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Alberto Burri con un suo Cellotex, 1981

La Loggia di Bologna nel 1957. Composizione è un esempio canonico dunque della prima fase astratto-materica di Burri, e ne annuncia profeticamente gli sviluppi successivi. Cellotex, 1978, fa parte di un gruppo di opere che, a partire dal 1975, dopo i sacchi, il ferro, le plastiche e i cretti, continuano la linea maestra del suo lavoro di rinnovatore del linguaggio. Le opere in cellotex si posero con emergente forza all’attenzione della critica già nella mostra “Burri Cellotex” alla Galleria San Luca di Bologna nel 1977, e il Grande Cellotex n. 2, 1975, apparve nella mostra retrospettiva Alberto Burri. A Retrospective View 19481977 all’Ucla di Los Angeles nel 1977. Gerald Nordland nella presentazione del catalogo

coglieva pienamente il carattere che Burri aveva impresso nell’uso del cellotex e dell’acetato come “new medium”: “Burri has accepted the human condition but also the human ability to build again with redeemed material, to find order and proclaim it, even in a field of chaos” (G. Nordland, Alberto Burri. A Retrospective View, 1948-77, The Frederick S. Wight Gallery, University of California, Los Angeles, 1977, pp. 53-72). Ed è su questo rifondare un ordine dopo il caos, nell’uso di materiali quali il cellotex, che Burri conferma la sua genialità di rinnovatore quando afferma che l’uso di materiali poveri prova il valore di questi nel linguaggio creativo dell’arte, il solo ad avere un carattere “assoluto”.


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