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INTERVISTA Guido Damiani/Damiani
«Damiani punta a distinguersi. Nuove acquisizioni? Siamo pronti»
La maison di gioielli basata a Valenza festeggia nel 2024 100 anni di storia, registrando un forte apprezzamento dei suoi prodotti, specie sui mercati del Far East e Middle East e tra le generazioni più giovani. «Per loro la gioielleria è un’estensione della moda», dice il presidente, che anticipa un piano di importanti investimenti soprattutto nella distribuzione e nella manifattura»
Di Andrea Bigozzi

Guido Damiani si appresta a celebrare i primi 100 anni di Damiani in un momento che sta condizionando i parametri e le strategie di tutte, o quasi, le imprese del settore lusso. E nel quale lui, in quanto presidente, è pronto insieme ai fratelli Silvia e Giorgio a far crescere la maison di Valenza con una serie di novità e importanti investimenti. «L’anniversario per il centesimo compleanno - sottolinea - rappresenta per noi un’occasione per testimoniare l’eterna vitalità di Damiani, che anno dopo anno si rinnova. Festeggeremo, certo, ma soprattutto penseremo al futuro. Siamo all’attacco, stiamo facendo grandi investimenti».
Nel 2024 Damiani compie 100 anni. Com’è cambiato il mondo della gioielleria rispetto al passato? E come si prepara il futuro?
Arriviamo in ottima forma all’appuntamento con il centenario. C’è stato un forte apprezzamento dei prodotti, ottenuto soprattutto grazie all’efficacia della nostra strategia, che premia lo sviluppo della distribuzione e il potenziamento della manifattura. L’azienda va bene (l’ultimo bilancio consolidato ha toccato i 300 milioni di euro, ndr) e continua a crescere. Anche se ci sono rallentamenti all’orizzonte, come evidenziato anche dalle recenti trimestrali dei diversi gruppi multinazionali del lusso, continuiamo a essere positivi e molto fiduciosi, specie a medio e lungo termine. A renderci ottimisti è anche il fatto che la gioielleria unbranded sta finalmente perdendo peso e questo ovviamente avvantaggia un marchio come il nostro, che investe costantemente non solo in manifattura ma anche in pubblicità, apre negozi monomarca nelle vie dello shopping più prestigiose al mondo e ha stretti rapporti con le celebrity internazionali. Aspetti che i consumatori dimostrano di apprezzare: in particolare i giovani, che considerano la gioielleria una naturale estensione della moda, e i mercati come Asia e Medio Oriente, che hanno un forte rispetto dei nostri valori, del Made in Italy, del savoir-faire, del design, della cultura del bello e sono pronti a pagare per possederli.
Le strategie per il futuro, quindi, passano da Oriente?
Vediamo grandi opportunità di mercato in Asia e Far East: Cina, Corea e poi Giappone, dove da sempre siamo molto conosciuti con il brand Damiani e che pensiamo sia pronto ad amare anche gli altri brand del nostro portfolio. Un focus è anche sul Medio Oriente: non è un caso che abbia deciso di trasferirmi a vivere con la mia famiglia a Dubai, per poter presidiare al meglio un’area dal grande potenziale e instaurare relazioni dirette con i clienti, molto attenti e interessati al mondo del gioiello. Nei prossimi mesi abbiamo in programma nel Golfo una serie di store opening strategici tra Bahrain, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Ma gli investimenti saranno anche altrove: abbiamo scelto di celebrare questo anniversario per ricordare a tutto il mercato cosa c’è dietro al brand Damiani.
Fra i main target su cui puntare per la crescita, oltre alle nuove generazioni e ai nuovi mercati c’è anche il consumatore maschile?
I marchi del settore hanno per la maggior parte una linea di prodotti pensata interamente per l’uomo. Il mercato è ancora piccolo ma in crescita e, anche in questo caso, le novità arrivano da Oriente. Per esempio in Giappone, la percentuale di clienti uomini è già considerevole e penso che lo stesso fenomeno possa presto verificarsi anche in Cina. In Europa ci vorrà più tempo perché ciò accada: è un mercato più conservativo. Ma una cosa è certa, il gioiello da uomo non sarà più un’eccezione per pochi. Oggi incide per un 4/5% circa sul nostro giro d’affari nell’alta gioielleria, ma penso che in cinque anni potremmo triplicare le performance e sul piano generale non ho dubbi: tra 20 anni, forse 30, la gioielleria maschile equivarrà a quella femminile per valore del business.
Difficile parlare di consumatore maschile e di gioielli senza pensare agli orologi. Avete pensato di entrare nel settore?
Gioielli e orologi sono certamente mondi vicini tra loro, condividono la fascia di prezzo e la logica distributiva. In passato abbiamo già sperimentato qualche modello di orologiogioiello, ma si trattava di progetti spot. Ora invece ci siano convinti a prendere più sul serio l’ipotesi di entrare nel mondo dell’orologeria, che riteniamo di conoscere bene attraverso Rocca. Penso che entro un paio di anni ci saranno interessanti novità su questo fonte.
Altri progetti di brand extension?
Gioielli e orologi sono certamente mondi vicini tra loro, condividono la fascia di prezzo e la logica distributiva. In passato abbiamo già sperimentato qualche modello di orologiogioiello, ma si trattava di progetti spot. Ora invece ci siano convinti a prendere più sul serio l’ipotesi di entrare nel mondo dell’orologeria, che riteniamo di conoscere bene attraverso Rocca. Penso che entro un paio di anni ci saranno interessanti novità su questo fonte.
Altri progetti di brand extension?
Fortunatamente arriviamo da un biennio in cui, dato l’incremento degli ordini, abbiamo avuto poco tempo per approfondire questo tipo di iniziative, dovendo privilegiare aspetti più core, legati al potenziamento della manifattura. L’idea di aprirci al mondo lifestyle c’è da tempo, ma dobbiamo essere cauti e farlo con i progetti giusti. Vediamo delle opportunità nel portare sul mercato, per esempio, un profumo a marchio Damiani, ma siamo anche consapevoli dei rischi legati a questo genere di operazioni. Il primo fra tutti quello di “sporcare” il nostro brand, legandolo a prodotti con un pricing accessibile e a una distribuzione mass market.
È il fatto di tenere in così seria considerazione il valore del marchio che vi ha portato a costruire intorno al gruppo un portfolio che spazia dai gioielli al retail monomarca e multimarca, fino al design con Venini?
Oltre a Damiani e Salvini non vanno dimenticati Bliss, Rocca, Venini e Calderoni, brand specializzato nella fornitura di diamanti naturali di alta qualità. Siamo grandi, considerando la realtà italiana, ma piccoli se confrontati con i big player francesi e svizzeri. Peraltro negli anni tutte le acquisizioni siglate non sono state solo volte a far crescere il gruppo sul piano dimensionale, ma a costruire una realtà diversificata, con possibili sinergie tra i marchi.
Il piano di acquisizioni proseguirà? Sarà sempre in un’ottica strategica?
Il nostro obiettivo è, in effetti, consolidarci come un gruppo indipendente nel settore: per questo siamo sempre interessati a realizzare operazioni strategiche con altre realtà, che si tratti di marchi, produttori di eccellenza o retailer. Certo, le acquisizioni di brand sono le più difficili da finalizzare, perché le possibilità sono davvero poche. Sul mercato si trovano soprattutto piccole etichette con poca visibilità globale, spesso troppo legate alla figura del proprietario-fondatore, e non è quello che cerchiamo. In attesa del giusto affare, rivolgiamo quindi le nostre attenzioni a operazioni legate alla produzione, per stare al passo con una domanda che cresce. Ma a Valenza, che è il distretto dell’alto di gamma, in questo momento non è facile fare affari: qui recentemente i grandi colossi del lusso, come Lvmh e Richemont, hanno acquisito manifatture e trasferito produzioni e questo ha reso più difficile per una realtà come la nostra, che siano i più piccoli dei grandi, intavolare certe trattative con imprenditori locali, che in questo momento aspirano a valutazioni considerevoli per le loro attività. Ma sono certo che vivremo presto una normalizzazione e che Damiani siglerà altre joint venture e acquisizioni, anche di minoranza, con i produttori radicati sul territorio. Anche perché restiamo un’azienda familiare e questo rappresenta un elemento chiave di vicinanza e comprensione verso le piccole-medie imprese del settore.
Le cose sembrano più facili quando si tratta di rilevare il controllo di una gioielleria…
È vero: negli ultimi anni abbiamo siglato tre partnership con noti retailer italiani, Bruno Maria Zimmitti di Siracusa, Floris Coroneo a Cagliari e Scintille di Reggio Calabria più recentemente, che hanno portato alla nascita di altrettante nuove boutique con insegna Rocca. In molti di questi casi si è trattato di vere alleanze e non di acquisizioni, perché le vecchie proprietà sono rimaste alla guida di queste attività e il gruppo ha messo a disposizione tutta la sua esperienza e managerialità. Si è trattato di operazioni win-win, fatte con l’ambizione di crescere insieme. Penso che proprio in ambito distributivo questa sia la strada migliore, se non l’unica, per continuare a essere competitivi sul mercato
Dunque per voi il network dei negozi resta centrale. Non vedete opportunità maggiori nell’e-commerce, visto anche l’investimento fatto in LuisaViaRoma?
Continueremo a potenziare i nostri monomarca in giro per il mondo e a espandere anche all’estero la rete distributiva Rocca, con cui abbiamo appena inaugurato un bellissimo store Rolex in Galleria Vittorio Emanuele. Parallelamente, certo, portiamo avanti gli investimenti nel canale online, che cresce come è inevitabile che sia e che è un’opportunità, perché ci consente di intercettare un cliente che non osa entrare in una gioielleria. Ma anche in questi casi l’acquisto si conclude sempre con una telefonata, perché rispetto ad altre tipologie o fasce di prodotto, quando si tratta di alta gioielleria si chiedono servizio e informazioni, ma le persone vogliono soprattutto essere rassicurate. Alla fine acquistare un gioiello è questione di feeling, più che di tecnologia.