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Alberto Burri Città di Castello (Pg) 1915 - Nizza 1995

Composizione, 1950 Catrame e olio su tela, cm. 60,5x86,7 Firma e data al verso sulla tela: Burri 50; sul telaio: etichetta con n. 3299 e timbro Claudia Gian Ferrari / 900 Italiano / Arte Contemporanea, Milano. Storia Collezione Anfuso, Roma; Collezione privata Esposizioni Alternative attuali. Omaggio a Burri, Retrospettiva antologica 1948-1961, L’Aquila, Castello Sforzesco, luglio - agosto 1962, cat. n. 7; Burri, Viaggio al termine della materia, a cura di Giuliano Serafini, Firenze, Tornabuoni Arte, 12 maggio - 12 luglio 2005, cat. p. 57, n. 9, illustrato a colori.

Bibliografia Vittorio Rubiu, Cesare Brandi, Burri, Editalia, Roma, 1963, p. 188, n. 48; Burri, contributi al catalogo sistematico, Fondazione Palazzo Albizzini, Petruzzi Editore, Città di Castello, 1990, p. 32, n. 99; Giuliano Serafini, Burri. La misura e il fenomeno, Charta, Milano, 1999, p. 33, n. 24. Stima € 360.000 / 460.000

l’abbandono del dato narrativo, divenendo dapprima ritmi di segni sinuosi e di colori accesi, e poi, nel 1948, approdando a indagare la stessa materia pittorica in modo completamente nuovo. Con Nero I, la celeberrima tela ora conservata a Città di Castello, nella Fondazione tanto voluta dal pittore, e con la mostra Neri e Muffe, tenutasi alla Galleria L’Obelisco di Roma nel 1952, Burri è già uno dei nomi di primo piano dell’Informale. Composizione, realizzata nel 1950, è una testimonianza importante di questa prima maturità artistica del pittore, che svolge il suo percorso in piena sintonia con le esperienze europee, riportando l’arte italiana, che per tutta la prima parte del Novecento aveva in un certo modo sofferto di una dipendenza culturale dalle vicende degli altri paesi, allo stesso livello delle ricerche internazionali più aggiornate, come ha sottolineato Maurizio Calvesi: “Come ai tempi eroici del futurismo, con Alberto Burri è tornato a verificarsi lo strano fenomeno dell’avanguardia italiana: la novità più inquietante, e destinata a improntare gli sviluppi successivi, è nata nel paese di condizione economico-culturale più arretrata” (Maurizio Calvesi, Alberto Burri, Milano, 1971, p. 1). Ma, al contrario dei Futuristi, che almeno alla loro origine, concepiscono il ruolo dell’arte come propulsore per un cambiamento della società, la rivoluzione di Burri parte – citando le parole della splendida dichiarazione di poetica del 1955, scritta in occasione della mostra The New Decade al MoMa di New York – da un’esigenza “immanente e attiva”, e si svolge essenzialmente all’interno dell’opera; sceglie di parlare della realtà di un mondo lacerato dal secondo conflitto mondiale rifiutando drasticamente di raccontarlo, nell’abbandono senza possibilità di ritorno della figurazione per indagare a fondo gli strumenti stessi del fare artistico. Come in Nero I, nella nostra Composizione le tracce di colore, giallo, rosso, blu, sono avvolte da uno strato denso di catrame, che le intrappola, come un progressivo espandersi di una macchia di petrolio, che a poco a poco copre tutto quello che la circonda. La materia dialoga con se stessa, si fa ora lucida ora opaca, spessa o sottile, e costruisce la struttura del dipinto, tessendo ritmi di linee e superfici. Questo dialogo costante con le possibilità offerte dalla materia, una materia costituita da strumenti estranei ai mezzi tradizionali, presi dal mondo dell’industria, non verrà mai meno nell’opera di Burri, e i suoi dipinti saranno via via costruiti, a partire dai sacchi di iuta – che arrivano quasi a identificarsi con la sua opera – con la plastica, il fuoco, il ferro, il cellotex, che creano forme tra le più suggestive di tutto il secondo Novecento. Alberto Burri al lavoro negli anni Cinquanta


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Asta 0164 by Farsetti Arte - Issuu