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notiziario dei Volontari di Roma anno 5 - numero 5 - ottobre/dicembre 2020

ROMA 1870 Ottobre/Dicembre 2020, notiziario 5 u1


Tutti a Roma!! Dai gloriosi avvenimenti della Repubblica Romana del 1849, quando patrioti erano arrivati a Roma da tutta l’Italia ed una generazione di giovani ventenni, come Goffredo Mameli, Enrico Dandolo, Luciano Manara, Emilio Morosini, Colomba Antonietti, “si era spezzata sulle mura del Gianicolo”, fino alle azioni intraprese da Garibaldi, a Mentana nel 1862, sull’Aspromonte, 1867, che erano terminate con scottanti delusioni, dalle parole pronunciate più volte da Camillo Benso Conte di Cavour: “La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la Città Eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno Italico”, la presa di Roma era diventata un obiettivo impellente e importante da raggiungere da parte di tutti gli italiani. “E guai, dunque, a sminuire l’evento di Porta Pia, perché questo parla al futuro, e nell’antica Breccia c’è la leva - ovvero la centralità di Roma - per il riequilibrio economico e territoriale del nostro Paese oggi e nei decenni che verranno”. (Mario Ajello, Il Messaggero, 13 settembre 2020)

Museo del Risorgimento di Torino, Manifesto. Aula della Camera dei deputati del Regno d’Italia. In copertina, foto di Ludovico Tuminello e Gioacchino Altobelli scattata immediatamente dopo il bombardamento delle mura. Sono visibili i colpi di proiettile ed i fori aperti nella porta Pia (Da una collezione del Museo di Roma) 2 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020


150 anni fa

LA“BRECCIA DI PORTA PIA”

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La Città Eterna diventa la capitale dell’Italia unita. Il sogno del Risorgimento si è realizzato DI MASSIMO MARZANO

La cronaca del 20 settembre 1870

Sentiamo colpi di cannone, che rimbombano a Porta S. Giovanni, a Porta S. Lorenzo e a Porta Maggiore e altri fragori a Porta S. Pancrazio. Deve essere Nino Bixio, che conduce un’azione diversiva. Davanti a noi ora, alle 5.20 di mattina, su una collinetta, sulla via Nomentana (1), che si trova a Villa Torlonia a circa 550 m. da Porta Pia, distinguiamo benissimo che il capitano Giacomo Segre, quando vede un suo soldato, Michele Plazzoli (2), colpito a morte da un soldato pontificio, annidato nella villa Patrizi, senza alcun Michele Cammarano, Bersaglieri alla presa di Porta Pia, 1871

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Presa di Roma 20 settembre 1870 - Schema delle operazioni militari Le cinque divisioni sono alle dipendenze di:

- luogotenente generale Nino Bixio, attacco a Porta S. Pancrazio - luogotenente generale Diego Angioletti, attacco a Porta S. Giovanni e a Porta S. Sebastiano - luogotenente generale Enrico Cosenz, dalla via Salaria attacco a Porta Salaria e Porta Pia - maggiore generale conte Gustavo Mazè de la Roche, dalla via Nomentana attacco a Porta Pia - maggiore generale Emilio Ferrero attacco a Porta S. Lorenzo Nella notte che precede l'attacco, le truppe sono già schierate. I Bersaglieri occupano Villa Torlonia, la fanteria Villa Massimo e rimane una riserva a S. Agnese. - Il generale Raffaele Cadorna si ferma a Villa Albani, dove ha una larga vista sul terreno antistante.

Riserva a S. Agnese

COSENZ

MAZE DE LA ROCHE

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FERRERO

indugio dà l’ordine di iniziare a sparare con i cannoni. Nel frattempo notiamo che brillano nell’aria altre cannonate, sparate da Villa AlBIXIO bani, dove si è insidiato il quartier generale di ANGIOLETTI Raffaele Cadorna (3). Tutti i cannoni italiani concentrano i loro tiri su quella parte Dislocazione delle truppe italiane Breccia aperta a Porta Pia all’alba del 20 settembre 1870 delle Mura Aureliane Resa dei Pontifici (ore 10 circa ) tra Porta Pia e Porta Attacchi dimostrativi secondari (ore 4 mattutine ) Salaria, dove sembra Quartier operativo del gen. CADORNA Attacco principale (ore 8) a Villa Albani che i discendenti di Napoleone Bonaparte, proprietari della villa all’interno delle mura, non abbiano ampio raggio della zona. Vediamo soldati ed in mezzo agli alberi dei mai fatto rinforzare quel tratto per benissimo le mura di cinta dei po- giardini si possono notare lunghe evitare fastidi. deri, che fiancheggiano sui due lati colonne di artiglieria. Ufficiali e la strada, tutta diritta, che conduce staffette corrono tra i militari e si (4) Da sopra una delle terrazze di Villa Patrizi, che il generale Mazé a Porta Pia. La Porta si distingue affrettano ad impartire e a consede la Roche ha occupato su ordine benissimo, anche da lontano. I po- gnare ordini. Le Mura sono tutte di Cadorna abbiamo una visione ad deri, vicino alle mura, brulicano di crivellate dai colpi dei cannoni, la 4 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020


Lodovico Tuminello, “Breccia di Porta Pia”, fotografata il 20 settembre 1870

Carel Max Quaedvlieg, “La breccia di Porta Pia”, 1870, Roma, Collezione Apolloni

Giuseppe Vittozzo Alberti, “La morte del maggiore Giacomo Pagliari, comandante del 34º Bersaglieri, colpito a morte durante la presa di Porta Pia” , Torre di S. Martino della Battaglia, Brescia. Nella pagina accanto, locandina commemorativa dell’Esercito Italiano

Porta Pia è malconcia, le statue a destra e sinistra non hanno più la testa, solo l’enorme immagine della Madonna, che si può scorgere sopra la porta, è intatta. Poco dopo le ore 9 notiamo che una vasta “breccia” è aperta, ad una

cinquantina di metri alla destra di Porta Pia. Sulla torre di villa Patrizi il portabandiera Gaetano Lugli innalza il vessillo tricolore. È il segnale convenuto per cessare il fuoco delle batterie e che segnala simultaneamente alle fanterie di muoversi notiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020 u5

NOTE (1) Oggi visibile nel condominio, situato a via Nomentana 133. (2) Prima vittima della giornata. (3) Sono le batterie 2º (capitano Buttafuochi) e 8º (capitano Malpassuti) del 7º Reggimento di artiglieria di Pisa ad aprire il fuoco circa alle 5:10 su Porta Pia). (4) Personale rielaborazione, ricavata da brani ed analisi di: Edmondo De Amicis, scrittore e giornalista per una rivista del Ministero della Guerra, in “Impressioni di Roma”, “Le tre Capitali, Torino-Firenze-Roma”; Ugo Pesci, inviato del giornale il “Fanfulla”, in “Come siamo entrati a Roma”. Ad Edmondo De Amicis e a Ugo Pesci vanno i nostri ringraziamenti per aver descritto questa giornata importante della nostra Storia. Gazzetta del Popolo, 25 settembre 1870, a. XXIII, n. 268, pp.1, 2e3; www.superstoria.it/explore/visualizza. asp?id=513 www. Corriere.it/unità-italia-150/recensioni/11_gennaio_/ www.italiareale.it/ottobre/la_presa_di_roma Elisa Bucci, Touring Club Italiano, CdT di Roma, “Passeggiate 12 e 13 settembre 2020”; La Repubblica, “1870, I giorni di Porta Pia. La cronistoria di uno degli eventi più importanti del nostro Risorgimento”.

alla conquista della città. Si odono squilli di tromba, è il segnale di avanzata. Quando Porta Pia è libera e la breccia vicina aperta sino a terra, due colonne di fanteria sono lanciate all’assalto. I plotoni del 39° irrompono all’assalto del trinceramento: vi giunge primo il tenente Arrigo col primo plotone della I compagnia e supera la scarpata. Alcuni cadono feriti; molti fanno fuoco, altri aiutano i sopravvenienti a superare la prima scarpata. Salgono sul ciglio il colonnello Belly e il generale Giuseppe Angelino. Vi sale, anche, il generale Mazè de la Roche, mentre i primi, attraversato un fosso che si sono trovati davanti, superano anche un secondo riparo e si trovano dentro lo spazio compreso tra il corpo esterno e quello interno della Porta. Al 39° si è unito il 40° fanteria, a passo di carica; poi presso la Porta, si gettano a terra per aspetta-

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re il momento opportuno ad entrare. Sentiamo un fuoco di moschetteria assai vivo; poi un lungo grido “Savoia”! Uno strepitio confuso; poi una voce lontana che grida: Sono entrati! Uno dei primi ufficiali del reggimento che supera la barriera esterna è il tenente Augusto Valenziani, romano, ansioso non soltanto di entrare in patria, ma di rivedere, di riabbracciare la sua vecchia e cara madre. Una fucilata lo uccide. L’ala destra intanto si dirige verso la breccia e alla brigata Modena si è aggregato il 12” battaglione bersaglieri guidato dal capitano Leopoldo Serra. Anche una colonna della II divisione (generale Cosenz) riceve l’ordine di partecipare all’attacco più rapido e si prospetta subito la necessità di un assalto alla baionetta. Di corsa, i bersaglieri si lanciano verso la breccia, oltrepassano il ciglione che separa il prato dalla strada parallela al muro e si trovano di fronte alla breccia. I papalini sparano dall’alto e un proiettile raggiunge il capitano Andrea Ripa, fratturandogli la tibia e il perone. Sanguinante, l’ufficiale sguaina la spada, grida «Avanti, Savoia!» e si accascia. (5) Ci dicono che il sottotenente Federico Cocito (6) sia stato il primo a penetrare nella breccia. Simultaneamente all’assalto del 12° bersaglieri si svolge quello del 34°, dislocato su una posizione più bassa e che scatta con impeto. Il maggiore Pagliari, che snida gli uomini stando a cavallo, è colpito in pieno petto da una fucilata e cade fulminato. La fine del loro comandante scatena l’offensiva degli uomini del 34° bersaglieri, che si mescolano a quelli del 12°. (7) Allora giungono a passi concitati i sei battaglioni di bersaglieri della riserva; giungono altre batterie di artiglieria; avanzano altri reggimenti; vengono avanti, in mezzo alle colonne, le lettighe pei feriti. Scendiamo da Villa Patrizi ed insieme all’aiutante di campo, che ci

ha assegnato il generale Cadorna e che conosce ed individua con facilità i reparti ed i comandanti, corriamo verso la porta. Soldati stanno accalcati intorno alla barricata. Non si sente più rumore di colpi; le colonne a mano a mano entrano. Da una parte della strada si prestano i primi soccorsi a due ufficiali di fanteria feriti; gli altri sono stati portati via. Tutti si arrestano un istante, a guardare il sangue sparso qua e

là per la strada: sospirano, e via. il suolo é ricoperto di mucchi di terra, di materassi fumanti, di berretti di zuavi, d’armi, di travi, di sassi. Entriamo in città. Le prime strade sono già piene di soldati. E’ impossibile esprimere la commozione che proviamo in questo momento; si vede tutto confuso, come se fossimo circondati dalla nebbia. Alcune case, bruciate la mattina, fumano, parecchi zuavi prigionieri passano

Michele Cammarano, “La presa di Porta Pia”, 1870 6 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020


Carlo Ademollo, “La breccia di Porta Pia”, 1880 circa, Milano, Museo del Risorgimento

NOTE (5) Morirà poche settimane dopo. Anche il capitano Serra è ferito, ma meno gravemente e riesce a passare per la breccia. (6) L’11 dicembre 1870 gli verrà conferita la medaglia d’argento al valor militare appunto «per essere stato il primo a superare il ciglio della breccia, mostrando sempre esemplare e splendido coraggio». Il Serra verrà premiato con la croce di cavaliere dell’ordine militare di Savoia. (7) Da questa confusione deriva la notizia inesatta secondo la quale i primi a conquistare la breccia sono stati i fanti piumati del 34°. Occorrerà un’inchiesta del Ministero della Guerra per chiarire definitivamente i fatti e riconoscere al 12° bersaglieri la priorità.

cessano di tirare; ma restano in atto di resistere. Una specie di barricata di materassi è stata costruita in alto. Assalirla di viva forza potrebbe costar molte vittime; s’indugia, forse gli zuavi s’arrenderanno. Si dice che hanno paura dell’ira popolare. Verso le quattro del pomeriggio la bandiera italiana sventola sulla piazza del Campidoglio. Un soldato, tutto eccitato, ci confessa: “è una scena che strappa il cuore”, ma ci dice di essere ancora più sorpreso per aver visto il giovane tenente Edmondo De Amicis che per l’emozione non è riuscito a trattenersi, si è dovuto sedere su uno scalino ed ha iniziato a piangere disperatamente. Tutte le strade che circondano il Campidoglio sono piene di gente armata che sventola bandiere tricolori e canta inni patriottici. Intanto ai bersaglieri che attendono sulla piazza son portati in gran copia vini, liquori, sigari, biscotti. La moltitudine va crescendo, cresce il clamore. I conventi vicini, dove si crede che si siano rifugiati i soldati pontifici, sono circondati dai bersaglieri e dalla fanteria … Si ritorna in fretta verso il Corso. Tutte le strade sono percorse da grandi turbe di popolo che agitano armi e bandiere. I soldati pontifici che s’avventurano imprudentemente a passare per la città a due, a tre, o soli, sono circondati, disarmati e inseguiti. Arriviamo in piazza Colonna. In mezzo alla piazza vi sono circa trecento zuavi disarmati, seduti sugli

zaini, col capo basso, abbattuti e tristi. Intorno stanno schierati tre battaglioni di bersaglieri. Il colonnello Pinelli e molti ufficiali guardano giù dalla loggia del palazzo che chiude il lato destro della piazza. Popolani, signori, signore, donne del popolo, vecchi, bambini, tutti fregiati di coccarde tricolori, si stringono intorno ai soldati, li pigliano per le mani, li abbracciano, li festeggiano. Nel Corso non possono più passare le carrozze. I caffè di piazza Colonna sono tutti stipati di gente; ad ogni tavolino si vedono signore, cittadini e bersaglieri alla rinfusa. Una parte dei bersaglieri accompagna via gli zuavi in mezzo ai fischi del popolo; tutti gli altri sono lasciati in libertà. Allora il popolo si precipita in mezzo alle loro file. Ogni cittadino ne vuole uno, se lo piglia a braccetto e lo conduce con sé. Famiglie intere circondano e si disputano i bersaglieri, li tirano di qua e di là. I soldati prendono in braccio i bambini vestiti da guardie nazionali. Le signore domandano in regalo le penne”. Si entra in piazza Colonna: un grido di meraviglia s’alza dalle fila. La moltitudine si riversa nella piazza da tutte le parti, centinaia di bandiere sventolano, l’entusiasmo è al colmo. Non v’è parola umana che valga ad esprimerlo. I soldati sono commossi fino a piangerne. Si incontrano operai, donne del popolo, vecchi, ragazzi: tutti hanno la coccarda tricolore, tutti accorrono gridando: “I nostri

in mezzo alle file dei nostri, il popolo romano ci corre incontro. Man mano che percorriamo la via Pia aumenta il numero delle persone. Giungiamo in piazza di Termini; è piena di zuavi, che aspettano l’ordine di ritirarsi. Proseguiamo, poi, per piazza del Quirinale. Il Palazzo del Quirinale é chiuso. Un maniscalco, appoggiato al grande bacino della fontana, che si trova nella piazza, ci confida: “Qualche giorno fa il cardinale Antonelli ha chiuso il portone a quattro mandate. Sarà difficile aprirlo”. Arrivano di corsa i nostri reggimenti, i bersaglieri, la cavalleria. Le case si coprono di bandiere. Il popolo si getta fra i soldati gridando e plaudendo. Passano drappelli di cittadini con le armi tolte agli zuavi. I sei battaglioni dei bersaglieri della riserva, preceduti dalla folla, si dirigono rapidamente, al suono della fanfara, verso piazza Colonna. Da tutte le finestre sporgono bandiere, s’agitano fazzoletti bianchi, s’odono grida ed applausi. Il popolo accompagna col canto la musica delle fanfare. Sui terrazzini gli stemmi di Casa Savoia. Il Campidoglio è ancora occupato dai soldati pontifici. Una folla di popolo accorsa per invaderlo è stata ricevuta a fucilate. Parecchi feriti sono ricoverati nelle case. Il popolo è furente. Si corre allora a chiamare i bersaglieri. Due battaglioni arrivano sulla piazza, ai piedi della scala. I pontifici, al primo vederli,

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soldati! I nostri fratelli”! è commovente; è l’affetto represso da tanti anni che ora prorompe; è il grido della libertà di Roma che si sprigiona da centomila petti; è il primo giorno d’una nuova vita; è sublime. E altre grida da lontano: “I nostri fratelli”. In poche settimane è nato l’Impero tedesco (Bismarck-Guglielmo I), il Secondo impero francese è tramontato (Napoleone III), è terminato il potere temporale dei Papi (Pio IX).

Roma, 20 settembre 2020. Piazzale di Porta Pia. Corso d’Italia

Oggi nella zona di Porta Pia vari monumenti ricordano la presa di Roma: il prospetto marmoreo con le targhe commemorative e la colonna, dove fu aperta “la breccia”, il Monumento al Bersagliere ed il Museo Storico dei Bersaglieri, inaugurati entrambi il 18 settembre 1932. Monumento al Bersagliere Nella piazza, alla fine di via Nomentana, il Bersagliere, in bronzo, alto 4 metri, posto su un basamento in travertino, scattante, con foga, con passione, si scaglia verso quella Porta Pia, che, superata, il 20 settembre 1870, permise di conquistare Roma e “fece sì che la Città Eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventasse la splendida capitale d’Italia”, come in vari discorsi aveva ribadito Camillo Benso Conte di Cavour. Sì, Roma, come capitale d’Italia era il fine, desiderato, agognato, da tanti Italiani, per il quale tanti giovani sacrificarono la loro vita. Il bozzetto fu disegnato da Publio Morbiducci, mentre il basamento, dove si trovano bassorilievi che raffigurano personaggi e battaglie combattute dai bersaglieri (a sinistra): Ponte di Goito, Luciano Manara, Porta Pia; (a destra) Sciara Sciat, Enrico Toti, Riva di Villasanta), è opera di I. Mancini.

Porta Pia Fu costruita per ordine di papa Pio IV (da cui il nome) su disegno di Michelangelo tra il 1561 e il 1565 in sostituzione della Porta Nomentana che contemporaneamente venne chiusa e che si trovava a meno di un centinaio di metri verso est. La sostituzione si rese necessaria a causa del nuovo assetto urbanistico dell’area, che non poteva più prevedere il transito attraverso l’antica Porta Nomentana per l’accesso alla via Pia, che seguiva il tracciato dell’Alta Semita. La facciata verso l’esterno della città fu realizzata nel 1869 da Virginio Vespignani, il quale sembra si sia ispirato ad un’incisione del 1568 che doveva essere abbastanza vicina al progetto originario michelangiolesco. Iniziata 8 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020

nel 1853 con un restauro per i danni subiti due anni prima per la caduta di un fulmine, fu completata anche con gli edifici ed il cortile interno. La facciata, in linea con la cinta muraria, ospita due statue, fiancheggiate da quattro colonne: di Sant’Agnese e di Sant’Alessandro, che il Vespignani collocò all’interno di apposite nicchie, secondo la volontà di Pio IX. Museo Storico dei Bersaglieri Il Museo Storico dei Bersaglieri venne inaugurato dal re Vittorio Emanuele III il 18 giugno 1904, presso la Caserma “La Marmora” in Trastevere e poi venne trasferito nei locali di Porta Pia, che Il Comune di Roma mise a disposizione nel 1931. Il 18 settembre 1932 av-


venne l’inaugurazione, in concomitanza con quella del monumento al Bersagliere nella piazza antistante. Passando sotto il grande arco della Porta esterna del Vespignani si entra nel cortile interno, dove un tempo erano i locali per l’ufficio doganale ed ora sono collocati i busti in bronzo dei più illustri rappresentanti del Corpo, unitamente al monumento ad Enrico Toti, il più romano tra i bersaglieri, volontario per vocazione. Dal lato nord del cortile si accede ai locali interni in cui sono esposti i cimeli ed i ricordi relativi alla istituzione e all’evoluzione del Corpo, seguendo il filo logico delle vicende alle quali parteciparono reparti di bersaglieri. Il museo ha 5 sale tematiche: Fondazione, Risorgimento, Prima guerra Mondiale, Seconda Guerra Mondiale e infine Sala dell’oltre mare (raccoglie materiali relativi alle guerre coloniali, vestigia delle due guerre nel Corno d’Africa e poi missioni più recenti: Libano, Iraq, Afghanistan). Le principali funzioni del Museo sono tre: raccolta e conservazione della memoria, luogo di ricerca per studiosi e poi museo vero e proprio. Prospetto e Colonna commemorativi Le celebrazioni del 1895 offrirono l’opportunità di costruire un monumento commemorativo e alla fine fu decisa la costruzione di una semplice Colonna. Il progetto fu af-

fidato all’architetto Carlo Aureli e la scultura della Vittoria da porsi sulla colonna a Giuseppe Guastalla. La colonna, in granito rosso orientale, ritrovata nel 1875, spezzata in due tronconi, nei pressi del Pantheon e che apparteneva probabilmente alle terme Neroniane, fu fornita dal Comune di Roma. Il monumento è costituito da quattro parti: il piedistallo, l’antica colonna, con capitello corinzio, il globo sferico e la statua della Vittoria. La statua di Guastalla si protende dal globo, su cui è riportata la data del XX settembre. Il braccio destro è alzato a mostrare la palma della vittoria. Nella mano sinistra reca i fasci della concordia. I capelli sono lunghi e scarmigliati. Sul sommo del capo è la stella d’Italia a cinque punte. Fu collocata al centro di Corso d’Italia (allora viale alberato lungo le Mura, così denominato con delibera comunale del 1° luglio 1887) e l’inau-

gurazione avvenne nel settembre del 1895. Negli anni trenta la Colonna venne spostata e compressa verso le mura mentre nella nuova posizione la Vittoria Alata sopra la colonna non “guarda” più verso Porta Pia ma verso la strada. Nel 1920, nell’anniversario del 20 settembre, il Comune, già da tempo restaurate le mura, fece innalzare un dignitoso prospetto in marmo e bronzo ornato da quattro lesene, proprio là dove era stata aperta la «breccia», contenenti le lapidi, apposte in diversi periodi. La prima targa era stata solennemente inaugurata il 4 giugno 1871 La seconda lapide, collocata nell’anniversario del 1874, ricorda i nomi dei 48 soldati caduti. La terza lapide fu apposta nel 1895, quando fu realizzata la Colonna commemorativa. Sulla base della Colonna invece fu inserita un’epigrafe di Giovanni Bovio.

Il Club di Territorio di Roma del TCI ricorda l’importante avvenimento storico. Il CdT di Roma ha organizzato, in collaborazione con i Bersaglieri, Specialità di fanteria dell’Esercito italiano, delle visite guidate al Museo dei Bersaglieri e alla zona della “breccia” di Porta Pia il 25 settembre 2020 ed ha progettato delle passeggiate dalla zona di Porta Pia e dal Museo dei Bersaglieri alla Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri, per illustrare “la questione romana” dal 1848 al 1870 fino al completamento dell’Unità d’Italia con la I Guerra Mondiale (visita delle Tombe di Vittorio Emanuele Orlando-Armando Diaz-Thaon de Revel) e lo sviluppo urbanistico di questa zona di Roma dopo il 1870. Comunicheremo attraverso i soliti canali le date, nelle quali saranno organizzate queste passeggiate del CdT del TCI di Roma.

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I Bersaglieri e i bolli reggimentali

Il nostro collega Gianni Ricci ci parla di un poco conosciuto ma interessante oggetto da collezionisti: i ”bolli chiudilettera”, in particolare, di quelli emessi a ricordo del Corpo dei Bersaglieri nel corso della loro storia

DI GIANNI RICCI

Buste di corrispondenza, sigillatura con ceralacca poi con chiudilettera o bolli, a dentelli e gommati, detti “erinnofili”: termini che nascono ai tempi

della comunicazione “epistolare” di metà ‘800-inizi ‘900 ma che in qualche misura arrivano fino ai nostri giorni, nell’era della comunicazione “digitale”. Gli erinnofili o chiudilettera non hanno valore postale, non consentono l’invio di posta tramite il servizio postale pubblico, ma servono solo a sigillare buste di corri10 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020

spondenza o al massimo a decorare buste e cartoline postali. Essi sono stati e sono utilizzati anche nella pubblicità e nella raccolta di denaro a scopi benefici o sociali; comunque sono diventati una delle tante forme di collezionismo cartaceo, come le figurine dei calciatori o i francobolli, di cui sono stretti parenti perché sono dentellati anch’essi. Molteplici le categorie illustrate dagli erinnofili (eventi, personaggi famosi, prodotti commerciali, beneficenza, ecc.) ma quella di cui vogliamo occuparci oggi è quella dei chiudiletterabolli reggimentali o militari, creati a ricordo di avvenimenti e uomini


di Armi, Corpi, Reparti militari. Al tema più generale degli erinnofili dedicheremo uno scritto approfondito nel prossimo notiziario. Bene! In questo anno 2020 in cui si celebra il 150° anniversario della Breccia di Porta Pia e della Presa di Roma (evento che anche noi Volontari e Soci del Touring Club di Roma abbiamo ricordato con passeggiate nella zona di Porta Pia e visite al Museo dei Bersaglieri situato proprio all’interno di quella Porta), non potevamo non “indagare” sulla presenza dei Bersaglieri nella collezione di erinnofili e di cartoline postali del mio amico Paolo, aggiungendo a loro commento qualche curiosità su questo “Corpo” (così fu chiamato all’atto della sua fondazione) tanto caro a noi Romani. La prima impressione visiva è che questi “bolli chiudilettera”, qualche volta incollati su cartoline postali o cartoncini, sono particolarmente curati ed efficaci. Cercheremo di dare notizia dei principali, con riferimento al reggimento che li ha emessi, chiarendo, dove possibile, personaggi, eventi e date. Permettetemi prima di tutto di dare alcune informazioni sul nome dei Bersaglieri, che come saprete, oggi è una “specialità” dell’Arma della Fanteria dell’Esercito Italiano. Il nome deriva dal fatto che nel 1836 essi furono creati come fucilieri scelti, tiratori abili nel colpire con fucili di precisione il “bersaglio” (che, ahimè, erano i soldati avversari). Costituivano, allora come oggi, una fanteria leggera, mobile, versatile, addestrata anche alla corsa, con compiti di esplorazione, guida e fiancheggiamento delle truppe di fanteria ordinarie.

Pertanto il fregio sul loro berretto, di metallo color oro, non poteva che raffigurare, al centro, due carabine incrociate, poste dietro una granata fiammante, appoggiata su un corno da caccia (la prima fanfara suonava infatti i corni da caccia ); al di sopra della granata, c’è una fiamma a sette lingue rivolte a destra (per chi guarda) come mosse dal vento, per ricordare proprio l’impetuosità e la velocità del soldato che lo indossa. Al centro della granata, viene inserito un dischetto bombato anch’esso di metallo dorato, chiamato, affettuosamente, “pulce”, che riporta, inciso e in nero, il numero del reggimento cui il bersagliere appartiene. Altro elemento caratterizzante il Bersagliere è il cappello piumato, detto “moretto da bersagliere” o “vaira” in onore di Giuseppe Vayra, il militare che per

In apertura, cartolina postale. Qui accanto, fregio e “pulce”. In alto, cappello piumato e fez

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primo vestì la divisa del corpo. Di forma tonda, a falda larga di tela cerata nera, con il “piumetto” a lato, il berretto doveva servire a riparare la nuca dai raggi del sole e dalle intemperie. Ornato di penne naturali di gallo cedrone (o cappone) è uguale sia per gli ufficiali che per i soldati. Si porta quando si indossa la grande uniforme, inclinato sulla destra, si dice, per proteggere proprio l’occhio destro, quello usato per prendere la mira col fucile. Il piumetto è formato da centotrentadue penne di varia lunghezza che assumono il colore verde bronzeo, iridescente, fissate ad un gambo metallico. Altro berretto militare tipico dei bersaglieri è il fez, un copricapo in feltro, di colore cremisi, terminante con un fiocco azzurro, collegato al copricapo da un cordoncino sempre azzurro. L’origine risale alla Guerra di Crimea (1855): secondo alcuni storici viene dagli Zuavi, reparti speciali del Corpo di spedizione francese, che, entusiasmati dal valore dei bersaglieri (nella battaglia della Cernaia), offrirono il loro copri-

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capo ai bersaglieri, il fez, in segno di ammirazione. Per altri invece fu La Marmora che ne ottenne una certa quantità dai turchi alleati nella guerra e che li riadattò come copricapo da caserma, per l’uso quotidiano dei suoi bersaglieri. Torniamo ora a noi! Daremo qui una breve descrizione degli erinnofili sui Bersaglieri, distinguendoli per personaggi, vestiario o reggimento, esaminando per primi gli erinnofili “ufficiali”, cioè quelli editi per iniziativa o su incarico di Comandi di reggimento o di battaglioni o di reparto o comunque di realtà militari. Il fondo è spesso color cremisi, che è il colore dei Bersaglieri (fez, fazzoletto, mostrine, ecc.) [ma che è anche, per farne un esempio “liquoroso”, il colore dell’alchermes]. Nei nostri erinnofili ufficiali, attorno al fregio ci sono spesso nastri colorati che riportano anni e/o località significative per la storia del reggimento e il numero dei battaglioni componenti il reggimento stesso.

to dell’utilità della fanteria leggera in guerra, progetta il Corpo di Bersaglieri i quali, all’abilità del tiro, unissero la massima mobilità (“… al manovrar leggeri e a mirar precisi…”). Il re Carlo Alberto con “regio brevetto” del 18 giugno 1836 lo autorizza a formare due compagnie di bersaglieri, considerati robusti ed agili fucilieri/cacciatori di montagna. Nel secondo bollo chiudilettera egli veste la grande uniforme ed è contornato da rami di alloro. Al centro dell’erinnofilo in basso a metà delle pagine è raffigurato un ufficiale, con l’uniforme originaria del Corpo, che guida un gruppo di bersaglieri all’assalto al suono del trombettiere; ai margini, nelle tabelle, sono scritte le località in cui il 2° reggimento ha operato (Goito, Custoza, Cernaia, San Martino

[della Battaglia], Cina). L’ufficiale raffigurato è anche qui Alessandro La Marmora, rappresentato nel momento del combattimento del ponte di Goito del 1848, località dove La Marmora venne seriamente ferito. L’8 aprile 1848, prima guerra d’Indipendenza, i bersaglieri ebbero il battesimo del fuoco col nemico (gli austriaci) al ponte di Goito (richiamato in uno dei bassorilievi in pietra di Trani nel monumento al Bersagliere a Porta Pia). Nell’erinnofilo in basso a dx nella pagina accanto, Alessandro La Marmora è rappresentato in grande uniforme, sovrastato da un’aquila coronata ad ali spiegate, caricata sul petto dalla croce Savoia e cinta dal collare della SS. Annunziata. Il 7 giugno 1855, all’età di 56 anni, La Marmora muore a causa del colera, come molti altri

Chiudi lettera “ufficiali” Alessandro La Marmora

Molte sono le raffigurazioni di Alessandro La Marmora (più esattamente del cav. Alessandro Ferrero della Marmora, capitano, fondatore e primo comandante dei Bersaglieri), appartenente ad una delle più illustri e antiche famiglie della nobiltà piemontese. Militare di carriera, convin-

Cartoline postali con erinnofilo raffigurante Alessandro La Mormora. Sopra, uno dei bassorilievi in pietra di Trani nel monumento al Bersagliere a Porta Pia 12 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020


bersaglieri, in Crimea dove era sbarcato alla testa dei suoi uomini. Le sue spoglie, rimaste a lungo in quella penisola, riposano dal 1911 nella cripta di famiglia a Biella.

Reggimenti storici 3° reggimento

Erinnofilo del 3° reggimento con la scritta “1915 Evviva l’Italia!” (qui a dx): viene raffigurato un bersagliere impegnato in un’azione militare tra le rocce di una montagna: infatti, la Grande Guerra si svolgerà soprattutto in zone montuose. Costituito nel 1861, partecipa alle tre guerre di Indipendenza, alla Campagna di Eritrea (1887-88, 1895-96). Poi prende parte alla Guerra italo-turca (1911-12), alla Prima e Seconda Guerra Mondiale. Nel luglio 1924 tutto il Reggimento viene trasformato in Unità ciclisti e tale rimarrà sino al 1936. Tuttora

Sopra e sotto a sx, erinnofili del 3° reggimento. Sotto al centro, ritratto di colonnello del 5° reggimento, plurimedagliato, in grande uniforme. Sotto a dx, cartolina postale del 1915-1916, Prima Guerra mondiale

operativo, il reggimento oggi ha sede a Capo Teulada (CA). Nell’erinnofilo sempre del 3° in alto, la storia ultracentenaria del reggimento e dei suoi Bersaglieri è raccontata da una fila di bersaglieri stilizzati, a passo di corsa, con le uniformi (da sinistra) quella attuale, da Sopra, bolli tondi con l’effige di La Marmora, emessi dal Museo Storico dei Bersaglieri

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montagna, coloniale, un ufficiale di spalle in grande uniforme storica, un portabandiera ed un ciclista trombettiere con la sua bici dei primi del ‘900. Al di sotto del gruppo, una lunga serie di medaglie di onorificenza: è una delle unità dell’Esercito più decorate d’Italia ed è il reggimento bersaglieri più decorato.

8° reggimento

Costituito nel 1871, partecipa alla campagna d’Eritrea (1895-96), al Contingente Internazionale a Candia (Creta 1897-98) e al Corpo Internazionale in Cina (1900-1901). Impegnato nel 1908 in soccorso alle popolazioni terremotate di Calabria e Sicilia, tra il 1911 e il 1912 prende parte alla guerra italo-turca e partecipa alla Grande Guerra battendosi nel Cadore e poi sul Piave. Dal 1924 al 1936 opera come Reggimento Ciclisti. Partecipa alla Seconda Guerra mondiale: in Africa Settentrionale esce quasi distrutto dalla battaglia di El Alamein nel 1942. Per il tributo di sangue la Bandiera del Reggimento merita due Medaglie d’Oro al Valor Militare. Sciolto nel 1943, si ricostituisce nel 1949 ed attualmente ha sede a Caserta. Apparteneva all’8° Bersaglieri il sottotenente Alberto Riva di Villasanta che, alle ore 15 del 4 novembre 1918, cioè pochi momenti prima della cessazione delle ostilità, al bivio di Paradiso (comune di Pocenia, UD), era alla testa dei suoi bersaglieri che incalzavano il nemico in ritirata; ma cadde colpito alla fronte dalle ultime scariche di una mitragliatrice nemica. Fu l’ultimo militare italiano morto durante la guerra del 1915-1918. L’episodio della sua morte è descritto in uno dei bassorilievi del basamento del monumento al Bersagliere a Porta Pia.

11° reggimento

Costituito nel 1883 a Caserta, incorporando reparti che avevano già combattuto nelle Guerre di In-

Bassorilievi in pietra di Trani nel monumento al Bersagliere a Porta Pia

dipendenza e nella Presa di Roma del 1870 (a Porta San Pancrazio), partecipa alla guerra italo-turca in Libia (1911-12): per la battaglia di Sciara-Sciat (richiamata in uno dei bassorilievi in pietra nel monumento al Bersagliere a Porta Pia) gli viene conferita la medaglia d’oro al valore militare. Prende parte alla Prima ed alla Seconda Guerra mondiale; è sciolto l’8 settembre 1943. Nel 1975, viene parzialmente ricostituito, poi definitivamente riorganizzato nel 1992. L’attuale sede è a Orcenico Superiore (PN). Dal 1997 comprende l’XI Battaglione Bersaglieri “Caprera” che, come segno tradizionale di appartenenza al 14 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020

disciolto 182° Reggimento fanteria corazzata “Garibaldi”, continua a portare la “cravatta rossa”. Qui a lato riportiamo una cartolina postale dell’11° reggimento, con bersaglieri all’attacco, che riproduce un dipinto del pittore Fortunino Matania di Napoli, artistadisegnatore-illustratore nonché bersagliere nella prima guerra mondiale. Sui nastri le date 1848-70.


Il bollo in basso a dx, sempre dell’11°, viene stampato dopo che il reggimento, impiegato in Libia nella guerra italo-turca (1911-1912), consegue l’onorificenza della medaglia d’oro al valore militare per l’eroica battaglia e l’eccidio subìto dai bersaglieri nell’oasi di SciaraSciat, a est di Tripoli. Attualmente, oltre ai tre sopra descritti, sono operativi altri tre reggimenti di bersaglieri, il 1°, il 6° e il 7°.

Il Trombettiere

all’atto della costituzione del corpo nel 1836 ed accompagnava con gli squilli della tromba la vita quotidiana di caserma. Ma anche nel fragore della battaglia trasmetteva, con squilli convenzionali, gli ordini del comandante, sostituendo così il tamburo da sempre adottato dalla fanteria. Più trombettieri, più trombe insieme vennero a formare la fanfara, poi integrata da altri “ottoni” (corni, flicorni, bassi tuba); la fanfara dei Bersaglieri è l’unica

Questa cartolina raffigura un bersagliere trombettiere a passo di corsa, ed è la riproduzione di un acquerello firmato dal pittore Fortunino Matania, di cui abbiamo già parlato. Forse è un autoritratto dello stesso artista. Il trombettiere è una figura nata anch’essa

banda al mondo a suonare e correre insieme. Anche nel Monumento a Porta Pia, il Bersagliere raffigurato (1932, bronzo dello scultore Publio Morbiducci, basamento in travertino ideato dall’arch. Italo Mancini) è un trombettiere nel suo caratteristico passo di corsa, così caro all’immaginario popolare; nella mano destra tiene il fucile e nella sinistra la tromba, in testa il famoso cappello piumato, simbolo del Corpo.

Sopra, da sx: cartolina raffigurante un bersagliere trombettiere a passo di corsa, riproduzione di un acquerello firmato dal pittore Fortunino Matania. Monumento al bersagliere a Porta Pia: 1932, bronzo dello scultore Publio Morbiducci e basamento in travertino ideato dall’arch. Italo Mancini

Bolli tondi di vari Battaglioni

Cartolina postale dell’11° reggimento, con bersaglieri all’attacco. A dx, erinnofilo dell’11° reggimento dopo il 1911

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La marcia di corsa

La corsa è ciò che rende un bersagliere “IL” Bersagliere. L’estrema mobilità e il rapido spostamento a piedi (poi in bicicletta e oggi con i mezzi motorizzati e corazzati) sono le caratteristiche fondanti della specialità sin dal 1836. E tutti abbiamo sempre visto questa andatura come simbolo del coraggio, orgoglio e dinamismo dei Bersaglieri. La corsa dei Bersaglieri tipica e da parata (ad es. quella del 2 giugno, ai Fori Imperiali) è detta “cadenzata”, con 180 passi al minuto ed una lunghezza di passo di 1 metro.

L’“Urrah !!”

Bersaglieri di corsa davanti al Vittoriano. Sotto, chiudilettera del 9° reggimento

In questi chiudilettera del 9° reggimento, due verticali e uno tondo, è riportata in particolare una data: quella del 18 giugno 1836, data del “regio brevetto” del re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia, che, su proposta dell’allora capitano del Reggimento guardie Alessandro La Marmora, istituisce il Corpo dei bersaglieri. Viene riportata inoltre la parola “URRAH !!” che è diventato ormai il tradizionale grido dei Bersaglieri, però solo a partire della Guerra di Crimea; deriverebbe o dal russo “Ur ray!” o dal britannico “Hurrah!”, ambedue di uso tradizionale nei rispettivi eserciti e di significato analogo. E’ un grido collettivo di incitamento e di esultanza, un grido anche augurale. Alcuni storici preferiscono farlo derivare dal grido dei soldati russi del 1600 “Ur Ray” cioè “nel Paradiso”, urlato nella persuasione - da cristiani ortodossi -, che, morendo in battaglia contro i Turchi, sarebbero andati subito in paradiso per godere di tutti i piaceri e le delizie del luogo. 16 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020


Qui sotto, bassorilievo in pietra di Trani nel monumento al Bersagliere a Porta Pia. In basso, monumento dedicato a Toti nel Museo dei Bersaglieri

gli attacchi; aveva le gomme piene e due sospensioni che funzionavano da ammortizzatori; attaccata alla canna aveva una sacca a forma di cartella dove c’era l’equipaggiamento del caso: elmetto, borraccia, gavetta, ecc.; al centro della bicicletta c’era anche l’alloggiamento per la carabina e/o per la pala, e dietro il sellino erano alloggiate la mantellina e la coperta. Veniva prodotta in diverse versioni ed equipaggiamento secondo il ruolo dell’utilizzatore.

Enrico Toti e la sua bicicletta

La Bicicletta

Fu introdotta nel 1898 per dare mobilità e velocità ai bersaglieri (guarda caso, anche alcuni civili si erano appassionati al nuovo mezzo di spostamento, fondando qualche anno

prima, nel 1894, il Touring Club Ciclistico Italiano). Chiamata affettuosamente “carriola” o “caretta”, la bicicletta era ripiegabile in due pezzi e munita di spallacci per poter essere caricata sulle spalle durante notiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020 u17

Ad essa è legata la costituzione di parecchi Unità/ Reggimenti e la storia di grandi eroi come Enrico Toti, romano, ferroviere, poi inabile al lavoro perché privo della gamba sinistra persa in servizio ma desideroso comunque di partecipare alla guerra con la sua bicicletta; fu prima utilizzato come volontario civile, poi riuscì a farsi trasferire al battaglione bersaglieri ciclisti del 3° reggimento ed infine ad arruolarsi definitivamente come bersagliere effettivo. Nel 1916, sul fronte di Monfalcone, già colpito da due proiettili, con un gesto eroico scagliò la gruccia verso il nemico esclamando “nun moro io!” (io non muoio!), poco prima di essere colpito a morte e di baciare il piumetto dell’elmetto (questa scena è descritta in uno dei bassorilievi in

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Sopra, erinnofili emessi in occasione di Raduni nazionali dei bersaglieri in congedo

Sopra, bollo con, al centro nell’ovale, un gruppo di bersaglieri all’attacco, in basso la scritta “da Goito a Porta Pia” uu

pietra nel monumento al Bersagliere a Porta Pia e nel monumento a lui dedicato nel cortile interno del Museo dei Bersaglieri).

Chiudi lettera “non ufficiali”

Anche per i bersaglieri o per avvenimenti ad essi collegati sono stati stampati chiudilettera “non ufficiali”, cioè per iniziativa di associazioni, editori, stampatori o addirittura privati cittadini. Molti sono stati editi

dall’Associazione Nazionale Bersaglieri in congedo (A.N.B.), in occasioni di raduni nazionali annuali o per eventi commemorativi o anniversari (es. la Presa di Roma, il Centenario dell’Unità d’Italia, ecc.) Il bollo verticale qui sopra a sx, in bianco e nero, fu fatto stampare nel 1970, in occasione del centenario della Presa di Roma, da un discendente del capitano Palamede Timoteo Luigi Casnedi, la cui immagine viene lì riprodotta. Il 20 settembre 1870 fu il primo ufficiale dei bersaglieri ad entrare in Roma dalla 18 unotiziario 5, Ottobre/Dicembre 2020

Breccia di Porta Pia “…slanciandosi sulla salita per primo e guadagnandone primo la sommità”, quale comandante della 4° compagnia del 12° Reggimento Bersaglieri; per questo fatto ebbe la medaglia di argento al valore militare. Una curiosità. La cartolina postale qui sopra riporta la scritta del 20 settembre e l’anno 1895, cioè il 25° anniversario della Breccia di Porta Pia. Con le frasi “W. il PAPA” e “W. L’ITALIA” si intuisce che si vuole ricordare il “misfatto” operato dagli Italiani con


Erinnofilo massonico commemorativo dei 100 anni dal 20 settembre 1870

la Presa di Roma e con la fine del potere temporale del Papa. Nel tondo con San Pietro stilizzato, la frase “Portae inferi non praevalebunt” (le porte dell’inferno non prevarranno) 1. Per questo anniversario a Roma ci furono pesanti proteste dei cattolici, anche perché in quella occasione venne stabilita per la prima volta la festa nazionale del 20 settembre (abolita solo nel 1930); particolari festeggiamenti

ed inaugurazioni di lapidi e monumenti (compresa la colonna commemorativa della ‘Breccia’) si tennero in tutto il Paese per festeggiare proprio il 25° anniversario dell’unificazione di Roma all’Italia. Altra rarità. Qui a sx, cartolina postale affrancata e con incollato un erinnofilo del Papa Leone XIII. Esso porta le scritte “W. LEONE XIII” e “W. L’ITALIA” e riporta la data del “XX SETTEMBRE 1895”. In basso un libro aperto con la stessa scritta riportata nella cartolina precedente “Portae inferi non praevalebunt” (le porte dell’inferno non prevarranno) (1). Un erinnofilo inaspettato! I simboli “squadra e compasso” presenti nell’erinnofilo in alto del 1970, emesso in occasione del primo centenario

(1) riprese dal Vangelo (Matteo 16, 18) e contenute nelle parole di Gesù all’apostolo Pietro: «tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam», «tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa»

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della Breccia di Porta Pia, sono tra i più noti emblemi della massoneria; essi sono accompagnati dalla lettera G, simbolo interpretato in Italia come lettera iniziale dell’acronimo G.A.D.U. (Grande Architetto dell’Universo). Nel Risorgimento italiano fu molto forte l’impronta anticlericale e laicista (“libera Chiesa in libero Stato”) di origine liberale e massonica. Appartennero alla massoneria o per essa simpatizzarono figure di spicco del Risorgimento: Mazzini, Cavour, Cattaneo, Crispi e Garibaldi. L’apertura di quelle mura (di Porta Pia) ha però consentito lo scambio di uomini e di idee e l’avvio del nostro paese alla modernità. Oggi, il dissidio, che a lungo ha opposto Stato e Chiesa, sembra superato con la conciliazione dei valori laici e cattolici, in nome di un unico spirito nazionale che fonde tutte le radici culturali del nostro paese. Per concludere un ultimo cenno a questi fanti famosi anche per il duro addestramento cui sono sottoposti. Ai nostri giorni, i bersaglieri sono chiamati non più alla guerra ma a partecipare ad azioni sia all’estero (in varie missioni internazionali di pace, come in Libano, Somalia, Bosnia, Albania, Kosovo, Iraq e Afghanistan), sia in Italia, dove anche le “fiamme cremisi”, come altri soldati dell’Esercito, stanno dando il loro prezioso contributo nell’Operazione “Strade Sicure” e per contrastare e contenere la diffusione del Covid-19: i nemici di oggi sono meno visibili ma forse più insidiosi di quelli del passato. In questi momenti di così serie minacce il Paese adotti lo stesso cuore, slancio e tenacia che abbiamo visto profusi nella storia dei nostri bersaglieri. PS: un particolare ringraziamento all’amico Paolo Roca che mi ha messo a disposizione per la consultazione la parte degli erinnofili militari della sua collezione, riprodotti in questo scritto.


attivitàsul territorio

di b u l C territorio a cura di Elisa bucci Console TCI - Coordinatrice del Club di territorio

Carissimi amici e amiche, nel breve intervallo di (semi)libertà concessoci dal COVID19 in questo strano anno 2020, hanno avuto luogo il secondo Tevere Day, il 4 ottobre e l’Appia Day l’11 ottobre. La domenica successiva, 18 ottobre si è svolto l’ArcheoGRAB, un secondo appuntamento di Appia Day, un evento dedicato ai cicloamatori che, con vari itinerari, ha percorso parte del tragitto del futuro GRAB, il Grande Raccordo Anulare delle Bici di Roma. Nel momento in cui allestiamo questo numero del Notiziario siamo purtroppo di nuovo costretti a sospendere tutti gli eventi per la ripresa dei contagi ma vogliamo almeno ricordare i bei momenti vissuti pubblicando le foto scattate in quei giorni dai volontari che vi hanno partecipato.

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APPIAday

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Archeograb

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Sta per concludersi un anno terribile che ha sconvolto la vita di uomini e donne in gran parte del mondo. Molti hanno sopportato profondi dolori e la perdita di persone care. A chi è stato più sfortunato va tutta la nostra solidarietà e un grande abbraccio. Il nuovo anno non sarà facile, ma tutti noi siamo tenuti a fare in modo che i nostri comportamenti siano compatibili con la cura della salute collettiva, nella speranza che, prima possibile, tutto questo finisca e inizi

un nuovo periodo in cui, facendo tesoro di questa esperienza dolorosa, si possa costruire per noi stessi, per chi ha sofferto, per il futuro dei giovani e nel ricordo di chi non ce l’ha fatta, un avvenire carico di energie positive. Ce la faremo? Non possiamo saperlo. Sono tante le variabili che non dipendono dal singolo, soprattutto nella visione politica dell’Italia, dell’Europa e del mondo intero. Ma, nel nostro piccolo, mettiamocela tutta per provarci!

Un augurio e un abbraccio a tutti voi!

Questa pubblicazione on-line, riservata ai volontari del Touring Club Italiano, è nata e vive esclusivamente con il contributo dei volontari stessi che, liberamente e a titolo gratuito, condividono con la redazione il frutto delle loro conoscenze. Volontari sono anche coloro che svolgendo tutte quelle attività “tecniche” come il coordinamento redazionale e l’impaginazione decidono la stesura finale del Notiziario.

In Redazione: Elisa Bucci, Alberto Castagnoli, Massimo Marzano, Massimo Romano Coordinamento editoriale: Massimo Romano Progetto grafico e impaginazione: Gianluca Rivolta Hanno collaborato a questo numero: Elisa Bucci, Massimo Marzano, Gianni Ricci

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SEGRETERIA ORGANIZZATIVA APERTI PER VOI ROMA: Piazza Santi Apostoli, 62/65 Apertura dedicata ai volontari dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00. Tel. 06.36005281-3” apertipervoi.roma@volontaritouring.it


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