Estratto Tesi - Dismissione commerciale. Strategie di demalling per Torino - Gabriele Cavoto

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Pagina Fisica: LASTAMPA - TORINO - 69 - 15/03/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/CRONACA/07 - Autore: MAUDAG - Ora di stampa: 14/03/11

22.51

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LA STAMPA

MARTEDÌ 15 MARZO 2011

Polemica ANDREA ROSSI

N

on è un caso che tutti i candidati alle primarie del centrosinistra abbiano insistito sulla necessità di recuperare un rapporto con l’area metropolitana. Non è un caso perché il rapporto tra Torino e i Comuni della cintura in questo decennio è stato a dir poco burrascoso. L’ultimo fronte l’ha aperto l’assessore all’Urbanistica Mario Viano. A chi gli chiedeva conto dei dodici centri commerciali autorizzati durante i suoi mandati a Palazzo Civico ha replicato secco: «Sì, è così: l’abbiamo fatto per contrastare la politica dissennata che ha portato a collocare la domanda di consumo intorno alla città. Noi vogliamo riportarla dentro la città, competere con queste maxi strutture che hanno provocato un effetto abnorme e devastante». Insomma, per arginare il flusso dei torinesi che si mettono in marcia verso le cattedrali del consumo, «intasando la tangenziale e contribuendo ad aumentare traffico e inquinamento», la Città ne vuole coL’ASSESSORE ATTACCA

«Nei Comuni di cintura hanno vissuto alle nostre spalle» struire di nuove. Però al suo interno. E, nel frattempo, parola di Viano «bloccare, prosciugare e al limite far chiudere quelle fuori Torino». Se non è una dichiarazione di guerra poco ci manca. «La città deve riconquistare quella domanda di consumo espatriata verso quei grandi centri esterni che non alimentano il tessuto urbano», dice Viano. E i dodici centri commerciali autorizzati dimostrano una volontà pervicace. Torino in questi anni ha dato il la a una lunga serie di insediamenti: stadio delle Alpi, corso Romania, via Botticelli, Grandi Motori in corso Vigevano, ex Comau in corso Traiano sono delibere già approvate, con interventi spesso avviati e in fase di realizzazione. Altre opere sono in

60 mila metri quadri di ipercommercio

Cronaca di Torino 69

Fonte: dati forniti dal Comune di Torino

Centri commerciali già esistenti

Centri commerciali autorizzati dalla Variante 160

Altre varianti quasi definitive

Via Lancia angolo corso Rosselli

Stadio delle Alpi

Palazzo del Lavoro

Via Regaldi

TNE

Alenia

Corso Umbria

Corso Romania

Corso Mortara (Galleria negozi)

Via Botticelli

Corso Vigevano angolo via Cigna

Grandi Motori in corso Vigevano Ex Comau in corso Traiano

raddoppio

Prospettati Piazza Bengasi Tecumseh a Mirafiori (Strada Castello di Mirafiori) Fiat Avio Non si sa che succede in Area Michelin e strada Cebrosa, mercoledì viene presentata la delibera

La professoressa Maria Cristina Martinengo, sociologa dei consumi, insegna alla facoltà di Economia dell’Università di Torino. Dodici centri commerciali autorizzati negli ultimi anni. Ce n’era bisogno?

Qui si continua a costruire.

«Forse perché non si è arrivati al punto di saturazione. Ma si arriverà». Per il Comune è una reazione alla proliferazione senza limiti nella cintura. Ha senso una concorrenza di questo genere?

Centimetri - LA STAMPA

È battaglia sul futuro dei centri commerciali L’assessore Viano: “Riportiamoli in città”. E su Tne: non ci sarà il megastore Mario Viano

assessore all’Urbanistica

rampa di lancio: Palazzo del Lavoro, via Regaldi, Alenia. Altre ancora sono contenute nei piani dell’amministrazione, anche se dovranno superare le secche del Consiglio comunale: piazza Bengasi, Tecumseh a Mirafiori, Fiat Avio, area Michelin e strada Cebrosa.

Francesco Profumo

rettore del Politecnico

E cercare un coordinamento con i comuni della cintura, ha azzardato qualcuno? Apriti cielo: «Le grandi aree commerciali hanno vissuto come parassiti sulle spalle della città», attacca il responsabile dell’Urbanistica. «Ogni volta che abbiamo chiesto ai comuni dell’hinter-

land un maggiore coordinamento in materia ci hanno trattato come fossimo colonizzatori». In un amen su Viano si sono scatenati gli strali delle opposizioni, a cominciare da Rifondazione comunista, in prima linea nel contrastare la proliferazione dei megastore: «Ci chiediamo se a governare i fenomeni urbanistici, sociali e della viabilità debba essere la concorrenza tra centri commerciali di Torino e quelli della cintura oppure una amministrazione attenta al bene pubblico», protestano Maria Teresa Sil-

vestrini e Luca Cassano. Avranno almeno tirato un sospiro di sollievo quando l’assessore ha garantito che sull’area di Tne non sorgerà alcun megastore, come temuto per giorni da una fetta dei partiti in Comune e dal quartiere, ma soltanto un centro servizi pensato e realizzato su misura per il polo universitario che vi troverà sede e per quel lembo di città, sospeso tra corso Orbassano, strada del Drosso e Beinasco, in cui molte aree dismesse stanno per essere riqualificate e riconvertite.

interna». Tradotto: l’operazione Centro del design partirà solo quando il rettore Francesco Profumo otterrà il via libera, convincendo anche i riottosi che albergano soprattutto ad Architettura - della bontà dell’operazione. A quel punto l’intesa sarà vincolante. In corso Duca degli Abruzzi la trattativa è aperta. Il rettore ha istituito un tavolo di discussione per decidere le mosse dell’ateneo rispetto alle trasformazioni della città. L’obiettivo è chiaro: ancorare lo sviluppo del «Poli» a quello di un frammento di Torino. L’interrogativo è se Mirafiori risponde a questo criterio. Su quella parte

«Ha una sua logica se consideriamo i centri commerciali cattedrali in cui si va a spendere non solo del denaro, ma anche del tempo, dove non si fa solo la spesa, ma si mangia, si va al cinema. Siamo convinti che sia un modello felice? Non ci sono alternative per passare il tempo? Io credo di sì». Possibile che sia tutta una questione culturale?

«No. La crisi ha modificato i comportamenti d’acquisto. E non c’è dubbio che l’economia di scala dei centri commerciali consente di offrire un’ampia scelta tra diversi marchi e prezzi vantaggiosi: offerte, sconti. Il commercio al dettaglio non regge». Partita chiusa, dunque?

«Non è detto. I negozi creano capitale sociale e anche sicurezza, strade illuminate, mentre i megastore illuminano se stessi e lasciano al buio quel che li circonda. Però da troppi anni i commercianti rinviano un tema spinoso, che è la loro riorganizzazione. Ciascuno fa per sé, è una categoria poco innovativa. All’estero alcuni modelli, come le cooperative d’acquisto, hanno funzionato: se i negozi si riforniscono insieme spendono meno. Così possono almeno competere meglio sul fronte dei [A. ROS.] prezzi».

Il nuovo polo

per entrare in attività attende solo il pieno accordo sinergico tra il Comune e il Politecnico

Domani la firma per essere operativo “Ma solo se tutti saranno d’accordo”

L’accordo di programma per Tne verrà firmato domani, ma per essere operativo dovrà essere ratificato dagli organismi interni dei soggetti coinvolti, compresi quelli del Politecnico. L’assessore all’Urbanistica Mario Viano conferma. E ammette: «Sappiamo che al Politecnico è aperta un’accesa discussione

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domande a M.C. Martinengo sociologa

«L’Italia è partita in ritardo rispetto a paesi come la Francia, dove già qualche anno fa i centri commerciali hanno subìto una battuta d’arresto. Quando la densità è eccessiva si raggiunge la saturazione: non se ne aprono più di nuovi e qualcuno chiude».

Centro design a Mirafiori

Il dubbio: in quella parte di città non ci sono progetti di grande rilevanza

«Prima o poi si arriverà ad un punto di saturazione»

di città per ora non sono previsti progetti di largo respiro. E il timore del Politecnico di finire dentro una cattedrale nel deserto restano. Ecco perché in corso Duca degli Abruzzi stanno valutando anche altre opzioni, soprattutto per il Centro del design: il raddoppio di Torino Esposizioni, l’ala di via Pietro Giuria che verrà lasciata libera dalla facoltà di Farmacia, una parte delle Ogr. Senza contare che il trasloco dei corsi di Disegno industriale, attualmente ospitati dall’Alenia, potrebbe anche non essere imminente. «Su Tne 7.500 metri quadrati sono già nostri», spiega Profumo. «Quando ce li da-

ranno trasferiremo lì alcune attività. Quali? Dipende. Se ce lo lasciano, noi abbiamo tutto l’interesse a restare ancora in corso Marche». Ecco perché in Comune hanno voluto agganciare gli impegni di Palazzo Civico - i servizi per gli universitari e per il resto del quartiere - a quelli dell’ateneo: l’atterraggio dei corsi di

laurea in Disegno industriale e Ingegneria dell’auto, totale 4 mila studenti (la metà stranieri). In definitiva: non ci sarà approdo degli studenti del Politecnico senza che il Comune realizzi il centro servizi; e non ci sarà nessuna piastra commerciale senza gli studenti. Se l’operazione funziona, giurano in corso Duca degli

Abruzzi, sarà un bis della Cittadella Politecnica: didattica, ricerca e impresa. «A noi interessa», garantisce il rettore. «Stiamo crescendo, abbiamo bisogno di spazi, di riunire in uno stesso luogo pezzi oggi sparsi. Verranno molti stranieri, ma non possiamo portarli dove non c’è niente». «La nostra presenza farà da stimolatore per tutta un’area», assicura Profumo. «È così che si fa in giro per il mondo. Solo in Italia si pensa che i progetti procedano separatamente». Forse la parola fine la stabilirà la mancanza di alternative adeguate. Almeno, in Comune [A. ROS.] ci sperano.


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