"Io nacqui Veneziano e… morrò per la grazia di Dio Italiano".

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Io nacqui Veneziano… e morrò per la grazia di Dio Italiano Ippolito Nievo negli scritti autografi verso l’Unità d’Italia

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Complesso Sant’Andrea al Quirinale “Teatro dei Dioscuri” 16 marzo – 31 marzo 2011 ESPOSIZIONE a cura di Mariarosa Santiloni in collaborazione con Francesca Tamburlini e Raffaella Perini Enti promotori Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore, Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo, in collaborazione con la Biblioteca Civica “V. Joppi” di Udine e la Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova Coordinamento Generale Maurizio Fallace (direttore Generale MIBAC – DGBID) Consuelo Artelli Nievo (Presidente Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo) Stefano Trimarchi (Funzionario Amministrativo MIBAC – DGBID) Segreteria Organizzativa Carmela Sbordone (Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo) Progetto grafico LogoS—comunicazione e immagine—Leonardo Scorza Consulenza scientifica Mariarosa Santiloni (Segretario Generale Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo) Armando Balduino (Università di Padova) Francesca Tamburlini (Resp. Sez. Manoscritti e Rari - Biblioteca Civica “V. Joppi” di Udine) Raffaella Perini (Coordinatrice - Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova) Irma Pagliari (Dirigente settore cultura, turismo e promozione Comune di Mantova)

CATALOGO a cura di Mariarosa Santiloni e Francesca Tamburlini in collaborazione con Raffaella Perini Progetto grafico LogoS—comunicazione e immagine—Leonardo Scorza Archivio fotografico Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo Fotografie catalogo opere in mostra Leonardo Scorza Biblioteca Civica “V. Joppi” di Udine Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova Stampa Grafica Giorgetti srl - Roma © 2011 Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana

Servizi allestitivi Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo Promozione e comunicazione MIBAC-DGBID Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo

Biblioteca Civica “V. Joppi”


Io nacqui Veneziano…

e morrò per la grazia di Dio Italiano

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Ippolito Nievo negli scritti autografi verso l’Unità d’Italia

a cura di Mariarosa Santiloni e Francesca Tamburlini in collaborazione con Raffaella Perini Sedi espositive:

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Roma Complesso Sant’Andrea al Quirinale “Teatro dei Dioscuri” 16-31 marzo 2011

N Udine

Museo Etnografico del Friuli - Palazzo Giacomelli 8-30 aprile 2011 L’iniziativa rientra nella programmazione del Comitato Cittadino per le Celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia e nei programmi della XIII Settimana della Cultura

N Mantova

Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo

Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per le Biblioteche gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore


1 I Prefazione

n occasione della rinnovata attenzione nei confronti dello scrittore Ippolito Nievo, che nel 150° anniversario della sua scomparsa, amaramente avvenuta nel naufragio del vapore Ercole il 5 marzo 1861, torna protagonista nella coincidenza con le Celebrazioni dei 150 anni dell’unificazione nazionale, è doveroso manifestare l’apprezzamento della Direzione Generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore per una iniziativa di così alto profilo qualitativo quale il progetto espositivo Io nacqui Veneziano… e morrò per la grazia di Dio Italiano. Ippolito Nievo negli scritti autografi verso l’Unità d’Italia, che si innesta nel pieno dell’impegno istituzionale per la valorizzazione della storia, della lingua, della cultura, della letteratura e del ricco patrimonio intellettuale e di idee che caratterizza il nostro Paese. Il progetto espositivo, il cui titolo sintetizza una significativa dichiarazione di intenti, segna senza dubbio un’ ulteriore importante tappa nell’approfondimento della conoscenza dell’opera narrativa, dell’impegno morale, civile e politico di uno scrittore che si è distinto, ai prodromi dell’unificazione nazionale, per protagonismo intellettuale e attiva partecipazione agli eventi dell’importante congiuntura storica e, al contempo, costituisce un suggello di eccellenza per onorare l’attività di una delle figure più rappresentative della nostra letteratura contemporanea, variamente ricca di suggestioni e significati condensati nelle tematiche care all’autore e continuamente esplorate dalla sua penna e maestria, lungo un continuo sperimentare e spaziare tra diversi generi letterari: romanzo storico, dramma storico, poesia lirica e di genere, produzione epistolare, letteratura campestre, giornalismo militante sono tra i molteplici percorsi che lo scrittore ha attraversato dimostrando piena naturalezza e rapidità di stesura delle idee, dando prova di raffinata calligrafia e inclinandosi con abile disinvoltura all’ardore e alla passione per l’arte sublime della scrittura. “E voglio scrivere scrivere scrivere... finché altri avrà pazienza di leggere, ed al di là”. Grazie al percorso espositivo ideato, questa è la somma aspirazione che i visitatori percepiscono, e meglio vedono e comprendono nel profondo, procedendo tra lettere vergate dall’autore, appunti, stesure autografe di racconti, rare prime edizioni, riproduzioni delle varie testate giornalistiche su cui Nievo scrisse, oggetti e installazioni pannellari. Si tratta di parte eloquente dell’eredità intellettuale che il grande scrittore ci ha lasciato, esemplificativa del ricco archivio di documenti e del corposo scrigno di approfondimenti sull’autore che la Biblioteca Civica “Vincenzo Joppi” di Udine, la Biblioteca Teresiana di Mantova e la Fondazione Nievo conservano e valorizzano al fine di fare continua luce sulla figura complessa e quasi leggendaria dello scrittore. Ippolito Nievo è passato come una meteora nel dispiegarsi della storia risorgimentale italiana e, sebbene un naufragio prematuro abbia reciso precocemente la vena feconda della sua penna, il suo cammino è stato così fertile, radioso e impetuoso da condurlo nell’immaginario collettivo come l’archetipo romantico del poeta soldato e dell’idealista combattivo, dell’osservatore arguto, sensibile e obiettivo della realtà e dello scrittore morale, immerso nel profondo dei flutti storici e sociali del suo tempo. Certo che l’iniziativa si profili come uno strumento di grande efficacia per apprezzare la modernità degli scritti di Nievo e, in generale, per ristabilire in maniera più forte l’ideale legame tra i lettori di oggi e gli autori del passato che hanno ancora molto da dirci, auspico che dagli insegnamenti del grande scrittore scaturisca un significativo stimolo alla lettura e un più solido rapporto tra il libro e la collettività e che i protagonisti della letteratura italiana continuino ad essere fortemente presenti nel dibattito culturale, nella consapevolezza di dover valorizzare un patrimonio identitario ed intellettuale che non ha eguali nel mondo. Maurizio Fallace 4


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Ippolito e il pronipote

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iamo nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia e della morte di Ippolito Nievo. Questo grande scrittore, fratello del bisnonno di mio marito Stanislao, è una delle figure importanti del nostro Risorgimento. Importante non solo per la sua produzione letteraria, ma anche per la precoce e vivida coscienza patriottica, per l’alto senso di italianità che lo animava per cui rimase affascinato dalle dottrine mazziniane nonché dalle idee rivoluzionarie che in quegli anni serpeggiavano: infatti nel 1848 si arruola nella Guardia civica a Mantova, nel 1855 si rifiuta di giurare fedeltà all’impero asburgico e ne subirà le conseguenze, nel 1859 si arruola nelle Guide dei Cacciatori delle Alpi e nel 1860 accoglie l’appello di Garibaldi. Ho imparato a conoscere Ippolito grazie all’amore viscerale che mio marito Stanis aveva per il suo avo – benché ai tempi della scuola gli pesasse questa illustre discendenza – soprattutto durante la lunga ricerca svolta sulla sua morte, ricerca che sfociò nel romanzo Il prato in fondo al mare. Nel 1992 mio marito crea la Fondazione Ippolito Nievo il cui obiettivo primario è la promozione delle opere e della figura di Ippolito. Nascono così i Parchi Letterari luoghi di ispirazione di grandi autori e poeti, luoghi del nostro paesaggio in cui salvaguardarne la memoria. E il primo parco fu creato a Colloredo di Monte Albano, in Friuli, dove Ippolito era vissuto. Stanis scrive nella prefazione al volume I Tre Cantastorie del Castello: “… ho abitato in vari anni la stanza nel castello dove lui stesso aveva vissuto, scrivendo gran parte delle Confessioni…” e poi “…ho vissuto con il mio prozio Ippolito in forma fantastica quando ne cercavo la fine misteriosa ed equorea sui fondali del Tirreno…”. Stanis raccoglie in un certo senso il testimone letterario da Ippolito e, rivelando nel suo romanzo alcuni lati della sua indole, ne svela le similitudini: un’irrequietezza che spingeva entrambi verso i viaggi e l’avventura, un amore per la natura, una passione per la vita, un’attenzione alle idee nuove. Il suo messaggio qual era? Una profonda e fondamentale libertà su tutto, usare scelte morali senza possedere altro che un’integrità nascosta e orgogliosa; era insofferente a certe censure d’ambiente: giudicava la classe cui apparteneva grassa e pigra. Aveva una precoce e forte attenzione per le classi oppresse, era conosciuto il suo amore per i contadini. Questi ideali egli li riversa nei suoi tanti scritti. Pur con molta gente intorno era spesso solo, forse per un celato senso di orgoglio e per il suo carattere imprevedibile ora caldo ora gelido: era solo in amore, solo in famiglia, nelle sue idee anzi tempo, nel lavoro e… nella fine. Qualche mese prima di morire si augurò “…di rivivere nelle algose regge delle Naiadi che accolsero un dì l’ospite Catullo”. Era questo il prato che cercava in fondo al mare? Ma il momento delle Naiadi era giunto troppo presto e la solitudine deve esser stata amarissima. Consuelo Artelli Nievo

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1 2011:Ippolito Nievo Introduzione

autore europeo

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n quest’anno 2011 in cui si celebra il 150° anniversario dell’unificazione dell’Italia, la Fondazione Nievo ha organizzato un Convegno e una Mostra per ricordare il grande scrittore risorgimentale Ippolito Nievo, scomparso in circostanze misteriose nel mar Tirreno, pochi giorni prima della proclamazione di quell’unità da lui tanto tenacemente voluta, e alla quale contribuì con gli scritti e con una diretta partecipazione agli eventi. Il 4 marzo 1861, verso mezzogiorno, il Viceintendente di Finanza Ippolito Nievo si imbarca a Palermo sul vapore Ercole con i suoi aiutanti e tre casse di documenti dell’amministrazione garibaldina. È diretto a Napoli, per fornire alle autorità piemontesi il rendiconto della spedizione dei Mille e mettere fine alla campagna denigratoria contro l’impresa di Garibaldi e la relativa amministrazione, fugando ogni dubbio sulla sua correttezza. Non arriverà mai. All’alba del 5 marzo, al largo della penisola sorrentina, il vapore Ercole fa naufragio per cause non ben precisate. Scompaiono in mare uomini e carte. Nulla viene ritrovato, nessuna inchiesta ufficiale che riesca a far luce sull’accaduto. Si conclude così l’avventura umana di questo giovane uomo che alla causa italiana ha dedicato la maggior parte della sua produzione letteraria, tanta passione, intelligenza, tempo e alla fine la vita stessa. Era stata una vita molto intensa, seppur breve, quella del Nievo con un impegno civile e politico continuo, fin dal 1848 quando, a Mantova, aveva partecipato con l’amico Attilio Magri, ai movimenti insurrezionali contro gli austriaci. L’impegno sarà costante nel tempo, esprimendosi principalmente attraverso tantissimi articoli giornalistici, saggi, racconti, romanzi fino a Le Confessioni d’un Italiano, affresco storico – politico dove nelle vicende personali del protagonista, Carlo Altoviti, si riflette la realtà italiana di un intero secolo. Nel romanzo, l’autore ha modo di esprimere compiutamente il suo pensiero su elementi essenziali dell’unificazione, come il problema della lingua. “Farsi intendere da molti oh non è forse meglio che farsi intendere da pochi?” (I. Nievo, Le Confessioni d’un Italiano – Cap.X) Nievo si pone su una posizione opposta a quella del Manzoni: l’italiano della nuova nazione dovrà attingere linfa da tutte le regioni che la compongono, essere, insomma, una lingua che tutti possano capire. Alla fine, tuttavia, lo scrittore, il poeta, il giornalista Nievo sente il bisogno di esserci, in prima persona, nelle azioni per fare l’unità d’Italia. Prende parte alla seconda guerra d’Indipendenza con i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi e accorre poi alla sua chiamata per l’impresa dei Mille. Per celebrare e ricordare questa vita straordinaria, sia da un punto di vista umano che letterario, la Fondazione Nievo in stretta collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore, e con l’importante contributo della Biblioteca Civica “V. Joppi” di Udine, della Biblioteca Teresiana di Mantova e della famiglia Nievo, promuove la mostra Io nacqui Veneziano…e morrò per la grazia di Dio Italiano – Ippolito Nievo negli scritti autografi verso l’Unità d’Italia, che prende il titolo proprio dalle prime righe delle Confessioni di Nievo. 6


Considerata l’eccezionale coincidenza con le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, per la prima volta, vengono esposte assieme le opere in autografo di Ippolito Nievo, compresi i tre quaderni rilegati delle Confessioni e il primo romanzo Antiafrodisiaco per l’amor platonico, vergato con l’inchiostro blu in elegante calligrafia. Alle opere si aggiungono una bella scelta di lettere, a iniziare dalle prime scritte ai genitori e al fratello Carlo, nel 1841, quando è convittore nel collegio del Seminario Vescovile di Verona e frequenta il ginnasio di Santa Anastasia. Altre sono lettere agli amici o dagli amici, tra queste alcune del carteggio con Bice Gobio Melzi, moglie del cugino Carlo e amore segreto della sua vita, che ci consegnano un diario puntuale di fatti e pensieri. In mostra sono esposte le ultime due missive a lei indirizzate, datate 18 febbraio e 23 febbraio 1861. A pochi giorni dalla partenza, Nievo scrive: “Mi accorgo che non ti ho dato nessuna notizia di qui, fuori del mio malumore. Gli è probabilmente che non ce n’è nessuna. Scusami e addio. Tuo cugino Ippolito Nievo”

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In Mostra sarà possibile ancora ammirare disegni autografi, prime bozze di racconti, di cui alcuni sul retro di figurini di moda, libretti di nozze, rare prime edizioni e foto d’epoca, ma anche il diploma di laurea e il passaporto. Uno sguardo ampio su un autore che ha ancora molto da dirci. Non a caso, da alcuni anni, stiamo assistendo ad una sua riscoperta a livello europeo. Traduzioni delle Confessioni in varie lingue, dal 2005 ad oggi, tre in lingua tedesca, una in francese, e una in catalano che nelle classifiche di vendita del 2008 si è posizionata al 33° posto, tra i 50 libri più venduti in Spagna. Nel 2011, tra le varie iniziative italiane e straniere, sono in programma: un convegno all’Università di Padova, alcuni convegni negli Stati Uniti e uno internazionale all’Università di Nancy 2, dedicato a Ippolito Nievo e il Risorgimento emancipatore. In questo sguardo europeo, si colloca l’ultima parte del progetto della Fondazione Nievo, realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’Istituto Italiano di Cultura di Vienna, che prevede la traduzione in tedesco e la pubblicazione in volume di alcune delle Novelle campagnuole del Nievo, con curatela di un professore dell’Università di Vienna. Il progetto vuole aggiungere un tassello alla conoscenza di un autore che da alcuni anni, in area germanofona, riscuote molto interesse presso il grande pubblico, e si pone come premessa per uno studio di approfondimento, assieme alle traduzioni delle Confessioni e del romanzo Angelo di Bontà, alla Facoltà di Italianistica dell’Università di Vienna.

1 Mariarosa Santiloni

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Salutando l ’Angelo del Castello Ippolito Nievo e Udine, tra riviste e lettere

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er il primo centenario della scomparsa dell’autore delle Confessioni d’un Italiano, Udine volle ricordare lo scrittore con una Mostra sui cimeli di Ippolito Nievo di cui rimane testimonianza in un piccolo catalogo. Nell’esposizione una parte rilevante avevano le carte conservate alla Joppi e giunte a partire dal 1936: da quell’anno infatti Antonio Nievo, nipote di Alessandro, il fratello ingegnere di Ippolito, comincia a consegnare alla biblioteca udinese alcuni manoscritti, dando inizio all’attuale raccolta nieviana che si è andata via via arricchendo fino al 2004, con la consegna della collezione di Luigi e Andreina Ciceri che, già dal catalogo del centenario, risultava destinata alla Biblioteca udinese1.

Due riviste udinesi Il castello di Colloredo, nella parte lasciata ad Adele Marin Nievo dalla madre Ippolita di Colloredo, è il luogo privilegiato dei soggiorni friulani di Ippolito. In seguito al trasferimento del padre Antonio presso la Pretura di Udine, prima nel 1837 e poi nel 1850, la famiglia Nievo si trasferirà in città, anche se Ippolito sarà per lunghi periodi lontano. Udine è quindi per Nievo un posto per brevi dimore, uno dei molti in cui divide la vita, ma un legame comunque si crea se, nel 1854, scrive all’amico Andrea Cassa “… posso assicurarti che sabbato notte arriverò ad Udine perloché io conto di trovarti già installato in quella città anzi ti prego fin d’ora se vi arrivi prima di me di salutarmi tanto Piazza Contarina, e l’Angelo del Castello. Probabilmente mi affibbierai qui qualche grazioso epiteto per questa mia stramberia”. Ma anche questa è la Udine presente nei suoi pensieri, in un momento di stato d’animo ben diverso dal precedente nell’agosto del 1857: ”D’allegria quanto ne abbiamo bisogno in questa maledetta fiera di Udine! Ogni giorno piove che è un rovescio: i cantanti non hanno voce; la ballerina ha il mal di fegato. Per soprammercato Ciconi, vacillante di salute è privo del solito buon umore; e l’Associazione Agraria assorbe fra le Alpi della Carnia il resto della popolazione ragionevole. Gli è vero che ci abbiamo Verzegnassi, ma egli pesa seta, compera cavalli e va a letto per tempo”. A Udine appaiono alcuni tra i suoi primi scritti, le prime delle circa trecento collaborazioni con giornali uscite tra inizio 1853 ed inizio 1861, che vedono la luce in due riviste locali: il 6 novembre del 1853 compaiono infatti, in forma anonima, i versi I centomila poeti, su «L’Alchimista friulano», settimanale che aveva come “anima” Camillo Giussani. La collaborazione, anche con scritti giornalistici su temi sociali (come La Ledra con cui contribuisce ad un argomento allora molto dibattuto in Friuli)

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Per la cronaca degli arrivi degli scritti di Nievo alla Joppi rimando all’articolo della sottoscritta, Le carte nieviane della Biblioteca civica di Udine. Note sulla formazione della raccolta dagli anni Trenta ad oggi in Ippolito Nievo e il Mantovano. Atti del convegno nazionale, a cura di Gabriele Grimaldi. Introduzione di Pier Vincenzo Mengaldo. Venezia, Marsilio, 2001, pp. 509-514. La parte acquisita recentemente, e che non compare nel contributo citato, non ha ancora avuto un riordinamento definitivo, ma è comunque resa disponibile per l’edizione nazionale delle opere di Nievo in corso.

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continua fino al luglio del 1855 per poi esaurirsi, nonostante le richieste del Giussani: la distanza ideale, la maturazione avvenuta – con il conseguente spostamento del centro dei suoi interessi, giornalistici e non solo, a Milano – e, non ultima, la scarsa qualità della tipografia udinese che stravolge con incredibili errori i suoi versi (“quel mio povero nome appiccato in coda a quelle strofe, come un ladro alla forca!”), lo allontanano definitivamente da questa esperienza. L’altro periodico udinese sul quale apparvero suoi scritti era l’«Annotatore friulano» che condivideva molti collaboratori con «L’Alchimista». Nel 1856, anno in cui la testata diventa «Annotatore friulano con rivista politica», la collaborazione inizia con la novella Il Varmo, la prima delle “novelle campereccie” che viene dedicata da Ippolito ad un amico udinese: “A Francesco Verzegnassi. Le immagini appese all’anima in un’era di pace e di bontà, moltiplicate dal sentimento, popolano di vaghi fantasmi il sacrario del cuore. Questo racconto pertanto inspirato dalle memoria d’una passeggiata assieme godutaci, fra noi diversissimi d’opere e di studii resti pegno di amicizia e di morale concordia”.

Delle lettere L’inclinazione alla scrittura di Ippolito non è limitata alla sfera letteraria, poetica e giornalistica ma coinvolge tutte le carte da lui vergate; e questo lo aveva ben presente Nievo stesso che infatti, in una lettera del 7 febbraio 1854 all’amico Andrea Cassa, dichiara: “E voglio scrivere scrivere scrivere… finché altri avrà pazienza di leggere, ed al di là. Voglio scrivere in verso, in prosa, in tragico, in comico, in sublime, in burlesco, in in[chiostro] bleu ed in inchiostro nero, in carta reale e in carta lazzarona!” Ma per quanto riguarda le lettere soltanto aggiunge: “lo scrivere ha il suo compenso, quando si scrive a chi ci vuol bene, nella estrema negligenza con cui si lasciano cadere le frottole dalla penna, nella confidenza assoluta che non permette di cancellare una coglioneria una volta che la si è scritta a meno che non si tratti d’un abbaglio d’ortografia, nella libertà di dire di ripetere, e di disdire, che ci rende allora la lettera altrettanto cara d’una conversazione”. Queste parole spiegano quindi la sua vasta produzione di lettere: nelle raccolte della Civica di Udine un posto di rilievo hanno indubbiamente le lettere scritte da lui (oltrechè a lui), che costituiscono il nucleo più consistente delle oltre cinquecento sopravvissute fino ai giorni nostri e che fa supporre che, nell’arco esattamente di vent’anni, la sua corrispondenza possa essere stata ben più vasta. Recuperate in parte dal padre Antonio e custodite con riservatezza dalla famiglia, per desiderio soprattutto di Adele Marin, madre di Ippolito, vennero successivamente consegnate alla “Joppi”: sia la prima, scritta a nove anni da Verona al fratello Carlo l’11 marzo 1841, che l’ultima, scritta non ancora trentenne da Palermo a Bice Gobio Melzi il 23 febbraio 1861, sono conservate a Udine. Alla madre e a Bice Gobio (la destinataria privilegiata negli ultimi anni della vita) scrive con una frequenza ed una continuità unica: evidente è l’affetto, seppur diverso, per entrambe che si manifesta conseguentemente in modi differenti. La preoccupazione principale nei confronti della madre è quella di comunicarle sue notizie senza fornirle motivo di preoccupazione, omettendo fatti e pensieri che invece trovano libero sfogo con l’amica-cugina. Questo aspetto si acuisce nell’ultimo periodo siciliano, quando le circostanze belliche e la notevole distanza impediscono regolari comunicazioni: il naufragio mise poi all’improvviso fine alle sue parole. Francesca Tamburlini

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I manoscritti della Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova

el quadro delle Celebrazioni per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, che fatalmente coincide con il 150° anniversario della scomparsa di Ippolito Nievo, il Comune di Mantova e, nella fattispecie, la Biblioteca Comunale Teresiana vogliono rendere omaggio alla figura del “poeta soldato”, nato a Padova nel 1831, ma mantovano di adozione, collaborando all’importante iniziativa espositiva organizzata dalla Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo con il prestito di numerosi manoscritti autografi dello scrittore. Nievo, che partecipò alla spedizione garibaldina dei Mille, imbarcandosi a Genova nel maggio 1860, e morì il 5 marzo 1861 su una nave che doveva portarlo a Napoli, visse in prima persona l’idea romantica di “rivoluzione nazionale”. Le sue opere sono permeate da un’intensa passione civile e politica e dal bisogno di testimoniare i fatti, idealizzandoli attraverso un fervido impegno educativo di ascendenza illuministica che si pone l’obiettivo di promuovere il riscatto della Nazione mediante il coinvolgimento delle classi popolari. I manoscritti esposti in questa mostra rappresentano un fondamentale riferimento per gli studi e la conoscenza della sua produzione letteraria, che spazia su diversi generi letterari, il romanzo storico contemporaneo al confine della memorialistica, il dramma storico, la poesia lirica e di genere, la letteratura campestre, il giornalismo “militante”. Di massima evidenza il manoscritto autografo delle Confessioni d’un Italiano (ms. 1029), scritto nel rapido fluire di nove mesi tra il 1857 e il 1858, che costituisce un capolavoro assoluto della letteratura mondiale tuttora letto e tradotto in molte lingue con grande riscontro di pubblico. Ambientando un’avvincente trama romanzesca e sentimentale nel vasto affresco delle rivoluzioni del 1848-1849, Nievo fornisce una sintesi critica e un superamento del dibattito culturale e politico coevo, in particolare sul tema dell’identità nazionale e sui modi e le procedure da seguire per la costituzione del nuovo stato. I tre quaderni che lo compongono, fitti della minuta ed elegante calligrafia di Nievo, testimoniano della rapidità e facilità della scrittura, esemplare anche sotto il profilo linguistico, a pochi mesi ormai dal suo arruolamento nelle truppe garibaldine. Accanto a esso è esposto l’autografo dell’Emanuele (ms. 1052), dramma in quattro atti composto nel 1852 e dedicato all’amico israelita Emanuele Ottolenghi, che affronta il problema dei diritti da concedersi agli ebrei. Offre invece un esempio emblematico dell’attenzione romantica per la poesia “spontanea” l’autografo della raccolta di traduzioni (ms. 1053), realizzata nel 1859 dalle raccolte di Marino Vretos e di Heinrich Heine. Si vogliono quindi ricordare le due copie autografe, due minute di una fase ancora in elaborazione, delle tragedie in versi sciolti e di impianto classico dal titolo Spartaco e I Capuani (ms. 1028), scritte nel 1857; nella prima Nievo mette in evidenza il ruolo di liberatore svolto dal protagonista, che riuscì a sollevare l’Italia a prezzo della propria morte; nei Capuani si assiste ad una identificazione polemica delle figure di Venezia e di Napoleone nelle sembianze di Capua e Annibale. Conclude infine questa rassegna il frammento del romanzo Il pescatore di anime (ms. 1054), scritto nel 1859 in attesa della spedizione dei Mille e di impostazione campagnuola, che avrebbe dovuto essere una riscrittura, in chiave intima e provinciale, della storia illustre. I manoscritti qui ricordati furono depositati nella Biblioteca civica di Mantova dagli eredi della famiglia Nievo nel luglio e nel novembre del 1913 e nel 1929, a testimonianza di un rapporto di fiducia e simpatia in tale istituzione che si è consolidato nel tempo anche nell’ottica di consentire la loro migliore e più sicura fruizione da parte degli utenti specialisti. La duplice ricorrenza che celebriamo è d’altra parte l’occasione per rendere noti a un pubblico più vasto questi preziosi documenti, e per accrescere la nostra consapevolezza e il nostro impegno affinché l’eredità intellettuale e morale affidataci dai nostri padri venga onorata e salvaguardata per le future generazioni. Irma Pagliari e Raffaella Perini 10


Ippolito Nievo: la vita e le opere

1831

Nasce a Padova il 30 novembre in contrada S.Eufemia, dal nobile Antonio, magistrato mantovano, e da Adele Marin, figlia del patrizio veneto Carlo e della contessa Ippolita di Colloredo, erede di un’ala del castello di Colloredo di Monte Albano, denominata in seguito Ala Nievo. È qui che Ippolito, tra il 1857 e il 1858, scriverà, per buona parte, la sua opera più famosa: Le Confessioni d’un Italiano.

1832/46

Infanzia e prima giovinezza, seguendo gli spostamenti paterni per gli incarichi in magistratura, a Soave, Verona, Udine, Mantova e Sabbioneta. A Soave, nel 1836, nasce il fratello Carlo.

1837/39

I Nievo si trasferiscono a Udine e soggiornano spesso a Colloredo, al castello. Nascono Elisa (1837) e l’ultimo fratello Alessandro (1839), che dal matrimonio con Amalia Vivaldi darà origine all’attuale discendenza dei Nievo.

1841

Ippolito entra come convittore nel collegio del Seminario Vescovile di Verona e frequenta il ginnasio di Sant’Anastasia, in questo periodo si intensifica il legame con il nonno materno Carlo Marin, che in città ricopre l’incarico di Intendente di Finanza.

1847

Dedica i primi componimenti poetici, tredici «Piccole poesie» al nonno Marin, modello per l’ottuagenario delle Confessioni. Frequenta il liceo a Mantova dove la famiglia risiede e diviene amico di Attilio Magri.

1848 /49

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Fallisce a Mantova il tentativo di insurrezione contro gli austriaci, Nievo, entrato nella Guardia civica con l’amico Attilio, è costretto a lasciare la città e, sempre con Attilio, conclude gli studi a Cremona. Conosce e si innamora di Matilde Ferrari. 11


1 1849/50

Volontario in Toscana, diventa amico di Andrea Cassa. Conseguita la licenza liceale, si iscrive alla facoltà di Diritto a Pavia, prosegue la relazione con Matilde con cui ha frequenti scambi di lettere (circa settanta in nove mesi). Il padre viene trasferito d’ufficio a Udine, in seguito alla compromissione nei moti del ’48.

1851

Termina l’idillio con Matilde, Ippolito porta a compimentoe Antiafrodisiaco per l’amor platonico, breve romanzo scritto “sotto l’impressione di avvenimenti spiacevoli e di rabbie puerili”, pubblicato nel 1956.

1852

Si iscrive al terzo anno dei corsi di legge all’Università di Padova. Compone carmi e liriche per le nozze di amici e conoscenti. Scrive il dramma l’Emanuele, pubblicato solo nel 1981 e stampa l’ode Il Crepuscolo. Riprende in mano l’Antiafrodisiaco a cui premette una nota che fa trapelare sentimenti diversi.

1853

Escono su «La Sferza», giornale bresciano, due sue corrispondenze in difesa degli studenti di Padova. All’università supera brillantemente quattro esami importanti.

1854

Esce a Udine il primo volume dei Versi, raccolta di poesie pubblicate regolarmente su «L’Alchimista friulano», che l’autore dedica a Matilde Ferrari. Sempre su «L’Alchimista» esce a puntate il saggio Studii sulla poesia civile e popolare massimamente in Italia, subito stampato in volume. Al Teatro de’ Concordi a Padova viene rappresentato il suo dramma in 5 atti Gli ultimi anni di Galileo Galilei.

1855

Collabora con diversi giornali. Si conservano 300 articoli pubblicati su «L’Annotatore friulano» (Udine), «Strenna partenopea» (Napoli), «La Lucciola» (Mantova), «Il Caffè» (Milano), «L’uomo di pietra» (Milano), «Quel che si vede e quel che non si vede» (Venezia), firmati con vari pseudonimi, secondo l’uso del tempo: Todero, Un Sabeo, Sssss e Quello dell’Altra Volta, “…vere e proprie maschere d’autore attraverso cui Nievo conversa con un lettore ideale, individuato socialmente e ideologicamente”. Pubblica il secondo volume dei Versi; su «La Lucciola» esce il racconto La nostra famiglia di campagna – Dipinture morali, e la recensione a Storia d’Italia narrata alle donne di Carlo Tenca, dove si firma con lo pseudonimo femminile «Quirina N.». Oltre al Conte pecorajo sta lavorando al nuovo romanzo Angelo di Bontà. Si dedica anche alla stesura di un «libretto», rimasto incompiuto, probabilmente Consuelo, tratto dall’opera omonima di George Sand. A novembre si laurea a Padova.

1856

A Milano, viene pubblicato il romanzo Angelo di Bontà e su «L’Annotatore friulano» esce a puntate la novella Il Varmo, altra novella campagnuola che ha in mente di raccogliere in volume. Su «La Lucciola» pubblica Le maghe di Grado, a ricordo dei 12


soggiorni estivi nella bella località marina. Il racconto L’Avvocatino, uscito su un giornale milanese, gli causa un processo per vilipendio alla Gendarmeria austriaca. Si difende brillantemente da solo. Prende consistenza l’amore per Bice Melzi d’Eril, moglie del cugino Carlo Gobio, con cui avrà, fino alla fine, un’intensa relazione epistolare che ci consegna un’appassionata collana di pensieri e riflessioni, su se stesso e sugli eventi a cui prende parte.

1857

Sul giornale milanese «Pungolo», esce a puntate Le disgrazie del numero due, pubblicato in volume nel 1859 con il titolo Il barone di Nicastro. Scrive due tragedie: I Capuani e Spartaco. Pubblica sul femminile milanese «Le Ore casalinghe» La Sposa di Nino Saib, primo di una serie di racconti orientali. Per l’editore Vallardi, a Milano, esce Il conte pecorajo.

1857/58

Quasi sempre al castello di Colloredo, scrive Le Confessioni d’un Italiano. Il romanzo verrà pubblicato solo nel 1867, sei anni dopo la sua scomparsa – per l’affettuoso interessamento dell’amica Erminia Fuà Fusinato – dall’editore Felice Le Monnier che ne cambierà il titolo in Le Confessioni di un Ottuagenario.

1859

Scrive con impeto torrenziale poesie, racconti e saggi, tra cui il Frammento sulla Rivoluzione Nazionale, pubblicato postumo nel 1929. Su «La Ricamatrice» esce la traduzione di una ballata di Lemontov, e sei dei ventotto Canti popolari della Grecia moderna di Marino Vretos che ha tradotto. A maggio, si arruola tra i volontari dei Cacciatori delle Alpi di Garibaldi e partecipa alla seconda guerra d’Indipendenza. Ma l’armistizio di Villafranca è un duro colpo per lo scrittore. Congedatosi, verso la fine dell’anno è a Fossato di Rodigo con la madre e compone la maggior parte dei versi de Gli amori garibaldini, quasi un diario poetico della partecipazione alla guerra appena conclusa.

1860

Il 5 maggio si imbarca a Genova con i Mille di Garibaldi, a Talamone l’8 riceve l’incarico di Vice Intendente, è imbarcato sul Piemonte; l’Intendente di Finanza Giovanni Acerbi, sul Lombardo con Garibaldi, gli consegna 14.000 lire delle 90.000 che sono la cassa della spedizione. L’11 sbarcano a Marsala, il 27 prendono Palermo. In una lettera a Bice scrive: “ Che miracolo! Ti giuro, Bice! Noi l’abbiamo veduto e ancora esitiamo quasi a crederci…noi soli, ottocento al più,… alla conquista d’una città contro venticinquemila uomini di truppa regolare”. I garibaldini diventano Esercito Nazionale di Sicilia e Nievo viene nominato Vice Intendente Generale delle Forze Nazionali in Sicilia, con il grado di capitano. A Milano, per l’editore Agnelli, escono Gli amori garibaldini. Lo scrittore ha tenuto un diario di quei giorni: Il giornale della Spedizione, che invia a Carlo Gobio. Verso la fine di luglio sul giornale milanese «La Perseveranza» viene pubblicato il Resoconto amministrativo della prima spedizione in Sicilia, a firma dell’Intendente Generale Acerbi ma scritto da Nievo. A Torino è in atto una campagna che getta molte ombre sull’amministrazione garibaldina. A metà dicembre lascia Palermo.

1861

Da gennaio a metà febbraio, si divide tra Fossato, Mantova e Napoli, dove riceve l’ordine di partire per Palermo. Deve raccogliere tutta la contabilità e trasportarla a Torino.

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Il 4 marzo, Ippolito Nievo con i suoi uomini e tre casse di documenti si imbarca sul piroscafo Ercole diretto a Napoli. Non arriverà mai. 13


Le schede delle opere provenienti dalla Biblioteca Civica “V. Joppi� di Udine (BCU) sono a cura di Francesca Tamburlini, responsabile della Sezione Manoscritti e Rari


BCU, ms. f.p. 3957/2 Lettera di Ippolito Nievo al fratello Carlo Verona, 11 marzo 1841 1 c., 140x228 mm È la prima lettera nota di Ippolito Nievo, scritta all’età di nove anni e diretta al fratello minore Carlo, che ha cinque anni. Nel 1841 il primogenito di casa Nievo entra come convittore nel collegio del Seminario ed è ammesso, pur non avendo ancora l’età prescritta, alla prima classe del Ginnasio di Sant’Anastasia di Verona, città dove vive il nonno materno, il patrizio veneto Carlo Marin, intendente di finanza. I genitori ed i fratelli di Ippolito abitano invece a Udine, dove il padre Antonio è stato trasferito presso la locale Pretura fin dal 1837. La lettera non è firmata e riporta essenzialmente i saluti di e per varie persone della famiglia e della cerchia di amicizie; un saluto è riservato al suo primo maestro, don Luciano.

BCU, ms.3957/3 Lettera di Ippolito Nievo al padre Antonio a Udine Verona, 8 aprile 1841 1 c., 228x140 mm Indirizzata al Nob. Signore Antonio Nievo Aggiunto alla Pretura Urbana di Udine, questa seconda lettera conosciuta del giovane Ippolito viene da lui firmata con il suo terzo nome di battesimo, Giovanni Battista, che continuerà ad usare fino al 1842. Ippolito, nato a Padova il 30 novembre 1831, venne battezzato in casa con i nomi di Ippolito, Carlo, Giovanni Battista, Andrea, Leopoldo, Maria.

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BCU, ms. f.p. 3957/8 Lettera di Ippolito Nievo ai genitori. Verona, 18 giugno 1842 2 c., 220x139 mm

BCU, ms. f.p. 3957/5 Lettera di Ippolito Nievo alla madre Adele Marin. Verona, 25 luglio 1841 1 c., 199x153 mm

Scrive ai genitori di aver superato l’esame mensile e di aver conservato il secondo posto in graduatoria, con relativo premio (posto che manterrà anche l’anno successivo, mentre in terza ed in quarta ebbe il primo). È ancora firmata Gio. Battista.

È la prima lettera nota di Ippolito alla madre, Adele Marin, figlia di Carlo e della contessa Ippolita di Colloredo dalla quale aveva ereditato una parte del castello e dei fondi che la famiglia possedeva a Colloredo di Montalbano. Riporta ancora la firma Gio. Batta.

BCU, ms. f.p. 3957/6 Lettera di Ippolito Nievo al padre Antonio. Bussolengo, 19 settembre 1841 1 c., 229x124 mm La lettera riporta la notizia di una gita in carrozza, fatta con tutta la camerata del collegio veronese presso cui è convittore, a Desenzano “per vedere il lago, senza però andarvi dentro”. Il giovane studente si augura inoltre di essere compreso tra i distinti in disciplina e di ricevere pertanto il relativo premio a scuola. La firma è semplificata in Battista.

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BCU, ms.3957/30 Lettera di Ippolito Nievo alla madre. Palermo, 19 novembre 1860 2 c., 215x143 mm

BCU, ms. f.p. 3957/10 Lettera di Ippolito Nievo al padre Antonio. Verona, 2 settembre 1842 2 c., 223x152 mm

Da Palermo dove rimane dopo lo sbarco in Sicilia (il 5 maggio precedente era partito da Quarto con Nino Bixio e Giuseppe Cesare Abba), come vice dell’Intendente Generale Giovanni Acerbi, scrive alla madre della sua nomina a colonnello aggiungendo:“ma siamo tutti congedati, almeno quelli che non vogliono ingaggiarsi fra i quali sono io. Si prende sei mesi di soldi e addio”. A proposito della sua “carriera” nelle truppe garibaldine, aveva scritto a settembre in tutt’altro tono all’amica e cugina Bice Gobio: ”Del resto la gloria mi perseguita. Ora sono tenente colonnello. Spero che se tornerò dalla parte del Po mi rivedrai generale!”.

Scritta a Verona dall’abitazione del nonno materno Carlo Marin, si rivolge con preoccupazione al padre per la mancanza di nuove da casa: da tre mesi non ha notizie dei suoi genitori ed ipotizza loro malattie o affari pressanti o supposti motivi di arrabbiature provocate da lui ma, aggiunge, “almeno una volta al trimestre io vorrei che mi scriveste”. Comunica poi di aver passato “benissimo” gli esami. Per la prima volta firma una lettera con il nome Ippolito.

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BCU, ms. f.p. 3968/1 Lettera di Giovanni Acerbi ad Ippolito Nievo. Napoli, 16 ottobre 1860 2 c., 226x180 mm

BCU, ms. 3957/31 Lettera di Ippolito Nievo alla madre. Palermo, 3 dicembre 1860 2 c., 213x163 mm Prima di lasciare Palermo per rientrare in Lombardia, scrive questa lettera ad Adele Nievo comunicandole la sua prossima partenza e raccomandandole di “farmi trovar caldo Fossato perché qui al 3 dicembre abbiamo il termometro a 20 gradi”. A Fossato di Rodigo, dove la famiglia Nievo possedeva una casa padronale, egli aveva soggiornato spesso a partire da metà degli anni Cinquanta. Si congeda dalla madre scrivendole di prepararsi “a sentirne contare delle belle. Sono stufo, stufo, stufo che non ne posso più”.

Giovanni Acerbi, Intendente generale della Spedizione garibaldina, invita Nievo, che si trova a Palermo, a raccogliere i documenti dell’amministrazione ed a raggiungerlo al più presto a Napoli perché “ho molto da trattenermi teco su cose importanti”. A questa lettera Ippolito risponderà comunicando che si sarebbe mosso verso i primi di novembre: “Tardando questi pochi giorni avrò anche il piacere di accompagnarvi Benedetto Cairoli” che, ferito durante l’ingresso delle truppe garibaldine a Palermo, era in via di guarigione.

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BCU, ms. f.p. 3971 Lettera di Agostino Depretis ad Ippolito Nievo. Torino, 26 ottobre 1860 2 c., 225x189 mm

BCU, ms. f.p. 3989/1 Lettera di Ippolito Nievo a Cesare Calabi Caorle, 22 luglio 1853 2 c., 225x145 mm

Lettera di Agostino Depretis, già prodittatore in Sicilia e futuro capo di governo, con la quale, ricordando l’ordine dato ad Ippolito Nievo di pagare 40 once a Ninfa Armetta, “donna benemerita per servigi resi durante la “rivoluzione”, scrive che la somma gli verrà rimborsata dai banchieri Florio. La lettera, scritta su carta intestata “Camera dei deputati” (stampa a secco), riporta, in testa ed al termine, una bozza di risposta di pugno del Nievo: “Avendo ricevuto da Torino la seguente lettera io Ippolito Nievo fui richiesto … della somma […]”.

Scritta da una delle tre località balneari in cui Nievo trascorse periodi di vacanza estiva (oltre a questa, Pellestrina e Grado) ad un amico, il veronese Cesare Calabi, è una lettera goliardica che comincia scherzosamente in spagnolo nella quale, alludendo alla vita universitaria, vengono citati personaggi (“Dalluschek”, il professore di diritto mercantile austriaco) e luoghi di Padova (“i pancani del Bo”, i banchi cioè del palazzo dell’Università). Calabi, che frequentava i corsi di legge dell’Università di Padova (si laurerà nel 1856), aveva notevoli interessi culturali: insieme ad amici, come Aleardo Aleardi ed altri di tendenze liberali, fondò a Verona nel 1858 una Società promotrice delle Belle Arti.

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BCU, ms. 2536/71 Lettera di Ippolito Nievo a Bice Gobio Melzi Palermo, 23 febbraio 1861 2 c., 201x147 mm

BCU, ms. f.p. 2536/70 Lettera di Ippolito Nievo a Bice Gobio Melzi. Dal Vapore l’Elettrico 18 febbraio, Palermo 19 febbraio 1861 4 c., 201x149 mm

L’ultima lettera giunta fino a noi, scritta sempre su carta intestata “Intendenza generale dell’esercito nazionale d’Italia”, è indirizzata a Milano all’amica Bice, che aveva sposato nel 1853 il cugino di Ippolito, Carlo Gobio. Traspare, oltre all’amarezza per la situazione in cui si trova, anche quella per non aver ricevuto da quando è giunto in Sicilia, posta neppure dalla madre: “per cui puoi immaginarti com’io viva allegro e sereno. Quando mai la Provvidenza m’ha stampato così scioccamente schiavo del dovere, ch’io mi inducessi a ravvolgermi

È una delle ultime lettere del poeta-soldato, vergata su carta intestata dell’”Intendenza generale dell’esercito nazionale d’Italia” ed indirizzata all’amica Bice. La prima parte è stata scritta durante la navigazione da Napoli a Palermo: “Per giunta poi la tavola balla come se sentisse fino a qui l’influenza del vostro Carnevale, e insieme a lei balla anche la lampada, perché se non lo sai devi sapere che è notte, e che le onde dormigliose del Mediterraneo russano fragorosamente sotto le ruote del Vapore”; la seconda parte, dopo che la lampada si era spenta, viene terminata all’arrivo a Palermo “con un caldo di ventitre gradi”, dopo esser stato a teatro a vedere il Pipelet, l’opera di S.A. De Ferrari intitolata ad un personaggio dei Misteri di Parigi di Eugène Sue. Inizia così: “Ti scrivo sul Vapore l’Elettrico, tra Napoli e Palermo in mezzo a due Inglesi, l’uno de’ quali mi bersaglia continuamente sullo sbarco di Marsala e la battaglia di Calatafimi, e l’altro… oh l’altro fa quello che per solito gli Inglesi non fanno, almeno in mare”.

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BCU, ms. f.p. 2537/3 Lettera di Ippolito Nievo ad Arnaldo Fusinato. Milano, 17 febbraio 1859 1 c., 269x208 mm

di nuovo in queste pastoje dopo essermene così felicemente liberato! Ti assicuro che questa volta Palermo mi ha fatto un tristissimo effetto; mi sembra di essere quello che era anni addietro a Colloredo, e meno anche presso a poco l’ugual vita. Su e giù per le colline, per boschi per giardini tutto il giorno con tanto di musone e Mamma Natura la quale me ne rimerita facendomi sembrar brutto tutto ciò che è bello e triste tutto ciò che dovrebbe essere allegro. Meno male che giovedì o alla più lunga domenica questa vitaccia sarà finita, e rivedrò Napoli e Genova e Milano […]. Mi accorgo che non ti ho dato nessuna notizia di qui, fuori del mio malumore. Gli è probabilmente perché non ce n’è nessuna. Scusami e addio. Tuo cugino Ippolito Nievo”. In questa ultima lettera nota si firma, diversamente dalle precedenti anche col cognome. La partenza da Palermo, da lui ipotizzata per giovedì 28 o per domenica 3 marzo, avverrà invece lunedì 4 marzo con il piroscafo Ercole, che scompare nel Tirreno la notte tra il 4 ed il 5.

Dopo alcuni giudizi severi espressi da Nievo nel 1853 sull’opera “disimpegnata” di Arnaldo Fusinato – pubblicista di fama in area lombardo-veneta (scrisse per la «Gazzetta veneta» e «La ricamatrice») –, i due, in seguito alla conoscenza diretta, divennero intimi amici. Nella lettera c’è un riferimento alle Confessioni: “Il mio romanzo non va per ora perché non incontrerebbe alla censura. Andrà quando Dio vorrà, ma gli Dei sono gli editori che son più birbanti di quelli di Omero”. Si deve all’interessamento della seconda moglie del Fusinato, Erminia Fuà, l’uscita del romanzo postumo di Ippolito nel 1867.

BCU, ms. f.p. 2539/20 Lettera di Camillo Giussani a Ippolito Nievo. Udine, 18 dicembre 1855 1 c., 281x188 mm La lettera indirizzata a Mantova dal redattore della rivista «L’alchimista friulano», con la quale Nievo aveva iniziato la collaborazione esordendo come poeta il 6 novembre 1853, riporta le congratulazioni per la laurea: “Carissimo amico dottore Ippolito. Mi rallegro intanto con Lei per quel dottore che ho scritto di sopra […]. Mi spiacerebbe solo che il codice Le facesse negligere il culto di Apollo”. Giussani lo invita inoltre a continuare la collaborazione, almeno fino all’inizio del 1856, quando pensa di lasciare ad altri “questo mestieraccio”: in effetti la rivista cesserà le pubblicazioni nel maggio del 1856.

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BCU, ms.f.p. 2535/4 Lettera di Ippolito Nievo a Carlo Gobio Mantova, 14 aprile 1855 2 c., 213x138 mm

BCU, ms.f.p. 2535/9 Lettera di Ippolito Nievo a Carlo Gobio Mantova 26 settembre 1855 1 c., 228x143 mm

Carlo Gobio, nato a Mantova nel 1827 dal matrimonio tra Laura Nievo, sorella di Antonio, e Federico Gobio, è il cugino con cui Ippolito ha un profondo legame, condividendo i due anche gli ideali risorgimentali. Sposa nel 1853 Beatrice (Bice) Melzi d’Eril che diventa la corrispondente privilegiata di Nievo: l’ultima lettera da lui scritta prima della morte nel 1861 è diretta a lei. Nella lettera al cugino Ippolito accenna alla stesura di una sua opera: “Io sono ingolfato a piene vele in un mio romanzo nel quale vivo tutte le ore della mattina, maledicendo la vista e lo stomaco che non mi permetterebbero di perderci dietro anche il dopo pranzo e la sera”. Si riferisce indubbiamente ad uno dei due romanzi del 1855, Angelo di Bontà e Il Conte pecorajo, ma non è possibile individuare con sicurezza a quale dei due rimandi.

Indirizzata a Bellagio, dove il cugino risiede spesso nella sua villa o in quella della famiglia della moglie Bice Gobio, e soffusa di mestizia dovuta alla distanza ed alle “precoci melanconie dell’autunno”, gli comunica di aver terminato l’Angelo di Bontà: “Il mio zibaldone è all’ordine: mi siano ora clementi i capestri dei tipografi! Solo mi spiace non poter forse recare costassù il manoscritto onde tu mi dica il tuo sentimento e, non avendo potuto altro, mi suggerisca qualche miglioria filologica”. Il romanzo vedrà la luce a Milano nel 1856.

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BCU, ms. f. p .2535/14 Lettera di Ippolito a Carlo Gobio Colloredo di Monte Albano, 11 marzo 1856 2 c., 200x142 mm

BCU, ms. f.p. 2535/13 Lettera di Ippolito a Carlo Gobio Colloredo di Monte Albano, 7 febbraio 1856 2 c., 214x135 mm

In questa lettera, scritta al ritorno di una passeggiata di due tre ore per valli e colline e dopo “il tramonto della mia Luna, la quale di piena che era s’è fatta scema, e di scema nulla” (si veda le precedente del 7 febbraio 1856), dà notizie della pubblicazione in riviste di alcune novelle campagnole, la prima delle quali Il Varmo uacì a puntate su «L’Annotatore friulano» tra il marzo ed il maggio di quell’anno. Nievo esprime anche l’intenzione, che non ebbe seguito, di riunire queste ed altre novelle analoghe in volume che, col titolo di Novelliere campagnuolo, apparve solo nel 1956. Invitando in chiusura l’amico scrive: “Pensaci bene poichè noi pure abbiamo la nostra Brianza la quale se patisce confronti non li patisce però il cuore”.

Scritta dal castello di Colloredo in un momento di profonda malinconia (“umoraccio così nero che ho annojato me e gli altri”), si sofferma sul paesaggio che lo circonda: “io trovava belli come sempre i prospetti di queste colline, l’aria, più che non suole in questa stagione, temperata, i costumi della gente semplici e patriarcali, grazioso e pittoresco il linguaggio”), Riporta anche un cenno al ritardo con cui uscirà il suo romanzo, Angelo di bontà, dovuto ad una malattia del suo amico milanese, Pier Ambrogio Curti, cui aveva dato l’incarico di trovare uno stampatore.

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BCU, ms. f. p. 2535/18 Lettera di Ippolito alla madre Adele Marin Grado, 24 luglio 1856 2 c., 203x127 mm

BCU, ms. f.p. 2535/19 Lettera di Ippolito alla madre Adele Marin Colloredo di Monte Albano, 11 agosto 1856 1 c., 218x130 mm

Nella lettera inviata dal luogo in cui trascorre brevi giornate al mare con gli amici, Ippolito fa una descrizione poetica ed ironica del piccolo borgo e dei suoi abitanti, ritoccando l’immagine che di questo paese “corre per le bocche comunemente”. Scrive infatti che “non è vero che vi si beva l’acqua di mare (bensì quella più gustosetta delle paludi), non è vero che vi si conservino pretti pretti i costumi antidiluviani, benchè le frequenti crie [bandi] fatte dal balcone della Podestaria ricordino alcun poco i tempi della Serenissima”. Ci sono anche riferimenti alla vita balneare (“il lusso orientale dei bagni”) che si riduce a due casotti, uno per le femmine vicino al paese mentre l’altro per il “povero sesso maschile va sempre più allontanandosi sulla spiaggia, di mano in mano che si fa più schivo il pudore delle prime”.

Nella lettera indirizzata alla madre a Mantova subito dopo il rientro da Grado, la informa di come trascorre le giornate tra il tempo passato con Rodolfo di Colloredo “che ci è gentile d’ogni cortesia, e ci mena a trottare qua e là nelle vicinanze”, l’andata in città, “Venerdì saremo a Udine per goderci le corse et reliquia”, fino alla partenza il martedì successivo per la “smorta Lombardia”, con la previsione per la fine di agosto di essere da lei a Mantova. C’è anche un riferimento scherzoso ad alcuni manoscritti di poesie (“Documenti segreti fino al XX”) che chiede alla madre di ricercare.

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BCU, ms.f.p. 2550 Lettera di Alessandro al fratello Ippolito Nievo Curcuraci (ME), 5 agosto 1860 2 c., 211x133 mm Il fratello Alessandro, impegnato anch’egli nelle truppe garibaldine, si tiene in contatto con il Ippolito chiedendogli di fargli avere notizie dei familiari. Scrive di prestare servizio senza ricevere né paga né vitto, in una situazione confusa in cui le due truppe sono così vicine che “le nostre sentinelle sono distanti non più di 10 metri da quelle dei Regi “. Alessandro, terzogenito di Antonio e di Adele, ingegnere, era nato a Udine nel 1839: dal suo matrimonio con Amalia Vivaldi nacque un figlio, Ippolito, a cui si deve la continuazione della famiglia Nievo.

BCU, ms. f. p. 2553/9 Lettera della madre Adele ad Ippolito Mantova, 23 agosto 1860 1 c., 212x137 mm Con questa lettera inviata a Palermo, la madre chiede notizie di altri garibaldini sperando di poter comunicare loro notizie alle famiglie con cui lei è in contato. Solo al termine si informa di Alessandro, l’altro figlio pure in Sicilia: “ti raccomando il mio Alessandro, povero diavolo! È proprio disgraziato. Eppoi se sarà ufficiale avrà

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meno bisogno di me, che t’assicuro non so dove più dar la testa”. Adele Nievo rivela di vivere lunghi periodi di angoscia trascorsi senza ricevere alcuna notizia dei figli impegnati nella Spedizione.

BCU ms. f.p. 2555/2 Lettera di Andrea Cassa a Ippolito Nievo Brescia, 5 febbraio 1854 2 c., 230x180 mm Andrea Cassa (1828-1907) di Castenedolo, condivise con Nievo l’esperienza toscana del ’49: laureato in giurisprudenza a Padova, ricoprì poi incarichi pubblici a Brescia. È una delle dieci lettere, scritte ad Ippolito tra il 1854 ed il 1857 e conservate alla Joppi, con la quale ringrazia l’amico dell’ospitalità offertagli presso la casa di Mantova. A questa Ippolito rispose il 7 seguente, scrivendo tra l’altro: “E voglio scrivere, scrivere, scrivere… finchè altri avrà pazienza di leggere, ed al di là. Voglio scrivere in verso, in prosa, in tragico, in comico, in sublime, in burlesco, in in[chiostro] bleu ed in inchiostro nero, in carta reale e in carta lazzerona!”

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BCU, ms. f.p. 2533 Ippolito Nievo, La Vigilia delle Nozze 6 c., 295x207 mm Questa novella, il cui manoscritto è conservato integralmente, venne pubblicata nel marzo 1860 sulle riviste milanesi, rivolte ad un pubblico femminile, «Le Ore casalinghe» e il «Giornale delle Famiglie. La Ricamatrice» dell’editore Lampugnani. Nievo scrive La Vigilia sul verso di alcune carte (forse bozze tipografiche) con disegnati figurini di moda, dei mesi di giugno e luglio 1857 del «Corriere delle dame», altra rivista femminile di cui era collaboratore; anche questa novella, come altre d’ambientazione rurale, sarà poi edita nel Novelliere campagnuolo e altri racconti solo nel 1956.

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BCU, ms. f.p. 3953 Ippolito Nievo, Gli amori garibaldini. 2 c., 171x114 mm Molte delle poesie che formano l’opera vennero composte o abbozzate da Nievo, Cacciatore delle Alpi durante la campagna del 1859, su un quaderno (“librattolo”) che, donato successivamente dalla famiglia al Museo del Risorgimento di Milano, venne distrutto durante un bombardamento nel corso del secondo conflitto mondiale. Il volume uscì nel giugno del 1860 quando Ippolito era a Palermo, vice Intendendente per l’esercito garibaldino. Le due carte autografe contengono solo poche parti, con varianti rispetto al testo stampato: il Proemio, i versi finali delle poesie LX, Alla mia dolce Bigia, LXVI, L’ultimo inno e LXIX, Alle illusioni.

BCU, ms. f.p. 2557/9 Schizzo autografo di Ippolito Nievo, a matita ed inchiostro 1 c., 213x271 mm Il disegno rappresenta i luoghi del Friuli, Torlano e l’alta valle del Torre, in cui Nievo ambienta Il conte percorajo. Storia del nostro secolo. Si tratta del suo primo romanzo, scritto tra il 1855 ed il 1856, che verrà pubblicato nel 1857 a Milano dall’editore Vallardi, grazie alla mediazione del cugino Carlo Gobio che gli procura un “buonissimo contratto delle L. 450”.

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BCU, ms. f. p. 3952 Ippolito Nievo, Angelo di Bontà. Storia del secolo passato. [116] c., 255x190 mm Questa è la prima redazione del romanzo, che risale all’estate del 1855 e che non venne usata per l’edizione a stampa. Formato da 10 fascicoli non rilegati, riporta nella pagina finale l’Indice con, a margine, un profilo di donna a matita, sempre di mano di Ippolito.

Iniziato quando Nievo aveva già steso la prima redazione de Il Conte pecorajo nella primavera dello stesso anno, venne però dato per primo alle stampe: uscì infatti dall’editore milanese Ernesto Oliva nell’estate del 1856 e, subito dopo, il fratello di Ippolito, Alessandro, consegnò al libraio Mario Berletti di Udine 55 copie dell’opera da vendere per conto dell’autore.

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BCU, ms. 2557/1-3 Tre telegrammi del 1861 sulle ricerche successive alla scomparsa di Ippolito Nievo Nell’incertezza seguita alla sparizione del piroscafo Ercole, due amici di Nievo ed il fratello Alessandro inviano a Mantova a Bonoris, che assiste la famiglia in questo drammatico momento, presunte notizie sulla sorte dell’Ercole.

Milano, 28 marzo 1861 1 c. , 257x205 mm Telegramma di Conti a Gaetano Bonoris “Finora nessuna notizia ufficiale sul conto di Ippolito. Ho però gravi timori”

Milano, 29 marzo 1861 1 c., 257x205 mm Telegramma di Alessandro Nievo a Bonoris che inizia con “Dura tuttavia incertezza” nel quale esprime grande preoccupazione per come comunicare le notizie alla madre, Adele Marin.

Brescia, 30 [marzo] 1861 1 c., 257x205 mm Telegramma di Pernetti a Bonoris Riferisce di un dispaccio arrivato da Costantinopoli che parla di uno sbarco di italiani in Albania: “Forse Ercole con Ippolito Nievo. Speriamo”

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Le schede delle opere provenienti dalla Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova sono a cura di Raffaella Perini


Mantova, Biblioteca Comunale Teresiana, ms. 1028 (I.I.11); cart.; 1857; 1., mm 277x193, cc. 79, 4 fascicoli cuciti: 1-324, 47; 2., mm 296x201 (in bifolio mm 320x228), cc. 69, fogli sciolti raccolti in fascicoli: 122, 224, 320. I due scartafacci, autografi, corrispondono alla prima stesura delle tragedie, e pertanto essi non trovano puntuale corrispondenza con le edizioni a stampa (a cura di Vincenzo Errante, Lanciano, R. Carabba, 1914 e 1919 rispettivamente, e a cura di Emilio Faccioli, Einaudi, 1962). Come risulta dalla documentazione interna della Biblioteca e da

Mantova, Biblioteca Comunale Teresiana, ms. 1052 (I.I.35); 1852 aprile (c. IIr); mm 212x148 (c. 1r); controg.-I-IV, cc. 62, I’-III’-controg.; 6 fascicoli: 1-510, 612. Legatura in cartone rivestito di carta goffrata marrone a motivi floreali e dorso in pelle, reintegrato in sede di un restauro conservativo effettuato, come per tutti i manoscritti nieviani, nel 1993, con dorature costituite da filetti semplici alternati a un piccolo motivo a intreccio. Copia recentemente rivalutata come autografa da Maurizio Bertolotti, curatore del testo nell’edizione nazionale delle Opere di Nievo (Marsilio, 2006). A c. IIr si legge la dedica Pòrti in fronte il tuo nome/ o Emanuele Ottolenghi/ questo mio primo saggio drammatico/ che tu mi inspiravi/ nella solitudine di Colloredo./ I.N./ aprile 1852. Come risulta da una nota a penna dell’allora direttore della Biblioteca Cesare Ferrarini (1925-1947) e dalla documentazione interna, il volume fu qui depositato il 23 novembre 1929 dall’ingegner Antonio Nievo del fu maggiore Ippolito, nipote del patriota, assieme al frammento del Pescatore d’anime e alla raccolta di traduzioni, anche con l’intenzione di onorare la memoria dell’illustre scrittore nella ricorrenza del centenario della nascita. Della generosa concessione fu immediatamente informata a mezzo stampa la comunità locale (cfr. BCMN, Archivio Storico. Atti, 1929 novembre 23, 1166, ecc.). (cc. 1r-62v) Ippolito Nievo, Emanuele

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Mantova, Biblioteca Comunale Teresiana, ms. 1053 (I.I.36); cart.; 1859 aprile (c. 1r) - agosto (cc. 36r, 52r); mm 128x77 (c. 6r); controg.-I, cc. 60, I’-II’-controg.; 6 fascicoli: 1410, 512, 68; titoli alle cc. 1r, 36r, 52r che fungono da frontespizi delle sezioni, e alla c. 59r. Legatura coeva in pelle marrone con integrazione del dorso di restauro, su cartoncino, con zigrinature di diagonali e cornice di tripli filetti sui piatti; un gancio metallico sul taglio davanti e, lungo il taglio anteriore, un inserto di pelle che contiene uno stilo con punta metallica e manico in legno; guardie rivestite di carta stampata a minuti motivi floreali blu, che nella parte posteriore costituisce una tasca a soffietto. Autografo. Si vedano le notizie riportate per il ms. 1052. I testi, suddivisi in

una nota a penna di Ada Sacchi Simonetta, direttrice negli anni 1902-1925, posta sulla camicia che raccoglie i due manoscritti, essi furono qui depositati dal maggiore Ippolito Nievo, nipote dello scrittore, il 1° luglio 1913, notizia che fu subito ufficializzata in una seduta della Commissione di Vigilanza della Biblioteca (cfr. BCMN, Archivio Storico. Atti, 1013 luglio 1, 1078, ecc.).

1. (cc. 1-79) Ippolito Nievo, I Capuani. Tragedia 2. (cc. 1-69) id. Spartaco. Tragedia

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Mantova, Biblioteca Comunale Teresiana, ms. 1054 (I.I.37); 1859 dicembre; mm 81x147 (c. 1), in camicia mm 84x112; cc. 3: un bifolio e una carta, con integrazioni di restauro. Frammento autografo dell’abbozzo di romanzo edito da Iginio De Luca (Einaudi, 1956). Sulla facciata anteriore della camicia

sezioni intitolate come qui di seguito, sono stati editi da Marcella Gorra nell’edizione delle Poesie (Mondadori, 1970). (cc. 1r-60v) [Traduzioni], di Ippolito Nievo. 1. (cc. 1r-35r) Canti popolari della Grecia moderna. (Raccolta di Marino Vreto. Versione di Ippolito Nievo). 2. (cc. 36r-51v) Heinrich Heine. L’Intermezzo di Enrico Heine. (Versione di Ippolito Nievo). 3. (cc. 52r-58v) Heinrich Heine. Altre versioni da Enrico Heine. (cc. 53r-55r; 57v-58v) Dalla Germania, I-II; IX; VI. (cc. 55r-57v) Dai Notturni. Il pellegrinaggio al santuario di Kewlaar, I-III. Un Asrah. La sveglia. La barca. 4. (cc. 59r-60v) Traduzione d’alcune canzoni popolari tedesche [raccolte da Heinrich Heine]. I, l’avventura di Schwartenhals. II, L’abito di Ghita. III, La canzone delle oche.

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si leggono due note di Cesare Ferrarini: Sei paginette di taccuino autografe: le sole che oggi restano delle 29, vedute dal Mantovani («Il poeta soldato», Milano, Treves, 1900). Si veda inoltre quanto riferito per il ms. 1052. (cc. 1r-3v) Ippolito Nievo Il pescatore di anime


BCU, ms. f.p. 3901 Diploma di laurea di Ippolito Nievo conseguito all’Università di Padova il 22 novembre 1855. 1 c., 395x573 mm Pochi giorni prima di compiere 24 anni, Ippolito ottiene la laurea in ambe le leggi all’Università di Padova, dove si era trasferito nel 1852, iscrivendosi al terzo anno, dall’Università di Pavia. Dopo il conseguimento della laurea, il padre Antonio lo inviò a far pratica nello studio del notaio mantovano Francesco Tamassia, amico di famiglia; su questa breve esperienza Ippolito scherza con l’amico Arnaldo Fusinato, che pure era stato avviato all’esercizio del notariato in uno studio di Castelfranco: “Tu sarai il Giotto del Cimabue Savorgnan, io del Cimabue Tamassia, e rogheremo nei nostri atti il testamento dell’umanità”. Tesi che Ippolito Nievo di Mantova si propone difendere nella sua publica promozione al grado di dottore in ambe le leggi nella Imp. Regia Università di Padova, novembre 1855. Padova, dalla tipografia Bianchi al Santo, [1855] 8 p., 22 cm -BCU La “disputa per laurea” venne sostenuta da Nievo - dopo aver superato, tra il 27 marzo ed il 15 novembre precedenti, i quattro “esami rigorosi” che comprendevano tutte le materie dei quattro anni di studio - il 22 novembre 1855: come previsto dal Regolamento Universitario, il candidato doveva presentare una pubblicazione con una serie di temi sulle varie materie da svolgere davanti alla Commissione. Il fascicolo contiene ventiquattro temi divisi in otto materie, Diritto naturale e penale, Statistica, Ex Jure ecclesiastico, Diritto romano e feudale, Diritto civile austriaco, Diritto mercantile, Scienze politiche e Procedura. Il Reisepass, Passaporto Regio Imperiale Regio Austriaco, venne rilasciato al “possidente” Ippolito (dalla statura “alta”, dai capelli “neri”, dagli occhi “castagni neri”, dalla bocca “ordinaria”, dal naso “profilato” e senza “marche visibili”), abitante a Udine (dove risulta erroneamente anche nato) per viaggiare da Udine “allo Stato Pontificio, Toscana, Regno Due Sicilie, Baviera, Sassonia, Prussia e Francia”. Valido per due anni, risulta essere stato vistato un’unica volta, a Ponte Chiasso il 5 maggio del 1859.

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BCU, ms. 3901 ter Passaporto austriaco rilasciato a Ippolito Nievo Venezia il 14 settembre 1858 2 c., 400x270 mm



Le Muse d’Aquileja [di] Ippolito Nievo in Nelle nozze di Pisana di Prampero e di Luigi Chiozza. Rovigo, Imp. regio privil. prem. stabilimento Minelli, 1857, 19 p., 29 cm BCU I versi, richiesti a Nievo dal “rustico e simpatico Verzegnassi”, celebrano le seconde nozze dell’imprenditore e chimico Luigi Chiozza (per il cui precedente matrimonio Nievo aveva composto Gli amori) con Pisana di Prampero, la cui famiglia era legata da antichi vincoli con i Colloredo e poi anche con i Nievo. Pisana, figlia del conte Giacomo di Prampero, morirà nel marzo 1858, dopo aver dato alla luce una bimba. Le Muse vennero poi pubblicate nel 1858 all’interno della raccolta Le lucciole, nella parte Veglie e sogni. Francesco Verzegnassi, commerciante udinese di sete, viene nominato spesso insieme a Teobaldo Ciconi, Camillo Giussani e all’amico d’infanzia Antonio Giavedoni - nelle lettere scritte da Nievo: a lui Ippolito dedica la novella Il Varmo.

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Due fiori camperecci. Poesie di Ippolito Nievo. in Pel fausto sposalizio di Elisa Plattis con Gregorio Braida. Udine, Tipografia Vendrame, 1857, [16] p., 23 cm BCU

Gli amori di Ippolito Nievo. Rovigo, i.r. privil. prem. Stabilimento tipografico di A. Minelli, [1854], p. [5]-22, 29 cm BCU In una lettera datata 19 giugno 1854, Ippolito scrive all’amico Andrea Cassa: “Oggi me ne andrò a Fossato ad arrabbattarmi colla ispirazione indarno evocata d’una poesia per nozze; spero che la mia volontà avrà alla fine il sopravvento, e che ne uscirà vittorioso un Carme monstre intitolato Gli Amori.” Il 5 novembre successivo il carme viene nuovamente pubblicato, con modifiche, sulla rivista di Camillo Giussani, «L’Alchimista friulano», con la quale Nievo aveva iniziato a collaborare dall’anno precedente e nel 1855 viene inserito nella seconda raccolta udinese dei suoi Versi. Il raro esemplare di questa pubblicazione, uscita in occasione delle nozze di Maria Lazzari ed Angela Chiozza rispettivamente con Luigi Chiozza e Carlo Kechler (Udine, 20 luglio 1854) conservata presso la Biblioteca “Joppi”, è privo della copertina e di alcune carte.

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Luigia e Francesco Caratti, che si erano rivolti a Camillo Giussani per avere da Nievo questi versi, nella dedica di questa pubblicazione scrivono:”In mezzo a così viva e sincera allegrezza, eccovi, o sposi benavventurati,, questi due fiorellini, cui si piace a cogliere sui campi la musa di Ippolito Nievo”. I due “fiori” si intitolano: La strega e La Filomena. Elisa Braida è una delle cugine di Padova di Ippolito. Ne Le lucciole del 1858, in Veglie e sogni, vengono riproposti accanto ad altri tre componimenti riuniti tutti sotto il titolo I fiori camperecci.


Il matrimonio [di Ippolito Nievo] In Nozze Farlatti-Colombichio. Gorizia, Premiata tipografia Paternolli, 1854, [15] p., 27 cm BCU La prima stesura della poesia nuziale è riportata in una lettera, scritta da Ippolito all’amico Andrea Cassa il 14 febbraio 1854. Composta dietro richiesta dell’amico per un matrimonio che doveva celebrarsi in tempi ravvicinati (“Eppoi scrivermi l’altro ieri per un matrimonio che succederà il venti corrente!!), viene invece usata, con varianti, per le nozze di Eugenio Colombicchio con Elena Farlatti. La dedica riporta: A te diletta Elena oggi sposa al nobile Eugenio de Colombichio questi versi del nostro valente poeta Ippolito Nievo i tuoi fratelli Francesco e Valentino lieti delle tue gioje intitolano e donano. S. Daniele I. giugno MDCCCLIV Il matrimonio venne poi inserito nella prima raccolta di Versi di Nievo, uscita a Udine lo stesso anno dalla Tipografia Vendrame.

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Il fiore d’eternità [di Ippolito Nievo] In Nella fausta occasione delle nobili nozze Cavriani-Plattis. Rovigo, i.r.privil. prem. Stabilimento Minelli, 1859, 10 p., 29 cm BCU Le sette anacreontiche, composte per lo sposalizio di una cugina (da parte della madre Adele) del Nievo, riportano la dedica di Eugenio Braida, per il matrimonio del quale con un’altra sua cugina, Elisa Plattis, Ippolito aveva scritto, due anni prima, Due fiori camperecci.

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De arte amandi. All’amica [di] Ippolito Nievo in Prose e versi di autori vivi e morti, Padova, Tipografia Antonelli, [1855], pp. 39-44 14 cm BCU In una lettera del febbraio 1855, Nievo riporta l’avviso editoriale dell’operetta, curata da Leonardo Anselmi, che stava per uscire a lire austriache 1 per i primi 500 associati, e che vede, oltre alle terzine di Ippolito, anche i versi di Andrea Cittadella Vigodarzere, Luigi Carrer, Arnaldo Fusinato, Giuseppe Giusti e dell’udinese Camillo Giussani, il redattore de «L’alchimista friulano» che pubblicò, a fine 1853, i primi scritti udinesi del Nievo. In realtà questo volumetto doveva costituire, nelle intenzioni espresse dal curatore nel dicembre 1854, una Strenna per il Capodanno 1855 ma, a causa del forte ritardo, uscì invece in questa veste. La composizione De arte amandi venne successivamente rivista ed inserita prima nell’«Alchimista» e poi nella seconda raccolta di Versi di Ippolito Nievo, pubblicata a Udine nel 1855.

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Angelo di bontà. Storia del secolo passato di Ippolito Nievo. Milano, presso l’editore Ernesto Oliva, 1856, 331, [3] p., 18 cm BCU

Versi di Ippolito Nievo, Udine, Tipografia Vendrame, 1855 187, [1] p., 20 cm Nella seconda raccolta udinese, pubblicata in centosessanta esemplari, compaiono i versi che Nievo continua a comporre tra il 1854 ed il 1855 per la rivista «L’Alchimista Friulano». È corredata da un’Errata corrige predisposta tra fine giugno ed inizio luglio 1855, dopo che Camillo Giussani, direttore del giornale, gli ebbe inviato a Mantova il fascicolo stampato, proprio per essere emendato.

Il volume inizia con i versi Poeta e prossimo. Ad Arnaldo Fusinato che consacrano quindi pubblicamente l’amicizia instauratasi tra i due, dopo riserve iniziali da parte di Nievo. Fusinato, patriota e verseggiatore romantico e giocoso, è l’autore dell’Ode a Venezia (Il morbo infuria, il pan ti manca,sul ponte sventola bandiera bianca!) scritta per la caduta della Repubblica di Daniele Manin nel 1849.

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Il primo romanzo edito di Nievo, scritto nello stesso anno in cui aveva anche iniziato la stesura de Il Conte pecorajo, il 1855 – anno in cui pubblica articoli, novelle, versi su diverse riviste e consegue la laurea in ambe le leggi - è ambientato a Venezia nel 1749. Nella prefazione si legge: “Concedi, o discreto lettore, che prima di assalirti da novelliere, mi ti presenti da amico a confessar ciò che pochi sarebbero in grado di confessare sul bel principio d’un racconto, che la mia storia, cioè, è storia vera da capo a fondo”. L’opera, uscita all’inizio dell’estate del 1856 dietro il solo compenso di centocinquanta copie del volume, non soddisfò molto l’autore che, dopo essersi rammaricato per i tempi lunghi di stampa, ebbe a lamentarsi di “620” errori di stampa.


Le odi di Saffo Lesbia letteralmente volgarizzate in Per le faustissime nozze del conte Fabio Beretta colla nobile Teresa Reali, Udine, Tipografia Turchetto, 1856, 13 p., 24 cm (p. 7-11) BCU L’opuscolo per nozze contiene tre odi di Saffo: A Venere; All’amata; Sopra se stessa pubblicate a cura e con note dell’udinese Francesco Florio e tradotte da Ippolito

Nievo, “un mio amico” lo chiama nella dedica il Florio; il nome del traduttore non compare però sulla pubblicazione La famiglia dei conti Florio era vicina di casa a Udine dei Nievo: nelle lettere alla madre

Adele, Ippolito indica l’amico Francesco con il nome di “Checco” o Checchino” Le odi furono inserite nel 1858 nella raccolta Le lucciole, nella parte Note d’amore.

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Le lucciole. Canzoniere di Ippolito Nievo (1855-56-57), Milano: coi tipi di Giuseppe Redaelli, 1858, 192, p., 16 cm Fondo Famiglia Nievo Le poesie che compongono il Canzoniere, stampato come strenna a Milano nel 1858, furono definite dall’autore “fantasie strambe ed enigmatiche”. Pubblicate in vari periodici, fanno parte dei Bozzetti veneziani, I Fiori Camperecci e Le nuvole d’Oro. Come il Giusti, Nievo è convinto che la poesia debba avere un’utilità sociale, il suo scopo è quello di scuotere gli italiani dall’apatia e dalla rassegnazione in cui sono caduti e spronarli all’azione. L’intento è particolarmente evidente nei Bozzetti veneziani dove il messaggio patriottico è mascherato da metafore e allusioni per superare le maglie della censura.

Le nuvole d’oro. Note d’amore di Ippolito Nievo in Auspicate nozze Venanzio-Bergamo. Udine, Tipografia Lib. Vendrame, 1856, [25] p., 24 cm La dedica, datata Udine 11 ottobre 1856 e rivolta alla sposa da Teresa e da Giulio Andrea Pirona, rispettivamente sorella e cognato, riporta: “Vi offeriamo alcuni versi di un poeta il quale per certo sarà in

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Italia onorato, e letti da voi riceveranno maggior grazia”. Proprio negli stessi mesi Nievo aveva anche scritto una recensione ad un’opera del futuro conservatore della Biblioteca, Giulio Andrea Pirona, Voci friulane significanti animali e piante, di Pirona. I versi sono scanditi in undici parti intitolate: Le montagne. L’apologo,L’abisso. La cascata. Il ritorno. La maestra. La spia. Il risorgimento. L’addio. Lo svegliarsi. Le nuvole.



La pazza del Segrino. Novella di Ippolito Nievo. Volume unico. [segue:] La viola di San Bastiano. Novella paesana. Milano, per Francesco Sanvito successore a Borrone e Scotti, 1860 142 p., 15 cm Le due novelle di Nievo vengono pubblicate in apertura di un volume miscellaneo della collezione Florilegio romantico, serie decimaquarta, insieme a scritti di altri autori.

La pazza del Segrino, che narra di una vicenda drammatica ambientata in Brianza, era stata spedita da Nievo a fine 1855 all’editore Lampugnani per essere pubblicata in una delle sue riviste

femminili ma venne da questi resa all’autore perché, scrive Ippolito “diceva non convegnirli la lunghezza e il genere contadinesco alla Carcano”. Per La viola di San Bastiano, che fa parte della trilogia del 1856 del contadino Carlone insieme a Il milione del bifolco e a L’avvocatino, Nievo prese spunto dalla località di Ramandolo. Prima di essere raccolte in volume, apparvero sul settimanale dello stesso editore Sanvito «Il Fuggilozio. Amenità letterarie contemporanee».

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Ippolito Nievo, Il Barone di Nicastro. Novella. Volume unico. [seguito da:] La corsa di prova [seguito da:] La pazza del Segrino [seguito da:] La viola di San Bastiano. Novella Milano, per Francesco Sanvito successore a Borroni e Scotti, 1860 [2], 148, 142, [2], 131, [3] p., 15 cm BCU

In questo volume composito, l’editore Sanvito – per un’operazione di puro tipo commerciale - riunisce quattro novelle di Nievo (le ultime due delle quali comparse in volume a se stante), aggiungendo al termine i fascicoli di un’opera di Giuseppe Bersezio pubblicata l’anno precedente. Il Barone di Nicastro, “romanzetto satirico”, venne scritto per «Il pungolo» dietro

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richiesta del direttore Leone Fortis: sulla rivista comparvero però nel 1857, con il titolo Le disgrazie del numero due, solo i primi quindici capitoli, gli stessi che uscirono anche su «Il Fuggilozio». Su quest’ultima rivista era stata pubblicata, il 30 maggio 1859, La corsa di prova, la seconda opera inserita dall’editore Sanvito in questo volume.


Gli amori garibaldini di Ippolito Nievo. Milano, Tipografia di P.Agnelli, 1860, 96, p., 20 cm Fondo Famiglia Nievo

La raccolta di poesie, quasi una “cronaca poetica” della partecipazione alla seconda guerra d’Indipendenza, viene consegnata da Nievo, prima di partire per la Sicilia, all’amico Cesare Cologna, perché ne segua la stampa. 49 Enigmatica l’ultima lirica, Partendo per la Sicilia, 103 puntini e un punto di domanda


Ritratto di Ippolito Nievo realizzato da Gustavino Le Confessioni d’un Italiano – I ed. a cura di F. Palazzi – Milano



Antiafrodisiaco per l’amor platonico m.s. 200x160 mm p. 361 – Famiglia Nievo Ippolito Nievo era uno studente liceale quando (ultimi giorni del 1848) Attilio Magri gli presentò quella Matilde Ferrari della quale ben presto e

segretamente (all’inizio cioè senza nemmeno parlarne all’amico) si innamorò. Fu un appassionato primo amore che si mantenne sempre in un ambito puramente platonico, e del quale conosciamo gli empiti e le vicende quasi giorno per giorno attraverso la settantina di lettere che alla fanciulla amata il giovane Nievo continuò a recapitare fino al luglio 1850. Com’è noto, proprio a questa esperienza personale si lega direttamente il primo romanzo dello scrittore, anche se la vicenda vi è rivissuta e rovesciata nella prospettiva satirica e sarcastica alla quale già l’originale intitolazione dà immediata evidenza. Ed è ancora all’amico che il 12 agosto 1850 egli ne dà il primo annuncio, informandolo di aver cominciato a scrivere quella che definisce “una storiella del mio

amore passato presente e futuro” (Lettere,). Prima manifestazione di quell’umorismo nieviano che resterà poi componente essenziale anche nel capolavoro, l’esordio del romanziere sarà completato pochi mesi dopo (aprile 1851). Esplicita (e tutt’altro che ambiziosa) la funzione di un esercizio narrativo pensato e progettato fin dall’inizio a scopo terapeutico: distacco da una ancora bruciante esperienza sentimentale, autoanalisi di un groviglio di sentimenti che lo aveva colpito quasi a tradimento, sfogo privato per intanto attuabile per via meramente letteraria e con procedure assai più sterniane che russoviano-ortisiane. L’anno dopo l’Antiafrodisiaco fu rivisto e trascritto in una bella copia che è appunto l’autografo qui esposto e che, conservato ora a Roma nel fondo della Famiglia Nievo, si apre con una Nota che, datata 16 novembre 1852, è utile da un lato per datare il manufatto, e conferma dall’altro l’intenzione dell’autore di non rendere pubblica una “storiella” che pure gli serviva a ricordare “qualche caro momento”. A suffragare l’intenzione dell’inedito già provvede del resto, nell’autografo, il frontespizio che, vergato in grassetto e posto all’interno di un ovale appositamente disegnato, si presenta esattamente così.

Anti-afrodisiaco per l’Amore Platonico… di I. A indicare l’autore, non dunque per esteso nome e cognome, ma soltanto una iniziale che si potrà intendere sia come di


Ippolito], e sia, più fondatamente, con allusione a uno dei protagonisti, come di I[ncognito]. S’intende peraltro che l’atto stesso della revisione-trascrizione basta a rendere palese l’importanza che l’autore comunque riconosceva al suo primo romanzo La copia autografa è un grosso quaderno composto da fogli in origine bianchi che Nievo, sul margine esterno, ha numerato per pagine in alto sul margine esterno da 1 a 361 (bianche le ultime tre carte) In ogni facciata l’autore stesso ha però ricavato un perfetto riquadro che, divenuto specchio di scrittura, regolarmente, contiene 16 righe. E va aggiunto che a confermarci di essere di fronte a un testo definitivo è l’estrema rarità di cancellature e dunque di varianti interne. Solo nei pochissimi casi in cui, per distrazione, fosse stata dimenticata una parola, Nievo ha infatti provveduto ad aggiungerla nell’interlinea.

Edizioni Giustamente presentata con la scritta “romanzo inedito”, la princeps è costituita dall’edizione (filologicamente pregevole) uscita nel 1956 per i tipi dell’editore fiorentino Felice Le Monnier a cura di Carlo Buscetta e Vincenzo Gentili, i quali dichiararono di essersi serviti di un autografo messo a loro disposizione da Antonio Nievo (e che, beninteso, è per l’appunto quello qui descritto). A seguire

Antiafrodisiaco per l’Amor platonico, a cura di Sergio Romagnoli, Napoli, Guida, 1983. Per mia cura, e all’interno della “Edizione nazionale” avviata dalla veneziana Marsilio, è ora in corso di stampa l’edizione critica, che ovviamente prevede l’integrale conservazione di tutte le anomalie ortografiche, morfologiche, e anche

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sintattiche di matrice dialettale che, notoriamente attestate nell’intero corpus degli scritti nieviani, sono presenti in quest’opera giovanile con un tasso di frequenza particolarmente accentuato. Armando Balduino


Ritratto a olio di Ippolito Nievo in divisa di Cacciatore delle Alpi, chiuso in cornice dorata con rose scolpite, eseguito da Giacomo Albè. Sul retro epigrafe di Carlo Leoni, cugino di Bice Gobio Melzi

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Tre disegni autografi, a matita, (cm 23x15) che raffigurano uno scorcio di: Babadello, Taranto e Otranto. A lato l’autore aggiunge: I. Nievo copiò

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Immagine d’epoca su supporto ligneo che reca l’indicazione: Le tre maghe di Grado. Le dame che ispirarono la novella sono le due contessine Cassis e Antonietta Apolloni Filippetti

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Foto d’epoca, Formato Gabinetto, di Ippolito Nievo in divisa di colonnello dei garibaldini. Sul retro, vergata da Ippolito, la data: Palermo 19 febbraio 61. Probabilmente è la foto annunciata dal Nievo nella lettera alla cugina Bice Melzi Gobio, che reca la stessa data

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Uniforme di Ippolito Nievo custodita in Marsala presso casa Caimi

Modellino del piroscafo Ercole in bottiglia, eseguito a Trieste nel 1966 dal cap. R. Muntjan

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Le Confessioni d’un Italiano Ippolito Nievo 1857 - 1858

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Mantova, Biblioteca Comunale Teresiana, ms. 1029.1-3 (I.I.12); 1857 dicembre - 1858 agosto; mm 212x167 (v. 1, c. 1); numerazione che ricomincia per ogni volume: v. 1, controg.-I-III, cc. 118, I’-controg.; v. 2,

controg.-I-II, cc. 120, I’-controg.; v. 3, controg.-I-II, cc. 119, I’-controg.; numerazione complessiva dei fascicoli in cifra arabe, a penna (illeggibile per il fasc. 4 e assente per il fasc. 5): 1-324, 422, 524; 61024; 11-1224, 1320, 1428, 1523; margine

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destro di mm 30 (v. 1, c. 1), mentre la scrittura occupa tutto il restante spazio; evidente al centro dei fogli la plicatura sia in senso orizzontale che verticale. Titolo e indicazione del volume in numeri romani, sul recto della guardia


che precede l’inizio del testo; a c. 1r del v.1 viene replicato il titolo che, come le indicazioni delle partizioni dell’opera in capitoli poste a centro pagina, è variamente sottolineato. Legatura in cartone telato nero; la tela è stata

integrata in sede di restauro ai margini e sui dorsi, che presentano solo residui di una decorazione dorata costituita da doppi filetti formati da puntini, evidentemente con numerazione in cifre arabe dei volumi caduta,

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salvo che per il v. 1. I tre quadernetti rappresentano la bella copia del testo licenziato dall’autore, e sono pertanto il testo di riferimento per le edizioni critiche dell’opera. Una nota a matita di Ada Sacchi


Simonetta, posta sul contropiatto anteriore del primo volume, informa che i tre manoscritti furono dati in deposito dal maggiore Ippolito Nievo, il 4 novembre 1913. La notizia fu immediatamente ufficializzata in una seduta della Commissione di Vigilanza della Biblioteca e diffusa a mezzo stampa sui tre principali quotidiani locali, in un comunicato in cui fu richiamato il precedente arrivo delle due tragedie Spartaco e I Capuani (cfr. BCMN, Arch. Stor. Atti, 1913 novembre 4, 1493/116, ecc.). (v. 1, cc. 1-118; v. 2, cc. 1-120; v. 3, cc. 1-119) Ippolito Nievo, Le Confessioni d’un Italiano

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Le Confessioni di un Ottuagenario Ippolito Nievo 1867

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Le Confessioni di un Ottuagenario di Ippolito Nievo. Firenze, presso l’editore Successori Le Monnier, 1867, 2v.(XVIII°, 498, 596 p.),18 cm Fondo Famiglia Nievo

Il romanzo, scritto tra il 1857 e il 1858, con il titolo Le Confessioni d’un Italiano, non trova subito accoglienza presso gli editori per il carattere fortemente politico. L’opera esce postuma, sei anni dopo la scomparsa dell’autore, ma l’editore Le Monnier, a cui Nievo si era già rivolto ricevendone un rifiuto, accetta di pubblicarla modificando in parte il titolo. L’amica poetessa Erminia Fuà Fusinato, a

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cui si deve questa prima edizione, compose per l’occasione una poesia che gli editori decisero di premettere all’opera. “Questi versi compiono i brevi cenni biografici raccolti, e sono, come a dire, una degna cornice al quadro meraviglioso di tante vicende che raccoglieva in questo volume il Nievo, con felicità di successo straordinario innestando alla fantasia la storia.”


Le Confessioni d’un Italiano Ippolito Nievo 1931

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Illustrazione del Gustavino (cap.I, pag. 3)

Le Confessioni d’un Italiano di Ippolito Nievo. Prima edizione critica collazionata sul manoscritto, a cura di Fernando Palazzi, con 232 illustrazioni e 22 tavole fuori testo di Gustavino. Milano, Edizioni Fratelli Treves, MCMXXXI – X, XXXVI, 585 p., 34,5 cm Fondo famiglia Nievo

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Per questa prima edizione critica, gli editori Treves, Treccani, Tuminelli, hanno scelto un volume di grande formato che meglio potesse accogliere le tantissime e belle immagini e le tavole fuori testo del Gustavino (Gustavo Rosso). Il volume è preceduto da una lunga introduzione del curatore che si conclude con un apparato critico delle precedenti edizioni dell’opera. Al termine, e prima dell’indice, il curatore pone il prospetto delle varianti, capitolo per capitolo, dando conto così delle differenze dal manoscritto.



Illustrazione del Gustavino (cap.III, pag. 65)

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Annullo postale per le celebrazioni del centenario della morte del poeta garibaldino Ippolito Nievo (1861-1961) Edito a cura del Dopolavoro Filatelico Numismatico Enal - Udine

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Ringraziamenti

La Fondazione Nievo ringrazia per la disponibilità e la preziosa collaborazione:

Maurizio Fallace – Direttore Generale MIBAC – DGBID Stefano Trimarchi – Funzionario Amministrativo MIBAC – DGBID

Romano Vecchiet – Direttore Biblioteca Civica “V. Joppi” Udine Francesca Tamburlini – Resp. Sezione Manoscritti e Rari Biblioteca “V. Joppi” Federica Pellini – Sezione Manoscritti e Rari Biblioteca “V. Joppi” Marco Biscione – Direttore dei Civici Musei di Udine Tiziana Ribezzi – Conservatore del Museo Etnografico del Friuli Lo Staff tecnico dei Civici Musei di Udine: Denis De Tina, Veniero De Venz, Marco Visintini

Irma Pagliari – Dirigente settore cultura, turismo e promozione Comune di Mantova Cesare Guerra – Responsabile Servizio Biblioteche Raffaella Perini – Coordinatrice Biblioteca Comunale Teresiana

Un ringraziamento particolare va al Prof. Armando Balduino e al Dott. Carlo Jovine

Si ringrazia per il contributo alla stampa la Fondazione Crup di Udine




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