Asta 0174

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Immerso nella vita dell’immagine stessa Emilio Vedova dal Fronte Nuovo delle Arti al ciclo della Spagna

Nel Manifesto di fondazione del Fronte Nuovo delle Arti, Venezia, 1 ottobre 1946, gli artisti firmatari, personalità molto diverse tra loro per inclinazione e storia personale, pongono una comune “necessità morale”: fare una pittura che racconti la vita e la storia degli uomini, perché la storia “degli uomini non può fare a meno”. Tutta la pittura di Emilio Vedova sarà intrisa di questo rapporto inevitabile tra la vita e le passioni dell’uomo, il farsi della storia e le leggi della pittura, elementi che si incastrano tra loro in maniera indissolubile e inevitabile. Nato a Venezia nel 1919 da una famiglia di artigiani, già dall’età di undici anni tenta i più svariati lavori per potersi permettere di dipingere; comincia la sua carriera dunque da autodidatta, disegnando instancabilmente le strade e i palazzi di Venezia, dove matura sempre più il fascino dell’architettura barocca e la pittura tardorinascimentale veneta, punti di riferimento mai abbandonati e imprescindibili per i suoi sviluppi successivi. Da sempre vicino, negli anni giovanili, agli ambienti antifascisti, partecipante attivo alla guerra di liberazione, appare come un passaggio naturale per il pittore aderire al Manifesto del Realismo (Oltre Guernica) prima e al Fronte Nuovo delle Arti poi, sia per il carattere di responsabilità e coscienza civile del gruppo, sia per la sua apertura verso le esperienze avanguardiste europee e il suo rifiuto dell’arte di Novecento e del ritorno all’ordine. Uomo e donna sotto il fanale, 1946, è opera emblematica, insieme ad altre come Assalto alle prigioni, La cucitrice, Immagine del tempo (Poemetto della sera), realizzate tutte nell’anno del manifesto Oltre Guernica, di questa tangenza fra Emilio Vedova e gli altri pittori del Fronte, uniti dall’esigenza di liberarsi dai dettami della pittura di regime e a confrontarsi con le esperienze figurative europee degli anni immediatamente precedenti, confronto che renderà sempre più evidente lo stato di arretratezza e chiusura in cui versava l’arte italiana. Il punto di partenza imprescindibile, per tutti i componenti del gruppo, è l’opera capitale di Pablo Picasso, che viene riletto da Vedova in modo istintivo ed emozionale (“Guernica riassumeva, agitava, tutti i nostri fermenti di opposizione, di resistenza […] Per me diciottenne articolato dentro un risentimento sociale, – e nella scelta dei temi, e già nel segno, fisiologicamente contro –, l’impatto con Guernica fu una propulsione a catena”, E. Vedova, intervista per la rubrica televisiva ‘Io e…’, Venezia 1974). In Uomo e donna sotto il fanale si ritrova la sua personalissima interpretazione del linguaggio cubista, che fonde insieme molteplici suggestioni, dalle linee di forza dinamiche futuriste, che saranno evocate sempre, anche nelle opere degli anni successivi, al linguaggio meccanicista del Cubismo sintetico di Fernand Léger. Le figure sono articolate in una sorta di reticolo meccanico, che le disumanizza e le rende simili a macchinari, elementi di un ingranaggio inquietante, marchingegni non distesi e razionali come nelle composizioni di Léger, ma inquietanti e aggressivi, nel Emilio Vedova in una foto giovanile


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