PANDEMIKE - e-book di poesie sulla pandemia

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PANDEMIKE Let’s build solidarity through poetry


In copertina: T. P. (III D) Lo studente videolezione

Gregorio

Samsa

in


Il progetto PandeMIKE è finanziato dal Corpo Europeo di Solidarietà


Introduzione

Lo scrivere, raccontare e condividere storie è funzionale al mantenimento del proprio benessere mentale ed emotivo. Inoltre, le scienze sociali hanno dimostrato che valori ed emozioni condivise velocizzano/aumentano il senso di appartenenza ad un gruppo - quindi quello che vogliamo fare è usare l’arte per convertire una “sfida comune” in un “legame comune” e dimostrare in maniera creativa che tutti noi abbiamo vissuto alti e bassi simili. L’arte è potente - se non possiamo cambiare la realtà creata dal Covid, perché non parlarne attraverso l’arte? Il progetto Pandemike è finanziato dal programma Corpo Europeo di Solidarietà, azione Solidarietà, grazie all'Agenzia Nazionale dei Giovani (https://agenziagiovani.it/). Il progetto è nato con l'obiettivo di promuovere la poesia come strumento di cittadinanza attiva e di espressione creativa di esperienze ed emozioni vissute durante il lockdown. Per raggiungere questo obiettivo, durante l’anno 2021, il gruppo di cinque giovani volontari del progetto, supportati da un coach, hanno riportato le testimonianze condivise da giovani studenti su come hanno vissuto, dal punto di vista emotivo, il periodo di isolamento dovuto all’emergenza Covid. Questo e-book riporta le poesie create dai 5 volontari dai volontari e dalle volontarie: Maddalena, Francesco, Gloria, Giacomo ed Elisa che, grazie al progetto Pandemike, hanno parlato con i ragazzi delle scuole medie e superiori a proposito delle loro esperienze vissute durante il lockdown.


Il progetto è stato per volontarie, volontari e gruppo di supporto un'occasione preziosa per interrogarsi e riflettere sulle conseguenze della pandemia Covid19 su chi sta attraversando una fase critica e delicata, l’adolescenza. Le citazioni all'inizio dei testi sono state raccolte nel corso degli incontri con le studentesse e gli studenti. Si ringraziano la 1E della professoressa Elena Cantaluppi, la 3tur2 della professoressa Barbara Seppi dell'istituto tecnico Caio Plinio Secondo (Como), I A della scuola secondaria di primo grado di Vigolo Vattaro (Trento), La 1 L, 1 M, 2 C, 2 K, la 3 K del Liceo Fanti (Carpi), Chiara Carnelli, Alessandra Burzacchini, Maura Bergonzoni, Annalisa Gennari, Matilde, la IIID e VA Liceo Scientifico Statale Alessandro Tassoni (Modena), R.R. e D.P. dell'Istituto Comprensivo "Agrigento Centro".


"L’anno scorso io e la mia famiglia (COME PENSO TUTTI) non siamo potuti andare al mare ed è stato bruttissimo."


MARE Mare mare mare canta la radio nell’andare verso le spiagge lontane mare mare mare male male male mi sento chiamare come profondo affogare penso alla sabbia sulle spiagge vuote la natura che si riprende ogni cosa vince solo chi osa riposare non si può e sogno di legno di deriva che va alla deriva sulle spiagge invernali ne deriva che tutti i turisti sono emigrati confinati dalla pandemia globale e sulle spiagge diventate deserto rimangono solo i pescatori e il legno di deriva


chissà da dove viene il legno di deriva mondato da ignote correnti sottomarine mandato da lontani lidi sepolti sbiancato da perturbazioni cosmiche il legno di deriva viaggia come decide il punto esatto in cui lasciarsi cadere abbandonarsi stanco delle correnti come io stanca degli eventi come i nostri cuori arresi e perdenti tutto si assomiglia e tutto si distorce sarà per questo che quando ti vedo mi sento mare


"Secondo me i politici dovevano fare più restrizioni, però tenere aperte le scuole, perché l’anno scorso abbiamo perso tanto e imparato poco."


IMPARARE Secondo me i politici dovevano fare più restrizioni ma con pensieri migliori non dividere i cattivi dai buoni i cani dai pastori la solita litania del noi e del loro di chi va e di chi torna di chi vince e di chi perde di chi rispetta e di chi infrange di chi ride e di chi piange la regola c’è e vale per tutti per i belli e per i brutti ma sarebbe ancora meglio se lasciassimo questo abbaglio che è poi devoto sbaglio cioè ostinarci a pensare che il mondo sia diviso tra bene e male e dimenticarci ogni volta di tutto quello che c’è nel mezzo che non sono sfumature o lievi toni di grigio non è tutto o bianco o nero ma c’è in mezzo l’arcobaleno


come gli arcobaleni alle finestre disegnati dai vostri bambini presto dimenticati e i disegni colorati e le mascherine e le bandierine e le torte e il pane zuccherati e gli aperitivi videochiamati e l’appello all’unità nazionale il bene scisso dal male e la violenza ridestata mai veramente sedata e l’odio recondito e la caccia all’untore chi vive e chi muore e la conta dei morti quotidiana caccia nei porti e insomma nel mezzo c’è quello che non si può normare o fermare con generi, articoli, guinzagli o catene è una foresta di identità consiste nella realtà


e insomma i politici dovevano fare più restrizioni ma con pensieri migliori forse fare un po’ silenzio e soprattutto tenere aperte le scuole perché quest’anno abbiamo imparato poco e perso tanto


"La pandemia è stata brutta per tante ragioni ma in particolare perché non potevi vedere i tuoi parenti e gli amici, sì, potevi videochiamarli, ma non è la stessa cosa: dal vivo puoi abbracciarli, giocare con loro, fare merenda insieme."


MERENDA Ho preparato una torta è venuta un po’ storta forse un pasticcio il solito fattaccio non so se sei a dieta ma ci penserà la crisi climatica e la crisi post pandemica tanto la pagheremo tutta noi niente allora ho fatto una torta ci ho messo 1 kg di belle speranze un uovo e della farina poco zucchero e zero lievito dai facciamo merenda insieme adesso riabbracciamoci per quando non avremo neanche più gli occhi per piangere e ci suggeriscono di tenere duro pensare al futuro stare in silenzio ad ascoltare perché la verità hanno in tasca pesante fardello fragile gingillo


per mani come le loro disabituate alla fatica e alla gentilezza ma la verità hanno in tasca, la custodiscono per bene e la dispensano anche senza richiesta anche se andrà tutto bene non andrà bene a tutti


“Il primo lockdown mi ha permesso di ritornare a leggere libri con un certo ritmo e di dedicarmi a fare attività fisica; però nel contempo stare chiusa in casa ha deteriorato la mia salute mentale”


HO SOLO 15 ANNI Ho tutti i problemi del mondo sulle mie spalle e non è neanche colpa mia, vorrei potermi sfogare e Dio, mi sanguina il cuore vorrei poter urlare. Mi sono sentita sola davanti allo schermo quando con me non c'era nessuno oltre al mio silenzio. L'ansia, il terrore, la pressione pervadono l'interno e l'esterno e ormai ogni situazione mi pare qualcosa di eterno. Tutta questa confusione nella solitudine mi pone e diventa sempre più grande tra tutte queste domande, sono una giostra che gira e non si ferma, sono la tempesta che arriva ogni mese sono le corde di una chitarra che però rimangono tese, sono le voci della gente in una piazza affollata la testa che mi mente, sembra intasata.


Ho solo 15 anni e già una pandemia devo affrontare il tempo passa veloce, ma io non vivo, tutto il mondo si è fermato sulle mie spalle io non respiro, pensavo andasse meglio e invece adesso scrivo, io mi sento vuota, costretta da mesi a restare sola. Ormai mi abituo a camera mia, ma le quattro pareti sono sbarre di una prigione non cedono né con la forza né con la determinazione. Una cella che ogni giorno più stretta, che non ti lascia andare via, finché ad impazzire non sei costretta, ma se la casa è la mia prigione, io sconterò la mia pena e quando si potrà uscire mostrerò al mondo intero che ne valeva la pena.


“Le cose che la pandemia ha cambiato e che mi mancano molto sono il divertimento e la vita sociale: sì, è vero, ci sentiamo per telefono, per messaggio, ma non è la stessa cosa… è limitante.”


L'UCCELLINO E LA GABBIETTA Ed era quell'uccellino in gabbia che sembrava somigliarmi: era lì, fermo ed io lo osservavo da quelle quattro mura di camera mia che parevano la sua stessa gabbia, cosa guardava? Forse la libertà che gli avevano portato via, non poteva sbattere le ali per volare altrove e nemmeno provare ad aprire quella gabbietta, ma questo già lo sapeva, sembravo io intrappolata in un limbo in un luogo che pur sapendo casa mia, non mi lasciava respirare guardavo i fiori sbocciare con la speranza di poterli assaporare guardavo il sole splendere e ne volevo sentire il calore sulla pelle guardavo le nuvole muoversi e speravo di correre libera come loro invece non potevo mi guardavo attorno e iniziavo ad immedesimarmi sempre più in quell'uccellino così fragile.


“Se potessi parlare con il me stesso dell’anno scorso, a marzo 2020, direi <<dedicati di più a te stesso>>”


MI SENTO SOLA Mi sento sola come una sola parola su un quaderno intero, come un paesaggio in un incubo tutto nero, come una persona persa nel nulla, come un neonato che dorme nella sua culla. Mi sento sola come una macchina ferma da mesi, con tanti lampioni inutili e accesi, come una persona sola nella sua dimora, come un albero con una sola mora. Mi sento sola come una città deserta, come una mosca persa in una coperta, come un sasso in mezzo al prato, come un pesce che ha abboccato. Mi sento sola come una penna senza inchiostro, come un libro che ha perso il suo mostro, come un fiore senza il suo gambo, come un taglio molto strambo. Mi sento sola come un cuore spezzato, che oramai il suo amore ha abbandonato, come un bambino che non può andare a scuola, perché c’è un virus che nell’aria vola.


Mi sento sola come un libro senza la sua copertina, come un bambino che non può giocare con la macchinina, come uno sportivo senza il suo quotidiano allenamento, perché questo virus alla nostra vita ha fatto un cambiamento. Mi sento sola, ma ancora per poco, perché tutti insieme ce la faremo a rimetterci in gioco. Andrà tutto bene ne sono sicura e vi consiglio: NON ABBIATE PAURA!


“Una cosa positiva della DAD: ho imparato a smanettare col computer!”


(OTTO QUARTINE SULLA) ZONA ROSSA È un giorno di marzo, ma che rabbia Come tutti gli altri in giro, con tutti Poi da libero che eri sei in gabbia: Casa tua, ma i sogni si fan brutti I giorni son lunghi e tutti uguali Prendere il bus, giocare a pallavolo, I desideri diventan banali Sono un ragazzo, rivoglio il mio ruolo Così cresci in fretta, anche troppo mi sa Solo: “Cosa faccio? Con chi mi sfogo?” L’apatia non va, non ha quest’età Le notti non dormi, guardi quel luogo Vorresti andar, fuori dalla finestra La strada, campetto, una zona più in là Familiare, vicina. Nascosta Perché ora è tutto, per te, zona rossa. Allora casa si fa tutto il resto. Ristorante: tortelloni nel sugo Da solo a mano prepari anche il pesto Tranquilla mamma, vedrai, poi asciugo


Palestra: tra skate, corsa in corridoio Lavora da casa e quasi mi uccide Mio padre lo sa che io ferma mi annoio Attendiamo notizie, si decide Ogni venerdì, il colore che avrà La nostra regione ed il mio umore Rivoglio la bella quotidianità Lasciarci alle spalle questo dolore Vorrei solo cose semplici e belle, Ho quindici anni e pare non possa Lunga la lista, non sto nella pelle Voglio la vita a colori, non rossa.


“Per me il lockdown è una brutta esperienza, uno stop alla crescita personale a cui non ci si può opporre.”


IL MIO GIARDINO A marzo è il profumo di un fiore che sboccia E ti invade il naso, la testa, il cuore e come – una roccia Anzi un fiume, un albero, un vento E porta non uno, ma cento Pensieri leggeri, felici, tranquilli Non certo paura, insonnia, e brandelli Pezzi di progetti iniziati e gettati, saran stati mille. Come quelli del puzzle che abbiam fatto insieme Col tiepido sole che non più sul campo fa nascere il seme Non si gioca a calcio, non si va neanche a scuola, dai nonni, a trovare il vicino Non c’è libertà, ma posso stare all’aperto, perché ho il mio giardino E il mio cagnolino, lo porto a passeggio io, tutte le sere Un tempo facevo un giro più breve Lo sa anche chi resta a casa e mi aspetta E vorrebbe tornassi indietro più in fretta Ma è questo il tempo che ho per me stessa.


Se fai poco non hai sonno, poi hai le videolezioni Tutto il giorno al computer, noi là, zitti e buoni Ma è dura seguire e la concentrazione ora viene e poi va, come la connessione E il ritmo che scandisce ogni cambio di stagione Quindi arriva l’estate e mi portano al mare L’alba in spiaggia, i falò e anche il mio primo amore Ce l’hanno promesso, io ci credo ancora: “Andrà tutto bene”


“La pandemia ha cambiato molto le relazioni: ora c’è lo schermo di mezzo, che rende tutto più faticoso. Le mie amicizie sono sempre le stesse, ma sono meno e sono più forti.”


D.A.D. (altre quattro quartine) Sembra più facile, pare per finta Didattica a distanza, io non riesco a far Nulla come prima, la sveglia suona Alle otto in classe, che poi è la cucina Dopo quattro ore di sonno, che faccio? Cosa pretendete? Io sempre allegro, Concentrato, attento, ora perdo pezzi, Ore di sonno, di contatto umano Sono innumerevoli mascherine Che non coprono le tante lacrime Neanche in videochiamata, con gli amici Scoppiare a piangere è inevitabile La chiusura ha fatto male alla testa Ora c’è da fare una bella festa La più grande e magica che ci sia A distanza: solo la pandemia.


“La pandemia ha messo in pausa le nostre vite frenetiche e ci ha dato tantissimo tempo libero e questo mi ha concesso di dedicarmi a cose che mi piacciono e che prima trascuravo; d’altro canto però le relazioni coi compagni, con gli amici, non sono più le stesse e questo è molto pesante.”


QUATTRO MAGGIO DUEMILAVENTI Si era chini all’alba dei vent’anni e le panchine alla stazione vuote. Foglie, santuzzi e canti dalle case, e chi dentro a viverle senza sapere come. Il cielo si apriva e cadeva, privo di chi ad alzar la testa per piangergli accanto, caderci dentro; o il sole sbocciava in mandorlo, zagara, ciliegio. La primavera al suo principio e tramonto ma l’intero mondo - umido, franto un muro del pianto su cui tosse e preghiere, mostrarci in bolla di vetro il passato, aver posto mattoni e poi messo dislike alle frontiere. Dopo tre giorni di pioggia [erano mesi, era la fisarmonica del tempo sgonfiarsi di fiato per tornare al respiro; farsi iato interrotto, esaurirsi in sospiro]


usciti di casa, abbiamo visto la luna sfocata e nuda sembrava una lampara e pareva il mondo intero un abisso lento e muto a guardarla da dentro il pelo del mare in attesa di qualcosa da non dire.


“Il lockdown è un’occasione per migliorarsi, io ho lavorato molto sull’ansia: prima ero molto ansiosa per la scuola, grazie ad un lungo lavoro su me stessa ora la vivo meglio.”


AUTOTOMIA La pioggia alla finestra si infittisce: aprile si muove indisturbato oltre i vetri. Una primavera nitida e fiera si insinua fra le foglie e le tegole fra i sampietrini sotto forma di boccioli dentro l’aria ricolma del congedo dei petali ai rami sopra i marciapiedi e l’asfalto che li orla, sotto un cielo di perla. L’umanità assiste attonita dalla finestra, quando se ne ricorda. Il vento sferza i tricolori assopiti alle ringhiere dei balconi, traccia un moto oltre retorica: scandendo il tempo sulla gaffe storica lo accompagna uno sbadiglio corale, in attesa di tornare – ecco la preghiera – a ciò che si era. E cos’è infine normale? Il gesto unanime rende prassi l’errore.


Ma possediamo un tempo interiore per comprendere d’ogni dubbio i /rispettivi perché; possediamo un tempo che consenta /di non scegliere fintanto che. Possediamo un tempo esteriore per conoscere delle abitudini i riverberi meno / sospetti, un tempo che al di fuori dello zerbino / imploriamo che ci aspetti. Possediamo un tempo pensato e pesato per sapere ciò di cui è capace l’uomo / che diventa folla, nugolo e valanga, sordo, cieco, arrabbiato / con il suo simile e dunque con sé stesso; possediamo un tempo sotterraneo e fecondo per sapere ciò di cui è capace / l’uomo che diventa catena, abbraccio silente, comunità, solitudine solidale, capace di un bene rivolto a sé che non è tale se non rivolto all’altro.


In nome di questo legame ricostruire, / oltre le tegole e l’asfalto oltre il timore del diverso, / oltre il frutto soffocato nell’amianto oltre un essere simili solo nel pianto. Ad occhi tersi il cielo si è aperto: / non ha molto di diverso, tornerà a chiudersi forse, poi. Le nuvole chiedono: noi?


“A marzo 2020, quando hanno annunciato le prime settimane di chiusura delle scuole ero felice, pensai <<Evvai! Una settimana di vacanza!>>; quando ho capito che non sarebbe finito presto è stato più difficile da accettare…”


EDOARDO

Mi chiamo Edoardo, ho 12 anni / e fuori c’è il Covid-19, l’ho scritto mesi fa sul muro della stanza, come dovessi ricordarmi di / presentarmi a me stesso, ma anche per scherzo, per far finta che la penna / fosse fatta di gesso. Mi chiamo Edoardo, ho dodici anni / e i miei panni non li indossa nessuno, né sono / in grado di chiederlo io ché da un po’ ho imparato che / mi piace il silenzio e meno parlo meno voglio, e meno voglio e più è un travaglio ogni risveglio Mi chiamo Edoardo e se non / lo scrivo me lo scordo se non mi scorto e non mi tengo, / va a finire che mi scrollo insieme alla cascata dello schermo e mi ritrovo nello scarto che resta / sul fondo di ogni giorno uguale all’altro insieme a ciò che non scorgo / e che non mi sforzo più per farlo


Mi chiamo Edoardo, e non ho / che lo sfondo di un cielo e uno stormo che ogni tanto lo taglia e mi pare di non stare combattendo / e mi pare di essere in battaglia e vorrei dire ad una delle piume in volo scambiamoci per un po’ il ruolo, / io mi prendo le tue piume e tu nel blu ti prendi il mio nome per un po’ lo porti fuori, via, / via dal muro della stanza e via dalle distanze, dalle speranze, / via da questo costante condoglianze, via dalle vicinissime lontananze, dalla presenza delle assenze, / via da questa degenza, da questa mancanza che mi ha fatto / tana nella pancia e mi pare che se rido lei s’imbroncia via via da questa lamentela, portalo in giro, sopra uno scoglio, dentro una chela, sulla prua di una barchetta a vela, vola, / in una capriola in una parola, sopra il mio vecchio / banco di scuola, quello accanto /alla finestra e se ti va, resta


sopra il banco e non sul muro sono /quasi sicuro, ci ho scritto / il primo giorno non so più se per ricordo o perché mi pareva / un gran traguardo, mi chiamo Edoardo poi ritorna, riponi pure il nome / sul muro sotto il lume, avrà un cuore più leggero e in ascolto, sarà come un nuovo incontro non pensare solo a quello che / non so d’avere perso.


“Con la pandemia temo le folle ancor più di prima!”


TRITTICO PANDEMICO (TAVOLA SINISTRA) ROUTINE Sono Alice Bianchi Abito a San Marino di Carpi A 19 km da Modena Dove frequento la quinta ginnasio Del liceo classico Ludovico Antonio Muratori, Uno dei migliori licei della regione indirizzo linguistico: Brocca. Vivo con mia madre, mio padre e mia sorella Mia madre è tirolese Mio padre bolognese Mia sorella Sara sta con Fabrizio Un tizio cretino. La mia vita prima della pandemia Quella che tutti chiamano vita normale In cui nulla tenevo casuale faceva così: La sveglia suonava alle sei Dal letto alla sedia Ripasso di greco e latino In cucina una fetta di torta vegana, Il fuoco sotto la moka già pronta


Il fumo mi culla fin troppo L’orologio segna le sette E corro a lavarmi la faccia, da bruco a farfalla: Spinzetto i peli superflui La crema idratante, il correttore, il fard, la righina al kajal: Mi butto nei vestiti preparati La sera prima Per la mattina, Mi spruzzo il profumo Allo specchio mi slumo Faccio lo zaino E chiudo la giacca. Al bus mi incammino Che mi porta Davanti al Liceo: Ecco la squadra di amiche, Le squinzie Compagne di classe, Un gruppo di matte. Entriamo compatte, Scienze, versione di greco, Interrogazione di storia. Appunti, dizionari, manuali Drin Ricreazione Due grissini e tre chicchi d’uva.


Le ultime ore mi annoio, Matematica, inglese: mi fingo vigile, Attenta la penna per me non perde una parola. Quando suona la fine dell’ora Corro di fretta al conservatorio, Non pranzo Tromba e spartito, Momento da me preferito, Sparito suonato, Solfeggio esaurito. Di nuovo di corsa Stazione, caffè Il treno mi prende e mi porta con sé. 16.30 Di getto mi metto In uno studio leggero e distratto Poi Judo, palestra, Forme di danza in figure di lotta; Ordinata violenza Niente tempesta, Esercizi con forza modesta.


18.30 Deserto il tatami Rimetto nel sacco il judogi. Sette di sera: Aaah a casa Mi doccio Riordino bene, un po’ maniacale Frullano in testa gli impegni, Le cose da fare Il diario, le ore, cosa studiare, Gli appunti da riordinare Mi butto sui libri un po’affaticata, Ma devo tener su la media Quindi avanti fino alle tre Anche se a mezzanotte Sbadiglio Allora la cena Coperta da un piatto Aspetta il mio morso i Indeciso Vado e mangio Svogliata Poi strisciando Mi metto sdraiata A fine giornata Stremata E crollo sul letto Distrutta.


E ancora: MATTINA ORE 6 SVEGLIA RIPASSO TORTA VEGANA CORRO IN BAGNO ZIP BUS IN RITARDO DAVANTI SCUOLA BISBIGLI ALL’ORECCHIO ALCUNE DISTRATTE VERIFICA COMPITI DECLINAZIONE USCITA DA SCUOLA DI CORSA CONSERVATORIO SOLFEGGIO DOREMIFASOLA STAZIONE CAFFÈ TRENO PALESTRA JUDO ALLENAMENTO SAYONARA CASA DOCCIA RIPETERE GRECO RIORDINARE APPUNTI STUDIO AVANZI DI CENA COLLASSO SUI LIBRI LETTO DISTRUTTA


MATTINA ORE 6 SVEGLIA RIPASSO TORTA VEGANA CORRO IN BAGNO ZIP BUS IN RITARDO DAVANTI SCUOLA BISBIGLI ALL’ORECCHIO ALCUNE DISTRATTE VERIFICA COMPITI DECLINAZIONE USCITA DA SCUOLA DI CORSA CONSERVATORIO SOLFEGGIO DOREMIFASOLA STAZIONE CAFFÈ TRENO PALESTRA JUDO ALLENAMENTO … COVID Silenzio Tutto si ferma Vuoto Silenzio. Povera me Meno male:


(TAVOLA CENTRALE: I DUE INNAMORATI) CLARETTA E MASSEO [Lei] Era il 7 marzo 2020 Che ci siamo baciati Dopo mesi di sguardi Dissimulati In classe Mentre il gesso scriveva Teoremi sulla lavagna. Un amore Il primo amore Pensato Sognato Fantasticato Sudato Arrapato. Era il 9 marzo 2020 Che ci hanno chiuso la scuola E allora:


Chiusa in casa, Prigioniera sola Io che già immaginavo Il momento agognato Di noi Schiacciati al muro A ricreazione Con le lingue incrociate In un vortice umido Di strette palpate. [Lui] Mi resta il solo ricordo Ora Costretto tra le mura Di casa Dei suoi dolci capelli vermigli Legati in un lasso chinnion E i pensieri che si facevan grovigli Se provavo a parlare con lei. Da quando la vidi sorridere Non conobbi più pace e tranquillità Mi restava da finger di scrivere Se i miei occhi incrociavano i suoi.


[Lei] Io da tempo lo vedevo, lo guardavo Lo osservavo E fingeva di mettersi a scrivere Quando volevo i suoi occhi per me. [Lui] Ahhh… Claretta...Claretta... Non mi resta ora Che solo il ricordo, Solo uno schermo Per dirti a ogni ora Che mi spetta l’inferno Senza di te. [Lei] Ah Masseo, Masseo Perché proprio ora, Masseo Violiamo la quarantena Rifiutiamo i decreti O, se non vorrai, Accendi la webcam Ed estrai ...


(TAVOLA DESTRA) HAIKU DELL’HIKIKOMORI REDENTO Joystick tra le lenzuola Silenzio domina le strade Esco e riesco: gatto in amore.



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