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Transizione energetica: difficile, ma non impossibile PAG

TRANSIZIONE ENERGETICA: DIFFICILE, MA NON IMPOSSIBILE

IN OCCASIONE DELL’ENERGY BUSINESS FORUM, ORGANIZZATO DA RICHMOND E SVOLTOSI A RIMINI A FINE MARZO, IL RICERCATORE DEL CNR NICOLA ARMAROLI HA FOCALIZZATO L’ATTENZIONE SULLE AZIONI DA INTRAPRENDERE PER RIDURRE LA DIPENDENZA DAL GAS RUSSO. UNA MAGGIORE ELETTRIFICAZIONE DEI CONSUMI IN AMBITO RESIDENZIALE, COMMERCIALE E DEI TRASPORTI, L’AUMENTO DELLA QUOTA FER NEL MIX ENERGETICO E LA SPINTA DELL’IDROGENO SONO ASPETTI CHE PERMETTERANNO DI INCREMENTARE L’INDIPENDENZA DEL PAESE DALLE FONTI FOSSILI

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DI FRANCO SANI

Nel contesto geopolitico attuale della guerra in Ucraina è diventato ancora più importante il concetto di indipendenza energetica. Per raggiungere questo obbiettivo un Paese come l’Italia, che importa il 38% di gas naturale dalla Russia, deve puntare a un utilizzo maggiore di fonti rinnovabili. Deve quindi accelerare il processo di transizione energetica sfruttando le fonti di energia pulita che più difficilmente possono essere interrotte da attori terzi. Un eventuale blocco delle importazioni del gas, infatti, ad oggi avrebbe forti conseguenze sulle abitudini di consumo dei cittadini italiani. A partire da questi temi Nicola Armaroli, ricercatore del CNR, è intervenuto in un dibattito che si è tenuto in occasione dell’Energy Business Forum. L’evento, organizzato da Richmond, si è svolto a Rimini dal 27 al 29 marzo. Armaroli ha spiegato le difficoltà ma anche le strade che si devono percorrere per la transizione energetica. Dati alla mano, il ricercatore ha illustrato il quadro complessivo del sistema energetico attuale. Ci sono svariate ragioni che mostrano la necessità di passare dall’utilizzo di fonti come petrolio, gas e carbone a fonti rinnovabili. E si possono ricondurre a due macrocategorie: una riduzione dell’inquinamento e un maggiore efficientamento energetico.

CRESCE IL CONSUMO DEI COMBUSTIBILI FOSSILI

Negli ultimi duecento anni, il consumo di combustibili fossili e gas è cresciuto in modo dirompente e ancora oggi queste due fonti insieme rappresentano più dell’80% del consumo primario mondiale contro il 2% delle “nuove” rinnovabili (idroelettrico escluso). Nel complesso, la combustione di queste fonti immette in atmosfera ogni anno circa 34 miliardi di tonnellate di CO2 ed è la principale causa del riscaldamento globale. Il problema è che il sistema energetico mondiale è ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, che in 10 anni sono diminuiti soltanto del 0,1% in termini di copertura della domanda energetica globale. Inoltre, negli ultimi 60 anni il livello di CO2 in atmosfera è cresciuto del 30% e si stima che non sia mai stato così alto da almeno un milione di anni. Tuttavia, il riscaldamento globale non è causato solo dalle emissioni di anidride carbonica ma anche da metano e altri gas.

INEFFICIENZA DEI SISTEMI ENERGETICI

L’inefficienza è la seconda ragione che motiva la transizione energetica. Osservando, infatti, il sistema energetico americano, per fare un esempio, il 62% dell’energia prodotta viene perso e solo il 31% viene utilizzato. La causa principale è l’incapacità delle macchine e dei motori a combustione che non sono in grado di sfruttare a pieno il potenziale energetico delle fonti che li alimentano. In merito, Nicola Armaroli ha dichiarato: «In sostanza, bruciamo ancora troppo per ottenere servizi energetici e questo è avvilente perché facevano così anche in epoche passate. Se pensiamo che facciamo ancora così nel XXI secolo, significa che siamo davvero molto indietro».

LA SITUAZIONE IN UE E ITALIA

Esaminate le motivazioni che spingono a prendere in considerazione un’accelerazione del processo di transizione energetica è interessante capire in che modo si siano mosse l’Italia e l’Europa. Oggi l’Unione Europea si è posta l’obbiettivo del taglio drastico di emissioni entro il 2030. Il problema, tuttavia, è che siamo ancora indietro. Negli ultimi 30 anni, in Italia, abbiamo infatti ridotto solo del 19% le emissioni di gas serra. Ciò significa che nei prossimi dieci anni si dovranno tagliare queste emissioni più del doppio (44%) per raggiungere l’obbiettivo prefissato dall’Unione Europea (55%) entro il 2030. A questo punto è importante capire cosa fare per accelerare la transizione energetica nel breve periodo. Analizzando il settore del riscaldamento/raffrescamento, la quota di rinnovabili rappresenta solo il 10% della produzione mondiale. La situazione migliora nel settore elettricità dove la quota delle rinnovabili sfiora il 30% del totale. Riflettendo, quindi, sulle soluzioni a disposizione, è chiaro come risulti prioritario puntare sull’elettrificazione, anche per sfruttare l’elevata efficienza dei motori elettrici. Guardando nello specifico all’Italia, il tema della transizione energetica risulta di fondamentale interesse per la forte la dipendenza che il Paese ha dal gas russo. Si tratta di una dipendenza (40%) ben più alta rispetto alla media europea, che oscilla attorno al 25%. La maggior parte del gas viene utilizzata per produrre elettricità, nel riscaldamento residenziale e nell’industria. Ridurre questa dipendenza risulta quindi difficile perché essa coinvolge settori molto diversi. Per tagliare i consumi, la strada più immediata è il risparmio comportamentale individuale, puntando al contempo alla autoproduzione termica ed elettrica: pannelli solari termici e pompe di calore per riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria.

PROSPETTIVA IDROGENO

Un’altra soluzione può essere quella di utilizzare l’idrogeno che però deve essere prodotto. Il modo per farlo in modo sostenibile è attraverso l’elettrolisi, che permette di ricavarlo dall’acqua attraverso un processo chimico che richiede però molta elettricità (1 kg di H2 richiede 55 kWh). Sicuramente l’idrogeno ha il pregio di non produrre CO2 al momento dell’uso e può anche essere immagazzinato per coprire carenze di produzione rinnovabile. Tuttavia è più esplosivo del metano, ha un costo energetico notevole e richiede una rete di trasporto dedicata molto costosa. È improbabile quindi che si svilupperanno reti estese per l’idrogeno, per ragioni sia tecniche che economiche. Risulta quindi un’opzione valida, ma certamente non immediata: servirà almeno un decennio. Viste quindi tutte le soluzioni prospettate, occorre fare una corretta valutazione e agire in fretta. per impedire il peggioramento della crisi climatica e il collasso del sistema energetico, impegnandoci a perseguire le soluzioni più efficienti e sostenibili.

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