Duomo di Monreale, capitelli del chiostro. La morte del ricco Epulone
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Tuttavia la vicenda critica dei capitelli del Chiostro di Monreale risulta complessa. Secondo Adolfo Venturi e Pietro Toesca lo stile dei capitelli era fortemente influenzato dalla contemporanea scultura classicheggiante della Campania (Venturi, L’arte romanica, 1904; Toesca, I Medio Evo, 1929). Anche Stefano Bottari collegava i capitelli monrealesi con i plutei della Chiesa di Santa Restituita a Napoli e ai rilievi del Duomo di Sessa Aurunca (Bottari, Storia dell’arte italiana, I, 1955). Raffaele Delogu ipotizzava invece che oltre a maestranze campane avessero lavorato nel chiostro, sia pure limitatamente, maestri di origine francese (Delogu, Sicilia, I, 1962). Infine Roberto Salvini, nella monografia monumentale sul Chiostro di Monreale e la scultura romanica in Sicilia, analizzando ogni capitello e confrontandolo con altri esempi dell’Italia meridionale e Francia, arrivava alla conclusione che lo stile delle sculture di Monreale, pur affondando la propria origine nei modelli della classicità tardo-antica e dell’arte bizantina, sia legato alla ventata del Romanico provenzale, in particolare con le sculture dell’Abbazia di St. Gilles e la facciata e il chiostro di St. Trophime ad Arles (Salvini, Il chiostro di Monreale e la scultura romanica, 1962). Sulla cronologia delle sculture di Monreale, mentre parte della critica le assegnava ai primi decenni del Duecento, Salvini proponeva gli ultimi anni del regno di Guglielmo II di Altavilla, re di Sicilia, detto il Buono (1153-1189), verso il 1175-1189. M.F.
L’accecamento di Sansone, Napoli, Plutei di Santa Restituita, inizi XIII secolo
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