Storie di mare

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Uno strano caicco di P. Curci

Marzo 2012. Gallipoli. Che gran bel risveglio. Fuori qualcuno sta cantando una dolce melodia. È così rilassante e bella che mi verrebbe voglia di ascoltarla tutti i giorni. Un’ enorme fortuna per quelli che abitano qui. Io resterò qua solo un mesetto, sperando di riuscire a finire il lavoro che mi hanno assegnato. È il mare che canta. Dalla finestra entrano timidi raggi di sole profumati di salsedine. Mi invitano a seguirli e io non mi posso frenare. Sono in pigiama, speriamo che nessuno mi veda. Apro le persiane e un tonfo di luce entra trionfante in tutta la stanza. Mi affaccio al balcone e il mare è lì che mi dà il buongiorno. Lui è già sveglio e si è già vestito del suo abito più prezioso. Indossa cristalli che non ammettono critiche. Non può essere più bello. Riflette, solo, le infinite sfumature del cielo: rosa giallo e blu si mischiano fra loro così dolcemente da suscitare grandi emozioni, che si diluiscono così bene con il mio stato d’animo da diventare parte di me. Il bollore del caffè mi riporta alla realtà. Corro subito in cucina, spengo la fiamma. La giornata sta ufficialmente cominciando. Un sorso veloce e sono già sotto la doccia. Indosso il primo tailleur che trovo nella valigia. Scarpe alte nere intonate alla gonna, uno chignon e un filo di trucco. È già tardi, devo sbrigarmi. Impugno la valigetta degli attrezzi ed esco. Un passo segue l’altro e sale la mia preoccupazione. Questo sarà il mese decisivo per il mio lavoro. Il capo mi ha assegnato un incarico importante, se la supero avrò finalmente il lavoro che sogno da quando sono nata, da ben venticinque anni. Devo dar prova del mio talento costruendo un magazine sul turismo di questa città. Ho pensato di cominciare partendo da una intervista ai turisti. Alcuni informatori e amici mi hanno avvisato dell’arrivo di Bryan Smith, il più importante imprenditore europeo, capo del settore informatico dell’economia internazionale. Ha deciso di passare le vacanze qui, nonostante la sua vasta gamma di scelte turistiche e non potevo restare indifferente in vista del mio prossimo progetto lavorativo. Arriverà nel porto della città alle dieci, probabilmente, con un caicco. Dovrò arrivare prima di lui e aspettarlo al punto di attracco. Della barca nemmeno l’ombra e sono già le dieci. Aspetterò massimo un quarto d’ora, dopodiché tornerò in albergo e penserò a un altro modo per cominciare il mio magazine, non voglio sprecare tempo, non posso stare qua un’ eternità. Il mare mi è di fronte come un caloroso amico ma, le onde, a differenza di stamattina presto, sono più irrequiete e quasi mi mettono tristezza. Non fanno che ricordarmi noiosamente quanto tenevo a questa intervista e di come il mio desiderio si sta pian piano frantumando. Il mare non sta più cantando per me, ma gli sono indifferente e sembra non curarsi di me. Sarà forse una mia impressione o questo mare cambia subito umore? O è per caso un mio riflesso? Mentre mi guardo i piedi timorosa alzo pian piano il braccio sinistro e sbircio l’ora. Sono passati già venti minuti e devo andare . Riprendo la mia attrezzatura posata sulla panca e pian piano mi accingo a ripercorrere la via di casa quando, ad un tratto, qualcosa nell’aria cambia. Il mare non ha più lo stesso suono, c’è qualcosa di diverso, sembra il rumore di uno scafo. Giro velocemente la testa speranzosa: in lontananza una barchetta annuncia il suo arrivo. Ritorno soddisfatta alla postazione iniziale. Poggio una mano lateralmente sulla fronte e arriccio gli occhi. Sì, è proprio un caicco. Una 24


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