione strategica che gestisce il processo di trasformazione di quest’area, sia svolgendo una funzione di servizio sul territorio sia rispondendo al forte bisogno di “cura” e di coesione economica e sociale che lo stesso esprime. Il Comitato lavora

per promuovere e sostenere programmi di sviluppo locale, rafforzare il tessuto urbano, accompagnare le trasformazioni in atto, attivare risorse e opportunità, collaborare alla definizione di nuovi servizi, valorizzare le identità locali e le risorse endogene del territorio, ricucire i legami tra il “vecchio” e il “nuovo” quartiere.149

Perchè intervistare Carlo Massucco del Comitato “Parco Dora”? Il lavoro di questi anni del Comitato “Parco Dora” ha attratto il nostro interesse perchè ha promosso e sostenuto programmi di sviluppo locale, di rafforzamento del territorio, di accompagnamento alla trasformazione di spina 3 attivando risorse e opportunità, collaborando alla definizione di nuovi servizi, valorizzando le identità locali e le risorse endogene del territorio riuscendo a ricucire i legami tra il “vecchio” e il “nuovo”


Introduzione “Sono Carlo Massucco, dipendente del Comune di Torino, in questo momento svolgo la funzione di coordinamento della segreteria dell’Assessore Ilda Curti che ha come deleghe le Politiche Giovanili, le Pari Opportunità, progetti di Rigenerazione Urbana, Suolo Pubblico, Decoro Urbano, Bagni Pubblici e Integrazione. In contemporanea svolgo il ruolo di Direttore del comitato “Parco Dora” che è un comitato di scopo ed è un Ente strumentale alla Città di Torino.”

1.Attività e mission del comitato Parco Dora? “Il comitato è nato nel 2006 e aveva come primo compito quello di accompagnare le trasformazioni di Spina 3. Un lavoro, in prima battuta, di riuscire a far convivere i nuovi abitanti in un area che, a chiusura di tutti i cantieri, dovrebbe prevedere l’insediamento di circa 12 000 o 13 000 nuovi cittadini. Nel 2005 sono iniziati i cantieri che sono stati terminati nel 2006 per le Olimpiadi, che sono tendenzialmente quelli sull’asse di via Livorno e c.so Novara, di lì poi in avanti tutto il resto. Il fatto di convivere con i cantieri per circa sei anni ha creato non pochi problemi a chi è andato ad occupare quella zona. In questo momento il comitato ha quasi esaurito la mission dell’accompagnamento e al comitato è stato chiesto di provare a immaginare delle modalità di gestione del Parco Dora valutando il parco come un valore aggiunto rispetto alla trasformazione.”

2.Qual è la finalità del recupero del Parco Dora? “Vi è stata una scelta urbanistica. Lì non c’era il parco e non c’erano abitazioni, vi erano solo industrie pesanti. La scelta è stata quella di costruire in verticale per creare un area verde. Le linee di quello che è stato poi il bando che ci ha consentito di scegliere il progetto architettonico [...] aveva però come punto centrale il mantenere una memoria storica di quello che erano le attività produttive per cui la scelta felice dal punto di vista funzionale ma infelice da quello gestionale è stata mantenere la tettoia dello strippaggio150 che era l’elemento caratterizzante del progetto. Dico felice perchè è la piazza coperta più grande d’Italia, infelice perchè è una struttura che se non viene in tempi brevi gestita, non con strumenti ordinari, si rischia fra poco di vedere qualche segnale di cedimento della copertura. Quella situazione avvierà un conflitto perenne tra la chiusura e il riuso [...] se non hai un soggetto che prenda carico, con modalità che non sono quelle ordinarie della città, di mettere a reddito la superficie. L’errore del progetto di recupero di Spina 3 e dei lotti del Parco è stato l’assenza di un piano di gestione.

3.Consiglio Direttivo?

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Intervista

“Dal punto di vista del comitato penso che sia una delle esperienze uniche in campo urbanistico perchè il comitato è stato fondato e poi istituito da tutti i soggetti che avevano un interesse economico nell’area: tutti i costruttori, tutti gli immobiliaristi e poi a questi si sono aggiunti poco alla vota dalla Curia ed altri soggetti economici. Il Comitato Direttivo era costituito da diciassette diverse rappresentanze di cui tre della città e tutti gli altri erano soggetti privati. L’anno scorso con le modifiche date dalla spending review c’è l’obbligo di ridurre gli organismi direttivi a non più di cinque rappresentanze. In questo momento abbiamo tre rappresentanti della città e altri due che sono soggetti economici dell’area: l’impresa, che è un consorzio, “I cinque cerchi” e i rappresentanti del “Parco commerciale Dora.”

4.Qual è la vostra idea di “sviluppo del territorio”? “Il comitato ha gestito una serie di riqualificazioni economiche dell’area, l’asse di via Breglio, l’asse di via Don Bosco e Borgata Tesso. Sono programmi che hanno come base la legge Bersani, una buona legge che è riuscita a mantenere un impegno economico dallo stato per più di dieci anni, per un sistema di accompagnamento alla riqualificazione di imprese in quegli assi viari. I contatti sono stati assolutamente imponenti, in tutte e tre le iniziative si sono poi costituite delle associazioni di soggetti economici che si sono insediati e riqualificati e stanno ancora continuando adesso a esistere. Il parco è il valore aggiunto della trasformazione complessiva però l’attenzione della città è stata anche quella di riuscire a riqualificare la parte residuale, quel tessuto ancora più vecchio, per cui insieme a queste azioni chiamate FaciliTo, si sono affiancate delle azioni di riqualificazione degli assi viari. Per cui dalla pavimentazione al sistema dei parcheggi alla viabilità a cui il comitato ha fatto fronte negli ultimi sette anni non solo accompagnando ma costruendo opportunità di insediamento di nuove imprese.”

5.Il quadro politico influenza il vostro lavoro? “Di sicuro la situazione politica non solo quella della città di Torino perchè un intervento come quello di Spina 3 è stato assoggettato al quadro normativo regionale e adesso ha bisogno di avere degli indirizzi politici. Quando dicevamo che al comitato è stato chiesto di elaborare possibili programmi di gestione dell’area è una esplicita richiesta dell’amministrazione.”

6.Qual è l’iter che ha portato alla realizzazione del Parco Dora? “Il progetto architettonico del parco è stato un bando della Comunità Europea vinto dalla città per cui Verdi - Grandi Opere insieme all’”Unità di Missione del 150°” hanno poi reso operativi i lotti, vi sono due lotti da finire che sono in carico all’Unità di Missione.”

7.Avete dato in concessione a privati edifici industriali presenti nel parco? “Non ancora. E’ un ragionamento molto faticoso e complesso perchè sull’area si affacciano tre edifici preesistenti e, in previsione vi saranno dei chioschi di cibo e bevande, più un accordo che abbiamo chiuso con la Michelin per ricostruire l’edificio del dopo lavoro degli operai. Dico che è molto complesso perchè in questo anno e mezzo di ge-

59 150.

ria Vitali

Ex acciaie-

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

quartiere. Nella fattispecie il nostro interesse si è concentrato sulla gestione delle pratiche amministrative da parte del Comitato e delle linee strategiche che hanno mosso il loro operato. L’intervista ha riguardato anche alcuni edifici del Parco che ancora non sono stati completati o che non hanno ancora trovato utilizzo.


Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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stione, tecnicamente il comitato gestisce anzi facilita l’uso dell’area del Parco, ha evidenziato un problema legato alla somministrazione di bevande per i grandi eventi che ci ha fermato sui bandi sia per il chiosco che per il baraccotto. Sugli altri edifici siamo fermi perchè due non sono ancora consegnati, ci sono la casa del Direttore della Michelin che attualmente è ancora sede degli operai dell’impresa che deve finire l’ultimo lotto e non sappiamo quando finirà perchè ad ogni nubifragio si verificano danni rilevanti che ritardano la consegna. L’altro edificio è una preesistenza nell’area “lotto Vitali”, che nel progetto originario doveva essere il ristorante nel parco ma nel progetto non c’era in previsione un bando per trovare un soggetto economico interessato per cui ci troviamo con un volume industriale pesantissimo che a stima nostra necessita di un milione di euro di investimento. In questo momento veri e propri bandi per la gestione di strutture non ci sono ancora. L’unica cosa è che abbiamo cominciato ad utilizzare, e l’abbiam fatto come comitato, l’ortus conclusus che non è un edificio chiuso e abbiamo circa settanta ortocultori e c’è una concessione dedicata.”

8.State pensando di dare in concessione a privati l›edificio per il dopolavoro degli operai Michelin?

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“Stiamo discutendo con l’assessorato al Commercio e l’assessorato al Patrimonio perchè se noi dovessimo basarci sulle procedure ordinarie allora si cerca il criterio del “massimo profitto” per cui quello sarà un edificio di 150 mq che vengono donati alla città e tutto il cantiere e gli atri costi sono a carico della Michelin. Normalmente nei bandi per i chioschi tendenzialmente non si lavora sulle funzioni ma sulla massima redditività questo vuol dire che poi ti spogli del bene e non riesci a influire su quello che il bene può portare all’interno del parco. Una delle possibili idee sul baraccotto è rendere pubblico un possibile bando e stiamo valutando se trasferire la sede del comitato Parco Dora all’interno del baraccotto per cui trovare il punto di equilibrio tra le funzioni aggregative, rispetto l’uso del parco, e un soggetto gestore non di tutta la struttura ma della parte commerciale. Un bando privato non è possibile farlo, bisogna riuscire ad avere uno studio della sostenibilità delle due funzioni per cui bisogna trovare il punto di equilibrio tra non chiedere il massimo del canone d’affitto e poter avere una struttura che ospita attività che non sono economiche.”

9.FaciliTo Borgata Tesso e Basso San Donato? “Il lavoro su Borgata Tesso è terminato nel 2011. Si è costituita una associazione di nome “Associazione Tesso” che all’interno vede una serie di soggetti preesistenti che hanno visto il miglioramento delle loro strutture grazie a FaciliTo e alcuni dei soggetti che si erano andati a insediare in nuovi edifici. I progetti FaciliTo prevedono una servizio di consulenza rispetto all’idea imprenditoriale, l’accompagnamento alla redazione di un piano economico rispetto la sostenibilità dell’attività, l’accesso a un finanziamento e l’accompagnamento all’impresa. Noi ospitavamo all’interno del Parco Dora una parte dei colleghi della “Divisione lavoro” e “Fondi europei” e fisicamente l’attività di raccolta delle proposte, la parte di valutazione e il biseness plan era svolta dai colleghi con una serie di consulenti. In questo momento la realtà di Borgata Tesso, oltre il progetto FaciliTo, presenta un lavoro di riqualificazione di via Giachino. E’ una realtà assolutamente viva, aumentano le adesioni e hanno riconsegnato una identità al luogo. Basso San Donato, dove vi è una associazione di categoria, presenta un

tessuto più frammentato e la parte che riesce ad avere una buona visibilità è la parte tra via Livorno e c.so Principe Oddone mentre la parte su via Don Bosco è meno pregiata per cui tutte le manifestazioni si sviluppano sull’asse c.so Umbria. In questa operazione stiamo continuando a collaborare con l’associazione di commercianti di c.so Regina Margherita che sono in difficoltà. Stiamo cercando di aiutare la zona con eventi pubblici e con lavoro di accompagnamento perchè c’è commercio molto anziano e c’è poco ricambio.”

10.Quali sono le potenzialità della pratica delle concessioni? “Premesso che la Città di Torino ha un regolamento a riguardo delle concessioni di proprietà pubbliche, questa ultimamente ha differenziato l’offerta nel senso che eravamo arrivati ad avere circa 400 concessioni a cooperative, associazioni che tendenzialmente erano impegnate ad attività sociali di volontariato.[...] Il regolamento da la possibilità di abbattere il canone commerciale tramite uno strumento che valuta quanto la proposta di utilizzo va a sostituirsi alla città, [...] questo sistema di regole permette di dare un punteggio al progetto che viene presentato alla città e riesce ad abbattere il canone fino al 90% del valore. Minore è la ricaduta sociale e maggiore è il canone commerciale tenendo conto che una concessione al canone del 100% non è più soggetta a quel regolamento ma è soggetta a procedure standard di affitto immobiliare.”

11.Requisiti che necessita un privato per potere stipulare una concessione? “Se facciamo riferimento al regolamento comunale, si parla di privato sociale. Non è prevista la stipula con un semplice privato. Un semplice privato può partecipare a bandi per attività commerciali o a scopo residenziale ma non posso partecipare a bandi per la concessione di beni della città. [...] Il primo requisito per partecipare a bandi di questo genere è l’essere un soggetto collettivo, dall’associazione alla cooperativa. [...] Nei bandi che mettono in concessione beni pubblici si danno, tendenzialmente, delle indicazioni riguardo le funzioni da espletare per cui si guarda a far coincidere il progetto di uso dell’area prospiciente l’edificio, la capacità di essere aperta anche di sera e attività rivolte ai cittadini. [...]Nei parametri di valutazione della proposta vi è anche il fatto che sia una proposta di attività che abbia una relazione con l’esterno, che non sia presente nell’area e che abbia lunga esperienza pregressa del soggetto proponente.”

12.Il Comune di Torino gestisce bene lo strumento delle concessioni? “Le gestisce bene ma potrebbe gestirle meglio. [...] Ho lavorato molti anni con le Politiche giovanili e avevamo uno strumento di monitoraggio delle concessioni, i progetti erano sostanzialmente seguiti anche dalla città e all’epoca il nome di tale strumento era “Servizio politiche giovanili” per cui avevi annualmente dei report che ti permettevano di sapere se quello che si svolgeva all’interno dell’edificio dato in concessione corrispondeva al progetto presentato. In questo momento questo strumento di monitoraggio, a livello cittadino, non c’è più. Probabilmente c’è ancora sulla parte socio assistenziale perchè vi è un sistema di accreditamento. Molte concessioni vengono date a soggetti accreditati per cui se non sulla concessione ma sull’attività c’è un monitoraggio. Si potrebbe essere più


“In termini negativi, a mio giudizio. Alcune delle concessioni fatte con il regolamento, nel momento in cui la città ha deciso di cartolarizzare, [...] alcune delle concessioni di edifici appetibili dal punto di vista commerciale, si è detto ai soggetti occupanti di abbandonare l’edificio. Ne parlo in termini negativi perchè non mi sembra che i locali tornati nella disponibilità della città, ora siano diventati qualcos’altro. [...] La città ha istituito un agenzia che si occupa della cartolarizzazione per cui ha conferito all’agenzia x mila metri quadri e l’agenzia ha anticipato x mila euro ma di fatto quei volumi non sono diventati altro. Ogni tanto quando succedono delle attività di occupazione magari hanno anche ragione, in momenti in cui l’abitazione dovrebbe essere un diritto e non un lusso, avere immobili vuoti non ha senso.”

14.Rispetto le occupazioni? “Premesso che l’occupazione di un bene pubblico è un reato palese, al di fuori di quello che decidie un sindaco se tollerare o non tollerare se c’è un magistrato che ordina uno sgombero il dì seguente quello spazio viene sgomberato è però evidente che quel bene non è utilizzato. Nella storia di Torino presumo che c’è stato un periodo in cui il lavoro fatto da una serie di occupazioni ha permesso alla città di ragionare sull’utilizzo dei beni, questo secondo me è un elemento di merito rispetto ad alcune occupazioni. Dal mio punto di vista un uso che non sia abitativo è durissimo che venga tollerato, non basta dire sono un centro sociale. Non vi è un ricambio generazionale, alcune realtà di Torino sono le stesse da anni. Ultimamente il problema degli sfratti ha portato ad occupazioni di tipo abitativo, negli ultimi due anni vi sono esempi di occupazione solo di questo genere. All’inizio quando i numeri erano bassi non si tollerava l’occupazione ad uso abitativo adesso anche a livello nazionale vi à una tolleranza maggiore. [...] Se parliamo di occupazioni giovanili, per un certo periodo hanno dato strumento all’amministrazione di ragionare sul patrimonio immobiliare abbandonato. E’ molto dura la manutenzione perchè vi sono molte strutture occupate che hanno problemi pesanti quali la presenza di Amianto. Vi è poi una certa tolleranza nei riguardi delle occupazioni storiche, le nuove occupazioni sono state tutte sgomberate.”

15.In una concessione vi è sempre necessità si un soggetto intermediario tra chi contrae e chi concede? “Normalmente la città stipula un contratto di concessione con un soggetto poi quel soggetto può essere un ATI di secondo livello o un associazione etc. La cosa che manca è un monitoraggio sul sistema delle concessioni attuali.” Secondo Lei non converrebbe avere un facilitatore da parte del Comune stesso? - “Non so se sia la funzione che serva

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13.C’è stata nel tempo una evoluzione della pratica delle concessioni?

adesso. [...] Negli ultimi bandi vi erano edifici di grandi dimensioni ma in condizioni disastrose. Probabilmente ci vuole un soggetto che sia assimilabile ad una agenzia che sia in grado di mettere insieme uno studio del recupero dell’edificio rispetto le funzioni che si danno all’interno perchè abbiamo avuto delle restituzioni da parte di soggetti che erano convinti di potercela fare con quello che era il loro bilancio ma entrati dentro si sono resi conto di dovere affrontare interventi di manutenzione quasi straordinaria. Normalmente le concessioni sono per soggetti che non hanno una attività commerciale predominante, si possono fare somministrazioni ma questa voce deve essere una quota inferiore al 50 % del bilancio, quindi errori in passato vi sono stati. Per questo motivo ci vorrebbe un soggetto in grado di potere far da mediatore tra i valori del recupero dell’edificio e le funzioni da svolgerci. Ci vorrebbe un soggetto col ruolo del Comitato di Scopo “Urban - Barriera di Milano” col progetto FaciliTo non rivolto alle imprese bensì alle cooperative sociali.”

16.Si sta evolvendo il concetto di “attività utile alla città” relativamente al regolamento delle concessioni? “Attualmente secondo me vi sono ancora strumenti per valutare però è un terreno su cui si può lavorare. Cinque anni fa, già solamente il fatto di occuparsi dei senza fissa dimora era totalmente a carico del soggetto Pubblico con attività di volontariato finanziate dalla parte Pubblica, oggi non è più così. Bisogna trovare degli equilibri tra attività in linea con lo statuto della associazione/cooperativa e attività economiche. Vi porto l’esempio di via Virle che è un raggruppamento di associazioni/cooperative che hanno attività economiche al loro interno e senza le quali non potrebbero sopravvivere. La sostenibilità di una impresa sociale non è più data dal rapporto con i finanziamenti pubblici.”

17.Ci sono finanziatori della prima ora ed in che rapporti siete? La decisione di fare un comitato di scopo è una decisione politica. Il comitato sino all’anno scorso aveva come sostegno economico un accordo con istituti privati che versavano al comitato un euro al metro quadro costruito. “[...] In questo momento stiamo ancora lavorando col finanziamento dato con l’euro a metro quadro costruito, il comitato sta seguendo un percorso per individuare un masterplan per decidere come gestire l’area e deve valutare se cambiare ragione sociale. Nella veste giuridica attuale non possiamo lavorare in regime iva, il comitato non può fatturare per dare dei servizi o riceve contribuzioni o trasferimenti di economia, non può emettere fatture.” Cosa significa Trasferimenti di economie? - “Come fosse l’euro al metro quadro costruito, ad esempio il Centro commerciale Dora vi è un ragionamento sugli orti urbani e nel piano economico tu hai una quota che diviene immediatamente a carico loro quindi non siamo noi a farci carico del costo ma condividiamo il costo con loro. Il comitato come tutti gli Enti con questa veste giuridica sta muovendosi su vari bandi quali Vodafone etc. per provare a portare su quell’area dell’economia perchè il Parco ha questa caratteristica di essere se non unico certamente eccezionale per cui spendibile anche come oggetto.”

Tramite il racconto dell’esperienza FaciliTo,

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innovativi, adesso una delle cose che eravamo riusciti a far fare all’amministrazione sono le concessioni temporanee per un motivo molto semplice ovvero è difficile su un soggetto giovane avere come dato un bilancio consolidato per cui per evitare di non fare provare a svolgere attività utili alla città noi facciamo delle concessioni che prevedono un periodo di tempo utile di messa a punto del progetto lungo un anno e alla fine valutiamo la sostenibilità del bilancio. Questo tipo di concessione sub judice senza la stipula di un contratto è uno strumento che la città ha perso.”


Elementi utili emersi dall’intervista INTRODUZIONE: Evoluzione del contratto di concessione dove si lascia la possibilità al concessionario di fare attività commerciali; DOMANDA 2: Approccio integrato e partecipativo alla pratica della rigenerazione urbana; D. 4: Canone convenzionati a chi svolge attività commerciali nell’edifico dato in concessione in funzione della sostenibilità economica del soggetto; D. 6: Politiche giovanili dettate dal documento “Horizon 2020”;

Uffici

D. 7: Promozione di attività di social-business, social-innovation e start up negli edifici da riqualificare; D. 11: Utilizzo dello strumento “de minimis” e consulenza alle imprese soggette al programma FaciliTo per la redazione del business plan.

62 151. http:// www.comune.torino.it/ urbanbarriera/progetto/ index.shtml

Tecla Livi, Comitato “Urban Barriera di Milano” Tecla Livi ci ha aiutato a capire quali sono i metodi migliori per favorire e accompagnare giovani e piccole imprese, questo lavoro sull’imprenditoria si riflette sul territorio generando meccanismi positivi di rigenerazione urbana. Spunto di pari interesse sono state le considerazioni riguardo l’evoluzione che sta avendo lo schema delle concessioni comunali.

Cos’è Urban Barriera di Milano? Urban Barriera è un programma di sviluppo urbano finalizzato a innescare un processo di miglioramento complessivo dell’area di Barriera di Milano, quartiere storico della zona Nord della città di Torino. Finanziato dalla Città di Torino, dalla Regione Piemonte e dalla Comunità Europea, il programma opera sul piano fisico, economico, sociale e interviene sul territorio favorendo la collaborazione e l’interazione propositiva tra tutti i soggetti attori e beneficiari della riqualificazione (Settori della Pubblica Amministrazione, realtà del territorio, associazionismo, istituzioni, cittadini, imprenditori, ecc.).151

Perchè intervistare Tecla Livi del Comitato “Urban Barriera di Milano”? L’intervista rivolta a Tecla Livi aveva lo scopo di conoscere l’esperienza FaciliTo promossa dal Comitato “Urban Barriera di Milano”. L’obbiettivo era capire come è possibile realizzare politiche di rigenerazione urbana e territoriale tramite il finanziamento e la localizzazione di imprese in un determinato quartiere. Altro elemento di interesse era capire come il Comitato segue e supporta le imprese durante tutto il processo di facilitazione e conoscere come può realizzarsi al meglio tale processo. Dopo l’esperienza FaciliTo le nostre domande si sono concentrate sul progetto di recupero del fabbricato che ospitava l’ex Incet; investigare tale programma ci è stato utile per conoscere come una istituzione se-


Introduzione “La città va nella direzione di un uso temporaneo di edifici dismessi non avendo più grosse possibilità economiche e come forma di finanziamento concede licenze temporanee per attività economiche che rendano economicamente sostenibili attività a sfondo sociale e artistico.”

1.Ex Incet? “L’Incet152 era una fabbrica e c’è un progetto di bonifica e riqualificazione, sono circa 13 milioni di euro che vanno a cadere su l’Incet. Questo edificio è stato acquisito dalla città di Torino. [...] Questo progetto è finanziato da Urban, sono soldi che arrivano attraverso la candidatura del programma Urban, come è stato a Mirafiori negli anni precedenti, attraverso la consultazione della cittadinanza e delle associazioni si costruisce un progetto per il territorio. Pensiamo di fare la stessa cosa che è stato per la Cascina Roccafranca. Il Progetto per l’Incet è stato presentato all’Unione Europea in queste linee di finanziamento quali tutte le città europee partecipano e cercando finanziamenti nella fattispecie per 24 milioni di euro. Una parte del finanziamento lo aggiunge la Città di Torino, la Regione Piemonte e, in quota minore, delle fondazioni. Il progetto una volta approvato ha dei tempi molto stretti di realizzazione quale la fine del 2014. Come è stato per Cascina Roccafranca anche qui verranno messe a bando luoghi per attività di commerciale/sociale.”

2.Finalità del progetto riguardante l’ex Incet? “Riqualificare il territorio secondo la strategia Urban. Noi pensiamo che non si può riqualificare un territorio intervenendo solo mettendo a posto una strada, quello che rimane è solo una strada messa a posto. Noi lavoriamo in maniere integrata e partecipata perchè quella strada ha dei negozi e quindi si deve lavorare con l’economia, in quella strada ci passano delle persone per cui si necessita relazionarsi con le persone del quartiere quindi fare non solo informazione ma ascoltiamo anche le persone del territorio.”

3.L’iter che ha portato alla riqualificazione della Cascina Roccafranca è differente rispetto a quello che porterà a riqualificare l’ex Incet? “La Cascina Roccafranca è stata acquistata da un privato ed era estremamente dirocccata mentre l’ex Incet è stata acquistata dalla Provincia dai Bruni Tedeschi che poi l’ha girata alla città.”

4.Quali possibilità di gestione economica lascerete a coloro che si insedieranno nell’ex Incet? “L’idea è che diventino autonomi ma logicamente non verranno abbandonati a se stessi, per questo motivo daremo

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Intervista

degli spazi commerciali, a canoni convenzionati, in modo che ci sia un entrata che possa permettere loro di pagarsi la gestione e la manutenzione. In sintesi diamo la possibilità di mettere del commerciale in delle aree a servizi per potersi finanziare.”

5.Qual è la forma giuridica che sarà adottata per la gestione dell’ex Incet? “Vi sarà un bando con una serie di richieste specifiche e su questa base si lavorerà. Probabilmente ci rivolgeremo anche a delle associazioni molto grandi con una discreta solidità economica. [...] Il lavoro che stiamo facendo è di indagine, tramite un bando di interesse, riguardo l’interesse che grossi sistemi di associazionismo possano avere nei riguardi dell’ex Incet. Tali sistemi possono avere interesse perchè si troverebbero a collocare lì i loro uffici a canone gratuito ma fornendo, attraverso associazioni loro affiliate, una serie di servizi quali ad esempio la casa del quartiere di San Salvario.”

6.L’ex Incet a quali linee delle Politiche giovanili sarà soggetta? “Le politiche giovanili che saranno perseguite dentro l’ex Incet saranno quelle della Comunità Europea. Ognuno interpreta le linee dettate dalla Comunità Europea che sta puntando molto sul social-business e sulle smart-city per cui noi chiaramente le seguiamo. Queste sono le linee programmatiche del programma “Horizon 2020”153 e su quelle interveniamo interpretandole sulla base dei bisogni e delle esigenze del territorio.”

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7.A che tipo di utenze è rivolto l’operazione di riqualificazione dell’ex Incet? “Nel lotto A dell’Incentivi sarà una parte per la ristorazione e una parte rivolto al social-business, social-innovation, imprese giovani o comunque incubazione di imprese giovani. Alla manifestazione d’interesse per il primo lotto hanno però risposto in 15. Ora stiamo costruendo un discorso simile al resto dell’edifico dove nascerà una casa del quartiere dove ci saranno un certo numero di associazioni che gestiranno la casa del quartiere e la parte commerciale. Il concetto è dare l’edificio bonificato, arredato, ristrutturato ad un canone politico in cambio di attività sociali indicate da noi. Una parte stavamo pensando di lasciarla a tutte le chiese.”

8.Tutte le manifestazioni di interesse che avete emesso tramite quale organo le avete bandite? “Attraverso il comitato che è un organo che discende direttamente dal Comune di Torino. Il nostro Presidente era il vicesindaco e adesso è Ilda Curti e poi abbiamo un comitato direttivo che è composto dalla Curti, dalla Conticelli che è la Presidentessa della circoscrizione pertinente e da tutta una serie di politici e persone interessate.”

9.FaciliTo? “Il progetto FaciliTo non è finanziato dalla Comunità Europea bensì dal Ministero dello Sviluppo Economico secondo l’ex legge 267 (Legge Bersani) quindi è un cofinanziamento complementare al programma Urban. Vi sono una serie di progetti divisi per asset, che dialogano tra di loro, per tipologia di progetto. Alcuni degli interventi sono

152. Fabbrica produttrice di cavi elettrici, fondata nel 1888 dai fratelli Vittorio e Giuseppe Tedeschi. 153. Horizon 2020 è il nome del nuovo programma dell’Unione Europea per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione

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gue e promuove il recupero di un edificio inserendovi all’interno molteplici attori economici e servizi.


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finanziati dalla Regione, Madre, Comunità Europea e altri sono cofinanziamenti e vengono inseriti in un programma complementare. FaciliTo è un cofinanziamento ministeriale inserito in un discorso più generale di riqualificazione urbana. E’ stato costruito un avviso di partecipazione o avviso pubblico non ricordo come si chiama, con determinate regole siccome sono soldi pubblici di cui una parte, intorno al 25%, a fondo perduto per cui abbiamo costruito un bando con tutta una serie di regole per potere partecipare. Da marzo 2011 a giugno 2013 abbiamo analizzato circa mille proposte imprenditoriali.”

10.Criteri di selezione delle proposte imprenditoriali nel Bando FaciliTo? “La prima selezione l’ho fatta io (Tecla Livi). Innanzi tutto devi essere una micro o piccola impresa che si insedia nell’area di Barriera di Milano o che è già insediata. Ci sono una serie di imprese che non finanziamo tipo Call Center, Sexy Shop, negozio di armi e punti di scommesse. La mia selezione era di accompagnamento se l’idea selezionata era da sgrossare e aggiustare ed ho verificato le prime condizioni di ammissibilità ovvero un minimo di ammissibilità e che l’idea stesse in piedi e che ci fosse anche della sostenibilità economica. Questo primo passaggio ne comportava un altro con un consulente che si incaricava di seguire in modo gratuito l’imprenditore durante tutta l’elaborazione del business plan. In totale abbiamo finanziato 74 idee imprenditoriali ma quelle analizzate sono state molte di più.”

64 154. Art. 87 e 88, Regolamento (CE) 1998/2006 che regola i finanziamenti pubblici alle imprese

11.Perchè avete richiesto agli imprenditori documenti quali il de minimis e le precedenti dichiarazione dei redditi? “Il de minimis154 è un semplice documento che certifica che non hai ricevuto contributi pubblici nei due anni precedenti e devi dichiarare fino a 200.000 euro ma questo è un regolamento della Comunità Europea e per il de minimis non possiamo finanziare attività agricole. Il business plan viene costruito dagli imprenditori con la nostra consulenza. Un impresa può avviare la sua attività circa dopo sei mesi di nostro accompagnamento perchè il business plan deve essere completo ed è lì che si riscontra se vi sono i presupposti per un impresa di raggiungere la sostenibilità economica. Noi avevamo una percentuale, rispetto al periodo attuale, di solvibilità delle imprese, che hanno seguito il nostro progetto, del 100%.”

12.Il vostro lavoro di accompagnamento si è evoluto negli anni? “Dipende molto da dove è stato collocato il progetto FaciliTo, ad esempio in Borgata Tesso era molto legato al PISL (Programma Integrato di Sviluppo Locale) di quella zona e quindi c’è stato un lavoro di accompagnamento ai singoli imprenditori e poi c’era il PISL che lavorava per riqualificare il territorio. Col tempo lo schema è cambiato per diventare più flessibile per avvicinarsi il più possibile alle esigenze di una persona che vuole aprire una impresa. Dal punto di vista del lavoro attorno che è importante ugualmente al finanziamento si è evoluto perchè, qui in Barriera, c’era la possibilità di legarsi ad un progetto più grande quale Urban che copre un area molto grande e erano stati fatti dei ragionamenti che hanno portato ad un progetto della Camera di Commercio chiamato Manager d’area, che a settembre entrerà nel vivo, è una operazione di marketing territoriale finanziato dalla Camera di Commercio ed è una

operazione innovativa perchè questa forma di promozione del territorio si è sempre verificata in aree turistiche delle città. Noi stiamo provando ad utilizzare tecniche di marketing e business ubicate in un territorio che non ha l’attrattiva di un centro storico e stiamo provando a costruire i presupposti per promuovere il quartiere di Barriera di Milano. L’anno scorso abbiamo fatto con i commercianti dei corsi di promozione di immagine e di pubblicità. Abbiamo strutturato i corsi per tipologie di attività e luogo di provenienza.”

13.Vi è un vostro monitoraggio sulle imprese che avete aiutato tramite il progetto FaciliTo? “Certamente, vi è tutto un lavoro di monitoraggio [...] ed in più noi siamo qui sempre.”

14.Vi è stata una relazione tra la candidatura dell’idea imprenditoriale al progetto FaciliTo ed il luogo proposto come sede dell’attività? “Questo accade sempre. All’inizio molta gente si è interessata a Barriera di Milano perchè qui c’è nata o ci ha vissuto.”

15.Il locale sede dell’attività viene proposto da voi o dai candidati al progetto FaciliTo? “Li aiutiamo. Io ho un censimento dei locali idonei. Può comunque dipendere è una libera scelta da parte del candidato che può proporre in autonomia il sito dove collocarsi.”

16.Com’è stata condotta la relazione tra proprietari degli spazi e gli imprenditori selezionati dal progetto FaciliTo? “Quella è una trattativa privata, noi facevamo da tramite nell’informazione. In alcuni casi dove si insedieranno attività molto interessanti noi di Urban entriamo in relazione diretta con i proprietari per aiutare il più possibile gli imprenditori.”

17.Vi è stato un associazionismo spontaneo tra le imprese finanziate dal progetto FaciliTo? “Certo, come vi dicevo prima col Manager d’area cerchiamo di dare una prospettiva un po più ampia. Ad esempio della festa di via che noi non finanziamo perché non ci interessa il singolo evento estemporaneo bensì ci interessa un discorso dove i commercianti acquisiscono competenze per potere camminare con le proprie gambe perchè noi dal 2014 non ci saremo più.”

18.Ci sono dei momenti di verifica dell’attività di FaciliTo? “Vi sono assemblee. Ora col Manager d’area avvieremo degli incontri aperti con la cittadinanza in cui vi sarà la verifica del nostro lavoro da parte dei cittadini.”

19.Il quadro politico influenza l’attività del comitato Urban Barriera di Milano?


20.Qual è la vostra percezione di ricaduta sul locale del lavoro del comitato Urban Barriera di Milano? “Questi tipi di lavoro danno risultati a lungo termine. Noi abbiamo una ricaduta enorme. L’anno scorso di questo periodo (ci si riferisce all’estate 2012) avevamo fatto una riunione di stuff e avevamo capito che stavamo lavorando il 70% del nostro tempo sulla ricaduta e riuscivamo a dedicare il 30% per i progetti.”

21.Esistono finalità comuni con altri soggetti? “Il Comune siamo noi, la Comunità Europea ci ha finanziato, dalla Regione Piemonte passano i soldi, che ci ha fatto perdere un anno, poi c’è la compagnia di San Paolo. E’ chiaro che abbiamo finalità comuni con altri soggetti perchè lavoriamo per il territorio.”

22.Vi sono istituzioni che ostacolano il vostro lavoro o contrari alle vostre finalità? “La sovrintendenza. Nel parco della spina 4 vi è la capriata Porcheddu, esempio di archeologia industriale, che verrà mantenuta. [...] Delle volte vi possono essere gruppi di cittadini che ostacolano ad esempio abbiamo finanziato delle attività di negozi etnici e vi sono stati gruppi di cittadini che li boicottano. Vi sono associazioni di commerciati di colori politici vari che ritengono che non sono mai state molto considerate quando noi facciamo di tutto per essere trasparenti e comunicare con tutti a prescindere dal colore politico. Invece non vi sono istituzioni che ci boicottano perchè le linee sono condivise.”

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“La mia per niente! Scherzavo ero ironica. Noi abbiamo un comitato direttivo composto da politici e le linee sono condivise con le linee politiche della città. Uno dei mandati del Sindaco è quello di intervenire nell’area nord di Torino e noi agiamo di conseguenza. Il nostro lavoro è dettato dalle linee politiche della città.”


Elementi utili emersi dall’intervista INTRODUZIONE: Utilizzo del soggetto concessionario per ristrutturare spazio di proprietà pubblica e politica di incentivo alle start up; DOMANDA 1: Utilizzo di un soggetto con partecipazione universitaria per attività di ricerca e approfondimento su possibilità di riuso; D. 2: Scelta del soggetto affidatario di un edificio non per la ragione sociale bensì per il progetto ed il piano economico che presentano; D.5: Linee strategiche che hanno dettato le scelte politiche dell’amministrazione; D.6: Ritorno economico e vantaggi per l’amministrazione;

Uffici

D. 7: Rapporto con la Corte de Conti;

66 155. Francesco Pizzorni, Responsabile della comunicazione Assessorato Area Metropolitana, Casa e Demanio - Comune di Milano 156.

Piergiorgio Monaci, Direttore settore valorizzazione spazi, Assessorato Area Metropolitana, Casa e Demanio - Comune di Milano

Assessorato Area Metropolitana, Casa e Demanio Comune di Milano D. 16: Rapporto con la Corte dei Conti e il l’utilizzo di immobili pubblici come scelta politica per un determinato fine; D. 17: Regime di “de minimis”; D. 19: Necessità di un soggetto terzo per la gestione delle concessione/gestione di edifici pubblici inutilizzati; D. 21: Possibilità di avviare attività commerciali da parte del soggetto concessionario.

L’intervista a Francesco Pizzorni e a Piergiorgio Monaci ci ha aiutato a capire quali sono linee amministrative che hanno permesso l’utilizzo del patrimonio immobiliare della Città di Milano a favore sia degli enti no profit che dei privati commerciali. Ci interessava capire, inoltre, quali sono stati gli artifizi burocratici che hanno permesso loro di ottenere il parere positivo della Corte dei Conti riguardo il loro operato.

Perchè intervistare dei componenti dello stuff dell’Assessorato Area metropolitana, Casa e Demanio? Oggetto dell’intervista rivolta a Francesco Pizzorni155 e Piergiorgio Monaci156 è stata la delibera della Giunta Comunale n.1978 del 28/9/12; ci interessava conoscere le linee strategiche che hanno spinto l’assessorato Casa a Demanio a redarre una delibera simile e le loro ipotesi riguardo i risultati attesi. Le domande hanno riguardato gli artifizi amministrativi, a cui la delibera fa riferimento, per risolvere problemi di tipo burocratico e gestionale riguardo la concessione a soggetti no profit e profit di edifici pubblici.


“La Delibera della Giunta Comunale n.1978 del 28/9/12, in parole povere, dice che vi sono molti spazi, nelle periferie, che sono vuoti ed hanno bisogno di ristrutturazione ed è inutile metterli a bando con un canone fuori mercato è quindi meglio metterli a bando [...] ad un affitto ribassato del 98% per tre anni rivolto a piccole imprese e start up che facciano loro i lavori di ristrutturazione. In tre anni questi soggetti cercheranno di costruire una impresa che se funziona ci possono pagare un poco di affitto, se non funziona abbandoneranno l’edificio.”

1.In che modo avete coinvolto l’ambiente universitario nel progetto riguardante gli edifici inutilizzati di proprietà pubblica? “Abbiamo coinvolto l’associazione no profit Non Riservato, associazione partecipata dal Politecnico di Milano, perchè era l’unica realtà che conoscevamo che lavorasse sul tema del riuso e con loro abbiamo stipulato un protocollo d’intesa dove chiedevamo loro di portare degli studi. [...] Da questo studio sono emersi dieci progetti molto interessanti di uso temporaneo, tutti sulla carta, di questi uno è già partito ed è quello del mercato di Montegliani dove vi erano cinque slot liberi. Si sono fatti dare due di questi slot dal comune per realizzare uno spazio dove si consumi il cibo acquistato dai consumatori. Questo spazio sarà gestito dagli esercenti che somministreranno il cibo come avviene nei mercati europei più moderni.”

2.Negli ultimi anni in che modo si è evoluta la procedura di selezione del conduttore di un edificio dato in concessione? “Prima i bandi selezionavano i soggetti conduttori in funzione della loro ragione sociale, ora i bandi privilegiano la tipologia di progetto e piano economico che proponi, in funzione di ciò chi valuta assegna un punteggio ed eventualmente ti affida lo spazio. La corrente procedura che stiamo attivando in ottemperanza alla delibera n.1978 del 28/9/12 prevede prima delle manifestazioni di interesse e poi dei veri e propri bandi di assegnazione.”

3.Con gli edifici che necessitanto ingenti lavori di ristrutturazione, come vi regolate per metterli a bando di concessione? “I famosi mammuttoni, come li chiamiamo noi, li diamo in comodato d’uso trentennale. In trent’anni il conduttore dovrebbe riuscire a ristrutturarlo, usarlo per la messa a reddito. A questi bandi partecipano anche i privati che possono dare uno spazio alla loro associazione ed il resto possono metterlo a reddito. Le attività che questi soggetti svolgeranno all’interno dell’edificio dato in concessione vengono prima validate dal comune e dopo trent’anni la concessione può essere rinnovata con un nuovo contratto in questo caso di affitto. Al termine dell’esperienza, se il contratto non dovesse essere rinnovato, alla città ritorna un immobile ristrutturato e manutenuto.”

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Introduzione

4.La procedura tramite la quale ottemperate alla Delibera della Giunta Comunale n.1978 del 28/9/12 è liberamente ispirata ad altre amministrazioni o è un’ideazione del Comune di Milano? “Ogni amministrazione ha le sue leggi e regolamentazioni e non si può fare come in Spagna o in Francia perchè vi sono regolamente diversi. In Italia ogni comune ha il suo statuto e fa riferimento a normative diverse, noi per evitare di fare cose nuove e di passar dal Consiglio Comunale per cambiare i regolamenti, abbiamo fatto riferimento ad un regolamento già approvato dal Consiglio Comunale (n.36/98) che ci dava spazio e su quel punto del regolamento abbiamo fatto una delibera di giunta.”

5.Quali sono le linee strategiche dell’Amministrazione comunale che hanno generato la delibera della giunta comunale n.1978 del 28/9/12? Quali le scelte politiche? “Una delle linee strategiche era di rilanciare le micro economie di quartiere e quindi il concetto di distretti creativi a tal proposito abbiamo fatto un workshop con degli esperti inglesi con l’Università Bicocca. Lì partivamo dal concetto di rilanciare un piccolo spazio centrale per il quartiere con una attività che fosse di interesse sia locale sia per il singolo cittadino, a quel punto avviene che tutta l’economia del contesto si rilancia. Il workshop è stato dettato dalla considerazione che un vuoto genera degrado, in tempi di crisi non puoi chiedere affitti stratosferici e per il Comune di Milano è una risorsa che vi sia presidio fisico nello spazio, il ritorno economico, a livello di bilancio è fondamentale, ma piuttosto che lasciarlo vuoto è una messa a reddito maggiore darlo gratis per tre anni piuttosto che tenerlo vuoto. Le giornate OCA avevano una linea strategica che accomunava i tre assessorati presenti: sport e tempo libero, casa e cultura, case e demanio.”

7.Gli effetti della delibera n.1978 del 28/9/12 sono previsti economicamente vantaggiosi o svantaggiosi per il Comune di Milano? “Economicamente parlando, per i grandi spazi che diamo in concessione, il ritorno è positivo perchè realisticamente parlando, il Comune, di qui a dieci anni non avrà mai i fondi per metterli a posto se non abbattendo che comunque è oneroso. Il Comune di Milano si ritrova con un attività, insediata nell’edificio, che funziona e piccole economie che girano in più si trova a fine dei trent’anni con un immobile ristrutturato a costo zero. Bisogna ragionare a lungo termine, le amministrazioni comunemente pensano in termini di mandato ma sarebbe corretto, durante il mandato, porre le basi della città futura. Le precedenti amministrazioni non avevano programmazione a lungo termine. Ad ogni modo al ritorno economico ci abbiamo pensato anche in termini di rendicontazione nei riguardi della Corte dei Conti.”

8.Come giustificate alla Corte dei Conti i mancati introiti derivanti dalla concessione a titolo gratuito di edifici di proprietà pubblica? “Se io ho uno spazio che do in comodato d’uso ad una Onlus che me lo mette a posto e mi fa un servizio sociale, quel servizio io Comune di Milano non lo pago perchè non è a carico del Comune.” - Se invece fossero privati che

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Intervista a Francesco Pizzorni


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fanno attività commerciali? - “Quello che loro investono e l’indotto che generano è un ritorno per il Comune poi tendenzialmente, nel contratto, puoi inserire l’obbligo di uno spazio destinato ad attività sociale o culturale. Ad ogni modo è un introito lavorativo che gira. [...] In termini pratici alla Corte dei Conti giustifichiamo che l’attività svolta in questi edifici è una ricchezza per la città sia in termini di rilancio dell’economia sia in termini di recupero edilizio. Nel caso dei grossi edifici, il conduttore è costretto ad investire economicamente e quello rappresenta certamente un ritorno economico. Il problema può essere rappresentato dai piccoli uffici dati in concessione a canone calmierato, lì si lavora sul discorso che piuttosto che lasciarlo vuoto tre anni si sperimenta una procedura di reivestimento.” - Non vi è una procedura consolidata? - “La Corte dei Conti ti convoca e ti chiede di dimostrargli che quell’edificio, che è una risorsa della città, l’hai valorizzata patrimonialmente, motivo per cui noi non diamo mai in concessione gratuita un edificio bensì manteniamo sempre almeno un 2 % del canone nominale che poi va a salire fino al 10 %.”

9.I conduttori dei bandi di “concessione d’uso di immobili di proprietà comunale” sono soggetti singoli o molteplici?

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“E’ previsto che possano essere più soggetti. Ciò che volevamo scoraggiare era l’uso che è stato fatto negli anni da parte di molte associazioni onlus che tenevano aperta la sede solo un dì la settimana e il resto dei giorni la utilizzavano solo per incontri interni l’associazione. Noi preferiamo più realtà, con obbiettivi comuni, che si mettano insieme sia per i grandi immobili che per quelli piccoli perchè l’edificio viene vissuto più a lungo. Nel punteggio di assegnazione grande valore viene dato all’incidenza che il progetto ha sul quartiere [...].”

10.Il concetto di “attività utile per la città” è inteso in chiave sociale o in chiave economica? “Il Progetto di ospitalità sociale, rivolto a soggetti di multipla natura, consiste nell’abbattere il canone di affitto se svolgi attività si volontariato a scopo sociale. [...] Per quanto riguarda la concessione di edifici bisogna prendere in mano il regolamento comunale.

11.Le manifestazioni d’interesse che avete emesso che riscontro hanno avuto? “Per gli spazi grossi con concessioni trentennali, sono arrivate circa una decine di proposte. Immaginiamo, per gli spazi piccoli, di ricevere svariate centinaia di proposte dato che gli spazi sono molti. Arriveranno molte proposte da piccole associazioni, Onlus ed altre realtà del genere quando in realtà noi vorremmo puntare molti sulle start up giovanili per rilanciare il lavoro giovanili. L’assessorato alle politiche sociali gestiscono i beni confiscati alle mafie e sarebbe più corretto che questi spazzi fossero destinati alle associazioni. - Vincoli di partecipazione ai badi? - “Meno vincoli all’origine imponi e mieglio è. Preferiamo decidere in commissione perchè è lì che realmente puoi orchestrare con giudizio lo sviluppo microeconomico di un quartiere.”

12.Vi sono delle forme di finanziamento a favore dei conduttori degli edifici messi a bando? “Si, con la legge n. 266 per lo sviluppo economico è previsto per chi entra un minimo di fondo per ristrutturarsi

lo spazio. Questi fondi, però, sono messi a disposizione dall’assessorato delle Politiche per il lavoro e sono previsti solo per la concessione di spazi piccoli. La legge n. 266 prevede il finanziamento per aree geografiche, vi sono delle aree a Milano dove è previsto il finanziamento al di fuori di queste aree gli edifici vengono messi a bando senza borsa.”

13.Vi sono delle agenzie di sviluppo che danno supporto tecnico a chi partecipa ai bandi? “No è tutto a carico di chi partecipa. Noi volevamo provare a fare una messa a sistema di comunicazione per cui vinci il bando e ti do una cartellina che attesta la partecipazione, ti do pubblicità sul sito etc. ma per fare ciò non c’è tempo.”

14.Le linee guida da chi sono state decise? “C’è stato un report ed una riunione tra tutti gli assessori della giunta dove si è discusso dell’uso degli spazi. Ogni assessorato gestiva i suoi spazi quando sarebbe stato meglio se fosse stato il demanio a gestire gli spazi. Ora il problema è fare il censimento degli spazi, degli accordi per mettere ordine. Ora la giunta ha deciso che la linea comune è mettere a reddito economico o sociale o di attività. La decisione è stata presa durante le giornate delle OCA tramite il confronto con la città.”

Intervista a Piergiorgio Monaci 15.Esiste un regolamento del Comune di Milano riguardo le concessioni? Se si, vi è una definizione di “attività di interesse pubblico per la città”? “Il regolamento delle concessioni esiste per quanto riguarda le associazioni ed è un regolamento restrittivo che abbiamo cercato di modificare con questa delibera senza dovere andare in consiglio. Abbiamo mantenuto la modalità delle concessioni in uso, anche gratuito, ma già ben strutturata.” - Vi è necessità di presentare un progetto sociale? - “No, sostanzialmente vi sono una serie di spazi che vengono messi a bando o per meglio dire a gara che non valuta i progetti bensì la sostanza del soggetto proponente. Abbiamo voluto ragionare in maniera differente senza modificare il regolamento.”

16.Come giustificate alla Corte dei Conti i mancati introiti derivanti dalla concessione a titolo gratuito di edifici di proprietà pubblica? “Utilizziamo la concessione in uso, anche gratuito, ed il bene è strumentale alla realizzazione di un progetto. L’amministrazione afferma di volere realizzare un progetto, di qualsiasi genere sia, ed il bene è indicato come strumento per realizzare tale progetto, quindi la finalità è il progetto e non la concessione in uso. Il mancato introito è giustificato dalla realizzazione del progetto e dal vantaggio che questo porta alla città, per gli edifici grandi dati in concessione per lungo tempo la giustificazione è l’intervento, da parte del privato, sull’edificio. La consideriamo una modalità sperimentale con valutazione dei risultati tra qualche anno.


“Siamo ricorsi al regime di de-minimis solo per l’assegnazione alle start up. Siccome in questo caso abbiamo una riduzione del canone del 90 % viene valutato come aiuto all’impresa che eroghiamo in regime di de-minimis e vale non per le associazioni bensì alle imprese. Noi non diamo un vero vantaggio perchè regolato dalle leggi comunitarie motivo per cui possiamo aiutare le stat up senza comunicarlo alla Comunità Europea. Il regime di de-minimis dice che qualsiasi incentivo che tu concedi ad una impresa come non far pagare il canone o farlo pagare molto basso è un vantaggio così come tutti i sussidi nelle loro diverse forme sono aiuti che potrebbero alterare la concorrenza ma siccome sono aiuti minimi la Comunità Europea ti dice che non alterano la concorrenza.”

18.Qual è la funzione del patto d’integrità? “Il patto d’integrità è una modalità che abbiamo introdotto in tutte le gare pubbliche in cui ci sono degli impegni da parte dei soggetti di trasparenza oltre agli obblighi di legge previsti.”

19.Credete che ci sia bisogno di implementare/ottimizzare l’apparato amministrativo municipale nell’ambito del rapporto tra pubblico e privato a proposito delle concessioni su edifici pubblici inutilizzati? “Si, ci vorrebbe. La cosa complicata è che oggi non possiamo più costituire società o altri organi. Servirebbe un agenzia che prendesse la proprietà degli immobili per fare una valorizzazione economica vendendo o comprando o facendo una valorizzazione sociale. Sarebbe utile perchè renderebbe tutto più snello ma ora non è possobile.” Rivolgersi all’Università? - “Difficile perchè non saprei come conferire all’Università la porprietà degli immobili.” - E se fossero studi da parte di ricercatori? - “Ed io cosa me ne faccio? Il problema è la gestione delle procedure. L’accordo che abbiamo sottoscritto con l’associazione Non Riservato è fatto su proprietà di società partecipate o simili ad ogni modo edifici non di porprietà del Comune. Servirebbe un soggetto snello e operativo in grado di trovare degli investitori interessati a spazi importanti, fare valutazioni del progetto riguardo la sostenibilità, che faccia da supporto al soggetto, tutte cose che fanno le agenzie di sviluppo esistenti alle quali non possiamo più rivolgerci per mancanza di fondi.”

20.Adotatte le linee guida del documento “Horizon 2020”? “Si ma in realtà stiamo cercando di capire come sarà la programmazione del fondo comunitario.”

21.Ritenete che lo studio di una formula di “Trust” ad hoc sia utile e pertinente al vostro scopo?

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17.Ci parla del “regime di de-minimis”, come mai siete ricorsi a questa soluzione?

“Ma in realtà non abbiamo bisogno di particolari meccanismi per mettere a bando edifici pubblici. Abbiamo inserito in delibera che il soggetto affidatario può anche concedere in sub-locazione o realizzare attività economiche commerciali finalizzate alla sostenibilità del soggetto per rientrare delle spese economiche che questo è costretto a sostenere per ristrutturare l’edificio che ha ottenuto in concessione.” 22.Vi sarà una attività di monitoraggio sugli esiti della delibera della Giunta Comunale n.1978 del 28/9/12? “Queste procedure sono lunghe e complesse e vi è l’obbligo di ricorrere all’evidenza pubblica per cui ci vuole la determina d’indirizzo, ci vuole la determina dei bandi, ci vuole l’auto valutazione, ci vuole la verifica dei requisiti dei progetti poi lo facciamo anche in modo utile alle zone. Tendiamo a trovare le finalità utili al progetto e come bene strumentale mettiamo a disposizione l’immobile. Nei vari progetti sotto soglia si prevede che il concessionario possa tenere gli utili per se.”

23.Non sarebbe il caso di invertire la procedura e invece di mettere voi a bando attendete la richiesta del mercato? “No perchè ci vuole sempre una evidenza pubblica e poi dobbiamo dare una risposta generale non possiamo seguire uno per uno, ci vorrebbe un ufficio a posta. Stiamo parlado di utilizzare una serie di spazi anche piccoli che sono tanti e sparpagliati concedendoli gratis.”

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Nella realtà vi sono spazi, soprattutto quelli piccoli, che per noi sono un costo perchè collocati in contesti dove vi sono delle utenze da saldare che, dandoli in concessione, vanno a carico del soggetto conduttore.”


Elementi utili emersi dall’intervista DOMANDA 2: Utilizzo del patrimonio immobiliare pubblico come veicolo di rigenerazione urbana; D. 3: Possibilità di cedere in concessione edifici da ristrutturare a enti no profit; D. 6: Monitoraggio delle concessioni in uso; D. 8: Nascita di nuovi comitati di scopo;

Uffici

D. 9: Corte dei Conti.

70 157. Ilda Curti, Assessore del Comune di Torino con deleghe alle: Politiche Giovanili,Pari Opportunità, Politiche per l’Integrazione, Rigenerazione Urbana, Suolo Pubblico e Arredo Urbano, Fondi Europei, Tempi e Orari della Città

Assessore Ilda Curti, Comune di Torino Ilda Curti è colei che negli utimi anni è stata a Torino il punto di riferimento in materia di politiche di rigenerazione urbana e sviluppo del territorio. Nell’occasione dell’ntervista è stato utile raccogliere la sua esperienza in merito ai numerosi interventi da Lei guidati e la sua opinione in riguardo a politiche di rigenerazione urbana e riutilizzo del patrimonio immobiliare pubblico. L’Assessore Curti ci ha aiutato, quindi, a considerare con maggiore attenzione le potenziali difficoltà che il privato potrebbe avere nella gestione economica di un edificio di grandi dimensioni senza possedere la giusta sostenibilità economica. Durante la discussione non sono mancate considerazioni sulla situazione amministrativa attuale e sulle difficoltà, da parte delle Amministrazioni, di realizzare i vari progetti proposti per difficoltà normative o inerzie organizzative. Un altro aspetto che abbiamo chiarito è stato il ruolo delle agenzie di sviluppo e dei comitati di scopo nei progetti di rigenerazione urbana e quale potrebbe essere il loro ruolo in progetti fututri.

Perchè intervistare Ilda Curti157? Durante le interviste rivolte all’Associazione “Variante Bunker” e ai comitati “The Gate” e “Parco Dora” la figura dell’assessore Curti è sempre tornata perchè accomuna questi differenti esempi di lavoro sul territorio. Era utile raccogliere l’opinione dell’Assessore come esperta di pratiche di rigenerazione urbana e sviluppo del territorio. Le domande hanno riguardato la possibilità di utilizzare il patrimonio pubblico dismesso come mezzo per fare politiche di rigenerazione urbana ed hanno riguardato anche anche la possibilità di istituire un soggetto terzo (agenzie, facilitatori) rispetto la municipalità, in grado di svolgere lavoro di rigenerazione sul territorio così come è avvenuto con i comitati di scopo “Urban”, “Parco Dora” e “The Gate”.


“Questa tipologia di canone lo valutiamo in funzione dei progetti. Vi è un comitato inter-assessorile in cui passano i progetti di uso di edifici pubblici, condotto dal’assessorato al patrimonio, a cui partecipano vari assessorati ed il mio con le deleghe alle politiche giovanili, rigenerazione urbana poi gli assessorati ai servizi educativi, servizi sociali. In tale sede l’ufficio del patrimonio propone il progetto e insieme ne discutiamo; spesso le condizioni del canone sono funzionali ad alcuni parametri uno di questi è l’investimento. L’investimento che il concessionario è disposto ad elargire può incidere sul tipo di canone ricognitorio ed anche sulla durata della concessione, di seguito si valuta il progetto e la sua capacità di sostenersi. Il motivo di tale canone è legato all’attività sociale svolta dal soggetto beneficiario della concessione e stiamo attenti a verificare che non si faccia business, allo stesso tempo permettiamo che vengano fatte delle attività commerciali per raggiungere l’auto finanziamento.” - E se fossero delle PMI? - “Ci sono esperienze che stanno nascendo dal coworking alle case del quartiere dove vi sono delle start up imprenditoriali.”

2.Cosa ne pensa di utilizzare il patrimonio pubblico inutilizzato come forma di incentivo per le imprese? “Ni. La prospettiva del patrimonio pubblico come una delle chiavi di rigenerazione urbana è concreta, anche l’idea di farne un uso temporaneo. L’esperienza di “Variante Bunker”, che però è di un privato, insegna che l’uso temporaneo scatena un immaginario […] su dei luoghi che altrimenti sono dei vuoti urbani. Noi abbiamo una rigidità normativa mostruosa e questo lo scontiamo, l’uso temporaneo sono cose che in nord Europa si fanno facilmente; si cedono gli edifici per cinque anni senza pretendere che chi usufruisce del bene investa troppi soldi. Noi abbiamo delle normative che rendono molto complicato farlo perché vi sono dei problemi di 626, di messa a norma, nel momento in cui il comune da ad un soggetto un luogo lo stato dei luoghi blocca la possibilità di un uso normale ed accessibile. […] Nello stesso tempo immaginare che una struttura ad uso temporaneo che per qualche anno metta in moto creativi etc. si debbano investire molti soldi per mettere a norma […] porta alla scelta di non fare. Noi siamo in questo paese dove abbiamo soltanto leggi e norme e finisci per non fare.”

3.Diritto di superficie? “Il diritto di superficie, la Città di Torino, lo concede per 99 anni su investimenti molto grossi. Io non credo che sia la via perché carica sulle spalle del concessionario” un impegno gravoso. “ […] Ad una associazione di giovani mettere sulle spalle il diritto di superficie con le varie responsabilità penali e amministrative significa ammazzarli perché non troveranno mai i soldi per mettere a norma la struttura. Non so, è da studiare.” - E se il concessionario fossero imprese che fanno reddito? - “In parte cose del genere sono state fatte, ovviamente l’amministrazione pubblica deve fare delle evidenze pubbliche dicendo cosa

RED Rilevamento realtà

1.Crede che prevedere un canone ricognitorio (o abbattimento del canone) per la concessione di beni immobili della città debba essere riservato solo ad enti o associazioni no profit?

vuole fare in quel determinato posto. Per esempio lo stiamo facendo nell’area Incet e lì non vi è una concessione in atto e non un diritto di superficie.” - Mi pare che nell’area dell’ex Incet voi investiate molti soldi - “Sono già investiti molti soldi per riqualificare l’Incet poi nel momento in cui si tratta di rifunzionalizzare una parte è stata messa a bando per start up imprenditoriali perché a noi serviva avere in un territorio come quello avere delle attività non sono di tipo sociale perché uno dei temi è quello dell’occupazione giovanile dando l’opportunità di sviluppare lavoro. E’ stata una scelta mettere a bando quello spazio logicamente attraverso una evidenza pubblica. […] Per quanto riguarda le grandi strutture inquinanti e inquinate quali sono i soggetti giovanili no profit che possono caricarsi il peso di tali interventi?”

4.Guardando ad altre esperienze quali quella di Milano con la Delibera della Giunta Comunale n.1978 del 28/9/12 e a quella dello Spazio Grisù di Ferrara? “Conosco le esperienze, in parte qui si sono fatte anche se non sono messe a regime. Vi è una assoluta disponibilità da parte dell’amministrazione di cogliere tali pratiche. In questa città non vi è un privato forte e quando c’è non investe. Scontiamo il fatto di essere stati una città stato con un pubblico molto forte che ha investito parecchio contrariamente a Milano dove al contrario l’amministrazione ha concesso molto al primato investendo però poco. Torino adesso sta scontando questa sua storia perché il privato attende molto il pubblico.”

5.A suo giudizio la città ha bisogno un soggetto in grado di potere far da mediatore tra i valori di recupero dell’edificio messo in concessione e le funzioni da svolgerci all’interno comprese quelle commerciali? “No, non ne abbiamo bisogno. E’ un problema di interzia organizzativa. In tutti i quartieri dove siamo intervenuti abbiamo messo in piedi delle strutture “The Gate”, “Urban” che hanno l’elemento fondamentale della prossimità, su progetti complessi ha senso mettere in piedi soggetti di questo genere. […] Il problema è che in un momento di crisi economica bisogna lavorare molto sulla sostenibilità perché è importante che nel tempo tali soggetti debbano raggiungere la sostenibilità economica.“

6.La città ha bisogno di un soggetto che monitori le concessioni già stipulate e le attività che avranno luogo in quelle future? “Non è detto che debba essere esterno alle amministrazioni pubbliche. Ci sono alcuni luoghi in cui vi è un rapporto caldo come le Case del Quartiere ovvero riusciamo a seguirle da vicino, io ad esempio sono il Presidente di Cascina Roccafranca, Anche se la responsabilità è dei gestori stare dentro ed accompagnare quando vengono delle crisi è importante. In altri casi la concessione è data a un soggetto che paga l’affitto e se il gestore fallisce è un problema suo.”

7.Nei prossimi sette anni arriveranno dall’Europa almeno cinque miliardi di finanziamenti nell’ambito del progetto “Smart City”, come si regolerà il Comune di Torino?

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Luca Cretella Gian Maria Mazzei

Intervista


Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Rilevamento realtà

“Vi è la “Fondazione Smart City” che se ne occupa in prima linea, la regia ce l’ha Lavolta, noi al massimo intercettiamo dei progetti. Allo stesso tempo stiamo lavorando alla programmazione fondi strutturali “14-20” che è quella che consentirà tutta una serie di azioni di rigenerazione urbana. Siamo in una fase di programmazione e stiamo cercando di capire come funzionerà.”

8.Guardando alle esperienze “The Gate”, “Urban” vi sono altre intenzioni della città di avvalersi di soggetti simili per perseguire altre politiche?

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“Si, dipende dal tipo di progetto e dalle risorse che arrivano. In tutti i progetti europei c’è una forte attenzione a destinare una parte del budget all’accompagnamento sociale o al management territoriale. Si parte dal presupposto che intervenire in un ambiente complesso con progetti complessi è credibili se c’è un soggetto che se ne occupa. Tendenzialmente nell’approccio europeo il 7% - 8% del bilancio complessivo deve essere destinato al management altrimenti non sei credibile perché falliranno gli obbiettivi. Sulla progettazione nazionale abbiamo appena vinto un finanziamento “Piano Città” per Falchera dove sono escluse le risorse per all’accompagnamento sociale e alla progettazione si finanziano solo gli appalti pubblici, come si arriva all’appalto pubblico e quali sono le relazioni col territorio non è prevista la spesa e questo è un modo sbagliato di concepire la rigenerazione urbana. La rigenerazione è una sommatoria di singoli interventi.”

9.Vi è una politica amministrativa per il recupero del patrimonio immobiliare pubblico? “Si ma questo esula dai concetti della rigenerazione urbana. L’approccio del patrimonio è da un lato valorizzare e poi cartoralizzare perché la Corte dei Conti ti chiede come è stato utilizzato il patrimonio però non sempre coincidono le visioni del Patrimonio con quelle della Rigenerazione Urbana.”

10.Quali sono gli strumenti della rigenerazione urbana ricorrenti? “Ve ne sono a bizzeffe però per ognuno di questi vi sarebbe da parlare molto, ad esempio per l’edilizia privata ci siamo inventati dei modelli amministrativi per imporre ai privati di riqualificare i condomini.[…]”


Elementi utili emersi dall’intervista DOMANDA 2: Attività profit per ottenere la sostenibilità economica; D. 7: Modello Cecchi Point come strumento di rigenerazione urbana; D. 10: Percorso che ha portato alla realizzazione del Cecchi Point; D. 13: Tipo di concessione in uso; D. 15: Vicinanza della politica; D. 16: Modalità di assegnazione degli spazi; D. 17: Finanziatori;

Davide Paglia Cecchi Point L’intervista a Davide Pallia158 ci ha trasmesso delle importanti indicazioni su come la politica a Torino gestisca e valuti le iniziative sociali di interesse per la città; è stato interessante capire in che modo l’Amministrazione ha creduto ed aiutato l’Associazione Campanile nella costruzione del progetto di casa del quartiere159 Cecchi Point. Altre indicazioni ci sono pervenute sulla gestione interna dei soggetti economici e sulle difficoltà che possono riscontrarsi nel raggiungimento della sostenibilità economica.

Cos’è il Cecchi Point? Il Cecchi Point è attivo dal 2002 lì dove in precedenza vi era l’officina di manutenzione del Comune di Torino. Il centro rappresenta un crocevia di persone del territorio e di opportunità in cui dare vita a nuove attività e far nascere idee nuove attraverso un calendario di eventi culturali eterogenei e l’organizzazione di laboratori e corsi accessibili da chiunque. Grazie al Comune di Torino, le Fondazioni Vodafone, Umana Mente (Allianz) e l’associazione Il Campanile ONLUS, nel 2009 nasce il progetto “Hub Multiculturale”. Nel 2010 subentra anche la Compagnia di San Paolo. Que-

73 ste realtà si sono impegnate in un importante progetto di ristrutturazione del Cecchi Point e nella creazione di un HUB multiculturale. L’obiettivo generale del progetto è la creazione di un HUB (fulcro, polo) che funzioni da catalizzatore e propulsore, come crocevia di persone e di opportunità, come spazio di promozione e di attivazione, come strumento di innesco di nuove relazioni con la città, come occasione di sperimentazione di un diverso modo di abitare la città. L’obbiettivo primario dell’HUB è l’incrocio tra contrasto del disagio dedicandogli lo “spazio educativo” e il protagonismo multiculturale tramite lo “spazio del protagonismo”. Per garantire il raggiungimento di tali intenzioni, l’HUB ha istituito un nuovo spazio chiamato “spazio atelier” che attraverso l’accoglienza di associazioni o altre attività commerciali prova a creare una nuova strategia di autofinanziamento

158. Davide Pallia è il Presidente dell’Associazione Campanile onlus che insieme ad altre associazioni gestiscono il Cecchi Point 159.

Le “Case del Quartiere”, presenti in quasi tutte le circoscrizioni di Torino, sono un progetto della Città di Torino finanziato dal Comune e da diverse fondazioni. Ognuna di queste Case del Quartiere è un “laboratorio per la progettazione e la realizzazione di attività sociali e culturali che coinvolge associazioni, cittadini, operatori artistici e culturali; è uno spazio aperto e multiculturale, luogo di incrocio, di incontro e di scambio di attività e persone”. fonte: www. casadelquartiere.it/

Edifici

D. 18: Problemi economici.


che contribuisca alla sostenibilità futura della struttura.

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Rilevamento realtà

Perchè intervistare Davide Pallia in merito al progetto di casa del quartiere “Cecchi Point”? L’esperienza del Cecchi Point rietra nel ventaglio di casi di riutilizzo da approfondire perchè rappresenta un processo portato avanti da una cooperativa di associazioni no profit grazie a fondi propri e ai finanziamenti di fondazioni e banche private. Le domande si sono concentrate sulla gestione economica delle attività ospitate e sul processo di trasformazione degli ambienti di quelle che erano delle officine di riparazione. L’indagine quindi era orientata a conoscere come un soggetto non pubblico può trasformare un eficicio di porprietà pubblica tramite finanziamenti misti pubblico-privato.

Intervista

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Introduzione Davide Pallia presidente associazione Campanile Onlus nata nel 1997 per gestire comunità per minori a rischio nella parrocchia di San Gioacchino. Nel 1999 l’associazione prende possesso del Cecchi Point prima d’allora a disposizione della comunità Valdocco. Il soggetto prevalente nel Cecchi Point è l’associazione Campanile che gestisce l’Hub.

1.Ideali, perchè iniziare l’esperienza Cecchi Point? “Nasce per rispondere alle richieste del territorio come spazio di incontro multiculturale. Essendo sito nel quartiere di Porta Palazzo il lavoro di incontro ed integrazione avviene sulla comunità extracomunitaria rispetto a quella locale. La mission è la costruzione di percorsi di relazione tra persone. […] Le altre agenzie che collaborano con l’Associazione Campanile hanno tutte una componente sociale nelle loro attività.”

2.Attività? “Attività sono orientate al sociale. Vi sono anche attività profit quali il ristorante e le Officine Creative che servono ad aiutare l’Hub a rendersi sostenibile. Nonostante siano attività profit sono improntate alla sostenibilità dell’Hub (il ristorante) e allo sviluppo sociale” (l’incubatore della imprenditoria giovanile).

3.Mission? “Ricerchiamo la contaminazione e l’integrazione culturale, fare relazionare l’anziano residente con l’extracomunitario immigrato. Tramite attività e feste organizzate al C.P. queste

persone possono venire a contatto. La mission è anche la contaminazione tra agenzie per un unico scopo quale una prospettiva diversa che aiuti a superare la crisi economica.”

4.Finalità comuni con altri soggetti? “Col comitato “Progetto The Gate”, col quale l’associazione Campanile ha collaborato fin dalla nascita dello stesso, condividiamo l’intenzione di dare vita ad una contaminazione tra le culture di chi vive a Porta Palazzo. Con le Politiche Giovanili, l’Assessorato all’Istruzione, l’Assessorato alle Politiche Sociali e con l’Assessorato all’Ambiente vi è stata una collaborazione fin dall’inizio dell’esperienza dell’Associazione Campanile.”

5.Evoluzione delle finalità? “Le finalità si sono evolute in funzione di come cambia l’equilibrio sociale e la popolazione all’interno del quartiere di Porta Palazzo.”

6.Connessione tra dinamiche sociali ed il Cecchi Point? “L’essere diventato un luogo di vita reale e di possibilità culturali diverse per il territorio rappresentano le principali influenze che il Cecchi Point riflette sul locale.”

7.Effetti sulle politiche urbane? “Avere spinto a parlare settori diversi della politica e confrontarsi con un progetto reale ha avuto un suo beneficio anche a livello politico. In questo momento le politiche urbane sono influenzate dalla situazione economica ma l’esistenza di un luogo come il Cecchi Point mette in condizione l’amministrazione di pensare ad un modo diverso, e con meno portafoglio, di fare rigenerazione urbana.”

8.Effetti sul territorio fisico? “L’intenzione è sempre quella di coinvolgere gli abitanti del quartiere che inizialmente vedevano il Cecchi Point come una minaccia. Col tempo e grazie alle attività svolte all’interno i frequentatori ed i vicini della struttura hanno imparato ad apprezzare l’opera di integrazione e coinvolgimento che tali attività raggiunto.”

9.Idea spontanea o sollecitata? “L’associazione Campanile già occupava la struttura del C.P. dal 1999 dalla parte del cortile piccolo. Nel 2009 l’associazione ha prefigurato al Comune la possibilità di abbandonare la struttura del Cecchi Point a causa della fatiscenza degli ambienti. In seguito a questo incontro il Comune ci ha invitato a partecipare ad un bando della Fondazione Vodafone legato a percorsi di relazione e sviluppo del territorio. Quei soldi più altri soldi messi da Umanamente, Compagnia San Paolo e l’associazione Campanile sono stati spesi per ristrutturare la struttura che ospita il Cecchi Point ed per comprare materiali. I lavori di ampliamento e ristrutturazione sono stati pensati anche in funzione di una sostenibilità futura dell’Hub.”

10.Meccanismo o storia alle spalle della realizzazione del Cecchi Point come lo conoscia-


“Il percorso che ha portato alla realizzazione del Cecchi Point è nato da una situazione già avviata che vedeva la presenza dell’associazione Campanile nei locali messi a disposizione dal Comune. Il Comune però ha messo in contatto le associazioni. La ristrutturazione l’abbiamo curata noi dell’Associazione Campanile. Tutti i contratti sono firmati a nome dell’Associazione Campanile che si è preoccupata di saldare i contratti. In un anno e mezzo i lavori di ristrutturazione erano terminati. Buona parte dei lavori sono stati fatti grazie all’aiuto di molti volontari senza costi aggiuntivi per l’amministrazione ed hanno interessato le Officine creative, le sale musica ed il teatro vecchio. I lavori a norma nella parte nuova che comprende uffici, la palazzina educativa, teatro, spazio polifunzionale e ristorante sono stati fatti con i soldi della ristrutturazione. La presenza, quindi, di molte agenzie ha portato a dover sistematizzare la struttura organizzativa con la creazione di un Tavolo di indirizzo composto da politiche di integrazione, politiche giovanili, settore istruzione e circoscrizione 7 , poi una Commissione gestionale composta da Associazione Campanile, Quintatinta, Videocomunity, Nuovi equilibri e Associazione Commercianti Aurora che si riunisce una volta al mese per prendere decisioni sull’Hub riguardo l’area educativa, l’area artistico/culturale e l’area economica. Ora ogni area ha una sua commissione e vi è anche una commissione economica con soggetti esterni che vigila sul Cecchi Point.”

15.Facilitatori/intermediari?

11.Quali gli elementi che hanno permesso la realizzazione del Cecchi Point? “In primo luogo il Protocollo d’Intesa tra Città di Torino e le fondazioni che hanno finanziato il progetto firmato dal Sindaco Chiamparino che assegnava ad un soggetto privato la delega alla realizzazione del progetto. La presenza di un soggetto quale l’associazione Campanile in possesso di una storia sul territorio e dei politici molto sensibili ha permesso la realizzazione dell’esperienza Cecchi Point.”

12.Vi sono altre esperienze simili alla vostra? “Tutte le Case del Quartiere anche se con presupposti diversi, ripetono gli stessi risultati seppur lavorando su quartieri e realtà diverse ma ognuno con la propria identità.”

13.Scalabile & ripetibile? “Si infatti stanno cercando di ampliarlo. E’ un modello replicabile. L’associazione ed il Comune si stanno preoccupando di istituzionalizzare il percorso.”

14.Concessione in uso o cosa? “Una concessione è un affitto. L’associazione Campanile più le altre agenzie occupano il Cecchi Point tramite una Messa a disposizione. Una prima forma di concessione era per 10 anni più 30 anni di destinazione d’uso di attività culturali. C’era una cabina di regia che però non faceva molto. Con la messa a disposizione il Comune e le fondazioni sono diventate parte del progetto. Così il Comune ha messo a disposizione della città i locali del Cecchi Point per fare un progetto sociale per la città. Tutto è stato validato dal Comune che rimane il responsabile ultimo delle attività svolte perchè ritiene il progetto del Cecchi Point sia di interesse per la città. In tal modo il Comune non chiede soldi ma paga le utenze in tal maniera è come se finan-

RED Rilevamento realtà

ziasse l’iniziativa.

“No. Nella fase di progetto ed ideazione l’assessorato delle Politiche d’Integrazione e Politiche Giovanili partecipavano a tutte le riunioni dove c’erano anche l’assessore Curti e l’assessore Leni. Si istituì così un rapporto diretto con la politica che si interessa in prima persona. Per stabilizzare il sistema c’è stata una burocratizzazione elaborando un protocollo d’intesa che ha prodotto la messa a disposizione. Il modello Cecchi Point è stato il primo di questo genere. Inizialmente c’era una concessione poi dopo un anno e mezzo si è evoluta in una messa a diposizione che è stata redatta cucendola addosso al progetto Cecchi Point.”

16.Come vengono assegnati gli spazi interni del Cecchi Point? “Inizialmente vi era un bando poi la cabina di regia avrebbe dovuto validare le candidature e quindi l’Associazione non se ne occupava. La cabina di regia non ha collaborato molto quindi l’Associazione si è mossa indipendentemente. Si è poi proceduto accettando candidature singole ed autoreferenziate. Qui non si pagano affitti ma si parla di partenariato e divisione delle spese. Chi occupa gli spazi entra nel progetto Hub e ne assume l’etica, partecipa alle riunioni e mette al primo posto il progetto sociale e successivamente la sostenibilità economica.”

17.C’è gerarchia nelle scelte? “La commissione gestionale ha sempre validato le proposte. Da settembre 2013 sarà introdotto il “consenso formale” che sostituisce la votazione per maggioranza con forme di discussione comune che giungono ad un unico responso. Vi sarà un esterno che guida e aiuta a validare.”

18.Ci sono finanziatori della prima ora ed in che rapporti siete? “Ottimi i rapporti con la Compagnia di San Paolo, che tramite il Progetto Case, mette soldi ogni anno come aiuto al raggiungimento della sostenibilità di bilancio. La fondazione Vodafone e Umanamente hanno finanziato il progetto una tantum.”

19.Chi vi fonisce supporto tecnico? “Ci rivolgiamo a degli studi privati.”

20.Problemi? “Il problema economico è quello primario, di seguito la costruzione del progetto comune di integrazione. E’ sempre stato difficile fare entrare soggetti nuovi nel progetto e fare capire loro l’etica dell’Hub e farli collaborare attivamente al progetto. In passato le agenzie e associazioni o privati che collaborano nel Cecchi Point hanno inasprito le proprie posizioni a causa delle difficoltà economiche ma la soluzione è sempre venuta dalla collaborazione degli uni con gli altri secondo l’etica dell’Hub.”

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mo oggi?


Elementi utili emersi dall’intervista DOMANDA 2: Obbiettivi dell’iniziativa; D. 4: Differenze in termini normativi tra proprietà pubblica e proprietà privata; D. 6: Utilizzo di pratiche informali per redigere linee guida per interventi urbani promossi dalle amministrazioni; D. 9: Rapporto con l’amministrazione e grado di influenza nelle scelte di questa; D. 12: Rapporto con l’amministrazione;

Edifici

D. 17: Utilizzo di uno spazio come forma di finanziamento.

76 160. Fonti: pagina Facebook del Bunker e pagina Facebook di URBE rigenerazione urbana

Eugenio Dragoni Variante Bunker L’intervista ad Eugenio Dragoni dell’Associazione URBE che gestisce il Bunker, chiarisce svariati aspetti legati alla riattivazone di un edificio rimasto inutilizzato per anni nonché i rapporti, che questo progetto, porta ad avere con la Città di Torino. La fortuna di URBE è stata il doversi relazionare con un privato che ha creduto nell’iniziativa diventadone socio. Dal punto di vista dei rapporti che l’Associazione ha col Comune è stato interessante notare che vi è sensibilità, comprensione e collaborazione, da parte dell’amministrazione comunale, verso tale realtà che sposa rigenerazione urbana con attività pubbliche, creative ed artistiche e profitto economico.

Cos’è l’Associazione URBE Rigenerazione Urbana? L’associazione culturale URBE - Rigenerazione Urbana nasce da un tavolo di giovani architetti, fotografi, operatori culturali e professionisti della comunicazione per osservare la città e individuare aree urbane dismesse o in via di trasformazione da (ri)abitare, progettare e valorizzare attraverso manifestazioni artistiche temporanee che curiosano nei campi della musica, dell’architettura, dell’arte urbana e delle arti visive. L’associazione URBE studia la città e propone esperienze itineranti a scadenza, con l’obiettivo di intervenire nel tessuto urbano reinterpretando il tema della riqualificazione fisica e sociale in chiave artistica. Il Bunker ospita iniziative di animazione sociale e culturale arte urbana, design, fotogra-

fia, teatro, musica, sport e circo, workshop e conferenze capaci di trasformare gli spazi industriali dismessi in luoghi di aggregazione a servizio della collettività.160

Perchè intervistare Eugenio Dragoni in merito al progetto “Variante Bunker”? Ci siamo avvicinati all’esperienza del Bunker per cercare di capire come nasce e si sviluppa un processo di rigenerazione informale di una zona ex industriale. L’edificio che ospita il Bunker appartiene ad un privato e ci interessava capire come, in tali processi, hanno interagito i sogetti autori dell’iniziativa e il proprietario, come il Comune si relaziona con l’operato dell’Associazione URBE, se tale iniziativa è scalabile e reiterabile e soprattutto scoprire se tale esempio di riuso può divenire un modello utilizzabile per altre operazioni.


Intervista. Introduzione Eugenio Dragoni è stato fin dall’inizio presente nell’associazione “URBE - Rigenerazione urbana“. Durante l’esperienza del Bunker si è occupato della gestione degli spazi, gestione del flusso delle persone, impianti elettrico e idraulico, permessistica e rapporti con le istituzioni. Ultimamente si è interessato della realizzazione degli orti.

1.Qual è la ragione sociale dell’associazione URBE? “Associazione culturale no profit. C’è un Presidente, una vicepresidente ma adesso stiamo creando un nuovo soggetto.”

2.Mission? Gli scopi che hanno generato l’esperienza di via Foggia prima ed il Bunker ora sono la “possibilità di gestire uno spazio in autonomia secondo delle regole conformi agli interessi dell’associazione URBE, un luogo dove si possano ospitare attività diverse sia notturne che diurne, ospitare concerti e spettacoli dando l’occasione a gente che non si potrebbe permettere di fare le stesse cose in altri posti. Altro motivo è la possibilità di fare serate e spettacoli molto differenti [...]. Vi è anche tutta la riflessione sull’utilizzo degli spazi inutilizzati che sono tanti e diversi [...].”

3.A chi sono rivolti gli spazi? “Gli spazi sono rivolti quasi a tutti, nel senso un po’ alla gente del quartiere che speriamo pian piano inizi a frequentare il posto, un po’ a nostri coetanei e amici, un po’ a sistemi culturali di associazioni simili e tendenzialmente cerchiamo di attirare un pubblico il più diverso possibile per ampliare il target [...]. Il bacino è composto da nostri coetanei che va dai 25 ai 35 anni.”

6.Connessione tra dinamiche sociali ed il Bunker? “Siamo vicino a scalo Vanchiglia e la variante 200 quindi ci sono delle funzioni future pensate dalla città e dal piano urbanistico che loro vorranno portare qua, in un certo senso vorremmo provare ad utilizzare questo spazio come un laboratorio di sperimentazione per portare già quelle funzioni. Se la trasformazione urbana volesse essere fatta su verde sport, creatività e artigianato [...] noi in un certo senso già stiamo cercando di far arrivare qua degli artigiani, degli artisti dando dello spazio e accogliendo dei progetti che possono esser trasferiti a fianco.”

7.Qual è l’importanza della localizzazione rispetto lo spazio che il Bunker ha a disposizione? “La localizzazione è fondamentale perchè in base allo spazio che hai puoi fare o non fare determinate attività. Il primo esperimento di questo progetto in via Foggia era fra le case ed i palazzi e quindi non potevi fare musica [...] e non si poteva fare gli orti.”

8.Dinamiche sociali auspicate? “Le dinamiche sociali auspicate sono quelle di offrire un posto di incontro e di socievolezza un po’ isolato dal resto della città dove non si creino problemi. Noi non abbiamo mai problemi di schiamazzi o di parcheggio perchè è una zona non congestionata, poi possiamo ospitare interventi artistici, l’uso artistico degli spazi in modo autonomo che già lo distingue da un luogo pubblico dove avremmo dovuto chiedere il permesso per ogni cosa questo invece è uno spazio di espressione autonomo ed è uno spazio di incontro socievolezza abbastanza libero.”

9.Effetti sulle politiche urbane?

“Per certi versi ci sentiamo un caso isolato perchè è un progetto autonomo ma non antagonista quindi c’è meno connotazione politica o partitica di molti centri sociali o altri spazi di questo tipo. Il fatto che sia concesso da un privato, [...], ci rende più indipendenti perchè gli spazi quando sono dati in concessione dal pubblico tendenzialmente devi dargli una finalità o un taglio [...]. Altre realtà cosi non ci sono ma siamo vicini come ragionamenti a tutti quelli che fanno quei ragionamenti su progetti di riqualificazione o di orti urbani o gallerie culturali o musei indipendenti. C’è tutta una rete di realtà simili.”

“Siamo in confronto con la città ed alcune delle cose che abbiamo scritto o che abbiamo chiesto nel corso degli ultimi due anni le stanno inserendo dentro le normative della variante 200 quindi usando un po noi, non come cavia, ma noi gli spieghiamo cosa facciamo, quali sono i problemi riguardo questo e quell’altro e loro stanno cercando di modulare la convenzione che stiamo stipulando con loro (si intende il Comune di Torino).” - C’è uno scambio costruttivo? - “ si abbastanza, noi più che trovare dei compromessi facciamo delle cose a nostro rischio, è questo il compromesso. Delle cose le facciamo di nostra iniziativa e nel frattempo cerchiamo di confrontarci con loro però accollandoci dei rischi e al tempo stesso chiedendo a loro cosa si può fare, cosa non si può fare quindi con un dialogo abbastanza fitto. Tanti altri progetti simili o di questo tipo con cui ci siamo confrontati abbiam sentito che si sono molte più difficoltà di dialogo con le istituzioni.”

5.Evoluzione delle finalità?

10.Effetti sul territorio fisico?

“Tendenzialmente stiamo continuando a far crescere il

“Sul territorio fisico vi sono degli effetti quali il rumore che

4.Finalità comuni con altri soggetti?

RED Rilevamento realtà

Stabilimento ex SICMA (Società Italiana di Costruzioni Molle e Affini) entrato in attività negli anni Venti e in disuso dal 2007.

Bunker finchè lo spazio ha della potenzialità, nel senso che cerchiamo di aggiungere funzioni o contenuti in funzione del bilancio economico e in base allo spazio che c’è.” Determinate attività, quali il bacino del Wake o l’apicoltura, sono venute fuori anche dalla proposta di singoli soggetti che hanno dato i mezzi per realizzarle.

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Cos’era?


RED Rilevamento realtà Luca Cretella Gian Maria Mazzei

facciamo e perciò le case vicine si lamentano per la musica però la via di accesso che è una via cieca quale via Paganini, era una matassa di verde incolto e spazzatura e venivano un po’ i tossici, un po’ le prostitute che adesso non vengon più perchè c’è gente che va e viene.” - Quindi create della rigenerazione? - “ si, non moltissimo perchè è solo una via cieca. E’ una cosa che deriva da una connotazione fisica, se il Bunker fosse affacciato su una piazza avrebbe avuto un effetto diverso, un rapporto diverso con le persone magari più problematico o magari migliore.”

14.Vi sono altre esperienze simili alla vostra?

11.Meccanismo o storia alle spalle della realizzazione del Bunker come lo conosciamo oggi?

15.Concessione o locazione da Privato?

“Abbiamo incontrato il proprietario dell’area perchè avevamo un amico in comune. Il proprietario frequentava via Foggia e già sapeva cosa facessimo [...]. Dopo i primi quattro mesi durante i quali il Bunker è stato gestito in modo super temporaneo il proprietario si è dimostrato interessato a portare avanti l’iniziativa e ora stiamo collaborando con Lui. Dal punto di vista dell’iter c’è stato più o meno lo stesso iter di via Foggia ovvero pulire gli spazi, metterli in sicurezza, parlare col Comune e descrivergli il progetto richiedendo il patrocinio al Comune che non da contributi.”

12.Quali gli elementi che hanno permesso la realizzazione del Bunker?

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“Il riconoscimento della città attraverso il patrocinio è già una condizione quasi giuridica. Tutto quello che facciamo lo spieghiamo, lo comunichiamo, non cerchiamo di farci gli affari nostri di nascosto. La richiesta del patrocinio è fatta all’assessorato del Commercio, della Cultura, dell’Urbanistica ai quali chiediamo i permessi. Il dialogo è abbastanza continuo. Per quel che riguarda le licenze queste sono temporanee perchè il posto non è adatto per avere licenze stabili e le licenze temporanee ci vengono concesse anche perchè abbiamo il patrocinio. [...] Adesso stiamo lavorando ad un documento che è una sorta di convenzione con la Città per sbloccare le destinazioni d’uso che sono bloccate essendo questa una zona di trasformazione urbana, quindi qui si può fare artigianato, industria e magazzinaggio. [...] Le destinazioni d’uso future saranno abitative, commercio, cultura, sport e stiamo cercando di farci concedere queste destinazioni d’uso già previste per il periodo di trasformazione. Al posto che tenerlo fermo e bloccato vogliamo potere fare quelle cose che la città ha già deciso che farà. A livello di normativa urbanistica serve un documento che certifichi che determinate funzioni sono solo anticipate ed è un documento che stiamo facendo principalmente con l’assessorato all’Urbanistica.”

13.Come sono i rapporti con atri attori quali associazioni, agenzie o con cui collaborate? “Con le associazioni, di solito, collaboriamo saltuariamente, con gli artisti abbiamo dei rapporti di natura diversa. Cerchiamo di corrispondere loro un ingaggio e di coprire le spese. Accogliamo installazioni di associazioni secondo un rapporto molto amichevole. [...] Altri attori sono il proprietario che rappresenta una società che ha comprato questa area in attesa della trasformazione, poi le istituzioni quali diversi assessorati e nessun altro soggetto coinvolto continuatamente. C’è un sistema di reti, di fondazioni e musei con i quali collaboriamo.”

“C’è ne una molto bella a Favara che si chiama “FarmCultural Park” che ha aperto la settimana scorsa (luglio 2013) ed è da qualche mese che facciamo dei lavori con loro. Spazi simili che siano di privati dove si possano fare attività culturali non ce ne sono molti, ad esempio c’è sempre un po’ di antagonismo con i centri sociali invece altri luoghi selezionati dalla Fondazione Pistoletto sono realtà un po’ più piccole.”

Il Bunker non è uno spazio dato in concessione dal comune bensì è un operazione di locazione da Privato. “All’inizio vi è stato un comodato di uso gratuito per usare degli spazi inutilizzati o sottoutilizzati. [...] Adesso siamo in società con il proprietario, Lui mette gli spazi ed abbiamo un accordo economico. Siamo soci.”

16.Ci sono finanziatori della prima ora ed in che rapporti siete? “Il Bunker è autofinanziato attraverso il bar, le serate e gli spettacoli.” All’inizio l’attività è stata finanziata tramite “fondi che abbian messo noi e fondi che ha messo il proprietario.”

17.Che modello adottate per gestirvi economicamente? “Il modello è l’autofinanziamento più un finanziamento del proprietario che non mette soldi bensì lo spazio. Le attività degli orti e le attività del wake dovranno essere a bilancio zero da qui a tre anni. Così come l’uso degli altri capannoni che ospitano il fabbro, il ponteggista, Lui (ci si riferisce al proprietario) è disponibile a togliere quelle funzioni per sostituirle con delle funzioni che abbiano più a che fare con quello che facciamo noi ma solo se il conto economico rimane uguale.”

18.Democrazia interna? “Esistono dei momenti di confronti interni all’associazione, esistono dei momenti di confronto col proprietario e poi esistono dei momenti di confronto con gli assessorati in delle riunioni di cui parliamo delle varie attività.”

19.Forme di trasparenza? “Una di quelle cose che stiamo facendo un po’ poco perchè siamo sempre impegnati a fare delle serate o con i lavori o con la gestione economica o nei momenti di confronto col proprietario. Tramite Facebook potremmo proporre una giornata di confronto in cui ricevere critiche, non so quanta gente verrebbe, non so quanto desiderio di dialogo ci sia.”


Elementi utili emersi dall’intervista DOMANDA 2: Politica di incentivi tramite un canone di locazione gratuito; D. 6: Convenienza per le imprese nel locarsi una vicino l‘altra; D.7: Rapporto con l‘amministrazione e tipo di concessione; D. 9: Obbiettivi dell‘iniziativa come forma di rigenerazione urbana; D. 12: Gestione dei rapporti tra soggetti economici cui è diretta l‘iniziativa; D. 14: Stato giuridico dell‘immobile utilizzato; D. 15: Ragione sociale del soggetto affidatario; D. 17: Investimento economico da parte dei soggetti economici cui è diretta l‘iniziativa;

Fabrizio Casetti Spazio Grisù

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D. 21: Rapporto con l‘amministrazione concedente;

Cos’è lo Spazio Grisù?

D. 22: Rapporto con la Corte dei Conti;

L’idea è di riconvertire uno spazio dismesso, di proprietà della Provincia di Ferrara, la ex-Caserma dei Vigili del Fuoco di Ferrara (5.000 mq.), nel futuro “Spazio Grisù”, un incubatore per imprese creative d’eccellenza, ferraresi e non, per dare uno spazio a chi non ce l’ha ancora ma se lo meriterebbe. La finalità è quella di agevolare l’espansione di realtà imprenditoriali avviate da poco ma potenzialmente in forte crescita e, successivamente, avviare start up di imprese creative, dando gli spazi in gratuità. Il progetto si propone di riportare periodicamente in città eccellenze ferraresi che ora lavorano con successo all’estero, ma anche di invitare eccellenze internazionali interessate ad uno scambio con la creatività italiana, soprattutto coinvolgendo paesi emergenti in espansione, come Brasile, India e Cina (da alcuni di questi paesi si sono già avuti forti segnali di interesse per il progetto). Le potenzialità in termini di sviluppo e visibilità per la città e per la Regione Emilia-Romagna sono evidenti dato l’altissimo livello di interesse in ambito europeo per il binomio cultura/sviluppo e per il recupero di spazi dismessi.162

D. 28: Importanza degli stakeholder.

L’intervista a Fabrizio Casetti161 ci insegna che rigenerare un edificio dismesso di proprietà pubblica, creando un polo che genera economia e indotto per il territorio, facilitando imprese creative, nell’ambito di un discorso di rigenerazione urbana senza l’investimento di capitali da parte di Enti o amministrazioni pubbliche, è possibile.

161.

Fabrizio Casetti è il Presidente dell’Associazione Grisù che gestisce lo Spazio Grisù

162. https:// www.facebook.com/ SpazioGrisu/info http://spaziogrisu.org/ la-mission/

Edifici

D. 18/19: Normativa sul trust;


Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Rilevamento realtà

Perchè intervistare Fabrizio Casetti riguardo l’esperienza dello Spazio Grisù? Abbiamo intervistato Fabrizio Casetti perchè il processo di trasformazione che ha portato alla realizzazione dello Spazio Grisù è l’esempio di riattivazione edilizia più vicino al meccanismo che proponiamo. Ci interessava conoscere come è nata l’idea di portare una ex caserma dei Vigili del Fuoco a diventare una “factory creativa” e quale è stata la scelta politica grazie alla quale la Provincia di Ferrara ha avallato tale progetto. Le nostre domande si sono concentrate anche sulle soluzioni amministrative e giuridiche che hanno permesso la realizzazione del progetto ed anche quali sono gli indirizzi gestionali ed economici che hanno permesso la realizzazione dello Spazio Griusù.

Intervista

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Introduzione “Sono Fabrizio Casetti, Presidente dell’Associazione Grisù che ha avuto in gestione l’immobile ex Caserma dei Vigile del Fuoco di Ferrara rinominato “Spazio Grisù”.”

1.Cos’è l’associazione Grisù e da chi è composta? “L’associazione Grisù è composta da quindici persone, sul sito dello Spazio Grisù vi sono i nomi e cognomi. Facciamo quasi tutti lavori differenti perchè abbiamo voluto avere un panorama e un ottica più ampia possibile per meglio valutare le domande di candidatura delle imprese allo Spazio Grisù. Le imprese culturali creative sono tutti quei mestieri che non sai spiegare a tua nonna per cui devi avere qualcuno che sia più o meno esperto in quella cosa lì e che quindi possa valutare la plausibilità o meno del progetto.”

2.L’associazione Grisù svolge attività di facilitazione per le start up? “La facilitazione non tanto per le start up ma piuttosto per le imprese perchè per fare facilitazione per le start up hai bisogno di capitali invece noi siamo dei facilitatori o acceleratori nel senso che un impresa che si è già costituita da tempo e voglia fare un passo avanti ha la possibilità, presso lo Spazio Grisù, di risparmiare sull’affitto, di entrare nella rete di Spazio Grisù conoscendo e avendo contatto con le altre imprese ospitate dallo Spazio e ricevere il supporto della rete di stakeholder che abbiamo attivato.”

3.Raccogliete delle quote associative? “Per adesso raccogliamo solo quote associative simboliche ma stiamo studiando il metodo per allargare l’utilizzo dell’immobile non solo alle imprese insediate ma anche a

parte della cittadinanza.”

4.Da chi è composto il Consiglio Direttivo? “Siamo i dodici fondatori che valutano le dinamiche e le situazioni che si vengono a creare all’interno dello Spazio.”

5.L’idea di realizzare lo Spazio Grisù è stata spontanea? “L’idea è venuta a me e non è stata sollecitata da soggetti esterni. Io mi occupo di edilizia e conoscendo varie persone, con mia moglie, abbiamo capito che vi era la necessità di fare qualcosa, sporcandosi le mani e buttandosi a far qualcosa. Non appena abbiamo lanciato il sasso abbiamo trovato tantissima gente disposta a venire per spazzare per terra o potare gli alberi senza chiedere nulla in cambio, semplicemente per il gusto di potere dire di far parte di qualcosa che nasce.”

6.Che cos’è una Factory creativa? “Il nome ha una componente anglofona che aiuta a rendere l’idea. Qui volevamo fare qualcosa orientato alle imprese, siamo forse stati i primi in Italia a pensare al recupero di spazi dismessi come luogo di produzione quindi luogo per le imprese. Le imprese che traggono maggior vantaggio dalla vicinanza l’una con l’altra e dal fatto di essere a contatto gomito a gomito sono le imprese culturali creative. La creatività è l’ambito in cui si sviluppano maggiormente le start up in cui le giovani imprese cercano di avviare delle attività. Queste imprese vanno dallo studio di Architettura anche all’artigiano evoluto, ai nuovi media, alla realtà aumentata, alle case editrici e sono tutte quelle che sono ad impatto zero e possono rimanere in centro storico. Questa soluzione era l’ideale per questo tipo di spazio ed è anche quello che ci permette di raccogliere intorno a noi il maggior numero di cervelli in fuga, la nostra intenzione era anche quella di evitare che persone disposte ad investire ma che necessitino di strumenti e opportunità che Ferrara non propone, evitassero di andare via. Abbiamo cercato di creare un luogo che incentivasse a rimanere e che fosse addirittura attrattivo.”

7.Come l’Associazione Grisù ha reso un ex Caserma dei Vigili del Fuoco un polo di imprese creative? “Alla nascita dell’idea sono state studiate possibili soluzioni, se vai sul sito scopri che siamo dodici persone completamente diverse con interessi diversi in modo da potere avere una visione più ampia possibile della cosa, dopo abbiamo chiesto alla Provincia di Ferrara di prestarci l’immobile ed il grosso vantaggio è stato che l’immobile fosse in vendita. Noi abbiamo accettato un contratto chiamato “Comodato d’uso precario” che vincola noi nel caso l’immobile venga venduto o nel caso in qualche maniera ci siano altre priorità per la Provincia, noi dobbiamo uscire. Questa situazione crea vantaggio per tutti perchè in questa maniera la Provincia non è vincolata e non ha problemi anche con l’assegnazione perchè ce lo può revocare quando vuole e perciò non ha dovuto fare il bando ma ha semplicemente valutato il progetto ed in base a questo ha valutato se assegnarcelo o meno.”

8.Avete ricevuto l’ex Caserma dei Vigili del Fuoco di Ferrara in concessione o in comodato


9.Mission alla base della creazione dello Spazio Grisù? “Le mission sono varie, il tutto era nato per giovani architetti perchè un giovane architetto per ritagliarsi uno spazio sul mercato ha bisogno di una sede di rappresentanza e per quanto sia bravo una sede è importante perchè il cliente quando arriva deve essere accolto in uno spazio che dia lustro. Questo non succede e porta ad avere delle grosse spese per aprire uno studio quindi abbiamo pensato come fare per agevolare e aiutare chi volesse mettersi in proprio. Abbiamo visto che uno degli scogli era trovare una sede e quindi abbiamo pensato ad uno spazio a basso costo di rappresentanza con un certo numero di benefit al costo più basso possibile. Questa era la prima intenzione ma ci siamo resi conto che stavamo avviando un esperimento socio economico perchè è una riattivazione del quartiere. Questa è una zona residenziale che sta diventando abbastanza morta vicino alla stazione e stava diventando un quartiere critico, riattivandolo e facendo in modo di avere più movimento nel quartiere questo si rivitalizza ed aumenta la sua socialità. L’esperimento ha anche un aspetto economico perchè dato che volevamo dare vita a questo progetto e non avevamo soldi e non avevamo tempo per aspettare i finanziamenti abbiamo deciso di partire, il nostro motto è “il miglio modo di cominciare è cominciare” e quindi siamo partiti senza soldi cercando sponsorizzazioni tecniche facendo in autoproduzione tutto quello che si poteva. Abbiamo cercato sponsorizzazioni e ad esempio necessitando di bagni chimici la SEBA di Ferrara ci ha dato gratuitamente bagni chimici e noi la pubblicizziamo e li manuteniamo. Così per altre forniture quali vernici.”

10.I soggetti ospitati dallo Spazio Grisù sono vincolati a rivolgersi alla rete di stakeholder creata da voi? “Non vi è alcun vincolo di questo genere, diciamo che ci sono [...] dei trattamenti particolari tra tutti gli stakeholder e le imprese. Diviene automatico per le imprese rivolgersi a questi stakeholder perchè questi sono già informati su cos’è e come funziona lo Spazio Grisù. Vi sono due istituti bancari ed un agenzia di assicurazione che fanno parte degli stakeholder e che riservano una particolare attenzione a tutte le imprese locate presso lo Spazio Grisù che decidono di rivolgersi a loro.”

11.Secondo quale formula burocratica vengono assegnati gli ambienti dello Spazio Grisù? “Noi abbiamo fatto un bando, sempre aperto, scaricabile dal sito. Accettiamo sempre richieste perchè gli spazi sono abbastanza dinamici e quindi vogliamo trovare sempre nuove imprese che si possono insediare in più tutte le risposte al bando vengono vagliate dal Consiglio Direttivo e chi ha inviato quelle che sono state considerate plausibili, viene convocato per un colloquio privato per conoscere la reale compatibilità con le dinamiche dello Spazio Grisù e la fattibilità del business plan. Alla prima tornate su 54 domande sono state selezionate 18. I criteri di selezione sono molteplici: innanzi tutto dovevano essere imprese culturali creative che avessero una dose di innovazione ed

RED Rilevamento realtà

“E’ in comodato d’uso gratuito precario per 5 anni. L’abbiamo ricevuto dalla Provincia di Ferrara.”

un approccio meritocratico, avere le spalle larghe economicamente parlando e la compatibilità con la mission dello Spazio. Abbiamo detto a tutti gli occupanti che ciò che loro danno allo Spazio deve essere di più di quello che ricevono perchè qui il progetto è fondato sulla sinergia che viene a crearsi tra tutti gli ospiti.”

12.In che modo gestite la democrazia interna tra i soggetti ospitati dallo Spazio Grisù? “Non esiste democrazia interna. Una delle cose che è stato richiesto dall’inizio è la presenza di un Consiglio Direttivo forte che in qualche maniera potesse regolare e regolamentare la vita qui dentro. Quando abbiamo cominciato il progetto, per sapere come mettere giù la normativa di convivenza qui all’interno, abbiamo contatto due streat artist di Bologna conosciuti come Pea Brain e Cane Cotto che hanno vissuto per tanti anni in spazi occupati, hanno fondato il Link di Bologna e hanno esperienza pluridecennale di vita all’interno di spazi occupati e di comunità che vivono all’interno di spazi occupati e di conseguenza da loro ci siamo fatti dire come deve regolarsi la società civile in uno spazio occupato e che dinamiche può avere. Loro pur essendo artisti anarchici ci hanno confidato che serve un direttivo con poche regole ferree però molto veloce nelle decisioni proprio perchè le dinamiche sono talmente veloci e fluide che caso per caso ci deve essere un giudizio salomonico che possa regolamentare la cosa. Questo alle aziende è piaciuto molto e da una certa sicurezza perchè si sa che la vita sarà comunque complicata, si vivrà gomito a gomito allora si deve avere della buona convivenza seguendo il principio di disturbare il meno possibile l’altro e di essere tolleranti nei confronti di questo disturbo. Nel caso ciò, per qualche motivo non possa succedere, nel contratto con le imprese vi è una clausola che impone, su giudizio del Consiglio Direttivo, l’allontanamento delle aziende senza rimborso dei lavori effettuati.”

13.Il modello Spazio Grisù, a suo giudizio, può essere replicato in altre realtà? “Secondo noi è possibile impiantarlo in tanti altri spazi, quello che è importante [...] è capire il genius loci. Ferrara avendo bisogno di uno spazio dove la gente potesse provare a crearsi un lavoro, si è prestata maggiormente per questo tipo di esperienza. Altri modelli simili che abbiamo visto in giro per l’Italia, sono nati intercettando sempre bisogni locali specifici. Ad esempio Cascina Cuccagna e Macao a Milano oppure Spazio senza filtro di Bologna sono realtà che hanno alla base l’idea di un gruppo di persone che decide di sacrificare il proprio tempo per cercare di mettere in piedi qualcosa mettendoci la faccia. Qui noi tutti abbiamo garantito all’amministrazione e agli stakeholder il progetto.”

14.Se l’ex Caserma dei Vigili del Fuoco di Ferrara non fosse stata in vendita si sarebbe potuto realizzare lo stesso lo Spazio Grisù? “Sarebbe stato più difficile perchè si sarebbe dovuto passare per la prassi normale. Ad esempio in Olanda vi sono dei contratti anti squatter in cui tu sei custode dell’immobile nel quale puoi lavorare e risiedere ad un costo bassissimo in cambio devi mantenere e manutenere l’immobile ed hai il vincolo per cui se il proprietario te lo chiede devi lasciare immediatamente l’immobile. I contratti sono modulati caso per caso ma dato che lo fanno in Olanda e la normativa europea è quella allora lo si dovrebbe poter fare

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Luca Cretella Gian Maria Mazzei

d’uso?


Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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anche in Italia. Ciò che stiamo studiando per la replicabili dell’esperimento è fare in modo che si possa avere una legislazione flessibile caso per caso. Bisogna potere trovare il modo di fare incontrare il bisogno dell’amministrazione pubblica di togliersi il peso della manutenzione degli immobili con il bisogno delle associazioni di potere avere in maniera remunerativa la gestione di un immobile.”

15.Per beneficiare della struttura che ospita lo Spazio Grisù vi era altra strada che costituire una associazione no profit? “Fra le varie soluzioni è stata la più semplice e la più immediata, si poteva costituire una cooperativa o un consorzio però a noi sembrava più importante mettere in risalto il fatto che siamo una associazione no provit. Qui lavoriamo tutti volontariamente, investendo il nostro tempo e non vogliamo avere un ritorno. In sintesi una no profit che aiuta delle profit.”

16.Avete dovuto redigere un piano di sostenibilità economica prima di avviare l’esperienza dell Spazio Grisù?

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“No perchè essendo un comodato d’uso precario non v’era necessità. Nel contratto che abbiamo redatto con la Provincia vi è scritto che se il progetto funziona noi restiamo nell’ex Caserma dei Vigili del Fuoco di Ferrara se non funziona o se la Provincia vede che quello che facciamo non è di suo gradimento noi sgomberiamo ed il progetto finisce.”

17.Ma non avevate fatto delle valutazioni rispetto quelle che sarebbero state le spese e l’eventuale ritorno economico? “Tramite i differenti mestieri di molti degli associati, abbiamo valutato l’immobile, abbiamo visto che strutturalmente era messo bene gli interventi che vi erano da fare erano tutti in edilizia libera quindi sistemazione, pulizia, sgombero, imbiancatura e altre cose del genere, non si richiedevano grossi interventi per cui era compatibile con il tipo di progetto che volevamo fare. Noi pensiamo che ogni impresa che entra in uno spazio essa riservato debba fare un investimento attorno ai 5000 euro perchè deve pulirsi lo spazio, farsi l’impianto certificato etc. Vi sono poi alcune che hanno delle possibilità di investimento maggiore e vanno un poco oltre la semplice risistemazione e messa a norma. Tutte le imprese hanno prima fatto dei sopralluoghi, valutato gli interventi tramite dei loro tecnici e quindi considerato la fattibilità del progetto.”

18.Qual è stato l’iter che ha permesso nel tempo di perfezionare i termini del comodato? “Premesso che abbiamo appena iniziato, cioè un anno, stiamo studiando adesso i possibili sviluppi del comodato. L’ideale sarebbe l’introduzione della normativa sul trust.”

19.Sfruttate la normativa sul trust? “Il trust ha la possibilità di essere molto personalizzabile, in questa maniera si può creare un accordo tra le due parti specifico per l’iniziativa che si vuole fare, specifico per l’immobile e per l’amministrazione in modo da tutelare anche il conduttore della concessione e trovare il punto d’ac-

cordo fra i due. Nel caso specifico l’immobile che ospita lo Spazio Grisù è di proprietà dell’amministrazione provinciale ma potrebbe essere proprietà di un provato e dato che la figura giuridica del proprietario può essere molto variabile, caso per caso bisogna trovare il modo per trovare il punto di unione altrimenti gli immobili inutilizzati rimangono così come sono. E’ stata fatta una stima e in Italia, di immobili di questo tipo inutilizzati, ve ne sono circa 2 milioni.”

20.Vi sono stati degli intermediari che hanno perfezionato il processo di concessione? “La Provincia di Ferrara con i suoi tecnici sta studiando tutte le varie clausole dal suo punto di vista poi abbiamo come sponsor tecnici alcuni avvocati e magistrati che stanno studiando dal nostro punto di vista come potersi avvicinare il più possibile e quindi trovare la quadratura del cerchio e raggiungere un punto d’accordo. Lì bisogna essere molto competenti per quello che riguarda tutti i vincoli burocratici proprio perchè lì si trova la strada per poterne uscire, le normative sono molteplici e caso per caso sono specifiche.”

21.In che rapporti siete con la Provincia di Ferrara? “Ottimi perchè in pratica noi gli stiamo mettendo a posto l’immobile a costo zero per loro e a costo contenuto per noi. Il nostro format è che ogni impresa che si insedia all’interno dello Spazio Grisù deve ristrutturarsi il proprio spazio. Le spese di ristrutturazione possono sembrare un ostacolo ma invece possono adattarsi gli spazi a loro piacimento. Durante esperienze precedenti fatte con incubatori di imprese avevamo notato che in uno spazio già ristrutturato, secondo canoni standard, poi nella realtà non va bene a nessuno.”

22.In che rapporto siete con la Corte dei Conti? “Questo è il grosso ostacolo per tutti questi tipi di progetti. Per noi è stato un vantaggio che l’immobile fosse in vendita e che riamane in vendita, perchè in questa maniera l’immobile rimane a disposizione della Provincia di Ferrara per cui non abbiamo problemi con la Corte dei Conti in più noi glielo rivalutiamo. Abbiamo già fatto un consuntivo, proprio per la Corte dei Conti, in cui abbiamo visto che a fronte di un investimento da parte dell’associazione di circa 950 euro l’immobile è già stato rivalutato per oltre 711 000 euro perchè ognuna delle imprese dentro ha anche semplicemente ripulito, sgomberato, rifatto l’impianto pertinente lo spazio assegnato. Molto è stato fatto in autocostruzione, il cortile era pieno di macerie ed è stato sgomberato da noi, già per lo sgombero dell’edificio erano stati preventivati 7 000 euro che sono stati risparmiati grazie all’uso che il privato ha fatto dell’edificio pubblico. La Provincia ne sta traendo vantaggio, adesso stiamo studiando come potere andare oltre i 5 anni giustificando la cosa alla Corte dei Conti perchè per i primi 5 anni la concessione può essere intesa come una agevolazione per le start up poi bisogna giustificare il mancato introito. Adesso stiamo cercando, in base alle norme, di trovare la strada per potere continuare ad utilizzare l’immobile anche dopo i primi 5 anni.”

23.Vi sono finanziatori del progetto Spazio Grisù e se vi sono in che rapporti siete? “Di finanziamenti non ne abbiamo, li stiamo cercando ma, visto che è neanche un anno che abbiamo cominciato, non ne abbiamo ancora trovati. Stiamo cercando finanziamenti


“Abbiamo cercato tutti i tecnici che sapessero com’è la situazione da questo punto di vista ed abbiamo chiesto loro cosa c’era da fare. Non abbiamo scelto ne la strada del confronto ne del conflitto. Siamo partiti direttamente con la collaborazione [...] perchè anzichè redigere un progetto di agibilità e mandarlo al Comune per farlo validare abbiamo direttamente convocato l’ispettore e abbiamo chiesto a lui cosa c’era da fare e ci siamo resi conto che ciò che c’era da fare era completamente diverso da quello che avevamo preventivato e se avessimo seguito la procedura normale avremmo fatto un gran lavoro che alla fine non sarebbe risultato corretto. Anche per le altre situazioni burocratiche ci regoleremo nella stessa maniera.”

25.Chi vi fornisce consulenza tecnica? “Attualmente abbiamo uno studio tecnico che sta redigendo i progetti per l’impiantistica, abbiamo un avvocato e un magistrato che si occupano di ciò che riguarda le normative, abbiamo un architetto che sta seguendo le normative riguardanti l’insediamento delle aziende, i permessi etc. e abbiamo tutti i tecnici del Comune di Ferrara e della Provincia di Ferrara che ci danno consulenza. Dato che nessuno può sapere tutto noi raccogliamo il parere di tutti in modo da potere avere un quadro completo.”

26.Che problemi avete incontrato durante l’esperienza dello Spazio Grisù? “Finora pochi. Uno dei problemi può essere spiegare perchè crediamo in questo progetto visto che molti ce lo chiedono, altre difficoltà forti non vi sono. Ogni problema viene affrontato volta per volta e risolto. Un problema grosso può riguardare una parte dell’immobile che necessita di un intervento consistente ma ce ne occuperemo per ultimo.”

27.Vi sono state attività che seppur apprezzabili nella teoria si sono rivelate sbagliate nella pratica? “Siamo partiti senza fare della grossa teoria adattando il progetto volta per volta così come veniva, adesso stiamo valutando, ed è ciò che richiede un pò più di riflessione, l’attivazione di uno spazio coworking, dato che abbiamo dei grossi spazi al primo piano, che però richiede un ragionamento più lungo per quello che riguarda l’attivazione dello spazio, la gestione ed anche la ristrutturazione quindi o decidiamo come associazione di investire e metterlo a posto noi oppure troviamo qualche investitore che sia interessato allo spazio ma anche questa opportunità risulta complicata.”

28.Si può arrivare ad una burocratizzazione standard di ciò che è fuori dallo standard? “Si può trovare una road map per fare in modo di rassicurare gli Enti pubblici della fattibilità del progetto ed anche, nel

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24.Come avete gestito tutti gli aspetti legati al rispetto di normative, collaudi, autorizzazioni, permessi?

caso in cui il progetto fallisse, trovare una soluzione per cui la strada si possa correggere e questa è un opzione già richiesta dalle amministrazioni pubbliche. Altra procedura da definire sarebbe utilizzare il tecnico comunale non per verificare il progetto bensì per farti spiegare prima cosa c’è da fare [...].”

29.Avete relazioni dirette o partnership con altre realtà locali? “Qui a Ferrara insieme a noi sono nate altre realtà come Bunder Cammer che è uno spazio gestito da una cooperativa di varie assciazioni che stanno cercando di attivare un cooworking, c’è un altra associazioni dal nome “Città della cultura, cultura della città” che fanno interventi urbani quindi riattivazione di spazi dimenticati con eventi estemporanei e quindi ognuna di queste realtà ha un proprio filone ma con una condivisione delle iniziative di modo che, quando vi è la possibilità, attiviamo delle sinergie.”

30.E’ importante fare network tra le diverse realtà cittadine? “E’ fondamentale, noi siamo partiti dalla rete e prima ancora di partire con lo spazio abbiamo creato una rete di stakeholder. Tutti coloro che erano interessati al progetto e che potevano trarne qualche vantaggio li abbiamo prima tutti coinvolti e abbiamo chiesto a tutti di inventarsi autonomamente delle iniziative che potessero venire a vantaggio dello Spazio Grisù. Quello che facciamo sia con le aziende che con le amministrazioni ma anche con le associazioni di categoria è di andare a chiedere loro che vantaggio possono avere loro nell’affiancarsi a Spazio Grisù, cosa possono dare loro allo Spazio di modo da creare delle partnership, anche perchè in questo modo tutti danno quello che possono ma non c’è una richiesta. Il nostro format non è di stabilire cosa ci serve e cercare chi ce lo dia ma andare a vedere cosa ci possono dare e sfruttare al meglio ciò che incontriamo. E’ una metodologia chiamata “lighter quicker cheaper” ovvero fare quello che si può con quello che abbiamo il più velocemente possibile.”

31.Come definite la differenza tra stakeholder ed impresa? “Le imprese locate nello Spazio Grisù sono soggetti che noi aiutiamo, gli stakeholder sono tutte le altre figure che ruotano attorno che non sono direttamente dentro lo Spazio Grisù ma che vogliono usare lo Spazio per una qualche loro soddisfazione sia di immagine e sia partecipativa.”

32.Considerazioni libere? “Il progetto sta crescendo molto velocemente, abbiamo intercettato un bisogno che era molto presente nella società non solo a Ferrara perchè in questi mesi siamo stati contattati da tantissime associazioni ed Enti pubblici per conoscere la nostra esperienza perchè è un percorso fuori standard e nell’amministrazione pubblica fare le cose fuori standard è sempre un po’ difficile. [...] Sarebbe estremamente interessante avere un ufficio comunale al quale persone interessate ad attivare un iniziativa possano rivolgersi trovando consulenza e spiegazioni su qual è l’iter burocratico da seguire per realizzare un dato evento. L’approccio dovrebbe essere non di conflitto ma di collaborazione con le istituzioni.”

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europei, nazionali, regionali. Il finanziamento è spontaneo nel senso che ognuno ci ha messo del suo investendo la propria fatica e il proprio denaro e tramite gli sponsor cerchiamo il reperimento di materiali, attrezzature, consulenze e competenze in modo da abbattere i costi.”


RED Presupposti teorici Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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Cenni sul patrimonio immobiliare del Comune di Torino Considerazioni e classificazione Patrimonio immobiliare da cedere in concessione d’uso

Elaborare un scritto che parli del Patrimonio immobiliare pubblico con riferimento alla Città di Torino ci pareva doveroso per rendere più completa e contestuale la nostra Tesi. Entrare in contatto con la classificazione che la legislazione fa dei beni di proprietà pubblica ci ha aiutato a discriminare tra gli immobili assoggettabili, legislativamente parlando, al meccanismo RED e quelli che non possono rientrare in questa categoria. Formulare, poi, delle considerazioni e delle classificazioni tra le varie tipologie di questi beni, ha reso il riferimento di studio più chiaro e leggibile. Era importante riuscire a capire dove si può intervenire con la nostra ipotesi di processo RED di modo da riuscire a tarare in maniera più corretta i possibili sviluppi e utilizzi che tale processo può avere. Con questo scritto si chiude il capitolo sul “Rilevamento della realtà” che, insieme ad una ricognizione sui bandi di finanziamento per attività lavorative e all’esplicazione delle esperienze più interessanti in materia di riuso edilizio, si conclude con dei dati che speriamo rendano chiaro l’ambito di patrimonio immobiliare pubblico cui rivolgiamo il nostro sguardo.


• beni da affidare in concessione, questi rappresentano una fetta di patrimonio di enorme potenziale perché possono dare la possibilità alla pubblica amministrazione si trarne profitto economico mettendoli a reddito oppure di impiegarli in politiche di sviluppo sociale e rigenerazione urbana utilizzandoli come bene strumentale al progetto. A questa categoria è rivolto l’impianto del meccanismo RED; • beni alienabili,

Considerazioni e classificazione Facendo una rapida e semplice ripartizione dei beni di proprietà dello Stato possiamo rilevare, secondo il vigente ordinamento, che questo si divide in beni del demanio pubblico e beni del patrimonio. I beni del patrimonio possiamo ulteriormente dividerli in beni indisponibili e beni disponibili. Volendo seguire la suddivisione, per questione di ordine, del patrimonio immobiliare pubblico effettuata da Enrico Mattio nella sua Tesi di Laurea dal titolo “La valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico - il caso di Torino”163 avente come relatore il prof. Roscelli, possiamo distinguere quattro categorie di beni: • beni adatti alla continuazione della gestione pubblica, che possono essere quelli “strumentali” alle amministrazioni pubbliche (uffici pubblici, scuole, asili, etc.) o quelli di “fruizione collettiva” (parchi, aree archeologiche, musei, etc.); • beni valorizzabili, questi sono una grossa famiglia e comprendono gli immobili che possono essere soggetti a lavori di trasformazione al fine di incrementare le loro possibilità di utilizzo, rimanendo sotto la gestione pubblica, oppure al fine di alzare

rappresentano quella categoria di immobili o aree che non sono ne “strumentali” all’utilizzo da parte dell’amministrazione ne di “fruizione collettiva” da parte della Città. Prima di proseguire col nostro tentativo di classificare il patrimonio immobiliare del Comune di Torino dobbiamo fare presente la difficoltà riscontrata nel riconoscerne il mosaico fatto di edifici di eterogenea tipologia, dimensione, funzione ed acquisizione. La scarsa capacità, da parte del Comune, di tenere aggiornata la conoscenza dei beni può essere imputata alla problematica definizione dello stato patrimoniale di molti immobili. Le cause si potrebbero riscontrare nelle operazioni di carattere urbanistico mai andate in porto; decreti di esproprio a cui avrebbero dovuto seguire opere non realizzate, acquisizioni per cessione di aree in ambiti di lottizzazioni convenzionate mai perfezionate, contenziosi patrimoniali, diritti di usucapione per mancata attuazione dei piani, la mancanza di un organo che supervisioni le concessioni in atto, queste ed altre potrebbero essere le cause riconducibili alla mancata costruzione di un quadro conoscitivo del patrimonio immobiliare pubblico. Senza ombra di dubbio,

85 163. Collocazione 11383 presso Biblioteca centrale di Architettura, Politecnico di Torino

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RED Rilevamento realtà

il loro valore di alienazione. In questa classificazione vi sono anche gli immobili funzionali alla costituzione di società con compartecipazione pubblico-privata;


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però, possiamo affermare che tale patrimonio di proprietà del Comune di Torino è di grande consistenza dimensionale ed economica, è articolato tipologicamente, variamente distribuito e certamente, in parte, anche di valore culturale. L’Amministrazione possiede immobili che, per la maggior parte, hanno più di cinquant’anni ed altri acquisiti nel corso di politiche sociali e dei servizi (assistenza residenziale, edilizia scolastica, convitti, etc.), per tutti questi beni, probabilmente, dovrà essere programmata una vasta politica di intervento.

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Proseguendo nella nostra panoramica sul patrimonio immobiliare del Comune di Torino, possiamo ora classificare gli immobili non per potenzialità bensì per caratteristiche. Come nella Tesi di Laurea di Enrico Mattio, consideriamo quattro topologie patrimoniali: il patrimonio residenziale e commerciale, il patrimonio ad uso istituzionale, il patrimonio di aree e terreni ed il patrimonio storico. Il patrimonio residenziale e commerciale è quello che tra i quattro risulta essere di grande valore economico con alloggi e esercizi economici affittati; questi rappresentano un numero non elevato di beni. L’edilizia residenziale pubblica, invece, è quella che all’interno di questa divisione possiede il valore economico più alto anche perché rappresenta il numero più cospicuo di edifici. Il patrimonio ad uso istituzionale risulta anch’esso di grande rilevanza perché comprende le infrastrutture a rete quali, le strade, gli impianti e i servizi. Questa fetta di patrimonio è dedita all’assolvimento di compiti primari dell’Ente quali istruzione, servizi socio culturali, servizi amministrativi, sport e sanità; tutti questi immobili rientrano nel regime giuridico del patrimonio indisponibile per destinazione. Tra questi edifici spiccano quelli ad uso scolastico che sono la maggioranza (circa 440) rispetto agli immobili per uffici e servizi. Gli edifici ad uso scolastico rappresentano un anello debole nel panorama patrimoniale del Comune di Torino perché sono quelli che necessitano di più manutenzione a causa delle evoluzioni normative in ambito di sicurezza. Per quanto riguarda i beni utilizzati dall’Amministrazione questi sono perlopiù di origine storica o monumentale, pochi sono gli esempi di realizzazioni recenti. Le aree urbane libere da edifici ed i terreni si definiscono funzionali alla dotazione prevista dagli standard urbanistici. Questi spazi sono stati acquisiti in vari modi avvolte come residui di opere realizzate, altre grazie al cambiamento di destinazione d’uso, atre ancora come com-

pensazione per opere residenziali realizzate da privati. Questa fetta di patrimonio è dimensionalmente trascurabile rispetto all’estensione dell’intero territorio cittadino. E’ da segnalare però l’uso che nel tempo è stato fatto di queste aree come supporto ad attività di riqualificazione urbana o per una migliore strutturazione degli spazi pubblici, infatti questa parte di patrimonio è destinato all’utilizzo da parte della collettività ma è anche composto da beni che l’Amministrazione ha concesso a privati, imprese, cooperative per realizzazioni di edilizia economica e popolare e per la localizzazione di piccole e medio imprese. Le Amministrazioni in passato hanno fatto uso dello strumento del diritto di superficie a favore di destinazioni commerciali o residenziali. Il patrimonio storico si concentra nel cuore della Città di Torino e presenta un’alta articolazione tipologica di beni. L’utilizzo che ne viene fatto è il più disparato e va dal culturale all’istituzionale, dal residenziale al commerciale; spesse volte questi edifici rivestono valore storico, artistico, archeologico e monumentale. Di proprietà comunale risultano essere i grandi complessi scolastici, fabbricati d’abitazione, servizi e parchi per cui la maggior parte di tale patrimonio è utilizzato della comunità cittadina. Dopo avere sommariamente descritto in cosa si compongono ed in cosa si differenziano queste quattro tipologie patrimoniali possiamo, indicativamente, contestualizzarle localizzandole nell’ambito del territorio cittadino. Nella prima corona urbana si concentrano strutture pubbliche, complessi scolastici, edifici a scopo culturale o museale, abitazioni e parchi; nella seconda cinta, quella cresciuta nel dopoguerra, è forte il concentramento edilizio ad alta densità abitativa, qui la proprietà comunale si limita ai servizi quali scuole, parchi e servizi; alla periferia, costruitasi dalla metà degli anni settanta in poi, è forte la presenza di edilizia pubblica nata anche dalle grandi lottizzazioni comunali e nella fattispecie si compone di edifici per servizi (scuole, attrezzature sportive), aree verdi (parchi, giardini) ed manufatti di edilizia residenziale costruita dal soggetto pubblico ma acquistata dai privati.


RED Rilevamento realtà

Tutti i beni rientranti nella categoria “patrimonio di interesse storico ed artistico” sono soggetti a tutela a norma della vigente legge sui Beni Culturali. Le ville storiche, i cimiteri, i monumenti, le fontane, i palazzi storici, le mura sono tutti manufatti da ritenersi proprietà del demanio pubblico con esclusivo fine del soddisfacimento degli interessi pubblici. Questi beni sono caratterizzati dall’impossibilità di essere oggetto di diritti di terzi ne possono essere commercializzati previa declassazione. Gli immobili adibiti all’uso istituzionale, che quindi assolvono compiti definiti dalle funzioni dell’Amministrazione, rientrano nel regime del patrimonio indisponibile per destinazione dell’ente tranne i mercati che fanno parte del demanio pubblico. Le aree ed i terreni comunali discriminano la loro disponibilità o indisponibilità in base alla funzione che rivestono; i beni quali parchi o servizi sono identificabili come risorsa per la città quindi da considerarsi indisponibili, di patrimonio disponibile si parla se tali beni acquisiti per svolgere funzione pubblica non assolvono a tale scopo. La parte di patrimonio infrastrutturale, di pubblici servizi a rete, di arredo, di impianti idrici, di smaltimento sono da considerarsi proprietà del demanio quindi indisponibili. Il patrimonio ad uso residenziale e commerciale viene considerato indisponibile se assolve alla funzione sociale o se introita ricavi grazie all’esazione di canoni d’affitto; la parte non diretta ad erogare servizi ai cittadini può essere considerata disponibile. A tale fetta d’ora in poi ci rifereremo per elencare dei dati relativi agli immobili da potere assoggettare ad una concessione. Riprendendo i dati presenti nella Tesi di Laurea di Enrico Mattio, dividiamo tale fetta in: immobili disponibili, immobili non ancora disponibili, immobili indisponibili, immobili senza possibilità di essere resi disponibili previo “progetto strategico”. I raggruppamenti sono stati elaborati guardando all’omogeneità dei caratteri strutturali, funzionali e tipologici tenendo conto delle differenti condizioni patrimoniali dei vari beni. Sono considerati di tipo strutturale gli elementi fisici, formali e dimensionali; gli aspetti tipologici e funzionali sono discriminati dai caratteri co-

struttivi, dalla destinazione e dall’utilizzo. Ora ci concentreremo sull’elencazione di dati (riferiti all’anno 2002) riguardanti gli immobili disponibili (che chiameremo V) e gli immobili non ancora disponibili (che chiameremo A). Gli immobili di categoria V sono 15 per una superficie totale di 26 962 mq per un valore complessivo consuntivo di 18 412 447 euro ed un valore complessivo commerciale di 20 562 111 euro. Di questi 26 962 mq il 20 % sono residenze, il 20 % sono terziario, il 20 % sono commerciali, lo 0 % sono sportivo, culturale, istruzione e il 40 % sono magazzini, depositi e laboratori. Lo stato di conservazione degli immobili di categoria V è per il 21 % ottimo, il 21 % buono, il 7 % discreto, il 44 % mediocre e l’7 % pessimo. In questa categoria vi sono 4 immobili grandi fino a 100 mq, 3 da 101 a 500 mq, 3 da 501 a 1 000 mq, 3 da 1 001 a 3 000 mq e 2 più grandi di 3 000 mq. Gli immobili di categoria A sono 107 per una superficie totale di 42 800 mq per un valore complessivo consuntivo di 58 466 499 euro ed un valore complessivo commerciale di 119 295 242 euro. Di questi 42 800 mq il 47 % sono residenze, il 8 % sono terziario, il 11 % sono commerciali, il 20 % sono sportivo, culturale, istruzione e il 14 % sono magazzini, depositi e laboratori. Lo stato di conservazione degli immobili di categoria A è per il 3 % ottimo, il 22 % buono, il 46 % discreto, il 21 % mediocre e l’8 % pessimo. In questa categoria vi sono 26 immobili grandi fino a 100 mq, 32 da 101 a 500 mq, 17 da 501 a 1 000 mq, 24 da 1 001 a 3 000 mq e 8 più grandi di 3 000 mq.

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Patrimonio immobiliare da affidare in concessione d’uso


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RED

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Analisi digerita

Questa ultima parte è il risultato dell’attività di matching tra i presupposti teorici, il rilevamento della realtà e i problemi e le potenzialità riscontrate. A questo capitolo fanno capo le definizioni strategiche del processo di risposta ai fattori critici. I capitoli qui dentro definiti sono: l’analisi dei problemi riscontrati come negatività superabili e di concetto, poi è presente l’analisi degli obiettivi che nasce direttamente dai presupposti teorici di cui è il sunto, di seguito vi è la definizione dell’analisi SWOT dove recuperiamo e puntualizziamo la valutazione dell’impianto ed infine da questa germoglia l’individuazione delle strategie del processo. Il capitolo sull’analisi digerita diventa anche una introduzione sui fini e gli obiettivi. In esso crediamo vi siano le legittimazioni che abbiamo cercato per giustificare le scelte strategiche del processo RED. Da questa sezione dovrebbe emergere l’incontro tra due fasi della tesi e del processo: l’analisi digerita è il risultato di scontro creativo tra i Presupposti Teorici e il Rilevamento della Realtà, ovvero l’emergere di istanze (in forma di problemi da risolvere e di obiettivi da perseguire) nate dal mescolarsi di una parte decisamente virtuale e radicale ed una più obiettiva e reale. Per questo a questo capitolo segue quello di proposizione del progetto con la definizione delle strategie, l’analisi degli attori ed infine l’espletamento delle fasi del processo RED secondo l’ipotesi del nostro iter.


Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Analisi digerita

“[…]dualismi esclusivi che non sono certo utili alla comprensione della natura delle città moderne: il mondo come uno spazio di flussi contro la città come uno spazio di fissità, il globale come remoto contro il locale come prossimo, il faccia a faccia come piccolo contro la distanza come grande.[…] le economie moderne sono sempre sia locali sia globali, qui e là, nel mezzo: sono sempre più strutturate intorno a flussi di persone, immagini, informazioni e denaro che si svolgono all’interno e attraverso i confini nazionali.”

Amin A. e ThriftN., Città. Ripensare la dimansione urbana, Il Mulino, Bologna 2005

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Analisi degli obiettivi Patrimonio edilizio dismesso Fare impresa Piccole e medie imprese Under 35 Indotto per il locale Rigenerazione urbana Contratto etico Network d’impresa Condivisione e cooperazione

Gli obiettivi che qui saranno discussi sono la risposta programmatica ad alcune problematiche riscontrate sia con le interviste effettuate sulle casistiche di riferimento ma anche un disegno risolutivo che proveniva da alcune delle istanze perseguite nel capitolo sui presupposti teorici. All’interno del testo, oltre ad esserci riferimenti e dati che giustificano le posizioni, emergeranno alcuni punti focali che sono stati di rilievo per l’impostazione delle strategie del processo RED. Inoltre si noterà come gli obiettivi (riguardanti: patrimonio edilizio dismesso, fare impresa, PMI, under 35, indotto per il locale, rigenerazione urbana, contratto etico, network d’impresa, condivisione e cooperazione) esplicitati siano relazionabili uno all’altro inevitabilmente. Questo innanzitutto perché sono stati costruiti contemporaneamente; inoltre perché sono tutti accomunati da uno stesso fine di sviluppo etico ed ideologico, quello del perseguimento di un’iniziativa strategica che non funziona per opposizioni binarie e che necessita di tempistiche a lungo periodo: Inoltre ci sentiamo di dover ricordare che l’impostazione di questi obiettivi, pur essendo di grande stimolo dato da indagini reali, necessita inevitabilmente del supporto di altri attori che tramite il loro contributo, i loro bisogni e potenzialità reali, formino quel flusso di attori che riempirebbe di “materia viva” il processo RED che ora è solo puro progetto. In fine utilizzeremo lo strumento dell’analisi S.W.O.T. grazie al quale, attraverso il riesame degli obiettivi, definiremo le strategie.


Nella corona sono elencati gli obiettivi che provengono in parte da alcune posizioni espresse nelle fasi teoriche iniziali. Ogni circonferenza è un tema sensibile. Con l’evidenziatura rossa si nota la provenienza specifica di ogni obiettivo nei confronti dei temi sensibili.

Obiettivi emersi dai temi sensibili

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zione attualmente difficili da sostenere. Vi è anche grande difficoltà nel collocarli sul mercato per alienarli o per darli in locazione; il loro stato di deperimento e le caratteristiche edilizie difficili da convertire, se non con ingenti lavori di ristrutturazione, abbassano molto il grado di interesse che suscitano nei soggetti privati. Il tema degli edifici inutilizzati può divenire una occasione per fare politiche di rigenerazione urbana, di impresa, di mercato del lavoro e di rilancio del settore edilizio. Il rapporto GreenItaly 2011 della Fondazione Symbola e di Unioncamere afferma che

92 164.

Rapporto Green Italy 2012. L’economia verde sfida la crisi. Rapporto 2012,I quaderni di Symbola, p.29

Patrimonio edilizio dismesso Realizzare un nuovo edificio comporta una spesa d’energia maggiore di quella che verrà impiegata per utilizzarlo. Questa è una delle tante analisi possibili da fare dovendo considerare la necessità di costruire rispetto alla possibilità di riutilizzare. Un altro fattore, di cui abbiamo discusso in precedenza, è rappresentato dall’indice del consumo del suolo e ci porta a ritenere che di buona parte di ciò che si edifica non vi è stretta necessità. Basta incrociare le nuove edificazioni con la capacità di assorbimento del mercato immobiliare e capiamo come, negli anni 2011, 2012 e soprattutto 2013, il giro di affari si è ridotto così come si sono ridotte le quotazioni di mercato. Alla base non vi è solo il periodo di crisi (in una situazione simile sono i grossi speculatori che trovano vantaggio), bensì, già da qualche anno, si vanno affermando diverse sensibilità in termini di consumo energetico e consumo del suolo. Tali considerazioni si rifanno all’intenzionalità di sempre più amministrazioni e privati di pianificare l’utilizzo di ciò che è già costruito anzichè edificare il nuovo. Il patrimonio edilizio inutilizzato di proprietà pubblica rappresenta una tematica molto interessante e complessa da trattare. Le amministrazioni hanno in carico grosse quantità di metri cubi di edifici inutilizzati che hanno difficoltà ad utilizzare perchè necessitano di ingenti lavori di ristruttura-

“il recupero del patrimonio esistente è una parte di mercato che diventerà sempre più importante, anche perché la crisi energetica spinge i prezzi sempre più in alto[…] Le potenzialità sono enormi, come dimostrano alcuni numeri. Per esempio, destinando 1,7 miliardi di euro a operazioni di riqualificazione del patrimonio direzionale pubblico, si potrebbe ottenere un ritorno così quantificabile: 910 milioni di euro dovuti al risparmio energetico, 511 milioni di gettito fiscale aggiuntivo, 350 milioni di incremento del reddito immobiliare, un aumento dell’occupazione di oltre 17mila addetti.” 164

La previsione del rapporto, se realistica, ci aiuta a capire quale può essere la direzione che le politiche di pianificazione dovranno seguire nei prossimi anni per rilanciare l’economia ed il lavoro proteggendo il suolo. Per questi motivi, già ampiamente espressi anche in precedenza, cha abbiamo deciso che uno degli obiettivi principali del progetto RED è proprio quello di riutilizzare gli edifici esistenti di proprietà pubblica. Trasformare una problematica diffusa in possibilità concreta di sviluppo etico delle politiche di trasformazione della nostra città. L’obiettivo fondamentale d’intervento a questo proposito è la possibilità di utilizzare questi vuoti come contenitori privilegiati per lo sviluppo economico di microimprese che necessitano di spazio, a canoni calmierati, per crescere in maniera sostenibile.


L’utilizzo degli edifici dismessi può diventare il mezzo per costruire politiche per la promozione del fare impresa; applicando modelli e soluzioni che non siano sovvenzioni di liquidi bensì sotto forma di un sostegno in servizi e strutture può rappresentare una forma di incentivo. Questo meccanismo può aiutare lo stato e il mondo delle imprese riattivando meccanismi economici senza “drogare” il mercato con iniezioni di denaro creando altro debito. Riprendendo il discorso precendente è facile sostenere che, nella condizioni attuali di difficoltà delle imprese, potrebbe significare tanto se tali aziende non pagassero l’affitto o comunque pagassero un canone calmierato sino a quando non avranno raggiunto la stabilità economica. La riduzione dei canoni di locazione va a decurtare dalle spese fisse di una piccola azienda una cifra che, a fine anno fiscale, può diventare significativa nei confronti della sostenibilità dell’azienda. D’altro canto le amministrazioni vedono il ritorno di tale operazione concrettizzarsi in varie forme sia fiscali (avere aziende che fanno reddito vuole dire tasse che entrano), sia di indotto per il locale, sia di arricchimento del ventaglio di servizi da offrire al cittadino.

Piccole e medie imprese Le piccole e medie imprese sono il vero motore dell’economia italiana, per questo motivo riteniamo che una politica che sfrutti gli edifici pubblici inutilizzati per fare politica di incentivi debba essere diretta soprattutto a loro. In Italia, secondo questi dati, sul totale delle imprese nazionali la fetta di PMI è del 99,8% con 3.813.805 imprese. Ancora più indicativo è il dato sull’occupazione proveniente sempre dalla stessa fonte statistica 165 : nel nostro paese, sul totale delle imprese, le PMI incidono sul totale degli occupati con un 80,3%. Ed è utile far notare che

RED Analisi digerita

Le imprese italiane soffrono a causa di svariati motivi che inficiano la loro stabilità economica e finanziaria; oltre la difficoltà di reperire commesse rilevanti soffrono anche per la mancanza di attenzione e strategie sulle leggi e politiche riguardanti incentivi o sgravi fiscali. Inoltre le banche, diminuendo la quantità di prestiti, abbassano il livello di competitività delle piccole imprese che non riescono più ad investire. Tutti questi fattori uniti alle spese fisse da sostenere mettono in seria difficoltà gli imprenditori.

questo dato sia di molto superiore percentualmente rispetto alla media europea di occupati nelle PMI con 67,4%. Risulta evidente notare che le nostre piccole e medie imprese siano una fonte di reddito e di lavoro per milioni di italiani e che dunque debbano essere considerate come una risorsa oltre che come patrimonio produttivo (culturale) nazionale. Riteniamo vantaggioso che si sfruttino le potenzialità delle piccole e medie imprese nella rigenerazione di un edificio abbandonato di proprietà pubblica a favore di creazione di imprese per favorire lo sviluppo urbano. Dagli studi condotti da Arianna Bazzanella 166 possiamo ricordare alcune positività, ai fini dello sviluppo di un indotto virtuoso, tipiche delle PMI. Non avendo a disposizione grandi capacità di investimento e dovendo scegliere oculatamente i propri ambiti di sviluppo le PMI individuano facilmente i fattori critici di un progetto d’impresa; inoltre sono attività specificatamente inserite nel contesto locale e questo gli permette di identificare e riconoscere il giusto mix tra creatività e innovazione tipico di un impresa che deve sfruttare le potenzialità del locale per avere un mercato inserito nel globale. Dunque caratteristica fondamentale risulta l’osservazione del contesto reale d’inserimento. Un altro asset tipico delle PMI risulta essere la considerazione del fattore tempo come “fattore produttivo”; questa risulta una caratteristica importante nella definizione di piani di sviluppo strategici e a lungo termine per la sostenibilità dell’impresa. Inoltre le risorse umane considerate come capitale sociale, la ricerca di idee innovative, la sperimentazione e la ricerca all’interno di confini etici sono specifiche caratteristiche di un tipo di interesse nel mondo lavorativo tipiche dei giovani e quindi delle PMI.

93 165. Scheda informativa SBA 2012 – Italia 166. Arianna Bazzanella, Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo. IPRASE, 2010. Pg203

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Fare impresa


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RED Analisi digerita

Investire sui giovani significa portare avanti progetti che si muovono tra alta motivazione e ricerca di garanzie, gli investimenti sono ricercati su un terreno “instabile” e per questo motivo le scelte da intraprendere devono essere oculate e sostenibili; questi sono valori che danno ad un progetto stabilità , sicurezza negli investitori e per le banche. La condivisione risulta essere una scelta fondamentale nello sviluppo di una piccola impresa giovane. I progetti sono frequentemente portati avanti in equipe e vi è una struttura organizzativa a rete e una governance orizzontale (organigramma piatto), all’interno di logiche di scambio di saperi, di cooperazione e con organizzazioni dinamiche e propense alla mobilità.

94 167. Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006 , relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore ( de minimis ), Gazzetta ufficiale n. L 379 del 28/12/2006 pag. 0005 - 0010

È interessante notare le potenzialità offerte da un grande volume inutilizzato di definire il possibile perimetro di un insieme di piccole imprese associate non per tipo di produzione ma per modo di produzione. Questo è uno degli obiettivi che stiamo cercando di perseguire, attraverso il “distretto etico” a cui si farà specifico riferimento più avanti nella definizione degli obiettivi legati al network d’impresa. Il tema delle “alleanze” è decisivo nella definizione delle potenzialità offerte dal nostro programma e inoltre introduce le opportunità di strategie di questo tipo tra le piccole imprese: la capacità di offrire un prodotto-servizio competitivo e globale, ampliare e diversificare la propria offerta di beni e servizi ed inoltre la possibilità di accedere a bandi di gara che richiedono ampie dimensioni e specializzazioni diverse.

Under 35 Le politiche e le iniziative di una società che guarda al futuro, riteniamo, dovrebbero avere un occhio di riguardo a quella fascia giovanile che va dai 18 ai 35 anni. Agevolare e promuovere l’occupazione di questa fetta di popolazione pone le basi per una ridente società di domani. Purtroppo è tra i piu giovani, di età compressa tra i 18 e 24 anni, che si rileva un tasso di disoccupazione maggiore; a settembre 2013 tale dato ha raggiunto circa il 40%. I neo laureati o chiunque si avvicina al mondo del lavoro, a meno che non prosegua un percorso già avviato, incontra il problema di farsi

conoscere e di reperire committenti che possano dare stabilità alla propria attività lavorativa. Per un professionista o un artigiano la sede della propria attività è una componente importante per cui riteniamo che dare degli incentivi sotto la forma di un luogo dove lavorare possa aiutare realmente chi si avvicina per la prima volta al mercato del lavoro. Le problematiche che si sviluppano intorno ad una sede lavorativa riguardano certamente la ricerca di un luogo adatto e l’investimento economico necessario a locarsi in tale sito nonchè a ristrutturarlo. Molte aziende chiudono durante i primi mesi della propria gestione a causa degli alti costi fissi da sostenere che diventerebbero più facili da saldare se si avesse più tempo per reperire clienti e soprattutto se si avesse la possibilità di essere concorrenziali sul mercato. In una situazione in cui la spesa per il canone d’affitto è simbolica, avviare la propria esperienza lavorativa può risultare meno difficile e faticoso; se poi il luogo di lavoro è sito in un edificio che sia un polo lavorativo allora si potranno avere anche maggiori possibilità di reperire clienti. L’utilizzo di una politica di canoni di affitto calmierati per incentivare le imprese la si ritrova nel regolamento (CE) 1998/2006 detto regime di “de minimis” 167 che spiega come una amministrazione può incentivare degli attori economici senza alterare le regole della concorrenza. Questo regime di canone agevolato può durare fino a 3 anni quando l’azienda avrà raggiunto una sostenibilità economica necessaria per diventare una impresa solida ed affidabile e soprattutto in grado di potere pagare un canone di affitto allineato ai valori di mercato. Perché parlare di politiche giovanili? Da molti punti di vista le politiche giovanili sono considerate trasversali a più settori (es. Lavoro, Educazione, Ricerca e Sviluppo, ecc.) e necessitano quindi di un coordinamento, al fine di una efficace co-progettazione. Così a livello di governance condivisa e partecipata, si ha in Italia un rapporto istituzionalizzato tra ministero, Regioni ed Enti locali. Questa contaminazione tra i vari livelli è fondamentale per la buona riuscita di un programma di sviluppo. Proprio per questo le Politiche giovanili possono essere un buon esempio paradigmatico di impostazione progettuale a più livelli. A proposito di obiettivi crediamo sia valido il nostro progetto anche e perché richiama degli indirizzi presenti nell’agenda dell’amministrazione pubblica municipale e riferiti a politiche


Vi sono tre punti nell’agenda dell’amministrazione comunale che sembrano definitamente specifici rispetto al nostro progetto RED: agevolazioni a giovani che, in forme associate formali e informali, producono cultura e socialità; recupero funzionale degli spazi urbani dismessi (aree dismesse, vecchie fabbriche, caserme, ecc) per centri e iniziative sociali gestite dai giovani; infine il sostegno e formazione avanzata rivolta a imprese di giovani che operano nella gestione di beni culturali e ambientali. Questi tre indirizzi sono pienamente coincidenti con il progetto di rigenerazione funzionale di edifici di proprietà pubblica da noi proposto. Inoltre lo sviluppo di un progetto con soggetti U35 intercetta una serie di opportunità utili allo sviluppo dello stesso e specifiche delle politiche per queste fasce d’età. La presenza di reti e organizzazioni ramificate all’interno del tessuto istituzionale e informale per il supporto ai progetti. Inoltre, negli ultimi anni, i bandi ministeriali hanno portato più risorse a queste organizzazioni che hanno avuto un nuovo impulso. Infine il riconoscimento oggettivo del know how delle organizzazioni giovanili da parte delle istituzioni locali. Tutte queste opportunità risultano elementi positivi per il radicamento sul territorio da parte delle giovani imprese (lo abita e contribuisce a costruire comunità) e per la possibilità di costruire alleanze locali.

Indotto per il locale I lavori di ristrutturazione a cui andrebbero incontro i piccoli soggetti economici occupanti tale edificio rappresenterebbero una occasione

RED Analisi digerita

La diffusione della cultura dell’autogestione tra i giovani attraverso il sostegno e il riferimento progettuale all’associazionismo e alla cooperazione. Attraverso il nostro progetto è inoltre previsto l’adeguamento di un’agenzia terza tra il concessionario e l’amministrazione pubblica di supporto alla creazione d’impresa; questa favorirebbe il progetto anche ricercando i fondi necessari per lo sviluppo provenienti da politiche dell’ UE. Questo sarà dunque un servizio di accompagnamento alla costituzione e gestione di progetti d’impresa giovanili.

di lavoro per le imprese coinvolte e un variabile indotto per il locale. La quantità di denaro che ogni soggetto dovrebbe investire varierebbe al variare delle dimensioni dell’ambiente assegnato, dei lavori di messa a norma nonchè dall’adeguamento al tipo di attività lavorativa da svolgere. Questo investimento rappresenta in primis un indotto per l’economia locale; Inoltre i concessionari dell’edificio potrebbero pianificare degli accordi per condividere, dove è possibile, alcune lavorazioni e dunque parte della clientela. L’indotto per il quartiere sarebbe incentivato anche dall’attivazione di questo polo sostenibile caratteristico del “distretto etico” a cui si farà cenno specifico più avanti quando si parlerà di contratto etico. Il quartiere godrebbe di benefici funzionali legati ad un altro aspetto riguardante la clientela che arriverebbe dall’esterno del quartiere per potere approfittare dei vantaggi che il polo in questione offrirebbe in termini di servizi per il cittadino e infrastrutture. Indotto per il quartiere significa anche controllo sociale, vita nelle strade per l’attivazione dei servizi accessori che riguarderebbero l’intorno dell’edificio recuperato e dunque interesserebbero dinamiche di rigenerazione urbana per il quartiere e per chi lavora nelle immediate vicinanze. Inoltre le dinamiche di quartiere legate alle realtà condivise dai cittadini porterebbero elementi di positività, non solo economica, generate dal dialogo informale con il tessuto sociale preesistente fatto di consuetudini e fatti urbani.

Rigenerazione urbana Il meccanismo di riattivazione che proponiamo può certamente essere un veicolo per attuare politiche di rigenerazione urbana. Gli edifici non utilizzati possono diventare un attrattore per chi occupa o per chi li usa a fini illegali; ciò che può capitare è che insieme all’edificio deperiscano anche i sotto servizi adiacenti quali strade, marciapiedi e illuminazione che contribuiscono ad un peggioramento urbano. Se ragioniamo alla scala del singolo edificio inserito in un contesto di quartiere sul quale intervenire ebbene l’occasione di recuperare un fabbricato può divenire un volano per attivare processi di miglioramento, anche spontaneo, del contesto.

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specifiche del ministero della gioventù.


Vivere o tornare a vivere una via o un isolato inevitabilmente può portare delle migliorie fisiche e sociali purchè si ragioni in termini lavorativi, di associazionismo e di attività inclusive.

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RED Analisi digerita

Un aspetto fondamentale che deve riguardare il genere di operazione che proponiamo è inerente l’avvio di attività aperte verso l’esterno e dirette a coinvolgere il quartiere; se con cadenze regolari nascono eventi di vario genere che coinvolgano fasce di popolazione, delle volte eterogenee altre volte meno, allora potrebbe nascere più facilmente la possibilità di innescare meccanismi di socialità spontanei. Parlando delle potenzialità offerte dal terzo settore all’interno delle politiche di rigenerazione urbana troviamo diversi fattori che ritornano rispetto alle dinamiche del nostro processo poiché il meccanismo RED funzionerebbe come “incubatore sociale” di altre organizzazioni (associazioni giovanili e/o cooperative, piuttosto che microimprese) generando quindi cittadinanza, impresa, lavoro.

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Un concetto affrontato molto nei nostri presupposti teorici e proprio quello del “minimal state” ovvero della decadenza, negli investimenti e nel welfare space, del soggetto pubblico. Questo , come avevamo già espresso nei capitoli precedenti ha attivato un diverso e innovativo sviluppo dei partenariati tra pubblico e privato. Il dato di fondo è quindi rappresentato dal fatto che, per governare sistemi complessi come le città contemporanee, tutti gli attori all’interno della rigenerazione di parti di città e dei “nostri” vuoti urbani, abbiano bisogno degli altri in quanto nessuno possiede tutte le conoscenze, le competenze o le risorse necessarie per elaborare e attuare, da solo, una politica. Il nostro progetto di riconversione RED costituisce una modalità di organizzazione di una pluralità di attori che si fonda sulla costruzione di partenariati e coalizioni (attori pubblici e privati), orientati verso il raggiungimento di un obiettivo specifico, definito congiuntamente. Inoltre mette in gioco non unicamente le risorse finanziarie, conoscitive, politiche e di consenso dei partecipanti, ma anche le regole, formali e informali, che gestiscono le interazioni fra gli stessi; Il processo RED non è connesso unicamente al ruolo delle istituzioni formali quanto piuttosto alle relazioni basate sul consenso e l’apprendimento collettivo, al fine di sviluppare il capitale

sociale e promuovere lo scambio di conoscenze e competenze.

Contratto etico Riteniamo che alla base del rapporto che gli occupanti di tale edificio devono avere ci debba essere una sorta di contratto etico. Questo contratto, a nostro giudizio, deve regolare le modalità lavorative, i rapporti con gli altri occupanti dell’edificio, le relazioni lavorative, l’approvvigionamento dei materiali e la gestione degli scarti della lavorazione. Crediamo anche che siano necessarie regole che gestiscano la cooperazione tra gli individui aldilà dell’interesse personale relativo alla propria sfera lavorativa e relativamente alle attività da svolgere che siano di interesse comune. Un’ipotesi che riteniamo valida è che vi sia la possibilità, nelle istanze di questo contratto etico, che i laboratori siano “aperti” alla cittadinanza attiva; ovvero che i concessionari si impegnino a mettere a disposizione strumenti, competenze o esperienza. Questo in cambio del canone ricognitivo ad uso dei concessionari dell’edificio. Quello che cerchiamo di proporre con questo progetto è un diverso tipo di distretto produttivo che oltre a raccogliere nello stesso edificio più realtà artigianali e produttive differenti (quindi diverse professionalità di settore) non condividono solo i costi e i benefici di una situazione associativa ma anche gli intenti programmatici ovvero una condivisione di indirizzi, best practices, tecnologie e saperi innovativi dal punto di vista produttivo ed un nuovo tipo di certificazione della produzione sostenibile ai fini di una più attenta competitività locale, nazionale e internazionale. Il distretto etico diventerebbe una realtà riconosciuta nel territorio oltre che per la qualità della sua produzione anche per l’attenzione alle dinamiche di sostenibilità dei processi programmatici; reinterpretando il concetto di aggregazione non solo dal punto di vista fisico/territoriale ma anche da quello etico/ programmatico.

Network d’impresa Ora vorremmo concentrarci sulla potenzialità oggettiva, rispetto allo sviluppo delle PMI, di


Tra i vantaggi che si potranno avere dalla aggregazione di piu PMI in un’azione unica realtà associativa sarà quello di dotarsi di un livello di capitalizzazione adeguato per poter realizzare progetti di crescita, per lo sviluppo delle piattaforme comuni. Infine per ottenere maggiore credibilità nei confronti delle banche per il credito e nei confronti delle istituzioni/fondazioni pubbliche e private per la costruzione di profili multidisciplinari. La rete di relazioni e opportunità che possono crearsi quando si rendono fisiche e reali le connessioni tra lavoratori di diversi settori possono rappresentare una carta vincente sul piano delle opportunità lavorative. In un edificio ricco di diverse professionalità e competenze può venire facilmente a crearsi un network in cui automaticamente ogni attore economico può rivolgersi al suo dirimpettaio se necessita di quella determinata consulenza.

Condivisione e cooperazione Inserire in un unico edificio imprese artigiane, studi professionali e operai specializzati può rappresentare un vantaggio sia per chi fruisce l’edificio sia per chi lo vive. Un qualsiasi attore economico può trarre beneficio dal lavorare in un edificio dove può reperire con facilità svariate professionalità e competenze, questo rende tutti gli occupanti dell’edificio più forti sul mercato del lavoro e da la reale possibilità di accrescere le proprie conoscenze e riuscire a fare sopravvivere la propria azienda più facilmente.

Le attività sulle quali cooperare devono certamente riguardare i lavori da fare in comune ma anche lavori o attività di un singolo che può ricevere l’aiuto di altri professionisti presenti nell’edificio in questione. Condividere gli spazi comuni, le regole e le riunioni è una componente fondamentale per istituire un senso di appartenenza che rappresenta l’ennesimo valore di una esperienza del genere. Tale senso di appartenenza può nascere anche grazie al fatto che ogni occupante dell’edificio ristruttura il proprio ambiente a sue spese e secondo le proprie volontà personalizzandolo in funzione del lavoro da svolgere e della propria persona; questo certamente può cambiare in meglio i rapporti tra gli occupanti. Con RED cerchiamo di delineare l’aspetto pratico di una diffusione della cultura dell’aggregazione, in modo che gli associati attuino un vero e proprio cambiamento culturale che veda possibile e utile la creazione di rapporti fiduciari tra più soggetti economici interessati ad un comune obiettivo. RED è la riprogettazione e il riutilizzo di spazi e luoghi produttivi che, nell’ambito di una politica del territorio finalizzata allo sviluppo sostenibile, vedano protagonisti gruppi e aggregazioni di imprese capaci di offrire servizi e prodotti innovativi; la sperimentazione di nuovi servizi associativi tarati sulle caratteristiche dell’ impresa aggregata e finalizzati a consolidare e sviluppare in maniera dinamica, sia l’aggregazione stessa, che le singole aziende partecipanti al progetto; Quello che speriamo sia possibile è la disponibilità a spendere energie, tempo, competenze e capacità di guardare oltre il calcolo utilitaristico immediato a favore di un ritorno dell’investimento di finanze e capitale sociale “lento”.

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La competizione globale e le difficoltà burocratiche e di capitalizzazione rendono necessario presentarsi sui mercati con maggiore massa critica, fatta di competenze ricercate, tecnologie innovative, progetti ambiziosi e capitali consistenti. Dunque operare in sinergia con altre imprese su specifici progetti.

In una occasione del genere possono innescarsi meccanismi di autoincubazione di progetti imprenditoriali; vi sono alcuni aspetti della pratica del coworking che possono verificarsi e che certamente apportano un grado di valore. Riteniamo che lavorare a contatto con diverse figure lavorative può non bastare a dare valore ad una esperienza di condivisione simile; ciò che deve diventare fondamentale è la cooperazione che deve venirsi a creare nell’ambiente tra tutti gli occupanti dell’edificio.

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un’azione sinergica tra piccoli gruppi di imprenditori. Risulta ormai un’esigenza il fare sistema per affrontare le nuove sfide indotte dalla competizione internazionale per affrontare la situazione congiunturale che ha costretto attori economici e sociali a ripensare e riprogettare le strategie e i comportamenti con una visione nuova rispetto al passato.


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Fattori critici emersi dal dialogo con le Best Practices Linee strategiche Concessione d’uso Corte dei Conti “De minimis” Trust Selezione dell’edificio Intermediari Lavori edilizi Supporto tecnico Democrazia interna

Il meccanismo RED, per potersi adoperare, necessita di una forte scelta politica da parte delle amministrazioni pubbliche. Il voler fare una valutazione di questo genere presuppone una grossa presa di coscienza e responsabilità. L’accadimento di questa volontà è fondamentale perché i passi da fare in una determinata direzione sono molti e vanno tutti ponderati e presi coscientemente. In questo parte della Tesi citeremo parte dei principali problemi che sorgono in un processo di concessione d’uso di un edificio pubblico. Di seguito si riporteranno le soluzioni ed i provvedimenti che i soggetti intervistati (tra pubbliche Amministrazioni, Comitati e Associazioni conduttrici di una concessione d’uso) hanno adottato per soddisfare tali vincoli e problematiche; in questo modo abbiamo potuto prendere atto della realtà che interessa questo genere di procedure e produrre quindi delle considerazioni che si svilupperanno lungo la Tesi. La trattazione dei problemi qui riportati non è esaustiva ma permette di avere una discreta ricognizione sugli approcci al tema che hanno i soggetti pubblici da un lato e quelli privati dall’altro. Riportare in maniera fedele le parole degli intervistati ci pareva il modo migliore per trasmettere ciò che ci interessa sottolineare in modo di non doverci inerpicare in interpretazioni e spiegazioni che rischierebbero di risultare arbitrarie e senza riferimento.


Nella corona sono evidenziati i fattori critici che abbiamo riscontrato nelle interviste. Ad ogni circonferenza coincide una best practices. Evidenziati in rosso vi sono le corrispondenti problematiche espresse dall’intervistato/a.

Fattori critici emersi dalle Best Practices

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dell’amministrazione in ambito di politiche per il lavoro e riuso degli spazi. Questa operazione è un vero e proprio investimento sulla cittadinanza che prevede un ritorno economico (in termini di soldi risparmiati) per il bilancio comunale unitamente ad una rivalutazione del bene immobile che altrimenti rimarrebbe inutilizzato. Questa considerazione è nata dalle parole di Francesco Pizzorni che intervistato sull’argomento ci ha risposto

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Una scelta politica Dall’intervista realizzata a Piergiorgio Monaci, Direttore del settore “Valorizzazione spazi” dello stuff “Assessorato Area Metropolitana Casa e Demanio” del Comune di Milano, abbiamo capito che le amministrazioni devono programmare la realizzazione di un determinato progetto e funzionalmente a tale progetto predisporre l’utilizzo degli edifici inutilizzati come fattore strumentale alla realizzazione di tale progetto. Tale politica a Milano è stata descritta nella delibera della Giunta Comunale n.1978 del 28/9/12. Dall’intervista a Francesco Pizzorni responsabile della comunicazione dello stuff “Assessorato Area Metropolitana, Casa e Demanio” del Comune di Milano è emerso che tale delibera “in parole povere, dice che vi sono molti spazi, nelle periferie, che sono vuoti ed hanno bisogno di ristrutturazione ed è inutile metterli a bando con un canone fuori mercato è quindi meglio metterli a bando [...] ad un affitto ribassato del 98% per tre anni rivolto a piccole imprese e start up che facciano loro i lavori di ristrutturazione. In tre anni questi soggetti cercheranno di costruire una impresa che se funziona ci possono pagare un poco di affitto, se non funziona abbandoneranno l’edificio.”

Il progetto dunque del Comune di Milano è quello di dare spazio e possibilità alle piccole imprese e start up di costruirsi e viene utilizzato il bene immobile come elemento strumentale alla realizzazione di tale scopo. Questo progetto presuppone, come abbiamo già scritto, una forte scelta

“una delle linee strategiche era di rilanciare le micro economie di quartiere e quindi il concetto di distretti creativi a tal proposito abbiamo fatto un workshop con degli esperti inglesi con l’Università Bicocca. Lì partivamo dal concetto di rilanciare un piccolo spazio centrale per il quartiere con una attività che fosse di interesse sia locale sia per il singolo cittadino, a quel punto avviene che tutta l’economia del contesto si rilancia. [...], in tempi di crisi non puoi chiedere affitti stratosferici e per il Comune di Milano è una risorsa che vi sia presidio fisico nello spazio, il ritorno economico, a livello di bilancio è fondamentale, ma piuttosto che lasciarlo vuoto è una messa a reddito maggiore darlo gratis per tre anni piuttosto che tenerlo vuoto”.

Concessione d’uso Abbiamo esordito scrivendo che, per attuare il meccanismo RED, vi è necessità di una decisa scelta politica perchè oltre a dovere pianificare un progetto sociale è anche necessaria la forza di scegliere determinate formule riguardanti l’affidamento in concessione d’uso gli immobili di proprietà pubblica. Dal dialogo col Comune di Milano abbiamo capito che si può adottare il comodato d’uso gratuito per venti o trenta anni come modalità di concessione di edifici di grandi dimensioni e con notevoli interventi di manutenzione straordinaria da realizzare, in modo da permettere al concessionario di rientrare dell’investimento. Citiamo Francesco Pizzorni: “I famosi mammuttoni, come li chiamiamo noi, li diamo in comodato d’uso trentennale.


“prima i bandi selezionavano i soggetti conduttori in funzione della loro ragione sociale, ora i bandi privilegiano la tipologia di progetto e piano economico che proponi, in funzione di ciò chi valuta assegna un punteggio ed eventualmente ti affida lo spazio”.

Quest’ultima citazione è tratta dall’intervista fatta a Francesco Pizzorni in merito alle concessioni riguardanti piccoli spazi commerciali, ebbene Francesco quando parla di “tipologia di progetto” si riferisce al progetto d’impresa che il soggetto candidato propone come risposta al bando di affidamento e quando parla di “piano economico” si riferisce al piano di rientro che tali soggetti ipotizzano potendo fare dell’attività commerciale negli spazi loro concessi dal

“Cinque anni fa, già solamente il fatto di occuparsi dei senza fissa dimora era totalmente a carico del soggetto Pubblico con attività di volontariato finanziate dalla parte Pubblica, oggi non è più così. Bisogna trovare degli equilibri tra attività in linea con lo statuto della associazione/ cooperativa e attività economiche. Vi porto l’esempio di via Virle che è un raggruppamento di associazioni/cooperative che hanno attività economiche al loro interno e senza le quali non potrebbero sopravvivere. La sostenibilità di una impresa sociale non è più data dal rapporto con i finanziamenti pubblici.”

Ciò a conferma che sarebbe utile prevedere lo sfruttamento anche a fini commerciali di spazi dati in concessione dalle amministrazioni e, aggiungiamo noi, anche a fini lavorativi e occupazionali. Il soggetto affidatario può rimanere comunque una associazione no profit che gestisca il bene dato in concessione utilizzandolo per dare un luogo di lavoro a start up e PMI. Questa opzione ci è stata confermata da Tecla Livi, Direttrice del Comitato di scopo “Urban Barriera di Milano” che parlandoci del progetto di recupero del compendio ex industriale Incet, parlando delle associazioni e soggetti economici che si andranno ad insediare, ci ha detto che “[…]daremo degli spazi commerciali, a canoni convenzionati, in modo che ci sia un entrata che possa permettere loro di pagarsi la gestione e la manutenzione. In sintesi diamo la possibilità di mettere del commerciale in delle aree a servizi per potersi finanziare.”

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Questa citazione ci porta al potere introdurre un altro argomento riguardante l’evoluzione della definizione di “attività di interesse per la città”. Nell’economia dell’intero meccanismo RED la dicitura suddetta prevede una piccola ma sostanziale modifica aggiungendo alle varie tipologie di attività di interesse per la città, quali sociali, assistenza, sostegno o aiuto nonchè culturali, anche quella relativa all’incentivazione delle PMI e al tema occupazionale dei lavoratori under 35. Riteniamo che la tematica occupazionale sia facilmente legabile alle generiche definizioni di “bene sociale” in quanto proprio il fenomeno della disoccupazione, che si verifica in alta percentuale fra gli uomini e le donne under 24, sia di interesse sociale per l’intera comunità e quindi per l’intero contesto cittadino. Generalmente i regolamenti comunali relativi alla concessione in uso di beni immobili di proprietà pubblica valutano il canone d’affitto in funzione dell’attività svolta e più questa attività si sostituisce alla città più il canone viene ribassato. I canoni d’affitto ricognitivi, oltre ad essere concessi a soggetti svolgenti attività di scopo sociale, culturale, assistenza, sostegno o aiuto potrebbero essere riservati anche a piccoli imprenditori, giovani professionisti e giovani artigiani che trarrebbero un grosso vantaggio da tale facilitazione. Su questo tema il Comune di Milano ha già fatto un grosso passo avanti perchè

Comune di Milano. In quest’ultima citazione si parla di soggetto affidatario che normalmente può essere un associazione o un ente e generalmente non può essere un privato se non sociale, questa regola nasce quando le amministrazioni pubbliche finanziavano tutti quegli attori sociali quali associazioni, cooperative che svolgevano tutte quelle attività che rientrano nella definizione di “attività di interesse per la città”. Con l’evolversi della situazione economica dei comuni, delle provincie e delle regioni questi soggetti “sociali” vedono perdere una grossa parte dei finanziamenti che li avevano aiutati a svolgere il proprio lavoro durante questi anni raggion per cui anche nel Comune di Torino stanno maturando considerazioni attinenti tale situazione. Carlo Massucco, Direttore del Comitato Parco Dora a precisa domanda ci ha risposto

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In trent’anni il conduttore dovrebbe riuscire a ristrutturarlo, usarlo per la messa a reddito. A questi bandi partecipano anche i privati che possono dare uno spazio alla loro associazione ed il resto possono metterlo a reddito. Le attività che questi soggetti svolgeranno all’interno dell’edificio dato in concessione vengono prima validate dal Comune e dopo trent’anni la concessione può essere rinnovata con un nuovo contratto in questo caso di affitto. Al termine dell’esperienza, se il contratto non dovesse essere rinnovato, alla città ritorna un immobile ristrutturato e manutenuto.”


Corte dei Conti

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La gestione di un bene pubblico da parte delle amministrazioni impone ha molte regole una delle quali è il dover dare spiegazione alla Corte dei Conti del loro utilizzo. Nel momento in cui un edificio o uno spazio viene dato in concessione a canone ribassato vi è la necessità di spiegare alla Corte dei Conti il mancato o ridotto introito che tale operazione comporta. Piergiorgio Monaci, Direttore del “Settore valorizzazione spazi” del Comune di Milano ci ha spiegato come giustificano alla Corte dei Conti i minori introiti che l’applicazione della delibera della Giunta Comunale n.1978 del 28/9/12 comporta:

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“il mancato introito è giustificato dalla realizzazione del progetto e dal vantaggio che questo porta alla città, per gli edifici grandi dati in concessione per lungo tempo la giustificazione è l’intervento, da parte del privato, sull’edificio. [...] Nella realtà vi sono spazi, soprattutto quelli piccoli, che per noi sono un costo perchè collocati in contesti dove vi sono delle utenze da saldare che, dandoli in concessione, vanno a carico del soggetto conduttore”,

aggiunge Francesco Pizzorni “quello che loro investono e l’indotto che generano è un ritorno per il Comune, poi tendenzialmente nel contratto puoi inserire l’obbligo di uno spazio destinato ad attività sociale o culturale. Ad ogni modo è un introito lavorativo che gira. [...] In termini pratici alla Corte dei Conti giustifichiamo che l’attività svolta in questi edifici è una ricchezza per la città sia in termini di rilancio dell’economia sia in termini di recupero edilizio. Nel caso dei grossi edifici, il conduttore è costretto ad investire economicamente e quello rappresenta certamente un ritorno economico. Il problema può essere rappresentato dai piccoli uffici dati in concessione a canone calmierato, lì si lavora sul discorso che piuttosto che lasciarlo vuoto tre anni si sperimenta una procedura di reinvestimento. [...] La Corte dei Conti ti convoca e ti chiede di dimostrargli che quell’edificio, che è una risorsa della città, l’hai valorizzato patrimonialmente, motivo per cui noi non diamo mai in concessione gratuita un edificio bensì manteniamo sempre almeno un 2% del canone nominale che poi va a salire fino al 10 %.”

Una situazione simile ma diversa a questo tema l’ha data lo Spazio Grisù di Ferrara. L’edificio da loro utilizzato era stato messo in vendita dalla Provincia di Ferrara senza raccogliere interesse. Questa situazione ha rappresentato un vantaggio in termini di rapporti con la Corte dei Conti. Fabrizio Casetti Presidente dell’Associazione Grisù, soggetto affidatario dell’ex Caserma dei Vigili del Fuoco di Ferrara, ci spiega: “[...] Per noi è stato un vantaggio che l’immobile fosse in vendita e che riamane in vendita, perchè in questa maniera

l’immobile rimane a disposizione della Provincia di Ferrara per cui non abbiamo problemi con la Corte dei Conti in più noi glielo rivalutiamo. Abbiamo già fatto un consuntivo, proprio per la Corte dei Conti, in cui abbiamo visto che a fronte di un investimento da parte dell’associazione di circa 950 euro l’immobile è già stato rivalutato per oltre 711 000 euro perchè ognuna delle imprese dentro ha anche semplicemente ripulito, sgomberato, rifatto l’impianto pertinente lo spazio assegnato. Molto è stato fatto in autocostruzione, il cortile era pieno di macerie ed è stato sgomberato da noi, già per lo sgombero dell’edificio erano stati preventivati 7 000 euro che sono stati risparmiati grazie all’uso che il privato ha fatto dell’edificio pubblico. La Provincia ne sta traendo vantaggio, adesso stiamo studiando come potere andare oltre i 5 anni giustificando la cosa alla Corte dei Conti perchè per i primi 5 anni la concessione può essere intesa come una agevolazione per le start up poi bisogna giustificare il mancato introito.”

Questa soluzione permette di giustificare il mancato introito da canone di locazione grazie alla rivalutazione a cui l’edificio non utilizzato è soggetto. In parole povere lo Spazio Grisù ospita gratuitamente piccole imprese creative che ristrutturando lo spazio loro riservato, nella somma, ristrutturano l’intero edificio dividendosi i lavori da fare in comune. La Corte dei Conti ha valutato positivamente l’indotto economico che ogni piccolo imprenditore genera investendo sul proprio spazio e quindi facendo girare soldi e ristrutturando un edificio che altrimenti resterebbe inutilizzato e in degrado.

“De minimis” Unitamente a questo aspetto prettamente economico, l’esempio di Ferrara ci ha fatto capire che vi è anche un altra soluzione da proporre alla Corte dei Conti e riguarda l’utilizzo dell’edificio pubblico dismesso come incentivo per le imprese nascenti. Questa indicazione ci è pervenuta anche dal Comune di Milano che ha adottato il Regolamento (CE) 1998/2006 detto regime di “de minimis”, in questo caso, per potere dare in concessione spazi comunali ad imprese. Le parole di Piergiorgio Monaci sono “Siamo ricorsi al regime di de minimis solo per l’assegnazione alle start up. Siccome in questo caso abbiamo una riduzione del canone del 90% viene valutato come aiuto all’impresa che eroghiamo in regime di “de minimis” e vale non per le associazioni bensì alle imprese. Noi non diamo un vero vantaggio perchè regolato dalle leggi comunitarie motivo per cui possiamo aiutare le start up senza comunicarlo alla Comunità Europea. Il regime di de minimis dice che qualsiasi incentivo che tu concedi ad una impresa come non far pagare il canone o farlo pagare molto basso è un vantaggio così come tutti i sussidi nelle loro diverse forme sono aiuti che potrebbero alterare la concorrenza ma siccome sono aiuti minimi la Comunità


Il regime “de minimis” può essere definito come una modalità semplificata attraverso la quale la Commissione Europea autorizza l’istituzione da parte degli stati Membri di alcuni tipi di regimi di aiuto per le imprese. Tale facilitazione si basa sul presupposto che gli aiuti di stato, se inferiori ad una certa soglia, non violano la concorrenza tra imprese. [...] Se lo stato membro rispetta questi limiti nell’istituire un regime di aiuto lo può considerare automaticamente approvato dalla Commissione. In compenso le imprese non possono ricevere più di 200 mila euro in tre anni attraverso questa tipologia di strumenti agevolativi [...]

Trust

.

Il rapporto che nasce tra il soggetto pubblico ed il soggetto aggiudicatario di una concessione è normato dal Regolamento per la concessione di beni immobili comunali ad Enti ed Associazioni e da tutte le leggi statali in materia. Data la materia complessa dell’argomento spesso le leggi da conoscere ed applicare sono numerose e restrittive e trasformano l’iter burocratico in un percorso ad ostacoli molto lungo. Rimanendo dell’opinione che i temi di cui parliamo sono ragionamenti che scaturiscono da indagini e che non vi è una sola soluzione assoluta e corretta, riteniamo che una possibilità interessante per snellire la procedura amministrativa legata ad una concessione edilizia la stia adottando l’associazione Grisù col metodo del trust. Dal sito www.notariato.it riportiamo che: Il trust è rapporto giuridico che sorge per effetto della stipula di un atto tra vivi o di un testamento, con cui un soggetto (settlor o disponente) trasferisce ad un altro soggetto (trustee) beni o diritti con l’obbligo di amministrarli nell’interesse del disponente o di altro soggetto (beneficiario) oppure per il perseguimento di uno scopo determinato, sotto l’eventuale vigilanza di un terzo (protector o guardiano), secondo le regole dettate dal disponente nell’atto istitutivo di trust e dalla legge regolatrice dello stesso.

Fabrizio Casetti infatti ci spiega che “Il trust ha la possibilità di essere molto personalizzabile, in questa maniera si può creare un accordo tra le due parti specifico per l’iniziativa che si vuole fare, specifico per l’immobile e per l’amministrazione in modo da tutelare anche il conduttore della concessione e trovare il punto d’accordo fra i due. Nel caso specifico l’immobile che ospita lo Spazio Grisù è di proprietà dell’amministrazione provinciale ma potrebbe essere proprietà di un privato e dato che la figura giuridica del proprietario può essere molto variabile, caso per caso bisogna trovare il modo per

Nella fattispecie del meccanismo RED il settlor o disponente sarebbe l’amministrazione pubblica proprietaria del bene, il trustee sarebbe l’associazione no profit che gestirebbe il bene e il protector sarebbe l’Agenzia di Sviluppo che gestirebbe il processo legato alla concessione edilizia. Col rischio di ripeterci teniamo a sottolineare che questa del trust è uno spunto dal quale partire per potere semplificare e mettere a regime quell’intenzionalità politica che le amministrazioni dovrebbero avere per potere compiere tutti i passi descritti nel meccanismo RED. Il trust di per se è una formula molto adattabile e può applicarsi in molti campi, questa caratteristica risulta essere fondamentale poichè spesso la proprietà di un edificio pubblico può variare così come differenti possono essere le ragioni sociali dei soggetti beneficiari senza parlare delle caratteristiche dell’immobile e delle normative che lo regolano sulle quali il campo di variazione è molto ampio.

Selezione dell’edificio La galassia di edifici pubblici inutilizzati presenta un’alta variabilità di tipologie e caratteristiche in termini di funzionalità, struttura, materiali, dimensioni etc. In questo immenso catalogo di quelli che erano edifici scolastici, sedi di uffici, mense, convitti etc. non tutti possiedono le caratteristiche per potere essere sottoposti al meccanismo RED. Questo è un tema fondamentale da affrontare per potere dare un quadro generale del meccanismo che riguarda numerosi aspetti da quello economico a quello strutturale passando per l’adattabilità del corpo edilizio. Non tutti gli edifici possono prestarsi a questo meccanismo perchè determinate caratteristiche risultano molto importanti. E’ fondamentale conoscere i luoghi tramite delle analisi che possono essere di tipo tecnologico, strutturale, funzionale, spaziale, dimensionale e contestuale. Da questa analisi è importante partire per potere ipotizzare una strategia di riattivazione e di pianificazione delle funzioni future. Fabrizio Casetti dell’associazione Grisù di Ferrara ci ha raccontato la loro esperienza in merito: “Tramite i differenti mestieri di molti degli associati, ab-

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Proponiamo di seguito una breve descrizione del regime di “de minimis” estratto dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico:

trovare il punto di unione altrimenti gli immobili inutilizzati rimangono così come sono.”

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Europea ti dice che non alterano la concorrenza.”


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biamo valutato l’immobile, abbiamo visto che strutturalmente era messo bene gli interventi che vi erano da fare erano tutti in edilizia libera quindi sistemazione, pulizia, sgombero, imbiancatura e altre cose del genere, non si richiedevano grossi interventi per cui era compatibile con il tipo di progetto che volevamo fare”.

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In questa sede è difficile parlare in modo dettagliato di come effettuare l’analisi di cui sopra ma è possibile descrivere sommariamente le caratteristiche che dovrebbe conservare un edificio per potere essere oggetto di forme di riutilizzo cui ci riferiamo. Innanzi tutto vi è bisogno che l’ipotetico edificio non risulti abbandonato da troppo tempo e comunque che non sia soggetto ad uno stato di degrado avanzato; non deve presentare danni strutturali tali da richiedere ingenti interventi di consolidamento; la copertura non deve richiedere opere di bonifica da materiali quali amianto. Le caratteristiche devono riguardare anche aspetti burocratici; l’amministrazione che ha in carico l’immobile deve essere disposta a darlo in concessione per un lungo periodo di tempo, non deve essere un bene soggetto al vincolo della Sovrintendenza, l’edificio deve essere stato oggetto di un bando di asta pubblico andato deserto, in alternativa essere soggetto a una procedura di evidenza pubblica per la selezione del concessionario.

Intermediari Nel processo di concessione comunale che mette in correlazione amministrazione pubblica e privato spesso capita che vi siano dei passaggi burocratici macchinosi e dispendiosi in termini di tempo. In tale situazione può risultare utile alle amministrazioni servirsi di soggetti terzi che siano in grado di ottimizzare le procedure e accorciare i tempi di una concessione in uso. Piergiorgio Monaci Direttore settore “Valorizzazione spazi” del Comune di Milano ad una nostra specifica domanda sulla necessità di avere un soggetto intermediario tra amministrazione e privato che si occupi del processo di concessione di un edificio pubblico ci ha risposto: “Servirebbe un agenzia che prendesse la proprietà degli immobili per fare una valorizzazione economica vendendo o comprando o facendo una valorizzazione sociale. Sarebbe utile perchè renderebbe tutto più snello ma ora non è possibile. […] Servirebbe un soggetto snello e operativo in grado di trovare degli investitori interessati a spazi importanti, fare valutazioni del progetto riguardo la sostenibilità, che faccia da supporto al soggetto, tutte cose che fanno le agenzie di sviluppo esistenti alle quali non

possiamo più rivolgerci per mancanza di fondi.”

Il dott. Monaci si riferisce all’esigenza di implementare la gestione di quel patrimonio edilizio che risulta difficile da utilizzare per mancanza di fondi e funzioni pubbliche da inserirvi dentro. Risulterebbe utile alle amministrazioni cartoralizzare tale patrimonio ma evidentemente non posseggono i mezzi per potere ricercare e trovare investitori in grado di utilizzare tale patrimonio. Il problema riguarda anche il piano di gestione economico-finanziaria di tali immobili, questa ipotetica agenzia dovrebbe occuparsi anche della verifica delle condizioni minime per potere dare in concessione un edificio ad un determinato soggetto. Lamenta questo problema anche Carlo Massucco, Direttore del Comitato Parco Dora e coordinatore della segreteria dell’assessore Curti del Comune di Torino, che alla stessa domanda fatta al suo collega di Milano ha così risposto: “La cosa che manca è un monitoraggio sul sistema delle concessioni attuali. […] Probabilmente ci vuole un soggetto che sia assimilabile ad una agenzia che sia in grado di mettere insieme uno studio del recupero dell’edificio rispetto le funzioni che si danno all’interno perchè abbiamo avuto delle restituzioni da parte di soggetti che erano convinti di potercela fare con quello che era il loro bilancio ma entrati dentro si sono resi conto di dovere affrontare interventi di manutenzione quasi straordinaria. Normalmente le concessioni sono per soggetti che non hanno una attività commerciale predominante, si possono fare somministrazioni ma questa voce deve essere una quota inferiore al 50 % del bilancio, quindi errori in passato vi sono stati. Per questo motivo ci vorrebbe un soggetto in grado di potere far da mediatore tra i valori del recupero dell’edificio e le funzioni da svolgerci […].”

Ciò che emerge da queste parole è la difficoltà, negli ultimi tempi, di realizzare un processo di concessione in uso in grado di sostenersi economicamente in maniera autonoma motivo per cui si rende necessaria una agenzia che si occupi anche di valutare le caratteristiche economiche di un possibile soggetto concessionario. Ciò che sfugge al Comune di Torino è anche la supervisione delle attività che si svolgono nei luoghi dati in concessione d’uso ad associazioni o enti che, evidentemente, delle volte non rispettano o non si limitano a svolgere le attività per le quali sono state selezionate. In ultima analisi, dalle parole di Massucco, viene fuori che tale agenzia deve anche essere in grado di analizzare e valutare le condizioni in cui versa l’edificio per riuscire ad individuare l’attività adatta da inserirvi.


“Noi pensiamo che ogni impresa che entra in uno spazio essa riservato debba fare un investimento attorno ai 5000 euro perchè deve pulirsi lo spazio, farsi l’impianto certificato etc.”. L’entità dei lavori di pertinenza può riguardare lavori di messa a norma, adeguamento alle norme in materia energetica, rifacimento delle finiture e altri interventi comuni ad una qualsiasi ristrutturazione edilizia. Per quanto riguarda le opere da realizzare negli ambienti comuni o che interessano in maniera diretta o indiretta gli occupanti dell’intera struttura, queste devono essere state oggetto di analisi precedenti l‘insediamento. La valutazione di tali lavori è fondamentale perché non può superare una determinata entità che risulterebbe proibitiva per gli artigiani e professionisti che occuperanno la struttura. La ripartizione dei costi sarà in proporzione ai millesimi e riteniamo che le stesse ditte interne la struttura debbano mettersi in competizione con quelle esterne per quanto riguarda la realizzazioni delle opere comuni. Nel caso in cui i lavori superino una determinata quota da stabilire in funzione degli occupanti e delle potenzialità dell’edificio allora il problema può essere risolto ragionando sulla formula della concessione d’uso dell’immobile. A tale proposito Francesco Pizzorni, del Comune di Milano, ci spiega brevemente come hanno risolto tale problema: “I famosi mammuttoni, come li chiamiamo noi, li diamo in comodato d’uso trentennale. In trent’anni il conduttore dovrebbe riuscire a ristrutturarlo, usarlo per la messa a reddito“. Alla base della valutazione riguardante i lavori

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La gestione dei lavori da realizzarsi è da discretizzare in lavori comuni e lavori di pertinenza personale. Ogni soggetto economico che deciderà di prendere parte al meccanismo RED e quindi avrà la sua sede di lavoro nell’edificio da ristrutturare, dovrà gestire personalmente ed a proprie spese i lavori da realizzare all’interno del proprio spazio. L’entità economica e le realizzazioni edilizie dipenderanno dalle condizioni del bene messo a disposizione dall’amministrazione di turno. Portando l’esempio dello Spazio Grisù di Ferrara citiamo una parte dell’intervista fatta a Fabrizio Casetti Presidente dell’Associazione Grisù:

da realizzare vi devono essere delle analisi tecnologiche, strutturali, ambientali e tutti quegli approfondimenti relativi alle normative ed alle leggi vigenti. Un buona analisi preventiva sarà il mezzo per cautelarsi di fronte l’evenienza di non potere, da parte dei lavoratori locati nell’edificio in questione, i lavori di ristrutturazione ed adeguamento.

Supporto tecnico Tutti i lavori da realizzare all‘interno dell‘edificio, sia quelli pertinenti le singole aziende sia quelli da fare in comune, che riguardano la messa a norma o gli adeguamenti, devono essere soggetti alla validazione di tecnici e ispettori pubblici. Ogni soggetto economico potrà rivolgersi a dei tecnici di fiducia per la redazione e la realizzazione dei lavori ma riteniamo che prima sarebbe il caso convocare chi deve validare tali opere per evitare sprechi di tempo e denaro. Invertire la procedura serve a farsi indirizzare dal validatore che saprà su cosa vi è necessità di agire. In tale modo si sono regolati i gestori dello Spazio Grisù di Ferrara che nella persona di Fabrizio Casetti ci hanno detto: “Siamo partiti direttamente con la collaborazione [...] perchè anzichè redigere un progetto di agibilità e mandarlo al Comune per farlo validare abbiamo direttamente convocato l’ispettore e abbiamo chiesto a lui cosa c’era da fare e ci siamo resi conto che ciò che c’era da fare era completamente diverso da quello che avevamo preventivato e se avessimo seguito la procedura normale avremmo fatto un gran lavoro che alla fine non sarebbe risultato corretto”.

Democrazia interna “[…] Una delle cose che è stato richiesto dall’inizio è la presenza di un Consiglio Direttivo forte che in qualche maniera potesse regolare e regolamentare la vita qui dentro. […] serve un direttivo con poche regole ferree però molto veloce nelle decisioni proprio perchè le dinamiche sono talmente veloci e fluide che caso per caso ci deve essere un giudizio salomonico che possa regolamentare la cosa. Questo alle aziende è piaciuto molto e da una certa sicurezza perchè si sa che la vita sarà

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Lavori edilizi


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comunque complicata, si vivrà gomito a gomito allora si deve avere della buona convivenza seguendo il principio di disturbare il meno possibile l’altro e di essere tolleranti nei confronti di questo disturbo. Nel caso ciò, per qualche motivo non possa succedere, nel contratto con le imprese vi è una clausola che impone, su giudizio del Consiglio Direttivo, l’allontanamento delle aziende senza rimborso dei lavori effettuati”.

Queste sono le parole di Fabrizio Casetti dello Spazio Grisù che ci parlava di come gestiscono la democrazia interna. Riteniamo che la gestione degli interessi e delle dispute debba avvenire come in un condominio in cui si da luogo a delle assemblee in cui si discutono e si risolvono i problemi. Vi è certamente bisogno di un regolamento snello e chiaro da applicare fermamente. Questa parte di vita comune sarà gestita dall’associazione interna in cui confluiranno gli attori economici ospiti dell’edificio oggetto del meccanismo RED.

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Punti di forza Punti di debolezza Opportunità Minacce

Gli obiettivi sono il risultato di un meccanismo di feedbeck proveniente dalla contaminazione dei problemi sorti durante la definizione della prima ipotesi (chiamata RAC) che veniva incrociata con le ipotesi programmatiche nate dalle interviste ai soggetti delle best practices. Questa dinamica di “ritorno” delle strategie è durata molto poiché ogni intervista portava a nuovi sviluppi e inevitabilmente faceva emergere nuovi problemi che si sarebbero intrec-

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Analisi S.W.O.T. degli obiettivi

ciati con le ipotesi iniziali. E’ stato un processo di setacciamento delle idee che partivano da posizioni teoriche ed etiche decisamente virtuali che mano a mano facevano emergere le strategie nello scontro con i casi reali. Da questo meccanismo di feedback sono nati gli obiettivi del nuovo processo RED che qui metteremo in discussione attraverso l’analisi SWOT. L’analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un progetto o in un’impresa o in ogni altra situazione in cui un’organizzazione o un individuo debba portare avanti un progetto o il raggiungimento di un obiettivo. L’analisi può riguardare l’ambiente interno, analizzando punti di forza e debolezza, o esterno di un’organizzazione analizzando minacce ed opportunità. Quella che seguirà sarà la prima fase dell’analisi SWOT in cui elencheremo i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le minacce interne ed esterne al piano RED. Un fattore determinante nella valutazione di questi punti e nella collocazione dei valori di negatività e potenzialità definibili interni o esterni è l’appartenenza o non appartenenza all’associazione RED. Questa collocabilità risulta fondamentale nella valutazione del processo e delle caratteristiche degli attori all’interno delle dinamiche del piano. Questo elenco di punti, proveniente dagli obiettivi ipotizzati, sarà utile a definire le strategie fondamentali che emergeranno nella seconda parte dell’analisi.


Punti di forza

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RED Analisi digerita

Attribuzioni interne dell’organizzazione che sono utili a raggiungere l’obiettivo RED: - Carattere di multidisciplinarietà dell’associazione;

Attribuzioni interne dell’organizzazione che sono dannose per raggiungere l’obiettivo RED:

- Radicamento al territorio locale;

- Condivisione dei rischi;

- Motivazione dei giovani attori economici;

- Necessità di ricerca di credibilità;

- Alto valore di sperimentazione dei giovani attori economici;

- Inesperienza degli attori economici giovani;

- Condivisione di opportunità di sviluppo nell’associazione;

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Punti di debolezza

- Necessità di superamento dell’individualismo economico/gestionale delle PMI;

- Governance orizzontale dell’associazione;

- Necessità di un soggetto terzo per le mediazioni interne;

- Promozione di cultura dell’autogestione;

- Ricerca di investitori e risorse economiche;

- Organizzazioni ramificate;

- Formulazione piano di sostenibilità;

- Maggiore credibilità nei confronti del credito e dei clienti;

- Necessità di competenze giuridiche e amministrative;

- Condivisione della clientela;

- Necessità di condivisione degli indirizzi etici;

- Sostenibilità dei processi programmatici e lavorativi;

- Oltrepassare il calcolo utilitaristico;

- Senso di appartenenza; - Agenzia di sviluppo è soggetto terzo per mediazione conflitti.

- Ritorno economico distante nel tempo; - Conflitti tra gli attori; - Interesse elitario; - Senso di appartenenza.


Condizioni esterne all’associazione che sono utili a raggiungere l’obiettivo RED:

Condizioni esterne all’associazione che potrebbero recare danni alla performance RED

- Contenitori dismessi senza destinazione;

- Stato di conservazione dell’edificio;

- Condivisione politiche municipali;

- Necessità di un interesse politico;

- Bandi per finanziamento da fondazioni o enti;

- Macchina burocratica dell’amministrazione pubblica complessa e complicante;

- Best practices già sviluppate; - Coinvolgimento attori locali;

- Scarso interesse all’iniziativa da parte degli attori economici;

- Vicinanza e contaminazione con la ricerca universitaria;

- Numero congruo di attori economici partecipanti;

- Approccio integrato tra assessorati;

- Mancanza di normativa nei rapporti tra le imprese;

- Costruzione di un modello reiterabile; - Indotto per il contesto territoriale locale;

- Necessità di investitori illuminati;

- Formazione di un “distretto etico”;

- Cambio delle politiche di sviluppo e degli interessi politico amministrativi;

- Costruzione di best practices

- Piani di sviluppo a lungo termine;

- Polo virtuoso e attrattivo;

- Messa a norma dell’edificio;

- Aiuto occupazionale; - Perseguimento obiettivi di rigenerazione urbana; - Canone locativo ricognitivo; - Attrazione di meccanismi di socialità; - Costituzione di un incubatore sociale; - Sviluppo del capitale sociale; - Rifunzionalizzazione di un edificio dismesso; - Rientro del credito d’imposta nelle casse dell’amministrazione pubblica.

RED Analisi digerita

Minacce

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Opportunità


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Il processo

Il presente capitolo va nel dettaglio delle strategie, degli attori e delle fasi di cui si compone il piano RED. Le considerazioni e le indicazioni che sono venute fuori rappresentano il frutto dei capitoli precedenti. Alla base del meccanismo vi sono tre differenti piedi: l’impianto teorico, l’indagine sulla realtà e le valutazioni che da tali opinioni e indagini scaturiscono. Questi sono i tre riferimenti che abbiamo messo a sistema per elaborare il progetto della nostra Tesi. E’ stato selto di raccontare il processo secondo un certo ordine; inizialmente elaborando le strategie che, frutto delle indagini, devono guidare la realizzazione del piano RED. Oltre le strategie abbiamo analizzato i vari attori che fanno parte o che possono rientrare nel meccanismo discriminando tra quelli interni e quelli esterni a questo; di seguito abbiamo elencato, seguendo un ordine cronologio/amministrativo, i vari passaggi da compiere per realizzare il piano. In fine ci è parso necessario fare dei tentativi di piano RED; nella fattispecie provando a verificare quali sarebbero i passaggi se volessino rifunzionalizzare un edificio usando il processo RED. Questo capitolo, quindi, rappresenta il frutto delle considerazioni e delle indagini realizzate durante questi mesi di studio; pensiamo però che questo non sia un punto di arrivo bensì di partenza per potere approfondire ancora il nostro elaborato sino a dargli una dimensione reale e praticabile.

RED


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RED Il processo

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Analisi degli attori del processo RED Guida alla lettura della mappa Gli attori

Il processo RED è un sistema complesso di iniziative e strategie volte al recupero di un edificio di proprietà comunale attraverso l’incubazione di PMI e attività commerciali associate sotto un unico e specifico spirito etico di sviluppo. Il riuso incorpora processi complessi di negoziazione in cui sono coinvolti molti attori tra loro diversi. Questi stessi attori, nei confronti del progetto RED hanno inoltre un ‘ennesima mediazione da affrontare, ovvero quella di rimanere fedeli ad un unico indirizzo comune per lo sviluppo, aldilà del loro orientamento sociale, economico ed etico-politico. Nel processo di riuso vi saranno molteplici discussioni,interazioni e influenze tra persone giuridiche, politiche, tra interessi privati , beni comuni che si dibatteranno nell’ambito del sociale (istituzionalizzato e informale) e delle relazioni. Con questa introduzione vorremmo fare presente che l’analisi che seguirà è stata pensata per descrivere una mappa degli attori interessati dal nostro progetto strategico di supporto alla definizione e ottimizzazione dei rapporti tra gli stessi ai fini della riuscita del progetto. E’ importante però ricordare che nella definizione di questi attori ci siamo scontrati con la virtualità del tracciamento e che dunque le nostre intenzioni analitiche sono quelle di restituire un’ipotesi di mappatura di attori che non sono riferiti ad un caso specifico (che necessiterebbe di specifiche indagini) ma che sono rivolte al disegno di un iter ipotetico da definire nella realtà di un edificio specifico, su un quartiere determinato di una città reale.


la metà superiore è riferita all’amministrazione pubblica (immaginata da una forma circolare) e la metà inferiore riferita alla razionalità tipica del mercato (derivante da una forma quadrangolare) sono state divise i tre parti per specificare la tipologia degli stakeholders interessati dal processo (si veda capitolo “Le tipologie di stakeholders”). Il grado di importanza/influenza di ogni attore è definito dalla vicinanza dal centro della mappa.

Mappa degli attori RED

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RED Il processo

il reticolo è stato suddiviso in cinque fasce successive di vicinanza/lontananza dal centro del diagramma che definiscono il grado di importanza/ influenza di ogni attore nei confronti della riuscita del processo REI. I valori (definiti da una scala da uno a cinque) sono stati dati in funzione del potere di ogni attore nei confronti del processo teorico, costruito e avviato, in base all’incrocio delle analisi e delle interviste con le istanze progettuali da noi ipotizzate. - Le tiplogie di attori:

114 168. Klamer, A., The Value of Culture. In: A. Klamer (ed.). The Value of Culture. On the relationship between economics and arts. Amsterdam: Amsterdam University Press, 13-43. 1996 169. Mitchell, R., Agle, B. & Wood, D. Toward a Theory of Stakeholder Identification and Salience: Defining the Principle of Who and What Really Counts. The Academy of Management Review. 853-886. 1997

Guida alla lettura della mappa Prima di descrivere uno ad uno gli attori interessati dal/ al riuso e dalla/alla trasformazione bisogna specificare gli elementi della mappa con la quale abbiamo deciso di descriverli e i valori che abbiamo deciso di utilizzare. - Il Reticolo: per indagare i valori sulle politiche di trasformazione urbana bisogna riferirci al mercato e all’amministrazione pubblica. Questi sono due mondi diversi che Klamer 168 interpreta mediante la metafora delle forme de il quadrato e il cerchio. Si tratta di una rappresentazione ideale che traduce la razionalità dell’uno e la passione della piazza circolare dell’altro, l’emozione e la moralità. Essendo una rappresentazione teorica può avere delle difficoltà di riscontro con la realtà; inoltre questa è una visione ideale di una realtà anglosassone che diverge, per storia e cultura, dai difetti e dalle contraddizioni istituzionali dei paesi mediterranei. L’interpretazione di queste due forme e caratterizzazioni etiche suddivide in due metà il reticolo su cui si inseriscono gli attori a seconda della loro costituzione amministrativa. - I valori di importanza / influenza nel processo:

la metà superiore riferita all’amministrazione pubblica (immaginata da una forma circolare) e la metà inferiore riferita alla razionalità tipica del mercato (derivante da una forma quadrangolare) sono state divise i tre parti uguali per specificare la tipologia degli stakeholders interessati dal processo. Per questa suddivisione ci siamo riferiti allo studio sulle tipologie degli stakeholders effettuato da Mitchell, Agle e Wood 169 che definiscono gli attori come: Dormienti: questi attori sono coloro che hanno maggiore coscienza della loro posizione sociale poiché questa è maggiormente codificata nell’ambito relazionale a cui si riferiscono (caratteristica : Potere). Hanno una maggiore attitudine a cedere. Discrezionali: sono quegli attori che devono confermare la loro posizione sociale all’interno delle relazioni sociali cui si riferiscono; o sono gli stessi attori che devono legittimare, formalmente o informalmente, il loro progetto. (caratteristica : Legittimità). Hanno attitudine indifferente nel cedere o ricevere. Richiedenti: essi necessitano di un’azione di trasformazione della loro condizione oppure hanno bisogno di qualcosa da un altro attore all’interno del processo di relazione (caratteristica : Urgenza). Hanno una maggiore attitudine a ricevere.


Gli attori

PROFESSIONISTI : questi sono soggetti legati all’apparato legale, a funzioni notarili, a specifiche lavorazioni tecniche e /o artigianali, etc. Anche queste figure professionali possono rientrare all’interno della rete e usufruirne i vantaggi associativi.

RED Il processo

All’interno del diagramma, avvicinandoci verso il centro della mappa, alcuni degli attori rientreranno all’interno di una linea che definirà il perimetro ideale dell’associazione che dovrà costituirsi. Gli attori all’interno di questa area teorica saranno coloro che stringeranno i rapporti più forti e che si costituiranno in gruppo per la definizione e formalizzazione del contratto etico discusso in precedenza.

Sono commercianti che, secondo caratteri di commerciabilità decisi nello statuto, possono rientrare all’interno dell’incubatore RED e usufruire dei vantaggi della rete.

Investitori Collocazione: Interni Importanza/Influenza: 2

Gli attori interessati al processo verranno elencati e descritti partendo dal centro e spostandoci verso l’esterno del diagramma arcuato. PMI / Commercianti / Professionisti Collocazione: Interni Importanza/Influenza: 4 Tipologia: Discrezionali PMI : le piccole imprese sono definite come imprese che impiegano meno di 50 persone e il cui fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 10 milioni di euro. Mentre le microimprese sono definite come imprese che impiegano meno di 10 persone e il cui fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 2 milioni di euro. Su un gruppo di queste imprese si baserà l’incubazione di piccole attività imprenditoriali sostenibili all’interno del volume dell’edificio da riutilizzare 170. I campi imprenditoriali non saranno vincolanti all’origine del processo ma le nostre ipotesi prevedono, tramite dei bandi di partecipazione, la facilitazione di piccole start-up di costituzione under 35 e possibilmente di carattere sostenibile. I vincoli saranno definiti specificatamente all’interno del contratto etico che queste dovranno sottoscrivere e concordare con le altre realtà all’interno dell’associazione RED. COMMERCIANTI : sono soggetti che a vario titolo credono nel sistema associativo e nel progetto RED ma che non hanno delle specifiche competenze tecniche, professionali o creative.

Tipologia: Dormienti Gli investitori saranno quelle figure economiche che crederanno nel funzionamento di questo processo di riuso/incubazione di realtà produttive. Questi saranno gli attori che finanzieranno il progetto di ristrutturazione e che, secondo propria disponibilità, potranno finanziare uno o più progetti delle realtà imprenditoriali/ professionali all’interno dell’incubatore.

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Condizione possibile è che l’investitore sia finanziatore di se stesso nella propria attività imprenditoriale tra le PMI o tra i professionisti. Anch’essi faranno parte a pieno titolo della realtà associativa e all’interno della scrittura dello statuto associativo saranno presenti anche i vincoli limitativi delle possibilità di finanziamento. Agenzia di sviluppo Collocazione: Interni Importanza/Influenza: 4.5 Tipologia: Discrezionali L’agenzia di sviluppo è il soggetto imprenditoriale “terzo” all’interno dell’associazione. Questo attore gestisce il rapporto tra gli stakeholders interni ed esterni al processo RED. Sarà formata da una componente tecnica di supporto alla definizione dei progetti architettonici e di ristrutturazione dell’edificio e dunque da capofila e responsabile tecnico per tutte le imprese associate nel dialogo con apparati amministrativi esterni e con la rete di artigiani. Sarà altresì formata da una componente gestionale che si occuperà della parte amministrativo-burocra-

170. Raccomandazione della Commissione Europea (2003/361/CE) del 06/05/2003 pubblicata sulla G.U.C.E. L 124 del 20/05/2003 e Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18/04/2005 pubblicato nella G.U. n. 238 del 12/10/2005 in vigore dal 01/01/2005.

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- I confini associativi:


tica dell’associazione nel rapporto con attori economici, politici e amministrativi esterni. Nella pratica risulta organismo strumentale dell’associazione nei rapporti verso l’esterno e in quelli interni all’associazione stessa.

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RED Il processo

Associazione partecipata (ipotesi) Collocazione: Interni Importanza/Influenza: 2 Tipologia: Discrezionali La definizione di questo ente è una delle idee che stiamo cercando di fare emergere dal progetto RED. Il fine di questa associazione partecipata sarebbe di supporto all’attività di mediazione dell’agenzia di sviluppo ma anche e soprattutto di sostegno all’attività di progetto e pianificazione per l’intervento di riuso e per i piani di progettazione e analisi della trasformazione urbanistica.

116 171. si veda parte di intervista fatta al responsabile della comunicazione dell’amministrazione dei beni pubblici e demaniali di Milano Francesco Pizzorni a proposito della novità strategica dell’associazione partecipata

La formazione della partecipata sarebbe costituita perlopiù da ricercatori e professori universitari della facoltà di architettura e per la parte restante da alcuni rappresentanti tecnici dell’associazione RED e una rappresentanza della municipalità attraverso un tecnico dell’ufficio rigenerazione urbana 171. L’utilità di questa associazione sarebbe per trarre vantaggio dalle potenzialità ideative e l’approfondimento analitico di ricercatori universitari e studenti (in veste di tirocinanti e manodopera volontaristica) per i progetti e le consulenze tecniche,architettoniche e urbanistiche.

PMI / Commercianti / Professionisti Collocazione: Esterni Importanza/Influenza : 2 Tipologia: Discrezionali PMI : queste sono lo stesso tipo di impresa di cui sopra ma che non aderiscono al sistema associativo RED e a cui ci si dovrà rivolgere sia per motivi inclusivi (dettati dalla trasformazione urbana) sia per questioni di consulenza professionale. COMMERCIANTI : Questi attori possono essere figure commerciali lambite amministrativamen-

te, legalmente o territorialmente dai processi di trasformazione fisica e di sviluppo locale. Per questo sono una parte importante dell’approccio integrato di riqualificazione urbana. Possono essere soggetti legati alla ristorazione, ai servizi alle imprese, alle tecnologie di supporto ed altro. PROFESSIONISTI : Questi attori sono tutte quelle figure professionali a cui bisognerà rivolgerci, esterne all’associazione e all’incubatore, per definire la parte tecnica, burocratica e amministrativa del processo RED. Possono essere soggetti legati all’apparato legale, a funzioni notarili, a specifiche lavorazioni tecniche e /o artigianali, etc. Ufficio Rigenerazione Urbana Collocazione: Interni / Esterni Importanza / Influenza: 4.5 Tipologia: Dormiente Questo apparato rappresenterà la finestra di dialogo dell’associazione interna con le politiche di sviluppo urbano portate avanti dalla municipalità. Le loro azioni locali di rigenerazione urbana, finanziate prevalentemente con fondi ordinari dell’amministrazione comunale, sono promosse e realizzate dalle agenzie, dai comitati, dai tavoli sociali e dalle associazioni locali, in collaborazione con le Circoscrizioni cittadine. I programmi annuali di attività sono approvati dalla Città con l’obiettivo di attivare processi di rigenerazione urbana attraverso azioni di sviluppo locale, di riqualificazione dello spazio pubblico, di lotta all’esclusione sociale, di supporto ai processi di integrazione dei nuovi cittadini e di sostegno alla cittadinanza attiva. Sarebbe utile al funzionamento del processo interna che, in funzione della disponibilità politica dell’amministrazione pubblica, questo ufficio sia rappresentato da uno o più funzionari all’interno dei tavoli di concertazione dell’associazione RED. Credito Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 3


La scelta dell’istituto di credito è funzionale alle decisioni e alle linee strategiche interne all’associazione e allo statuto associativo.

RED Il processo

Per fare partire il processo di riuso e trasformazione urbana RED è necessario, per alcune delle PMI, avere a disposizione del credito per finanziarsi (quando non vi sono degli investitori diretti). A questo proposito, forti di alcune delle dinamiche imparate dall’ esempio citato molto spesso dello spazio Grisù di Ferrara , la strategia ipotizzata sarebbe questa: la scelta e l’accordo con un solo istituto di credito che possa finanziare i soggetti che necessitano di prestiti per fare partire l’attività da incubare. In questo modo, il processo RED, funzionerebbe da credenziale per l’apertura di linee di credito e l’istituto bancario farebbe da sponsor per l’attività virtuosa di riuso e di rigenerazione urbana.

gegneria e dei suoi ricercatori attraverso l’ipotesi della associazione partecipata (citata in precedenza), tramite consulenze, workshop e seminari sul tema della rigenerazione urbana e su temi specifici volti al recupero del tessuto urbano e del patrimonio edilizio esistente da svolgere durante e prima la fase di definizione del piano RED. Questo per rendere la didattica universitaria complice attiva di un progetto virtuoso ed anche per trarre vantaggio dalla manodopera volontaristica degli studenti di architettura partecipanti ai workshop. La variabilità di collocazione tra interni ed esterni all’associazione dipenderà dalla struttura organizzativa dell’associazione partecipata e dai rapporti strategici di questa con l’associazione RED. Comitati di cittadini Collocazione: Esterni

Soggetti del Terzo Settore Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 2 Tipologia: Discrezionali Il terzo settore è quel complesso di istituzioni che all’interno del sistema economico si collocano tra l’amministrazione pubblica e il mercato, ma non sono riconducibili né all’uno né all’altro; sono cioè soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva. Nel caso specifico del processo RED sono la “costellazione” di associazioni ed enti che ruoteranno attorno al processo di rigenerazione urbana che vedrà come protagonisti gli attori all’interno e all’esterno dell’associazione stessa. Si auspica che la collaborazione con i soggetti del terzo settore sia continuativa; dunque prima, durante e dopo la riqualificazione stessa e i processi di concertazione con comitati ed enti locali. Università Collocazione: Interni / Esterni Importanza/Influenza: 1 Tipologia: Discrezionali Per università si intende la collaborazione con gli studenti delle Facoltà di Architettura e In-

Importanza/Influenza: 2.5 Tipologia: Richiedenti Questi attori sono gli attuali e futuri cittadini interessati dalla trasformazione, i visitatori occasionali, i rappresentanti del quartiere e i gruppi d’interesse. In una trasformazione urbana e nella sua progettazione partecipata si ha spesso un sistema complesso di interessi e ruoli spesso contrastanti. Questi attori sono una parte sensibile degli utenti del processo perché sono sia soggetto che oggetto della trasformazione urbana. Ufficio Tecnico comunale Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 4.5 Tipologia: Dormiente Questo è un attore dell’amministrazione pubblica di riferimento per la rifunzionalizzazione dell’edificio. Ad esso, il progetto RED dovrà riferirsi in materia di documentazione per la ristrutturazione ordinaria e straordinaria, per la modulistica e la documentazione da consegnare e per gli standard a cui fare riferimento per il progetto. E’ un attore esterno all’associazione ma a cui i mediatori dell’agenzia di sviluppo dovranno continuamente riferirsi prima dell’inizio di qual-

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Tipologia: Dormiente


siasi adeguamento, lavoro o progetto. Corte dei Conti Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 3.5

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RED Il processo

Tipologia: Dormiente La Corte dei Conti è un organo dello Stato, presente in vari ordinamenti, con funzioni giurisdizionali, amministrative e di controllo in materia di entrate e spese pubbliche. Effettua un controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo e della pubblica amministrazione, ed un controllo di gestione a consuntivo sui bilanci dello stato, delle amministrazioni pubbliche e di quegli enti per i quali lo stato contribuisce alla gestione ordinaria. Ad esso deve fare riferimento, in materia di bilanci consuntivi, l’assessorato responsabile al patrimonio immobiliare della città di Torino.

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172.

www.comune.torino.it/infogio/ spg/

Per questo è un attore fondamentale, ma passivo, delle trasformazioni del processo RED; poiché ad esso devono fare riferimento in materia di legittimazione dei progetti di trasformazione (nell’ambito delle mancate entrate finanziarie) tutti quei soggetti che si riferiscono con delle iniziative a edifici, inutilizzati e non, di proprietà pubblica. Assessorato Patrimonio Immobiliare Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 4 Tipologia: Dormiente L’assessorato è un attore attivo all’interno del processo RED ma esterno all’associazione. L’ufficio dell’assessorato fa riferimento all’Agenzia del Demanio che è un ente ministeriale e che si occupa di : acquisti per le pubbliche amministrazioni, attività tecnico-estimative per i beni pubblici, e attività gestionale di fondi e beni in uso alla pubblica amministrazione. Nell’ambito delle trasformazioni ipotizzate dal piano RED di rifunzionalizzazione del patrimonio immobiliare inutilizzato di proprietà pubblica l’attività della Commissione dell’assessorato è riferimento specifico poiché verifica valori immobiliari afferenti processi che comportano esborsi per l’Amministrazione (fitti passivi e ac-

quisti) o incassi (locazioni, concessioni e vendite), con il compito di presidiare il rispetto dei criteri di mercato e della buona prassi estimativa, il tutto nell’ottica generale di contenimento della spesa pubblica. Ad esso deve esserci un continuo riferimento strategico e progettuale nei confronti della legittimazione del programma RED da parte dei mediatori dell’agenzia di sviluppo. Inoltre è un riferimento, in ambito gestionale, normativo ed amministrativo per la definizione e i contenuti dei termini delle concessioni sugli immobili. Assessorato Politiche Giovanili Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 2 Tipologia: Discrezionale Torino Giovani è il marchio che caratterizza l’azione della Città di Torino a favore delle nuove generazioni, attraverso la promozione, il coordinamento, la realizzazione di servizi e progetti che vanno dall’informazione ai nuovi linguaggi della comunicazione, dal volontariato alle opportunità di partecipazione attiva alla vita della città, dalla realizzazione di attività creative alle proposte di mobilità in Europa 172. La trasversalità delle politiche giovanili prevede che i progetti siano coordinati da diversi Settori dell’amministrazione, che lavorano in sinergia tra di loro: Gioventù, Attività internazionali, Servizi Educativi, Cultura, Servizi Sociali. Il Servizio Politiche Giovanili mantiene le funzioni di regia, progettazione, indirizzo e coordinamento per la realizzazione delle attività destinate a giovani della città. L’azione di contaminazione di questo assessorato con il progetto RED permetterebbe l’intercettazione di diversi bandi nazionali e internazionali per lo sviluppo di attività imprenditoriali a favore di Under 35. Per questo risulterebbe vincolante e necessario il dialogo tra l’associazione, tramite l’agenzia di sviluppo, e l’assessorato ai fini di uno sviluppo comune delle politiche immaginate dal processo RED rivolte ai giovani. Assicurazioni Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 3


Tipologia: Dormienti

Anche in questo caso, come per l’istituto bancario, sarà l’agenzia di sviluppo a mediare i rapporti tra l’associazione e l’ente assicurativo. Fondazioni Collocazione: Esterni Importanza/Influenza: 2.5 Tipologia: Discrezionali Le fondazioni sono attori istituzionali (e non) esterni al processo RED. Questi pensiamo di citarli nella mappatura dei soggetti interessati poiché intendiamo, nella costruzione del processo, riferirci continuamente alla possibilità di sovvenzionare il progetto tramite bandi ministeriali per lo sviluppo di attività imprenditoriali e creative under 35, oppure tramite l’intercettazione di bandi riferiti allo sviluppo urbano sostenibile. L’attività di ricerca di questi fondi provenienti dai ministeri afferenti alle varie politiche di sviluppo o dall’Unione Europea verrà portata avanti dall’agenzia di sviluppo prima, durante e dopo il processo di rifunzionalizzazione; sia per finanziare la ricostruzione ma anche per offrire un aggiornamento continuo sulle possibilità di finanziamento alle imprese incubate.

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RED Il processo

Il processo di ristrutturazione RED e le lavorazioni all’interno delle imprese artigiane e delle PMI incubate necessitano di una copertura assicurativa. Inoltre deve avere anche un’assicurazione tutto l’edificio e le sue attività una volta partito il progetto. Per questi motivi l’intero sistema necessita, come per il credito, di un istituto di riferimento che definisca per tutti gli attori interni un unico contratto assicurativo; in questo modo si facilitano i tempi gestionali dei contratti e vi è un unico soggetto intermediario.


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Fasi del processo RED Municipalità Regolamento Comunale Delibera Comunale Agenzia di Sviluppo Associazione partecipata dall’Università Avviso pubblico di selezione Contratto Associazione RED

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In questo sotto-capitolo elencheremo le varie fasi di cui si compone il meccanismo RED. Saranno elencati in ordine cronologico i passi da compiere per realizzare l’intero processo, dalla parte che concerne le istituzioni sino a quella eseguita dagli attori economici del processo passando per l’opera di mediazione dell’Agenzia di Sviluppo che seguirà la procedura sin dall’inizio. Questo scritto è uno dei passaggi fondamentali della nostra Tesi perché qui vengono a comporsi e ad essere messe a sistema le considerazioni, le scelte e le conoscenze acquisite durante il nostro iter di Tesi. Ciò che riportiamo è lo svolgimento del meccanismo così come noi lo ipotizziamo e così come crediamo debba svolgersi guardando alle procedure amministrative e politiche che le governano. Tutto il nostro lavoro, ma in paricolar modo questa parte della tesi, è frutto del lavoro di feedback che i libri e soprattutto le interviste ci hanno portato; ciò che abbiamo realizzato è semplicemente un lavoro di composizione degli elementi, a nostro giudizio vincenti, di cui siamo venuti a conoscenza approfondendo il tema della nostra Tesi e guardando alle esperienze altrui (vedasi il capitolo “Interviste ed esempi di Best Practices). Riporteremo, dunque, per ogni fase, una descrizione delle attività da compiere; lo scopo è quello di dare una cognizione della possibile procedura temporale e politica dell’intero percorso di riattivazione edilizia.


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RED Il processo


A sinistra verticalmente sono elencati gli attori fondamentali del processo RED, mentre nella parte bassa vi sono le fasi principali. All’incrocio, nei “cartelli esclamativi� vi sono delle specifiche gestionali riferiti alla coppia attore-fase.

Mappa degli Attori e delle fasi RED

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RED Il processo

Nella nostra idea di processo RED, in tale regolamento, dovrà prevedersi la possibilità di cedere in concessione d’uso edifici pubblici per svolgere principalmente delle attività profit; per realizzare tale ipotesi si dovrà modificare il regolamento chiedendo il vaglio del Consiglio Comunale. Vi è anche la strada di prevedere tale utilizzo del patrimonio pubblico in sede di Delibera Comunale senza dovere prolungare i tempi del processo passando per il Consiglio Comunale.

Delibera Comunale

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Municipalità In seno a tale istituzione dovrà nascere la volontà politica di utilizzare il patrimonio edilizio pubblico dismesso come strumento per realizzare politiche di rigenerazione urbana, riutilizzo e incentivazione per le PMI, attività commerciali e professionali (d‘ora in poi chiameremo col nome “progetto” l‘intenzione di realizzare politiche di rigenerazione urbana, riutilizzo e incentivazione per le PMI, attività commerciali e professionali). A tale volontà politica dovranno partecipare gli assessorati al Patrimonio, all’Urbanistica, alla Rigenerazione Urbana, alle Politiche Giovanili, al Lavoro (comitato inter-assessorile) e tutti quegli assessorati coinvolti in maniera diretta all’operazione in questione. Come proprietario e gestore dei beni immobili pubblici, il Comune dovrà istruire e perseguire l’iter burocratico necessario alla realizzazione del progetto di recupero edilizio.

Regolamento Comunale In funzione di tale regolamento dovrà istruirsi l’intera pratica amministrativa. Attualmente la maggior parte dei regolamenti in materia di concessione di beni pubblici sono rivolti a soggetti no profit protagonisti di iniziative di tipo sociale, di assistenza o di aiuto alla popolazione.

La Delibera Comunale, che scaturirà dalla scelta politica che è alla base di tutto il meccanismo RED, dovrà prevedere una serie di disposizioni e riferimenti normativi da rispettare per potere realizzare il progetto. La delibera dovrà contenere la proposta della Giunta Comunale, in merito all’intenzione di utilizzare il patrimonio pubblico come strumento per realizzare il progetto, che sarà firmata dagli assessori citati nel paragrafo relativo alla Municipalità. Sarà necessaria l’esplicitazione delle linee programmatiche che sono alla base del progetto e la relativa delibera ed anche l’eventuale “Piano generale di sviluppo” che esplicita il quadro politico ed operativo dell’amministrazione vigente. Successivamente si potrà procedere a richiamare tutte le normative e le deliberazioni da rispettare per potere realizzare il progetto, confermare le disposizioni del Regolamento Comunale in materia criteri per l’assegnazione in locazione o concessione degli immobili di proprietà comunale ad associazioni o enti no profit ed elencare tutte le motivazioni contingenti che sono alla base della delibera. In fine sarà possibile descrivere l’oggetto della delibera che sarà il documento di riferimento di tutto l’iter di riattivazione edilizia in questione. Dovrà altresì citarsi il documento contenente il censimento degli immobili da sottoporre al meccanismo RED.


L’Agenzia si preoccuperà anche di cercare e partecipare a bandi di finanziamento emessi da Enti pubblici, Unione Europea, Fondazioni, etc. che potrebbero risultare utili al finanziamento del progetto.

Associazione partecipata dall’Università Questa dell’associazione è una ipotesi che noi formuliamo in quanto convinti che sarebbe utile ed interessante coinvolgere il mondo universitario all’interno del processo di riattivazione di un edificio pubblico dismesso. Tale associazione sarà un soggetto no profit partecipato da professori, ricercatori e studenti universitari delle Facoltà di Architettura e Ingegneria che potrebbero fornire un utile aiuto e della manodopera volontaristica all’intero progetto. Il compito di tale organo potrebbe essere quello di organizzare dei workshop o dei laboratori di progettazione avendo come tema il progetto di rifunzionalizzazione dell’edifico oggetto del meccanismo REI. Tale lavoro potrebbe risultare utilissimo come forma di ricerca delle migliori soluzioni architettoniche e tecnologiche da tenere presenti per l’elaborazione del progetto architettonico definitivo da sottomet-

RED Il processo

L’Agenzia sarà un soggetto partecipato della municipalità che avrà il compito di seguire fin dall’inizio l’iter che porterà alla realizzazione del progetto. Nella delibera sarà prevista la delega ad agire per conto degli uffici comunali in materia di gestione del processo. Ciò che farà l’agenzia sarà di prendersi in carico l’edificio o gli edifici, selezionati dagli assessorati competenti, da mettere a soggetto del meccanismo RED. Si procederà con l’effettuare una analisi architettonica, tecnologica, funzionale, sociale e di contesto dell’edificio in questione. L’agenzia elaborerà una proposta riguardo le migliori soluzioni da intraprendere per riattivare l’edificio; si redigerà un piano delle possibili funzioni da inserire valutando le caratteristiche spaziali e funzionali; si farà una valutazione dei lavori da eseguire nelle parti comuni e negli spazi privati guardando allo stato di conservazione dell’edificio, alle condizioni strutturali, alla corrispondenza alle normative vigenti ed alle caratteristiche tecnologiche dello stesso; si procederà ad una stima dei costi degli interventi necessari da realizzare e di quelli possibili. L’importanza del lavoro di analisi edilizia dell’Agenzia non è da sottovalutare perché in base a tale analisi si deciderà che tipologia di polo compatibile con l’immobile. I poli potranno essere di tipo artigianale, di tipo commerciale o di tipo professionale/uffici. Logicamente, al netto dell’ipotesi di realizzare dei poi, le funzioni potranno essere le più disparate in relazione alle caratteristiche degli edifici e degli investitori disposti ad occuparli. L’intero lavoro di analisi dell’edificio e di elaborazione progettuale architettonico realizzato dall’Agenzia sarà fatto in continuo dialogo con gli assessorati competenti ed i relativi uffici tecnici nel rispetto del piano regolatore vigente. Una volta redatti gli elaborati tecnici e ricevute le dovute autorizzazioni si potrà procedere col bando di selezione con manifestazione pubblica dei soggetti economici interessati all’edificio. C’è da aggiungere che non tutti gli edifici possono sottoporsi al meccanismo RED e le discriminanti possono riguardare le caratteristiche spaziali, che non sempre sono facili da modificare, e l’entità dei lavori di ristrutturazione da eseguire, soprattutto relativamente alle parti comuni (tetto, cortile, zone distributive, etc.) che non possono superare una certa soglia perché altrimenti risulterebbe troppo gravoso l’investimento economico da parte delle imprese coinvolte nel progetto.

Il compito dell’Agenzia sarà anche di seguire le aziende ed i professionisti durante i sopralluoghi esplorativi del fabbricato. Di seguito di seguiranno i soggetti che risulteranno selezionati durante tutto il percorso di espletamento delle pratiche tecniche e burocratiche. Quello dell’Agenzia sarà un lavoro di facilitazione mediando tra i soggetti interessati alla trasformazione edilizia e tutti quegli attori esterni al meccanismo che potranno partecipare fornendo supporto di vario genere (assicurazioni, istituti di credito, ufficio tecnico del comune, ASL, finanziatori etc.); nello specifico sarà fornito lavoro di supporto per realizzare un check-up finanziario dell’attività imprenditoriale, messa a punto del progetto imprenditoriale, accompagnamento per la richiesta di accesso all’agevolazione finanziaria, attività di tutoraggi in fase di esecuzione dei lavori, attività di accompagnamento alla selezione dello spazio più idoneo all’interno nell’edificio.

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Luca Cretella Gian Maria Mazzei

Agenzia di Sviluppo


Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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tere al vaglio dei tecnici comunali. Gli studenti che avranno redatto le proposte più interessanti potrebbero essere inseriti nell’Agenzia come tirocinanti e seguire da vicino l’intero processo; questa potrebbe essere una esperienza interessante per gli studenti coinvolti poiché l’agenzia potrebbe fungere da nave scuola per studenti assetati di sapere pratico.

Avviso pubblico di selezione

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Elaborato e validato il progetto definitivo di rifunzionalizzazione dell’edificio si potrà procedere alla messa a bando. Gli uffici comunali competenti procederanno all’emissione delle varie determine (di utilizzo, di bando, etc.) e alla redazione dell’avviso di selezione che sarà scritto in funzione delle attività previste per l’edificio ed il relativo progetto architettonico. La funzione dell’avviso sarà quella di effettuare una evidenza pubblica dell’operazione in atto e di raccogliere le candidature delle imprese interessate all’iniziativa. L’avviso sarà aperto a: ditte individuali, società di persone o capitali, cooperative di produzione e lavoro, cooperative di tipo A e B (ai sensi della legge 8.11.1991 n.381), titolari di partita I.V.A., studi associati e aspiranti imprenditori. Per la definizione di PMI si rimanda al sotto-capitolo “Analisi degli attori del processo RED”. In seguito l’Agenzia selezionerà le imprese da locare nell’edificio in base agli elaborati richiesti quali: copia di un documento di identità valido, progetto imprenditoriale presentato, piano economico (business plan), dichiarazione relativa al “de minimis“, eventuale documentazione integrativa a discrezione del candidato. L’idoneità delle imprese sarà valutata su diversi caratteri quali: curriculum dei candidati, tipologia di contratto stipulato con i dipendenti, età del titolare dell’azienda/studio e dei dipendenti, sostenibilità ambientale (abbattimento delle emissioni di CO2 , rifiuti inquinanti nel processo di produzione, uso di materiali eco-compatibili ed eco-sostenibili, mezzi di trasporto ecologici, efficienza energetica, materie prime provenienti da filiere a chilometro zero), radicamento nel territorio e nella cultura popolare dell’attività imprenditoriale, utilità del servizio proposto, bacino di clientela possibile. Si aggiungeranno altri criteri specifici o si mo-

dificheranno quelli citati in funzione delle attività previste nel piano di recupero dell’edificio.

Contratto Una volta terminata la selezione delle PMI/ commercianti/professionisti da facilitare si procederà all’adesione definitiva, da parte di questi, all’intero progetto chiedendo loro di consegnare i documenti richiesti all’espletamento della pratica burocratica. Coloro che adempiranno saranno invitati a sottoscrivere il contratto con l’amministrazione in cui si richiederà: di incaricarsi dei lavori di messa a norma, realizzazione degli impianti e ristrutturazione dello spazio loro assegnato. Per quanto riguarda gli obblighi in materia di svolgimento dell’attività lavorativa si richiederà: di utilizzare materie prime a kilometro zero, utilizzare macchinari efficienti energeticamente, non usufruire di tirocinanti non pagati, attenzione ai processi lavorativi su tutta la filiera, gestire gli eventuali avanzi di produzione alimentare rivolgendosi ad associazioni di volontariato, utilizzare mezzi di trasporto a basso impatto ambientale, non superare l’ambito di definizione a norma di legge di micro-impresa, piccola impresa e media impresa, in caso di consulenze valutare sempre la disponibilità lavorativa di imprese/studi presenti nell’edificio in cui si è locati prima di rivolgersi a professionisti esterni. Questo è ciò che comporterebbe la definizione di “distretto etico” e i vincoli di una sottoscrizione concordata tra gli associati RED.

Associazione RED Le PMI/commercianti/professionisti selezionati dovranno costituirsi in associazione no profit per potere formalizzare la concessione dell’edificio; questo passaggio è fondamentale perché la maggior parte dei regolamenti per l’assegnazione in locazione o concessione d’uso degli immobili di proprietà comunale prevedono che il concessionario non possa essere un privato bensì un ente pubblico o un’associazione no profit. Il costituirsi in associazione non è solo un esi-


Gli indirizzi dello statuto associativo saranno indicati dall’Agenzia di Sviluppo che sarebbe il soggetto “terzo” di mediazione tra gli attori interni ed esterni all’associazione. Oltre ad essere un ente diverso dalle imprese che partecipano all’alleanza, diventerebbe uno stimolo per agire con logiche super partes e orientate esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. Il Consiglio Direttivo sarà composto dai alcuni membri dell’associazione e da uno o più consiglieri provenienti dagli assessorati interessati dal progetto in questione e uno o più consiglieri dell’Agenzia che ha seguito tutto il processo di riattivazione dell’immobile. In sede di Consiglio Direttivo verranno discusse e risolte le questioni di natura amministrativa, legale, associativa e politica interna (dispute tra occupanti dell’immobile, lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria da realizzare nelle parti comuni e non, gestione delle utenze, gestione delle parti comuni, etc.). La costituzione dell’associazione è necessaria anche per far si che l’edificio interagisca col contesto locale arricchendolo con iniziative aperte alla popolazione interessata dalla trasformazione. L’idea è di aprire gli spazi comuni dell’immobile, e l’eventuale cortile se presente, ad iniziative inclusive che abbiano una funzione sociale e di intrattenimento. E’ anche da prevedere la possibilità di avviare attività di esternalizzazione del progetto di riattivazione dell’edificio pubblicizzando le attività economiche presenti all’interno ed eventi che possano incentivare il lavoro per le imprese; si possono prevedere delle giornate in cui i soggetti economici dell’edificio organizzino un mercato per vendere i propri prodotti

Nel caso in cui l’immobile ospiti un polo di artigiani sarebbe interessante prevedere la possibilità di trasformare gli ambienti di lavoro in dei laboratori e botteghe aperte per un giorno la settimana e venire utilizzati come dei fablab173.

RED Il processo

Risulta utile seguire la forma legale dell’associazione anche per sottolineare quei caratteri di condivisione e cooperazione espressi nei presupposti teorici. Formalizzare i contenuti dell’associazione significherebbe implicitamente, per i soggetti economici da questa interessati, accettare logiche di: multidisciplinarietà, sperimentazione, governance orizzontale, promozione di cultura dell’autogestione, senso di appartenenza e molti altri valori tipici di un’organizzazione associativa volta alla sostenibilità.

al quale partecipino anche gli altri commercianti del quartiere.

L’associazione avrebbe il compito di produrre delle tessere acquistabili da chiunque al prezzo necessario per coprire i costi di assicurazione, utili a potere utilizzare i macchinari degli artigiani sotto la loro supervisione e con il loro aiuto. Il tempo di utilizzo sarebbe poi quantificato in crediti acquistabili dagli stessi che hanno sottoscritto la tessera, questo sarebbe un modo per finanziare l’associazione e coprire i costi di gestione dell’edificio che col tempo potrebbero divenire necessari. Altro compito dell’associazione che gestirebbe l’immobile sarebbe quello di reperire degli sponsor tecnici che tramite l’investimento in denaro, in materiali, in strumenti o macchinari potrebbero acquistare degli spazi pubblicitari all’interno del bene edilizio. In tal modo si potrebbero coprire alcune spese o addirittura evitarle e incentivare così la rete di contatti che può venire a crearsi intorno a tale processo di rigenerazione urbana.

127 173. Fablab è uno spazio in cui tutti posso (co)progettare e realizzare i loro oggetti utilizzando dei macchinari messi a disposizione del Fablab. In un fablab la trasmissione del sapere e libera ed i più esperti aiutano tutti gli altri.

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genza giuridica bensì è anche un modo per potere concordare una forma di mutuo interesse del bene comune da parte di tutti.


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Definizione delle strategie Sfruttare ogni punto di forza Eliminare ogni debolezza Beneficiare di ogni opportunità Ridurre ciascuna delle minacce Conclusione

I risultati dell’analisi S.W.O.T. sono stati utilizzati come input per la generazione di possibili strategie creative. Attraverso il riesame e la pertinenza dei risultati che sono emersi dai punti precedenti verranno tentate delle strategie risolutive per le minacce e le debolezze riscontrate e si ipotizzeranno altre strategie per l’ottimizzazione dei punti di forze e lo sviluppo dei benefici del processo RED. Questo processo verrà effettuato tramite la risposta ad alcune domande specifiche riferite ad ognuno dei gruppi di punti degli obiettivi. Dunque ne risulterà una valutazione delle questioni strategiche definite, ovvero affronteremo i fattori chiave per lo sviluppo del processo RED che devono essere sostenuti nell’organizzazione. Questa “revisione” ha comportato la necessità di modificare alcuni tra gli obiettivi. E’ importante ricordare che a qualunque fase attuativa progettata dovrebbe seguire un monitoraggio, ovvero una mappatura, in itinere, degli interventi correttivi nei confronti delle dinamiche reali del processo, questo per una ulteriore correzione positiva delle strategie e degli obiettivi durante la fase di attuazione. Si vedrà inoltre come molti dei punti di forza e opportunità risultino favorevoli nella risoluzione di alcune delle minacce e dei rischi del processo.


nozioni che hanno definite caratteristiche di adattamento nei confronti dei processi di sviluppo urbano: - Radicamento al territorio locale; - Organizzazioni ramificate;

All’interno del processo di auto incubazione RED abbiamo tentato di sviluppare l’idea che sia fondamentale oggi, per uno sviluppo sostenibile delle imprese, facilitare gli attori economici più giovani per sfruttare le potenzialità degli Under35 nella creazione di impresa. Sono emersi, anche per questa strategia, diversi asset tipici: - Motivazione dei giovani attori economici; - Alto valore di sperimentazione dei giovani attori economici;

Sfruttare ogni punto di forza Come possiamo sviluppare nuove metodologie in grado di sfruttare i punti di forza del piano : La strategia progettuale rivolta al tema dell’associazionismo tra un gruppo di soggetti economici diversi ci porta a sviluppare specifiche caratteristiche emerse dagli studi di questo tipo di organizzazioni. Queste sono proprio quei punti di forza che sono emersi come elementi cardine all’interno dei principi e dei valori dell’associazione RED che si formerà: - Carattere di multidisciplinarietà dell’associazione; - Condivisione di opportunità di sviluppo nell’associazione;

- Promozione di cultura dell’autogestione; Inoltre abbiamo creduto che nell’organizzazione del processo RED ci dovesse essere un soggetto “terzo” per la mediazione dei conflitti tra gli associati e per la comunicazione tra i soggetti economici interni e quelli istituzionali e non esterni all’associazione formalizzando la creazione dell’ Agenzia di sviluppo; - Agenzia di sviluppo è soggetto terzo per mediazione conflitti;

Eliminare ogni debolezza

- Governance orizzontale dell’associazione; - Maggiore credibilità nei confronti del credito e dei clienti; - Condivisione della clientela; - Senso di appartenenza; Una ulteriore risposta è quella dello sviluppo di una logica strategica nella definizione del piano RED e della organizzazione del proprio capitale sociale. Nei presupposti teorici abbiamo più volte sottolineato l’importanza di queste due

Come possiamo eliminare le debolezze per attivare nuove opportunità : Risulta chiaro come alcune delle debolezze interne possano essere bilanciate da alcuni dei punti di forza. Dunque elencheremo prima le debolezze per punti e di seguito le linee strategiche che intendiamo

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RED Il processo

- Sostenibilità dei processi programmatici e lavorativi;


percorrere.

- Formulazione piano di sostenibilità;

- Stato di conservazione dell’edificio;

- Conflitti tra gli attori;

- Condivisione dei rischi; - Necessità di condivisione degli indirizzi etici; - Senso di appartenenza;

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- Necessità di ricerca di credibilità; - Inesperienza degli attori economici giovani;

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Queste sono le debolezze interne al piano RED relative soprattutto ai soggetti economici interni all’associazione. Quando abbiamo definito i contorni programmatici del processo sapevamo di andare incontro a queste difficoltà e abbiamo creduto che si sarebbero potute attenuare con la presenza di un Piano Associativo tra gli le imprese facilitate. La condivisione dei rischi, il senso di appartenenza al progetto e la condivisione degli indirizzi etici sono condizioni imprescindibili di un percorso associativo. Per questo crediamo che, nella cooperazione, queste difficoltà si possano trasformare in possibilità di sviluppo. Per la ricerca di credibilità nei confronti del credito pensiamo che la multidisciplinarietà dell’associazione possa definire un quadro di attendibilità migliore nei confronti degli attori esterni; inoltre la condivisione di esperienze diverse crediamo possa appianare le difficoltà relative all’inesperienza di alcuni degli attori. - Necessità di superamento dell’individualismo economico/gestionale delle PMI; - Oltrepassare il calcolo utilitaristico; - Interesse elitario; Le debolezze qui sopra citate sono tipiche degli attori economici. Ma è anche vero che vi sono delle piccole realtà professionali in Italia che non vivono solo di profitto e che non credono che questo sia l’unico stimolo per lo sviluppo cooperativo e non. Nella definizione del contratto etico e nella sottoscrizione di questo da parte degli aderenti al progetto (appunto un interesse elitario, quindi anche se pochi ma buoni) pensiamo di poter superare appunto il calcolo utilitaristico e l’individualismo economico. - Necessità di un soggetto terzo per le mediazioni interne; - Ricerca di investitori e risorse economiche;

Queste difficoltà sono superabili tramite l’ausilio dell’Agenzia di sviluppo che media i conflitti tra gli attori, e che fornisce gli strumenti agli stessi per la definizione di un piano economico sostenibile. Inoltre si occupa, come più volte sottolineato, della ricerca di finanziamenti erogabili da enti e fondazioni private per il sostentamento del progetto REI e delle imprese interne all’associazione. - Necessità di competenze giuridiche e amministrative; Una ulteriore difficoltà interna ai meccanismi del processo RED è la necessità di competenze per il funzionamento giuridico e amministrativo della macchina. Per questo abbiamo pensato, in una seconda ipotesi passando dal progetto RAC al piano RED, di includere nei possibili attori economici all’interno dell’associazione anche soggetti di questo tipo. Dunque la multidisciplinarietà delle competenze coprirebbe anche queste manchevolezze. - Ritorno economico distante nel tempo; Logicamente vi saranno anche delle problematiche evidentemente inevitabili. Tra queste, appunto, le tempistiche del ritorno dell’investimento economico che varieranno in funzione di molteplici fattori e che non è possibile controllare completamente a priori.

Beneficiare di ogni opportunità Come si può sfruttare i punti di forza per difendersi dalle minacce : Le opportunità che abbiamo rintracciato nel terreno della municipalità, le possibilità di sviluppo intrinseche del territorio e le positività che abbiamo scoperto nell’analisi dei casi studio di realtà consolidate di questo tipo sono tutti quanti aspetti reali e “tangibili”. Nel senso che sono elementi non ipotetici ma potenziali, ovvero in quiescenza, cogliendoli e facendoli esprimere ma con una volontà politica alle spalle. Per questo abbiamo deciso che le occasioni di


- Contenitori dismessi senza destinazione; - Approccio integrato tra assessorati; - Costruzione di un modello reiterabile; - Costruzione di best practices - Polo virtuoso e attrattivo; - Canone locativo calmierato; - Sviluppo del capitale sociale; - Rifunzionalizzazione di un edificio dismesso; - Rientro del credito d’imposta nelle casse dell’amministrazione pubblica; Permettere all’ Agenzia di sviluppo di lavorare per il conseguimento dei fini programmatici del piano RED ,da questa promosso, significa sviluppare un dialogo anche e soprattutto con l’amministrazione pubblica attraverso gli assessorati competenti. Questo vuol dire condividere opinioni e politiche per lo sviluppo sostenibile di parti di città in fase di trasformazione e dunque perseguire obiettivi di rigenerazione urbana. Inoltre ,come abbiamo già più volte sottolineato, l’agenzia si occuperebbe di reperire possibilità di finanziamento e di costruire una rete teorica di best practices utili all’indirizzamento delle imprese e del piano RED. - Condivisione politiche municipali; - Perseguimento obiettivi di rigenerazione urbana; - Bandi per finanziamento da fondazioni o enti; - Best practices già sviluppate; Uno degli obiettivi del processo RED è anche

RED Il processo

Fanno parte anzitutto dell’idea di considerare i vuoti urbani senza destinazione come dei contenitori privilegiati e che quindi questi siano un’occasione per l’autoincubazione e la facilitazione di attori economici che hanno bisogno di svilupparsi ma che non ne hanno la possibilità per farlo (mancanza di sede e servizi). Tutto questo appunto tramite un dialogo e un piano incrociato tra l’amministrazione pubblica, l’agenzia di sviluppo e le piccole imprese under 35 : il piano RED. Quali sono allora questi obiettivi perseguibili:

quello di definire una struttura organizzativa del progetto a rete aperta, in modo da favorire alleanze locali e realtà condivise all’interno e all’esterno della struttura. Volte a stabilire i contatti tra l’associazione e realtà esterne formali e informali, istituzionalizzate ed economiche. Stringendo coalizioni con soggetti associativi del terzo settore utili al coinvolgimento attivo della cittadinanza locale e degli studenti. Insomma vorremmo promuovere un tipo di trasformazione in-between, tra il pubblico e il privato, tra l’individuale e il collettivo con una logica di intervento partecipata e dal basso ma sempre con finalità imprenditive. - Coinvolgimento attori locali; - Indotto per il contesto territoriale locale; - Aiuto occupazionale; - Attrazione di meccanismi di socialità; - Costituzione di un incubatore sociale; L’ipotesi del coinvolgimento dell’ Associazione partecipata risulterebbe utile come catalizzatore per la contaminazione, nel processo, dell’ambito universitario: i ricercatori e i professori in veste di consulenti per l’analisi e il piano progettuale, gli studenti nell’ambito di una gestione concordata di tirocini volti a garantire strumenti didattici utili alla valutazione di una trasformazione urbana, sia durante che dopo la conclusione dei lavori di rifunzionalizzazione. - Vicinanza e contaminazione con la ricerca universitaria; Ora vorremmo accennare le possibilità interpretative di un “nuovo” tipo di distretto produttivo; superando le logiche di distretto produttivo fordista i cui vantaggi provenivano principalmente dalle economie di scala e da un’atmosfera industriale condivisa. Oltrepassando la logica territoriale riusciamo a comprendere le possibilità di una condivisione di intenti e di obiettivi di più PMI. Qui tentiamo di accennare ad un diverso tipo di distretto produttivo che oltre a raccogliere nello stesso edificio più realtà economiche e produttive differenti (quindi diverse professionalità di settore) non condividono solo i costi e i benefici di una situazione associativa ma anche gli intenti programmatici ovvero una condivisione di indirizzi, best practices, tecnologie e saperi innovativi dal punto di vista produttivo ed un nuovo tipo di certificazione della produzione sostenibile ai fini di una più attenta competitività locale, nazionale e internazionale.

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seguito individuate siano dei veri e propri obiettivi programmatici del processo RED.


Il distretto etico diventerebbe una realtà riconosciuta nel territorio oltre che per la qualità della sua produzione anche per l’attenzione alle dinamiche di sostenibilità dei suoi processi programmatici.

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Reinterpretando il concetto di aggregazione non solo dal punto di vista fisico/territoriale ma anche da quello etico/programmatico. Questo è il tema che vorremmo fare emergere all’interno dello statuto associativo e del contratto etico tra gli attori economici che intenderanno partecipare al progetto RED. - Formazione di un “distretto etico”;

Ridurre ciascuna delle minacce

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Come possiamo individuare i piani di difesa per evitare che le minacce esterne acuiscano le debolezze : Anche in questo caso risulta chiaro come alcune delle minacce possano essere evitate con l’ausilio di alcuni dei punti di forza e dei benefici. Anche se purtroppo è evidente che alcune di esse sono inevitabili poiché non dipendono da una premonizione strategico/progettuale ma da fattori esterni non influenzabili dal progetto e dalle sue istanze. Detto questo, come per le debolezze, elencheremo prima le minacce riscontrate e di seguito la linea strategica di indirizzo che abbiamo ipotizzato per rimediarvi. - Stato di conservazione dell’edificio; Questo è un fattore esterno decisamente importante per lo sviluppo del processo RED. Risulta chiaro che se l’edificio è altamente compromesso il processo non risulterebbe sostenibile, ed è per questo motivo che una delle prime cose da fare è la mappatura dei possibili interventi manutentivi e una stima dei costi. In funzione di questi, della potenzialità dell’edificio e del numero degli attori partecipanti si eseguirà il piano d’intervento, sempre tenendo conto della logica strategica del processo e dunque aspettandosi un ritorno economico lento. - Necessità di interesse politico; -Macchina burocratica dell’amministrazione

pubblica complessa e complicante; Il funzionamento della macchina dell’amministrazione pubblica non è sotto il nostro controllo, per questo non possiamo incidere direttamente nelle scelte politiche e nel funzionamento ottimale delle stesse. Ma risulta chiaro che passivamente possiamo portare dalla nostra parte l’attenzione della politica attraverso promettenti programmi e grazie al dialogo che avremo con questa tramite l’agenzia di sviluppo. I temi di grande potenzialità e “attraenti” per l’amministrazione pubblica saranno i seguenti obiettivi: indotto per il contesto territoriale locale, aiuto occupazionale, rifunzionalizzazione di un edificio dismesso, entrata di imposte nelle casse dell’Amministrazione pubblica; - Scarso interesse all’iniziativa da parte degli attori economici; - Numero congruo di attori economici partecipanti; - Necessità di investitori illuminati; - Messa a norma dell’edificio; Tutte queste minacce potrebbero essere relative ad una mancanza di strategia di comunicazione nell’espletamento dei bandi di partecipazione pubblica e nella pubblicizzazione delle possibilità di auto incubazione. Per questo, una delle strategie dell’ Agenzia di sviluppo sarà anche quella di curare l’ aspetto comunicativo. Per la questione di messa a norma dell’edificio abbiamo più volte riportato la necessità, da parte dell’agenzia di sviluppo, di un dialogo continuativo con l’ufficio tecnico. - Mancanza di normativa nei rapporti tra le imprese; Nelle interviste ai soggetti che ci hanno parlato delle realtà su questo tipo di meccanismi abbiamo riscontrato che uno dei problemi più invalidanti è quello dell’incomunicabilità tra l’apparato della pubblica amministrazione e quello dei piccoli soggetti economici nei confronti dello sviluppo attraverso partenariati. Questo si porta dietro una ulteriore problematica che è quella della mancanza di normativa, all’interno di meccanismi del genere, nei rapporti tra le imprese. E’ molto interessante notare come il meccanismo che stiamo proponendo possa divenire una best practices di riferimento per la reiterabilità del meccanismo RED e che questa possibilità


potrà definire un iter burocratico di supporto alle imprese. - Cambio delle politiche di sviluppo e degli interessi politico amministrativi; - Piani di sviluppo a lungo termine;

Infine la logica strategica impone di puntare sul lungo periodo e per questo risulta inevitabile definire dei piani di sviluppo a lungo termine per la trasformazione urbana anche se di piccoli pezzi di città.

Conclusione L’organizzazione del processo sarà funzione delle questioni strategiche emerse dalle risposte qui sopra definite. Logicamente la revisione dell’analisi degli obiettivi comporta la necessità inevitabile di modificare le strategie ipotizzate inizialmente, ma questo è un iter di revisione che abbiamo sempre seguito. La matrice che illustriamo in questo capitolo è il risultato di questi meccanismi di feedback e definisce i fattori critici di successo: ovvero le strategie di pre-attuazione che convogliano su di esse le risposte alle criticità e i piani per le potenzialità. Il passo successivo sarebbe quello di preparare le informazioni operative, la mappatura delle risorse e la preparazione dei progetti per i piani di attuazione della strategia. Ma questo passo nel nostro caso non sarà sviluppato poiché, come più volte ricordato, ci scontriamo con una forte virtualità del progetto a cui non corrispondono dei valori e dei fattori critici reali e tangibili. Abbiamo tentato, nella definizione dell’iter progettuale, di descrivere in maniera esaustiva gli attori ipotetici e le tracce di un intervento di questo tipo ma non risulterebbe logico definire delle negatività o positività di un piano e di soggetti ipotetici.

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Come per le debolezze anche tra le minacce vi sono dei punti influenti ma ininfluenzabili da parte del meccanismo poiché specificatamente esterni. Tra questi, per esempio, il cambiamento delle volontà politico a causa dell’incostanza dei mandati amministrativi. Anche se il “colore” politico non dovrebbe influire sul concetto di bene comune per la città.


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I risultati dell’analisi SWOT sono utilizzati come input per la generazione di possibili strategie creative. Attraverso il riesame e la pertinenza dei risultati emersi dai punti precedenti verranno ipotizzate delle strategie risolutive per le minacce e le debolezze riscontrate e si supporranno altre strategie per l’ottimizzazione dei punti di forze e lo sviluppo dei benefici del processo RED.

Definizione delle strategie

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Tentativi di processo RED Lotto 33, fabbricato in via Cumiana angolo c.so Peschiera Lotto 34, ex complesso scolastico “M. Enrico” di via Bardonecchia Lotto 32, manica ovest dell’ex complesso industriale Incet di via Cigna

Come conclusione di questo capitolo che spiega le strategie, gli attori e le fasi del meccanismo RED ci pareva opportuno provare a declinare il meccanismo, usandolo come chiave di lettura, su dei casi studio rappresentativi delle tante considerazioni scritte in questa Tesi. Spesso abbiamo detto che le Amministrazioni hanno difficoltà a gestire e manutenere alcuni edifici di sua proprietà a causa dei pochi fondi a loro disposizione, abbiamo anche scritto che spesse volte le aste di alienazione di tali immobili vanno deserte a causa dello stato di manutenzione degli stessi ed a causa del basso potere di acquisto dei privati. Per dare un esempio di funzionamento del meccanismo RED abbiamo scelto degli edifici messi a bando di asta pubblica, nella fattispecie, dal Comune di Torino. L’avviso d’asta pubblica in questione è il n.100/2013 scritto in esecuzione delle deliberazioni del Consiglio Comunale (n. mecc. 2013 04084/131) del 30/9/2013, e mette in alienazione 38 immobili. Abbiamo creduto che non ci fosse modo migliore per dare un esempio della funzione del processo che prendere a modello di studio degli edifici realmente trattati dal Comune di Torino. L’intenzione è quella di dimostrare l’apparentamento alla realtà delle situazioni descritte in fase di analisi dei problemi e degli obbiettivi. I casi studio analizzati sono tre e si proverà a darne una lettura funzionale e tecnologica ipotizzando dei futuri utilizzi. Ciò che di seguito esponiamo sono considerazioni di varia natura sull’immobile fatte in funzione del meccanismo; realizzare uno scritto in cui si ipotizzava lo svolgimento del processo RED con tutte le varie fasi e ipotizzando gli stakeholders e gli imprenditori interessati ci sembrava un esercizio formale e inutile da svolgere.


Il fabbricato di via Cumiana 17 in Circoscrizione 3, costruito intorno agli anni ‘30, ospitava il reparto carrozzeria, adibito a deposito di veicoli e a “Servizio Pezzi di Ricambio” della Lancia. Il lotto è stato messo a bando di asta pubblica n.100/2013 emesso dal Comune di Torino al prezzo di 990 000 euro, la valutazione si intende effettuata a corpo e non a misura, nello stato di fatto in cui l’immobile si trova. Segnaliamo che tale base d’asta ha subito un ribasso del 10 % per effetto dei precedenti esperimenti d’asta andati deserti e c’è da dubitare riguardo il successo di quest’ultimo incanto. L’episodio in questione, in parte, verifica i presupposti che abbiamo messo a base della nostra Tesi. Il fabbricato si colloca nel quartiere San Paolo, ambito urbano caratterizzato dall’insediamento in epoca passata di opifici industriali, presenta, pertanto, un tessuto edilizio che risale prevalentemente ai primi decenni del Novecento. L’area del quartiere è influenzata dagli interventi di riqualificazione urbana innescati dalla Spina 1. Il bene è costituito da una unica manica a due piani fuori terra con ingresso dal cortile dell’adiacente fabbricato. Attualmente è in stato di abbandono, le finestre sono schermate e messe in sicurezza per evitare l’ingresso di intrusi. Il pregio di questo bene è certamente il suo carattere archi-

Nel caso in cui l’Amministrazione intraprendesse la scelta politica di sfruttare il patrimonio immobiliare come strumento per fare politiche di incentivo per le PMI allora si sarebbe evitato il cambiamento di destinazione d’uso o si sarebbe scelta, come destinazione, quella di attività produttive A1 (artigianato di servizio, attività industriali e artigianato di produzione compresa la produzione la fornitura di sevizi tecnici, informatici e di telecomunicaziona) normata dall’art. 8.16 delle NUEA; questa è

137 174. Norme Urbanistiche Edilizie di Attuazione (NUEA) del Piano Regolatore Generale del Comune di Torino

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Lotto 33, fabbricato in via Cumiana angolo c.so Peschiera

Ad un primo rilievo fotografico le condizioni strutturali dell’immobile appaiono buone, è da verificare lo stato della copertura. Le maniche, (alta 5,81 m nel punto più basso e 6,27 m nel punto più alto la manica al piano terreno, 5,08 m nel punto più basso e 5,54 m nel punto più alto la manica al paino interrato), presentano una pilastratura centrale con travi estradossate sia per il solaio che per la struttura a telaio. Le condizioni del piano di calpestio appaiono discrete ma necessitano comunque di un intervento. Si necessita anche la sostituzione delle alte finestre e la messa a norma degli impianti. La superficie commerciale totale è di circa 1.356 m² che può duplicarsi aggiungendo un piano ammezzato in ogni manica. Seppur con deliberazione del Consiglio Comunale mecc. n. 2013 02286/009 in data 26/6/13 è stata approvata la variante di P.R.G. n°278 che destina l’area a servizi privati “SP” (ovvero servizi per l’istruzione, attrezzature sociali, assistenziali, per residenze collettive, per attività sanitarie, sportive, culturali) normata dall’art. 8.16 delle NUEA174. Tale provvedimento è stato adottato per rendere più appetibile ai privati il lotto in questione; questo cambio di destinazione d’uso non si sposa con le attività lavorative che il meccanismo RED promuove.

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tettonico dato dalla struttura a telaio in calcestruzzo armato e dalle alte finestre in ferro e vetro.


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una fase amministrativa che sarebbe stata successiva all’analisi dell’immobile fatta dall’agenzia di sviluppo. Il possibile riutilizzo del bene di via Cumiana potrebbe essere per l’appunto a vantaggio di attività artigianali; l’edificio potrebbe ospitare artigiani (falegnami, fabbri, vetrai, etc. ) grazie alle sue caratteristiche. La dimensione dell’interpiano (circa sei metri), l’ampia campata della struttura (7,2 metri di distanza tra i pilastri in direzione trasversale e 5,8 metri in direzione longitudinale). L’ampio interpiano lascerebbe la possibilità di avere spazio per installare tutti gli impianti necessari a svolgere attività di questo genere ed anche la struttura lascerebbe la possibilità di dividere lo spazio in tante officine. L’alta finestratura bene si presta ad attività artigianali lasciando entrare sufficiente luce.

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Per quanto riguarda il processo di rifunzionalizzazione del bene possiamo aggiungere che sarebbe l’associazione interna, costituita dai lavoratori che sono stati selezionati per occupare l’edificio, che organizzerebbe il lavori di sgombero delle macerie presenti, la risistemazione delle zone comuni e il rilascio del certificato di agibilità dividendo, in funzione dei millesimi assegnati, i costi dei lavori tra i soci dell’associazione. Ogni singolo attore economico che lavorerà nell’edificio provvederà alla ristrutturazione del proprio locale e alla relativa messa a norma. Le spese per le opere di muratura utili a dividere i locali saranno divise tra i soggetti che hanno il muro in comune. E’ da tenere presente che i lavori che ogni imprenditore dovrà realizzare prima di iniziare a lavorare e le spese comuni da sostenere posso risultare di una discreta entità motivo per cui riteniamo che la tipologia di concessione in uso con la quale cedere il bene dovrebbe essere “Concessione di uso gratuito” per almeno 20 anni o comunque in funzione del piano economico elaborato dall’Agenzia di Sviluppo.


Il fabbricato di via Bardonecchia 149-151 ospitava il complesso scolastico “M. Enrico”. Il lotto è stato messo a bando di asta pubblica n.100/2013 emesso dal Comune di Torino al prezzo di 3 520 000 euro, la valutazione si intende effettuata a corpo e non a misura, nello stato di fatto in cui l’immobile si trova. Il Compendio immobiliare è ubicato nella Circoscrizione 3 (San Paolo, Cenisia, Pozzo Strada, Cit Turin, Borgata Lesna) nell’isolato delimitato da tra le vie Bardonecchia, Marsigli, Fattori, Rosso e il corso Peschiera, in un contesto urbano caratterizzato da edilizia residenziale e attività commerciali. Il complesso è attualmente inserito in “Zona Urbana Consolidata Residenziale Mista, Aree per Servizi, Servizi pubblici S, istruzione superiore, indice fondiario 1,35 mqslp/mqsf”. Il complesso, risale agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso, insiste su di un’area di 7.630 m² circa, ed è stato a lungo adibito all’uso scolastico, avendo ospitato l’Istituto professionale Mario Enrico. Il complesso è costituito da palazzina principale, con accesso da via Bardonecchia, di 2 piani fuori terra, più un piano seminterrato. Vi è anche un capannone industriale adibito a laboratorio, elevato ad un piano fuori terra- Completano la proprietà due ampie corti di 1.320 m² circa.

E’ prevista variante urbanistica con nuova destinazione a Residenza R3 con una SLP massima realizzabile pari a mq. 9000 e attuazione dell’intervento attraverso SUE. Riportiamo dalla deliberazione del Consiglio Comunale del 30/9/2013: “il compendio di via Bardonecchia 151 […] richiede una modifica della destinazione urbanistica non solo e non tanto per poter essere alienati (in quanto si tratta di immobili attualmente destinati dal P.R.G. a Servizi Pubblici), quanto per una specifica valorizzazione che ne consenta una trasformazione coerente con l’ambito in cui sono collocati, suscettibile di attrarre l’investimento privato.”175

Dalla deliberazione si evince la necessità di cambiare la destinazione d’uso per venire incontro alle leggi in materia di alienazione dei beni pubblici ma soprattutto la sensibilità dell’Amministrazione che per prima da conto di dovere muovere un passo nella direzione del privato offrendogli un immobile con destinazione residenziale, l’unica in grado di

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139 175. Comune di Torino, deliberazione del Consiglio Comunale n.04084/131 del 30/9/2013.

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Lotto 34, ex complesso scolastico “M. Enrico” di via Bardonecchia

Facendo fede alle foto allegate alla scheda patrimoniale di questo lotto, pare evidente il buono stato di conservazione dell’immobile. Come già scritto l’edifico presenta più corpi aventi differenti caratteristiche. La parte di compendio che era destinata alle aule del complesso scolastico pare in un buono stato di conservazione senza necessità di interventi sulle chiusure verticali esterne tantomeno sugli impianti. Dalla scheda patrimoniale, però, evince che potrebbero essere necessari dei lavori di bonifica dell’amianto che pare sia presente in alcuni pavimenti di alcune aule e laboratori. Sembrerebbero necessari solamente interventi di edilizia libera quindi sistemazione, pulizia, sgombero, imbiancatura, etc. Anche nella parte di compendio adibito a laboratori pare conservi un buono stato di conservazione sia nelle strutture che nelle finiture; d’altronde è da far rilevare che il compendio è stato messo in vendita ancora parzialmente occupato dall’istituto.


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conferire appeal a compendi di questo genere e dimensione.

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Guardando alle caratteristiche dell’edificio possiamo considerare la palazzina di due piani, della superficie lorda di 6.200 m² circa, adatta ad ospitare attività terziarie A di cui A1 (studi professionali); A2 (agenzie turistiche, immobiliari, assicurative, sportelli bancari, uffici postali, laboratori sanitari, ecc); A3 (attività per lo spettacolo, il tempo libero, l’istruzione, la pratica sportiva e le attività per il culto); A4 (attività associative e culturali). proprio perché i due piani sono già divisi in ambienti indipendenti e presentano un interpiano non superiore ai 3 metri. L’altro corpo di fabbrica quale il capannone industriale che registra una superficie lorda di 3.290 m² circa. Qui potrebbero trovare di attività produttive A1 (artigianato di servizio, attività industriali e artigianato di produzione compresa la produzione la fornitura di sevizi tecnici, informatici e di telecomunicaziona) o al limite un’unica attività gestita da un privato che realizza un investimento grande ma comunque ridotto rispetto alla prospettiva di acquisire l’intero compendio. Si potrebbe presentare anche l’ipotesi di far insediare nel compendio dell’ex istituto “Matteo Enrico” imprese che necessitano di una parte adibita ad ufficio per il rapporto col pubblico ed una parte ad officina per realizzare i propri prodotti; questa prospettiva potrebbe interessare in particolar modo a piccoli imprenditori o artigiani che producono su scala ridotta. Nel compendio sono presenti anche un auditorium e due corti che potrebbero prestarsi ad attività sociali o culturali aperte alla cittadinanza;questo genere di attività sarebbero certamente bene accette dall’Amministrazione e sarebbero ciò che serve per fare rigenerazione urbana perseguendo un approccio integrato. Le attività cui ci riferiamo sarebbero organizzate dall’associazione interna che oltre ad occuparsi dei rapporti con la Città e la cittadinanza, organizzerà anche la gestione dei lavori da realizzare in comune, reperirà sponsor tecnici al fine di ottimizzare le spese di manutenzione e si preoccuperà di gestire i conflitti tra gli attori economici che eventualmente si andranno a locare nell’edifici di via Bardoncchia. Proprio il numero di imprenditori potrebbe rappresentare un ostacolo alla completa realizzazione del progetto di rifunzionalizzazione; per riuscire a colmare l’offerta di ambienti che tale bene presenta si necessiterebbero un gran numero di imprese, studi professionali, etc. e il

soddisfacimento di questa condizione, dato il corrente periodo di stasi economica, potrebbe non verificarsi. Valutando le condizioni del bene e l’entità dei lavori da realizzare crediamo che la formula migliore per cedere l’uso del bene sarebbe una concessione a canone ricognitivo (magari intorno al 5 % della valutazione di mercato) per almeno cinque anni. Trascorsi questi cinque anni, se venissero a crearsi le condizioni, si potrebbe mettere a reddito, secondo le quotazioni del mercato degli affitti, l’intera struttura garantendo un discreto introito per l’amministrazione. Quelle che formuliamo sono ipotesi e sarebbe erroneo considerarle delle certezze ma non abbiamo dubbi sulla gestione che si potrebbe fare di tale immobile di proprietà del Comune di Torino; invece che alienarlo ad un privato sarebbe più congrua la prospettiva di utilizzarlo come base lavorativa per tanti giovani lavoratori che grazie alla loro attività potrebbero, dopo un periodo iniziale di assestamento del proprio bilancio economico, garantire la corresponsione di un canone d’affitto.


circa mq. 2950, con un sedime di insistenza di circa 1200 mq.

Il lotto, sito nella Circoscrizione 6, è composto dalla manica ovest del complesso di capannoni industriali posto al centro dell’ambito ex Incet ubicato nell’isolato compreso tra via Banfo, corso Vigevano, via Cigna e via Cervino. . Il lotto è stato messo a bando di asta pubblica n.100/2013 emesso dal Comune di Torino al prezzo di 960 000 euro, la valutazione si intende effettuata a corpo e non a misura, nello stato di fatto in cui l’immobile si trova. Segnaliamo che tale base d’asta ha subito un ribasso del 10 % per effetto dei precedenti esperimenti d’asta andati deserti. Tutto il comprensorio, edificato tra il 1928 e il 1931, occupa una superficie di circa 5000 m² ; l’attività industriale è sospesa dal 1968. L’area, dopo essere stata abbandonata versa in una condizione di degrado, è stata soggetta negli ultimi anni ad attività volte ad una complessiva rifunzionalizzazione del comprensorio ex industriale: il recupero prevede di destinare la maggior parte degli edifici ad attività polifunzionali di carattere pubblico, tra le quali anche la realizzazione di una piazza pubblica parzialmente coperta a connessione tra la manica est e la manica ovest oggetto di alienazione che dovrà essere destinata ad ASPI e residenza. Tale manica è elevata a due piani fuori terra oltre ad una parziale sopraelevazione, ed ha un’estensione lorda pari a

“dovrà essere garantita la conservazione del bene mediante l’attuazione di adeguate opere di manutenzione, restauro e recupero, i cui progetti dovranno essere sottoposti all’approvazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Torino, Asti, Biella, Cuneo e Vercelli ai fini del rilascio del nulla osta, ai sensi del comma 3 sexies dell’art. 55 del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. Si precisa che per l’immobile in oggetto gli interventi dovranno essere rispettosi dell’insieme architettonico e di quant’altro necessario alla tutela del bene stesso non individuabile allo stato attuale di conoscenza e da verificare in fase di esame di progetto; l’immobile in questione potrà essere destinato ad uso residenziale, commerciale, terziario,ad attività socio culturali; esse non dovranno ledere le caratteristiche architettoniche proprie dell’edificio. Gli immobili non potranno essere destinati ad usi incompatibili, né ospitare servizi che comportino apparati tecnologici invasivi;dovrà essere garantita, particolarmente in occasioni finalizzate alla conoscenza del territorio, la pubblica fruizione del bene. Le prescrizioni e le condizioni dell’autorizzazione siano riportate nell’atto di alienazione, del quale costituiscono obbligazione ai sensi dell’art. 1456 c.c. ed oggetto di apposita clausola risolutiva espressa. Esse sono anche trascritte nei registri immobiliari”.176

Dal rilievo fotografico si notano le pessime condizioni di manutenzione in cui versa l’immobile con numerose parti (solai, partizioni) da ripristinare ed intonaci da risarcire. Le partizioni verticali sono da sostituire, la struttura probabilmente va consolidata ed il piano di calpestio rifatto.Vi sono anche molte macerie, masserizie e materiali ivi depositati ed una sezione dell’edificio presenta delle pareti molto annerite probabilmente in seguito ad un incendio. Architettonicamente l’edificio presenta una manica con un interpiano molto

141 176. Comune di Torino, disciplinare del lotto 32 – allegato A, asta pubblica n.100/2013 esecuzione delle deliberazioni del Consiglio Comunale (n. mecc. 2013 04084/131) del 30/9/2013

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Lotto 32, manica ovest dell’ex complesso industriale Incet

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Immobile vincolato ai sensi del D.lgs 42/2004 in forza di decreto del Ministero per i Beni Culturali, Ai sensi di quanto disposto in tale provvedimento vi dei vincoli e delle prescrizioni stabilite nell’autorizzazione all’alienazione del bene. I vincoli sono:


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alto; vi è un lato lungo della manica finestrato, l’altro lato risulta cieco. In sintesi vi sono motivi normativi (vincolo di ogni progetto all’approvazione della Soprintendenza), architettonici (presenza di una manica completamente cieca) e tecnologico/manutenivi che portano a considerare troppo rischioso e difficile l’applicazione del meccanismo RED a questo immobile. Gli attori economici sarebbero costretti ad un esborso eccessivo per ristrutturare l’edificio sia nelle parti pertinenziali che comuni. L’Agenzia di Sviluppo potrebbe avere non pochi rallentamenti dall’interfacciarsi con la Soprintendenza e l’Associazione interna avrebbe certamente difficoltà enormi a gestire l’edificio per via dei tanti aspetti edilizi, burocratici e sociali da curare.

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“Vorrei concludere con due osservazioni: fare una tesi significa divertirsi e la tesi è come il maiale, non se ne butta via niente.”

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Umberto Eco, Come si fa una tesi di laurea, Bompiani, Milano, 2003 (1977), p. 247.

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Una tesi in divenire I temi del piano RED Gli attori RAC Considerazioni Presupposti teorici Rilevamento della realtà Analisi digerita Timeline

La citazione di Umberto Eco è identificativa dell’idea che vogliamo dare del nostro percorso di costruzione creativo della Tesi. Questo capitolo è identificativo del lavoro di approfondi-

mento che abbiamo svolto nella sua costruzione. Fin dall’inizio eravamo d’accordo con il nostro relatore, il Prof. Gianfranco Cavaglià (che tra l’altro ci riferì questa citazione), che il soggetto della tesi sarebbe stato la costruzione della stessa. Alla base di questa scelta vi era la gestione sulla complessità della tematica da noi scelta : la rifunzionalizzazione di un edificio di proprietà comunale. Abbiamo deciso che il soggetto della tesi sarebbe stato “scorrevole”, ovvero che non si concentrasse su un tema specifico ma che cercasse di toccare tutti i riferimenti utili allo svolgimento del processo ipotizzato. Per questo motivo, inoltre, non si è cercato di proporre per la discussione dell’esame finale un “prodotto finito” ma delle intenzioni strategiche approfondibili, delle ipotesi di ricerca. Attorno a quel tema vi erano numerose possibilità di approfondimento e altrettanti temi su cui poter concentrare il processo di analisi. Per questi motivi si è deciso di imporre un progetto iniziale, l’ipotesi RAC (Rifunzionalizzazione Area Comunale) , che era già costituito da soggetti, temi di sviluppo e fasi. Il progetto veniva mano a mano caratterizzato e modellato dalla specifica dei temi sensibili, ma ciò che gli diede una decisa variazione e che ci fece decidere di cambiare il progetto da RAC a RED (Rigenerazione Edifici Dismessi) fu la scelta di continuare a costruire la tesi e il suo soggetto attraverso la metafora dello “sgabello” su tre piedi. La tesi si formalizzava nella seduta e questa veniva sorretta da tre supporti imprescindibili uno dall’altro: l’impianto teorico, il rilevamento della realtà e l’analisi digerita. Ciò che definì il cambiamento nella maggior parte delle strategie processuali fu il rilevamento della realtà, ovvero l’analisi di casi già costituiti sul tema delle concessioni. Su questi costruimmo delle interviste che fecero emergere un processo di feedback in divenire con i problemi e che diedero vita alle strategie progettuali RED.


Gli attori RAC

La Municipalità era ed è rimasto l’attore su cui si basava tutto il processo. Nel processo RAC non aveva voce all’interno delle dinamiche della trasformazione ma aveva il ruolo di rendere disponibile il suo patrimonio immobiliare in funzione di risposta a progetti non compartecipati.

I temi del piano RED Il processo RAC che avevamo ipotizzato partiva da premesse diverse da quello RED anche se l’obiettivo era il medesimo. Incominciando ad analizzare i temi possiamo già avvertire quella che era l’ “immaturità” del processo pensato perchè all’epoca non avevamo ancora approfondito i presupposti teorici. I temi erano: riqualificazione urbana, mercato del lavoro e leva universitaria alla base di un processo di rifunzionalizzazione di un area comunale. Si può notare come la maggior parte dei temi emersi per il processo RED non sono nient’altro che un approfondimento di quelli abbozzati nel processo RAC. Il piano era quello di cercare di calmierare l’investimento per la ristrutturazione dell’immobile attraverso una rete di artigiani e della manodopera degli studenti universitari della facoltà di Architettura. Le attenzioni nei confronti del processo amministrativo per il contratto con la municipalità non erano approfonditi come anche la mancanza di attenzione nei confronti di un soggetto terzo che supervisionasse il processo.

Gli investitori erano coloro che avrebbero dovuto inserire la propria attività professionale all’interno dell’edificio; ma non venivano specificate le dinamiche di attenzione ai processi lavorativi/produttivi e non veniva fatto cenno alla sottoscrizione associativa. Rete di artigiani erano quegli attori che si sarebbero dovuti occupare nello specifico della ristrutturazione dell’edificio. Per questa categoria di attori avevamo dato una lettura più specifica sulla possibilità di un attività consortile che necessitava inoltre di una sottoscrizione etica ma riferita soprattutto ai rapporti di insegnamento con gli studenti universitari. Gli studenti universitari erano parte del processo in quanto si credeva che avrebbero potuto, come manodopera volontaristica per l’apprendimento di opere di ristrutturazione ordinaria, calmierare il costo dell’investimento per la ristrutturazione. In quest’ottica definimmo la loro posizione anche in funzione di colloqui avuti con i responsabili dei tirocini delle varie facoltà di architettura. Secondo la nostra visione gli studenti

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Gli attori del piano RAC erano stati definiti in funzione del ruolo strategico che avrebbero avuto nelle dinamiche del processo. Le loro caratteristiche non erano state approfondite, come abbiamo già detto, dal punto di vista amministrativo e legale ma avevamo dato solo una disposizione strategica delle loro possibili azioni.


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avrebbero reso un servizio al territorio attivo e contemporaneamente avrebbero appreso tecniche virtuose inerenti ai loro studi accademici.

Presupposti teorici

I Tesisti eravamo noi che definivamo la nostra figura all’interno del processo ma che si confondeva molto spesso con le nostre dinamiche di costruzione della tesi. Ci figuravamo come redazionisti del piano RAC e contemporaneamente responsabili per le lavorazioni di rilievo e costruzione. La figura dei tesisti non è nient’altro che la matrice di ciò che sarà l’agenzia di accompagnamento per il piano RED.

Sarebbe inutile riassumere nuovamente gli elementi, gli attori e il processo RED perché è stato ampiamente trattato. Quello che vogliamo fare è raccontare il “backstage” del processo; tutto quello che è nato dal piano RAC e che in parte abbiamo già specificato, inoltre spiegare le dinamiche della struttura “testuale” che hanno definito le strategie progettuali.

Considerazioni L’obiettivo principale con cui iniziammo la definizione del processo RAC rimase fino ad ora lo stesso: incubazione e facilitazione di un gruppo di attori economici Under 35. Logicamente cambiò, secondo i presupposti descritti prima, tutto ciò che ruotava attorno alla definizione di questo obiettivo.

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Altra logica che tentammo di perseguire dal principio fu il tema della “non costruzione” e la sua declinazione attraverso un processo di rifunzionalizzazione. Anche questo tema subì una serie non trascurabile di varianti delle variabili ma nella sostanza creativa rimase lo stesso. L’accenno che abbiamo fatto nel capitolo precedente sulla confusione di ruoli tra i facilitatori e i tesisti fu il limite che ci permise di ottimizzare alcune delle ipotesi per l’agenzia di accompagnamento. L’immaturità che avevamo era portata dalla voglia di esprimersi in un progetto di cui non conoscevamo realmente le potenzialità e le criticità. Questo “disordine” gestionale era anche e soprattutto dovuto ai legami intensi che abbiamo con il mondo accademico e questo ci faceva ragionare sempre in funzione di un coinvolgimento attivo della realtà universitaria, sia da parte di noi tesisti che da parte degli studenti. Un’ulteriore aspetto che nella lettura della mappa concettuale del piano RAC emerge e che è rimasto anche per le logiche strategiche del processo RED è l’accezione di una temporalità progettuale strategica. Anche se tutti gli attori non venivano approfonditi da tutti i punti di vista, c’era sempre particolare attenzione a quello che sarebbe stato il piano prima e dopo la discussione della tesi.

I presupposti teorici sono quei temi che abbiamo creduto fin dal principio potessero legittimare le nostre posizioni. In parte sono costituiti da analisi oggettuali dello stato di fatto delle politiche e della politica nella gestione delle trasformazioni urbane. In altri casi sono di stampo critico per definire la nostra posizione e quella degli ipotetici soggetti del piano. La maggior parte di questi temi sono nati da alcuni principi già presenti nel piano RAC. Queste linee guida e orientamenti generali da perseguire provennero, come già accennato, anche dal continuo meccanismo di feedback con il rilevamento della realtà. E’ interessante notare come il processo creativo sia estremamente ramificato, complesso e in divenire, un flusso di contaminazioni: prima ipotesi, presupposti tematici, interviste e problemi, revisione presupposti, revisione ipotesi e così via; un vero e proprio processo di revisione creativa e critica. Inoltre i temi presenti all’interno della trattazione dei presupposti influenzarono non poco la definizione di alcune delle strategie del piano RED. Come abbiamo spesso fatto presente ogni teoria presuppone la rappresentazione di un’immagine e di uno scenario che corrispondono a dei valori. In questa sezione facemmo presenti i presupposti teorici (e dunque i valori) che avrebbero indirizzato le nostre indagini.


RED

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RAC


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Rilevamento della realtà

nizione dell’analisi SWOT dove recuperiamo e puntualizziamo la valutazione dell’impianto ed infine da questa ne nasce l’individuazione delle strategie del processo.

Questo è stato uno dei passaggi più importanti per la costruzione della tesi e di maturazione nei confronti del processo RED. Il rilevamento della realtà è consistito nella ricerca, analisi e approfondimento di dinamiche legate al processo che volevamo proporre nei riguardi delle concessioni.

Il capitolo sull’analisi digerita diventa anche una introduzione sui fini e gli obiettivi. In esso crediamo vi siano le legittimazioni che abbiamo cercato per giustificare le scelte strategiche del processo RED. Infatti a questo capitolo segue quello di proposizione del progetto con la definizione delle strategie, l’analisi degli attori ed infine l’espletamento delle fasi del processo RED secondo l’ipotesi del nostro iter.

Abbiamo costruito le nostre interviste sui progetti e le realtà più legittimate e influenti del panorama delle concessioni di Torino, Milano e Ferrara. In aggiunta a queste abbiamo studiato le dinamiche amministrative, gestionali e architettoniche che contraddistinguevano alcuni esempi virtuosi e queste hanno definito le best practices. Infine fanno parte di questo rilevamento gli approfondimenti sulle possibilità e sulle politiche per lo sviluppo di giovani imprese.

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Queste analisi hanno fatto emergere molti dubbi, problematiche e potenzialità che abbiamo incrociato con la prima ipotesi e che abbiamo, con il tempo, cercato di mettere a sistema per la definizione delle strategie e obiettivi del piano. Il processo di feedback emerso ha fatto si che ci rendessimo conto di alcuni fattori critici all’interno del piano. Ad esempio l’importanza di una mappatura degli attori e dei rapporti tra questi per la riuscita del processo. Inoltre la necessità di dover definire il ricorso a specifiche professionalità legate all’ambito legale e amministrativo. Infine l’importanza strategica come fattore critico di successo dell’agenzia di sviluppo.

Analisi digerita Questa ultima parte è il risultato dell’attività di matching tra i presupposti teorici, il rilevamento della realtà e i problemi e le potenzialità riscontrate. A questo capitolo fanno capo le definizioni strategiche del processo di risposta ai fattori critici. I capitoli qui dentro definiti sono: l’analisi dei problemi riscontrati come negatività superabili e di concetto, poi è presente l’analisi degli obiettivi che nasce direttamente dai presupposti teorici di cui è il sunto, di seguito vi è la defi-

Timeline Vorremmo concludere con un documento, di seguito allegato, che riassume il processo di redazione del tema della tesi. Questa linea temporale è attraversata da incontri, revisioni, obiettivi e posizioni spesso in contrasto tra loro ma sempre con una posizione creativa. Abbiamo deciso di fare presente uno schema che incarni il lavoro di elaborazione che abbiamo attraversato in questo anno di costruzione dell’esame finale. Questo documento comunicativo sarà esemplificativo della complessità e della contaminazione di esperienze a cui abbiamo fatto riferimento nelle parti prima descritte. Inizialmente sembrava potesse risultarne una testimonianza confusionaria mentre invece risulta chiarire il lavoro di approfondimento seguito. Risulta chiaro che i temi sono molteplici poiché sono il frutto di approfondimenti diversificati ma tutte queste contribuiscono inevitabilmente a tracciare un filo rosso comune. Gli incontri che si sviluppano lungo questa linea temporale ci hanno indicato gli obiettivi da perseguire, anche attraverso il dialogo e gli “scontri” tra noi stessi ed anche attraverso le esperienze vissute con l’associazione PLinto di cui facciamo parte e con cui abbiamo realizzato diversi progetti che hanno accresciuto la nostra sensibilità verso certi temi che si riemergono in quel filo rosso.


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Ipotesi di ricerca Risultati attesi e scenari Partenariato pubblico/privato Best Practices Portale RED Agenzia partecipata

Fin dall’inizio abbiamo creduto che il tempo a nostra disposizione per la costruzione teorica della tesi non sarebbe mai stato sufficiente a garantire una struttura adeguata e legittimante al progetto. Prima di tutto perché il tema delle riconversione degli edifici di proprietà pubblica è risultato essere un macroinsieme di concetti, istanze, potenzialità e problematiche che si raccolgono all’interno di una struttura complessa. In secondo luogo, e in accordo con il prof. Gianfranco Cavaglià che ci segue criticamente fin dal principio, le pratiche che ruotano attorno a queste dinamiche sono in continuo aggiornamento e come tali necessitano che l’indagine stessa sia costantemente al loro fianco, strategica e dunque in divenire. La complessità che contraddistingue le trasformazioni urbane e la molteplicità di attori che ne sono coinvolti rende molto difficile la definizione di un tema univoco di indagine e lascia aperte molte strade di possibili sviluppi di ricerca. Per questi motivi, fin dal principio, è convenuto pensare che il soggetto della tesi fosse lo stesso “progetto della tesi”, considerandola dunque in continuo aggiornamento e, appunto, in divenire. Così abbiamo deciso di dedicare un intero capitolo finale alle ipotesi di ricerca, riflettendo sull’idea di non produrre un “oggetto finito” in discussione di laurea ma delle strategie progettuali, un iter percorribile e ragionamenti sullo sviluppo futuro.


di trasformazione urbana; Best practices: ricerca approfondita sulle casistiche nell’ambito delle concessioni e dei partenariati tra pubblico e privato;

Agenzia partecipata: analisi strategica sulla possibilità di creazione di un ufficio comunale di accompagnamento unificato ad agenzie di sviluppatori, ricercatori del Politecnico e studenti.

Partenariato pubblico/privato Risultati attesi e scenari Le ipotesi che abbiamo formulato nell’ultimo capitolo della tesi prevedono l’implementazione di concetti e temi che stiamo trattando nella costruzione della stessa. Questo è un punto di vista condiviso dal nostro relatore ed inoltre risultano essere (alcune delle ipotesi avanzate e discusse con alcuni dei soggetti intervistati) indagini utili per l’implementazione degli strumenti per la valutazione delle aree e volumi in fase di trasformazione della Città di Torino. Come vedremo tutti i temi da trattare sono indissolubilmente legati da un unico obiettivo. Per questo crediamo che le possibilità di ricerca debbano essere portate avanti in sincrono per definire al meglio lo strumento finale: una ricerca approfondita di supporto ad una agenzia di sviluppo che gestisce un portale multimediale di interfaccia per la domanda e l’offerta nell’ottica dello sviluppo di giovani imprese all’interno di volumi di proprietà pubblica dismessi. In questo capitolo tratteremo dal punto di vista programmatico i seguenti ambiti che vorremmo sviluppare in un ipotetico futuro da ricercatori: Partenariati pubblico/privato: potenzialità e storia del rapporto tra pubblico e privato nella definizione delle politiche

Tutto il processo RED si muove su delle dinamiche di rapporti tra l’amministrazione pubblica e gruppi di attori privati tramite la mediazione dell’agenzia di sviluppo. Il partenariato tra pubblico e privato all’interno delle trasformazioni urbane è un tema che abbiamo approfondito all’interno dei presupposti teorici. Muoverci lambendo queste dinamiche significa dover cercare di mettere in chiaro tutto ciò che è stato detto a proposito di questo tema che si porta inevitabilmente dietro una serie di concetti che qui proveremo a sintetizzare. Questi temi, che girano attorno a vecchie e nuove definizioni, sono quelli che vorremmo approfondire dopo la laurea per gestire in maniera più oculata il processo RED. La ricerca ruoterebbe attorno all’ argomento della governance e al tema che influenza in maniera incisiva la costruzione delle nuove politiche di sviluppo delle città e le loro trasformazioni, ovvero la “ritirata” consistente se non definitiva dell’intervento del soggetto pubbli-

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Portale RED: portale multimediale sul patrimonio immobiliare comunale dismesso; arricchito dalla possibilità di matching tra la domanda e l’offerta;


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152 177. Stoker G., Governance as theory: five propositions, «International Social Science Journal», 1998 178. Mayer M., Urban Social Movements In An Era of Globalisation. Urban Movements in Globalizing World, Routledge, London 2000 179. Rhodes, R. A. W. Understanding Governance. Buckingham and Philadelphia: Open University Press, 1997. p.8.

co nell’erogazione dei servizi e nella gestione degli stessi. Questo fenomeno viene generalmente soprannominato “minimal state” e trascina con se una serie di conseguenze che influenzano in maniera diretta e indiretta la costituzione e la natura degli interventi di trasformazione sulla città e dei suoi attori in gioco.

la nostra analisi sono riassunti dalla studiosa tedesca Margit Mayer 178 nell’attenzione alle dinamiche di allargamento dell’ arena decisionale, cioè l’aumento del numero e del tipo degli attori (pubblici, privati e semi-pubblici) che partecipano, con diverse conoscenze e competenze, alle politiche urbane;

Secondo Stoker 177 il fenomeno del minimalstate permette di riesaminare le forme più tradizionali di organizzazione della società e dell’economia, enfatizzando il cambiamento rispetto al passato in relazione alla sempre maggiore importanza assunta da una pluralità di attori e alla molteplicità delle forme di azione che ognuno di essi può mettere in gioco. Questa interpretazione può essere letta anche come una potenzialità del sistema a rete nella logica delle trasformazioni urbane e di una maggiore flessibilità contrattuale all’interno dei rapporti pubblico-privato.

“Il dato di fondo è quindi rappresentato dal fatto che, per governare sistemi complessi come le città contemporanee, tutti gli attori abbiano bisogno degli altri in quanto nessuno possiede tutte le conoscenze, le competenze o le risorse necessarie per elaborare e attuare, da solo, una politica“179

Approfondire queste pratiche dell’arena decisionale nei programmi complessi di rigenerazione urbana significherebbe interrogarsi principalmente sulle modalità di regolazione politica delle dinamiche economiche, e mettere in evidenza il superamento delle classiche separazioni tra le diverse sfere che caratterizzano le dinamiche economiche e sociali (pubblico, privato e società civile) e fra i diversi modelli di regolazione delle stesse. Per questo motivo proponevamo come utile una delle posizioni strategiche del piano RED, una linea inbetween delle politiche di intervento sulla città, a favore di una pluralità di attori, ne orizzontale e ne verticale, tra l’amministrazione pubblica, i cittadini e i piccoli gruppi d’imprese. Possiamo cercare di idealizzare la situazione entro la quale il nostro processo si vuole muovere come una città divenuta “arena di attori” pubblici e privati; questa porta con se la diffusione sempre più massiccia, complessa e complicante di procedure contrattuali e negoziali. In questo modo si crea un corto circuito fra gli attori della politica e delle politiche (politica intesa come decisione a livello istituzionale e politiche definendo quella parte influenzata da poteri economici e contrattuali privati e semipubblici) , con la conseguente sovrapposizione e confusione di ruoli. La molteplicità di attori a cui i processi di trasformazione devono fare attenzione e sui quali vorremmo puntare la lente d’ingrandimento per

Grazie a questa citazione ci rendiamo conto dell’importanza che occupano nella nostra tesi i rapporti di partenariato tra attori pubblici e privati, non solo per ottimizzare la qualità inclusiva delle politiche urbane ma anche per migliorare e definire un iter condiviso di sviluppo economico dal basso attraverso contenitori pubblici inutilizzati resi disponibili dall’amministrazione pubblica.

Best Practices In questi mesi di indagine abbiamo raccolto molte interviste riferite a soggetti privati, enti pubblici, comitati e fondazioni che collaboravano a vario titolo con l’amministrazione pubblica nel’ambito delle concessioni. Il nostro fine era quello di definire un iter gestionale di partenariato che fosse un mix di tutte le positività dei casi studio analizzati e che fosse anche una risposta strategica alle loro negatività. Per fare questo ci siamo soffermati sui casi più citati e sugli enti della realtà torinese che maggiormente collaborano con l’amministrazione pubblica ma soffermandoci sui caratteri burocratici e gestionali dei vari progetti. L’idea di questo approfondimento sarebbe relativa alla possibilità di mappare questi casi virtuosi dal punto di vista architettonico, amministrativo, progettuale e politico. Quasi tutte le realtà emerse dalle nostre indagini fanno capo alla definizione di progetti per la costruzione del partenariato, poiché per presentare domanda di concessione bisogna definire un piano d’impresa sostenibile e un progetto “sociale” di contatto con il territorio. A questo proposito citiamo parte dell’intervista fatta a Carlo Massucco, direttore del Comita-


A questo proposito il nostro contributo, concordato con il Comune di Torino, andrebbe a controllare la ricaduta dei progetti portati avanti dai concessionari e la loro conseguenza sul territorio cittadino ai fini del rinnovo/disdetta del contratto di partenariato. [...] Oltre ad avere strumenti che possano misurare le diverse modalità di relazione dal punto di vista patrimoniale di concessioni in atto è obbligatorio avere uno strumento che faccia monitoraggio di tutti gli esiti della ricaduta del progetto. [...] Quando si accetta di avere un progetto in una struttura questa attività si svolgerà lì per sempre oppure la città deve riservarsi la possibilità, su progetti che dovrebbero avere una valenza sociale e culturale, di dire al concessionario che ha superato le sue difficoltà e che può pagarti l’affitto o andare da un altra parte. […]Un soggetto esterno può fare questo lavoro perché ora la città non riesce a farlo. 181

Risulta esplicito da questo colloquio la necessità dal parte del Comune di Torino di dotarsi di un soggetto, esterno alle dinamiche della contrattualistica, che facesse monitoraggio degli esiti progettuali nel tempo. Questo, non solo ai fini di una maggiore codificazione del monitoraggio stesso che fino ad ora non c’è mai stato, ma anche per costruire una rete di casi riusciti che funga da esempio virtuoso per i soggetti che intendono costruire un progetto sul partenariato. Una ulteriore possibilità è quella di implementare le analisi sulla casistica anche a tutte quelle forme di dialogo tra realtà del terzo settore e produttive con proprietà private. Molti sono gli esempi di questo tipo nella città di Torino; portare la lente d’ingrandimento nei dettagli amministrativi, legali e architettonici di questi casi vorrebbe dire dare voce a possibilità di incubazione che sono decisamente più facilitate dal non rapportarsi con la burocrazia dell’amministrazione pubblica. Questo perché, come abbiamo accennato nel capitolo precedente, ormai la definizione di politiche per lo sviluppo delle città si è svincolata, se non del tutto, dal soggetto pubblico.

RED Conclusioni

“Se dobbiamo fare riferimento alla situazione attuale dove ci sono, con modalità diverse, una serie di superfici date al terzo settore, non riusciamo, se non a fatica, ad avere un sistema di monitoraggio della ricaduta delle attività che con la concessione speri di ottenere rispetto al territorio.”[…]180

Per questo crediamo (anche se i presupposti della nostra tesi potrebbero indurre a pensare al contrario) che sia giusto dare spazio, nella complessità dell’arena decisionale di cui sopra, a nuove tipologie di sperimentazione e di contaminazione tra i vari attori delle nostre città attraverso politiche trasversali.

Portale RED Il portale multimediale RED sul patrimonio immobiliare comunale dismesso, arricchito dalla possibilità di matching tra la domanda e l’offerta nell’ambito dello sviluppo di giovani imprese sarebbe l’interfaccia multimediale, accessibile agli utenti della rete attraverso qualsiasi tipo di supporto, delle best practices da mappare ma anche degli edifici potenzialmente incubabili. L’intenzione è quella di compiere delle indagini sulle potenzialità e sui vincoli gestionali e architettonici degli edifici dismessi della città di Torino in modo da avere una panoramica di possibilità “insediative” per imprese innovative attraverso la comunicazione e il coordinamento con i vari assessorati a questi edifici afferenti. Nel sito internet, oltre alle schede degli edifici vi sarà una sezione di comunicazione e facilitazione alle imprese: questa comprenderà alcune informazioni specifiche e vincolanti sulla natura contrattuale delle concessioni ed inoltre vi sarà la possibilità di visionare una libreria (aggiornata e raccolta dai gestori del sito mensilmente) di bandi e possibilità di finanziamento per le giovani imprese e per i professionisti. In questo modo si fornirebbero ai possibili utenti: gli esempi delle concessioni sviluppate, le difficoltà e le potenzialità delle varie realtà, gli strumenti normativi e amministrativi per approcciarsi alla contrattualistica ed infine le possibilità di finanziamento da parte di fondazioni private e da enti pubblici e ministeriali. Pensando al sito in maniera strategica l’interesse è quello di creare una rete con i casi riusciti in modo da attivare un meccanismo reiterabile a cascata, che si poggerebbe sui presupposti delle dinamiche RED, simbolo virtuoso dell’amministrazione pubblica lungimirante e di giovani attori economici in cerca di sviluppo sostenibile.

153 180. Si veda capitolo “Interviste ed esempi di Best Practices”, Carlo Massucco Direttore del Comitato Parco Dora 181.

idem

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

to Parco Dora che da tempo gestisce insieme all’Ufficio Rigenerazione Urbana, contratti di concessione di immobili della città di Torino, per definire alcune delle potenzialità del possibile approfondimento sulle best practices:


Agenzia partecipata

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Conclusioni

Abbiamo più volte parlato della possibilità di creazione di questa agenzia per lo sviluppo del progetto RED. Come abbiamo letto nell’introduzione a questa sezione sulle possibilità di ricerca tutte le ipotesi sono tra loro legate da un unico fine: ovvero quello di servizio ai giovani attori economici che necessitano di strumenti per il loro sviluppo sostenibile. Questi strumenti sono in parte materiali, rappresentati dalle forniture e consulenze legali, amministrative e dal volume dell’edificio; ed in parte sono immateriali, ovvero costituite da quel “capitale sociale” fatto di iniziative, consulenze, consigli e supporti da quella parte di popolazione attiva che sta tra l’economia e l’amministrazione pubblica.

154 182. Si veda capitolo “Interviste ed esempi di Best Practices”, Francesco Pizzorni per assessorato Area Metropolitana, Case e Demanio del Comune di Milano

Questo patrimonio di conoscenze sarebbe quello che vorremmo riunire all’interno di questa agenzia costituita perlopiù da ricercatori e professori universitari della facoltà di architettura e per la parte restante da alcuni rappresentanti tecnici dell’associazione RED e una rappresentanza della municipalità attraverso un tecnico dell’ufficio rigenerazione urbana. Inoltre dovrebbe essere arricchita di una percentuale da rappresentanze di associazioni del terzo settore che lavorano nell’ambito di “programmi complessi”. L’associazione partecipata sarebbe di supporto all’attività di mediazione dell’agenzia di sviluppo ma anche e soprattutto di sostegno all’attività di progetto e pianificazione per l’intervento di riuso e per i piani di progettazione e analisi della trasformazione urbanistica. Inoltre grazie a questo ente si potrebbe trarre vantaggio dalle potenzialità ideative e l’approfondimento analitico di ricercatori universitari e studenti (in veste di tirocinanti e manodopera volontaristica) per i progetti e le consulenze tecniche. L’idea di questo ipotetico coinvolgimento è nata anche grazie alle risposte avute da Francesco Pizzorni dello staff dell’Assessore Benelli (assessorato Area Metropolitana, Case e Demanio del Comune di Milano) alle nostre domande sul coinvolgimento universitario nei progetti di rigenerazione urbana:

“Abbiamo coinvolto l’associazione no profit Non Riservato, associazione partecipata dal Politecnico di Milano, perchè era l’unica realtà che conoscevamo che lavorasse sul tema del riuso e con loro abbiamo stipulato un protocollo d’intesa dove chiedevamo loro di portare degli studi. [...] Da questo studio sono emersi dieci progetti molto interessanti di uso temporaneo […]182

Da queste risposte sono emersi dei ragionamenti nei confronti del rapporto tra l’università e l’amministrazione pubblica. L’idea di questo coinvolgimento ha sempre accompagnato il progetto RED. Noi crediamo che la ricerca universitaria debba essere un corpus da utilizzare come strumento avanguardistico nei confronti della sperimentazione in qualsiasi campo, ma soprattutto come si è detto, in quello che riguarda forme di rapporto tra il pubblico e il privato poiché queste necessitano di una spinta creativa e reazionaria nei confronti di un mondo che sta evolvendo i suoi concetti di sviluppo urbano nelle proprie città. Dunque crediamo che per intercettare una visione “giovane” e svincolante si dovrebbe dare maggiore spazio e responsabilità alla ricerca universitaria.


Fonti Luca Cretella Gian Maria Mazzei

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Norme e leggi

Allegato I del Regolamento CE n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008 Pubblicato sulla GUCE del 9 agosto 2008 legge della Regione Veneto del 2006 n°5 “Disciplina delle aggregazioni di filiera, dei Distretti produttivi ed interventi di sviluppo industriale e produttivo locale” Art. 27 D. L. 6/122011, n. 201 coordinato con la Legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214 Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006 , relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore ( de minimis ), Gazzetta ufficiale n. L 379 del 28/12/2006 Raccomandazione della Commissione Europea (2003/361/CE) del 06/05/2003 pubblicata sulla G.U.C.E. L 124 del 20/05/2003 e Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18/04/2005 pubblicato nella G.U. n. 238 del 12/10/2005 in vigore dal 01/01/2005 Norme Urbanistiche Edilizie di Attuazione (NUEA) del Piano Regolatore Generale del Comune di Torino Comune di Torino, deliberazione del Consiglio Comunale n.04084/131 del 30/9/2013


“Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della gioventù e del servizio Civile Nazionale, settembre 2012

Bandi

“Piano Giovani”, Regione Piemonte, giugno 2011 “Imprenditori per i giovani sul territorio” contenuto in “Piano Giovani”, Regione Piemonte, giugno 2011 “Incubatore tecnologico” contenuto in “Piano Giovani”, Regione Piemonte, giugno 2011

“Avviso pubblico per l’accesso da parte delle micro e piccole imprese di Barriera di Milano al servizio di incubazione diffusa e alle agevolazioni finanziarie”, misura B1.1 progetto FaciliTo – Barriera di Milano,Comune di Torino, ottobre 2012

Il bado “Avviso per la presentazione di idee progettuali per “Smart Cities and Comunities and Social Innovation”, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, ottobre 2012

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Riviste

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Fonti

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160


183.

Allegati Luca Cretella Gian Maria Mazzei

161 RED


Ripartizione del lavoro

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Allegati

a cura di Gian Maria e Luca

162

Introduzione

a cura di Gian Maria

Espletamento dei temi sensibili

a cura di Gian Maria

Cenni sulla teoria dell’analisi degli Stakeholders

a cura di Luca

Indagine su bandi di finanziamento per soggetti economici under 35

a cura di Luca

Interviste ad esempi di Best Practices

a cura di Luca

Cenni sul patrimonio immobiliare del Comune di Torino

a cura di Luca

Stima dei problemi emersi dal dialogo con le Best Practices

a cura di Gian Maria

Analisi degli obiettivi

a cura di Gian Maria

Analisi S.W.O.T. degli obiettivi

a cura di Gian Maria

Definizione delle strategie

a cura di Gian Maria

Analisi degli attori del processo RED

a cura di Luca

Fasi del processo RED

a cura di Luca

Tentativi di processo RED

a cura di Gian Maria

Una tesi in divenire

a cura di Gian Maria

Ipotesi di ricerca

a cura di Luca

Ipotesi di statuto dell’agenzia di accompagnamento

a cura di Luca

Ipotesi dello statuto dell’associazione


Ipotesi di Statuto dell’Agenzia di Sviluppo La denominazione dell’agenzia sarà data dal comune sentite le circoscrizioni interessate dal suo lavoro e dai componenti dell’agenzia stessa.

Sede

RED Allegati

L’agenzia alla prima riunione individuerà le modalità per il coinvolgimento delle realtà locali associate in varia forma e dei soggetti che gestirà gli immobili pubblici destinati alla rifunzionalizzazione. E’ opportuno che la sede sia uno spazio messo a disposizione dalla città in cui opererà e che abbia la caratteristica di prossimità alla/e zone con maggiore concentrazione di edifici sui quali lavorare. Inoltre risulta opportuno che la sede sia trasferita al più presto nel primo edificio recuperato in modo da far funzionare l’effetto comunicativo dato dalla manifestazione di affezione e d’interesse dell’agenzia nei confronti del luogo riqualificato. In questo modo il Piano REI potrebbe funzionare come una rete a cui farebbe capo, in un’ottica di centralità orizzontale, la prima virtuosa e reiterabile trasformazione. La sede ospiterà gli uffici amministrativi e quelli di rappresentanza. Durata

La durata sarà stabilita in sede di costituzione della stessa e sarà funzionale al compimentodi eventuali adempimenti formali connessi con la realizzazione delle finalità di cui l’articolo 4.

Finalità

L’agenzia ha lo scopo di applicare il meccanismo REI ad uno o più edifici scelti dal comitato inter-assessorile del comune di riferimento. Il suo lavoro sarà anche di creare una rete di stakeholder esterni al meccanismo interessati a partecipare al processo di ristrutturazione e riqualificazione dell’edificio/i. Questi saranno legati indissolubilmente allo sviluppo del primo intervento e saranno volontaristicamente una rete facilitatrice per il secondo. L’agenzia avrà i compiti di: Redigere una analisi architettonica, tecnologica, funzionle, sociale e di contesto dell’edificio in questione; Elaborare un progetto architettonico dei lavori di ristrutturazione e messa a norma dell’edificio e lo sottoporrà all’approvazione dell’ufficio tecnico del comune; Valutare computo dei lavori ed il loro costo;

163

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

Denominazione


Elaborare una proposta di riutilizzo dell’edificio in funzione delle sue caratteristiche e la sottoporrà al vaglio del comitato inter-assessorile; Elaborare il piano di gestione dell’edificio; Selezionare gli operatori economici protagonisti della rifunzionalizzazione dell’edificio;

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Allegati

Accompagnare i soggetti economici selezionati durante il loro percorso all’interno del meccanismo REI (individuazione del locale, elaborazione documentazione burocratica/tecnica, reperimento finanziamenti, rapporto con soggetti assicuratori, etc.) Reperimento di fondi da bandi di fondazioni onlus In funzione del progetto architettonico e delle attività scelte per riattivare l’edificio, di concerto con gli uffici comunali competenti, scriverà il bando fornendo i criteri di selezione e valutazione dei candidati al bando. Inoltre si occupera dell’aspetto comunicativo per tutta la durata strategica dell’intervento REI e per la buona riuscita dello stesso.

164

Beni e risorse - Patrimonio

Il patrimonio dell’agenzia è costituito: - dai beni mobili ed immobili utilizzati per il raggiungimento delle finalità di cui all’art. 4;

Beni e risorse - Fonti di finanziamento

All’agenzia dovranno essere assicurate dagli enti e dalle persone giuridiche che lo istituiscono, le risorse finanziarie necessarie al raggiungimento degli obiettivi indicati nell’art. 4 dello Statuto. Il conferimento eventuale di personale, locali, attrezzature o quanto altro sarà necessario al suo funzionamento sarà regolato da apposite convenzione tra l’amministrazione del comune di riferimento e l’agenzia stessa. Sono fonti di finanziamento del Comitato: i trasferimenti da parte del Comune di riferimento; i finanziamenti una tantum, erogati dagli attori economici, secondo quanto verrà definito da appositi accordi; altri finanziamenti erogati o che potranno venire erogati da parte di enti pubblici, privati o per vincita di bandi; eventuali attività economiche marginali, coerenti con le finalità di cui all’articolo 4; il conferimento una tantum effettuato dagli operatori non comporterà ulteriori obblighi finanziari per gli stessi a


fronte di impegni di spesa assunti dall‘agenzia.

Sono organi dell‘agenzia:

RED Allegati

Organi

L’agenzia si avvarrà altresì per il suo funzionamento di beni ed attrezzature che saranno resi disponibili attraverso apposite convenzioni dal comune di riferimento, dagli enti pubblici indicati nell’art. 5.2 o dagli eventuali Enti promotori.

a) il Presidente; b) il Consiglio Direttivo; c) il Direttore; d) il Collegio dei revisori.

Esercizio

L’esercizio finanziario decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno a cominciare dall’anno di costituzione dell’agenzia.

Consiglio Direttivo

Il Consiglio Direttivo è composto da cinque componenti, salvo revoca o dimissioni, per un numero di anni conforme alle disposizioni di legge in materia (cinque anni). Nella prima composizione i membri del Consiglio Direttivo saranno nominati dal comune di riferimento e sarà composto da dirigenti del comune e da componenti dell’agenzia stessa. Ogni Consigliere può essere revocato e sostituito in qualsiasi momento dall’ente che lo ha nominato. E’ facoltà dei membri dell’agenzia recedere in qualsiasi momento inviando comunicazione scritta della decisione al Presidente.

Poteri del Consiglio Direttivo

Il Consiglio Direttivo è investito di tutti i poteri per l’ordinaria e la straordinaria amministrazione dell’agenzia ed in particolare: - approva e realizza i piani di attività per il raggiungimento degli scopi statutari; - approva il bilancio preventivo; - provvede all’eventuale assunzione del personale, determinandone qualifiche e trattamento economico; - accetta i contributi, le donazioni, i lasciti ed effettua gli acquisti e le alienazioni dei beni; - approva l’eventuale regolamento per il funzionamento

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Luca Cretella Gian Maria Mazzei

Beni e risorse - Beni ed attrezzature


dell‘agenzia; - il Consiglio direttivo, costituito, alla prima seduta, dai nominati di cui all’art. 8, provvede, attraverso adeguata pubblicità finalizzata alla designazione dei rappresentanti dei cittadini secondo le modalità che riterrà più opportune al fine di favorirne la partecipazione e garantire la rappresentatività degli stessi;

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Allegati

- delibera lo scioglimento dell‘agenzia; - stabilisce il tetto di spesa entro il quale il Direttore agisce in nome e per conto dell’agenzia senza necessità di specifica autorizzazione o ratifica; - provvede a qualsiasi altro atto necessario od utile per le finalità istituzionali dell‘agenzia, anche se qui non espressamente previsto.

Funzionamento del Consiglio Direttivo

Il Consiglio Direttivo è convocato e presieduto dal Presidente ogniqualvolta questi lo ritenga necessario o ne sia stata fatta richiesta motivata da almeno la metà dei suoi membri e, comunque, almeno una volta l’anno. Per la validità delle deliberazioni del Consiglio occorre la presenza della maggioranza dei membri nominati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti.

166

In caso di parità di voti prevale il voto del Presidente. Il Consiglio delibera con la presenza dei 2/3 dei nominati ed il voto favorevole dei 2/3 dei presenti la proroga o lo scioglimento dell’agenzia e l’aumento o la riduzione del numero dei consiglieri. Le deliberazioni sono fatte constare dal verbale delle riunioni del Consiglio Direttivo redatto dal Direttore, quale Segretario del Consiglio, che lo sottoscrive unitamente al Presidente.

Presidente

Il Presidente è nominato dal Sindaco della Città di Torino, tra i membri del Consiglio Direttivo. Egli potrà essere revocato dal Sindaco in qualsiasi momento. Il Presidente rappresenta l’agenzia sia nei confronti dei terzi che in giudizio. Il Presidente, inoltre, può adottare ogni tipo di provvedimento che giudica urgente, con l’obbligo di riferirne al Consiglio Direttivo nella prima riunione successiva da convocarsi entro 30 giorni dalla data di adozione del provvedimento.

Direttore

Il Direttore viene nominato dal Presidente ed è il responsabile della direzione e della corretta esecuzione delle attività dell‘agenzia.


Il Direttore: è responsabile della messa in atto dei piani di attività deliberati dal Consiglio Direttivo per il raggiungimento delle finalità dell‘agenzia; ha il compito della gestione amministrativa e della tenuta dei libri sociali dell‘agenzia;

predispone i piani di attività, il bilancio preventivo ed il conto consuntivo che vengono presentati al Consiglio Direttivo per l›approvazione; - coordina la struttura tecnica, il personale tecnico eventualmente messo a disposizione dell‘agenzia dagli Enti partecipanti, nonché i professionisti esterni di cui l’agenzia si avvale per lo svolgimento della propria attività; - con firma congiunta a quella del Presidente, ha il potere di eseguire tutte le operazioni bancarie dell‘agenzia, si dà la facoltà di raccogliere il consenso del Presidente e del Direttore all›operazione bancaria, anche mediante l›utilizzo delle tecnologie informatiche, secondo le modalità specificate nel regolamento dell‘agenzia; - assume obbligazione ed effettua pagamenti in nome dell‘agenzia entro i limiti di spesa stabiliti dal Consiglio Direttivo.

Collegio dei revisori

Il Collegio dei Revisori è nominato dalla Città di Torino fra i dirigenti degli assessorati facenti parte del comitato interassessorile; dura in carica tre anni (fatto salvo la cessazione o lo scioglimento dell’agenzia) ed è rieleggibile. Il Collegio dei Revisori ha il compito di controllare la gestione amministrativa dell‘agenzia, esprimendo, con relazione scritta, i propri pareri sul bilancio consuntivo, sulle attività svolte e sulle modalità di attuazione. Il Collegio dei Revisori può assistere alle riunioni del Consiglio Direttivo.

Controllo contabile

Scioglimento

Il Controllo contabile potrà essere affidato ad un revisore iscritto nell’apposito albo, previsto dal D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 88. In ogni caso di scioglimento dell‘agenzia, il patrimonio residuo sarà devoluto alla città di Torino, secondo le modalità previste dalle norme di legge e di regolamento in materia.

167

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Allegati

redige come segretario i verbali delle riunioni del Comitato Direttivo alle quali partecipa senza diritto di voto;


Riconoscimento

L’agenzia persegue le proprie finalità esclusivamente nell’ambito della Regione Piemonte. Il Presidente dispone di tutti i poteri necessari per lo svolgimento delle pratiche necessarie al fine di ottenere dal relativo Ente Regione il riconoscimento della personalità giuridica dell’agenzia.

Luca Cretella Gian Maria Mazzei

RED Allegati

Disposizioni finali

168

Per tutto quanto non previsto nel presente statuto si fa riferimento ai principi generali del diritto ed alle norme di legge in materia.


Ipotesi di Statuto dell’Associazione interna che gestirà l’edificio Lo statuto dovrà contenere informazioni riguardo la ragione sociale dell’associazione ai sensi della L.R. 34/2002 (culturale e senza fini di lucro) e dovrà conservare un carattere autonomo, plurale, inclusivo, apartitico e democratico nonché di condivisione e cooperazione.

RED Allegati

Dovranno essere descritti gli scopi e i mezzi di cui disporrà l’associazione. Gli scopi principali sono la gestione dei rapporti tra attori economici locati nell’edificio oggetto di rifunzionalizzazione, la gestione dei rapporti con la municipalità, l’organizzazione e la gestione di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria da realizzare nelle parti comuni e non, la gestione delle utenze e degli spazi comuni. L’associazione dovrà anche gestire i rapporti con il contesto locale, i vari stakeholders interessati a collaborare col progetto e gestire il fondo sociale dell’associazione. Per perseguire tali scoli l’associazione potrà: • avvalersi sia di consulenze o prestazioni gratuite che retribuite: • raggiungere accordi con sponsor tecnici per favorire l’economia dell’associazione; • organizzare eventi sociali che coinvolgano la cittadinanza; • utilizzare lo schema dei fablab per realizzare iniziative inclusive nei confronti della cittadinanza; • svolgere attività affini o connesse agli scopi; • reperire finanziatori del progetto partecipando a bandi o concorsi.

Associazione

I soci dell’associazione saranno i titolari delle imprese che occupano l’edificio oggetto del processo di rifunzionalizzazione; vi potranno aderire persone di ambo i sessi, indipendentemente dalla propria appartenenza politica e religiosa, cittadinanza, appartenenza etnica e professione. Per iscriversi all’associazione sarà necessario partecipare al bando di selezione indetto dal comune e risultare selezionati. Tutti i soci dovranno presentare una formale domanda firmata di iscrizione: • indicando nome e cognome, luogo e data di nascita, professione e residenza; • dichiarando di attenersi al presente statuto, ai

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Costituzione e scopi


regolamenti interni ed alle deliberazioni degli organi sociali.

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RED Allegati

Gli associati avranno il diritto di partecipare alle iniziative ed attività realizzate dall’associazione e potranno riunirsi in assemblea per discutere e votare sulle questioni riguardanti interne. I soci dovranno pagare una quota associativa annuale, fissata dal Consiglio Direttivo, per rinnovare la tessera inoltre i soci dovranno rispettare lo statuto, gli eventuali provvedimenti interni e le deliberazioni del Consiglio Direttivo, comprese eventuali integrazioni del fondo sociale attraverso finanziamenti straordinari. La decadenza di un socio potrà avvenire per: decesso, dimissioni, morosità, espulsione o radiazione. La lettera di dimissioni o l’eventuale provvedimento di espulsione sarà sempre valutato dal Consiglio Direttivo.

Provvedimenti disciplinari

Lo statuto dell’associazione interna dovrà prevedere delle norme in materia di provvedimenti disciplinari, tali norme saranno applicate in caso di infrazioni da parte degli occupanti del fabbricato di norme sancite dallo statuto, regolamenti interni, danni morali o materiali procurati a terzi che svolgono attività lavorativa nell’edificio. Il Consiglio Direttivo potrà ammonire o sospendere da ogni attività e benefici i soci colpevoli di infrazione per un periodo di sei mesi, si potrà procedere con l’espulsione nei casi di morosità o danni arrecati a terzi. I soci radiati per morosità potranno essere riammessi previo pagamento del dovuto. I soci radiati o sospesi non potranno frequentare i locali dell’immobile e partecipare alle sue iniziative.

Patrimonio sociale e bilancio

L’associazione non possederà un patrimonio immobiliare proprio bensì possederà solo beni mobili. I proventi dell’associazione proverranno dalle quote di iscrizione, contributi associativi, contributi da Enti o sponsor privati, donazioni o lasciti, entrate da attività commerciali, produttive e associative (fablab). L’esercizio commerciale si estenderà dall’1 al 31 dicembre di ogni anno; si dovrà presentare un rendiconto economico e finanziario entro il 30 aprile dell’anno successivo. I residuo attivo di bilancio sarà utilizzato per opere di manutenzione, per attività sociali, per opere di carattere culturale e per altre attività coerenti con le finalità dell’associazione. Non si possono distribuire avanzi di gestione.

Organismi sociali

Saranno organismi sociali: l’Assemblea dei soci, il Consiglio Direttivo, il Presidente. Le cariche associative non saranno retribuite e verranno rimborsate le sole spese inerenti l’incarico.

Elezioni

Le cariche sociali verranno rielette ogni anno con scrutinio segreto, potranno partecipare all’elezione solo i soci in possesso della tessera associativa ed in regola col il pagamento delle quote sociali. Ogni socio potrà esprimere un solo voto.

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Consiglio Direttivo

Il Consiglio Direttivo sarà composto da un numero minimo di 5 consiglieri fino ad un numero massimo di 10 consiglieri eletti fra i soci. Il CD durerà un anno ed i suoi membri potranno essere rieletti. Il CD eleggerà il Presidente, il Vice Presidente ed il Segretario. Il CD si riunirà ordinariamente una volta al mese e straordinariamente ogni qualvolta lo riterrà necessario il Presidente o ne frà richiesta un terzo dei consiglieri. Per la validità delle deliberazioni occorrerà la presenza della maggioranza dei componenti. Le sedute del CD saranno pubbliche. I Consiglieri saranno tenuti a partecipare attivamente a tutte le riunioni, sia ordinarie che straordinarie. Il CD avrà i compiti di: • redigere i programmi di attività sociale previsti dallo statuto sulla base delle linee approvate • dall’assemblea dei soci; • curare l’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea; • redigere i bilanci preventivo e consuntivo; • compilare i progetti per l’impiego del residuo del bilancio; • stipulare tutti gli atti e contratti di ogni genere inerenti all’attività sociale; • formulare il regolamento interno; • deliberare la radiazione e l’espulsione dei soci.

Presidente

Il Presidente avrà la rappresentanza legale e la firma sociale e presiede il Consiglio Direttivo. In caso di assenza o di impedimento del Presidente tutte le sue mansioni spetteranno al Vicepresidente.

RED Allegati

Le assemblee possono essere ordinarie o straordinarie. Le convocazioni per le assemblee ordinarie saranno emesse con avviso scritto sette giorni prima della data fissata. In caso di assemblee straordinarie le convocazioni saranno emesse con le stesse modalità di quelle ordinarie. Gli avvisi dovranno specificare il giorno, il luogo, l’ora dell’assemblea e gli ordini del giorno. L’assemblea ordinario sarà convocata una volta l’anno e approverà le linee guida generali del programma di attività per l’anno sociale, approverà il bilancio consultivo e preventivo, delibera su tutte le questioni ed elegge il Consiglio Direttivo. L’assemblea straordinaria è convocata tutte le volte che il Consiglio Direttivo lo reputi necessario e discute gli ordini del giorno proposti dal Consiglio Direttivo e dai singoli soci.

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Assemblee


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Scioglimento dell’Associazione

L’associazione si scioglierà nel caso in cui dovesse fallire il processo in atto di rifunzionalizzazione dell’edificio. La stessa Assemblea, che ratificherà lo scioglimento, deciderà sulla devoluzione del patrimonio residuo, dedotte le passività, per uno o più scopi previsti dalla presente ipotesi di Statuto. E’ esclusa, in ogni caso, qualunque ripartizione tra i soci del patrimonio residuo.

Disposizione finale

Nello Statuto dovrà essere aggiunto un articolo che copra gli eventuali vuoti normativi dello Statuto stesso o del regolamento interno. Di eventuali provvedimenti specifici deciderà l’Assemblea, a maggioranza dei soci partecipanti con diritto di voto, a norma del Codice Civile e delle leggi vigenti.


Il contributo di PLinto

Il 6 dicembre 2012 è una data decisamente importante per me. Quel giorno, con alcuni miei compagni di università con i quali condividevo le attività del collettivo PLinto decidiamo di intraprendere una strada più concreta. Sentiamo la necessità di collaborare sempre di più con la municipalità e con le iniziative della città. Per farlo decidiamo di fondare l’Associazione omonima per poter intercettare bandi pubblici per il finanziamento dei progetti che intendiamo perseguire. In quella data vengo eletto Presidente di Plinto, carica che ricopro tutt’ora con grande trasporto e orgoglio.Grazie a questa strada intrapresa, nel maggio 2013, vinciamo il concorso di comunicazione ambientale “River Eyes” grazie al quale possiamo realizzare “IN-CUBO”, un’installazione nel Parco del Valentino. Il suo obbiettivo era accompagnare i cittadini di qualsiasi età nella riflessione sull’inquinamento dei nostri consumi quotidiani. L’opera è un portale cubico costituito da una struttura metallica contenente bottiglie di varie dimensioni in plastica che sono state raccolte dagli abitanti della Circoscrizione 8, nelle case, nelle scuole, nelle strutture pubbliche. L’obiettivo principale dell’opera è quello di sensibilizzare i cittadini a ridurre il consumo di imballaggi in plastica, rendendoli al tempo stesso partecipi e protagonisti di un processo sostenibile.La costruzione dei temi di questa tesi è stata contemporanea alla realizzazione di questo ed altri progetti dell’associazione. E’ risultata inevitabile la contaminazione vicendevole tra le due attività poiché mi ha sempre coinvolto sentitamente. Inoltre le finalità e gli indirizzi dell’associazione non poco hanno influito sulle strategie e sugli obiettivi tematici della Tesi. Temi quali la sostenibilità, la non costruzione, il piano strategico, il network cooperativo, la condivisione, la collaborazione con la didattica universitaria e tante altre di queste istanze mi hanno (ci hanno, i miei colleghi ed io) ispirato per l’approfondimento della materia integrata della Rigenerazione Urbana che vorrei facesse parte del mio futuro.

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Luca Cretella Gian Maria Mazzei

La mia esperienza in PLinto ha riguardato la partecipazione a quasi tutti i progetti che il Collettivo prima e l’Associazione poi ha realizzato. Il progetto nel quale rivedo i temi che riguardano il piano RED e che di conseguenza hanno influenzato la mia tesi è certamente il ciclo di serate dal titolo “Dal cucchiaio alla città - Dall’occhio di Felix Baumgartner”. Questo titolo un po’ singolare da il nome al progetto di quattro serate seminario, più un ultima di mostra, sui temi de: l’autodesign, cohousing e coworking, rigenerazione urbana, decrescita e sharing economy. Grazie a tale iniziativa ho avuto modo di approfondire molti temi che ho poi riversato nella stesura della Tesi. I temi cui faccio riferimento sono il riuso (serata sul design fatto con materiali di scarto), la cooperazione e la collaborazione (serata su cohousing e coworking), approccio integrato di componenti urbane e sociali (serata sulla rigenerazione urbana) e ottimizzazione delle risorse e condivisione dei saperi (serata su decrescita e sharing economy); in tutti questi temi, grazie ad ogni singola serata, ho potuto riscontrare elementi di interesse e di stimolo. Riversare le conoscenze acquisite durante questo ed altri progetti nella Tesi è stata una conseguenza naturale del mio percorso di studi e di crescita. Volendo poi analizzare ogni tema e quello che è stato l’argomento corrispettivo nella Tesi posso affermare che l’argomento del riuso lo si ritrova nell’intenzionalità di utilizzare il patrimonio pubblico dismesso piuttosto che proporre una nuova costruzione; i temi della cooperazione e collaborazione nel proposito di riempire tali edifici del patrimonio con imprese che possano fare rete tra loro; il tema dell’ottimizzazione delle risorse nello sfruttare la forza di molte piccole imprese per realizzare lavori di ristrutturazione di un grande edificio. L’approccio integrato, poi, è stata la via principale che ho seguito durante questi mesi di studio cercando di tenere sempre presenti tutti gli aspetti (urbani e sociali) che coinvolgono un processo di rifunzionalizzazione edilizia.

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PLinto è un esperienza che nasce dal collettivo della Facoltà di Architettura di Torino che guarda alle sfere della progettazione, del riuso e della comunicazione; vi collaborano architetti e futuri architetti nell’intenzione di crarsi un ponte che vada dall’Università al mondo del lavoro studiando, approfondendo, indagando, curiosando e scoprendo il nuovo ed il vecchio diveretendosi.


Ringrazio mio padre, mia madre, mia sorella e me

Dedico questo lavoro portato avanti con il mio amico Creta a madre Anna e sorella Enrica per l’affetto che non hanno mai mancato di darmi. Agli amici con cui sono cresciuto Wally, Eli, Ale e a quelli con cui ho condiviso tanti momenti felici a Torino, fuori e dentro l’università, in particolare Bibi Frisk, Teo Master, Eli Toro, Robi Calcalgol, Marcolino Grazio Graziadei e Veroniques.

Luca Cretella

Gian Maria Mazzei


EDIZIONI Torino

dicembre 2013


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