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IN DIRETTA DA NEW YORK
GLAMOUR E PERSONALITÀ: IL POTERE DEL CAPPELLO
Eugenia Kim è una delle stiliste più chic di New York. I suoi cappelli sono diventati un must-have per le donne della città che non dorme mai. I modelli che lei crea - tra cui Mirabel, indossato da Lauren Sánchez Bezos a Venezia - sono diversi dagli altri, come le persone che abitano nella metropoli americana. Alcuni sono pratici e compatti, altri grandi e audaci: ma tutti si connotano come veri statement piece.
di LAUREN LEVESQUE

Tutto è iniziato con un brutto taglio di capelli. Nel 1998, dopo un appuntamento piuttosto traumatico dal parrucchiere, Eugenia Kim ha creato un cappellino a cloche con piume, per coprire un’acconciatura che proprio non le piaceva. Oggi è diventata una delle stiliste più chic di New York. È famosa per i suoi cappelli, in particolare i modelli Mirabel e Sunny. Ma la collezione comprende anche abbigliamento sportivo - tute, gonne e giacche leggere - e accessori, tra cui le borse di paglia. In un’intervista con Fashion spiega cosa ispira le sue collezioni, come New York continua a influenzare le sue idee e perché è interessata al mercato italiano, dove apprezza in particolare Milano, che considera una «favolosa città fashion», di cui le piace seguire le evoluzioni.
Lei voleva diventare medico. È contenta di aver cambiato idea?
Certamente. Da quando ho avuto un incidente con lo slittino ho sviluppato una forte avversione per gli ospedali, quindi la carriera medica ha perso rapidamente il suo fascino. Sono coreana e ciò significa che per cultura sono portata a mettere in discussione tutto (ride), ma onestamente non ho rimpianti. Amo quello che faccio. Sono una perfezionista e ogni giorno vado al lavoro con grande entusiasmo. La moda mi stimola in tutti i suoi aspetti.
Come si è sentita quando ha aperto il suo primo negozio nell’East Village?
Incredibilmente grata ed emozionata. Lavoravo in un loft che condividevo con tre coinquilini. Di giorno disegnavo e vendevo cappelli nella parte anteriore del locale, di notte dormivo in una stanzetta sul retro. Era una vita spartana, ma anche eccezionale. I miei amici, che lavoravano come redattori e stilisti, passavano spesso a prendere dei modelli, alimentando l’energia creativa del posto. Ricordo un giorno indimenticabile: ero appena tornata da Parigi, sono scesa dal taxi e ho incontrato per caso un redattore del New York Times. L’ho letteralmente rincorso e portato in studio: il giorno dopo ha scritto di me. Quel momento è stato il mio primo vero traguardo. E pensare che tutto è iniziato con un brutto taglio di capelli.
In che modo la cultura newyorkese ha influenzato le sue scelte di design?
New York ha avuto un’enorme influenza su di me negli ultimi 27 anni: è frenetica, diversificata e in continuo movimento, proprio come le persone che la popolano. I newyorkesi tendono a preferire i colori neutri e si respira una cultura distintiva, legata alla vita metropolitana e allo streetwear, che ha un forte impatto su ciò che funziona qui. Dato che molte persone entrano ed escono dalla città, abbiamo disegnato molti cappelli compatti e facili da riporre in valigia o in borsa, adatti a questo stile di vita. Allo stesso tempo i nostri modelli più grandi, come Mirabel e Sunny, sono diventati dei capisaldi, dimostrando che anche in una città, che si potrebbe definire pratica, le persone vogliono comunque un accessorio che non passi inosservato.
Ha lavorato per la rivista “Allure”. Un’esperienza utile?
Sì, ha sicuramente inciso sulle mie collezioni. Come editor che ha contribuito alla parte iniziale della rivista durante la fase finale della tendenza minimalista, ho acquisito una preziosa conoscenza di ciò che le testate cercano quando esaminano le collezioni. Questa prospettiva privilegiata mi ha aiutato molto a plasmare e perfezionare il mio lavoro.
Quali sono alcuni dei suoi stilisti preferiti?
Sono attratta dai capi vintage, in particolare da Schiaparelli e dai primi modelli di Miu Miu. E nel mio periodo da “Allure” inserivo appena potevo commenti sugli abiti sottoveste. Ammiro molto anche The Row e Rudi Gernreich è un altro dei miei stilisti preferiti. Sono costantemente ispirata da come si vestono le persone in giro per le strade di New York. Qui c’è stile ovunque, autentico e istintivo. Adoro incontrare donne provenienti da diverse parti del mondo, perché il modo in cui abbinano i capi mi ispira. Il cappello, poi, è un accessorio molto potente: può trasformare anche l’outfit più semplice.
Essere una designer indipendente a New York è difficile. Sente di avere acquisito una base solida?
Sì. Sono una stilista affermata da 27 anni e ho costruito qualcosa di duraturo proprio qui. Quando lavoravo per “Allure”, era difficile per me avere a che fare con un capo, in quanto sono sempre stata piuttosto indipendente. Quindi è davvero gratificante essere il capo di me stessa. Non sempre è facile, ma mi spinge a rimanere concentrata e a continuare a evolvermi.
Il background in medicina può avere un influsso sulle sue collezioni, soprattutto estive? Penso, ad esempio, all’inserimento nei tessuti della protezione UV…
Mio padre e mia sorella sono oncologi: restituire qualcosa tramite il mio lavoro significa molto per me, solo lo faccio in modo diverso. Ho inserito la protezione UPF nei miei cappelli: un’idea che mi ha suggerito il mio dermatologo e, dato che oggi la cura della pelle è così importante, mi è sembrato un passo naturale e importante. Disegno anche foulard per molte pazienti in chemioterapia, che mi hanno detto quanto si sentono orgogliose indossandoli. Sebbene io sia appassionata di moda, il mio background clinico mi rende anche una designer analitica.
La collezione SS25 era ispirata alla natura. Continuerà su questa strada? Può darci qualche anticipazione sulla collezione SS26?
Progetto le collezioni con un anno di anticipo. Per la SS26 il tema è “il lusso è natura”, con molti colori neutri accanto a stampe floreali astratte in bianco e nero e giallo e blu. Ci sono diversi capi lavorati all’uncinetto, ognuno unico, che uniscono artigianalità e bellezza naturale.
Punta a espandersi nel mercato europeo?
La risposta è sì, anche se ho già solide basi a New York. La città è stata la mia casa creativa per anni e continua a ispirare tutto ciò che faccio.
L’Italia è uno dei Paesi protagonisti del fashion design e della produzione di abbigliamento: le piacerebbe vendere i suoi capi su questo mercato? O partecipare alla Milano Fashion Week?
Assolutamente! L’Italia è un punto di riferimento globale per la creazione e la produzione tessile, quindi di sicuro mi interessa. Sono stata a Milano e mi piace seguire le tendenze: è tutto davvero stimolante. ■