La fede nuda

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Luigi Adami - Paolo Bertezzolo

La fede nuda dialogo sul credere e il dubitare

Prefazione di Augusto Barbi

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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2019 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-385-4 Stampa Mig srl (Bologna), Marzo 2019

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La dottrina cristiana non è un sistema incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera; la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo. Papa Francesco Discorso al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze 10 novembre 2015

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INDICE

Prefazione Un dialogo che nasce da una vita credente di Augusto Barbi

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1. CAMMINANDO S’APRE CAMMINO Si è sempre in ricerca e il cammino, stimolato dal dubbio, non si conclude mai

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Non chiudersi nel proprio mondo

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È la fede che ci muove, disposti a spogliarci di tutto: ideologie, pregiudizi, egoismi, violenza, diffidenza, inganno. Una fede che si lascia provocare dal dubbio

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Dio non spaventa. Non è nel tuono e nel terremoto, ma in un “sottile filo di silenzio”

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Oltre il dubbio c’è la perdita della speranza

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L’errore di voler utilizzare Dio

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Se Dio è onnipotente, perché c’è il male?

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Entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conoscere la forza della tenerezza ci complica meravigliosamente la vita

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Il Concilio Vaticano II è la nostra magna charta

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2. INQUIETUM EST COR NOSTRUM Il dubitare del credente

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L’inquietudine buona e l’inquietudine cattiva

33

Quale salvezza dobbiamo sperare e desiderare?

34

La fede, non la morale, è al primo posto

37

Credere nonostante Auschwitz

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Le responsabilità personali

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La fides quae e la fides qua

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Salvezza umana e salvezza cristiana

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Il dubitare del credente è fecondo

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L’esperienza dei mistici

59

La consolazione della fede

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La fede “sbagliata”

63

Un Dio da gustare

64

Fede in Dio e libertà dell’uomo

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Tenere ben ferma la complessità

67

La fede e la dottrina

72

Essere laico ed essere credente

75

La fede non è un elemento identitario

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3. QUALE IMMAGINE DI DIO? «Bisogna distruggerTi Dio, per crederti quale Tu sei»

87

Noi crediamo nel Dio annunciato da Gesù, che spesso non è quello creduto e celebrato nella religione

87

Occorre distinguere fede e religione

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Dio, in sé, è inesprimibile

91

Il Dio della religione, che salva i giusti e che interviene quando ne hai bisogno, non interviene a salvare Gesù inchiodato sulla croce. Perché Egli è l’uomo giusto per eccellenza

93

Gesù ci ha indicato Dio in un modo laico e non sacrale

96

Superare il clericalismo

99

Una teologia che non trascuri l’aspetto “non dicibile” di Dio, il senso del mistero

100

Confessare Dio nello “spazio vuoto”

103

Il dramma è di Dio

109

4. CON DIO E CON L’UOMO La «questione di Dio è inscindibile da quella dell’uomo»

115

Chi dice di amare Dio e non ama l’uomo dice una bugia

115

8


Testimoni di Dio nel servire l’uomo bisognoso, pronti a pagare di persona

118

Carità pelosa e carità come dono gratuito

120

Personaggi strani fuori dal contesto della città e della Chiesa

123

Il dialogo è una forma di carità

124

La cena di fraternità

133

5. FEDE E POLITICA La fede si apre al pluralismo, al dialogo, alla laicità, alla nonviolenza e alla pace, valori “politici” che vanno tenuti tutti insieme

135

La fede si esprime nella politica non solo come “militanza” nei partiti ma anche come impegno per gli altri, per la comunità. Un impegno che è carità

135

Il cammino del Gruppo per il pluralismo e il dialogo è iniziato da un caso politico

136

Tolleranza e pluralismo nel contesto ecclesiale, professionale e politico

139

Lo scopo dell’impegno politico non può che essere il bene comune

142

Laicità è la prima condizione per ricostruire un modo corretto di far politica, senza commistioni tra interesse pubblico e privato, tra Stato e Chiesa…

144

La nonviolenza è una risposta concreta al fallimento della politica e dei partiti

152

L’impegno per la pace

153

6. LA CHIESA Compito della Chiesa è annunciare il Gesù pasquale, vivo, senza compromissioni col potere economico, politico, militare, culturale

159

Senza la Chiesa non ci sarebbe neppure Gesù

159

La Chiesa “confessa” Gesù

160

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La Chiesa italiana e le prospettive del Paese

165

Emarginazione nella Chiesa veronese

166

Pelagiamesimo e gnosticismo: le due tentazioni che minacciano la Chiesa

169

Ce la farà Francesco?

171

Il Concilio vuole una Chiesa messianica, non divisa tra gerarchia e popolo di Dio

173

Quanto è cambiata la Chiesa dopo il Concilio?

174

Le novità del Concilio Vaticano II

176

L’ecumenismo e l’esperienza di Verona

178

7. AL POZZO DI SICAR Una sosta dialogante, lungo un cammino che continua

185

Arriva una donna ad attingere acqua

185

Cosa è il dubbio?

188

Ma la fede, quindi, cos’è?

193

L’insegnamento dei poveri

194

Con Dio c’è una relazione d’amore, che non si può raccontare se non per analogie

196

La fede, alla fine, approda al silenzio

199

Un dialogo che continuerà

200

Si avverte il respiro di Dio

202

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Prefazione

Un dialogo che nasce da una vita credente

Il processo condensato in questo libro – scritto insieme da Paolo Bertezzolo e d. Luigi Adami – è quello di un vissuto che trova piena valorizzazione, perché ripensato, portato alla parola e con umile convinzione trasmesso, in modo da diventare stimolo al confronto e motivo di arricchimento per altri. La forma del “dialogo” – che è stata scelta – conferisce all’insieme del lavoro quel carattere di immediatezza e di confidenza che tende a coinvolgere il lettore, lo induce a porsi domande e a cercare le proprie personali risposte, sul filo degli interrogativi e delle considerazioni che il libro mette in campo. Che al fondo del percorso – che si dipana lungo l’arco dell’impegnativo dialogo – ci sia una ricca esperienza di vita personale, ecclesiale e sociale, lo si avverte quasi ad ogni pagina, anche quando lo scambio sembra elevarsi al livello di rilevanti motivi teologici. Si sente l’eco dei vissuti dell’infanzia, della malattia, del contatto continuo con la gente. C’è la ricorrente memoria, affettuosa e riverente, di personaggi come Turoldo, Balducci ed altri, con cui d. Luigi ha intrecciato relazioni significative ed amicali. Costante è il riferimento al lungo e multiforme cammino di ricerca condotto assieme al “gruppo per il pluralismo e il dialogo”, al quale hanno dato il loro contributo, nel tempo, personalità di spicco e dalle competenze più varie. C’è il rimando, naturalmente, alle esperienze del dialogo ecumenico e interreligioso; alla complessità del vissuto ecclesiale; ai drammi storici della shoah e dell’ambiente; all’impegno nella società e nella politica. È 11


da questa trama di realtà vive, che d. Luigi – sotto l’incalzare delle sagge domande di Bertezzolo – si lascia interpellare, perché sono queste realtà che verosimilmente hanno plasmato la sua storia, la sua umanità e il suo cammino di credente. È da credente, infatti, che d. Luigi affronta gli interrogativi di senso che questa ricca gamma di vissuti solleva. La fede, che egli esprime, è una fede che in qualche momento commuove, tanto è intrisa di tenerezza fiduciosa, simile a quella del “fanciullo svezzato” che si abbandona in braccio a sua madre. È una fede “nuda”, che non vuole mettersi al riparo di ideologie, né intende distribuire certezze a buon prezzo per arginare le inevitabili e umane paure. È, però, una fede “pensosa”, che accetta le tante domande suscitate dal confronto con la complessità della vita, con il dramma della morte e delle sue ombre che si proiettano già dentro l’esistenza tribolata. È una fede che non ha paura di confrontarsi con il dubbio, nella convinzione che il dubbio può favorire una purificazione della fede, può liberare i suoi contenuti da rappresentazioni infantili, può preservare il mistero di Dio dal pericolo di diventare un “idolo vano”. In questa “pensosità” credente, d. Luigi non si sente del tutto lontano dal “fratello ateo, nobilmente pensoso” di Turoldo, perché la vera linea di demarcazione non è tra chi si dice credente e chi si confessa ateo, ma tra “chi cerca continuamente” e chi non cerca più, perché ha già fatto il pieno – non più scalfibile – di certezze ideologiche, di potere e di ricchezze. È una fede – quella confessata da d. Luigi – che mostra di reggersi solo sulla promessa della Parola di Dio e sull’umanità affidabile del Figlio Gesù. Stupisce – anche un biblista di professione – come, lungo l’arco del dialogo, d. Luigi frequentemente ricorra, con proprietà e naturalezza, ai testi evangelici, all’esperienza dei primi credenti e alla prassi stessa di Gesù, per motivare un nuovo stile di vita; per riscoprire una visione “fresca” dell’esperienza ecclesiale e per riesprimere, in modo vivo, contenuti rilevanti della fede cristiana. Si intuisce, al fondo di questi frequenti riferimenti biblici, un’esistenza che si è lasciata con umiltà e fiducia illuminare e 12


nutrire dalla Parola, a riprova e a testimonianza che la «Parola della grazia ha la potenza per edificare» (At 20,32). E, davvero, il vangelo emerge – nello sviluppo del dialogo – come “parola di grazia”, come lieto annuncio per la vita di ciascuno e di tutti, in grado di far affiorare la gioia (Evangelii gaudium) e di generare la speranza. A più riprese viene messo a fuoco il pericolo che dalla Chiesa e dai credenti esso possa essere ridotto ad un moralismo, che induce al cattivo giudizio e all’esclusione, soprattutto dei più fragili: un moralismo tanto lontano dalla prassi di Gesù, che ha privilegiato i poveri e i marginali; ha accolto, nella commensalità, pubblicani e peccatori ed ha fatto della sua croce il luogo perenne della riconciliazione. Al cuore del vangelo è giustamente collocato – nella riflessione di d. Luigi – l’accadimento del Regno di Dio già presente nella storia degli uomini: un Regno di Dio che è più ampio della Chiesa e al servizio del quale la Chiesa deve porsi come sacramento di salvezza. È così scongiurato il pericoloso dualismo che contrappone Chiesa e mondo. La Chiesa non è più l’unico luogo della salvezza e il mondo non è più luogo della perdizione o tuttalpiù il campo di conquista da parte di una propaganda religiosa che sarebbe semplicemente espressione di potere. Il mondo e l’umanità sono invece lo spazio in cui il Regno di Dio può attecchire e manifestare i suoi segni di novità, nella pace, nella giustizia e nella solidarietà. La Chiesa è chiamata a interpretare, valorizzare e potenziare questi germi del Regno e, in quanto forma comunitaria e visibile della salvezza, è efficace strumento per aiutare l’umanità a “salvarsi insieme”, in conformità al disegno divino. Se il vangelo del Regno è grazia e la fede stessa è grazia, questa grazia – come ricorda Bonhoeffer – non è grazia a buon prezzo. Essa tende a suscitare e richiede l’impegno del credente, perché – come ricorda d. Luigi – Dio non salva senza la risposta libera e responsabile dell’uomo e senza l’impegno a favore dell’altro e di tutta l’umanità. Il dialogo, realizzato in questo libro, tocca in particolare l’impegno del 13


credente nell’ambito sociale e sul terreno della politica, sotto lo stimolo della lunga storia del gruppo “per il pluralismo e il dialogo”. L’orizzonte della fede e la prospettiva del Regno di Dio rimangono per il credente, impegnato nella politica, lo stimolo inquietante e creativo della sua azione, ma la decisione politica esige la mediazione dell’intelligenza, della competenza, del dialogo e del confronto con visioni culturali diverse. Per questo le decisioni politiche non possono essere dedotte immediatamente dalla fede e resta lo spazio per una sana laicità, per un pluralismo di opzioni, per la responsabilità personale dei credenti adulti, mentre diventa fruttuoso il dialogo tra cristiani politicamente schierati su diversi fronti. È la prospettiva che, con lungimiranza e sensibilità, da decenni ormai d. Luigi ha coltivato: a partire da quando l’amico Gianni Martari aveva fatto una scelta politica coraggiosa e di coscienza! Abbiamo voluto accennare, senza pretesa di esaustività, ad alcuni temi che lo scambio tra Paolo Bertezzolo e d. Luigi Adami ha, con spontaneità, sviluppato. Essi danno un’idea sintetica dello spessore di vita e di riflessione che in questo libro è condensata. La modalità stessa del dialogo sembra essere la cifra letteraria di quel “dialogo” che gli autori hanno perseguito nella loro molteplice esperienza e che ora intendono aprire con i lettori. Con l’augurio sincero che molti possano avvalersi della ricchezza che questo dialogo dischiude! Augusto Barbi

Augusto Barbi, sacerdote veronese, è licenziato in scienze bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico e dottore in teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana. Docente emerito della Facoltà Teologica del Triveneto, attualmente insegna esegesi del N.T., teologia biblica e storia del cristianesimo delle origini presso lo Studio Teologico San Zeno (Verona), l’ISSR San Pietro Martire (Verona) e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Verona. Ha pubblicato numerosi articoli sull’opera di san Luca in riviste specializzate, nel Dizionario di spiritualità biblico-patristica e in diverse miscellanee. 14


Capitolo 1

CAMMINANDO S’APRE CAMMINO Si è sempre in ricerca e il cammino, stimolato dal dubbio, non si conclude mai

Non chiudersi nel proprio mondo

P: Nell’autunno del 2015 tornavamo a Verona dopo un viaggio in Alto Adige compiuto con gli amici del Gruppo per il pluralismo e il dialogo. Sul pullman eravamo seduti l’uno accanto all’altro e parlavamo dell’esperienza che si stava concludendo. Una sera avevamo partecipato alla presentazione di un libro che trattava della fede, della bellezza, della legge, di Dio.1 Era stato un incontro molto stimolante. Parlandone, abbiamo ricordato anche gli incontri del Gruppo dedicati a questi temi. Ci sono venute molte idee, e abbiamo pensato che valesse la pena metterle per iscritto. Così è nato questo libro. L: L’autore di quel libro e chi lo presentava quella sera vicino a Bolzano avevano accennato più volte alla fatica di credere, ai dubbi che ci prendono e che spesso non riusciamo a sciogliere. P: Tu hai sorpreso un po’ tutti, intervenendo verso la fine del dibattito. Hai detto che, se loro avevano dubbi, tu ne avevi ancora di più, e che non si deve temere di averne. Sono, infatti, uno stimolo per cercare, per dialogare con gli altri, per rendere più profonda la fede. Il dubbio fa parte della fede. Credere non significa avere solo certezze. Per fornire un esempio di quel che intendevi dire, hai citato interamente 1 Guido Rispoli - Vito Mancuso, La bellezza, la legge e Dio, Il Margine 2015.

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Oltre la foresta, poesia di Turoldo che tu ami molto e che inizia col verso: Fratello ateo, nobilmente pensoso.2 L: David vi esprime cose importanti, belle, autentiche. È un invito a non chiudersi nei propri recinti ideologici, nelle sicurezze che ci costruiamo per tentare di sfuggire alla paura, alla fatica di cercare, al dialogo necessario e inevitabile con chiunque sia “nobilmente pensoso”, anche se si dichiara ateo. P: Quella poesia racconta un cammino: Fratello ateo, nobilmente pensoso/ alla ricerca di un Dio che io non so darti,/attraversiamo insieme il deserto./Di deserto in deserto andiamo/oltre la foresta delle fedi/liberi e nudi verso/il nudo Essere/e là/dove la Parola muore/abbia fine il nostro cammino. Una persona in cammino è Vittorino Andreoli.3 Confessa che Gesù ha accompagnato la sua vita da sempre. «Fratello di latte» lo chiama. Ha continuato a confrontarsi con lui anche quando, all’età di diciotto anni, «da credente, da chi crede di credere» è passato nella schiera di coloro che credono di non credere. «Gesù è rimasto l’uomo più straordinario, che vuol dire fuori della norma, del consueto, il più affascinante, capace di resistere in ogni mia metamorfosi».4 Lo sospinge un “urgente” desiderio di “approdare” a Gesù, che ti “smuove”, che si realizzi o meno. Leggere i suoi libri è stato per me un cammino, fatto insieme. L: È così che si ricerca: camminando insieme e affrontando difficoltà, problemi, incomprensioni, paure. Un esempio importante lo ha fornito papa Francesco, a proposito dell’ecumenismo. Il 13 febbraio del 2016, sull’aereo che lo stava portando a Cuba dove, dopo secoli di polemiche e scomuniche reciproche tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa David M. Turoldo, Oltre la foresta, in Canti ultimi, Garzanti, Milano 1991, p. 205. 3 Vittorino Andreoli è psichiatra, scrittore, poeta. Gesù e la fede occupano un posto molto significativo nella sua opera. 4 Vittorino Andreoli, Il Gesù di tutti. Vite, morti e resurrezioni dell’uomo che si fece Dio, Piemme, Milano 2013, p. 8. Oltre a questo libro va almeno ricordato: Vittorino Andreoli, Tredici Gesù. Un ritratto contemporaneo dal Novecento a papa Francesco, Piemme, Milano 2016. 2

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ortodossa, avrebbe incontrato il patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill, ha detto ai giornalisti che lo accompagnavano: «L’unità si fa camminando. Una volta io ho detto che se l’unità si fa nello studio, studiando la teologia e il resto, forse verrà il Signore e ancora noi staremo facendo l’unità. L’unità si fa camminando, camminando: che almeno il Signore, quando verrà, ci trovi camminando».5 P: Non intendeva, naturalmente, svalutare la teologia ma porre in evidenza che occorre, come in ogni altro, non rimanere chiusi neppure entro il suo recinto. Del resto Francesco continua a sollecitare la Chiesa ad “uscire” dal tempio, a muoversi, cercare, aiutare, portare la “buona notizia” ad ogni persona, cominciando dagli ultimi. L: Questa condizione ci riguarda tutti. Dobbiamo imparare a non chiuderci nel nostro mondo, nelle nostre sicurezze, magari per difenderci da chi è diverso da noi, o per respingerlo. È un buon modo anche per vincere la paura.

Occorre muoversi, cercarsi, incontrarsi: camminare, appunto. P: Nella Bibbia, il cammino per eccellenza è quello dell’Esodo. Il popolo ebraico esce dall’Egitto grazie all’aiuto di Dio e muove verso la terra che gli ha promessa. Camminando si costituisce come popolo. Proprio al lungo cammino nel deserto si riferirà sempre per riconoscersi e riconoscere Dio, suo liberatore e salvatore. L: Pensando anche a questa esperienza, diversi anni fa, Arturo Paoli ha intitolato un suo bel libro Camminando s’apre cammino. Vi racconta, sotto forma di un dialogo con la giovane venezuelana Gaudy, il cammino compiuto per raggiungere una comprensione più vera di Gesù e del suo insegnamento: oltre le dottrine, le ideologie, le interpretazioni di comodo al servizio del potere, in nome di un’esperienza vissuta con assoluta coerenza al Vangelo, a fianco dei poveri e per la loro liberazione. 5

Cfr. “L’Osservatore Romano”, 14 febbraio 2016, p. 5. 17


È la fede che ci muove, disposti a spogliarci di tutto: ideologie, pregiudizi, egoismi, violenza, diffidenza, inganno. Una fede che si lascia provocare dal dubbio

P: Il cammino, è vero, non si conclude mai. La condizione dell’uomo, anche dell’uomo credente, è di essere sempre in ricerca. Il cammino apre in continuazione altri cammini. L: Gesù non ti lascia quieto. La fede cristiana non è una dottrina bell’e pronta, da usare all’occorrenza, come l’aspirina se hai il mal di testa. Papa Francesco, nel discorso al convegno ecclesiale di Firenze del 2015, ha affermato che la dottrina cristiana non è un sistema incapace di generare domande, perché è viva, sa inquietare e animare. Non ha un volto rigido. P: Invece, lo ha detto sempre Francesco, alcuni vogliono “indottrinare” il Vangelo trasformandolo addirittura in «pietre morte da scagliare contro altri».6 L: Non si può ingabbiare la vita e Gesù è vita e la vita è cammino. Questo cammino può essere diretto da fuori, o dall’alto, si può cercare di compierlo nelle condizioni più comode e tranquille. Ma non è quello che ti rende uomo, che ti rende felice. E non è neppure quello che ti chiede il Vangelo. Il cammino è tuo se è orientato da quel che vuoi essere, da quel che decidi di essere.

Vuoi vivere tranquillo, pensando solo ai fatti tuoi, nell’illusione di poterti disinteressare di tutto il resto, o sei disposto a scelte libere e responsabili, ad aprirti agli altri, pronto anche a pagare i costi che questo comporta? P: Il cammino di cui parliamo mi sembra simile al pellegrinaggio che si compiva nel Medioevo. Chi si faceva pellegrino, andava alla ricerca di qualcosa che gli mancava così tanto da essere disposto a rinunciare a ogni cosa per raggiungerlo. Si spogliava di tutto e si avviava, affidandosi totalmente a Dio 6

Francesco, Amoris Laetitia, 49. 18


e all’amore soccorritore e fraterno degli altri, di chi avrebbe incontrato lungo la via. Faceva anche testamento prima di partire, perché non era affatto certo che sarebbe tornato, tanti erano i pericoli che avrebbe potuto incontrare, la fatica che avrebbe dovuto sostenere, la distanza della meta da raggiungere. L: Per noi è la fede che ci muove, disposti a spogliarci di tutto: ideologie, pregiudizi, egoismi, violenza, diffidenza, inganno. È la fede che non teme il dubbio, ma che ne è intrisa e da cui si lascia provocare. «Non abbiamo quaggiù una città permanente ma cerchiamo quella futura» afferma Paolo.7 Non abbiamo nulla di permanente, stabile, fissato una volta per tutte. Per questo cerchiamo. P: Per diversi mesi, così, ci siamo messi anche noi in cammino. In realtà, è stato come riprenderlo dove lo avevamo lasciato col libro precedente.8 Ci siamo incontrati diverse volte. Durante uno di questi incontri hai estratto un foglio, che usavi molto per le tue meditazioni personali e per gli incontri pubblici che tenevi sulla fede, la religione, Dio. L: Contiene il testo di una lettera che Dostoevskij indirizza il 20 febbraio 1854 alla signora Natalija Fonvizina. Le scrive: «Vi dirò di me stesso che sono un figlio di questo secolo, un figlio dell’incredulità e del dubbio fino ad oggi e forse fino alla tomba.

Quali spaventose torture mi è costata e mi costa anche ora questa sete di credere, tanto più forte nella mia anima quanto ci sono in me argomenti contrari. E tuttavia, Dio mi invia talvolta dei momenti in cui tutto mi è chiaro e sacro. È in quei momenti che ho composto un credo: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, di più amabile, di più ragionevole e di più perfetto che il Cristo, e che non solo non c’è niente, ma, e me lo dico con un amore geloso, che non si 7

Eb 13,14.

Paolo Bertezzolo, La Verona del dialogo. Luigi Adami racconta, Il Margine 2008. 8

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può avere niente. E più ancora, se qualcuno mi avesse dimostrato che Cristo è fuori dalla verità, avrei preferito senza esitare restare con Cristo piuttosto che con la verità».9 P: Di solito terminavi questa riflessione leggendo sul retro dello stesso foglio una pagina di Pascal famosa nella storia della spiritualità cristiana. L: Si tratta del foglio di carta tutto piegato che gli trovarono cucito nella fodera della giacca quando morì, il 19 agosto 1662. Lo aveva scritto otto anni prima e conteneva, fissato per brandelli di pensieri e di frasi, il ricordo di una memorabile esperienza di Dio fatta in una notte di novembre, mentre, attraverso la Bibbia, cercava anche lui, come facciamo noi oggi, il volto del Dio vivente. È conosciuto col titolo di Memoriale: «FUOCO Dio d’Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti. Certezza. Certezza. Sentimento, gioia, pace. Dio di Gesù Cristo. Il tuo Dio sarà il mio Dio. Oblio del mondo e di tutto fuorché di Dio. Non si trova che per le vie insegnate nel Vangelo. Grandezza dell’anima umana. Padre giusto il mondo non ti ha conosciuto, ma io t’ho conosciuto. Gioia, gioia, gioia, lacrime di gioia».10 continua

La lettera è pubblicata in: Tat’jana Kasatkina, Dostoevskij. Il sacro nel profano, Rizzoli, Milano 2012, pp. 25-26. 9

10 Blaise Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino, 1967, pp. 421-422.

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