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«Sentimenti, sostenibilità, scalabilità: così le nostre sneaker saranno le più amate al mondo»

DI ANDREA BIGOZZI

Sono questi gli elementi chiave - concreti e di strategia - che secondo il ceo del brand, in capo a Permira, hanno determinato il successo "out of the box" dell’azienda che, dopo aver toccato i 501 milioni di euro di fatturato nel 2022, continua a crescere anche quest’anno, grazie agli opening del Forward Store, allo sviluppo di progetti sostenibili con lo Yatay Lab e al lancio di nuovi prodotti, con un focus sulle borse

«È un cambio di passo. Il business oggi non si basa più sul desiderio, ma sui sentimenti. Il vero potere di un brand non è quello di vendere, ma di raccontare storie e fare cultura. Questo significa disegnare una pagina nuova e investire su nuove figure. Gli artigiani, gli addetti alla vendita, chi esegue le riparazioni nei nostri Forward Store sono dream maker e co-creator, tutti giovani e motivatissimi, molto apprezzati dai clienti che noi chiamiamo lover, perché credono nei valori e nelle potenzialità di Golden Goose». In attesa che il 2 ottobre vada in scena a Parigi il nuovo capitolo del progetto Haus of Dreamers che mescola arte, musica, architettura e moda, Silvio Campara, ceo del brand specializzato in sneaker e controllato dal 2020 dal fondo Permira, parla del piano di crescita che attende Golden Goose. Progetti molto concreti, in cui potrebbe rientrare anche una quotazione in Borsa (di cui da tempo si parla, ma che non è mai stata ufficializzata), e strategie “evoluzionarie” (perché il termine disruptive è ormai troppo di moda), dopo che l’azienda ha chiuso il 2022 a quota 501 milioni di euro, un ebitda del 30% e un network di negozi diretti salito a quota 200. «Ma il numero di cui vado più fiero - dice l’a.d. - è che la parte incrementale di fatturato è stata ottenuta per il 50% da clienti già esistenti. Perché per noi non esiste futuro, senza la certezza di avere un passato solido».

Cosa prevede il futuro?

Continueremo a crescere anche quest’anno, andando avanti con i Forward Store a Milano, il nostro retail concept incentrato sui servizi di repair, remake, resell e recycle, che presto lanceremo anche online. Uno sviluppo inevitabile, visti gli incredibili risultati ottenuti: nel primo anno stimavamo di fare 2/3mila riparazioni in un anno e ne abbiamo realizzate 16mila: di queste il 38% non riguardava neppure prodotti Golden Goose ma di altri marchi, spesso posizionati del settore lusso, che però non valorizzano questo genere di servizio. Ne abbiamo approfittato noi: di quel 38%, infatti, quasi il 20% è finito col diventare nostro cliente. È la dimostrazione che fare le cose per se stessi è li- mitativo e non potenzia il rapporto con il consumatore. Vogliamo realizzare progetti e fare innovazione per tutti e con tutti. Questa è anche la logica che guiderà lo Yatail Lab, una piattaforma di co-action, impegnata nella ricerca e nello sviluppo di materiali e prodotti circolari.

Cosa farete precisamente?

A settembre inaugureremo a Erba il nuovo laboratorio, dotato di sofisticati strumenti e tecnologie, frutto della collaborazione con la Coronet di Umberto De Marco. Insieme abbiamo dato vita a questa newco, di cui controlliamo il 40%, che non si limita a produrre sneaker sostenibili, ma fa innovazione: inventa e sperimenta nuovi processi e nuovi materiali con la più bassa impronta ambientale, che prima testeremo sulle Golden Goose, verificandone la scalabilità, e poi metteremo a disposizione di tutti i player del lusso. Perché il nostro Lab non si limita a creare prodotti, ma è un luogo dove l’esigenza di una maggiore circolarità si trasforma in soluzioni tangibili.

Come proseguirà invece in ambito retail il vostro percorso di sostenibilità?

In prospettiva, tutti i nostri negozi avranno una connotazione legata alla sostenibilità. Certo, non tutti potranno essere dei Forward Store, perché per questo concept ci vogliono superfici ampie, che non riguardano tutte le nostre location, ma ci piacerebbe che il servizio di raccolta del prodotto, momentaneamente disponibile in una trentina di punti vendita, fosse attivo in tutti gli store. Magari nasceranno corner, con l’unica finalità di offrire un servizio di re-making, senza vendita. Siamo in fase di ideazione: di sicuro continueremo a investire sui Forward Store: dopo Milano, Dubai e New York, è stata la volta di Parigi. Ma prevediamo altre aperture, anche perché si stanno rilevando un affare, che genera fatturato. Prendiamo il caso di Milano: dopo il primo anno da quando ha riaperto con il nuovo format la sua redditività al metro quadro è aumentata del 30% e in più abbiamo acquisito nuovi clienti.

Anche la creazione di Haus, l’hub creativo di Marghera, nato per dare spazio alla creatività della vostra community, finirà con rivelarsi un affare, oltre a creare empatia?

Per un'azienda aiutare i talenti a formarsi conta molto di più che avere un ritorno economico nel breve periodo. Il cuore di Haus sarà la nostra Academy, dove si insegnerà ai giovani l’arte del fatto a mano. È un processo in cui troveremo nuovi talenti e questo ci avvantaggerà.

Davvero, secondo lei, i giovani che si affacciano al mondo del lavoro saranno interessati a coltivare il loro talento manufatturiero?

Certo che sì, anche perché realizzare una Golden Goose è un lavoro straordinario, che richiede quattro ore e mezzo e unisce capacità di riflessione, creatività e anche istinto. Quando nel 2018 abbiamo lanciato le co-creation, che solo l’anno scorso hanno fruttato 48 milioni di euro, ci siamo inventati - e l’abbiamo formata - la figura professionale degli "Sneakers Makers": veri e propri artisti, che vanno in giro per il mondo a realizzare su richiesta dei clienti personalizzazioni ai nostri prodotti. E sa una cosa? Siamo letteralmente sommersi dalle richieste per questa posizione ed è anche per questo che ci è venuta in mente l’idea dell’Academy.

Quindi lei dice: siano in una posizione favorevole per la forza finanziaria e possiamo permetterci di scalare la formula offrendo il nostro know-how ad alti marchi: allora Golden Goose non è semplicemente un marchio, ma una piattaforma…

Assolutamente sì, solo che in pochi se ne sono accorti. Anzi per la maggior parte continuano a vederci come “la sneaker con la stella”.

Questa definizione le sta stretta?

È una conseguenza del fatto che il 90% del fatturato deriva dalle scarpe da ginnastica. Al mio arrivo Golden Goose era un brand lifestyle, che realizzava il 60% del business con l’abbigliamento. E' stata una mia scelta concentrarmi sulle sneaker, in base alla convinzione che ogni look parte dalle scarpe come primo acquisto. Questa percentuale ci sta benissimo, ma sappiamo che il potenziale inespresso è altissimo.

promuove servizi di Repair-Ramake-Resell-Recycler. Nel primo anno con il nuovo format la resa al metro quadro del negozio è cresciuta del 30%.

4.

Dove, per esempio?

Penso all’abbigliamento. La nostra collezione fatta di capi essenziali, riletti in chiave di eccellenza, su cui siamo tornati a investire da qualche stagione, è destinata a crescere. Ma è sul mondo degli accessori che nutro grandi aspettative, in particolare delle borse in pelle. A novembre ci sarà un lancio molto importante per noi, vedrete. Anche con le borse puntiamo a posizionarci in quel segmento, ancora vuoto, che sta sotto l’extra lusso.

Per riportare in auge il lifestyle delle origini sarà necessario un direttore creativo. O si può farne senza?

Solo sentire la parola mi vengono i brividi… Abbiamo una chief designer officer molto giovane, visto che ha poco più di 30 anni come del resto il 70% delle persone che lavorano con noi, che si occupa di tutto, tranne che delle scarpe. E poi c’è il chief brand officer, a capo di tutto l’universo sneaker. Il suo è un ruolo chiave: sviluppa sia la parte di narrativa e di racconto, sia quella di prodotto. Passa più tempo per strada in giro per il mondo, in cerca del contatto con la gente, che in ufficio a dettar legge. No, decisamente non abbiamo bisogno di un direttore creativo, così come non abbiamo bisogno di un ceo. Io preferisco definirmi un Chief Emotional Officer, altrimenti Golden Goose che love brand sarebbe?

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