COstretti a VIverci Dentro - Lettere da casa nel tempo della pandemia

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Pensieri nel tempo del Coronavirus Marco Bellotti Insegnante di scuola “media”, amante della matematica e dei cavalli Verona, 26 marzo

Sono qui, chiuso nella mia casa, con i miei cari. Una moglie attenta ai bisogni di tutti, come un computer pianifica la lista degli acquisti e giornalmente mette in tavola cose buone e abbondanti; un figlio che settimanalmente si avventura al supermercato, tutto bardato, e porta a casa carrellate di viveri; una figlia che sta rapidamente diventando brava e creativa in cucina come sua madre; l’altra figlia con cui si gioca a carte tutte le sere ridendo come bambini. E di giorno, tablet, cellulari, tv, la mia biblioteca, un brandy, e chiacchiere tra noi, impressioni, sorrisi. E di notte, il mio spazio, il mio letto, il mio cuscino, il mio gatto. Ho una grande paura. Che questo tempo di dolore trascorra, si perda, così. In questo nulla beato, protetto, normalizzato. Non voglio distrarmi dalla realtà. Voglio ricordare quelli che lottano negli ospedali tra vita e morte, nella solitudine di una rianimazione, senza parole di conforto, senza vicinanze. Voglio pensare a coloro che mettono la loro vita, istante dopo istante, in pericolo a servizio dei malati e di noi stessi, sani imboscati in questo tempo di guerra speciale. Voglio continuare a pensare al mio amico Andrej, povero questuante davanti alla mia chiesa, che non può ricevere la minima elemosina per sopravvivere né ha un posto ove rifugiarsi. Voglio pensare ai profughi chiusi in campi privi 18


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