Alberto Savinio, Monumento ai giocattoli, 1930
Il Monumento ai giocattoli appartiene al gruppo di dipinti iniziato con Le navire perdu, 1928, già posseduto da Paul Guillaume, che inaugura la stagione forse più surrealista di Savinio. Il dipinto, datato da Savinio al 1930 nella sua monografia del 1949, riprende l’idea, cara ai Surrealisti, dell’assemblaggio di oggetti della vita quotidiana, gli objets trouvé casualmente per strada e ricollocati in un ordine artificiale nello studio, ma dai Surrealisti Savinio si distacca per il tono di elegia magico-misteriosa che costituisce, secondo alcuni, il fondamento del suo “romanticismo”. Mentre nei coevi Objets sur la plage, L’isola dei giocattoli, Nella foresta, tutti del 1930, Savinio compone quasi per caso il mucchio di sfere, cilindri, parallelepipedi, ponti e porte di legno variamente colorati, facenti parte di una gigantesca scatola di costruzioni di legno, qui gli oggetti sono poggiati l’uno sull’altro, una specie di torre di cose sovrapposte collocata al sommo di un monte roccioso, con sullo sfondo un cielo mosso di nubi pesanti, e riprende lo schema iniziale di Le navire perdu del 1928, con l’isola rocciosa in mezzo al mare. Secondo Pia Vivarelli “l’accentuarsi dei toni scuri fino al nero assoluto, delle scene marine dell’Isola dei giocattoli e degli Objets sur la plage sono la spia in quel progressivo incupirsi del Alberto Savinio, Le navire perdu, (1928) colore che caratterizza parte della produzione del 1931” (Vivarelli, cit., p. 92, n. 1930 1). In questo Monumento ai giocattoli Savinio mantiene invece la vivacissima cromia di Le navire perdu di due anni prima. Sono questi dipinti di chiara derivazione arcimboldesca, sui quali Savinio scrisse a più riprese passi illuminanti: “Non si bada abbastanza agli oggetti che si mettono in mano ai bambini. La forma, la specie, il colore di un oggetto influiscono sul carattere del bambino, indirizzano la sua formazione mentale, determinano il suo destino” (Tutta la vita, Milano, 1945, pp. 49-50). E ancora parlando della Grecia: “La Grecia si scopre «quando meno te lo aspetti». Aprendo una porta e trovando in quella camera abbandonata un tirastivali in forma di lira […] è l’oggetto che genera lo spirito, non lo spirito che genera l’oggetto” (Nuova Enciclopedia, Milano, 1977, p. 374). Nello stesso periodo Savinio dipingerà quadri come La cité des promesses, 1928, e La Tour de Bonheur, 1928 ca., in cui i solidi geometrici dei giocattoli in legno si faranno quasi trasparenti, e il pittore ne indicherà la fonte in uno scritto di Anatole France: “La città meravigliosa e le altre pitture simili, sono state dipinte, meglio dipinte e scritte sotto dettatura di quei ricordi […] ossia nelle figurazioni che, in trasparenza, si delineano in mezzo all’atmosfera terrestre” (in Raffaele Carrieri, Arte italiana del Novecento).