Il canto della Balena

Il canto della Balena

Federico Buscaglia Nuova Accademia di Belle Arti Graphic Desing & Art Direction 1

1

Il canto della Balena

Nuova Accademia di Belle Arti – Milano Diploma accademico di 1° livello del corso di Graphic Design & Art Direction “Il Canto della Balena” Docente referente: Sergio Agazzi, Antonio Anaclerio.

Federico Buscaglia - matricola: 7958C Anno accademico 2018/2019 1

Il canto della Balena si propaga dai fondali marini fino alla superficie, stride all’orecchio di chi mal pensa ed emoziona chi sa ascoltare; comunica un bisogno con eleganza.

1

SOMMARIO

05

INTRODUZIONE

06 IL PENSIERO CHE DEFINISCE LA RIQUALIFICAZIONE URBANA Il bisogno di rivalutare una zona.

La legge della multicultura.

L’arte di cambiare.

17

STREET ART Street culture.

Street Icon.

24

L’INFLUENZA DELLA PUBBLICITÀ Guerrilla Marketing.

27

LA RIQUALIFICAZIONE URBANA IN ITALIA Arte Muraria: Nascita ed espansione.

L’arte di strada Italiana.

32

LE CITTÀ SIMBOLO Roma.

Milano.

Bologna.

Napoli.

40 GLI ARTISTI DEL PANORAMA ITALIANO Blu. Ericailcane.

Millo.

Jorit.

Ead Crew.

2

LA RIQUALIFICAZIONE URBANA NEL MONDO Danimarca.

Cile.

Cina.

48

IL COLORE: L’ARMA CONTRO LA RASSEGNAZIONE

53

IL PASSATO DI LORETO

56

L’IMMIGRAZIONE A NORD DI LORETO Loreto oggi.

L’esempio Isola.

NoLo.

58

LA STATISTICA DEL QUARTIERE Infografica.

70

IL LUOGO ADATTO

74

L’IDEA PROGETTUALE

78

COMUNICAZIONE A COLORI

81

SPAZI A TEMA La balena.

Il Biscione.

Sotterraneo.

85

UN PROGETTO SOSTENIBILE

96

CONCLUSIONE

98

BIBLIOGRAFIA 101 SITOGRAFIA 102

3

Reggio nell’Emilia, Ex Officine Reggiane, 2019.

4

INTRODUZIONE Un colore o un segno danno vita ad un linguaggio; tutti e due insieme sono l’inizio di una rivoluzione. Inventare o riprodurre queste forme per uno scopo etico e socialmente utile è per un grafico l’eccellenza del suo mestiere. Alla base di questo procedimento c’è indubbiamente una grande curiosità per le tecniche e i linguaggi e gusto per la sperimentazione che si nutre attraverso l’umiltà di un’apertura mentale molto ampia, non accontentarsi mai e saper spaziare da un’ambito all’altro con facilità. L’ispirazione garantita dal senso profondo di ogni cosa e concepire idee come una partecipazione al miglioramento del vivere, un passo avanti per tutti, un avanzamento concreto, una presa di coscienza dei problemi esistenti. È importante sentire che la tecnica è uno strumento per trasmettere cultura, un forte mezzo per coinvolgere le persone. L’abilità di questo mestiere è utilizzata daalle più grandi aziende per far presa sulle masse e spingere i loro prodotti ad un’esposizione massima; viene quindi messo in secondo piano il pensiero che promuove la cultura fra i popoli promuovendo la commercializzazione su larga scala. Con la diffusione tecnologica, il mestiere di grafico ha rivoluzionato il modo con cui finalizzare un progetto, la tecnologia ha ottimizzato il modo di lavorare e cambiato il modo di vivere e di

interpretare la vita. Intendere la grafica come tecnicismo per la comunicazione in generale è diventato ormai un meccanismo involontario: la maggior parte delle persone pensa la grafica sia una parte consistente di operazioni commerciali senza fini culturali.

La grafica come mezzo per implementare la cultura, trasformare un luogo promuovendo un processo evolutivo di qualità puntando all’innovazione o anche una semplice esplosione di colori nel grigiore dell’ambiente cittadino può migliorare la giornata di tanti.

Lo scopo è dimostrare come l’uso della grafica sia importante non solo digitalmente ma fisicamente per molte persone: il colore migliora la vita e la salute delle persone, crea spazi capaci di allontanare lo stress quotidiano al contrario della tecnologia che facilita la vita, la cambia ma non necessariamente la migliora.

5

Il pensiero che definisce la riqualificazione urbana Una zona di periferia, un quartiere, il retro di un palazzo, un vicolo, insomma qualsiasi luogo abitato merita attenzioni e cura e penso che la grafica possa dare una grossa mano alla crescita degli ambienti urbani e aiutare a superare le difficoltà che li opprimono. La prima domanda che ci si pone è: “Perché una zona cittadina in difficoltà dovrebbe avere bisogno di una cosiddetta rivalutazione urbana dal punto di vista grafico per superare la miriade di difficoltà che la circondano ogni giorno?” Se si pensa alle città europee e alle sue periferie oggi possiamo trovare le stesse difficoltà, più o meno marcate, in ognuna di esse: non c’è nazione al mondo che non si sia trovata a dover affrontare i problemi delle periferie urbane, divenute in alcuni casi una vera e propria piaga sociale.

IL BISOGNO DI RIVALUTARE UNA ZONA Un filo conduttore che lega le zone periferiche delle città nel mondo è la difficoltà economica e la forte diversità etnica degli abitanti. Il miglioramento della condizione estetica di queste zone può influire su vari aspetti della quotidianità dei locali o di chi solamente ci transita. In situazioni come queste l’arte e la grafica applicata sono il mezzo migliore per mandare un messaggio, per raccontare una storia, un simbolo di unione tra molteplici etnie, ad esempio, per il riscatto di quartieri abbandonati al proprio destino.

Dunque può dare la possibilità di restituire

6

ai territori la propria identità e porre le basi per uno sviluppo urbano futuro. L’utilizzo dell’arte o della grafica per rivalutare una zona urbana è più diffuso negli altri stati Europei e negli Stati Uniti d’America che in Italia, dove invece non è una pratica frequente se escludiamo alcune delle principali città e qualche caso isolato di provincia. Fino ad ora in Italia si è preferito pensare a processi di rigenerazione urbana in senso ampio, cioè processi che devono presentare caratteristiche inderogabili, e produrre effetti misurabili.

Cosa si intende per effetti misurabili?

Significa agire sulle infrastrutture materiali ed immateriali della zona in questione quali viabilità, scuole, riqualificazione degli edifici in disuso, potenziamento delle organizzazioni del terzo settore, creazione di partnership tra gli operatori commerciali, intermediazione tra investitori in real-estate e proprietari degli immobili. È normale pensare che una completa rivalutazione del territorio ha lo scopo di migliorare gli aspetti sociali, politici, economici e culturali, quindi nel pianificare una riqualificazione è importante tenere conto che la rivalutazione della zona a livello estetico, senza dubbio porterebbe attenzione a livello mediatico e sensibilizzerebbe le istituzioni verso i reali problemi della zona in questione, come la criminalità, la carenza dei servizi di trasporto pubblico, l’incuria nella manutenzione edilizia e delle aree verdi con lo scopo di migliorare la situazione. Insomma la riqualificazione urbana ha il potere di innescare questo meccanismo. All’interno di un obiettivo di riqualificazione, le iniziative di arte urbana, non devono essere considerate come un risultato finale, un punto d’arrivo o un’unica azione conclusiva; al contrario devono posizionarsi come elemento di supporto, integrato e attivatore di processi di rigenerazione a largo spettro e multisettoriali.

613 W Pender St, Vancouver, Canada, 2019.

7

LA LEGGE DELLA MULTICULTURALITÀ Un intervento mirato a dare identità in queste situazioni non è certo semplice da ideare e l’arte dà una grossa mano ad amalgamare le molteplici diversità di un quartiere multietnico cittadino.

Ci sono due termini interessanti, uno è senza dubbio multiculturalismo, ovvero la trascrizione oggettiva di una realtà di fatto, della compresenza su uno stesso territorio di diversi popoli, etnie, lingue, valori.

Secondo il vocabolario della lingua italiana, il termine multiculturalismo può essere “in molti casi usato anche per descrivere lo stato delle società occidentali moderne, definito dalla presenza simultanea di una pluralità di gruppi differenti che fungono da base per l’identificazione, il riconoscimento e l’orientamento dell’azione dei loro membri.”

Una politica multiculturale si concentra su iniziative pubbliche miranti a farsi carico della diversità culturale all’interno della società per riconoscerla, tollerarla e, se possibile, incoraggiarla. L’altro termine è intercultura, che a differenza del primo ha una valenza più progettuale e ha come fine l’incontro attivo tra soggetti portatori di culture differenti, aperti al dialogo, disposti a modificare e a farsi modificare.

L’intercultura è orientata all’arricchimento reciproco finalizzato alla convivenza pacifica e alla ricerca collettiva di soluzioni appropriate per far fronte alle difficoltà 17 Neal’s Yard, Londra, 2016.

8

del multiculturalismo. Più in particolare, aver chiara consapevolezza dei caratteri storici e dinamici della propria e dell’altrui cultura, degli elementi di permanenza e di trasformazione, degli aspetti di complessità, di processualità, di interazione che collegano culture diverse, le distanziano e le differenziano ma anche le unificano e le integrano. Dall’intercultura si crea la transcultura, cioè la capacità di muoversi all’interno di diverse culture senza essere totalmente assorbiti da nessuna di esse; il che è possibile solo quando riconosciamo ogni cultura come espressione di un Daning Road, Jin’An District, Shanghai, China, 2018.

Campus in University of Melbourne, Melbourne.

9

fondamento comune a ciascun uomo.

Certo potersi muovere con facilità tra le diverse espressioni delle società umane significa aver colto a pieno i principi dell’intercultura e saperli esprimere nelle diverse situazioni di incontro con l’altro.

L’intercultura quindi richiede di fare i conti con le proprie contraddizioni interne e di rimuovere le gabbie concettuali che distinguono le “nostre” dalle “loro” pratiche.

La necessità di interrogarsi sui propri limiti, di confrontarsi per arricchirsi di nuovi elementi e di cambiare senza perdere la propria identità di riferimento.

Questo è il pensiero che ogni popolo dovrebbe adottare, per migliorare la convivenza e incrementare il valore del paese in un epoca in cui è diventato fondamentale affrontare la globalizzazione delle culture.

Se la situazione locale è fortemente multiculturale bisogna cercare prima di tutto un rispetto reciproco che favorisca la creazione delle basi per una futura unione e questo compito può essere benissimo affidato a degli artisti, che raccogliendo le idee, i pensieri, gli stati d’animo, la realtà e la storia locale riescano a mettere tutti d’accordo riassumendo tutto in un’opera.

Williamsburg, Brooklyn, NewYork, USA.

10

Mosca, Russia.

11

L’ARTE DI CAMBIARE Il miglioramento estetico di una zona deve nascere con l’idea di mandare un messaggio: la bellezza estetica ha funzione di messaggero degli abitanti, generando una comunicazione che ha il compito di colmare il vuoto che c’è tra popolo e istituzioni.

E se è l’arte che si occupa di dare forma al messaggio, ci sono diversi modi per rendere il suo contenuto accattivante, unico e memorabile. Uno di questi è la street art.

Un luogo ha la capacità di migliorare da ogni punto di vista se consente una buona convivenza fra le culture che lo abitano; il rispetto è alla base di ogni rapporto umano, a partire dalle persone con cui vivi, con cui lavori fino alla comunità in cui abiti; e quest’ultima in particolare, cresce con la creazione di spazi verdi, l’ideazione di attrazioni comuni, murales e colori che portano insieme alla bellezza del luogo anche l’unione della gente. Questi miglioramenti rendono la zona più bella e instaurano immediatamente il concetto di una nuova identità nella mente di chi la abita e di curiosità in chi vi transita, e possono contribuire ad eliminare i pregiudizi che un quartiere “difficile” porta con sé.

Un’opera artistica potrebbe rivalutare un’intero quartiere; questo è già successo dove le amministrazioni locali hanno provveduto a riqualificare alcune zone urbane con la collaborazione di street artists

12

Miami, Wynwood Walls, 2018.

famosi che, impreziosendo la facciata di qualche vecchio immobile con i loro murales, ne hanno fatto aumentare di molto il valore. L’esempio di Wynwood, quartiere di Miami, che fino a qualche anno fa era un quartiere abitato prevalentemente da portoricani e, per questo motivo, chiamato El Barrio: un’area industriale colma di magazzini non proprio raccomandabile.

A metà degli anni Duemila si mosse un movimento artistico che portò Tony Goldman, immobiliarista con la passione per l’arte e proprietario di una vasta zona nel distretto, di porre le basi per realizzare la

Maya Hayuk-Bonnarroo Music & Arts Festival

Wynwood che conosciamo oggi.

Con l’idea dei Wynwood Walls mette a disposizione un complesso di edifici con muri molto alti e senza finestre per essere colorati con murales enormi. Oggi Wynwood è il più grande “street Artist museum” al mondo e ha portato molti turisti, studenti d’arte e curiosi da tutto il mondo, oltre che artisti veri e propri che partecipano lasciando la loro opera su questo grande viale. Passeggiarsi è un’esperienza unica, l’arte è fondamentale ma da qualche anno sono nati piccoli negozi, bar, temporary store e

Pigalle, Parigi.

13

ristoranti che hanno fatto di quella zona una vera e propria zona turistica. Come tutte le iniziative di successo, anche questo quartiere ha attirato l’attenzione di molti speculatori: gli affitti sono aumentati, alcune delle gallerie meno prestigiose hanno lasciato il

Londra, Hackney, 2016.

14

posto ad attività commerciali più redditizie.

Molti artisti hanno spostato i loro studios in zone più economiche.

Non tutti però ne traggono beneficio anzi c’è chi ne è penalizzato perché l’aumento del valore di un immobile comporta l’aumento

Pink Street, Lisbona, 2018.

Barracas, Buenos Aires, Argentina, 2018.

di valore anche degli immobili limitrofi, così come di conseguenza l’aumento degli affitti e in generale del costo della vita che costringerebbe gli abitanti storici meno abbienti a trasferirsi in quartieri più economici. È il caso di un abitante storico del quartiere londinese di Hackney, ai tempi tipica zona problematica e con un livello economico-culturale molto basso, che indirizzò una lettera di disaccordo contro un opera murale di Banksy. Quella lettera spiegava come il prestigio di quel dipinto ha portato aveva messo in difficoltà gli abitanti del quartiere perché aveva addirittura fatto innalzare il costo della vita degli abitanti oltre che dell’immobile su cui era stata compiuta. Ora il quartiere di Hackney, riqualificato completamente in occasione delle Olimpiadi di Londra 2012, gode di questa nuova veste che richiama turisti da vari paesi oltre che dal centro

città. Questo fenomeno detto di gentrificazione è stato introdotto in Inghilterra cinquantasei anni fa e deriva dalla parola gentry che identifica la piccola nobiltà inglese. Descrive esattamente i cambiamenti fisici e sociali di un quartiere popolare che sono seguiti all’insediamento di un nuovo gruppo sociale di classe media. Attenzione però: questi cambiamenti non si verificano solo nelle periferie urbane, ma anche nei centri storici e nei quartieri centrali, che subiscono un certo degrado da un punto di

15

vista edilizio e con costi abitativi bassi.

Nel momento in cui queste zone vengono sottoposte a miglioramento grazie a restauri o innovazioni, tendono a far affluire nuovi abitanti ad alto reddito e di conseguenza ad espellere i vecchi abitanti con reddito basso, i quali non possono più permettersi di risiedervi.

Per evitare malintesi fra artista e popolo, una soluzione potrebbe essere quella di comunicare e trovare attraverso un colloquio preventivo alla progettazione un accordo sul da farsi. Una sorta di compromesso fra le due parti, finalizzato a ideare insieme l’opera artistica che vestirà il quartiere e ottenere un lavoro originale sul piano estetico-espressivo che implichi da parte dell’osservatore una collaborazione sul piano interpretativo.

Se i fruitori, siano passanti o locali, non subiscono il lavoro artistico come un’imposizione o “violazione” dei propri spazi, ma partecipano attivamente al progetto di rigenerazione urbana, allora la si può considerare come un fenomeno di interesse sociale, una pratica di ricollocazione identitaria collettiva.

North Vancouver, Canada.

16

Street Art I lavori artistici su parete hanno origini antiche: si va dall’uomo preistorico ai giorni nostri.

Certo molti stili e significati sono cambiati in base all’evoluzione della vita dell’uomo e specialmente con la nascita della società moderna i significati sono diventati sempre più interessanti; gli artisti hanno sempre qualcosa di nuovo da comunicare e il muro è uno dei mezzi più usati per veicolare il loro messaggio. Non si ha la certezza di quando esattamente sia nata la street art, nemmeno quando questo appellativo sia stato dato a quel movimento che , discostandosi dal graffitismo che mira alla stilizzazione del lettering attraverso l’unico utilizzo di vernici, usa diverse tecniche e sperimentazioni per la rappresentazione visuale degli elementi in ambito urbano. “Arte di strada” è il nome dato dai mezzi di comunicazione di massa a quelle forme di arte che si manifestano in luoghi pubblici, spesso illegalmente, nelle tecniche più disparate quali, sticker art, stencil, proiezioni video, sculture ecc.

STREET CULTURE La sostanziale differenza tra la Street Art e i graffiti, come anticipato, è che la prima si occupa di veicolare un messaggio sotto forma di dipinto, immagine o istallazione, mentre i secondi sono complicati esercizi di stile che comportano lo studio di nuove forme di rappresentazione delle lettere dell’alfabeto con l’obiettivo di dimostrare le qualità tecniche del writer. Per i graffitisti l’incomprensibilità del lettering diventa un valore, una necessità dovuta al tentativo di creare un codice “riservato” intelligibile solo dagli appartenenti al proprio “gruppo culturale”, alla propria “tribù”. Il punto di incontro che spesso fa omologare le due discipline rimane il luogo e alle volte alcune

modalità di esecuzione. Gli autori si servono dell’intera città per manifestare la propria creatività, trasformando gli edifici e gli oggetti stradali come cassonetti, tombini, dissuasori di sosta, idranti ecc in supporti per le loro opere. Le qualità estetiche della street art non risolvono tuttavia il problema dell’illegalità del fenomeno, che viene spesso paragonato ad atti di vandalismo, ma quasi in tutti i casi viene accolto favorevolmente dai residenti e dall’opinione pubblica. In fondo le espressioni stilistiche della cosiddetta street art hanno una ragion d’essere profonda e intrinseca nella società a differenza di altre forme, come ad esempio il Writing che ha un codice interno chiaro

17

per chi lo pratica e agisce con un metodo politicamente scorretto, a cui manca la forza di attrarre una grossa fetta di popolazione nel modo giusto e porre l’attenzione su diversi aspetti della vita in zona, perché ha come unico scopo la consacrazione del nome d’arte di chi disegna, detto Tag. La sua unità di misura è lo stile con cui vengono rappresentate le lettere che compongono la Tag e non hanno un significato intrinseco. Può essere

“Girl With Balloon”, Banksy, South Bank, London, 2004.

18

considerato un atto egoistico più che artistico, questo porta indubbiamente opinioni contrastanti. Le città sono riempite da innumerevoli segni comunicativi di cui solo una minima parte viene considerata come vera arte. La situazione è quindi confusa ed è difficile trovare un parere oggettivo sul concetto di street art, portando spesso alla tensione con gli organi istituzionali, che generalizzano il fenomeno e tentano di arginarlo. Alcuni la praticano

come forma di sovversione, di critica o come tentativo di abolire la proprietà privata, rivendicando le strade e le piazze, altri più semplicemente vedono le città come un posto in cui poter esporre le proprie creazioni e in cui esprimere la propria arte. La street art offre infatti la possibilità di avere un pubblico vastissimo, spesso maggiore di quello di una tradizionale galleria d’arte, insomma è stato ribaltato il concetto di città.

Non solo il muro che delinea e divide la città viene cosparso di colori, ma anche tutto ciò che fa parte dell’arredo urbano diviene spunto per gli artisti, dando a loro nuovi significati. Molti artisti scelgono la città come luogo d’espressione, rivalutandola per sentirla propria cercando di esplorare le potenzialità nascoste della zona urbana, trovando una prospettiva in cui vengono esposti nuovi livelli semantici urbani e nuovi modi di interpretare la città. La libertà creativa è decontestualizzata rispetto ai tradizionali ambienti accademici, in questo modo crea un contatto più intimo fra l’autore, la città ed i suoi abitanti. Il suo scopo non è quindi economico, ma essenzialmente comunicativo.

“Well Hung Lover”, Banksy, Bristol.

19

STREET ICON Dopo tanti anni di arte di strada ci sono state diverse varianti e tecniche usate per aumentare la percezione di significato e colpire chi guarda; uno di quei artisti che ha cambiato il modo di vedere la street art è Banksy. Di lui si sa davvero poco, tanto che anche la sua identità è sconosciuta, molte supposizioni portano ad identificarlo col nome di Robert Gunnigham, ma niente è ancora certo. Solamente una cerchia di persone a stretto contatto lo conoscono e sanno quello che incuriosisce milioni di appassionati d’arte. È nato a Bristol e perciò incomincia agendo sul territorio anglosassone, la tecnica che usa è caratterizzata da stencil e segue le regole classiche dell’Aerosolart. Le opere colpiscono molto grazie a quello che rappresentano perché hanno in sé un forte significato e ciò ha contribuito al suo grande successo; si può dire che con le sue opere Banksy ha fatto in modo che la street art facesse sentire la sua voce al mondo intero. La maestosità dei suoi interventi urbani difficilmente rimane inosservata, l’estetica delle sue opere ha sensibilizzato anche la gente comune, al di fuori dal mondo dell’arte, ma una delle caratteristiche che ha reso famoso Banksy è stata anche la sua abilità ad entrare nei musei più importanti del mondo e appendere alcune sue opere tra le altre già presenti senza permesso. Spesso sono passati

20

“Naufrago bambino”, Banksy, Venezia.

giorni prima che qualcuno si accorgesse dell’intrusione. Nei primi anni duemila si comincia a parlare di “Banksy effect” grazie alla disseminazione di stencil nelle strade di Londra che diventano in pochissimo tempo un vero e proprio cult, portando una vera ondata di street art non sono in Inghilterra ma nell’intera Europa, dove la corrente attira in strada ondate di artisti.

Nelle sue opere ciò che davvero colpisce è la precisione maniacale per i dettagli con cui rappresenta i suoi personaggi oltre che alla loro dimensione fedele alla realtà. Le scene di vita invece sono contrapposte alla realtà

“Parachuting Rat”, Stencil, Banksy.

e fanno riflettere dando una via di fuga al pensiero standardizzato moderno, trasmette sempre un messaggio politico-sociale, i suoi temi prediletti fanno pensare ad una sua ferma posizione contro la guerra, in difesa dei diritti delle persone più deboli ed in difficoltà. Nelle sue opere riconoscibili sono i rats, ispirati a colui che è stato citato come padre degli stencil, il francese Blek le Rat, topi che dominano nei suoi lavori, identificabili come animali da epidemia, la cui presenza è rivoltante e spaventosa, come un potere che Banksy volesse affidare ai cittadini come per spronarli e convincerli che nonostante siano ai margini della società, potrebbero far paura alla classe dominante. Gli interventi di Banksy diventarono subito dei fenomeni virali e mediatici anche grazie alla diffusione dei cellulari con videocamere e il sempre più facile accesso a internet. Il suo tipo di arte ha evidenti legami con la pop art, il graffitismo, la controcultura della contestazione artistica e la subcultura punk, ponendosi però in un nuovo livello a cavallo tra comunità sociale e mondo dell’arte, rivolto in modo equo verso gli artisti, verso i fruitori dell’arte e verso i non addetti ai lavori.

Un altro artista che si è fatto strada in questa nuova ondata di arte da stencil “Sweep It Under The Carpet”, Banksy, 2010.

21

è indubbiamente Shepard Fairey a.k.a.

Obey: background da skater con un ottimo intuito per l’autopromozione. È riconosciuto grazie al suo marchio rappresentante la stilizzazione del volto del famoso wrestler Andre The Giant con sotto la scritta Obey.

Questo artista ha suscitato interesse e curiosità quando agli inizi incollava il suo simbolo adesivo alle pareti con la scritta “Join the posse” o “Andre the Giant has the posse”. Una mossa astuta e ben mirata a suscitare non solo scalpore, ma anche curiosità su cosa stesse cercando di dire: infatti ben presto il fenomeno si estese.

Obey stesso ha dichiarato che lo sticker non ha alcun significato, è stato fatto apposta per essere guardato, suscitare curiosità nelle masse e spingerle a cercare un motivo sul web. Si nota come egli sia stato bravo nel promuovere la sua figura, nel farsi pubblicità da solo. La tecnica gli è infatti valsa un primo successo, perché seguendo le regole di un bombardamento virale incollando i suoi stickers ovunque nelle città degli Stati Uniti ha saputo attirare l’attenzione su di sé. È stato anche protagonista della campagna elettorale di Barak Obama alle presidenziali: suo è il cartellone che rappresentava il futuro presidente con la scritta “Hope”e che è stato considerato come il più influente poster della storia americana dopo quello dello Zio Sam.

Shepard Fairey, “Obey”, Vienna.

22

Shepard Fairey, “Obey”, Las Vegas.

23

L’influenza della pubblicità Dal 2004 abbiamo assistito ad una sorta di rivoluzione nel modo di fare pubblicità. Alcuni brand hanno incominciato ad utilizzare il “Marketing non-convenzionale” che in poco tempo si è diffuso in modo contagioso tra le agenzie pubblicitarie. Si è arrivato a questo semplicemente perché c’era un forte bisogno di svecchiare il modo di fare comunicazione da parte delle aziende, soprattutto quelle italiane, ancora legate ad approcci tradizionali.

Il termine non-convenzionale associato al continuo cambiamento, porta l’arrivo di una nuova stagione creativa che abbandona i vecchi schermi, quello che è non-convenzionale oggi potrebbe non esserlo domani, un metodo che impone la non riproducibilità di modello.

GUERRILLA MARKETING Nello specifico questo metodo nonconvenzionale si chiama Guerrilla Marketing, nasce dalle controculture comunicative degli anni Novanta e Duemila ed è a tutti gli effetti una strategia. Ha l’obiettivo di ottenere un buon risultato con risorse limitate, adatto quindi a tutti quegli imprenditori, ad esempio giovani e startup, che non possiedono ingenti somme da destinare alla pubblicità, ma è anche utilizzato dai grandi brand che vogliono coinvolgere il consumatore in esperienze inusuali e sorprendenti che mantengono impresse nella memoria il ricordo di un prodotto. Come nel caso della campagna Unicef “Be a mom for a moment” in cui una carrozzina da neonato apparentemente abbandonata per strada invita alla sensibilizzazione dei passanti facendoli

24

riflettere sull’abbandono dei minori.

Un altro esempio è il famoso contenitore di patatine di McDonald’s dipinto in mezzo ad un’attraversamento pedonale, dove le patatine simulano le strisce pedonali nelle strade di Zurigo. Un progetto di marketing non-convenzionale ha come obiettivo la creazione di aspettative ancora prima del lancio del prodotto sul mercato e, rispetto alle classiche strategie di marketing, è più vantaggioso dal punto di vista economico perché richiede minori costi e punta a coinvolgere emotivamente il pubblico, assorbe le tecniche e gli approcci non convenzionali che puntano alla visibilità, allo stupore, alla meraviglia.

Insomma quando il marketing si traveste da ragazzo alternativo e gira per la città con stencil e bomboletta spray cercando

di promuovere un brand si sta parlando di Guerrilla Marketing. Il Guerrilla Marketer invece può definirsi in un certo senso uno Street Artist che lavora per i brand, un’artista che ha assimilato i linguaggi espressivi dei massimi esponenti della Street Art e li mette in pratica per conto di un’azienda.

Questa figura inventa sempre nuove strategie per mettere in scena la “guerra”, deve rinnovarsi di continuo, senza cadere nella banalità di linguaggi già usati in

passato, e deve dare il giusto slancio al suo brand, colpendo dritto al cuore del pubblico. La filosofia del Guerrilla Marketing è strettamente collegata a quella della street art proprio perché questo mondo di artisti sovversivi è diventato una fonte inesauribile di creatività per il mondo dell’advertising non convenzionale che utilizza proprio le stesse tecniche come: stencil, graffiti, murales, stickers, istallazioni urbane, laser tags e video mapping. street art e advertising

Campagna pubblicitaria e azione di Guerrilla Marketing, Coop’s Paints.

25

sono due mondi che nascono con principi completamente diversi, quasi opposti.

La street art ha dentro di sé quel sentimento di sovversione, di protesta e di libera espressione artistica mentre l’advertising è una specie di suo antagonista, quello che “mente”, che ci ha sempre mostrato un mondo fatto di felicità apparente e che ci vuole tutti consumatori di massa.

I due mondi si sono uniti in un’insolita fusione, dove legale ed illegale si incontrano, dove nessuno sa più se si tratta di un artista o di un brand, dove street art e guerrilla si fondono in un’unica identità.

Guerrilla Marketing, Mastro Lindo.

26

Guerrilla Marketing, “IT” Il film.

La riqualificazione urbana in Italia ARTE MURARIA: NASCITA ED ESPANSIONE Il “muralismo”, vale a dire quella forma d’arte figurativa realizzata principalmente sulle superfici murarie esposte al pubblico, nasce in Messico nei primi anni del novecento.

Siqueiros, Rivera e Orozco sono i tre maggiori esponenti di questo modo di esprimersi.

Loro intendevano il murales come un’arte pubblica utilizzabile dalla collettività e legata ai problemi reali della gente. I temi dominanti nei loro murales sono, infatti, la libertà,

la rivoluzione, la giustizia sociale e tematiche più strettamente legate alla realtà messicana e all’America latina.

La diffusione in tutto il Sud America è esponenziale, per la chiara posizione politica presente negli stati di quella zona, infatti il murale si diffonde perché è una forma di manifestazione immediata, chiara ed elementare; il tema è svolto da sinistra verso destra su di una fascia lunga e stretta, i segni sono semplici e i simboli di facile interpretazione. In quegli anni i principali artisti, intellettuali e attivisti culturali ovviamente si trovano in disaccordo con il regime e si trovano costretti a emigrare negli USA, quando nel 1930 e si ha la prima esportazione del murales. Negli anni Settanta questa cultura arriva anche in Europa, in particolare Francia e Italia. Un gruppo di artisti arriva in Sardegna si insedia a Villamar, paese del Campidano dove ha espresso su muro i suoi lavori il maestro Antioco Cotza. Alla fine degli anni Settanta, la vasta produzione degli

L’arte muraria in Sardegna.

27

L’arte muraria in Sardegna.

esuli cileni e soprattutto i numerosi murali realizzati da Antioco Cotza e Antonio Sanna hanno trasformato Villamar in un paese museo. Hanno continuato a dipingere anche nel resto della Sardegna, sempre credendo nei loro ideali, raccontando storie di paese e onorando gli abitanti più valorosi che hanno conosciuto, come detto proprio dal maestro Antioco Cotza in una recente intervista: “I miei dipinti sono rappresentazioni della realtà e hanno il ruolo di controinformazione sia di carattere politico, sia di carattere sociale; dove non arriva la stampa, dove non arriva la televisione arriva il murales. Tutto questo è necessario perché non tutto viene detto, non tutta la verità è completa; io attraverso il colore trasmetto un messaggio, un’idea,

28

un valore e attorno ad esse si discute e pone delle domande alla popolazione che può così prendere parte alla discussione.” Dai primi murales che privilegiavano come tema i messaggi densi di forti componenti sociali e legati all’attualità e alla rappresentazione di paesaggi, località, usi e costumi del luogo si è passati a nuove tendenze che reinterpretano il murale in chiave astratta e ambientale. L’opera dei murales svolge una funzione nuova, diventa elemento di arredo urbano per iniziativa degli amministratori e, svuotati della componente ideologica vengono dipinti persino sulla facciata dei locali pubblici e degli esercizi commerciali.

L’atteggiamento della popolazione risulta sostanzialmente favorevole alla presenza delle pitture, ormai identificate come un

prodotto della cultura proprio in virtù delle tematiche prevalenti e dei richiami alle tradizione locali. In Italia, la Sardegna è stata la prima ad usare questo tipo di elementi grafici e molti sardi sentono il graffito come parte della loro cultura perché rende il posto in cui vivono diverso dagli altri, più colorato, più vivo.

L’ARTE DI STRADA ITALIANA L’avvento della street art in Italia è preceduta da tre fasi di adattamento popolare nelle città. Si deve partire proprio da qualche decennio dopo la seconda guerra mondiale quando, in seguito al boom economico e alla crescita costante della popolazione che si è insediata principalmente nell’hinterland, si è venuta a creare la questione periferie.

Negli anni Settanta inizia la prima fase di riqualificazione urbana, dettata da un nuovo bisogno popolare di riappropriazione degli spazi simbolo dell’identità cittadina, con l’intenzione di risanare la zona dei centri storici ancora in difficoltà. Il progresso tecnologico spinge alla delocalizzazione e allo spostamento al di fuori del centro, di attività storicamente legate ai nuclei centrali come industrie e attrezzature che non trovano più posto nei fitti centri storici.

Intervenire su queste zone vuote e aree liberate facendole diventare oggetto di nuove sperimentazioni con l’obiettivo di creare sviluppo e sostenibilità dà il via alla seconda fase di rigenerazione urbana; siamo già negli anni Ottanta. Nelle periferie intanto ingenti flussi di popolazione provenienti dai piccoli centri, portatori di valori e risorse, si sono scontrati con una nuova visione del tessuto urbano che prevedeva alta densità, stretta connessione casa-lavoro, attrezzature e spazi collettivi lontani dalle quotidianità cui erano abituati. Vengono

“Hunting Pollution”, Iena Cruz, Pittura Airlite, Roma.

29

costruiti grandi quartieri residenziali che a causa della speculazione edilizia, mediocre progettazione architettonicourbana e latente gestione dei servizi, hanno contribuito a un peggioramento della qualità della vita delle comunità, conducendo a fenomeni di disagio e fragilità sociale. La terza fase di rigenerazione urbana, iniziata negli anni Novanta è attualmente ancora in corso, ma la situazione sta cambiando: è sorta e si sta sviluppando la voglia di combattere queste criticità e problematiche diffuse con il sostegno dell’inclusione sociale, facilitando l’accesso ai servizi e all’innovazione promuovendo nuovi usi degli spazi urbani. Negli anni zero, parecchi Writers si allontanano dai graffiti uscendo dal gioco delle tag per produrre lavori con significati forti su muri adottando la tecnica stencil o poster per ottenere un riscontro maggiore in termini di pubblico. Questo cambio di direzione porta ad un’affiliazione fra artisti di strada, fotografi, poeti ispirati da valori in contraddizione con il sistema standard dell’arte. Lo stesso movimento in Italia si manifesta ovviamente dove già negli anni precedenti al XXI secolo era comparso il fenomeno del graffitismo, nelle principali città quali Milano, Bologna e Roma. La street art che nasce sul territorio nazionale

30

Ericailcane, Milano

contemporaneamente in questi tre luoghi, ha portato benefici in diversi quartieri, ed è certamente un’arma da non sottovalutare. Prendendo sempre più le distanze da una visione di marginalità e illegalità, anche grazie alla qualità delle opere e dei messaggi raffigurati, essa acquisisce l’approvazione collettiva come elemento che qualifica il tessuto edilizio e acquista un chiaro peso all’interno del dibattito comunicativo legato all’arte contemporanea. Dal forte impatto espressivo, accessibile, gratuita e in grado di migliorare le qualità estetiche dello spazio urbano, ben presto da opera spontanea si candida ad offrirsi quale “intervento su commissione” nato da iniziativa di soggetti privati o pubblici.

Intercettando i bisogni e la domanda di qualità estetica espresse dalle comunità locali, entra così di diritto fra gli interventi maggiormente apprezzati per la riqualificazione urbana di periferie, aree dismesse, spazi non utilizzati ed edilizia degradata. Sono numerose e in continuo aumento, le iniziative pubbliche o promosse in partnership fra pubblico e privato, che sostengono e finanziano interventi di arte urbana, entrando a pieno titolo fra gli strumenti più noti, utilizzati e innovativi dei processi di rigenerazione urbana contemporanea.

31

Le città simbolo L’Italia intera custodisce tante opere degne di nota riguardanti la street art; basti pensare al paesaggio Palermitano in Sicilia, o dall’altra parte a Grottaglie in Puglia che ha ospitato il Fame Festival trasformandosi in un museo a cielo aperto. Anche nel nord Italia spuntano fantastici affreschi adottati per la riqualificazione di zone urbane e edifici; Padova e Reggio Emilia ne sono l’esempio. Genova espone tre chilometri di murales in via Aldo Moro, con il progetto Walk The Line che è nato appunto con l’intento di trasformare le strutture portanti di questa arteria stradale in una galleria d’arte a cielo aperto, la più lunga d’Italia. Nelle principali città italiane si possono trovare le migliore opere del nostro territorio.

Roma In questi ultimi anni è noto a tutti che Roma, la città eterna, un tempo definita “Caput mundi”, soffre, i cittadini sono in perenne lamentela contro le istituzioni a causa della mala gestione dell’amministrazione comunale. Ci sono stati però diversi interventi positivi di riqualificazione di quartieri degradati, nati dalla collaborazione tra l’Assessorato alla Cultura, Creatività, Promozione Artistica e Turismo e street artists locali e internazionali.

Il progetto “San Saba” ha dato vita nei quartieri di Rebibbia, San Basilio e Pietralata ad opere di street artists diversi che hanno decorato a dovere le zone ottenendo parecchi consensi tra l’opinione pubblica, onorando

32

il progetto iniziale che non si componeva di soli murales ma cercava di entrare nel cuore della gente, portando laboratori per ragazzi, condivisione, sogni, desideri. Anche la zona industriale romana ha cambiato volto grazie al colore sulle strade: l’arte di strada ha completamente rinnovato il quartiere, quest’operazione ha ispirato gli artisti a creare giochi di forme e colori tra i palazzi facendo diventare il quartiere Ostiense il più ricco di opere di tutta Roma. Il quartiere Trullo si è liberato della fama negativa che lo accompagnava uscendo allo scoperto con una fioritura di murales, poesie, versi in romanesco e scalinate multicolore realizzate con pennarelli, spray e vernici.

Hitnes, San Basiglio, Roma.

33

Milano Milano è una perfetta simbiosi tra vecchio e nuovo, non solo per la presenza di edifici storici e palazzi di vetro che compongono lo skyline ma per un vero e proprio “svecchiamento” dato dalla moltitudine di graffiti colorati che tappezzano la città.

A partire dalle case che costeggiano il Naviglio Pavese fino ad arrivare alla Conchetta si può notare una vasta varietà di colori: l’iconica facciata del centro sociale Cox 18, realizzata da Blu, e una “costellazione musicale”, appunto commissionata per la Music Week, del gruppo Orticanoodles giusto più avanti, utilizzando vernici spray fluorescenti che la rendono fruibile anche di notte dando l’impressione di trovarsi realmente di fronte “Cucimilano”, Millo, Milano.

“W.A.L.L.”, Eron, Milano.

34

ad una costellazione. Nella zona attorno alla Fondazione Prada si sviluppa un punto di riferimento per l’arte contemporanea con le opere di artisti come 2501 e Zed1. L’opera “Cucimilano” di Zed1, ad esempio, è diventata famosa per il dibattito polemico a causa di un cartellone pubblicitario inglobato nella stessa opera che avrebbe rischiato di scomparire se il sindaco non si fosse pronunciato a favore dell’artista facendo preservare l’opera nella sua interezza. Proseguendo fino a piazza Cinque Giornate dove si trova Love Seekers di Millo, un’opera che fa parte del progetto di riqualificazione chiamato “Il giardino delle culture” che ha restituito ai cittadini un’area rimasta degradata per anni. A nord della città si trovano pezzi di Microbo, the Don e Bo130, precisamente nel quartiere Isola.

I tre artisti creano inventano e insieme trovano il connubio perfetto e una sintonia fra gli elementi notevole pur mantenendo ognuno la propria individualità. Lì vicino, a CityLife, zona famosa per i suoi grattacieli e per la sua impronta moderna, si trova un intervento murale tra i più grandi del mondo, chiamato W.A.L.L. ovvero Walls Are Love’s Limits realizzato dall’artista romagnolo Eron. Mille metri quadrati di rapimento visivo. Una parete come un miraggio, soglia monumentale tra la realtà percepita e quella intuita, tra lo spazio concreto e il nascosto. L’immagine dal forte significato politico, vuole far riflettere su tutti i muri eretti dalla società nel tempo.

“Giardino delle culture”, Millo, Milano.

35

Bologna La città di Bologna è un luogo importante per la street art in Italia, si trovano opere espressive e cariche di significato, come il ritratto del partigiano William Michelini a cui è stato intitolato il Centro Gorki.

Molto particolare la torre dipinta da Loris Dogana che si innalza nel cielo quasi mimetizzandosi grazie al disegno che colora il cemento riprendendo le chiome degli alberi, le nuvole e il cielo come metafora del energia inquinante che si trasforma in energia pulita. Sui muri dell’Università di Bologna e in Piazza Verdi ci sono le opere di critica politica e sociale realizzati dal Collettivo Universitario Autonomo.

Via Stalingrado è stata colorata da artisti di tutto il mondo, le raffigurazioni oltre a parlare della città, rendono omaggio allo street artist Bansky, a Lucio Dalla e a John Lennon. La via continua fino ad arrivare al ex-zincaturificio abbandonato e poi riqualificato e trasformato in un museo che ribadisce la missione che ha questa forma d’arte di reinventare gli spazi e restituirli alla comunità, un’arte che appartiene alla strada, al popolo, un’arte a disposizione di tutti. La differenza fra le altre città e Bologna è che in quest’ultima si respira un’aria diversa, l’arte è vista essenzialmente come arma di protesta politica, i cui

principi e valori che essa trasmette sono fondamentali e imprescindibili.

Basti pensare che nel 2016 la mostra Street Art. Banksy & Co. che aveva uno scopo decisamente non in linea con il pensiero degli artisti di strada, ovvero quello di togliere le opere dalla strada per preservarle dal degrado urbano, temporale e umano, provocò l’indignazione degli autori delle opere di strada contrari a questa ideologia al punto che Blu, decise di cancellare le suo opere dalla città gettandoci sopra della vernice grigia in segno di protesta.

Insomma l’idea è chiara e l’arte non è un concetto sfruttabile dalle istituzioni, l’arte è sfogo per chi la fa e sollievo per chi si ferma ad ammirarla.

Andrea Casciu e Nemo’s, Bologna.

36

EricaIlCane al Festival “Pennelli Ribelli”, Bologna.

37

Napoli Napoli non sfigura in mezzo a tutte queste città e si difende con armi magnifiche, la città è colma di opere artistiche su muri antichi del centro, palazzi popolari e zone degradate. L’antico, il moderno, il sacro e il profano mescolati per raggiungere un risultato unico, tanti i simboli con molteplici i significati. Jorit, famoso artista italiano, dedica una delle sue opere all’amato Maradona, una al tanto nominato San Gennaro e un’altra al rimpianto Massimo Troisi, tre simboli di Napoli, ancora più importanti per il popolo napoletano.

I vicoli dei quartieri spagnoli sono illuminati dal sapiente uso dei colori forti di dipinti a muro, un esempio è l’opera di Roxy in the

box raffigurante San Gennaro e Caravaggio con in mano rispettivamente Il sole 24 ore e il New York Times in pose del tutto comuni, il santo con un piede appoggiato al muro e il pittore con il piede sopra ad un Super Santos il pallone più iconico usato dagli scugnizzi di quartiere. A Napoli ha lasciato la sua impronta il celebre Banksy: l’unica sua opera italiana, si trova proprio in Piazza dei Girolamini e raffigura una Madonna con una pistola al posto dell’aureola, provocazione che indica il legame profondo tra criminalità locale e la religione. L’opera è a pochi metri da una finestra votiva con la Vergine Maria, un’accostamento dal grande impatto emotivo oltre che dal valore intrinseco.

“San Gennaro”, Jorit, Napoli.

38

“Niccolò”, Jorit, Napoli.

“Maradona”, Jorit, Napoli.

39

Gli artisti del panorama italiano Blu Non si sa molto di lui se non che viene dalle Marche. In queste tre lettere si cela l’identità di uno dei più celebri e acclamati Writer di sempre; è diventato famoso a livello internazionale grazie ai suoi lavori che esprimono un chiaro messaggio di denuncia contro la società moderna e mostra le persone che ne fanno parte e subiscono i canoni di una società sbagliata alla base.

I suoi personaggi rappresentano l’uomo medio, che subisce i valori malsani che gli vengono imposti.

Ogni punto dipinto da Blu non è casuale ma il pensiero dietro la figura illustrata ha forti legami con il luogo in cui nasce l’opera. È un artista nomade, viaggia per il mondo e ci lascia il segno; ovviamente anche in Europa ha lasciato le sue tracce, in Italia è nota la sua realizzazione

40

della facciata del PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano.

La lista dei luoghi visitati da Blu impressiona per la sua vastità, ma altrettanto vasta è la produzione che Blu dedica agli sketchbook, dove raccoglie i suoi schizzi, appunti visivi che spesso fungono da aiuto per le improvvisazioni su parete.

I murales di Blu interpretano il linguaggio architettonico dello spazio pubblico, per ripensarlo e reinventarlo. Tutte le sue opere sono fruibili gratuitamente, per strada o online. L’aspetto economico derivante dall’attività dell’artista è legato soprattutto alla vendita di opere multiple, quali serigrafie e stampe nelle poche gallerie virtuali che lo rappresentano ed al commercio di pubblicazioni unicamente autoprodotte.

“Utopia”, Blu, Berlino.

41

EricaIlCane Un altro artista molto schivo e riservato è Ericailcane.

Non rilascia mai interviste e non va in televisione; lascia parlare, o meglio urlare, solamente le sue opere. È senza dubbio uno dei più interessanti e originali artisti della scena, e il maggior esponente del capoluogo emiliano. Usa la stessa tecnica di Blu, pennelli su lunghi bastoni; i due sono amici e hanno viaggiato per il mondo insieme. Nei suoi lavori sono presenti uomini sotto forma di animali; per esempio c’è la volpe che rappresenta la furbizia, il coniglio codardo, la pecora come concetto di massa, lo scarafaggio ed il ratto come rifiuto della società, l’asino con la sua ignoranza. La sua foresta è tecnicamente curata con un tratto delicato e affascinante: anche lui come Blu ha abbandonato i trascorsi da Writer per portare nuovi concetti nelle più grandi città in tutto il mondo.

Landing page, EricaIlCane.org.

42

Millo Francesco Camillo Giorgino nasce nel 1979 ed è uno tra i migliori street artists italiani; i suoi lavori sorprendono per l’uso di solo due colori principali, il bianco e il nero, che vengono intervallati da lampi di colore molto accesi. I suoi murales rappresentano sempre un contesto cittadino in cui è presente un oggetto o una forma di un colore sgargiante. Nel corso della sua carriera artistica ha avuto l’opportunità di realizzare opere esposte a Roma, Milano, Bologna, Firenze, Londra, Parigi, Lussemburgo e Rio de Janeiro.

La sua è una ricerca estetica del tutto personale che pone l’accento sulla fragilità dell’esistenza umana in relazione al contesto che la ospita, un approccio dimensionale che indaga non solo ciò che ci circonda ma soprattutto ciò che si cela dentro ognuno di noi.

Affresco per Madama Hostel & Bistrot, Millo, Milano.

43

Jorit Jorit, all’anagrafe Jorit Ciro Cerullo è uno street artist italiano di madre olandese; è stato citato dai più grandi notiziari e testate giornalistiche mondiali per il suo talento di cui ha lasciato traccia in quasi tutti i continenti. Incomincia come Writer, e quando viene a contatto con i movimenti no-global e di rivendicazione dei diritti sociali, cambia la sua arte affinando uno stile figurativo, dettagliato e realistico.

L’attenzione di Jorit si concentra esclusivamente sulla raffigurazione realistica del volto umano che incomincia a marchiare con due strisce rosse sulle guance, rimando a rituali magici e curativi africani. Si rifererisce alla scarnificazione, rito che autentica il passaggio dall’infanzia all’età adulta legato al momento simbolico dell’ingresso dell’individuo nella tribù. Le città che ha visitato dispongono oggi delle raffigurazioni di persone, abitanti del luogo, marchiate tramite il rito pittorico e fatte così entrare a suo dire nella ”Human Tribe”. Si possono ricordare ad esempio i simboli di Napoli come San Gennaro o Maradona, o il ritratto dello scugnizzo Nicolò. In ogni raffigurazione sono nascosti nomi, parole o simboli che l’autore lascia appositamente e che completano l’opera dal punto di vista umano.

44

“Nelson Mandela�, Jorit, Firenze.

45

Ead Crew È il gruppo che ha riunito molti Writers storici nella zona di Padova, attivi dal 1991. Lavorano a livello internazionale ma sono vicini al loro territorio cercando di renderlo un posto migliore dal punto di vista abitativo proprio con la street art che funge da strumento per la valorizzazione, il restyling e la riprogettazione creativa di alcuni scorci cittadini carenti dal punto di vista estetico.

Sono un gruppo originario del Veneto e come collettivo operano spesso in collaborazione con il Comune e la Provincia di Padova per la riqualificazione urbana, soprattutto contribuendo a cambiare il pensiero che la gente comune ha nei confronti dei Writers, rendendoli figure qualificabili come artisti riconosciuti e non più fuorilegge o vandali.

Addirittura c’è chi ha dipinto la volta di una chiesa, come Eron. Dice Axe di lui : «Se penso al Giotto del 2000, mi viene in mente Eron». Alcune loro azioni in diverse zone del padovano si sono svolte volontariamente nei weekend affinché i cittadini potessero ammirare le loro evoluzioni e potessero conoscere e appassionarsi ai loro progetti con la possibilità di guardarli più da vicino.

I componenti della Crew sono: Alessio-B, Axe, Boogie.Ead, Gabriele Bonato, Joys, La cremerie, Made514, Orion, Paolo Psiko, Peeta, Roule, Tony Gallo, Yama.

Murales 3D, Peeta, Campobasso.

46

La Crémerie per la “Biennale di Padova”, Abano Terme.

Murales 3D, Peeta, Roma.

47

La riqualificazione urbana nel mondo Ogni città al mondo ha avuto la necessità, prima o poi, di recuperare aree del suo territorio cadute in condizioni di abbandono o di degrado e riportarle ad essere parte integrante di una città a misura d’uomo, non solo dal punto di vista dell’intervento strutturale ma con lo scopo di miglioramento della qualità della vita nel rispetto dei principi di integrazione culturale e sostenibilità ambientale. Grazie alla collaborazione con Studi di architettura, Studi grafici, gruppi di artisti e designers d’arredamento urbano si sono raggiunti risultati davvero interessanti con valore sia funzionale che artistico. Questi risultati si distinguono dalla sola opera di street art pura e semplice per l’interazione che le persone hanno con l’area di progetto. La street art urla un messaggio, la riqualificazione urbana mette alla prova l’integrazione sul campo e sfida le difficoltà di una zona cittadina per portare innovazione e per migliorare la qualità della vita di chi vive tutti i giorni il quartiere.

“Black Zone”, Superkilen, Copenaghen, Danimarca.

48

Danimarca Un esempio forte che possiamo trovare in Europa è quello a Copenaghen, nel quartiere periferico di Norrebro con il parco urbano lineare Superkilen: grande cuneo in lingua danese. Il risultato si è dimostrato molto più di un intervento di architettura del paesaggio e di riqualificazione di una periferia. ll quartiere di Norrebro è una zona difficile, popolata da immigrati di diverse nazionalità, con culture e religioni diverse. Il progettista Bjarke Ingels, fondatore dello studio danese BIG ha curato la parte architettonica, il gruppo Superflex ha progettato la parte artistica e i tedeschi di Topotek1 hanno studiato il paesaggio. Il progetto prevedeva la riqualifica di un’area di scarso valore urbanistico e allo stesso tempo voleva essere l’occasione per creare dialogo e confronto tra i vari abitanti della zona. La zona è stata suddivisa in tre parti contraddistinte da tre diversi colori: quella occidentale in rosso per la pavimentazione della piazza in cemento e anti-urto color vermiglio, quella centrale in nero anch’essa per il colore dell’asfalto e caucciù di cui è rivestita, e la terza è la zona verde del parco. Per favorire l’integrazione i tre progettisti hanno previsto di inserire qua e là nell’area almeno un oggetto per ognuna delle cinquantasette comunità che vivono

a Norrebro. Si posso trovare, ad esempio: una fontana a forma di stella di David, un’insegna con la mezzaluna araba, delle sedute latino-americane, tavoli da pic-nic dall’Armenia. Queste aree comunicano fra di loro grazie alla pista ciclabile a due corsie che le collega e vuole essere anche un invito rivolto alla popolazione ad usufruire di un mezzo ecologico, sostenibile e salutare.

“Red Zone”, Superkilen, Copenaghen, Danimarca.

49

Cile La città di Santiago, in Cile, ha da qualche anno trasformato una delle sue strade più frequentate con lavori di street art.

Il progetto intitolato Paseo Bandera ha alla base l’uso di colori per la creazione di un murales esteso sulla pavimentazione dell’intero viale. Questo progetto non doveva essere un’opera permanente: Bandera Street era stata chiusa al traffico per permettere i lavori di costruzione della metropolitana e in quel frangente è stata trasformata dall’artista Dasic Fernández in un’opera d’arte urbana come poche al mondo, tanto che ora sia i cittadini che il sindaco sperano di mantenerlo. L’intero progetto da cinquecentomila dollari è stato finanziato da sponsor privati che come contropartita hanno potuto inserire i loro loghi nell’opera d’arte. Completato da spazi verdi, portabici e posti a sedere, la grafica è stata dipinta direttamente sull’asfalto, una distesa di quattrocento metri color arcobaleno con illusioni tridimensionali dove ogni sezione rappresenta un pezzo di storia cilena, la sua cultura e un futuro colorato.

Paseo Bandera, Santiago, Cile.

50

Cina Mianyang, Cina. La società “100architects” ha recentemente completato Pixeland, un colorato spazio pubblico che comprende una combinazione di diverse strutture.

Il progetto si ispira al concetto digitale di pixel, ovvero il più piccolo campione indipendente di un’immagine. L’area di svago e relax è stata studiata e divisa in quadrati, ognuno di un colore e una funzione diversa. In ogni quadrato si possono trovare giochi per bambini, panchine, tavoli, sedie, piccoli prato, tappeti elastici eccetera. Fra le attività per il tempo libero, Pixeland possiede una vasta gamma di attività ludiche per i più piccoli, che culminano nel parco giochi a tema; il cavallo voxelato è l’attrazione principale

ed è situato nel mezzo della piazza. Questi piccoli spazi multicolore, ciascuno con un’attrazione diversa dall’altra, offrono una vasta gamma di divertimenti in uno spazio limitato. La piazza a scacchi è stata sviluppata su diversi livelli, fornendo un’interessante topografia artificiale che cresce in altezza dalle sponde verso il centro dando vita ad una collina, dove il cavallo voxelato è stato strategicamente posizionato sulla cima. Gli spazi nella zona centrale misurano tutti cinque metri per cinque, mentre i quadrati negli spazi della zona periferica sono dimezzati per riuscire a coprire più spazio possibile. Il risultato è una grande collina colorata, un punto di riferimento visivo del quartiere che attira molte persone e riesce a intrattenerle grazie alle sue multifunzionalità.

Progetto “Pixeland”, Mianyang, Cina.

51

“Pixeland”, Mianyang, Cina.

52

Il colore: l’arma contro la rassegnazione L’influenza del colore sugli uomini è da sempre molto forte: il colore esercita una sorta di attrazione che può far nascere sensazioni ed emozioni contrastanti.

Abbiamo imparato a conoscere ad esempio il potere calmante del blu, l’aumento della concentrazione dato dal colore verde e l’effetto attivante del colore rosso. I colori che compongono le immagini che troviamo per strada ci orientano, ci emozionano, si legano a noi e segnano un ricordo, perciò caratterizzando i muri della città la rendono nostra.

Le immagini si impongono all’attenzione degli studi sociali come le più adeguate per una corretta rappresentazione della complessità del reale.

La creatività cromatica si espande nella metropoli come nella mente degli individui che si lasciano attrarre dallo spettacolo che generano i colori.

Il colore spruzzato nelle strade le avvolge e crea uno spazio vissuto, il colore dunque comunica un messaggio libero da ogni forzata interpretazione, ma in sé fortemente espressivo.La complessità sociale di una zona non è più esprimibile in numeri: anche le forme sequenziali del linguaggio e della scrittura diventano inadeguate. Sono le immagini che danno forma e significato alle parole, le immagini commentano la forma scritta, senza di loro non si potrebbe dire niente, senza scrittura le immagini comunicano da sole, basta guardare i muri e i mezzi di trasporto di qualunque città. wijdesteeg street, amsterdam, olanda.

53

54

PRO G ETTO : I L CA N TO DELLA BALE N A

55

Il passato di Loreto La zona di Loreto si trova a nord di Milano, è sorta al di fuori delle mura della città ed è diventata nei secoli parte integrante della stessa. In quell’area, intorno al Cinquecento, di significativo si trovava solamente il Lazzaretto e una chiesa, quella della Madonna di Loreto in mezzo a poche case, circondate dalla campagna piana e nebbiosa che dominava il territorio.

Questa zona considerata off limits, in quanto malsana per la presenza del Lazzaretto, ha visto il passaggio di tanti governatori, duchi e nobili che ne hanno cambiato man mano la forma e le sembianze, un cambiamento radicale se si considera come era il quartiere secoli fa. Dal 1782 la piccola cerchia che raccoglieva la città di Milano inglobò quello che stava al di fuori delle sue mura: tra questi anche la zona di Loreto che venne in tempi più recenti denominata Zona Due secondo la suddivisione delle circoscrizioni municipali. Se guardiamo dall’alto la città si possono notare tre cerchi concentrici di strade che avvolgono Milano; sono il risultato delle

Il Lazzaretto, 1906, Milano.

56

Piazzale Loreto, 1920, Milano.

mura della città costruite e a sua volta demolite nel corso del tempo. La prima cerchia, la più piccola e più centrale, è la “cerchia dei Navigli”: quelle che oggi sono strade asfaltate, prima del 1929 erano canali che riutilizzavano i fossati circostanti le mura medievali. La seconda cerchia è stata costruita sotto la dominazione spagnola di Milano nel Cinquecento e se ne possono vedere ancora oggi alcuni resti. Lungo questa cerchia si distribuiscono le varie Porte di ingresso e di uscita della città, con la funzione di immettere i viaggiatori sulle principali vie di comunicazione che giungevano a Milano. La terza cerchia è chiamata “Circonvallazione esterna”, è stata costruita in seguito al primo piano regolatore della città progettato nel 1889. Anch’essa alberata, è la più estesa in lunghezza e anche in larghezza per la particolare presenza della corsia centrale destinata ai mezzi pubblici con a lato i controviali per le auto.

Queste tre cerchie ora hanno un ruolo fondamentale per la viabilità della città ed è facile spostarsi da una cerchia all’altra grazie alle vie di comunicazione impostate come raggi di una ruota che si propagano dal centro fino all’esterno di Milano. Nella zona di Loreto le mura spagnole aprivano l’ingresso in città con Porta Venezia: situata in zona Nord-Est; comunica con Corso Buenos Aires che fa da collante fra seconda e terza cerchia.

57

L’immigrazione a nord di Loreto Nel corso dei secoli Piazzale Loreto è diventata un luogo simbolo di Milano e della storia italiana, rondò storico per ciò che è successo sul finire della seconda guerra mondiale.

Dopo la liberazione di Milano la piazza venne intitolata per un breve tempo al ricordo dei quindici partigiani fucilati e fu così chiamata piazza dei Quindici Martiri; qualche tempo dopo riprese la sua precedente denominazione. Questo piazzale è da sempre un grande snodo per la viabilità cittadina, ospita la stazione omonima della Metropolitana milanese, molto

Gli anni Sessanta in Città , Milano, 1963.

58

frequentata e incrocio tra linea M1 e linea M2. Le vie che confluiscono in Piazzale Loreto sono Viale Andrea Doria, che ha il suo inizio nei pressi della Stazione Centrale, e Corso Buenos Aires, che è l’arteria principale di collegamento tra il centro città e Piazzale Loreto; da sudovest arriva Viale Abruzzi che continua il suo percorso ad est del rondò con il nome di Viale Brianza. Molti viali hanno il punto d’inizio adiacente a Piazzale Loreto; il più importante è Viale Monza che una volta era l’unica strada che collegava Milano alla Villa Reale di Monza.

Al numero due di questo viale è situato un importante edificio chiamato Palazzo di Fuoco, otto piani adibiti ad uffici, un’opera che ha reso ancora più importante la zona e la città.

Nella parte ad est del rondò inizia Via Andrea Costa, parallela di Via Padova; continua poi il suo percorso con il nome di Via Ruggero Leoncavallo, strada che costeggia il cuore del quartiere a nord di Loreto, mix di culture ed etnie diverse. Un’altra via storica che comunica con il piazzale è via Padova: nei primi del Novecento era l’arteria che portava alle osterie

59

e alle case affacciate sul Naviglio, in direzione Monza. Negli anni Sessanta è cresciuta caratterizzandosi come quartiere operaio, popolato di immigrati provenienti soprattutto dalle zone meridionali d’Italia. In quegli anni si era sedimentata nel tessuto sociale una nuova criminalità. La nuova malavita agiva nella notte milanese truffando nelle bische, nei night club, nei circoli privati. Era una criminalità diversa da come la intendiamo oggi, nata con l’intento di ottenere denaro da furtarelli per riuscire a campare e inganni per ottenere soldi facili nei circoli privati locali; la mala è poi sfociata con il passare del tempo in altre situazioni più pericolose. Principalmente gli affari vicini alla Ligera, nome dato a quella forma di delinquenza tutta milanese composta da piccoli gruppi di criminali che agiva a quei tempi in città, erano costituiti dal controllo del gioco d’azzardo, della prostituzione, furti e rapine.

La Ligera era conosciuta da tutti come l’organizzazione a delinquere di Milano; nelle osterie dell’epoca le persone improvvisavano versi narranti le vicende della Mala, le orrende situazioni che si venivano a creare e le persone che ne rimanevano danneggiate.

Queste canzoni sono state riprese da figure di spicco come Ornella Vanoni, Nanni Svampa, Giorgio Gaber e Enzo Jannacci che le hanno reinterpretate facendole uscire dal contesto cittadino portandole ad un livello di popolarità nazionale.Un simbolo che caratterizzava la Mala milanese era la custodia di violino nel quale Luciano Lutring teneva le sue armi.

60

Gli immigrati dal meridione nei pressi di Loreto, Milano, 1950.

61

Una data da ricordare è il 1958, anno in cui sette banditi compirono quella che La Notte, giornale di Milano, definì la “Rapina del secolo”. Accadde in Via Osoppo, un portavalori trasportante un bottino di oltre 614 milioni di lire fu fermato dai banditi che riuscirono a portare a casa il bottino senza nemmeno sparare un colpo; il furto riuscì solamente imbracciando le armi da fuoco e simulando gli spari del mitra con la voce. In quel periodo il banditismo era all’apice e la criminalità dilagava per le strade della città meneghina.

La Milano della Mala ha attraversato un periodo in cui i nomi del calibro di Renato Vallanzasca e Francis Turatello facevano tremare le strade del capoluogo lombardo; verso la metà degli anni Ottanta la città è passata in mano ad altre realtà di stampo mafioso.

La mafia portò nuove regole interne, maggior organizzazione della criminalità e anche altri metodi per guadagnare soldi facilmente trasgredendo la legge come il traffico di stupefacenti; inondando le strade della città con la forza distruttrice dell’eroina.

62

Rapina al porta valori, 1958.

63

Via Padova, Milano, 2019..

Oggi invece Via Padova viene considerata dall’opinione pubblica una zona piuttosto pericolosa e ciò è dovuto in gran parte al sovraffollamento abitativo. Gli appartamenti sono stati affittati per la stragrande maggioranza da proprietari italiani ad immigrati extracomunitari che convivono anche in più di dieci persone in piccoli mono o bilocali di piccole dimensioni.

Ben presto questa situazione di sovraffollamento ha creato disagio sociale e alimentato microcriminalità, spaccio di droga e prostituzione. I condomini di via Padova e della zona circostante si sono trasformati in bunker e centri di smistamento di merci illegali tanto che, circa cinque anni fa, lo Stato insieme al Comune di Milano, ha ascoltato le richieste dei residenti del Municipio Due che lamentavano una situazione di degrado e pericolo e ha fatto intervenire l’Esercito che per circa tre mesi ha presidiato il territorio garantendo una maggiore sicurezza e vivibilità. La presenza temporanea dell’Esercito non ha comunque risolto la difficile situazione del quartiere anche perché la microcriminalità non ha fatto altro che trasferire i suoi traffici illeciti all’interno delle abitazioni.

64

Loreto oggi La zona che inizia da Piazzale Loreto e si estende lungo viale Monza e via Padova è quella che interessa il mio progetto. Perché?

Perché nell’ultimo secolo è stata una zona che ha ospitato molte persone provenienti da fuori Milano. Etnie, religioni e stili di vita completamente diversi hanno dovuto condividere questo spazio che oggi come trent’anni fa è simbolo di diversità e soprattutto di multicultura.

Negli ultimi decenni la Zona Due è diventata un grande melting pot di etnie di paesi in via di sviluppo e asilo per i rifugiati in fuga dalla disperazione del loro paese d’origine. La zona che sorge nell’angolo formato da queste due vie molto popolate è frequente teatro di microreati con episodi anche di entità più preoccupante, situazioni che portano i cittadini comuni ad aver paura nel frequentare il quartiere, soprattutto di sera. In passato questa zona era abitata interamente da una popolazione molto compatta e non incline all’integrazione, il risultato è stato una sorta di autoghettizzazione dei cittadini stranieri. È stato un fenomeno massiccio che ha portato al progressivo abbandono della zona da parte degli italiani e al decadimento delle zone limitrofe in uno stato di degrado al punto di causare un crollo del valore degli immobili locali. I cittadini di Milano si tenevano ben lontani dalla zona a nord di Loreto: si possono trovare alcuni articoli che parlano di situazioni degenerate in strada come accattonaggio, vagabondaggio, la frequente presenza di materassi e coperte poste sui marciapiedi spesso accompagnate da chi ha lasciato il suo misero appartamento per dormire all’aria aperta. Il parco Trotter, giardino dall’inconfondibile conformazione di galoppatoio come da sua destinazione originaria, ha subito un bel cambiamento: da simbolo di una didattica all’avanguardia e di una coraggiosa sperimentazione studiata in tutto il mondo è passato ad essere oggi un luogo noto per il problema della droga e del relativo spaccio.

65

La passerella che da via Borsieri portava in Corso Como, Milano.

Esempio Isola Milano è famosa per il suo cambiamento continuo: ogni zona o luogo all’interno della città, che un tempo venivano descritti come malfamati o poco raccomandabili per un’innalzamento del tasso di criminalità, possono in seguito cambiare e nel giro di qualche anno diventare persino di tendenza. Alcune zone hanno fatto cambiamenti repentini come ad esempio il quartiere Isola, che in passato era un vero e proprio quartiere operaio, grazie alla vicinanza della ferrovia e di grandi aziende. Una zona nata con la costruzione delle rotaie ferroviarie: sorte negli anni fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento hanno contribuito dell’isolamento di questo quartiere separandolo dal centro e configurandolo nel tempo come un paese isolato in mezzo ad una grande città. Nell’ultimo decennio il quartiere è stato sottoposto a una rivalutazione edilizia e ad una forte rivisitazione architettonica che ha contribuito a rinnovarlo e trasformarlo in una zona moderna piena di vita.

Questo cambiamento è probabilmente motivo di gentrificazione, il che senza dubbio ha fatto perdere l’autenticità del quartiere stesso radicalmente trasformato.

66

Stazione di Porta Garibaldi, Milano, 2018.

67

Sottopasso Via Bolzano (NoLo), Milano, 2018.

NoLo Tornando alla zona di Loreto e più nello specifico quella che si estende a Nord del piazzale, come tutti avranno notato ha avuto dei cambiamenti socio-culturali e sta ancora cambiando: è un esempio diverso, ma più interessante di quello che è successo al quartiere Isola.

Ad alcuni piace associare questo cambiamento paragonando questa zona di Milano al Bronx, versione meneghina o ad una SoHo, quartiere newyorkese, le cui iniziali derivano da South of Houston Street. È ancora improbabile che questa zona milanese abbia un’evoluzione come quello che ha avuto il quartiere Bronx a New York; per ora ci sono gli intenti e grande voglia di fare.

Tutti gli accostamenti traggono origine da quello che potrebbe diventare questa zona a nord di Loreto; la multicultura è sintomo di forza se sfruttata in modo positivo, e di potenzialità questa zona ne ha molta se si pensa al suo passato e a chi la abita oggi. Una zona che in questi ultimi anni ha trovato una propria denominazione e sta cercando una propria identità con già discreti risultati. Il nome NoLo, crasi di “North of Loreto”, può trovare la stessa funzionalità

68

sia in inglese che in italiano, “Nord di Loreto”. Una denominazione che porta valori ben precisi, NoLo oggi è un posto dove il miracolo italiano dell’integrazione vuole prendere forma e diventare un dato reale. Per esempio, gli immigrati di nuova generazione e diversa etnia iniziano a collaborare con i cinesi già integrati da anni, si possono notare opere o sculture parecchio esplicite vicino ai luoghi di preghiera musulmani e i lunghi muri imbrattati di scritte si sono trasformati in pareti vivaci ed interessanti tra cui passeggiare.

Tolleranza è la parola che questa zona vuole urlare, e vuole costruire un futuro con essa, situazioni diverse che collaborano e creano insieme qualcosa di nuovo. Una zona che oggi sta vivendo una riscoperta, questa voglia di rilanciarsi e di mettersi in gioco è favorita senza dubbio dall’ambiente internazionale e dai prezzi accessibili degli affitti; tutto questo attira giovani creativi, galleristi, musicisti e pone un terreno fertile per le start up. Non dimentichiamo poi che diversi architetti potrebbero scommettere e progettare su questo territorio. Lo spirito artistico che è nato qui può dare luogo al fenomeno della gentrificazione, ma se questo avverrà sarà di certo un fatto graduale e non improvviso, probabile ma solo in un lontano futuro. Questa ventata artistica è arrivata con l’intento di unire e allo stesso tempo rivalutare la vecchia zona: l’aggregazione è la base per vivere al meglio il quartiere da parte di tutti, soprattutto perché si tratta di una zona veramente cosmopolita.

La balena apparsa a NoLo, Milano.

69

La statistica del quartiere I dati che possiamo consultare riguardo la Zona Due possono farci riflettere sulla forte presenza degli abitanti cosiddetti stranieri sul territorio, e dimostrare che oltre ad essere un dato reale è in netta crescita nel corso degli ultimi anni. Senza contare i residenti di tutta NoLo che come è intuibile non ha confini ben definiti ma è solo una regione teorica, gli abitanti totali nella zona di via Padova e Loreto contano 79.800 persone residenti, di cui circa il 33% è la percentuale di stranieri, cioè 27.100 persone tra gli abitanti della zona.

Murales situato tra Via Padova e Via Prinetti, gruppo di studenti insieme a Pao, Bros, Tomoko, Nagao, Mister Wany, Milano.

70

Se si conta tutto il Secondo Municipio allora vediamo che la popolazione residente è di 162.000 persone, di cui 47.700 stranieri residenti che corrisponde a circa il 30% della popolazione residente totale. Milano oggi in confronto a vent’anni fa si è spopolata, mentre in Zona Due la densità è aumentata, di circa diecimila persone in più rispetto ai dati del 2003.

Si è notato un aumento crescente di anno in anno, ma soprattutto un dato significativo si trova nella diminuzione dei cittadini originari del posto e nel raddoppio degli extracomunitari. Se guardiamo i dati delle nascite possiamo notare che i neonati stranieri sono in maggioranza di circa 107 bambini. Il risultato deriva dalla sottrazione fra le nascite di bambini stranieri: 1.166 meno 1059 (che corrisponde alle nascite di italiani da tempo residenti in zona). La prevalenza sussiste anche tra i giovani fra i venticinque e trentaquattro anni: gli extracomunitari sono 6.326 e i “milanesi” sono 5.570. La popolazione anziana è invece in maggioranza italiana, dato che gli stranieri con più di sessantacinque anni in zona sono solo 400. Il Secondo Municipio della città detiene il record di maggior numero di stranieri con regolare permesso di soggiorno, ed è quindi la zona con la più alta concentrazione di stranieri ufficiali. Stilando la classifica delle nazionalità troviamo che le prime tre posizioni (per numero di abitanti residenti) sono tre nazionalità diverse tra loro per cultura e usanze, e provenienti da due continenti diversi. Al primo posto l’Asia con 8.771 residenti filippini totali, di cui 4.711 femmine e 4.060 maschi. Segue il continente africano che ha portato nella Zona Due ben 7.127 egiziani residenti totali, in maggioranza questa volta il genere maschile con 5.342 abitanti rispetto alle 1.785 egiziane. In terza posizione la Cina con un totale di 5.281 residenti: i due generi qui si equivalgono.

I Bengalesi sono 3.585 e aumentano ogni anno di più: è la popolazione che da dieci anni a questa parte è aumentata maggiormente sul territorio adiacente a via Padova rispetto alle altre nazionalità. Per il Sud America sono 3.071 i peruviani residenti che superano i 1.786 immigrati dall’Ecuador. Il sesto posto lo occupa lo Sri Lanka con 2.788 regolari. Il maggior numero di immigrati che arrivano dal continente Europeo sono originari della Romania, il numero dei residenti romeni nel quartiere è di 2.287 persone.

Con poco più di mille residenti ci sono ancora il Marocco, la Repubblica Dominicana e l’Ucraina che superano le altre centinaia di nazionalità diverse presenti per un melting pot che solo pochi altri posti in Europa possono contare. Se questo sia un bene o una male è solo da scoprire: sicuramente non basta restare a guardare ma la volontà di fare qualcosa per innescare il cambiamento, facendo leva su questa forte mescolanza di etnie e culture diverse, è alla base di quello che potrebbe essere un vero successo.

71

NoLo domina Milano I neonati e xtr ac

La percentuale più alta di cittadini extracomunitari si trova a NoLo, quartiere a nord di Loreto.

i lian ita lli

Parlano i numeri

i sono più d itar iq ue un m o

+107

EXTRACOMUNITARI per Municipio

0 0 0 a b i t a n ti

ri

ta

ac

r

72

29.768

o

20 19

23.400 21.490

NoL

X2

Ext

20.380

iù in p

47.700 omun

10.

30.931

11.868 North Of Loreto

23.400

43.557

33%

i

+400

5

an

ti

-3

ex

25

tra

Tr a i

c o m u n it a ri

+556

m

ni

pre

va l g o n o

s i re

id

en

in

uz

di

m

a

150.000

ante ig r

m

sc

e

io n

e d e i citt a d i n

i

20 03 Cr

N

t et

une m o C Dati no ila di M

Mila n o

ri del pos to ina ig r o

2

20 10

o

Munic ipi

it a

d e ll

zi a p o p ola

on

e

Le comunità più presenti a NoLo

Over 65 son oi Gli n

a italiana rnaz gio ag

Le differneze d’età nel quartiere evidentaziano la maggioranza di anziani italiani; nelle nuove generazioni prevalgono gli extracomunitari.

8.7 K 5.2 K 7.1 K 3.1 K

CINA

EGITTO

FILIPPINE

PERU

La percentuale più alta di cittadini extracomunitari si trova a NoLo.

Abitanti

73

Il luogo adatto La mappa teorica di NoLo si estende all’interno dei confini che partendo da Piazzale Loreto circondano la zona passando per Viale Brianza fino alla Stazione Centrale.

Continua sulla strada che costeggia le rotaie e porta a nord arrivando in Viale Monza fin dopo la stazione della metropolitana di Turro. A nord arriva fino al Naviglio della Martesana e scende in Via Palmanova sorpassando la Stazione Metro di Cimiano fino ad arrivare a Loreto. In questo ultimo tratto dove Via Palmanova diventa Via Ruggero Leoncavallo per poi prendere il nome di Via Andrea Costa ho trovato un angolo di strada che può essere riqualificato e trasformato. Via Leoncavallo inizia proprio con un crocevia che unisce Via Padova col quartiere Casoretto; una zona ai confini di NoLo che è allo stesso tempo vicina a punti strategici del quartiere, a due passi si può raggiungere il parco Trotter per esempio. È una zona strategica e funzionale perché Via Ruggero Leoncavallo si trova ai limiti del Municipio più multietnico di Milano e il mio progetto potrà dirsi partito già dal momento in cui creerà un dialogo di confronto fra i residenti della via e delle zone limitrofe sul tema dell’installazione. Il progetto oltre ad avere lo scopo di portare aggregazione, svago, creatività e arricchimento culturale

74

ha l’ambizione di ricreare un ambiente che accomuna chi ci abita e attragga gli esterni incuriosendoli. Progetti che hanno il compito di rivalutare una area urbana con una combinazione di arte grafica e arredi urbani non sono così comuni sul territorio italiano.

Scorgere tra il grigiore dei palazzi un’ondata di colore, non solo fine a se stesso, motiva l’espressione di valori che accomunano le persone e le portano inevitabilmente a scambiarsi pareri, pensieri, a far nascere discussioni, intrecciando il flusso di idee con il fine migliorarsi come persone, migliorare la vivibilità della zona ed essere vanto per il quartiere stesso.

All’incrocio che segna la fine di Via Andrea Costa e l’inizio di Via Ruggero Leoncavallo si trova una piazzetta che si sviluppa più in lunghezza che in larghezza. Più che una piazza è un’area nata come un’estensione del marciapiede che dalla carreggiata raggiunge l’ingresso dei palazzi che costeggiano la strada. Lo spazio è adibito ad area di sosta ed è insolito vedere una zona relax cittadina costeggiare un’arteria così grossa del traffico milanese, sembra non ci sia lo spazio per trovare tranquillità. Sedendosi tra le varie panchine sparse per la piazzola non sembra di sfuggire nemmeno un po’ allo scorrere del traffico cittadino e quindi diventa più difficile estraniarsi dal logorio del continuo via vai. Vista dall’alto l’area in questione è molto simile ad un rettangolo che a metà si piega leggermente, finendo da un lato con la grossa facciata vuota di un palazzo, mentre dall’altra parte continua con una piccola

I palazzi che circondano La piazzetta, Via Leoncavallo, 1 , Milano.

75

Il muro vuoto, Via Leoncavallo, 1, Milano.

76

rientranza che ha il vertice in direzione di Via Padova. Sul lato più lungo della piazza i palazzi che si innalzano ospitano al piano terra, oltre alle entrate dei condomini, vetrine di negozi come bar, bazar di tappeti, vendite di oggetti da collezione e persino un piccolo supermarket. La pavimentazione è stata interamente rivestita da cubetti di porfido, come la strada che lo affianca parallelamente; la piazza è bordata da un cordolo in granito. All’interno dell’area i sampietrini e altri pezzi di colore più chiaro si intersecano fino a creare una specie di scacchiera. Nella parte più a sud sorge un piccolo edifico circondato da uno spazio vuoto; è un’ascensore per raggiungere in modo più semplice e sicuro la zona del garage sotterraneo, probabilmente utilizzato dagli abitanti e commercianti dei palazzi che costeggiano la piazzetta. Proseguendo verso la facciata vuota si trova un corridoio con due file di arbusti sempreverdi e qualche panchina. Le file non sono folte e la loro disposizione segue l’andamento della piazzetta senza coprire del tutto la strada adiacente e stando a distanza dai palazzi per permettere il libero passaggio ai pedoni; questo spazio è delimitato da una griglia orizzontale calpestabile parallela al palazzo, che consente la comunicazione fra piano interrato e spazio esterno e favorisce la circolazione dell’aria. Alla fine dell’ombra creata dagli arbusti lo spazio si interrompe,

tagliato da una piccola carreggiata che dalla strada principale si immette nel piazzale permettendo alle autovetture di entrare, uscire e cambiare senso di marcia e ai furgoni di poter effettuare la sosta e avere il tempo per poter effettuare lo scarico e carico merci per i negozi che si affacciano sulla piazzetta. Lo spazio troppo limitato non ha permesso alla segnaletica orizzontale di collocare qualche parcheggio per la sosta di auto o quello dedicato al carico e scarico merci; è previsto solo un piccolo tratto di strisce pedonali posizionate in prossimità dell’ingresso dell’uscita dalla zona transitabile dagli autoveicoli e di linee bianche che delimitano lo spazio di carreggiata. Questa stradina, costeggiata da una piccola aiuola con cespugli, gira attorno all’entrata del garage sotterraneo, a cui si può accedere direttamente con l’auto.

Dalla parte opposta dei palazzi la zona è delimitata dal marciapiede che si allunga in un tratto per ospitare la banchina della fermata di autobus e tram di Piazza Durante.

Tutto questo spazio che ho descritto termina con una parete vuota; la facciata cieca di un palazzo che, sporcato da qualche graffito, riempie di un bianco ingiallito la visuale del cielo di chi passa in direzione Cimiano.

77

L’idea progettuale Le intenzioni del progetto prevedono la riqualificazione urbana di questo angolo di strada; sostituendo alcuni elementi e cambiando la disposizione di altri che sono già presenti si può ottenere un risultato che cambia l’aspetto e l’estetica di tutta l’area. L’idea di cambiare radicalmente certi elementi è alla base del progetto; nuovi oggetti d’arredo urbano insieme a una nuova colorazione da applicare alle pareti e alla pavimentazione sono scelti sulla base dello studio del luogo circostante e tenendo ben presente l’opinione degli abitanti riguardo la situazione attuale in cui si trova il quartiere. La direzione artistica per la trasformazione dell’area prevede la messa in opera di un murales che riempia lo spazio vuoto che spicca sulla piazza; l’intento deve essere quello di riorganizzare in una nuova sintesi alcuni elementi e aggiungerne di nuovi per ricreare un’ambiente sereno che isoli dal caos cittadino quotidiano evocando quanto più possibile uno stato di quiete.

Da un lato è necessaria un’area più colorata e dinamica che riesca ad attirare l’attenzione dei più piccoli e non solo; mentre per esigenze logistiche, e per evitare contrapposizioni da parte dei commercianti e degli utilizzatori dei box, la zona in cui possono transitare le auto viene lasciata con quella funzione. Nell’insieme l’area completa è un unione di tre zone differenti sopra le quali spicca il murales sulla facciata cieca del palazzo sul fondo della via.

A destra il progetto mappa planare, di Via Leoncavallo,1, Milano.

78

79

Progetto Sezione prospettica, di Via Leoncavallo,1, Milano.

80

Comunicazione a colori Il murales in questione dovrà essere dipinto sulla facciata vuota del palazzo; quel muro ora vuoto e imbrattato solo da qualche Tag ad altezza uomo ha solamente una piccola finestra che si trova più o meno nel centro dello spazio bianco. Proprio questo spazio ha la stessa funzione di un foglio bianco che anziché riportare una storia scritta con le parole la racconta con un immagine; un mix di colori che prendono forma e impreziosiscono la piazza, attirano i curiosi e ispirano i sognatori. La storia narrata dall’immagine prevista per il murales vuole raccontare quello che la zona di NoLo sta vivendo, il suo rapporto con la città di Milano facendo attenzione a non escludere le diverse presenze etniche del quartiere.

La rappresentazione, a lavoro ultimato mostrerà un’interazione fra le due figure che prendono le parti della città e della zona a nord di Loreto. La prima è la Balena simbolo di NoLo (come spiegato precedentemente) diventò icona per la comparsa a sorpresa dell’enorme mammifero lungo tutti i tre metri di un muro della zona accompagnato dalle lettere N, O, L e O. La seconda figura è il Biscione che, oltre che simbolo della città, ha altre diverse interpretazioni simboliche per le diverse comunità residenti. Il Biscione, ritratto nell’atto di ingoiare un fanciullo, è un simbolo araldico; la sua origine iconografica in Europa è ben nota nell’arte per le varie raffigurazioni del profeta Giona dell’Antico Testamento, ingoiato

81

da un serpente marino. È però anche l’emblema della casata nobiliare dei Visconti, ed è di conseguenza uno dei simboli più famosi della città di Milano. Il serpente colpisce e stimola da sempre l’immaginario umano, entrando nel folklore e nella mitologia di vari popoli; nella credenza cristiana è un simbolo negativo perché avvicinato alla presenza del demonio tentatore, l’animale ne è la sua incarnazione, creatura infida e ingannatrice, che subdolamente consiglia ciò che Dio ha direttamente proibito.

Al di fuori della religione cristiana il serpente era un simbolo di coloro che venivano iniziati ai riti esoterici, acquisendo la capacità chiaroveggente di accedere ai mondi divino-spirituali.

Alcuni popoli dell’est adottano la simbologia del serpente e la accomunano a quella del drago, come per esempio il serpente indiano spesso sostituito con il drago cinese. Per la religione induista la figura del serpente viene associata all’energia divina che risiede in ogni individuo nella spina dorsale o in tutta la colonna vertebrale degli uomini e viene spesso associata ad un serpente addormentato, arrotolato su se stesso, in attesa di essere ridestato alla coscienza.Per alcune popolazioni del Sud America il serpente simboleggia la saggezza e l’infinito, il mondo sottostante ovvero chi lascia il mondo terreno prosegue in quest’altra dimensione rappresentata dall’animale.

Questa figura può suggerire diverse interpretazioni e dare spunti per diverse narrazioni a seconda della comunità che lo

82

guarda, anche se in questo progetto il serpente è più proposto come simbolo di Milano, è la raffigurazione animale più tipica della città. L’immagine vuole rappresentare con una metafora le richieste e le necessità che questa zona NoLo avanza alla città di Milano e alle sue istituzioni.

La balena, in sintonia con l’iconografia attuale che la vede come un simbolo degli animali messi in pericolo dalla superficialità e dall’opportunismo dell’uomo, vuole esprimere con il suo sguardo una richiesta d’aiuto. Dalla sua bocca fuoriusce un suono, il “canto della balena”, che secondo la scienza indica le vibrazioni che secondo i cetologi l’animale emette per comunicare ma che a tutti noi ricorda il canto umano.

Questo canto è una metafora della voce del quartiere, che da tempo necessita dell’aiuto della comunità e soprattutto delle autorità locali per migliorare la sua situazione, richiesta finora rimasta inascoltata. Il disinteresse della zona da parte delle istituzioni demoralizza i cittadini che si sentono soli e non salvaguardati dall’amministrazione centrale. L’interazione dei due animali rappresenta proprio questo: il canto della Balena come grido d’aiuto e la potenza e l’imponenza del Biscione che impavido resta a guardare immobile con uno sguardo forte e altero. Le caratteristiche principali del disegno dispongono le due sagome ai due lati estremi della parete,

con i due diversi sguardi che si incrociano per far intendere che la città è al corrente della situazione ma resta ugualmente ferma a guardare. Il corpo della balena è piegato, attorcigliato, mostra la sua coda a contatto con il mare e la testa che guarda all’insù; il serpente esce dall’acqua tenendo una postura eretta nonostante le curvature che seguono la sua spina dorsale.

I colori utilizzati vertono soprattutto sulle tonalità del blu che riempiono la maggior parte dello spazio: va considerato che l’ambientazione è marina e l’acqua occupa gran parte della composizione.

E anche la pelle della balena si avvicina comunque a quelle tonalità. L’altro colore dominante è il verde, nella versione più chiara per le squame del serpente e in una variante più scura per la cresta lungo la sua spina dorsale; altri dettagli come la schiuma del mare, gli occhi e i simboli lungo il corpo squamoso hanno tonalità più scure. Le forme dei corpi sono sinuose e dinamiche in un modo che vengano sottolineate le movenze dolci della balena e l’elegante stabilità del Biscione; le figure cullate del mare si adagiano sulle creste delle onde.

Lo stile gioca con colori freddi che riescono però a trasmettere un certo calore grazie alle ombre applicate alle figure; il cambiamento delle tonalità di colore crea tridimensionalità che caratterizza il disegno e crea la giusta profondità.

83

84

Spazi a tema La zona che vedrà nascere il progetto misura 340 metri di perimetro e occupa un’area complessiva di 3300 m² circa. Il grande rettangolo che dalla parete dipinta con il murales si estende per tutta l’area alberata misura 2500 m² mentre la parte iniziale della piazzetta, dalla forma trapezoidale, è di circa 800 m². Tutto questo spazio si collega al dipinto attraverso la disposizione dei complementi d’arredo che ne riprendono le forme e i colori e hanno funzionalità compatibili con le due figure rappresentate.

BALENA L’area iniziale della piazzetta, di 800 m², viene ispirata alla balena e lo si nota immediatamente dal colore della pavimentazione. Le tonalità fredde di quest’area vanno dal blu all’azzurro e ricreano un ambiente marino più vicino al mondo dei cetacei. Questa zona è rivestita prevalentemente con uno strato superficiale di gomma anti-urto. All’interno di questa area dedicata alla balena è posizionata la fontana, che prevede la messa a terra di quattro ugelli che spruzzano l’acqua con una precisa pressione andando ad imitare l’azione dello sfiatatoio delle balene.

Questi getti d’acqua “delicati” e il rivestimento morbido in gomma sono progettati a misura di bambino e a scopo ludico per creare interattività tra la figura della balena e e i suoi piccoli ammiratori.

La fontana è posizionata nella zona centrale di quest’area in cui è prevista una pavimentazione in pietra e non in gomma

Murales da applicare alla parete di Via Leoncavallo,1.

anti-urto, per favorire lo scorrimento dell’acqua. L’area in questione è suddivisa quindi da una parte ricreativa e una dedicata al’acqua. L’obiettivo di questa area blu è quella di ospitare i più giovani e farli sentire liberi di scorrazzare fra i colori e l’acqua contribuendo al loro divertimento.

BISCIONE Confinante con l’area blu è prevista la riorganizzazione di un’area più tranquilla, ovvero quella dedicata al serpente.

La forma rettangolare di quest’area non viene modificata, ma cambia la disposizione del verde; gli alberi di circa due metri e mezzo garantiscono il verde tutto l’anno e soprattutto l’ombra nelle stagioni più calde a chi si ferma per una sosta.

Tutta quest’area verde suggerisce il riposo e la quiete; il progetto prevede l’installazione di una struttura modulare composta di diverse panchine unite fra loro fino ad

85

ottenere una seduta continua di almeno 50 metri che tende a servire tutta la lunghezza della zona. Le sedute modulari sono unite fra loro in modo da ottenere un’andatura mossa che simula la sinuosità dorsale del serpente; l’orientamento non rettilineo delle panchine permette anche di ottenere una disposizione degli alberi più naturale e non geometrica, artefatta. La spina dorsale del serpente si snoda tra gli alberi come un percorso in un parco naturale; le panchine unite l’una con l’altra creano, o almeno stimolano, una prossimità, suggerendo unione anche fra chi si siede, che è in un certo senso agevolato nel condividere lo spazio vicino a sé anche con il proprio vicino. La struttura della panchina è curvilinea e permette di sedersi sia dal lato che affaccia sulla strada che da quello dei negozi raddoppiando così i posti a sedere.

La pavimentazione è prevista in pietra di Serpentino dal colore verdastro, con una lavorazione a spacco, eseguita manualmente che dona alla pietra la caratteristica superficie con rilievi marcati; le panchine in legno, ricorderanno il dorso del Biscione.

d’arredo urbano o alberi che ne coprano la visuale, il muro cieco del palazzo ha maggiore probabilità di spiccare sulla piazza e colorare tutto l’ambiente con le figure e la storia che racconta. Il risultato è l’unione di due aree distinte che interagiscono fra loro con i colori e i materiali che lo rendono riconoscibile; anche lo spazio destinato al passaggio delle autovetture uniforma la piazzetta ed è legato al progetto con il murales che sta sul fondo della strada.

SOTTERRANEO La parte sottostante al murales resterà tale perché è una zona principalmente adibita al passaggio della autovetture e all’ingresso nel garage sotterraneo; il progetto non influirà su questa microarea. Senza l’installazione di nessun oggetto rilevatore di forza del vento.

86

87

88

89

90

91

92

93

Murales “Il canto della Balena”.

94

95

Un progetto sostenibile Il progetto tutela l’ambiente sotto diversi punti di vista: ogni micro-area ha una o più componenti eco-sostenibili. La prima, ossia l’area blu declinata alla balena, comprende la fontana che evoca lo spruzzo sul dorso del mammifero acquatico. Il suo funzionamento è automatico e pienamente eco-sostenibile grazie ai pannelli fotovoltaici che sfruttano l’energia del sole per alimentarne il funzionamento. Il sistema a chiusura immediata del getto d’acqua inoltre è regolato da un piccolo mulino che con le sue mini pale percepisce la forza dell’aria nelle giornate ventose e permette lo spegnimento automatico in caso di forte vento. Il mulino e i pannelli solari necessari sono appoggiati sulla capannina per la risalita dai sotterranei adiacente alla fontana.La seconda parte dedicata al serpente, definibile come “area verde”, prevede l’inserimento di altri alberi oltre a quelli già piantati, utili alla purificazione dell’aria dell’ambiente circostante; la panchina è interamente costruita in legno con la sola struttura portante in ferro; verrebbe così escluso l’uso di plastiche, oggetto di severe critiche e incontestabili criticità ambientali soprattutto per gli ambienti marini.

Il murales in fine è importante che sia dipinto utilizzando un particolare tipo di vernice

Vernice Airlite® in diverse suluzioni d’uso.

96

chiamata Airlite ®: una pittura naturale che, attraverso l’energia della luce, è in grado di ridurre la concentrazione delle particelle di ossido di azoto presenti nell’aria, favorendo dunque la diminuzione dell’inquinamento atmosferico.

Airlite ® è una rivoluzionaria tecnologia 100% naturale, nasce come prodotto tradizionale ingegnerizzato; nello specifico ha la capacità di trasformare gli inquinanti (come NOx, SOx, NH3, CO, muffe e batteri) in molecole di sale inerti ed è ottimo per l’abbassamento della temperatura superficiale. Applicare Airlite ® su una superficie di 100 m² riduce l’inquinamento atmosferico con un effetto simile ad un bosco di 100 m². Un tipo di pittura che sensibilizza le persone al rispetto per l’ambiente.

97

CONCLUSIONE Per poter iniziare un progetto di riqualificazione urbana è importante che il progettista/creativo conosca l’ambiente in cui dovrà agire oltre che le opinioni e i pensieri degli abitanti storici e attuali.

All’estero esempi del genere se ne possono trovare parecchi mentre in Italia le operazioni di questo tipo cominciano solo da poco a suscitare qualche incerto interesse da parte delle amministrazioni pubbliche.

La strategia di questo progetto è quella di creare una storia che accomuni il senso d’insofferenza, e in alcuni casi addirittura d’indignazione dei cittadini riguardo la situazione in cui versa il quartiere in questi ultimi anni affinché i residenti si sentano maggiormente coinvolti in una causa comune. Riqualificare significa rendere qualitativamente più valido qualcosa, in questo caso il quartiere e la vita degli abitanti. All’interno di un’area abitata da tante diverse culture mi sembra importante

98

fare qualcosa che abbia più chiavi di lettura, diverse interpretazioni come diverse saranno le impressioni di chi la guarda; spingere le persone ad andare oltre l’immagine, informarsi e cercare di conoscere il prossimo o l’opera in sé. Promuovere lo sviluppo di una storia, che unisca le diverse aree in cui è stata suddivisa la piazzetta, facilita la discussione, apre un dibattito fra abitanti o li fa in qualche modo riflettere; questo è il fine ultimo del progetto.

Questo piccolo angolo di quartiere apre la zona ad un pubblico più ampio, l’immagine del murales comunica alla gente in modo alternativo ai messaggi che ci bombardano quotidianamente. La funzione del murales è quella di utilizzare lo sguardo per rimettere in funzione il motore della propria mente e fermarsi un’attimo a pensare godendosi il piccolo parco adiacente al murales. È un progetto per la gente, in cui la forza del colore invita a non spegnere mai la speranza.

99

100

BIBLIOGRAFIA Stefano Monfeli e Monia Cappuccini, Just Push The Button - Writing Metropolitano, Roma, Stampa Alternativa & Cecilia Nesbitt, 2003.

Luca Borriello e Salvatore POPE Velotti, Do The Writing - Le associazioni per la creatività urbana in Italia, Viterbo, Stampa Alternativa/ Nuovi equilibri, 2010.

A. Rossomando, Writing From The Underground - (R)evolution of Aerosol Linguistics, Terni, Stampa Alternativa / IGTimes, 1996.

Andrea Cegna, Elogio alle tag - arte, writing, decoro e spazio pubblico, Fano, Agenzia X, 2018.

Corrado Piazza, Buio Dentro - L’età leggendaria del writing underground a Milano, Milano, Shake edizioni, 2018.

Marco Corallo, I Graffiti, Milano, Xenia Edizioni, 2000.

Martha Cooper e Henry Chalfant, Subaway Art, Londra, Thames & Hudson Ltd, 1984 Henry Chalfant e James Prigoff, Spraycan Art, Londra, Thames & Hudson Ltd, 1987 Alessandra Pioselli, L’arte nello spazio urbano - Esperienza italiana dal 1968 a oggi, Bologna, Johan & Levi editore, 2015.

C. Raffestin, Elementi per una teoria del paesaggio. Firenze, Alinea editrice, 2005.

E. Turri, Il paesaggio e il silenzio, Venezia, Marsilio, 2004.

K. Lynch, L’immagine della città, Padova, Editore Marsilio, 1969.

M. Talia e R. D’Onofrio, La rigenerazione urbana alla prova, Milano, Franco Angeli Edizioni, 2015.

101

SITOGRAFIA http://www.milanoallnews.it/diario-di-una-settimana-a-nolo/ https://d.repubblica.it/attualita/2016/02/09/news/loreto_quartiere_multietnico_ milano_giovani_creativi_galleristi_musicisti_designer-2957897/ https://www.ilsole24ore.com/art/culture-diverse-via-obbligata-integrazione-ADxof4VC https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2018/07/ intervista-street-artist-millo/ https://www.comune.milano.it/aree-tematiche/dati-statistici/pubblicazioni/ popolazione-residente-a-milano https://it.wikipedia.org/ https://www.artribune.com/television/2019/09/video-super-walls-2019documentario/ http://www.serpentino.it http://www.archidiap.com/opera/superkilen/ http://www.airlite.com/it/ http://www.google.com/maps/

102

1

1

Gli animali sono forme vive da cui ogni giorno cerchiamo di prendere le distanze, pensiamo di essere migliori di loro in tutto e per tutto parlandone in modo altezzoso.

Spesso però ci dimentichiamo che quando ci fermiamo ad ammirarli nella loro intera bellezza e armonia sono fonte di grande ispirazione. La similitudine tra uomo e animale è sempre più forte, quindi le città costruite dall’uomo, per l’uomo possono essere anch’esse paragonate ad animali?

Il canto della balena è la metafora perfetta per raccontare una storia di solitudine, emarginazione che accomuna una zona di Milano con altre realtà italiane e mondiali.

1