alta e i giocatori, per il ritmo incalzante che bisogna mantenere, sono come in apnea; il punto finale è il punto della vittoria, in cui si può liberare la tensione del gioco. L’espressione originale (quella con cui si è guadagnato il punto) può rimanere la stessa, ma può anche subire un allungamento per: -
giustapposizione comune: «(a)la móra», «alóra»;
-
se il punto è stato molto combattuto, la tensione può essersi
accumulata a tal punto che il vincente prorompe in una bestemmia, che può essere «dio porco», «porco dio», «ostia», ecc.; -
aggiunta di altre parole che possono essere trasformazioni delle
parole che costituiscono l’espressione, giustapposizioni in rima o per analogia. Per esempio: -
trento redento redentissimo;
-
cater caroboline mate;
-
larga baracca e burattini;
-
cik ciok ciak;
-
sette bianche le tette.
L’entità dell’innalzamento di tono e l’ampiezza del prolungamento dipendono (ovvero sono direttamente proporzionali a) da quanto è stato combattuto il punto in questione.288 3.3.2.2. La prosodia delle espressioni di chiamata Nel paragrafo “Il ritmo di battuta” abbiamo sottolineato come nel gioco della móra sia essenziale che gli sfidanti mantengano lo stesso ritmo di battuta che, ricordiamo, è 1/1. Se ritmo delle chiamate è, e deve essere, lo stesso, la varietà delle espressioni di chiamata che abbiamo appena visto impone di analizzarne la 288 parleremo più approfonditamente dell’ultima battuta nel paragrafo “Lo sguardo: battuta iniziale e battuta finale”.
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