Il lavoratore

Page 1

il lavoratore2 0 punto

PERIODICO A CURA DELLA SEZIONE DEL PSI DI MELFI

E rano gli anni del populismo estremo. Erano gli anni della

demagogia. Ricordiamo? Melfi Provincia, lo strapotere potentino, tutta la Basilicata contro Melfi. Erano gli anni in cui i soldi c’erano e soprattutto si potevano spendere. Erano gli anni in cui i tagli dei governi non c’erano ancora. Erano gli anni però di un isolamento pazzesco, per i quali abbiamo pagato prezzi altissimi. Perché è stato frutto di isolamento la vicenda del Tribunale, le indegne condizioni dell’ospedale di Melfi, lo scollegamento con la Fiat, la vicenda Fenice, le richieste di discariche di rifiuti pericolosi, il blocco del Campus di Ricerche Fiat, e... per Melfi Provincia una bugia montata ad arte per dare in pasto un pò di spettacolo a noi ingenui cittadini. Questa rubrica affronterà tutto questo. Perché questi anni di centro sinistra una cosa l’hanno prodotta: Melfi è tornata centrale in Basilicata. Vogliamo provare a condividere che è possibile praticare la “buona politica ”, ovvero quella che guarda lontano, che semina faticosamente. Perché è quella che è mancata. Dicono i più saggi: “bisogna fare un’ottima semina

#diquisipassa di Oliver Twist

Q uella che stiamo vivendo non è soltanto una

crisi economica. È molto di più. Siamo nel pieno di una nuova fase storica che mette in discussione il sistema paese per come l’abbiamo conosciuto. Interpretare questa nuova fase è compito nostro, soprattutto nostro. Non può esserci difesa dell’interesse generale senza avere un occhio di riguardo per gli ultimi. Così come non è possibile affrontare la nuova era con il provincialismo della destra che alimenta una inutile guerra tra poveri in un tempo che potrebbe condannare l’Europa tutta alla marginalità. Serve unire anziché dividere. Non si governa senza una visione. Vale questo tanto per Il Vecchio Continente e le istituzioni comunitarie quanto per il più piccolo dei Comuni di casa nostra. Noi lo sappiamo e abbiamo iniziato ad invertire la rotta. Leonida Bissolati con il suo “di qui si passa” apriva il suo primo articolo sull’Avanti.

per sperare in un discreto raccolto”. Come sempre la saggezza sta nelle cose semplici ma che fanno riflettere. Perché se ci troviamo a lottare contro certi frutti, quelli ricordati sopra, vuol dire che non si è seminato proprio. E dall’altro per avere buoni frutti domani dobbiamo seminare al meglio oggi. Ma la semina non si vede. È azione faticosa e silenziosa. Non porta consensi. Ma è la parte più nobile della politica. Vi racconteremo la dura semina di questi ultimi anni, quella che ancora dobbiamo fare, ma soprattutto i frutti che sta dando e che soprattutto darà. Affronteremo le grandi questioni, quelle che contano per la nostra città, con approccio intellettualmente onesto. Sarà accompagnata da un indirizzo e-mail, per raccogliere anche opinioni diverse. Al momento i fatti ci sembrano inconfutabili e li racconteremo in dettaglio. Ci sono le basi per conquistare le grandi cose che Melfi merita, lontani mille miglia dalle chiacchiere che per troppi anni abbiamo ascoltato. Perché “in definitiva l’essenza di tutte quelle chiacchiere poteva riassumersi in una parola sola: cornuto”. troppechiacchiere@gmail.com

Io aggiungo, si passa per Melfi. Passa anche e soprattutto attraverso la concezione dell’assistenza sociale la civiltà di un paese. Passa attraverso la capacità della politica recuperare forze oggi marginalizzate, affinché domani possano tornare a svolgere un ruolo più attivo nella società. Con scelte importanti, pragmatiche ma al tempo stesso ricche di passione sincera per la buona politica, abbiamo inteso affermare con nettezza da che parte vogliamo stare. Non abbiamo avuto dubbi quando abbiamo scelto di intervenire sulle risorse previste dalla precedente amministrazione comunale per il Fondo assistenza bisognosi, incrementandolo da trentamila a centocinquantamila euro l’anno. Non abbiamo avuto dubbi quando abbiamo scelto di esentare totalmente dal versamento dell’addizionale irpef comunale chi percepisce un reddito inferiore a quindicimila euro l’anno. La politica ha bisogno di recuperare credito. Le istituzioni sono in debito con i cittadini. La via è stretta, fra gli estremi populisti di ogni tipo, sapremo farci largo. Con il buon senso, con cuore e ragione.


punto o

il lavoratore2 0

liberi di Costantino

C ostantino ogni tanto saliva sulle mura antiche

della città di Melfi e guardava verso est. Aveva un maglione con un collo largo e due spalle niente male, alto, scuro, sui cinquanta e uno sguardo stanco. Veniva dall’Albania e sua figlia era nata con una malformazione congenita. Appena avuta la possibilità di portarla in un centro attrezzato del sud Italia, non ha esitato ed è partito con lei. Lui faceva l’attore in Albania. Recitava Cechov e Gogol. Il suo sogno era finalmente interpretare il dott. Astrov dell’opera di zio Vanja, ma niente, chissà. Una figlia è una figlia e allora al diavolo tutto, si fa una valigia si sale su una nave e si va. Costantino la pensava come Georges Simenon quando nel suo racconto Frontiere scriveva: “Un piccolo paese è un paese che è stato grande e se ne ricorda” e Costantino, mentre si godeva il vento freddo di quella collina castellana, pensava tra sé: “Chissà se Melfi si ricorda di esserlo stato? Chissà se questo paese del sud di una nazione meravigliosa si rende conto di quanto sia bello!”. In fondo le Frontiere sono i luoghi in cui i paesi e gli uomini che li abitano si incontrano e stanno di fronte. Questo essere di fronte può significare molte cose: in primo luogo guardare l’altro, acquisirne conoscenza, confrontarsi, capire che cosa ci si può attendere da lui. Ma l’esistenza dell’altro può nascondere un’insidia, infatti le frontiere più inquiete sono quelle che non vengono riconosciute. Ma Costantino era un uomo pacifico e la guerra non gli andava mai contro. La guerra, nei suoi confronti, si ritraeva con una remissione ossequiosa, come se si accorgesse che la vita stessa di quell’albanese, gli stava già combinando abbastanza. Pochi amici, un ritmo lento nell’incedere e una gestualità imperscrutabile. Scriveva a suo fratello, che era a Parigi come

2

tutti gli albanesi benestanti: “Melfi ospita oltre cento famiglie di immigrati che si sono già posizionate in diversi rioni: i nord africani con i marocchini, tunisini e algerini nella zona di San Lorenzo e tutti i balcanici nella zona di Sant’Anna come a chiedere protezione a due santi diversi. In fondo San Lorenzo era aragonese e poteva capire meglio i magrebini ammesso che questi avessero bisogno di lui, e sant’Anna? E vabbè sant’Anna era sempre la madre di Maria e un pò di comprensione e protezione l’avrebbe potuta pure dare ai rumeni, ucraini, bulgari etc. che abitavano dalle sue parti. Noi albanesi come al solito siamo sparsi per la città. In ogni luogo, in nessun luogo. Ora però la mia casa, dopo tanti sacrifici, si è fatta più carina. Ma Melfi, caro fratello, si fa vivere, se la vivi con discrezione, Melfi in fondo è una città di passaggio, di frontiera”. Costantino questa frontiera l’aveva riconosciuta e la rispettava, anche se il tempo passava ed erano quasi 15 anni che la osservava da questa rupe vicino al castello di Federico II. Melfi è così, mentre aspetti di partire per una nuova destinazione, non ti accorgi di quanto tempo sia passato e la tua valigia resta a terra vicino alla porta d’ingresso. Ogni tanto la guardi mentre qualcuno ti parla di nuovi programmi di vita ma tu dici di dover partire e invece resti intrappolato in una ragnatela di sguardi che ti promettono un po’ più di serenità, un pò più di calore. E allora smetterò di guardarla questa valigia, perché io in fondo sto bene, pensava Costantino. Sto bene, se mia figlia sta bene. Livia, la sua figliola, da qualche tempo aveva una stanzetta tutta per sè e aveva un nuovo computer con il quale, anche se attraverso un piccolo schermo, poteva vedere la sua mamma che era tornata a Valona per prendersi cura della madre che era in fin di vita. Livia e Costantino sono una foto di un omone che cammina di spalle ed una figlia che gli stringe la mano sinistra, e lentamente si muovono nel mondo. Costantino, però, la sua vita la vedeva passare con distacco. Anche quando un drone interrompeva la partita di calcio tra Albania e Serbia, lui


punto o

il lavoratore2 0 si alzava e andava in frigo a prendere la sua birra, anche quando Okaka faceva un gol sbilenco e portava immeritatamente in vantaggio la nazionale italiana contro la sua Albania, lui faceva spallucce e sorrideva. Tratteneva il respiro solo quando lo assaliva il ricordo dell’odore del palcoscenico e un seguipersona che lo illuminava in un monologo finale. I suoi occhi luccicavano solo quando pensava al dottor Astrov. Era lui, finalmente in scena, con il suo abito elegante ed austero che aspettava con la sua valigia e il suo bicchiere pronto per fare due sorsi con zio Vanja. E mentre si perdeva nei suoi pensieri il suo viso si lasciava illuminare di trequarti da una luminaria di Natale, e come a sussurrare una piccola preghiera di cui solo lui conosceva le parole, diceva: “Arriva questo Natale 2014 e sento che in fondo sto bene, non posso chiedere di più; se mia figlia sta bene, sto bene anch’io e questa è la mia città”.

#infondoadestra I l lupo esiste: di lui c’è traccia in ognuno di noi.

È la parte del nostro essere infelice, insaziabile, con cui dobbiamo fare i conti, un giorno si e l’altro pure. Va tenuto a freno. Il lupo al potere è un problema sociale, come la storia ci ha insegnato. Quando riesce ad insediarsi nella testa di chi governa le istituzioni alimenta i desideri più impensabili. Fuori dalle istituzioni continua a svolgere la sua irrefrenabile attività. È un animale feroce solo se ne hai paura, solo se anche tu in fondo hai le sue stesse inclinazioni. Diventa un problema sociale se si sommano i tanti piccoli egoismi che covano dentro di noi, spinti dalle paure per il futuro diventato sempre più incerto e su cui dovremmo provare a fare uno sforzo corale.Se non riuscissimo a tenere a bada la paura del lupo, potremmo davvero credere ai suoi continui ululati, alle spinte provenienti dal nostro intimo. Potremmo davvero credere alle accuse infamanti sulla svendita del territorio, per fare un esempio concreto.

Se non fossimo lucidi, se fossimo ancora un popolo di ignoranti incapaci di capire e di sapere che, purtroppo, una legge dello stato dell’anno 2003 del Governo Berlusconi con prepotenza ha tolto dalle mani dei Comuni la possibilità di negare l’autorizzazione all’insediamento dei parchi eolici. Non solo, quella legge ha anche stabilito che il proprietario di un suolo agricolo è costretto a subire l’esproprio della sua proprietà perché gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sono stati qualificati come “opere di pubblica utilità”. Una legge violenta, illiberale, prona allo strapotere degli interessi dei grandi gruppi finanziari. Il lupo stanziale lo sa, ma è comunque inquieto; il suo istinto insaziabile lo rende rabbioso, perché non potendo partecipare a quel pasto, fuori dalla sua portata, ulula il suo dolore, la sua invidia la trasferisce a mò di infamia sul popolo e sui suoi rappresentanti. Ma noi che il lupo lo conosciamo, noi che da sempre proviamo ad arginare i suoi egoismi, noi che le sua calunnie e i suoi strali li riceviamo come medaglie, possiamo e dobbiamo saper far prevalere il buonsenso e la buona politica. Per questo dobbiamo fare in modo che la collettività tragga il massimo vantaggio, la massima utilità collettiva mettendo a disposizione dei cittadini i possibili benefici che derivano da un insediamento prepotente ma innovativo. Tanto prepotente, per la sua forza finanziaria, ma altrettanto innovativo per le conseguenze che porterà. Noi che guardiamo all’interesse generale, che si riassume nel miglioramento delle condizioni di vita dei singoli cittadini, non abbiamo paura di fare i conti con questa nuova e prepotente realtà. Ai cittadini consigliamo di non pensare al lupo, di arginarlo nel profondo del proprio intimo, senza dimenticare le conseguenze della sua eventuale riemersione; egli è fonte di veleni, di dissidio, corrode la coscienza, infiamma l’appetito, se non lo teniamo confinato nel suo recinto può far deteriorare la comunità. Se lo incontriamo sul nostro cammino e per caso tenta di attaccar bottone o ci chiede indicazioni consigliamogli la strada a lui più confacente, il luogo più idoneo dove trovare la migliore compagnia per le sue inclinazioni, dove potrà incrociare autorevoli individualità, all’altezza del suo egoismo, capaci di tenergli testa in animate discussioni su bramosie personali. Sappiamo certamente dove egli potrà incontrare pseudo personaggi pronti a indossare e cambiare qualunque nuova maglietta per soddisfare la propria vanità o, anche, per curare interessi economici familiari. Aiutiamolo a trovare il suo luogo naturale: “da quella parte, in fondo a destra”.

3


punto o

il lavoratore2 0 #difettodicomunicazione

N O TAX DAY, ovvero un DEJA VU per gli italiani.

Il leader di Forza Italia riparte per la guerra santa contro il fisco italiano. Lo aveva già fatto, lo ha sempre fatto, ha sempre saputo far credere agli italiani di poterli condurre in un mondo senza tasse. Quelle sulla casa sono le più odiose, le più afflittive per gli italiani che riversano sulle proprie mura gli sforzi di una vita. Lo sa bene il leader del NO TAX DAY che conta sulla memoria corta e su di un’opinione pubblica distratta e attratta dalle spettacolari vicende giudiziarie che lo vedono indomito protagonista. Non conta la realtà, la sostanza dei fatti, non è importante se durante il suo governo il livello di tassazione è aumentato; ciò che conta é ciò che gli italiani credono, la convinzione di avere in lui il campione della libertà dalla prigione fiscale. Allo stesso modo, forse, a Melfi uno speculare difetto di comunicazione non consente ai melfitani di essere pienamente consapevoli della cura che è stata loro riservata dall’amministrazione di centrosinistra che dal 2012 è stata capace di evitare la tassazione della prima casa e di avere la tassa rifiuti più bassa della Basilicata. Le tasse non pagate a Melfi negli anni 2012/2014 (IMU e TASI), uno dei pochi comuni nello scenario nazionale, non hanno la stessa forza comunicativa delle tasse pagate in tutta Italia su cui Berlusconi costruisce la sua nuova crociata comunicativa. Sostanza Vs. Apparenza, un difetto di comunicazione speculare che mette a confronto stili diversi, sensibilità diverse, culture politiche diverse. Realtà e finzione capovolte da un difetto di comunicazione che forse deriva dalla sfiducia degli italani nei confronti delle istituzioni e nella mancanza di motivazione nel voler comprendere la realtà rispetto alla piu comoda assimilazione di quanto ci viene comunicato.

4

#inciuciaperdere L

e urla sulla vicenda del buco finanziario della città capoluogo hanno consentito di portare alla luce una storica intesa trasversale. Una di quelle intese che servono per sostenere l’insostenibile, ciò che non potrebbe mai essere consentito se discusso e conosciuto dall’opinione pubblica, passa, invece, se incluso implicitamente nelle pieghe di documenti incomprensibili ai più, come bilanci di un Comune, scritti con la lingua del burocratese. Una parte della classe dirigente della città di Potenza, destra e sinistra, non i suoi cittadini, ha potuto usufruire di un salvacondotto, un lasciapassare per fare ciò che non si poteva fare: spendere cifre iperboliche senza il necessario equilibrio finanziario. É stato fatto a spese dei cittadini, con il bilancio regionale che si alimenta delle tasse pagate dai lavoratori e dalle imprese lucane. È stato uno spreco inutile di risorse perché i cittadini di Potenza hanno continuato a pagare le tasse al massimo, senza ricevere alcun beneficio concreto dall’ingiustificato contributo posto a carico della Regione. Non era la scelta giusta, perché alimentava sprechi e inefficienza della spesa; fino a oggi Potenza è la città che spende di più in Italia per il servizio di trasporto e per la tassa rifiuti in Basilicata, nonostante gli aiuti regionali. Ciò é stato possibile perché da anni, almeno 5 anni, la vicenda é stata silenziosamente gestita senza alcun dibattito, grazie all’intesa trasversale tra maggioranza e opposizione, intesa che ha spinto verso il basso la qualità delle decisioni prese dentro le istituzioni. È giusto affrontare il problema alla radice; è giusto rompere il silenzio che è durato per anni, favorito anche dalla finta opposizione del centrodestra regionale e melfitano. Nel silenzio l’inciucio. Un inciucio inutile per i cittadini potentini e costoso per i lucani. I socialisti hanno rotto il silenzio. Adesso la città di Potenza e i suoi cittadini potranno ripartire da un punto fermo; potranno risalire la china se saranno capaci di coinvolgere le altre comunità regionali.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.